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VOCI DI MODA - n.44

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L'intervista

Andrea Vitali:

A domanda… risponde!

Andrea Vitali è un gentile signore con il quale è un vero piacere parlare del mestiere di scrivere. Una persona di altri

tempi, che scrive storie all’apparenza semplici con un tocco di piacevole ironia, piene di personaggi che ci riportano

alla memoria i nostri nonni ed usanze e tradizioni di cui, purtroppo, oggi stiamo perdendo la memoria. Lo abbiamo

incontrato a Legnano durante la presentazione di uno dei suoi ultimi lavori e ne è nata una piacevole chiaccherata

che vi riportiamo qui di seguito.

Partiamo dal suo ultimo libro, edito da Garzanti “Un uomo in

mutande” con il ritorno del mitico Maresciallo Ernesto Maccadò…

Nel frattempo ne è uscito un altro “Nessuno scrive al federale“ dove

è ancora presente Maccadò ed è una storia necessaria a completare

un paio di cose lasciate in sospeso ne “Un uomo in mutande“: vale a

dire l’attesa di un figlio da parte di Maristella, e di un marito da parte

di Fusagna Carpignati. Oltre naturalmente a concludere una serie di

vicende ambientate negli anni venti, gli anni dell’arrivo di Maccadò

e signora sulle rive del lago di Como con i conseguenti problemi di

adattamento al nuovo ambiente.

Nei suoi libri colpisce molto l’ambientazione e la semplicità

delle storie raccontate che però con sottile arguzia ed ironia

riescono sempre a catturare l’attenzione del lettore...

L’ambientazione, sia storica sia paesaggistica, è fondamentale per

avere un territorio sicuro e conosciuto che reca sostanza alla storia.

Lo stesso discorso vale per l’ironia, abituale pratica che esercito

principalmente su me stesso, che permette così di mantenere

un tono di lievità nel delineare i personaggi e le loro vicende. La

semplicità delle storie deriva dalla mia curiosità per quelle vicende

che appartengono alla categoria della “vita in provincia“ dove

peraltro, stante l’unicità del “mondo piccolo“, si intrecciano tra di

loro, ingarbugliandosi. Ed è così che nascono le pseudo indagini

del maresciallo Maccadò, permettendogli così di conoscere sempre

meglio luoghi e genti.

Allo scoppio della recente pandemia è ritornato a fare il medico

ed ha abbandonato momentaneamente

la scrittura: una scelta

ammirevole e coraggiosa...

Doverosa direi visto che ogni tanto nella

vita bisogna fare qualcosa di serio!

A parte ciò non mi sono posto dubbi

di sorta nel mettermi a disposizione per

dare una mano anche, se tengo a sottolineare,

che ben altro e ben di più hanno

fatto i colleghi che hanno lavorato

sul territorio e negli ospedali. In ogni

caso, visto che questa dannata pandemia

continua a perseguitarci, mi ritengo

e sono tuttora ancora a disposizione.

Parliamo ora dei suoi personaggi.

Lasciano il segno ed entrano subito

nella memoria profonda del lettore.

Da cosa prende spunto per poterli

creare?

In genere tendo a immaginarli partendo

da qualche piccolo particolare notato.

Può essere un naso, una maniera

insolita di muovere le mani oppure di

parlare. Particolare sui quali insisto scrivendo

senza aggiungere troppo altro affinché il lettore abbia la

più ampia libertà di immaginare a suo piacimento. Valga per tutti

ancora il Maccadò che non ho mai descritto compiutamente ma

accennato con i suoi mezzi sorrisi o le frasi secche quando parla

con qualche gerarchetto.

Possiamo dire che la vita quieta della provincia, lontano dalla

frenesia delle grandi città, è fonte prolifica di storie da cui

trarre ispirazione?

Forse oggi non più così tanto come negli anni passati considerato

lo spopolamento, la scomparsa di certe tradizioni o di momenti

topici nella vita della comunità. Più fertili sono gli anni che fanno

da cornice alle mie storie poiché allora la gente che popolava i

paese cercava e creava la “vita“ all’interno anziché di sconfinare.

Insomma gli effetti della cosiddetta globalizzazione si fanno sentire

anche qui.

Quali dei suoi lavori le piacerebbe vedere realizzato come

film o fiction televisiva?

Direi tra i tanti “Viva più che mai“ per la ragione che rispetto alle

altre, oltre al solito aspetto ironico e divertito, c’è anche un “filino“

di giallo che fa da contraltare.

Ultima domanda: come intitoliamo questa intervista?

Trovare un bel titolo è una delle cose più difficili. ma pensando al

Maccadò direi: A domanda risponde.

di Fabio Villa

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