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LUIGI CANCRINI Psichiatra, Psicoterapeuta ... - Fiore Del Deserto

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psicoterapeuti, ci fosse una mediazione fatta con me come direttore scientifico di Saman.<br />

Avevamo stabilito, in qualche modo, una pari dignità degli psicoterapeuti con i loro<br />

ragionamenti e degli educatori con i loro ragionamenti, che veniva appianata discutendo nelle<br />

situazioni in cui c’era conflitto su come muoversi. Dopodiché abbiamo immaginato un<br />

percorso dove le supervisioni venivano fatte in equipe, cioè tutti insieme da psicoterapeuti<br />

esterni. Adesso 15 anni di lavoro sono tanti, e le risorse psicoterapeutiche degli educatori<br />

tradizionali di Saman sono straordinarie. Loro non hanno fatto psicoterapia, non hanno fatto<br />

una formazione psicoterapeutica, l’hanno imparata discutendo; certamente anche gli<br />

psicoterapeuti, che hanno lavorato con loro, hanno imparato dagli educatori un numero<br />

straordinario di cose che non sapevano. Allora che cos’è il senso di questa cosa? Il senso di<br />

questa cosa è che responsabilizzare progressivamente una persona, mentre la si accoglie<br />

affettuosamente è un’operazione terapeutica di grandissima potenzialità. Nella comunità<br />

accade questo attraverso una dialettica. Perché vedete, può capitare che il responsabile di<br />

comunità dia una punizione perché c’è stata un’infrazione comportamentale, lo psicoterapeuta<br />

che fa, ascolta la reazione alla punizione. L’utente, il ragazzo o la ragazza, va lì e dice<br />

“Quell’educatore mi ha dato questa punizione ingiusta, lui non capisce, non è possibile non<br />

capisce che cos’è per me questo” e fa tutta la sua sparata. Il terapeuta accoglie, ascolta e poi<br />

cerca di restituire un discorso in cui dice “Si, tu hai le tue regioni, ma anche lui ha le sue.<br />

Perché poi c’è qualche cosa che è la cornice, il gruppo, lo stare insieme. Questa è una realtà a<br />

cui in qualche modo anche tu devi riuscire a partecipare e ad andare dentro”. Vedete, si<br />

ricostituisce una situazione di una famiglia in cui l’istanza normativa e l’istanza di<br />

accoglimento e di ascolto possono essere alternativamente giocate di più, dall’uno o dall’altro<br />

dei due genitori, nel rispetto delle regole che vengono date, ma nel rispetto anche del fatto che<br />

non sempre la regola e la sanzione collegata alla regola può essere compresa; sapendo che è<br />

molto più importante che venga compresa, che non il fatto che venga regolarmente obbedita.<br />

Questo, secondo me, è il punto su cui si esercita oggi il principio più forte dell’azione<br />

terapeutica in tutte queste situazioni.<br />

La capacità degli psicoterapeuti di “comprendere” si mette al servizio dell’equipe. Voglio dire<br />

che, alla fine, in una rete che si occupa di un minore, non è importante che ci sia lo<br />

psicoterapeuta del minore, ci deve essere la competenza psicoterapeutica che circola<br />

nell’equipe, che permette di prendere decisioni e posizioni che sono tali da assicurare al minore<br />

quel livello di comprensione, di vicinanza, di sentirsi con che è fondamentale per lui. Molte<br />

volte, secondo me, non è neppure opportuno che il minore abbia un terapeuta fuori dalla<br />

comunità. Io penso che in molti casi quello che è importante è che lo psicoterapeuta faccia<br />

parte dell’equipe che lavora e possa suggerire all’operatore che è più vicino al minore alcune<br />

risposte. Insomma, che ci si trovi in termini di rete ad utilizzare le competenze e il sapere<br />

psicoterapeutico, non a considerare la psicoterapia qualcosa che sta lì e che è uno dei pezzi del<br />

lavoro terapeutico. Se volete, utilizzando un’immagine, la competenza terapeutica dovrebbe<br />

essere un po’ come il sale nella minestra: senza sale non è buona la minestra, non è che uno si<br />

mette a mangiare solo il sale, insomma non è utile mangiare separatamente la minestra e il sale.<br />

Questo è quello che l’esperienza di questi anni mi ha insegnato.<br />

In secondo luogo, quello che è molto importante che si riesca a capire e a riflettere bene, è che<br />

molti degli adolescenti che arrivano al momento della comunità o del centro diurno o altro,<br />

sono adolescenti che hanno anche una famiglia e che questa famiglia resta con i suoi modi di<br />

muoversi, di porsi, nelle diverse situazioni di rapporto con questi adolescenti.<br />

Melanie Klein (1932) ha scritto una cosa bellissima su questo, nella sua psicoanalisi dei<br />

bambini. Una cosa che la faceva sempre riflettere era come, mesi e mesi di lavoro<br />

psicoterapeutico paziente - sapete che lei vedeva i suoi ragazzini anche tre quattro volte a<br />

settimana - a cui hai dedicato tantissimo tempo, tantissima passione, possono essere distrutti in<br />

un attimo da un aggrottarsi degli occhi della madre. Adesso può essere anche comodo, però è<br />

vero… perché, bene o male, questi genitori che sono fuori dalla comunità e che magari loro

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