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infoGIPETO n.37 |dicembre 2020

Periodico d'informazione sul progetto di reintroduzione del gipeto.

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RICERCA & CONSERVAZIONE<br />

RESEARCH & CONSERVATION<br />

threats and thus be able to take actions against these threats. The bearded vulture population in<br />

the Alps is one such example, where data collection and analysis was only possible thanks to the<br />

IBM network (www.gyp-monitoring.com), which coordinates the monitoring on an international scale<br />

and shares all data in a common database. We thank all IBM partners for this big collaboration<br />

and their continued effort for the bearded vulture.<br />

References<br />

Margalida A., Heredia R., Razin M., & Hernández M. 2008. Sources of variation in mortality of<br />

the Bearded Vulture Gypaetus barbatus in Europe. Bird Conservation International, 18(1), 1-10.<br />

doi:10.1017/S0959270908000026.<br />

Schaub M., Zink R., Beissmann H., Sarrazin F. & Arlettaz R. 2009. When to end releases in reintroduction<br />

programmes: demographic rates and population viability analysis of bearded vultures in<br />

the Alps. J. Appl. Ecol. 46, 92–100. doi: 10.1111/j.1365-2664.2008.01585.x.<br />

Sopravvivenza e mortalità del gipeto sulle Alpi<br />

Il gipeto è caratterizzato da una strategia riproduttiva molto lenta. La sopravvivenza della specie,<br />

perciò, risulta strettamente legata a condizioni di bassa mortalità. Una conoscenza di dettaglio dei<br />

fattori che provocano mortalità si dimostra pertanto essenziale per la sua conservazione. L’analisi<br />

effettuata sui dati disponibili per le Alpi rivela che circa il 40% delle perdite registrate è dovuto a<br />

fattori antropici, come la collisione con le infrastrutture, l’elettrocuzione, l’intossicazione da piombo,<br />

il bracconaggio e l’avvelenamento.<br />

Strategia riproduttiva lenta, alta aspettativa di vita - I gipeti raggiungono la maturità sessuale<br />

a 5 anni e la prima riproduzione di successo, nelle Alpi, avviene in media a 8-9 anni; il successo<br />

riproduttivo medio è circa del 75%. In cattività, i gipeti vivono fino a 50 anni e si riproducono con<br />

successo anche oltre i 30 anni di età. L’alta aspettativa di vita, quindi, compensa la lenta capacità<br />

di riproduzione. Con queste premesse, un basso tasso di mortalità è fondamentale per la sopravvivenza<br />

della specie.<br />

Alta mortalità per cause antropogeniche - Se il tasso di sopravvivenza in una popolazione si<br />

riduce anche solo leggermente, la stabilità di tale popolazione può risultare estremamente compromessa<br />

(Schaub et al. 2009). Per la conservazione del gipeto sulle Alpi, è quindi importante<br />

effettuare la raccolta dei dati riguardanti le cause di mortalità. Tra il 1987 e il 2019, su tutto l’arco<br />

alpino, sono stati recuperati 47 gipeti morti e 23 gravemente debilitati, che difficilmente sarebbero<br />

sopravvissuti senza l’intervento umano. Di questi 70 recuperi, 26 (37%) sono collegati a fattori<br />

antropogenici (causa primaria), 30 (43%) a fattori naturali e 14 (20%) a cause ignote.<br />

Al 2019, 227 gipeti sono stati reintrodotti sulle Alpi e 272 sono nati in natura. La consistenza della<br />

attuale popolazione viene stimata in circa 300 individui e, a oggi, si stima la perdita di 200 soggetti.<br />

Circa un terzo (70) sono stati rinvenuti morti o recuperati in difficoltà (vedi sopra), mentre per i<br />

restanti due terzi non è stato possibile risalire alle cause di presunta mortalità.<br />

La telemetria satellitare - I dispositivi<br />

satellitari permettono di monitorare con<br />

maggiore efficacia le cause di mortalità<br />

e i fattori di rischio: infatti, le carcasse<br />

degli individui dotati di GPS possono<br />

essere rinvenute più rapidamente anche<br />

se nascoste, permettendo analisi<br />

di maggior dettaglio sulle carcasse ancora<br />

integre. Finora, 88 gipeti appartenenti<br />

alla popolazione alpina sono stati<br />

equipaggiati con dispositivo GPS e 14<br />

di questi sono stati recuperati morti o in<br />

difficoltà: 6 casi (43%) sono da ricondurre<br />

a fattori antropogenici, in particolare<br />

a intossicazione da piombo (3),<br />

elettrocuzione (2) e collisione (1).<br />

Fattori secondari - Più fattori possono<br />

essere responsabili della perdita di un<br />

individuo. Ad esempio, l’intossicazione<br />

da piombo non è solo causa di mortalità<br />

diretta ma, in taluni casi, potrebbe provocare<br />

una maggiore esposizione ad<br />

altri fattori di rischio (ad es. collisione) o<br />

determinare una diminuzione del successo<br />

riproduttivo. È quindi importante<br />

analizzare con cura ogni caso di mortalità,<br />

per identificare la causa primaria<br />

ma anche l’eventuale compresenza di<br />

cause secondarie che possono aver<br />

contribuito alla morte dell’individuo.<br />

Saturnismo e avvelenamento - L’intossicazione<br />

da piombo si determina<br />

con l’ingestione di schegge di piombo<br />

derivanti dai munizionamenti di caccia<br />

in carcasse e visceri non recuperati.<br />

Sulle Alpi sono stati finora documentati<br />

8 casi di saturnismo (13% delle perdite<br />

totali). Le azioni per la conversione<br />

delle pratiche venatorie verso l’utilizzo<br />

di munizioni atossiche senza piombo<br />

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