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LUIGI CANCRINI Psichiatra, Psicoterapeuta ... - Fiore Del Deserto

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parte che non è centrale nel grande numero di persone di cui si è parlato oggi in tutti questi<br />

interventi, anche se a volte spunta anche nelle situazioni del Tribunale, perché certamente la<br />

rottura comportamentale può essere psicotica. La seconda grande categoria è quella delle<br />

persone di cui io ripeto che “entrano” ed “escono” o “entrano” e “possono uscire” che è un<br />

pochino più delicato all’interno di un disturbo di personalità. Vedete, noi dobbiamo avere<br />

ormai una visione della psicopatologia dell’età evolutiva, come giustamente proponeva<br />

Sabatello, in cui le manifestazioni dell’ “entrare” nel disturbo di personalità possono essere a<br />

volte sintomatiche; la grande crisi, che un tempo si chiamava isterica, oppure il disturbo<br />

ossessivo - compulsivo, ma possono essere a volte invece direttamente comportamentali. Cioè<br />

quello che si rivela attraverso la rottura comportamentale, è un disturbo della persona, è uno<br />

che sta male, il ragazzo che fa casino sta male. Questa è una cosa che se noi pensiamo, un<br />

pochino ci aiuta, non è che esiste una differenza tra quello che è cattivo e deve essere<br />

“corretto” e quello che sta male e deve essere “curato”. Una delle manifestazioni dello star<br />

male, che anch’essa va curata, è il comportamento scorretto con tante variazioni, certamente<br />

con tante situazioni complesse, perché sicuramente quello a cui dobbiamo stare molto attenti è<br />

il fatto che questa scorrettezza, illogicità, incoerenza, se volete non eticità, amoralità del<br />

comportamento sia legata ad un disturbo più interno della persona o a qualche cosa di<br />

assimilato all’ambiente per esempio.<br />

In una comunità per minori che, con Saman, abbiamo aperto vicino Foggia, ad Apricena, poco<br />

tempo fa, sui primi 10 ragazzi che sono passati in questo primo anno di attività, ce ne sono<br />

almeno due che hanno un’attività delinquenziale familiare, che sono fonte di sostentamento<br />

criminale per famiglie immerse in una logica di un altro tipo, non rispetto a quella in cui gli<br />

altri invece si trovano. Certamente, il problema è molto più complesso e pone problemi di<br />

ordine vario; insomma, nella rete bisogna dare più importanza all’intervento giudiziario che a<br />

quello psicologico interpersonale, perché è complesso fare un lavoro di terapia familiare in<br />

rapporto con i genitori, se i genitori hanno in mente di portarlo fuori, perché poi gli “serve”.<br />

Questo riguarda tante situazioni in cui bisogna immaginare insieme al ragazzo o ragionando<br />

per lui e, comunque, sempre con lui, se quello di cui ha veramente bisogno è di essere portato<br />

fuori dall’ambiente da cui proviene anche in modo definitivo. Pensate a tutte le baby prostitute<br />

che poi chiedono aiuto, dopo essere state portate in Italia; magari non hanno nemmeno 18 anni,<br />

ma sono un problema serio lo stesso, vanno aiutate a ricostruirsi una vita in ambienti diversi da<br />

quello da cui provengono. Questo è uno dei temi con cui ci si confronta. Però fuori da queste<br />

situazioni il grande problema di questi ragazzi e ragazze è quello di “trovare pace” con i loro<br />

genitori interni, trovando anche un qualche rapporto con quelli che hanno fuori e con quelli<br />

putativi che incontrano nelle varie comunità. Allora, il rapporto con questi ragazzi ha necessità<br />

assoluta di due grandi principi: uno è un principio di ordine, a cui si collega il tema della<br />

responsabilizzazione e uno è un principio di vicinanza e di ascolto che tiene conto del<br />

turbamento profondo che loro si portano dentro. Alloro io dico che l’intervento di comunità è<br />

un intervento continuamente anfibio, di comunità e anche fuori di comunità, in cui bisogna<br />

avere competenze psicoterapeutiche perché sono necessarie per questo ascolto e bisogna avere,<br />

però, anche posizioni e competenze di tipo educativo. Perché guardate, questa è un’illusione<br />

che ho consumato anche io che faccio lo psicoterapeuta ormai da 35 anni: il ragazzo che viene<br />

da te avendo dei comportamenti disordinati e che si lamenta e piange dei genitori, ma rispetto a<br />

cui tu metti in opera solo l’ascolto, è un ragazzo che da te non riceve nessun aiuto. Hai voglia<br />

ad ascoltare ed interpretare, ma non si conclude niente. Si conclude qualcosa quando accanto<br />

all’ascolto, c’è anche la risposta che gli impone di responsabilizzarsi. La responsabilizzazione<br />

nella comunità è un fatto fondamentale di ordine terapeutico. Io credo che sia importante<br />

collegare queste cose a ciò che sappiamo dalla ricerca psicoterapeutica e psicoanalitica in<br />

particolare.<br />

Vedete, Melanie Klein (1932) insisteva molto sul fatto, che le figure parentali introiettate dai<br />

pazienti con problemi di comportamento, di impulsività o, se volete, di antisocialità, sono

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