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FuoriAsse_n_22

Officina della cultura

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L’interrogazione sui luoghi e sulla memoria,<br />

sul coagulo di temi ad essi legati<br />

(morte, distruzione, oblio, ricostruzione,<br />

felicità, bellezza, fughe dal mondo, corto<br />

circuiti temporali), affollano le agende<br />

del pensiero, della poesia, della letteratura,<br />

delle arti e del sistema globale dei<br />

media.<br />

Prima considerazione. Lo spettro di riflessioni<br />

sul concetto di luoghi e memoria<br />

ha accumulato una lunga e densa<br />

tradizione nei saperi disciplinari e nelle<br />

arti, definendo sui temi in questione<br />

un’articolazione ricca ed esaustiva, che<br />

rende difficoltoso ogni ulteriore spunto<br />

di riflessione. Al contrario, l’interrogativo<br />

aperto e ancora fortemente dibattuto<br />

può essere sintetizzato dall’esistenza<br />

di un mistero non svelato o almeno<br />

non del tutto esaurito, sulla relazione<br />

tra luoghi e memoria. Si tratta di un<br />

insoluto che si annida di frequente nel<br />

sostrato psichico e che non trova facili<br />

soluzioni nemmeno tra i più pirotecnici<br />

dei post-filosofi contemporanei. Derrida,<br />

in Glas (1974), sottolineava l’involontarietà<br />

della memoria di un luogo, definendola<br />

come uno spazio mentale nel<br />

quale i ricordi di un evento vengono preservati<br />

senza una deliberata volontà di<br />

chi ha vissuto l’esperienza custodita. Al<br />

contrario di monumenti, musei, archivi,<br />

biblioteche, che sono luoghi creati deliberatamente<br />

al fine di conservare la<br />

“memoria istituzionale”. Questi ultimi,<br />

diversamente dagli spazi mentali sopra<br />

descritti, vivono con l’avvento delle tecnologie<br />

digitali, una profonda, radicale<br />

dislocazione di senso e una irreversibile<br />

mutazione nelle gerarchie di conservazione<br />

storica, culturale, identitaria.<br />

Seconda considerazione. Con il trasloco<br />

dei luoghi della memoria, che si<br />

insediano nel territorio indefinito/indefinibile<br />

della rete, si produce una frammentazione<br />

delle tracce che ne mutano<br />

radicalmente il senso, trasformandosi<br />

innanzitutto in materiale manipolabile<br />

– parafrasando Blanchot – nell’era dell’infinita<br />

interpretazione. Permane tuttavia<br />

una relazione della memoria con la<br />

storia, con i luoghi materiali che la rappresentano:<br />

“la materia di cui è costituita<br />

la storia”. Questi luoghi si svuotano<br />

dell’unicità che li rende autentici, nella<br />

possibile riproducibilità attraverso l’evoluzione<br />

dei sistemi informatici e li espone<br />

a facili alterazioni semantiche. Un<br />

Benjamin dei nostri tempi rivolgerebbe<br />

il suo sguardo tra passato e memoria,<br />

requiem e futuro, verso le fantasmagorie<br />

delle tecnologie digitali ridefinendo i<br />

confini dell’impensato. I media digitali<br />

sono straordinari e pervasivi strumenti<br />

di conservazione ma anche di facili stravolgimenti.<br />

Non ci troviamo soltanto dinanzi<br />

al problema della perdita dell’aura<br />

della tragedia, della memoria e dei luoghi,<br />

ma alla possibilità di una sua simulazione<br />

infinita, a possibili narrazioni<br />

parallele, sul modello del romanzo ucronico<br />

di Philip K. Dick, La svastica sul<br />

sole (The Man in the High Castle). I<br />

luoghi commemorativi come i cimiteri<br />

di guerra, i campi di concentramento,<br />

le fosse comuni, le tracce di genocidi,<br />

si prestano a possibili spostamenti di<br />

significato, assecondando le diverse accezioni<br />

religiose, sacrali, politiche, che<br />

ciascuno può attribuire all’episodio collettivo<br />

che è chiamato a ricordare. Che<br />

si tratti di fondazione dell’identità, della<br />

memoria condivisa, compito tradizionale<br />

al quale sono da sempre consegnati,<br />

insieme alla funzione pedagogica di<br />

istruire le generazioni future attraverso<br />

i luoghi simbolici, pur con la retorica<br />

degli anniversari e delle visite sistematiche<br />

che ne depotenziano lo scopo. Cartografare<br />

la geografia mentale del ricordo<br />

di una collettività, nell’era della memoria<br />

manipolabile dalla potenza dei<br />

media digitali, può trasformarsi in un<br />

simulacro di opinabile verità.<br />

FUOR ASSE<br />

67<br />

Riflessi Metropolitani

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