17.12.2012 Views

LUIGI CANCRINI Psichiatra, Psicoterapeuta ... - Fiore Del Deserto

LUIGI CANCRINI Psichiatra, Psicoterapeuta ... - Fiore Del Deserto

LUIGI CANCRINI Psichiatra, Psicoterapeuta ... - Fiore Del Deserto

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

figure parentali introiettate estremamente crudeli, estremamente dure contro le quali si esprime<br />

una ribellione continua e totalmente inutile ed autolesiva. Ma c’è uno scontro con un qualcosa<br />

che uno si porta dentro, con una crudeltà che gli è stata inflitta. Nelle ricerche sui disturbi di<br />

personalità, si vede che laddove sono forti le componenti antisociali, è fortissima la<br />

trascuratezza che quel ragazzino ha subito: il neglect, dalla parola inglese, la “trascuratezza”, il<br />

fatto che non si sono accorti delle sue esigenze di base, corrisponde all’antisocialità ed è un<br />

genitore interno estremamente crudele e lontano quello che loro si portano dietro. Allora noi<br />

possiamo ragionevolmente immaginare che quando arrivano in un luogo dove qualcuno li<br />

“ferma” in un modo affettuoso, ma appunto fermo, loro si incontrano e reagiscono in tanti<br />

modi, con un genitore che non è distante, crudele, assurdo come quello che si portano dentro.<br />

Ma loro di questo hanno bisogno, perché al contrario con un atteggiamento troppo vicino,<br />

comprensivo, affettuoso e basato solo su quello, non si risolve niente; perché loro tanto non si<br />

possono fidare e il loro fidarsi passa attraverso la consuetudine con persone che danno loro un<br />

modello di comportamento a cui loro possono appoggiarsi. E’ vero, e Sabatello lo ricordava,<br />

che i disturbi antisociali di personalità sono quelli più difficili da trattare. Noi possiamo dire<br />

che quote antisociali ci sono nella gran parte dei ragazzi di cui stiamo parlando, di cui abbiamo<br />

discusso questa mattina. Più “pura” è l’antisocialità, più evidente e chiara è l’antisocialità, più<br />

difficile è la cura perché quello che è necessario è un tempo lungo per incontrare la persona<br />

dietro questa maschera continuamente beffarda, lontana, distante, aggressiva che fa saltare i<br />

nervi a qualsiasi operatore con tutta la sua pazienza. Però è anche vero che non è un’impresa<br />

impossibile, soprattutto finché sono giovani, finché sono adolescenti. Anche per un<br />

personaggio di Romanzo Criminale di De Cataldo, arrivato a 40 anni, che ha 30 anni di carcere<br />

da scontare, forse non è tanto facile da responsabilizzare, non è così semplice, e pertanto<br />

bisogna immaginare un carico maggiore di difficoltà.<br />

Anche se, guardate, io ho fatto per alcuni anni supervisione in un ospedale psichiatrico<br />

giudiziario e posso assicurarvi che c’è molta vita anche lì ! Ma l’antisociale “puro”<br />

difficilmente va in OPG, l’antisociale “puro” finisce magari nel 41bis e in altre di queste<br />

situazioni tutte segnate dalla repressività. Questo è un discorso che ci porterebbe lontano, ci<br />

porta verso la psicologia penitenziaria.<br />

Però è certa una cosa, stiamo parlando di adolescenti; sono storie che possono essere<br />

modificate quando si ha la possibilità di intervenire in adolescenza perché è ancora un<br />

materiale estremamente plastico. Allora noi dobbiamo passare da una cultura della diagnosi, in<br />

cui colui che fa diagnosi è uno che, con i raggi x della sua esperienza e cultura psicopatologica,<br />

fotografa il disturbo di chi ha davanti e quindi dice “questo che sta così, diventerà cosà”, ad<br />

una situazione in cui la diagnosi è una diagnosi funzionale che recita più o meno così “in<br />

questo momento della sua vita, in questo contesto, in questa situazione, in questo equilibrio<br />

complessivo dei suoi rapporti questa persona presenta questi tratti”, ma con tutte queste<br />

specificazioni intorno. Dopodiché la diagnosi reale da che cosa viene fuori, dal confronto fra<br />

questo e quello che accade a quella persona, man mano che i suoi contesti vengono cambiati<br />

dall’azione terapeutica. Noi dobbiamo sapere che quelli che vanno cambiati sono prima i<br />

contesti e poi la persona. La persona deve essere aiutata a vederle le situazioni di mutamento<br />

contestuale, senza averne paura. Deve essere aiutata a fidarsi, e spesso questa è la cosa più<br />

difficile.<br />

Ora vedete su questo punto, ho fatto in tanti anni un’esperienza significativa soprattutto con le<br />

comunità terapeutiche per tossicodipendenti che sono un’esperienza abbastanza straordinaria.<br />

Con Saman, abbiamo cominciato nel ’95 e sono passati tanti anni. L’accordo che io feci con<br />

Saman quando ho cominciato a lavorare con loro, era di affiancare agli educatori dentro<br />

ognuna delle comunità terapeutiche degli psicoterapeuti che avevano un loro referente, in parte<br />

io, in parte altre persone in altre città dove c’è Saman, per avere una supervisione sul loro<br />

lavoro. Avevamo stabilito un principio, che laddove sul programma c’era differenza di idea fra<br />

il responsabile di comunità, quindi il capo educatore, e i referenti terapeutici, quindi gli

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!