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www.musictraks.com<br />
<strong>MAGAZINE</strong><br />
Numero 23 - aprile 2019<br />
CISCO<br />
respirare aria nuova<br />
ALO EAZY<br />
ONDANUEVE<br />
TV LUMIERE<br />
SCARDA
sommario<br />
4<br />
8<br />
12<br />
16<br />
20<br />
22<br />
24<br />
28<br />
32<br />
36<br />
Cisco<br />
Alo Eazy<br />
Ondanueve<br />
TV Lumière<br />
Luciano Tarullo<br />
Dheiti<br />
Wallace Records<br />
UnTimore<br />
Scarda #5mc<br />
Fabrizio Moro #qcs<br />
Questa non è una testata giornalistica poiché viene aggiornata<br />
senza alcuna periodicità. Non può pertanto<br />
considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge<br />
n. 62/2001. Qualora l’uso di un’immagine violasse<br />
diritti d’autore, lo si comunichi a info@musictraks.com<br />
e provvederemo alla rimozione immediata<br />
<strong>TRAKS</strong> <strong>MAGAZINE</strong><br />
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CISCO<br />
respirare aria nuova<br />
Stefano “Cisco” Bellotti torna con “Indiani & Cowboy”, album composto di<br />
dieci canzoni. Il cantautore è volato fino in Texas per raccogliere la giusta<br />
ispirazione e l’album è nato con il prezioso contributo di Rick del Castillo<br />
Per “Indiani & Cowboy” sei partito<br />
da presupposti differenti, sei<br />
volato fino in Texas e hai cambiato<br />
un po’ di cose. Ci spieghi<br />
perché?<br />
C’era per me necessità di cambiare<br />
aria musicalmente parlando perché<br />
gli ultimi dischi li ho sempre<br />
fatti in Emilia con i miei musicisti.<br />
In questo caso avevo bisogno di<br />
respirare aria nuova per pensare<br />
un nuovo progetto e l’immagine<br />
della frontiera americana con il<br />
discusso muro che vuole costruire<br />
Trump, la vita normale quotidiana<br />
di tutti i giorni dove la frontiera è<br />
un posto simbolico dove le culture<br />
si intrecciano e si mischiano, ecco<br />
quel discorso mi interessa tanto.<br />
Ma è un discorso che possiamo<br />
trovare anche in Italia, nel Mediterraneo,<br />
è un legame che ci unisce<br />
molto forte e quindi quei concetti<br />
quei pensieri sono alle basi<br />
del disco stesso.<br />
Mi sembra che oltre al discorso<br />
sonoro ci siano motivi ideali che<br />
ti hanno spinto in America. Sbaglio?<br />
Si per Indiani e Cowboy l’idea è<br />
stata proprio quella di mescolare<br />
le carte soprattutto a livello musicale,<br />
sfruttare questo ponte che<br />
si era creato con l’America grazie<br />
a Paolo Pagetti della Rivertale e<br />
alle sue conoscenze americane<br />
di Austin con Rick Del Castillo,<br />
un ponte quindi tra l’Emilia e il<br />
Texas, dove noi qui in Italia abbiamo<br />
creato le basi e poi l’abbiamo<br />
mandate oltreoceano per essere<br />
prodotte, completate e finite il cui<br />
risultato è qualcosa di completamente<br />
diverso da quello che ho<br />
sempre fatto nella mia vita, dove i<br />
suoni si mescolano, le radici non<br />
si perdono, la mia scrittura si sente.<br />
Il mio modo di scrivere canzoni<br />
infatti non è tanto cambiato,<br />
ma è cambiato il sound fatto da<br />
un produttore come Rick appunto<br />
che ha stravolto in alcuni casi i<br />
brani rendendoli affascinanti con<br />
suoni tex-mex, suoni di frontiera,<br />
suoni a me cari, rendendoli unici.<br />
Questo lavoro è un lavoro pensato,<br />
voluto in questa maniera dall’inizio,<br />
non a caso ho a realizzare il<br />
disco quando ho avuto la concreta<br />
certezza di poter lavorare con<br />
Rick, di poter andare ad Austin a<br />
cantare, a mixare, a finire il lavoro<br />
del disco realizzandolo con queste<br />
determinate caratteristiche. Per<br />
quello reputo Indiani e Cowboy<br />
un album diverso dagli altri e per<br />
quanto mi riguarda, di cambiamento.<br />
I riferimenti all’attualità non<br />
mancano, così come i ritratti di<br />
personaggi “forti”. Come nascono,<br />
a proposito, le canzoni dedicate<br />
a Guido Rossa e Don Gallo?<br />
Questo senza dubbio è di sapore<br />
vintage ma dalle forti tematiche<br />
di attualità, non a caso si parla di<br />
confini, di muri, di migrazioni, di<br />
sceriffi e di indiani, perché il mondo<br />
è fatto sempre di più da indiani<br />
che tentano di sopravvivere e<br />
da cowboy che continuano a non<br />
capire. E quindi per questo è un<br />
disco di forte attualità. Le figure di<br />
Guido Rossa e di Don Gallo ovviamente<br />
si schierano dalla parte<br />
degli indiani, sono due figure di<br />
4 5
cui la prima tragica, della storia<br />
recente italiana, risalente a 40 anni<br />
fa quando negli anni di piombo<br />
le brigate rosse decisero di eliminare<br />
un sindacalista genovese che<br />
aveva denunciato alcune persone<br />
che erano conniventi con le br,<br />
quindi una storia non semplice<br />
che ancora oggi divide, ma che<br />
credo sia importante far conoscere.<br />
Per parlare di Guido Rossa tra<br />
l’altro ho usato la metafora della<br />
montagna perché lui era un grande<br />
scalatore, era un amante della<br />
montagna, quindi ho voluto usare<br />
questa immagine che mi sembra<br />
fosse molto adatta al personaggio.<br />
Don Gallo invece è uno di quei<br />
capi indiani che resistevano<br />
e un grande<br />
amico che è venuto<br />
a mancare anni fa ed<br />
io ne sento personalmente<br />
la mancanza.<br />
Ho avuto modo di<br />
frequentarlo diverse<br />
volte, i miei primi<br />
due figli sono stati<br />
battezzati da lui, ho<br />
assistito alle sue messe<br />
laiche anzi direi<br />
quasi pagane, dove si passava da<br />
Gesù Cristo a Che Guevara, da<br />
Gandhi a Mao Tse Tung. È stato<br />
un personaggio importantissimo<br />
per la mia formazione ma credo<br />
che sia un personaggio che manca<br />
tantissimo nel mondo sociale<br />
culturale italiano perché era uno<br />
che sapeva sempre dire le cose<br />
giuste al momento giusto e che<br />
oggi giorno avrebbe messo al<br />
proprio posto alcuni personaggi<br />
che cercano di farla da padroni.<br />
Purtroppo è scomparso, ma dobbiamo<br />
assolutamente ricordare<br />
la sua importante figura.<br />
Che cosa ha regalato la produzione<br />
di Rick Del Castillo a<br />
questo disco?<br />
Rick Del Castillo è stato fondamentale<br />
per la realizzazione di<br />
questo disco, primo perché ha<br />
reso meno scontato e meno banale<br />
quello che noi avevamo registrato<br />
e inciso, facendo quello<br />
che fa un produttore di un certo<br />
tipo con una certa formazione e<br />
spessore, creando parti e stravolgendo<br />
i pezzi però assecondando<br />
l’indole della canzone stessa senza<br />
snaturarla. Rick ha dato delle vere<br />
e proprie perle e penso all’ultimo<br />
brano del disco che è Bianca, una<br />
ballata in dialetto che lui ha reso<br />
unica con il suo tocco di chitarra<br />
stile messicano facendola diventare<br />
una vera e propria chicca. Mi<br />
ricordo ancora la notte in cui mi<br />
mandò il provino di quello che lui<br />
aveva fatto e avevo avuto i brividi<br />
oltre che le lacrime agli occhi.<br />
Quindi una cosa importante il suo<br />
lavoro, fondamentale per la riuscita<br />
di questo disco e gliene sarò per<br />
sempre grato. So che Rick del Castillo<br />
non è un nome altisonante,<br />
così conosciuto come altri, lui si<br />
occupa anche e soprattutto di colonne<br />
sonore per esempio nei film<br />
di Robert Rodriguez, Machete, Sin<br />
city, Dal tramonto all’alba, El mariachi,<br />
ecc…ma anche con Quentin<br />
Tarantino dove in Kill Bill<br />
Vol.2 troviamo proprio la chitarra<br />
di Rick e si possono sentire alcuni<br />
pezzi suonati da lui.<br />
Qual è il tuo film preferito del<br />
genere “indiani & cowboy”?<br />
Da ragazzino ero uno molto patito<br />
del mondo western e dei film<br />
western, giocavo sempre a cowboy<br />
e indiani ovviamente cercando<br />
di parteggiare sempre dalla parte<br />
dei cowboy perché erano i più fighi,<br />
avevano le pistole, gli sceriffi<br />
avevano la stella e il cappellone.<br />
Poi crescendo la storia ci ha raccontato<br />
in qualche modo la verità,<br />
siamo tutti diventati pro indiani.<br />
Riguardo al mondo western a me<br />
viene da citare tra i classici Ombre<br />
rosse del grande regista John Ford,<br />
di più recente invece mi aveva colpito<br />
L’ultimo dei mohicani, un film<br />
ben fatto che ancora oggi mi emoziona<br />
vederlo, e poi sicuramente i<br />
film del grande Sergio Leone con i<br />
suoi spaghetti western, per citarne<br />
uno fra tutti Per un pugno di dollari.<br />
6 7
ALO EAZY<br />
Con uno spiccato amore per l’ “Erba”, protagonista anche dell’ultimo<br />
singolo, la band della provincia di Alessandria progetta un ep e nel<br />
frattempo sabota matrimoni<br />
Volete raccontare qualcosa della<br />
vostra storia per chi non vi conosce?<br />
Siamo un gruppo di ragazzi di Capriata<br />
d’Orba, un paese in provin-<br />
cia di Alessandria. Praticamente<br />
è tutta la vita che ci conosciamo,<br />
alcuni di noi hanno fatto l’asilo<br />
insieme, altri studiano insieme<br />
tuttora. Insomma siamo una sor-<br />
8<br />
9
ta di grande famiglia. Ci piace la<br />
musica, ci piacciono le grigliate, la<br />
natura, le belle ragazze, il mare, le<br />
persone ricche che danno i soldi,<br />
i festival che chiamano i gruppi<br />
emergenti pagandoli, i bonifici e<br />
l’arte. Facciamo il nostro genere<br />
musicale, che si chiama Alo Eazy.<br />
Per tutto il resto, ascoltateci e magari<br />
comprate i nostri lavori. Altrimenti<br />
ci sarà un momento dove<br />
faremo soltanto le grigliate. Potete<br />
comprare anche quelle se volete.<br />
Come nasce “Erba”?<br />
Erba nasce dai campi della nostra<br />
zona, dall’amore per la natura.<br />
Alcune parole a volte ci fanno<br />
pensare subito male, tipo: erba,<br />
negro, siluro, vengo, “lo metto<br />
dentro?”, “sono duro!”, toccami,<br />
“di che segno sei?” Insomma Erba<br />
sì, potete pure vederlo come un<br />
inno blah blah droghe, delinquenti,<br />
siete pazzi. Però pensate, non<br />
giudicate tutto subito, altrimenti<br />
vi perdete un sacco di cose. Tra<br />
queste cose ci siete anche voi stessi.<br />
Dite quello che volete e fate<br />
quello che volete, oppure fate i<br />
soldi.<br />
Direi che anche il video che accompagna<br />
la canzone meriti<br />
qualche approfondimento…<br />
Il video… sì... allora, abbiamo<br />
deciso di buttare 300 euro di un<br />
lavoro che avevamo fatto in un<br />
pupazzo. La Piga. La Piga doveva<br />
sposarsi con Michele, però lui<br />
è stato con noi a fare festa, come<br />
suo solito, e si è dimenticato di<br />
sposarsi. La Piga voleva rapirlo,<br />
noi però siamo Duri! (Avete pensato<br />
male?) Comunque siamo<br />
andati a salvarlo, è andata bene<br />
perché la Piga è un’infame sbrocca<br />
di brutto, dentro c’è<br />
uno di noi, ma non<br />
riusciamo a capire<br />
chi è! Alla fine abbiamo<br />
trovato il nostro<br />
cantante ed era<br />
nella stanza sopra la<br />
sala prove.<br />
È in arrivo il vostro<br />
prossimo ep: ci raccontate<br />
come sarà?<br />
Il nostro ep si chiamerà<br />
Warhol e sarà una Botta!!<br />
Non pensate male che sbrocco<br />
scrivo le parole a caso e bestemmie,<br />
spacco tutto! Siamo contenti,<br />
abbiamo viaggiato tra diversi<br />
colori e sentirete che per colori<br />
noi intendiamo diverse sonorità.<br />
Per questo si chiamerà Warhol,<br />
come lui abbiamo usato un punto<br />
di vista diverso per quanto<br />
riguarda la nostra musica. Siamo<br />
orgogliosi di essere maestri<br />
del “me ne fotto”! Vogliamo stare<br />
bene e magari far stare bene<br />
qualcuno, il tutto, divertendosi.<br />
Un saluto a tutti voi, grazie per<br />
aver dedicato il vostro tempo<br />
alla lettura della nostra intervista.<br />
10<br />
11
ONDANUEVE STRING<br />
QUARTET<br />
“Mutazioni” è il nuovo ep della formazione che ha affiancato alle esperienze<br />
classiche il rock, la world music e il jazz, per arrivare a un linguaggio musicale<br />
eclettico<br />
Da quali premesse nasce il vostro<br />
nuovo lavoro “Mutazioni”?<br />
Questo lavoro nasce con l’intento<br />
di evidenziare una nostra visione<br />
musicale sviluppata nel tempo.<br />
Come ogni cosa, anche la musica<br />
muta, si evolve, si fonde creando<br />
nuovi generi e così anche il modo<br />
in cui utilizziamo i nostri strumenti<br />
classici del quartetto d’archi<br />
in maniera diciamo molto meno<br />
“classica”. Abbiamo fuso quindi
molti generi musicali apparentemente<br />
lontani tra loro ma con così<br />
tanti elementi in comune da generare<br />
nuove sonorità e creando<br />
quindi, a modo nostro, una mutazione.<br />
Avete lavorato a colonne sonore,<br />
avete riproposto e riarrangiato<br />
classici del pop, ma immagino<br />
che l’approccio per un lavoro di<br />
inediti sia differente. Qual è il<br />
vostro metodo di lavoro?<br />
Il metodo inizia in maniera uguale<br />
per tutti, e cioè con le note sul<br />
pentagramma. Da lì si lavora insieme<br />
per arrivare ad ottenere<br />
l’effetto desiderato. Un lavoro di<br />
inediti è sicuramente piu difficile<br />
e rischioso rispetto a riarrangiare<br />
canzoni che hanno avuto già un<br />
loro successo e che godono quindi<br />
del vantaggio di una forza in più,<br />
ma riuscire ad esprimere qualcosa<br />
di nostro, qualcosa che nel bene o<br />
nel male crea una nostra identità<br />
è sicuramente più emozionante ed<br />
appagante.<br />
Quali sono i dischi che avete<br />
ascoltato di più lavorando a<br />
“Mutazioni”?<br />
Stare qui ad elencarli sarebbe davvero<br />
difficile. In questi 5 brani si<br />
spazia dall’ Irish al flamenco, al<br />
tango, musica venezuelana, popolare<br />
del sud italia, rock, balcanica<br />
e molti altri. Ogni genere di questi<br />
è stato assimilato con l’ascolto di<br />
decine di dischi l’uno.<br />
Come nasce “Mano de Diòs”?<br />
Si parla ovviamente di “quella”<br />
“Mano de Diòs”?<br />
In effetti abbiamo voluto valorizzare<br />
e avvicinare degli aspetti di<br />
Maradona con quelli della nostra<br />
città che l’ha ospitato nei sui tempi<br />
d’oro: Napoli. Questa composizione<br />
infatti rappresenta in musica<br />
alcuni aspetti del suo genio: un<br />
lato oscuro scandito<br />
da una pulsazione<br />
ritmica fusa a una<br />
tensione melodica<br />
iniziale, una parte<br />
introspettiva caratterizzata<br />
da un tango<br />
elettronico che lo<br />
lega alle sue origini,<br />
per poi sfociare in un<br />
mood mediterraneo<br />
solare, l’immagine<br />
sonora del suo enorme<br />
e gioioso talento.<br />
Una curiosità: se doveste individuare<br />
un/una cantante per i<br />
vostri o per un vostro brano, chi<br />
vorreste? Un nome solo, ma assolutamente<br />
senza limiti di tempo<br />
e spazio<br />
Un nome che ci viene in mente<br />
senza limiti soprattutto di importanza<br />
è Sting. Un artista che<br />
è riuscito a creare musica sempre<br />
innovativa e che non si è mai<br />
fermato nella sperimentazione,<br />
nonostante i suoi oltre 40 anni di<br />
carriera. Ha attraversato generi<br />
musicali più vari. Nel nostro piccolo<br />
ci rivediamo molto nel suo<br />
stile musicale.<br />
14<br />
15
TV LUMIERE<br />
E’ disponibile “Avrei Dovuto Odiarti” il disco che segna il ritorno della<br />
band, otto anni dopo “Addio Amore MIo”<br />
Da dove nasce il mutamento sonoro,<br />
da noise a folk, che si riscontra<br />
nel nuovo disco?<br />
Si tratta di un processo graduale,<br />
non di una scelta fatta a tavolino<br />
o per seguire una particolare corrente.<br />
Questo immagino che lo<br />
dobbiamo ai nostri ascolti recenti<br />
e alla voglia di andare sempre più<br />
incontro alla forma canzone, tuttavia<br />
non credo si possa definire<br />
un disco “folk”, il nostro album<br />
contiene molte trame volutamente<br />
desertiche ma non mancano gli<br />
interventi violenti a rievocare le<br />
nostre radici, abbiamo cercato di<br />
utilizzare le liriche per collegare<br />
tutti gli episodi di questo disco.<br />
Ho letto che la gestazione di questo<br />
disco è stata particolarmente<br />
lunga. Incidenti di percorso o<br />
vostro perfezionismo?<br />
Touchè! Ci hai preso in pieno.<br />
Dopo Addio! Amore mio abbiamo<br />
avuto una lunga serie di problemi,<br />
la scomparsa di un nostro<br />
caro amico che stava lavorando a<br />
un nuovo progetto con il nostro<br />
chitarrista Ferruccio lo ha tenuto<br />
lontano dalla musica per un lungo<br />
periodo, seguito poi da un incidente<br />
stradale che lo ha bloccato<br />
fisicamente per un sacco di tempo<br />
e infine l’abbandono del gruppo<br />
da parte di Irene, l’arrivo del nuovo<br />
bassista e la ricostruzione.<br />
Come nasce “Fondo alle ancore”?<br />
Questo brano nasce da un’idea di<br />
Federico, così<br />
come le cose<br />
più cantautorali<br />
che trovi<br />
in questo album,<br />
tutto il<br />
disco avrebbe<br />
dovuto già<br />
funzionare<br />
con sole chitarra<br />
e voce e<br />
la band avrebbe<br />
dovuto soltanto<br />
colorarlo<br />
ma poi è uscito fuori il nostro<br />
istinto e questo è il risultato finale.<br />
La vostra band naviga nell’alveo<br />
della musica alternativa italiana<br />
ormai da qualche anno. Come<br />
giudicate il momento musicale<br />
italiano in generale?<br />
Grazie per la domanda, non capita<br />
spesso di poter parlare di questo<br />
senza dover mettere le mani<br />
avanti. Cercherò tuttavia di fare<br />
una sintesi. Non conosciamo i retroscena<br />
alla perfezione e non ci<br />
permettiamo di giudicare il lavoro<br />
altrui, il problema rimane sempre<br />
la gente e quanta voglia abbia o<br />
meno di guardarsi intorno anzi-<br />
16<br />
17
ché prendersi quello che gli viene<br />
offerto da chi ha pagato di più. Le<br />
scelte che fanno le band indipendenti<br />
di andar nei vari festival in<br />
tv non le discuto, purché ci vadano<br />
con la loro idea, che piaccia o<br />
meno, la musica per teenager non<br />
discuto neanche quella, c’è sempre<br />
stata, che piaccia<br />
o meno. Se<br />
c’è un problema<br />
è quello<br />
che a differenza<br />
di qualche<br />
anno fa,<br />
i piccoli club<br />
che aprono e<br />
chiudono in<br />
continuazione<br />
e non vengono<br />
affatto aiutati<br />
dagli enti statali,<br />
anzi, vengono<br />
affondati,<br />
questo fa sì<br />
che i cachet<br />
siano sempre<br />
più bassi<br />
e molte band<br />
di un basso<br />
livello di popolarità<br />
non<br />
riescono più<br />
a spostarsi e<br />
portare la loro<br />
musica in tutte le città. Se prendo<br />
poi la domanda dal punto di vista<br />
artistico o gusto personale, non<br />
si tratterebbe più di un problema<br />
italiano.<br />
Tra produttori e aperture ai concerti<br />
avete incontrato alcuni giganti<br />
della musica alternativa.<br />
Chi ha lasciato il segno maggiore<br />
su di voi?<br />
Senza dubbio alcuno la persona<br />
che sentiamo più vicina e con la<br />
quale abbiamo collaborato di più<br />
è Amaury Cambuzat, sia come<br />
Ulan Bator che come nostro produttore,<br />
egli ci ha strutturato<br />
come musicisti e aiutato a colmare<br />
le nostre lacune, oltre ad averci<br />
fortemente influenzato con la sua<br />
musica, Amaury rimane uno dei<br />
nostri punti di riferimento oltre<br />
che un buon amico!<br />
18<br />
19
LUCIANO TARULLO<br />
Il cantautore originario di Agropoli (Salerno) pubblica l’album<br />
“L’isola”, una miscela di cantautorato e rock come insegna la migliore<br />
tradizione musicale italiana<br />
Vuoi raccontare la tua storia?<br />
Ho incontrato la musica a 15<br />
anni e da quel momento non l’ho<br />
più lasciata. A tal proposito tutte<br />
le mie scelte, anche di studio e<br />
professionali, sono state fatte in<br />
un’unica direzione e con un unico<br />
obiettivo, quello di far diventare<br />
questa passione un lavoro, e a oggi<br />
posso dire di avercela fatta anche<br />
se la strada è ancora lunga. Di<br />
conseguenza tutta la mia “storia”<br />
è parte integrante di questo lavoro<br />
discografico. C’è dentro un po’<br />
tutto il percorso artistico e umano<br />
che ho compiuto da quando<br />
ho iniziato a suonare fino ad oggi.<br />
L’isola non è altro che la mia vita,<br />
il luogo dove sono cresciuto, le<br />
esperienze che ho fatto, le persone<br />
che ho incontrato sulla mia strada.<br />
La proiezione del mio mondo<br />
interiore e la visione di ciò che mi<br />
circonda.<br />
Questo disco nasce da una lunga<br />
gestazione: a cosa è dovuta questa<br />
elaborazione?<br />
Prima di tutto credo che per realizzare<br />
un lavoro discografico di<br />
qualità serva del tempo. Ho scelto<br />
di non avere fretta. Ho scelto di<br />
far uscire un lavoro che mi rappresentasse<br />
in tutto e per tutto.<br />
Diciamo che il lavoro più lungo<br />
è stato quello che ha riguardato<br />
la pre-produzione, e quindi la<br />
scelta dei brani, il lavoro di arrangiamento,<br />
la scelta dei musicisti,<br />
dello studio di registrazione. Tutte<br />
componenti fondamentali per<br />
la riuscita di un album. Anche la<br />
parte di mix e master è stata abbastanza<br />
lunga proprio perché c’era<br />
la voglia di non lasciare niente al<br />
caso. A tutto questo va aggiunto<br />
poi soprattutto il fatto che si tratta<br />
di un auto-produzione, e quindi<br />
come potete ben capire i sacrifici<br />
si moltiplicano. Questo per quanto<br />
riguarda la parte della produzione.<br />
Dal punto di vista artistico<br />
inoltre, ho deciso di inserire anche<br />
dei brani che ho scritto quasi agli<br />
inizi. Canzoni che avevo paura di<br />
lasciare per sempre nel cassetto.<br />
E anche per questo motivo che<br />
questo album rappresenta per me<br />
tutto un percorso che parte da<br />
lontano e arriva fino a qui. Un<br />
percorso che rappresenta soltanto<br />
l’inizio.<br />
Dici di non esserti curato molto<br />
delle mode. Quali sono state le<br />
tue fonti di ispirazione?<br />
Sì in effetti è stato così. Questo<br />
assolutamente non per snobismo<br />
oppure perché non ci siano<br />
oggi dei riferimenti importanti<br />
da prendere in considerazione,<br />
anzi. È stato soltanto un voler approcciarsi<br />
alle canzoni in maniera<br />
diversa. Ho curato tutti gli arrangiamenti<br />
pensando al vestito migliore<br />
che andasse bene per ogni<br />
singolo brano dell’album. Questo<br />
per me significa “non seguire le<br />
mode”. Ciò non significa che non<br />
ci siano dei riferimenti importanti<br />
nella mia musica, anzi. Battisti, De<br />
Gregori, Vasco in primis. E poi il<br />
rock, soprattutto il sound legato<br />
agli anni 80’ e 90’.<br />
Visto che il disco si chiama “L’isola”…<br />
Tre dischi da portare su<br />
un’isola deserta?<br />
Risposta difficile. Mi gioco tre album<br />
degli artisti che ho citato nella<br />
risposta precedente, Il mio canto<br />
libero di Battisti, Rimmel di De<br />
Gregori e Gli spari sopra di Vasco.<br />
20 21
DHEITI<br />
Uscito il primo giorno di primavera, il nuovo ep della cantante<br />
e pianista si chiama “Rebirth”, alla ricerca di una rinasciata<br />
intima e del tutto naturale<br />
Come hai affrontato il tuo primo<br />
lavoro da solista?<br />
È stato emozionante. Le sensazioni<br />
erano tante e diverse: entusiasmo,<br />
grinta, curiosità, approccio<br />
sognante, ma ci sono state anche<br />
fasi di stanchezza, timore, persino<br />
rabbia. Ci ho messo tutta me<br />
stessa. Ho partecipato a ogni step<br />
della produzione, seguendo i lavori<br />
con l’amore e la frenesia d’una<br />
mamma che attende la nascita del<br />
suo bambino, non lasciando nulla<br />
al caso... Però, quando è arrivato il<br />
momento di cantare, ho semplicemente<br />
chiuso gli occhi e mi sono<br />
lasciata andare: infatti ho registrato<br />
le voci in pochissimo. Volevo<br />
che il risultato finale fosse il più<br />
naturale possibile. Sicuramente ho<br />
vissuto quell’intero periodo con<br />
grande intensità ed è stata una<br />
splendida esperienza. Dentro di<br />
me lo percepivo sia come un traguardo<br />
sia come la tappa iniziale<br />
di un nuovo percorso artistico.<br />
Da cosa origina la necessità di<br />
una “Rebirth”, di una rinascita?<br />
Credo che sia un bisogno che tutti<br />
proviamo più volte nella vita.<br />
Talvolta siamo fagocitati dalle abitudini,<br />
che spesso si fanno strette<br />
come catene togliendoci l’entusiasmo<br />
e la meraviglia negli occhi.<br />
Allora lì bisogna fare qualcosa.<br />
Serve spezzarle, quelle catene.<br />
Almeno provarci. Non c’è dubbio<br />
che, quando scrivevo i brani<br />
dell’ep, io attraversassi una fase del<br />
genere. Non è stata l’unica, e non<br />
sarà l’ultima.<br />
Come nasce “Feel”?<br />
Nasce in una piccola stanza di<br />
Lark Lane a Liverpool. Avevo da<br />
poco comprato una tastiera di<br />
seconda mano (decisamente “entry-level”)<br />
da un signore inglese.<br />
Erano due mesi che mi ero distaccata<br />
dalla pratica della musica e<br />
ne stavo soffrendo. Ricordo che<br />
quando salii le scale e la posizionai<br />
in un angolo della mia camera,<br />
chiusi la porta e non smisi di<br />
suonare e cantare per giorni. I<br />
miei coinquilini mi avranno odiata,<br />
penso, ma devo ammettere che<br />
sono stati gentili e non mi hanno<br />
mai detto nulla. “Feel” è stato<br />
il primo pezzo che ho scritto per<br />
l’ep. È nato in modo molto naturale.<br />
Volevo immaginare di star<br />
già provando quello che, in realtà,<br />
“speravo” di arrivare a provare<br />
presto: un senso di totale armonia<br />
con il mondo. In seguito ce l’avrei<br />
fatta. Ma anche quelle belle sensazioni<br />
(come ogni cosa del resto)<br />
sono destinate a mutare. Siamo<br />
soggetti a infinite fluttuazioni.<br />
Queste quattro canzoni si possono<br />
considerare anche un “antipasto”<br />
di un lp futuro?<br />
Sicuramente sì. “Antipasto”, mi<br />
piace questo termine. Sì, è un antipasto.<br />
Non so se di un lp o se<br />
continuerò a pubblicare altri ep.<br />
Il modo di ascoltare la musica<br />
oggi è cambiato. Funzionano molto<br />
i singoli e i “mini-album”, di solito<br />
ascoltati in streaming. Da un<br />
lato mi spiace, perché adoro gli lp.<br />
Dall’altro, però, hai possibilità di<br />
pubblicare più spesso, e se hai la<br />
fortuna di avere un pubblico sei<br />
messa nelle condizioni di non lasciarlo<br />
a bocca asciutta per troppo<br />
tempo. A ogni modo “Rebirth” è<br />
senz’altro un assaggio. Di cosa ancora<br />
non so, ma lavorerò sodo affinché<br />
sia qualcosa di meglio.<br />
22 23
WALLACE RECORDS<br />
Compie vent’anni l’etichetta di Trezzano Rosa (Milano), fedele all’etica<br />
del DIY, partendo dal punk rock ma uscendo poi spesso dal seminato.<br />
La compilation “TracceXX” la celebra. Ecco le nostre domande al patron<br />
Mirko Spino<br />
Direi di partire da un quadro<br />
storico: quando e come nasce<br />
Wallace Records e che cosa avete<br />
combinato in questi vent’anni?<br />
I primi passi sono stati mossi appunto<br />
nel 1999, venti anni fa. Il<br />
quadro storico era estremamente<br />
diverso da quello odierno: si compravano<br />
ancora i dischi fisici, non<br />
soltanto in ambito underground.<br />
Il contesto specifico era, ed è,<br />
quello del rock underground indipendente,<br />
ossia quel mondo fatto<br />
di musica suonata, ispirata dal<br />
punk ma che non suona necessariamente<br />
punk-rock, e fieramente<br />
lontana da logiche commerciali.<br />
Se vogliamo citare dei punti di<br />
riferimento dico Dischord e<br />
Touch&Go. Rimanendo ancorati<br />
a questa idea, tanti dischi<br />
(200) e tanti artisti (100) sono<br />
passati. Ma anche tanti concerti,<br />
party, e grosse soddisfazioni.<br />
Come nasce l’idea della compilation<br />
e com’è andata l’operazione?<br />
TracceXX è l’ideale seguito di<br />
Tracce, la prima uscita dell’etichetta.<br />
Mi sono ispirato a<br />
quell’idea: fotografare un pezzo<br />
di underground italiano di<br />
quel periodo. La differenza è che<br />
nella prima uscita ho lavorato<br />
con gruppi che avrei voluto avere<br />
nell’etichetta. In questa ultima<br />
compilation ci sono gruppi che<br />
già stanno nell’etichetta. L’operazione<br />
di crowdfunding è andata<br />
bene, abbiamo raggiunto l’obiettivo<br />
economico, ma avevo anche<br />
l’intenzione di sondare il terreno,<br />
ossia quanto potesse interessare<br />
l’operazione, se un po’ di “pubblico”<br />
fosse ancora li e se fosse pronto<br />
a sostenere l’etichetta. Ed è stato<br />
così.<br />
Queste sono domande da non<br />
24<br />
25
fare, ma se ti chiedessi di scegliere<br />
una canzone in particolare<br />
alla quale sei più legato, tra quelle<br />
contenute nella compilation,<br />
quale sceglieresti?<br />
Ah ah… sì, domanda scorretta.<br />
Ovviamente non ho una risposta<br />
ma cerco lo stesso di dartene<br />
una: credo che sia molto significativo<br />
che su questa compilation<br />
ci siano quattro personaggi che<br />
erano anche nella prima: parlo di<br />
Paolo Cantù, Federico Ciappini,<br />
Xabier Iriondo e Roberto Bertac-<br />
chini (ai tempi con Six Minute<br />
War Madness, A Short Apnea e<br />
Starfuckers, oggi con Makhno e<br />
The Shipwreck Bag Show). Sono<br />
musicisti e amici che hanno<br />
percorso questi venti anni con<br />
me. Discorso simile anche per<br />
Anatrofobia e Quasiviri. Tuttavia<br />
mi piace guardare al presente<br />
più che al passato, quindi<br />
è bene ricordare che TracceXX<br />
è composta da band che sono<br />
attive, che pubblicano regolarmente<br />
dischi e fanno concerti.<br />
Qual è il futuro di Wallace<br />
Records?<br />
Non ho mai pianificato<br />
le mosse del futuro, procedo<br />
per piccoli passi,<br />
forse questo è uno dei<br />
motivi della longevità<br />
dell’etichetta! :) Ti annuncio<br />
soltanto in anteprima<br />
le prossime uscite.<br />
Oltre a Marsala, appena<br />
uscito, ci sono in cantiere<br />
i dischi di Hysm?Duo,<br />
Daniele Brusaschetto e<br />
Nairobi. Ah… e poi la<br />
compilation dei trent’anni<br />
nel 2029.<br />
26<br />
27
UNTIMORE<br />
UnTimore, all’anagrafe Numitore Fiordiponti, è un cantautore pugliese<br />
d’origine ma toscano d’adozione. A marzo ha pubblicato il singolo “Illusi<br />
Reclusi”, cui ha fatto seguito lo scorso 16 aprile l’intero debut album,<br />
intitolato “Il Falò dell’Umanità”<br />
Chi è UnTimore e quanto di Numitore<br />
Fiordiponti c’è al suo interno?<br />
È una domanda che fomenta egocentrismo.<br />
UnTimore è un insie-
me di persone che hanno registrato<br />
un disco. Io sono la spinta<br />
creativa e il comburente che ha<br />
innescato la combustione.<br />
Hai pubblicato da poco il tuo<br />
primo singolo, “Illusi Reclusi”.<br />
Parlaci un po’ di questo brano.<br />
È un brano che mette in fila un<br />
elenco di luoghi comuni che oggi<br />
sono considerati opinioni e che<br />
stimolano l’aggressività delle persone.<br />
Siccome al peggio non c’è<br />
mai fine, questi luoghi comuni<br />
creano consenso, sono diventati<br />
ideologie da inserire nei programmi<br />
elettorali.<br />
Il singolo ha anticipato l’uscita<br />
del tuo primo album, “Il Falò<br />
dell’Umanità”, pubblicato<br />
lo scorso 16 aprile.<br />
Cosa rappresenta questo<br />
“falò dell’umanità”?<br />
Nel disco si racconta<br />
dell’essere umano, delle<br />
sue espressioni peggiori.<br />
Tra le righe si intravede<br />
l’amore come unica via<br />
di fuga a una esistenza<br />
meschina. Musicalmente<br />
è abbastanza vario, siamo<br />
partiti da brani chitarra<br />
e voce che abbiamo<br />
vestito degli arrangiamenti<br />
più adatti al nostro<br />
gusto personale.<br />
Quali sono le esperienze<br />
o le situazioni che<br />
ti stimolano maggiormente<br />
a scrivere una<br />
canzone?<br />
Sono gli stati d’animo a<br />
darmi la spinta creativa,<br />
a volte però devo impormi<br />
una disciplina di scrittura che<br />
sia indipendente dallo stato emotivo.<br />
Essendo tendenzialmente un<br />
pessimista sono più creativo nei<br />
momenti negativi che per fortuna<br />
non sono frequenti.<br />
Qual è il tuo sogno nel cassetto?<br />
Non avere rimpianti.<br />
Prossimi live?<br />
Ci stiamo lavorando. Per gli aggiornamenti<br />
seguiteci su www.<br />
untimore.com e su Facebook @<br />
UnTimoreBand.<br />
30 31
SCARDA #5minuticon<br />
Scarda è Nico Scardamaglio, un cantautore che con pochi ingredienti<br />
semplici e genuini è riuscito a farsi conoscere e apprezzare dal pubblico.<br />
Il suo tour di concerti ha avuto un grande successo, e il suo secondo album<br />
“Tormentone” continua a veder aumentare il numero di ascolti sulle<br />
piattaforme online nonostante la pubblicazione sia dello scorso ottobre,<br />
merito del passaparola e del suo indiscutibile talento. Lo abbiamo intervistato<br />
di Chiara Orsetti<br />
Il tuo “Tormentone” sta girando<br />
l’Italia in lungo e in largo: oltre<br />
20 date dallo scorso autunno e<br />
avanti fino a primavera inoltrata.<br />
Che cosa porterai con te al<br />
termine di questo tour? C’è stata<br />
qualche tappa in particolare che<br />
ti ha lasciato ricordi indelebili?<br />
Di tutte queste date credo di voler<br />
fare un vero bilancio solo alla fine.<br />
Nel frattempo, ciò che si avverte<br />
è tanta umanità. Fare i chilometri<br />
insieme, suonare su tanti palchi,<br />
conoscere tanta gente, dormire in<br />
tanti alberghi, crea tra noi della<br />
band un legame molto intenso. È<br />
32
ello, poi, girare, trovare e ritrovare<br />
i fan in giro, magari gente<br />
che si è fatta i chilometri, magari<br />
gente che si è fatta più città. Credo<br />
che la data che mi è rimasta più<br />
impressa é stata Prato (Capanno<br />
Black Out) perché c’è stata molta<br />
più risposta di quanto mi aspettassi<br />
e perché ero particolarmente<br />
“allegro” sul palco. Si accedeva<br />
al camerino tramite delle scalette.<br />
Ricordo che a fine concerto,<br />
uscendo dal palco le ho fatte di<br />
schiena, perché sono inciampato.<br />
In “Sorriso” parli d’amore e di<br />
malinconia, ma quello che mi<br />
ha colpita fin dal primo ascolto<br />
sono i luoghi che la abitano. I<br />
negozi sono uguali a Berlino e a<br />
Cosenza, i pensieri sono uguali<br />
a Taranto o a Milano, come a riprendere<br />
il concetto del non importa<br />
dove… ma chi?<br />
L’argomento principale di Sorriso<br />
è la morte. È dedicata a una<br />
persona che non ha mai saputo<br />
di essere amata, e come dici tu...<br />
il pensiero, il ricordo, può avere<br />
molti “dove” ma è il “chi”, spesso a<br />
dare davvero importanza a quel<br />
luogo, e a quel ricordo.<br />
A proposito di tour e di luoghi<br />
del mondo, non posso fare altro<br />
che chiederti se ami viaggiare e<br />
quali sono i luoghi “fisicamente<br />
raggiungibili” che hanno segnato<br />
il tuo cammino.<br />
Mi piace viaggiare, ciò che mi<br />
piace vedere di più è la provincia.<br />
Qui in Italia ne ho vista tanta, mi<br />
piace il mare, i borghi e la campagna,<br />
o i borghi che si incastrano<br />
con entrambe le cose, tipo Positano<br />
o Castellina in Chianti. All’estero<br />
sono stato quasi sempre in<br />
grandi città. Mi riprometto, appena<br />
potrò, di visitare la campagna<br />
francese, quella belga, i mulini a<br />
vento in Olanda, ma anche la provincia<br />
inglese. Altro desiderio che<br />
avrei: Santorini in Inverno. Magari<br />
anche primavera. Ma non in<br />
estate.<br />
Grazie a “Smetto quando voglio”,<br />
colonna sonora dell’omonimo<br />
film, sei arrivato a farti conoscere<br />
anche da chi è lontano dal<br />
mondo musicale indipendente.<br />
Com’è nata la collaborazione con<br />
la produzione?<br />
Molto brevemente (l’ho già raccontato<br />
in molte interviste) suonavo<br />
in un locale a Roma, era<br />
un breve intervento sul palco<br />
nell’ambito di un open mic (quello<br />
che dopo avrebbero chiamato<br />
Spaghetti Unplugged). Seduta<br />
tra il pubblico c’era la ragazza di<br />
Sydney, il regista. Mi ha fatto un<br />
video, poi glielo ha fatto casualmente<br />
vedere, e da lì si è interessato<br />
alla mia musica. Siccome aveva<br />
questo film da girare qualche<br />
mese dopo ha pensato di affidarmi<br />
la title track. Mi ha mandato la<br />
sceneggiatura e sulla base di quella<br />
ho scritto il brano. Gli é piaciuto.<br />
Di solito chiedo una playlist agli<br />
ospiti di “Cinque minuti con...”,<br />
ma in questo caso mi piacerebbe<br />
che ne creassi una a tema viaggio,<br />
interiore o no lo decidi tu…<br />
Ti va?<br />
Vi do una Playlist che ascolterei<br />
percorrendo la provincia... la Via<br />
Emilia ad esempio, o le strade di<br />
campagna della Maremma, o una<br />
litoranea in Calabria.<br />
Clicca qui per la Playlist<br />
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FABRIZIO MORO<br />
“PAROLE RUMORI<br />
E GIORNI”<br />
#quellochesentivo<br />
E’ appena uscito “Figli di nessuno”, il nuovo album di Fabrizio Moro, ma<br />
qui andiamo a ritrovarlo con una canzone datata 2007 ed estratta dall’album<br />
“Pensa”<br />
Accanirsi nella convinzione che il<br />
meglio sia già venuto. Anzi, che<br />
sia venuto e che ce lo siamo fatti<br />
scappare. Perdere tempo dicendo<br />
di Chiara Orsetti<br />
di non averne abbastanza, punendosi<br />
per gli errori commessi e per<br />
le parole non dette.<br />
Siamo ancora in tempo per rico-<br />
minciare a ridere<br />
Siamo ancora in tempo per scrollarsi<br />
tutto e vivere<br />
Prenditi le scarpe e non gridare<br />
Per convincerti da solo che le cose<br />
vanno bene<br />
Con il tempo impari che è possibile<br />
dare tutto e non avere nulla<br />
in cambio. Quanta fatica costa<br />
dover accettare di non essere stati<br />
abbastanza? Abbastanza attraenti,<br />
abbastanza capaci, abbastanza<br />
pazienti. A volte le situazioni<br />
precipitano e basta, e tu puoi solo<br />
decidere se correre incontro al<br />
fallimento o darti la spinta e ricominciare<br />
a fluire.<br />
Il dolore sai è normale se le storie<br />
poi finiscono<br />
Maledette le ambizioni quando<br />
non si concretizzano<br />
Ma fra prendere e lasciare non si<br />
deve mai aspettare<br />
Perché il tempo che perdiamo non<br />
ce lo ridà nessuno, nessuno, nessuno<br />
Parole, rumori e giorni<br />
Attese, speranze e sogni<br />
Lontani, vicini, chi lo sa?<br />
Chi lo sa?<br />
Il coraggio dei vent’anni ha il sapore<br />
della ribellione, ma il retrogusto<br />
che lascia in bocca spesso<br />
sa solamente di occasioni mancate.<br />
Perché quando provi a scappare<br />
da te stesso stai solo rimandando<br />
un incontro inevitabile.<br />
Rispondi alle domande, non cercare<br />
di scappare<br />
Per non essere costretto a rincorrerti<br />
più in là<br />
Quando avrai i tuoi quarant’anni<br />
e le risposte ancora vaghe<br />
E il dubbio che magari era meglio<br />
avere un figlio<br />
E sposarti quella donna che non<br />
hai tenuto stretta<br />
Perché avevi più capelli e più coraggio<br />
da investire<br />
Fare pace con la voglia di scappare,<br />
leccarsi le ferite e ricominciare<br />
a camminare. Piccoli passi, piccoli<br />
gesti. Un giorno alla volta.<br />
Senza sosta.<br />
Siamo fatti per sbagliare, e poi tornare<br />
indietro<br />
E desiderare sempre quello che sta<br />
dietro al vetro<br />
Ma prenditi le scarpe e riprendi la<br />
tua rabbia<br />
E continua a cercare il tuo ago nella<br />
sabbia<br />
36<br />
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