FuoriAsse_n_22
Officina della cultura
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efrattario a delle univoche definizioni<br />
per apparire, infine, nelle sembianze di<br />
una crociata senza speranza che ciononostante<br />
non smette di appassionarci».<br />
Nel romanzo di Don DeLillo I nomi, ambientato<br />
nel periodo della rivoluzione<br />
islamica komeinista e delle sporche lotte<br />
commerciali dell’Occidente per il possesso<br />
del petrolio, uno dei personaggi,<br />
Charles Maitland fa delle considerazioni<br />
sui tappeti:<br />
«I centri di tessitura stanno diventando<br />
inaccessibili. In realtà lo è tutto il paese<br />
(l’Iran nda). È già troppo tardi per raggiungere<br />
i luoghi di produzione. Mi sembra<br />
che vada tutto assieme, tessitura<br />
dei tappeti e instabilità politica».<br />
E allora? Mona Hatoum, artista libanese<br />
naturalizzata inglese, ha pensato di<br />
tessere tappeti con planisferi instabili<br />
creandoli per chiazze sporche o per corrosione<br />
delle preziose lane di tappeti<br />
afghani; come divinità capricciosa fa<br />
apparire continenti qui o lì come dopo<br />
gli sconquassi che fecero sprofondare<br />
la mitica Atlantide. Ma la sua è una<br />
Promised Land, 2008, tapestry, 382 x 430cm, edition of 6<br />
(images courtesy of Galleria Lia Rumma Napoli, Italy and<br />
WAM).<br />
deflagrazione ben poco universale: a lei<br />
bastano patacche di unto o una semplice<br />
sdrucitura, una grattatina tipo quelle<br />
che si fanno oggi su un paio di jeans alla<br />
moda, purché questi appaiano fintamen -<br />
te consumati, come finte sono state le<br />
molte guerre per l’esportazione di democrazie<br />
in paesi politicamente imbottiti di<br />
dittature, ma anche di tanto petrolio.<br />
Mona Hatoum, Afghan (black and red) 2009 wool 59 1/2 x 81 7/8 in/151 x 208 cm.<br />
FUOR ASSE<br />
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Riflessi Metropolitani