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Magazine Avventista - 2022 - Speciale FSRT

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EDIZIONE SPECIALE - GENNAIO 2022 N°ISSN 2571-6859

HS

SPECIALE FSRT 2019-2023

UNA MISSIONE

PER UNA CHIESA VICINA,

SOSTENIBILE E VIVA



Numero speciale della

rivista della Federazione

Avventista della Svizzera

romanda e del Ticino

(FSRT)

EDIZIONE SPECIALE

GENNAIO 2022

Rivista gratuita

Stampata in Germania

N° ISSN 2571-6859

Foto : Adobe Stock

La responsabilità degli articoli

firmati e pubblicati su Magazine

Avventista è dei singoli autori.

© FSRT - Tutti i diritti sono riservati

in tutti i paesi.

PAROLA AL PRESIDENTE

4 VEGLIATE E PREGATE!

6 4 GIUDICI PER UN'UNICA

MISSIONE

INDICE

10 DALLA VISIONE ALL'AZIONE

VISIONE - MISSIONE - STRATEGIA - PIANO

OBIETTIVO N°1

14 INCARNARE & CONDIVIDERE

OBIETTIVO N°2

17 FORMARE DEI DISCEPOLI E

ACCOMPAGNARE LE CHIESE

OBIETTIVO N°3

19 MINISTERI & ORGANIZZAZIONE

21 PROGETTO: CHIESA DI CLARENS

24 PROGETTO: CHIESA DI LA

CHAUX-DE-FONDS

27 LA PAROLA FINALE


PAROLA AL PRESIDENTE

VEGLIATE E PREGATE!

Matteo 26:40; cfr. Marco 13:35

Restare svegli, essere sentinelle che

aspettano il ritorno del Maestro con

fiducia, vigilanza e fedeltà.

Questa è l'ultima raccomandazione,

invariabilmente ripetuta da Cristo ai

suoi discepoli per affrontare i difficili

eventi degli ultimi tempi.

Eppure niente è così

semplice, la crisi sanitaria

ha effettivamente

“scosso”

la Chiesa, “sconvolto”

i suoi programmi e “sballato”

le sue abitudini.

Naturalmente, la Chiesa di Dio

era stata avvertita, ma l’avvertimento

non permette mai di giungere a una

piena comprensione della profezia biblica.

La Chiesa non è mai completamente preparata

ad affrontare eventi imprevedibili e sorprendenti.

Come Pietro e gli apostoli che, sebbene avvertiti

più volte, vengono sorpresi dalla piega che

prendono gli eventi.

“Poi tornò dai discepoli e li trovò addormentati.

E disse a Pietro: Così, non siete

stati capaci di vegliare con me un’ora sola?

Vegliate e pregate, affinché non cadiate in

tentazione; lo spirito è pronto, ma la carne

è debole” (Matteo 26:40-41).

L’invito insistente che Cristo fa a Pietro, per tre

volte nel giardino del Getsemani, era chiaro:

“Vegliate e pregate”.

Ma trovò i suoi discepoli addormentati, incapaci

di pregare per un’ora.

Il testo ci dà questo indizio: “la carne è

debole”. La buona volontà, le buone

intenzioni o risoluzioni, le promesse

umane non sono sufficienti

contro la debolezza

della nostra natura

umana.

La parola greca tradotta con

il termine “debole” è asthenes;

indica uno stato di debolezza generale:

“siete astenici”. La tentazione

che porta alla nostra caduta non è esterna

a noi stessi, il governo, le società segrete,

il complotto mondiale…, ma riguarda il nostro

debole essere interiore, indebolito, spiritualmente

carente.

È la forza interiore che vi manca per realizzare

le vostre aspirazioni spirituali.

La storia ci dà poi un altro indizio per affrontare

la tentazione e la debolezza della nostra

natura umana. Gesù non dice “veglia e prega”,

ma “vegliate e pregate”.

In questi tempi difficili, non state da soli, isolati,

tagliati fuori dalla chiesa, ma alzatevi e

cercate dei compagni di preghiera, per sostenervi

e vegliare gli uni gli altri.

4


Eppure questo invito che Cristo fa nel giardino a

pregare insieme è stata vana! Come gli apostoli

addormentati, la preghiera comunitaria sembra

ugualmente polverosa, malaticcia. Non sappiamo

pregare in comunità, dobbiamo confessarlo.

Che fallimento della Chiesa! E quindi Gesù prega

per lei! È lui a combattere per lei!

Nel giardino, di fronte al sonno dei discepoli,

Gesù è l’unico sveglio! E prega, nonostante l’angoscia

e la sofferenza, di lottare per noi, affinché

la sua vittoria diventi la nostra vittoria e la

sua forza diventi la nostra forza.

Lui è il nostro salvatore, il nostro intercessore!

Questa è la nostra speranza!

Preghiamo Gesù di pregare per noi!

Questa è forse l’unica preghiera che possiamo

fare di fronte ai nostri fallimenti nell’amarlo, di

fronte alla nostra incapacità di restare svegli e

servirlo.

Quella notte, Gesù dirà a Pietro: “Simone! Dormi?

Non sei stato capace di vegliare?” (Marco

14:37).

Per vegliare, abbiamo bisogno quindi della forza

di pregare, della potenza dello Spirito Santo,

in modo da perseverare nella battaglia spirituale

con il fervore della fede e l’umiltà della

nostra debolezza.

Solo l’avvertimento di Cristo alla Chiesa risuona

con la stessa tristezza: “Simone! Dormi? Non sei

stato capace di vegliare…”. Infine una domanda,

o meglio una sfida, tormenta le mie notti e i miei

giorni:

La Chiesa di Cristo si presenterà

all’incontro?

Avrà la forza di vegliare con Cristo,

il suo Salvatore?

Sì, svegliamoci, vegliamo gli uni sugli altri!

Di fronte alla nostra “astenia”, la nostra unica

soluzione è pregare Gesù di pregare nel giardino

del nostro cuore, quando ci trova addormentati,

affinché Gesù ci mandi lo Spirito Santo

per risuscitarci, per svegliarci dal nostro torpore

come fece per i suoi apostoli durante la Pentecoste.

La sua promessa rimane valida anche per noi:

“Ma riceverete potenza quando lo Spirito

Santo verrà su di voi, e mi sarete testimoni in

Gerusalemme, e in tutta la Giudea e Samaria,

e fino all’estremità della terra” (Atti 1:8).

Allora, siamo pronti a raccogliere la sfida della

fede e a costruire questa chiesa viva e piena di

grazia?

“Andando, predicate e dite: Il regno dei cieli è

vicino” (Matteo 10:7).

Così, in un momento di profonda crisi, il mondo

cerca uomini e donne forti nella fede, per essere

quelle coscienze risvegliate e profetiche,

per illuminarlo e condurlo verso le fonti profonde

della Vita.

Di fronte all’urgenza dei tempi, la Chiesa di Cristo

ha un appuntamento da non perdere, quello che

riguarda il mondo a venire, post-Covid-19.

OLIVIER RIGAUD

Presidente FSRT

e caporedattore

5


4 GIUDICI

per un’unica missione

DIVERSI MODELLI DI SERVIZIO

Si dice che la ripetizione crei l’abitudine.

Sfortunatamente, la cattiva ripetizione

porta a cattive abitudini. Questo

concetto è ben evidentemente nell’esperienza

del popolo d’Israele durante il

periodo dei giudici, come riportato nel

libro dei Giudici.

In almeno sei occasioni si ripete lo stesso

schema: il popolo dimentica Dio e si ribella

(cfr. Giudici 3:7; 4:1; 6:1; 8:33; 10:6; 13:1).

Poi la rovina si abbatte su Israele, invaso da

un popolo pagano (Madianiti, Filistei, Mesopotamici,

Cananei, ecc.). Il popolo chiede

aiuto e Dio risponde chiamando un giudice

per liberarlo. E il popolo si riposa… fino alla

prossima ricaduta.

Ognuno dei giudici presentati risponde allo

stesso problema e riceve la stessa missione

dallo stesso Dio, per conto dello stesso popolo.

Eppure, ognuno dei 12 giudici è ben diverso

dai suoi colleghi; la sua vocazione, la sua

personalità e soprattutto il suo metodo e i

suoi strumenti sono diversi ogni volta.

Prendiamo 4 esempi per sottolineare

queste differenze.

Il più conosciuto è senza dubbio Sansone.

Il giudice professionista per eccellenza, la

cui dedizione a Dio risale a prima della sua

nascita (cfr. Giudici 13:1-5). Il testo parla del

suo concepimento miracoloso, dell’apparizione

di un angelo, della sua consacrazione

voluta dai genitori. La sua identità e la sua

missione sono chiare e indiscutibili.

La sua storia continua con lo stesso ritmo

di un’epopea mitica: la sua forza nei lunghi

capelli, le sue grandi imprese eroiche (la

mascella di un asino, le volpi legate per la

coda, ecc.).

Tuttavia, la sua vita personale è tutt’altro che

allineata con i principi divini: il matrimonio

con una donna filistea, una visita a una prostituta,

una relazione romantica con un’altra

donna filistea, Dalila. Si fa sedurre e manipolare,

da lei che vuole scoprire il segreto

della sua forza…

Infine, la sua vita si conclude con un ultimo

atto eroico: privato dei suoi occhi, rovescia

le colonne di una casa per uccidere i nemici

del popolo d’Israele e compiere così la sua

missione di liberazione.

Dio ha scelto, preparato, predestinato un

uomo ad agire per lui e per il suo popolo

da prima che nascesse. Per vie traverse, con

comportamenti e scelte che sembrano del

tutto contrari all’etica, ai valori e alla legge

di Dio, Sansone ha comunque compiuto la

missione.

6


7


8

All’estremo opposto di Sansone, troviamo

Gedeone (cfr. Giudici 6). La sua chiamata

riflette una scelta deliberata da parte di Dio

di servirsi di un uomo inaspettato. È un uomo

semplice e umile, sorpreso dalla chiamata di

Dio. Un uomo che si nasconde e si definisce insignificante

e incapace.

Eppure, quel giorno Dio sceglie

un uomo che apparentemente

non ha nessuna

delle caratteristiche di un

uomo di guerra, di un

leader carismatico.

Il reclutamento dei 300

uomini, poi la scelta delle

“armi” (trombe e fiaccole)

e la strategia per attaccare

il campo madianita sono l’opposto

del buon senso e della logica

umana per una tale azione militare.

Gedeone è l’uomo delle azioni inaspettate e

incongrue. Alla fine lascia che Dio prenda il comando,

si sottomette alla strategia divina e si

impegna con mezzi limitati. Ma compie la stessa

missione: liberare Israele.

Prima, nei capitoli 4 e 5, scopriamo un trio multicolore

al servizio di questa missione:

Debora, Barac e Iael.

3 personaggi che alla fine formeranno

una squadra, ognuno

dei quali partecipa alla

missione in un modo molto

diverso.

Debora è la donna che detiene

l’autorità del giudice,

una profetessa professionista

che riceve il mandato divino.

È lei che delega a Barac l’impegno pratico

sul terreno. Lui è un esecutore, ma si rifiuta

di agire senza di lei. Barac non fa nulla da solo

(in Giudici 4:15, il testo specifica che “il Signore

mise in rotta, davanti a Barac, Sisera”). Anche

Sisera gli sfugge… e cade nelle mani di Iael, il

terzo componente del trio.

Iael è l’eroina di circostanza, che agisce da sola,

spontaneamente, senza istruzioni ufficiali.

Che squadra! 2 donne più coraggiose di un

capo militare, una leader che delega, un soldato

che non osa agire da solo, una donna

intraprendente, disposta… a compiere

la stessa missione.

L’ultimo del nostro quadro è

sconosciuto a tutto il gruppo.

Solo un versetto, incastrato

tra il grande Eud

e la profetessa Debora,

ci racconta la sua storia. Si

tratta di Samgar (cfr. Giudici

3:31).

Chi è? Il testo è enigmatico. Il suo

nome non sembra essere ebraico. La

sua origine, figlio di Anat, potrebbe collegarlo

alla dea pagana Anat.

Cosa fa? Samgar ha abbattuto questi filistei da

solo o come capo di un esercito o di un gruppo

di contadini?

La sua arma, un pungolo da buoi, era certamente

impressionante: un tale strumento poteva

misurare 2,5 m di lunghezza e fino

a 15 cm di circonferenza nel suo

punto più largo. La sua punta

affilata era usata per guidare

i buoi, l’altra estremità di una

piccola vanga di ferro per

pulire l’aratro.

Fu davvero efficace nell’abbattere

600 soldati filistei?

È bastato a compiere la stessa

missione…

Questi 4 giudici erano utili per gli stessi

obiettivi: liberare il popolo d’Israele dal

nemico, guarire e portare riposo, pace e

speranza quando erano “a terra”, e mostrare

che Dio è potente, presente e attivo.


La missione di Dio per il suo popolo è la stessa

per tutti: portare libertà, guarigione e speranza

in Gesù Cristo.

I profili dei servitori che siamo, così come gli

strumenti a nostra disposizione sono numerosi,

quanto lo siamo noi.

Dio è pronto a servirsi di estranei, incompetenti,

pagani o peccatori per compiere la sua opera.

Dio non guarda i limiti, gli ostacoli, gli slittamenti

o le deviazioni, gli errori o persino le scelte

sbagliate di ognuno di noi. Tutti hanno lo stesso

valore e lo stesso potenziale per servire e

compiere la missione.

Vogliamo costruire insieme una chiesa che

possa portare avanti la missione richiesta da

Dio, secondo le nostre personalità, i nostri

mezzi, le nostre idee e necessità.

Prego che Dio risvegli in noi i mitici Sansoni,

gli umili Gedeoni, le professionali Debora, i

timorosi Barac e gli spontanei Iael, così come gli

sconosciuti Samgar.

Insieme, siamo il popolo di Dio, chiamato alla

stessa missione.

RAPHAËL GRIN

Abbiamo diverse risorse a nostra disposizione,

a seconda delle relative differenze personali.

Abbiamo modi diversi di compiere la stessa

missione. Dobbiamo essere creativi e ricercare

nuove idee che possano adattarsi alla nostra

situazione, ai nostri bisogni e alle nostre risorse.


Dalla visione

ALL’AZIONE

Nella nostra ultima rivista, la Federazione delle chiese

avventiste della Svizzera romanza e del Ticino ha condiviso

la nuova visione e missione per i prossimi anni.

10


La nostra visione

Una chiesa vicina, sostenibile e viva, che porta un messaggio

di libertà, guarigione e speranza in Cristo.

La nostra missione

La FSRT accompagna e sostiene tutte le chiese nella propria

missione e nei progetti. Incoraggia e forma per sviluppare e

rafforzare una rete di piccoli gruppi vicini, sostenibili e

vivi in Cristo.

11


La nostra strategia

C’è nel mio cuore come un fuoco ardente

(Geremia 20:9)

Definire una strategia significa sviluppare

degli obiettivi, poi organizzare, coordinare

e strutturare un insieme di azioni tra di loro,

fornendo i mezzi necessari (umani, finanziari,

logistici, ecc.) per raggiungere lo scopo

desiderato.

Tutti i progetti devono quindi essere suddivisi

in diverse tappe e regolarmente valutati

e riorientati lungo il percorso, secondo le

circostanze, le sfide, la direzione e la luce che

Dio dà.

Infatti, Raphaël Grin, nell’articolo “4 giudici per

un’unica missione”, ha giustamente scritto:

“Gedeone è l’uomo delle azioni inaspettate e

incongrue. Alla fine lascia che Dio prenda il

comando, si sottomette alla strategia divina

e si impegna con mezzi limitati. Ma compie la

stessa missione: liberare Israele”.

Mentre lo scopo di questa rivista è quello

di presentare la strategia e i piani della

Federazione per vivere la nostra missione e

raggiungere la nostra visione, l’avvertimento

suona ancora vero. Questo piano, per quanto

“elaborato”, non può sfuggire “all’inatteso” di

Dio, alle nostre “azioni incongrue” o ai nostri

“mezzi limitati”. La crisi del Covid ce l’ha ben

ricordato.

Preghiamo e chiediamo a Dio affinché, come

Gedeone, nonostante le nostre debolezze e i

nostri limiti, possiamo lasciare che “Dio prenda

il comando”, accettare di “sottometterci alla

strategia di Dio” e infine “compiere la stessa

missione”: liberare il popolo.

12


Un piano strategico

Costruire la Chiesa vicina, sostenibile e viva

1° obiettivo

Incarnare e proclamare un messaggio di libertà,

guarigione e speranza in Cristo

Tutte le chiese sono invitate a riscoprire il sapore e la profondità di un Vangelo

di vita, un Vangelo liberatorio, e a condividerlo con gioia con il prossimo.

Passo dopo passo verso un risveglio spirituale

Passo dopo passo verso un rinnovamento missionario

2° obiettivo

Formare dei discepoli e accompagnare le chiese

La Federazione desidera creare e sviluppare un centro di missione e di formazione al

servizio delle chiese e dei membri della Svizzera romanza e del Ticino, per sostenere

e sviluppare missioni creative, innovative, sostenibili e ispiratrici.

Passo dopo passo verso il “ministero” dei laici

3° obiettivo

Ripensare la Chiesa, la sua struttura e i suoi

ministeri (pastorali e laici)

Costruire una Chiesa vicina, sostenibile e viva al servizio del Vangelo. Ma cos’è la

Chiesa? Qual è la sua origine, natura, scopo, missione, ministeri (pastorali e laici)

e le sue sfide attuali e future?

Passo dopo passo verso una riforma

13


1

Incarnare & condividere

Il messaggio vivente di cristo

Passo dopo passo verso un risveglio spirituale

e un rinnovamento missionario

14

La ragion d’essere della Chiesa di Cristo è di

incarnare e proclamare un messaggio di vita e

di speranza. Tutta la vita della Chiesa deve quindi

essere incentrata su questa missione.

Il ruolo della nostra Federazione, con il sostegno

di tutti, è quello di:

- Rimotivare il popolo di Dio, coloro che sono

scoraggiati e ricordare le promesse piene di

speranza dell’alleanza divina.

- Pregare Cristo per un rinnovamento spirituale

e prepararsi a esso.

- Riflettere su come comprendiamo, presentiamo

e insegniamo il Vangelo.

- Ripristinare la fierezza e la gioia del condividere

questo messaggio di Vita.

- Rinnovare la visione e la realtà più profonda

dell’evangelizzazione. È un processo organico,

dall’interno verso l’esterno, e un’espressione

dell’amore di Cristo e della nostra riconoscenza

verso Dio.

- Sviluppare numerose risorse e strumenti per

sostenere la proclamazione di questo Vangelo

di Cristo attraverso mezzi e canali diversi.

La Chiesa è lo strumento che porta questo

messaggio di speranza, camminando con fede

per le strade buie della nostra vita e dei nostri

quartieri, alla luce del glorioso Vangelo del

Cristo risorto.

Per fare questo, vogliamo concentrare le nostre

azioni su due ambiti:


ASSE 1

Verso un’evangelizzazione

relazionale, per una

Chiesa missionaria

SVILUPPARE UNA RETE DI

CHIESE VICINE,

SOSTENIBILI E VIVE

PROGETTO 1

Definire e promuovere il concetto

di una chiesa vicina, sostenibile

e viva

Cos'è una chiesa vicina,

sostenibile e viva? I suoi valori,

le sue caratteristiche, la sua missione?

Come possiamo sviluppare questa

visione nella nostra chiesa?

Qual è la nostra identità, i nostri valori, la

nostra missione, le nostre risorse…?

Perché dovrei essere disposto

a farmi coinvolgere?

Quali doni e tempo sono disposto a

consacrare?

PROGETTO 3

Sostenere le dinamiche dei piccoli

gruppi attraverso i vari ministeri

(dipartimenti) delle chiese

Adra

Musica

Salute

Ministero della famiglia,

delle donne/uomini/terza età

Ministero della preghiera

Gioventù…

PROGETTO 2

Accompagnare ogni chiesa

a sognare la sua chiesa

e osare viverla

Quale visione motivante della chiesa

vogliamo vivere?

Quale messaggio vogliamo trasmettere?

Il nostro Vangelo rende le persone

più libere, sante e gioiose?

In che cosa rappresenta una buona notizia?

La nostra parola è viva, potente e ri-creatrice o è

una lettera morta, vuota e senza forza?

PROGETTO 4

Sviluppare nuovi progetti missionari

basati sulle dinamiche dei

piccoli gruppi.

Negli ultimi anni, la dinamica dei piccoli gruppi

ha conosciuto un importante sviluppo. Un

concetto biblico efficace, che ha dimostrato

il suo valore; tuttavia, ci sembra importante

aggiornare la visione e la missione dei piccoli

gruppi. Attualmente stiamo lavorando a due

progetti per il rinnovamento della missione dei

piccoli gruppi nel nostro territorio.

15


1. La missione

“Passare il testimone”

ASSE 2

Verso l’evangelizzazione

mondiale: il Vangelo

attraverso i media

Un progetto missionario in cui tutti sono invitati

a trasmettere un messaggio spirituale

e profetico, scritto in modo particolare per

la nostra epoca. Un messaggio speciale che

si spera non mancherà di sorprendere, per

condurre la Chiesa al ristoro spirituale di cui

ha così tanto bisogno. Questo progetto costituisce

la “sorpresa del capo” che era stata

annunciata all’ultima assemblea federale

dal nuovo presidente della FSRT.

2. Il progetto

“Un sassolino bianco”

Per completare la testimonianza delle chiese locali

e per allargare il cerchio della predicazione

della buona novella di Cristo, vogliamo seminare

più ampiamente nelle terre incolte che sono ancora

inaccessibili alla nostra testimonianza locale

e relazionale.

PROGETTO 3

Espoir Médias

i corsi IEBC (espoir+)

Proclamare e insegnare il Vangelo

attraverso i media via internet.

PROGETTO 4

Espoir Radio

Un progetto missionario e di sostegno

spirituale, nel quale Elena Melzi Zagara, la

nostra dirigente MIB, ci porterà a vivere l’incredibile

esperienza di un piccolo gruppo

di casa intergenerazionale, dove grandi e

piccoli si ritrovano in modo creativo e fraterno

per condividere tutti insieme il pane

della vita. Un incontro da non perdere!

Questi due progetti sono solo esempi di iniziative

creative e innovative tra molte altre

possibili per far crescere la Chiesa di Cristo.

Siate partecipi di queste iniziative!

Proclamare la Parola attraverso

le onde radio, DAB+.

Tutti questi sforzi hanno un unico obiettivo:

proclamare con fede e gioia un messaggio di

libertà, guarigione e speranza.

Così, “Il Signore aggiungeva ogni giorno alla

loro comunità tutti quelli che venivano salvati”

(Atti 2:47).

16


2

Formare dei discepoli e

accompagnare le chiese

Per un’evangelizzazione sostenibile e creativa

Passo dopo passo verso il “ministero” dei laici

La dichiarazione di missione inizia con queste

parole:

“La FSRT accompagna e sostiene

tutte le chiese nella propria missione

e nei progetti”.

Come possiamo essere un sostegno e un accompagnamento

per le chiese, pur lasciando

loro la libertà di essere e agire secondo la propria

chiamata e missione?

E continua così:

“(La FSRT) incoraggia e forma per

sviluppare e rafforzare una rete

di gruppi vicini, sostenibili e vivi in

Cristo”.

• Come creare, sviluppare e moltiplicare piccoli

gruppi vitali e rilevanti?

• Come formare e accompagnare leader e discepoli

impegnati?

Così, la missione del team della federazione non

è solo quella di proporre progetti, ma prima di

tutto di sostenere e accompagnare le chiese e

i discepoli di Cristo nei loro ministeri, secondo

la chiamata e i doni che hanno ricevuto da Dio.

Così è nata la visione di creare e sviluppare un

centro laico di formazione e missione di lingua

francese e italiana nel territorio della FSRT.

17


Un centro di missione

e formazione

Immaginiamo questo centro non come un luogo,

ma prima di tutto come una squadra al servizio

delle chiese locali, che si sposta per ascoltare

e rispondere ai bisogni.

Un centro di missione è:

• Riunire i progetti esistenti, svilupparne

di nuovi e mettere a disposizione risorse

bibliche e strumenti di evangelizzazione.

• Incoraggiare le iniziative e sostenere i

progetti delle chiese locali per moltiplicare

una varietà di missioni semplici, creative,

adattabili e sostenibili.

- Missione “Passare il testimone”

- Progetto “Un sassolino bianco”

- E decine di altri progetti e ministeri per ispirare,

motivare e coinvolgere i seguaci di

Cristo.

► Passo dopo passo verso un rinnovamento

missionario.

Per sostenere le missioni, i leader e i discepoli

impegnati nel servizio, la Federazione vuole sviluppare

dei momenti di formazione.

Un centro di formazione è:

• Creare e sviluppare diversi momenti di formazione

al servizio delle chiese e dei discepoli

(anziani / diaconi / discepoli / leader / giovani).

• Accedere al mentoring e ad altri supporti per

accompagnare i responsabili dei progetti, a

partire dal momento della creazione fino al

completamento della missione.

Obiettivo 1 - Sviluppare la formazione e le

risorse per le chiese

• Formazione di discepoli per sostenere la missione,

• Formazione di leader per sviluppare nuovi

progetti/missioni.

• Formazione per anziani, diaconi e altri responsabili

di dipartimento (bambini, giovani, musica,

lode…).

Obiettivo 2 - Organizzare incontri locali,

regionali e federali

Progetto 1 : Organizzare e pianificare incontri

regionali e locali per dei momenti di formazione

e di edificazione.

Progetto 2 : Incontro federale: “Forum - Missioni

creative”

Organizzazione di un grande incontro federale

sulla missione nella Svizzera romanda e in Ticino.

Obiettivo: incontrare cristiani in movimento,

gli attori dell’innovazione e della missione, condividere

e avere scambi sul futuro della missione

in Svizzera.

Obiettivo 3 - Creazione del Centro di missione

e formazione

• Sviluppare, in prima istanza, un sito web per il

centro (informazioni, e-learning e messa a disposizione

di risorse/formazione online).

• Creazione, in una seconda fase, di un centro

giovanile, di formazione e di missione in nuovi

locali. Offrire a ogni discepolo uno spazio per

incontri, riflessioni e ispirazioni, per creare sinergie,

reti, scoprire momenti di formazione,

nuove opportunità, trovare risorse, competenze

e supporto a immagine degli incubatori

di imprese.

• Formare formatori/mentori del progetto (pastori

& leader)

► Passo dopo passo verso il “ministero” dei laici

18


3

Ministeri & organizzazione

Ripensare la Chiesa, la sua struttura

e i suoi ministeri (pastorali e laici)

Passo dopo passo verso una riforma,

per una Chiesa vicina, sostenibile e viva.

Vi ricordate, abbiamo concluso il 2019 con una

Scuola del Sabato sul tema dell’azione profetica

al tempo della ricostruzione del tempio di Gerusalemme.

- La chiamata era chiara: “Ricostruite la casa”

(Aggeo 1:8).

La promessa era rassicurante: “Io sono con

voi, dice il Signore” (Aggeo 1:13).

La risposta era positiva: sentendo quelle

parole profetiche, “il popolo ebbe timore del

Signore” (Aggeo 1:12). I loro cuori erano stati

toccati.

Le conseguenze furono irresistibili: “Il

Signore risvegliò lo spirito di Zorobabele, […]

e lo spirito di Giosuè […], e lo spirito di tutto il

resto del popolo; essi vennero e cominciarono

a lavorare nella casa del Signore degli eserciti,

loro Dio” (Aggeo 1:14).

Comprendiamo che:

• La parola profetica risveglia gli spiriti timorosi,

stanchi o disillusi.

• La parola profetica trasmette una visione, una

missione da parte di Dio.

• La parola profetica impegna l’uomo di fede

all’azione e lo motiva a un lavoro perseverante

e coraggioso.

• Infine, la parola profetica non rimane senza

effetto e si compie secondo la parola annunciata

da Dio.

Quando tra Dio e il suo popolo vengono stabilite

fiducia e ubbidienza, sembra che tutto

diventi possibile.

Oggi, la nostra Chiesa nella Svizzera romanda

e nel Ticino vuole stabilire lo stesso rapporto di

fede e di ubbidienza con la parola di Dio.

19


Desideriamo vedere il Signore risvegliare lo spirito

dei suoi discepoli, risvegliare quello stesso

entusiasmo per il lavoro e la preghiera, per poi

liberare le energie latenti al fine di ricostruire

quel tempio che siamo alla sua gloria.

Ogni risveglio spirituale deve essere seguito da

un tempo di riforma, di ricostruzione delle nostre

vite, dei nostri templi…

Il lavoro della federazione è quello di ripensare

la chiesa post-Covid-19 e di affrontare le linee

principali di questo importante e urgente lavoro

per rispondere alle pressanti sfide della società.

• Qual è il piano architettonico di questo nuovo

tempio per la nostra epoca?

• Quali sono le fondamenta, i pilastri, la struttura?

• Qual è il piano di azione, di messa a punto per

questa costruzione?

• Chi sono gli artigiani di una tale impresa? Pastori,

anziani, membri…?

• Quali saranno i loro ruoli precisi?

• Come saranno organizzati, formati, diretti?

Un gruppo di riflessione e di lavoro

e chiese pilota

Per cominciare a rispondere alla crisi della società

post-Covid-19, all’astenia della chiesa, alla

crisi delle vocazioni pastorali, un gruppo di lavoro

all’interno del comitato direttivo ha cominciato

a riflettere a questo grande progetto, le cui

riforme dovrebbero aiutarci a costruire un corpo

unito e ben coordinato, dove ogni membro

trova il suo posto, il suo ruolo e la sua influenza.

Al di là di una riflessione puramente teologica

ed ecclesiologica, la strategia definita è quella di

accompagnare chiese pilota, pronte a pensare

alla chiesa di domani, ma anche pronte a costruire

concretamente questa visione nella vita e

nelle strutture della loro comunità.

Dopo alcune valutazioni, l’esperienza di queste

chiese pilota potrà servire da ispirazione ad altre.

Una chiesa, una visione e una missione

La squadra federale desidera incontrare le

chiese della FSRT per:

1. Ascoltare e capire le dinamiche spirituali

delle chiese, la loro visione e missione.

• Accompagnare le chiese che non hanno una

visione chiara e/o che hanno bisogno di ridefinire

o rivalutare la propria missione.

• Accompagnare le chiese che hanno una visione

e una missione ben definita.

• Accompagnare le chiese nel ripensare i ministeri

pastorali e laici in linea con la propria

visione e missione. Cosa ti aspetti dal tuo pastore?

Dagli officer?

2. Ascoltare e incoraggiare i discepoli motivati

a intraprendere l’avventura della fede:

• Accompagnare coloro che non sanno ancora

come servire il Signore. Aiutarli a individuare i

propri doni spirituali, la propria missione di vita

e a realizzarla.

• Accompagnare coloro che hanno dei progetti e

hanno bisogno di sostegno per portare avanti

la propria missione.

In questa rivista troverete le testimonianze di

due chiese che, di propria iniziativa, hanno sentito

la necessità di progettare una chiesa che

corrispondesse a loro e che potesse rispondere

alle necessità delle persone che le circondano.

Due testimonianze, come invito a osare fare il

passo della fede per essere testimoni di Cristo

laddove ci troviamo.

20


Progetto

Chiesa di Clarens

Il giardino della

mia chiesa

All’inizio c’erano sentieri di fede: il mio, il tuo, il

nostro, quello di tutti questi legami intrecciati

e quello di coloro che si prendono cura in via,

Jaman 14, CH-1815 Clarens, della sua chiesa e

del suo giardino; anche quello di tutti coloro che

vengono a nutrirsi lì, una volta alla settimana.

Percorsi basati sulla Parola, su Gesù Cristo.

All’inizio, c’era il cammino di fede della nostra federazione,

della Svizzera romanza e del Ticino.

All’inizio, c’era anche una parola su tutte le

bocche: evangelizzazione.

All’inizio, c’era un quartiere, nel cuore di una

città della Svizzera romanza.

All’inizio, c’era la constatazione di un mondo frenetico,

dove gli uomini e la terra sono esausti.

Detto questo, a Clarens, in via Jaman 14, nasce

un progetto: “Il giardino della mia chiesa: una

realizzazione sostenibile per radicare meglio il

Vangelo nel quartiere della mia chiesa”.

Il Vangelo nel mio quartiere

Il giardino della comunità di Clarens è quindi

concepito per diventare uno strumento.

Uno strumento per far conoscere il Creatore,

per far conoscere noi stessi, i nostri figli e le persone

che vivono nel quartiere. E questo per tornare

alle fonti, alle origini, per tornare al ritmo

della creazione, dato dal Creatore, un ritmo che

permette agli uomini e alla terra che li sostiene

di riprendere fiato. Questo è il messaggio del

Sabato, non come un giorno, ma come uno stile

di vita. E saremmo, come comunità cristiana,

una buona notizia sostenibile nel nostro quartiere,

prendendoci cura della natura e delle persone,

a partire da noi stessi e dai nostri vicini.

All’inizio, c’era anche la domanda: e la missione

in tutto questo? E Geremia 29:5-7: “Pianta giardini…”.

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Sei anni dopo, in via Jaman 14, a Clarens, si è sviluppata

una visione comune: “Vivere la chiesa”.

Una visione declinata insieme in 4 missioni:

• Studiare la Parola;

• Ritrovarsi, lodare e pregare;

• Accogliere e condividere;

• Ascoltare e prendersi cura delle persone.

Cosa significa tutto questo?

Questo è ciò che sta ancora germogliando in

noi sei anni dopo a Clarens, in via Jaman 14,

e senza dubbio ci vorrà una vita intera perché

cresca fino al suo compimento. E va bene così,

visto che siamo in cammino. E che in questo

cammino ci sono delle conquiste:

Prima di tutto, la propria evangelizzazione, nel

profondo di se stessi. Conoscere il proprio bisogno

di Dio, al di là delle proprie idee di Dio,

quelle che a volte derivano dalla nostra infanzia.

Ascoltare la Parola, ascoltare,

ascoltare ancora, leggerla e parlarne.

Allora osate, osate parlare

del nostro bisogno di

Dio, del nostro bisogno

dell’altro e con l’altro,

l’uno con l’altro sotto lo

sguardo di Dio.

In secondo luogo, la

perseveranza, nel silenzio

e nella preghiera,

per vivere insieme la

“pace sia con voi” di cui il

Signore risorto parla ai suoi

discepoli. Questo è un vero lavoro

di condizionamento, perché

quest’altra persona, che ha il suo cammino

di fede proprio come me, è diversa da me. E un

corollario: imparare a lavorare insieme, che significa

anche accogliere o saper condividere e

lasciare che lo Spirito agisca in noi.

Radicare prima di tutto il Vangelo in noi stessi

e nel nostro vivere insieme. Far germogliare

in noi stessi la trasformazione del mondo che

vogliamo vedere accadere (Gandhi). “Il regno di

Dio è in mezzo a voi”, ci dice Gesù.

Il metodo non avviene da solo. No; richiede lavoro

e impegno. Con la gestione del progetto,

quasi professionale, e tutti gli strumenti necessari

per far evolvere i pensieri e liberare le parole,

in particolare nel corso di più workshop,

dando la parola a ogni membro dell’assemblea

che lo desidera, in modo che possa sentire un

senso di appartenenza.

Dal progetto all’integrazione nella vita

della chiesa

Il giardino è così diventato un luogo di vita comunitaria.

È anche l’occasione di eventi specifici:

semina, laboratori del mercoledì pomeriggio e

aperitivi all’inizio del sabato, feste del raccolto…

È anche diventato il luogo d’incontro preferito

dai membri della comunità dopo il culto.

A motivo della sua presenza regolare

durante la settimana, è

anche un luogo di scambio

con alcuni abitanti del

quartiere, dove si riceve

tanto quanto si dà.

Come mai prima d’ora.

Un giardino come

un chiostro, un’interfaccia,

che circonda il

luogo d’identità della

nostra fede, un luogo di

studio, di silenzio e di preghiera

per lo sviluppo o il rafforzamento

della vita spirituale,

dei giovani e dei vecchi, che imparano

ad amare come lui ci ha amato.

Vita spirituale: dopo aver imparato a lavorare la

terra insieme, tutte le differenze a parte (“non

tutti piantiamo allo stesso modo”), dopo aver

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reimparato cosa significa aspettare o lasciar

crescere, al ritmo del Creatore, si sente la necessità

di crescere insieme per vivere una realtà

promessa a coloro che amano Dio.

Primi raccolti: nuovi contatti all’interno della

comunità, messa in evidenza di nuovi talenti;

ma anche attenzione alle fragilità condivise, in

gruppi a casa o di persona. Un altro modo di

vivere la chiesa.

Sì, vivere in chiesa è anche questo: “Cristo vi

farà liberi”. E questa è una buona notizia. Osare

vivere questo concetto vivendo nella chiesa. E

lasciare che Dio faccia il resto, senza tenere il

conto. Anche se questo sta già portando i suoi

frutti, a Clarens certamente, ma anche in Africa,

è stato inaspettato, in un progetto molto specifico,

ispirato durante la realizzazione del giardino

di via Jaman 14.

Domani, a Clarens, sarà un’evoluzione verso un

“giardino dei semplici”, con le sue piante medicinali,

come per meglio circondare con questi

doni questo luogo la cui vocazione primaria è

la cura dell’essere umano, essere un luogo di

riposo, guarigione e liberazione.

E una preghiera: “Padre santo, conservali nel tuo

nome, quelli che tu mi hai dati, affinché siano uno

come noi”.

Come Gesù ha pregato anche per noi, ognuno

lungo il proprio cammino, il mio, il tuo, il nostro,

quello della Federazione della Svizzera romanza

e del Ticino e fino ai confini della terra. Lo

crediamo in questa chiesa che si sta aprendo

gradualmente al vicinato, osando vivere questo

concetto anche attraverso il suo giardino, accogliendo

l’altro per prendersi cura insieme

dell’essere umano e della terra che lo accoglie.

Come un ringraziamento, è anche un’ode alla

Luce della nostra vita.

Il metodo di attuazione

del giardino in fasi:

1 • Descrizione dell’idea e analisi dei

rischi

2 • Convalida del concetto nel

comitato di chiesa e nell’assemblea

amministrativa

3 • Progetto di design in permacultura

e convalida amministrativa

4 • Raccolta di impegni in termini di

risorse umane e finanziarie

5 • Redazione di una mappa del

giardino

6 • Esecuzione del lavoro

7 • Costituzione del gruppo di lavoro

del giardino

8 • Prima semina in chiesa e primo

raccolto pochi mesi dopo

9 • Riflessione del comitato allargato

sull’accoglienza nel quartiere, poi

in assemblea

10 • Attuazione del gruppo di lavoro

sulla vita spirituale

11 • Sviluppo della visione “Vivere la

chiesa” in comitato, poi convalida

in sessione amministrativa.

OLIVIER BOULAT

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Progetto

Chiesa di Chaux-de-fonds

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Dopo il primo lockdown, eravamo tutti scossi e

disorientati. Nessuno era stato preparato per

una tale situazione, un tale vuoto. Tuttavia, una

cosa positiva che tutti ne abbiamo tratto, è stata

il fatto che, nella storia recente della Chiesa

Avventista, non c’era mai stato un momento

per fermarsi e riflettere sul come fare e vivere

la chiesa.

Così, dopo il primo lockdown, ho voluto continuare

la mia riflessione personale integrando

le mie chiese in un progetto ancora indefinito.

Per la chiesa di La Chaux-de-Fonds, questo si è

concretizzato nella creazione di un programma

di chiesa, intitolato “L’aprèm tchaux”.

Lo scopo di questo incontro era di riflettere insieme

sulla vita della nostra chiesa, un po’ come

i “think tank” che esistono nella società. Così, il

15 agosto 2020, abbiamo avuto il nostro primo

“aprèm tchaux”. Il mio ruolo di facilitatore?

Portare informazioni concrete come statistiche,

risultati di sondaggi e altre idee per alimentare

alcune ore di dialogo e di ascolto.

Questo primo incontro è andato molto bene.

Non solo per lo spirito condiviso da tutti, ma

anche perché c’era un’idea chiara che nasceva

da questa riunione:

“Vogliamo una chiesa più relazionale e aperta e

non abbiamo paura del cambiamento”.

Personalmente sono rimasto molto colpito dalla

chiesa, perché sono sicuro che non c’è niente

di più difficile per un’istituzione che cambiare

le proprie abitudini. Ma i nostri membri erano

determinati a fare questo percorso nella discussione

e nel rispetto delle opinioni di tutti.

Da quella prima “chiacchierata pomeridiana”, ne

sono seguite altre e diverse idee concrete sono

emerse dai nostri incontri, in modo estremamente

organico. Queste idee sono state successivamente

rielaborate dal comitato di chiesa

e poi presentate di nuovo nel successivo “aprèm

tchaux”.

In questo procedimento, numerose idee sono venute

fuori da questi incontri, ma abbiamo scelto

di mettere in pratica solo quelle idee che erano

ben accolte da tutti e che sembravano realistiche.


Una delle idee, che abbiamo deciso di attuare, è

stata quella di cambiare il nostro orario di culto.

Come ho scritto prima, stiamo cercando di

creare una chiesa più attraente per i visitatori, e

avendo un ottimo feedback dalla chiesa VIVO di

Ginevra, abbiamo deciso di iniziare a incontrarci

come chiesa nel pomeriggio. Discutendo tra

di noi, abbiamo voluto scegliere un momento

e una liturgia che servisse alla nostra città, ma

anche alle aspettative della nostra comunità.

Quindi la nostra proposta di liturgia è stata pensata

come segue:

16:00 SdS senza animatore

16:30 Pausa caffè / tisana

17:00 Culto

Per il servizio di culto, era previsto che iniziassi

a predicare su una serie di temi, per fidelizzare

il pubblico, sempre con un momento di scambio

tra il predicatore e la comunità, dopo il culto

stesso.

Abbiamo deciso di iniziare l’esperimento nel

gennaio 2021 e di fare una prova di 6 mesi, seguito

da un punto della situazione. È stato allora

che è arrivato il secondo lockdown. A essere

onesti, questa nuova pausa ha rappresentato

un duro colpo. Con così tante restrizioni, come

fare ad attuare un tale cambiamento?

Dopo aver espresso i miei timori al comitato,

sono stato molto incoraggiato e abbiamo deciso

di andare avanti adattando la nostra liturgia

alle restrizioni esistenti. Così, a gennaio abbiamo

iniziato la nostra nuova formula e a metà

marzo abbiamo dato vita alla nostra serie di

sermoni sullo Spirito Santo, dal titolo “Lo Spirito

porta la vita”!

Tuttavia, le restrizioni sanitarie dell’inizio del

2021 ci hanno impedito di fare delle riunioni al

di fuori del contesto del culto. Non siamo stati in

grado di portare avanti le “chiacchierate pomeridiane”,

anche se alcune riflessioni sono continuate

a livello di comitato.

Oggi, grazie alle nuove linee direttive sanitarie,

siamo stati in grado di ricominciare le

“chiacchierate pomeridiane”, dove recentemente

abbiamo discusso di come possiamo

rendere la Scuola del Sabato più accattivante e

soddisfacente.

Alla fine, nel concreto, troviamo che le nostre

analisi siano state distorte dalla pandemia. E sì,

non abbiamo la folla di visitatori che vorremmo,

e anche per quanto riguarda i nostri membri,

non pensiamo di avere più persone di prima.

Tuttavia, se vogliamo essere onesti nella nostra

analisi, sento che il Signore sta lavorando soprattutto

in quello che non vediamo. Nel momento

di dialogo dopo il culto, vedo una chiesa

che ha sete di risveglio e che ricerca lo Spirito.

Più concretamente, nei nostri ultimi appuntamenti,

abbiamo sentito una facilità in questa

procedura che non è usuale in questo tipo di

istituzione. Le persone sono disposte a impegnarsi

e sono sicuro che, al momento giusto,

il Signore compirà altre meraviglie nella nostra

comunità.

Fino ad allora, il nostro obiettivo non è scrivere

un documento o seguire un piano strategico,

ma in maniera organica, nella preghiera e con

l’aiuto dello Spirito, continuare a dialogare affinché,

tutti insieme, possiamo vivere la chiesa ed

essere parte del progetto di Dio. Sicuramente

faremo degli errori e sicuramente falliremo

in alcune cose, ma la chiesa si è liberata della

paura di correre dei rischi, e sappiamo che più

andiamo avanti, più sapremo qual è il piano di

Dio per la nostra chiesa e qual è il piano di Dio

per ciascuno di noi.

SAMUEL CUNHA

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La parola finale

"Siamo servi inutili"

Luca 17:7-10

“Se uno di voi ha un servo che ara o bada alle pecore, gli dirà forse, quando

quello torna a casa dai campi: Vieni subito a metterti a tavola?

Non gli dirà invece: Preparami la cena, rimboccati le vesti e servimi finché io

abbia mangiato e bevuto, poi mangerai e berrai tu? Si ritiene forse obbligato

verso quel servo perché ha fatto quello che gli era stato comandato? Così,

anche voi, quando avrete fatto tutto ciò che vi è comandato, dite:

Noi siamo servi inutili; abbiamo fatto quello che eravamo in obbligo di fare”.

26


Se ci sono parabole di Gesù che ci sono simpatiche

(il buon pastore, il buon samaritano o

il figliol prodigo), che ci parlano subito in modo

personale e positivo, che ci stimolano, su cui

meditiamo e che ricordiamo facilmente (ci rendono

persino orgogliosi di essere cristiani!), ce

ne sono altre che non ci stanno simpatiche!

Questa, per esempio! Siamo piuttosto

scoraggiati e di solito le dimentichiamo

molto rapidamente dopo averle sentite.

Come forse anche voi, trovo questo

testo abbastanza duro, anche molto

severo. Ma se lo esaminiamo con attenzione,

guardandoci dalle apparenze,

questa espressione “noi siamo servitori

inutili; abbiamo fatto quello che eravamo

in obbligo di fare” merita di essere

ben compresa.

Gesù non dice che siamo “servitori inutili”.

No, Gesù non lo dice affatto. Non è

nel testo! Quello che troviamo nel testo

è che Gesù chiede agli apostoli, e quindi

anche a ciascuno degli operai che lavorano

nei suoi campi, e quindi a ciascuno

di noi, di considerarsi come servitori

inutili. Non è affatto la stessa cosa.

Resta il fatto che chiedere a noi cristiani,

e specialmente ai servitori di Dio come

i pastori, gli anziani e tutti coloro che

hanno un compito nella comunità, di

considerarsi “inutili”, buoni a nulla, senza

valore, è un po’ difficile da buttar giù

e ancora più difficile da digerire!

A Gesù mancava qualche lezione di psicologia

in questo caso?

Nessuno si è mai divertito nell’essere chiamato

inutile, inetto, inadatto o persino inadeguato.

Eppure, se accettiamo una posizione o una carica

di chiesa, ci aspettiamo, se non ringraziamenti,

almeno una qualche considerazione.

Eppure, se ci penso, questa frase mi rende felice

e dovrebbe rendere felici tutti noi.

Dovremmo rallegrarci, sì, perché chiedendoci di

trattarci come inutili fin dall’inizio, Gesù ci libera

da qualsiasi tipo di pretesa, orgoglio e persino

soddisfazione. Ci mette al nostro posto, il nostro

vero posto, dando la migliore definizione di

sempre della chiesa: “un branco di buoni a nulla”.

Sì, siamo un branco di buoni a nulla!

Ma attenzione! Questo non deve essere visto

come una condanna, è un’osservazione necessaria.

Non ci viene detto per abbatterci o scoraggiarci,

ma, al contrario, per incoraggiarci.

Qui Gesù vuole farci capire che non si fa illusioni

su di noi e che quello che sta per offrirci, sa molto

bene che lo sta offrendo a dei “servitori inutili”.

Ma, e questo è il miracolo di questo testo,

ce lo offre comunque!

Il Signore, che, a causa della nostra incapacità,

non ci deve né assumere né ringraziare, acconsente,

vuole, desidera chiederci qualcosa,

forse anche molte cose. Con questo testo capiamo

perfettamente cos’è la grazia. E per quanto

la frase “Siamo inutili” sarebbe stata terribile per

noi, è una meraviglia sentirci dire: “Siamo servitori

inutili”; “servitori buoni a nulla”.

Questo significa che per Cristo, non è la nostra

goffaggine, i nostri fallimenti che contano,

ma la sua volontà di servirsi di noi.

Ed è per questo che Dio avrà sempre bisogno

di noi, dei nostri errori, dei nostri piedi, delle

nostre scarpe, delle nostre parole e azioni maldestre.

Perché ci ama.

Ma non vuole che confondiamo questo amore.

Non è dovuto a noi perché siamo dei buoni piccoli

cristiani avventisti che sono fedeli in tutto.

Ma poi, nei campi del Signore, non siamo

adatti al lavoro affidatoci!

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È Gesù a darci questo amore.

Gesù prende come esempio il sistema sociale

del suo tempo, dove il padrone pensava di non

dover nulla di più del salario pattuito a un servitore

che sapeva davvero fare qualcosa. La gente

del tempo pensava che questo fosse normale.

Gesù si rivolge poi ai credenti del

suo tempo e dice loro, e allo

stesso tempo a noi:

“E voi, che non sapete nulla,

pensate che Dio vi debba

qualcosa, mentre sabotate la

sua opera! Non capite che la

grazia è ancora dalla parte di

Dio quando vi dà il suo campo

e vi propone di lavorarci”.

Un’altra certezza che dovrebbe tranquillizzarci.

Gesù non può dimenticare domani

quello che ha detto ieri di me: che sono

un servitore inutile.

Non avrà domani le illusioni che lui stesso

ha dissipato ieri.

Così sa che le mie mani sono maldestre, il

mio cuore stretto, la mia lingua feroce. Sa

che accumulerò sabotaggi su sabotaggi,

dimenticanze su dimenticanze, errori su

errori.

Ma dobbiamo sapere che già lo sapeva.

Quindi tocca a noi ricevere questa grazia incomprensibile

che ci viene offerta e che è al di

là di noi. Ma poi possiamo andare avanti.

Infatti, con un maestro così, possiamo metterci

al lavoro. Il più maldestro degli incompetenti

può entrare nel suo campo. Perché questo

maestro non è più un maestro.

L’importante è sapere che siamo chiamati

perché siamo amati.

E quando per grazia di Dio compiamo il nostro

compito di servitori, non aspettiamo di essere

congratulati, di ricevere complimenti o apprezzamenti

dagli uomini, perché stiamo solo facendo

il nostro dovere:

Lavorando bene come dipendente

onesto e leale,

come un capo che rispetta i

suoi collaboratori,

come coniugi che si amano e

amano i propri figli,

come bambini rispettosi,

come un pastore premuroso che è

vicino ai suoi membri di chiesa,

come membri che sono grati ai pastori e agli

anziani,

come cristiani, siamo convinti che mettere in

pratica i comandamenti di Dio apra un cammino

verso il prossimo.

Stiamo solo facendo il nostro dovere, il che

è un privilegio e non un merito.

Questa parabola ci mostra meglio di ogni altra

che l’impiego al servizio di Cristo è una grazia e

la disoccupazione una maledizione.

Se c’è una verità che dobbiamo riscoprire ancora

e ancora, è questa!

ALAIN MUTZENBERG

Chiesa di Ginevra

Dei buoni a nulla? Sì, senza dubbio, visto che

lo dice Gesù, ma dei buoni a nulla che valgono

molto agli occhi di Dio, buoni a nulla che lui ama

e che, grazie a lui, possono fare qualsiasi cosa.

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