Making Life numero 3 - giugno 2023
Grazie all'uso di soluzioni digitali e dell'intelligenza artificiale, le terapie e l'assistenza sanitaria sono destinate a diventare sempre più efficaci, precise e personalizzate. L'infinito potenziale di queste tecnologie, però, deve essere gestito con estrema attenzione.
Grazie all'uso di soluzioni digitali e dell'intelligenza artificiale, le terapie e l'assistenza sanitaria sono destinate a diventare sempre più efficaci, precise e personalizzate. L'infinito potenziale di queste tecnologie, però, deve essere gestito con estrema attenzione.
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makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong> | <strong>numero</strong> tre<br />
PHARMA TRANSFORMATION<br />
PharmaFuture & Health
oltre l’ASSESSMENT<br />
le potenzialità di test e interviste per una<br />
formazione e un coaching efficaci e su misura<br />
La specificità di Execo risiede nella decisione di utilizzare test e/o interviste anche in momenti<br />
diversi dalla fase di assessment, con obiettivi non valutativi.<br />
Ad esempio, prima di una formazione, per attivare i partecipanti in vista delle aule, conoscerli<br />
meglio, aumentare la loro consapevolezza sulle loro reali capacità e aree di miglioramento<br />
e strutturare, quindi, percorsi tras-Formativi ad hoc.<br />
Inoltre, ci affidiamo a diversi strumenti per ottenere informazioni utili per pianificare carriere<br />
ottimali e sbloccare le potenzialità delle persone attraverso un percorso di coaching.<br />
Execo via A.Mauri, 4 - 20123- Milano T +39 02.84176400 | mail@execohr.it | www.execohr.it
INDICE<br />
Commenti<br />
Pharma Novel<br />
Digital Health<br />
01 02 03<br />
R&D farmaceutico e le<br />
sfide AI<br />
Un algoritmo per l’equità<br />
8<br />
10<br />
Un gioco di strategia<br />
12 Boom di crescita 14<br />
Le DTx e la medicina<br />
del terzo millennio<br />
18<br />
La sfida della<br />
interoperabilità<br />
24<br />
4
makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />
Clinics AI & VR<br />
Cybersecurity<br />
Legal & Risorse umane<br />
Pharmatelling<br />
Intelligenza artificiale,<br />
criterio umano<br />
30<br />
Una lama a doppio<br />
taglio<br />
44<br />
04 05 06 07<br />
Il Clinical Conflict<br />
Management<br />
56<br />
Innovazione, motore di<br />
sviluppo<br />
70<br />
Realtà virtuale,<br />
risultati reali<br />
SmSocial network<br />
34<br />
38<br />
La Direttiva Nis-2<br />
Cyber-insecurity<br />
46<br />
50<br />
“Nuove generazioni”<br />
L’evoluzione del lavoro<br />
58<br />
62<br />
Il futuro della<br />
produzione pharma<br />
78<br />
5
Quando<br />
l’AI guiderà<br />
l’infodemia<br />
Cristiana Bernini<br />
Se, soprattutto durante il<br />
periodo di picco pandemico<br />
di Covid-19, abbiamo<br />
tremato per le conseguenze<br />
dell’infodemia, pensiamo<br />
a quale potrebbe essere<br />
scenario se la situazione ci<br />
sfuggisse definitivamente<br />
di mano e se la gestione<br />
delle informazioni passasse<br />
tout court ai sistemi di<br />
intelligenza artificiale.<br />
Da brividi!<br />
Data fine aprile la<br />
pubblicazione su<br />
“Frontiers in Public Health”<br />
dell’articolo<br />
“ChatGPT and<br />
the rise of<br />
large language<br />
models: the new<br />
AI-driven infodemic threat in<br />
public health”<br />
a firma di un gruppo di<br />
ricercatori italiani che<br />
analizza l’enorme impatto<br />
di ChatGPT sul pubblico in<br />
generale e sulla comunità<br />
di ricerca in particolare. Gli<br />
autori evidenziano allarmati<br />
sfide etiche e pratiche:<br />
la capacità dei Large<br />
Language Model (LLM)<br />
di produrre rapidamente<br />
grandi quantità di testo<br />
potrebbe diffondere la<br />
disinformazione su una<br />
scala senza precedenti,<br />
in una sorta di “infodemia<br />
guidata dall’intelligenza<br />
artificiale”, una nuova<br />
minaccia per la salute<br />
pubblica, dal momento<br />
che è difficile garantire<br />
che un LLM si comporti<br />
in modo allineato con i<br />
valori umani e che rimane<br />
una questione irrisolta la<br />
possibilità di rilevare con<br />
precisione il testo prodotto<br />
dall’intelligenza artificiale.<br />
D’altro canto, è lo<br />
stesso Ceo di OpenAI<br />
– la società madre di<br />
ChatGPT – a esprimere<br />
la sua preoccupazione:<br />
a metà maggio, davanti<br />
a una commissione del<br />
Senato degli Stati Uniti,<br />
Sam Altman ha lanciato<br />
l’ennesimo allarme: «I<br />
think if this technology<br />
goes wrong, it can go quite<br />
wrong… we want to be vocal<br />
about that», aggiungendo<br />
la volontà di lavorare con<br />
il governo per evitare<br />
che ciò accada, ma non<br />
nascondendo le insidie<br />
che l’inesorabile avanzare<br />
della tecnologia porta con<br />
sé. Tra le aree di maggior<br />
apprensione del manager vi<br />
sono le elezioni statunitensi<br />
del prossimo anno e il<br />
timore per il potenziale<br />
impatto che l’intelligenza<br />
artificiale potrebbe avere<br />
sulla democrazia: ChatGPT<br />
e altri analoghi programmi<br />
che si stanno diffondendo<br />
in maniera dirompente<br />
possono creare risposte<br />
incredibilmente simili a<br />
quelle umane e potrebbero<br />
essere utilizzati per<br />
disinformare e persuadere<br />
gli elettori, influenzando,<br />
per esempio, l’esito delle<br />
elezioni.<br />
Sam Altman, pur<br />
affermando di essere tutto<br />
sommato ottimista sul fatto<br />
che l’innovazione andrà a<br />
vantaggio della popolazione<br />
su larga scala, ha suggerito<br />
l’istituzione di una nuova<br />
6
makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />
agenzia per regolamentare<br />
il settore ed evitare di<br />
causare “danni significativi<br />
al mondo”. Altman ha<br />
inoltre fornito ai senatori<br />
diverse indicazioni, incluse<br />
la necessità che l’agenzia<br />
conceda – e nel caso revochi<br />
– licenze per creare modelli<br />
di intelligenza artificiale al<br />
di sopra di una certa soglia<br />
di capacità; la creazione<br />
di test di funzionalità<br />
specifici, come la capacità<br />
di produrre informazione<br />
accurate e di generare<br />
contenuti non pericolosi<br />
che i modelli dovrebbero<br />
superare e, infine,<br />
l’opportunità di richiedere<br />
audit indipendenti da parte<br />
di esperti non affiliati agli<br />
sviluppatori o al governo<br />
per garantire che gli<br />
strumenti di intelligenza<br />
artificiale operino nel<br />
rispetto delle linee guida<br />
legislative. Dell’avviso<br />
di creare un’agenzia di<br />
supervisione sulla falsariga<br />
della Food and drug<br />
administration, in modo<br />
che i creatori debbano<br />
dimostrare la sicurezza<br />
della loro intelligenza<br />
artificiale e mostrare perché<br />
i benefici siano superiori a<br />
potenziali danni, è anche<br />
il professore di psicologia<br />
e scienze neurali alla<br />
New York University, Gary<br />
Marcus, presente insieme<br />
ad Altman davanti alla<br />
commissione, che afferma:<br />
«Abbiamo costruito<br />
macchine che sono come<br />
elefanti in una gioielleria:<br />
potenti, spericolate e difficili<br />
da controllare». Elefanti<br />
che il senatore Richard<br />
Blumenthal, presidente<br />
della sottocommissione<br />
del gruppo per la privacy,<br />
la tecnologia e la legge,<br />
paragona a vere e proprie<br />
bombe atomiche.<br />
D’altra parte risale a<br />
fine marzo, appena due<br />
settimane dopo il rilascio<br />
pubblico del GPT-4 di<br />
OpenAI, la lettera aperta<br />
firmata da oltre mille<br />
tra i più importanti nomi<br />
della tecnologia – tra cui<br />
Elon Musk, il co-fondatore<br />
di Apple Steve Wozniak,<br />
l’autore di Sapiens Yuval<br />
Noah Harari e alcuni dei<br />
più illustri accademici<br />
dell’IA responsabili di<br />
importanti scoperte nel<br />
machine learning – che<br />
esortava i principali<br />
laboratori di intelligenza<br />
artificiale del mondo a<br />
una pausa di riflessione,<br />
sospendendo per sei mesi<br />
l’addestramento di nuovi<br />
sistemi super potenti,<br />
nel timore che “i recenti<br />
progressi dell’intelligenza<br />
artificiale presentino<br />
profondi rischi per la<br />
società e per l’umanità”.<br />
Identico messaggio quello<br />
sotteso alle dimissioni da<br />
Google di Geoffrey Hinton:<br />
il “padrino dell’intelligenza<br />
artificiale” ha lasciato<br />
il colosso a inizio di<br />
maggio dicendosi in parte<br />
rammaricato per aver<br />
contribuito a realizzare<br />
sistemi che teme possano<br />
provocare la proliferazione<br />
della disinformazione e la<br />
perdita di posti di lavoro e<br />
avvertendo che la tecnologia<br />
potrebbe sconvolgere la vita<br />
così come la conosciamo.<br />
A livello legislativo, l’Europa<br />
è un passo avanti rispetto<br />
agli Stati Uniti. Lo scorso<br />
11 maggio la commissione<br />
per il mercato interno e<br />
la commissione per le<br />
libertà civili del Parlamento<br />
europeo hanno licenziato<br />
il testo finale<br />
dell’Artificial<br />
Intelligence<br />
Act,<br />
il primo<br />
regolamento al mondo<br />
sull’IA a garanzia di uno<br />
sviluppo umano-centrico<br />
ed etico dell’intelligenza<br />
artificiale.<br />
Le norme seguono un<br />
approccio basato sul rischio<br />
e stabiliscono obblighi per<br />
fornitori e utenti a seconda<br />
del livello di rischio che l’IA<br />
può generare. I sistemi di<br />
intelligenza artificiale con un<br />
livello di rischio inaccettabile<br />
per la sicurezza delle persone<br />
sarebbero severamente<br />
vietati, compresi i<br />
sistemi che impiegano<br />
tecniche subliminali<br />
o intenzionalmente<br />
manipolative, sfruttano<br />
le vulnerabilità delle<br />
persone o sono utilizzati<br />
per definire il punteggio<br />
sociale (classificazione<br />
delle persone in base al loro<br />
comportamento sociale,<br />
stato socioeconomico,<br />
caratteristiche). I deputati<br />
hanno ampliato la<br />
classificazione delle<br />
aree ad alto rischio per<br />
includere i danni alla salute,<br />
alla sicurezza, ai diritti<br />
fondamentali o all’ambiente<br />
delle persone. All’elenco<br />
ad alto rischio hanno<br />
anche aggiunto i sistemi di<br />
intelligenza artificiale per<br />
influenzare gli elettori nelle<br />
campagne politiche e nei<br />
sistemi di raccomandazione<br />
utilizzati dalle piattaforme<br />
di social media (con oltre 45<br />
milioni di utenti ai sensi del<br />
Digital Services Act).<br />
Per la definitiva entrata in<br />
vigore dell’AI Act devono<br />
essere compiuti ulteriori<br />
passaggi istituzionali<br />
ma in Europa le basi per<br />
regolamentare l’intelligenza<br />
artificiale relativamente al<br />
suo danno potenziale sono<br />
state poste, nell’intento di<br />
tutelare i diritti fondamentali<br />
della persona senza<br />
soffocare lo sviluppo di<br />
sistemi basati sull’IA.<br />
Sempre al fine di tutelare<br />
il cittadino, anche la<br />
European union agency<br />
for cybersecurity (Enisa)<br />
ha pubblicato<br />
a marzo un<br />
documento<br />
che<br />
ribadisce la<br />
necessità di standard comuni<br />
per garantire la sicurezza di<br />
sistemi a IA e dei dati da essi<br />
elaborati.<br />
Tutti sforzi lodevoli, ma<br />
agenzie governative, norme<br />
e regolamenti saranno poi<br />
in grado di tenere il passo<br />
con un’evoluzione sempre<br />
più rapida della tecnologia<br />
o saremo travolti, come in<br />
molti paventano, dal suo<br />
incontrollabile sviluppo?<br />
7
L’R&D FARMACEUTICO DI<br />
FRONTE ALLA SFIDA DELLE<br />
INTELLIGENZE ARTIFICIALI<br />
Gabriele Costantino<br />
Dipartimento di Scienze degli Alimenti e del Farmaco<br />
Università di Parma<br />
gabriele.costantino@unipr.it<br />
L’intelligenza artificiale sta<br />
rivoluzionando l’industria farmaceutica<br />
in diversi modi. Ecco alcuni esempi:<br />
• scoperta dei farmaci: l’IA può<br />
aiutare a identificare potenziali<br />
target terapeutici per lo sviluppo<br />
di farmaci, attraverso l’analisi di<br />
grandi quantità di dati genetici,<br />
biologici e clinici;<br />
• screening dei composti: l’IA<br />
può velocizzare e migliorare il<br />
processo di screening dei composti,<br />
riducendo tempi e costi di sviluppo<br />
dei farmaci attraverso l’utilizzo<br />
di algoritmi di apprendimento<br />
automatico che analizzano le<br />
proprietà chimiche dei composti e<br />
predicono la loro attività biologica;<br />
• ottimizzazione del processo di<br />
sviluppo del farmaco: l’IA può<br />
aiutare a ottimizzare il processo di<br />
sviluppo del farmaco, ad esempio<br />
prevedendo gli effetti collaterali o la<br />
risposta del paziente al farmaco;<br />
• personalizzazione della terapia:<br />
l’IA può aiutare a personalizzare la<br />
terapia in base alle caratteristiche<br />
del paziente, ad esempio attraverso<br />
l’analisi di dati genomici o di<br />
immagini mediche;<br />
• monitoraggio della conformità:<br />
l’IA può aiutare a monitorare la<br />
conformità del paziente alla terapia,<br />
ad esempio attraverso l’analisi dei<br />
dati di monitoraggio remoto.<br />
In sintesi, l’IA sta rivoluzionando<br />
l’industria farmaceutica in molti modi,<br />
migliorando l’efficacia e l’efficienza<br />
del processo di sviluppo dei farmaci<br />
e aprendo nuove opportunità per la<br />
personalizzazione della terapia.<br />
La precedente affermazione è una<br />
meta-affermazione, generata da un<br />
algoritmo di intelligenza artificiale<br />
generativa basata su linguaggio largo<br />
(Chat GPT), in risposta alla domanda<br />
su quale può esser l’impatto della<br />
intelligenza artificiale (d’ora in avanti,<br />
IA) in ambito farmaceutico e nel<br />
contesto della gestione della salute<br />
pubblica.<br />
Una modesta intelligenza umana,<br />
come quella di chi scrive, può provare<br />
a elaborare un po’ più la risposta,<br />
fornendo ulteriori strumenti di<br />
riflessione. Il primo punto riguarda<br />
la definizione e il relativo ambito<br />
di applicazione della cosiddetta IA.<br />
L’impiego di algoritmi (successioni di<br />
istruzioni che definiscono le operazioni<br />
da compiere – in sequenza prestabilita<br />
– sui dati a disposizione per ottenere<br />
il risultato) ha accompagnato<br />
da decenni le fasi di discovery e<br />
sviluppo preclinico di farmaci. Ad<br />
esempio, le procedure di screening<br />
basate sulla valutazione di proprietà<br />
chimico-fisiche, oppure gli approcci<br />
di “docking molecolare” che simulano<br />
l’interazione tra una piccola molecola<br />
e una macromolecola (entrambe<br />
codificate in maniera digitale,<br />
ad esempio da set di coordinate<br />
cartesiane). In questi approcci,<br />
l’intelligenza artificiale è – in realtà –<br />
una sorta di “intelligenza muscolare”<br />
e la macchina si sostituisce all’uomo<br />
esclusivamente in termini di velocità<br />
di calcolo. In altri termini, un umano<br />
addestrato è perfettamente in grado<br />
di eseguire i calcoli che portano alla<br />
valutazione dell’energia di interazione<br />
tra un ligando e una proteina. Solo<br />
che ci impiegherebbe una enorme<br />
quantità di tempo e correrebbe il<br />
rischio (avrebbe la certezza, direi) di<br />
commettere errori. Ora, questo tipo –<br />
definiamolo di primo livello – di IA ha<br />
effettivamente rivoluzionato l’industria<br />
farmaceutica? Direi di no. Ne ha<br />
aumentato la produttività nelle fasi<br />
iniziali ma l’attesa innovazione radicale<br />
non c’è stata. Pensiamo al cosiddetto<br />
“completamento” del sequenziamento<br />
del genoma umano, annunciato (un<br />
po’ precocemente) da Bill Clinton e<br />
8
makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />
Greg Venter nel 2000, atteso come<br />
un evento che avrebbe consentito<br />
di comprendere le basi molecolari<br />
di qualsiasi malattia e disegnare il<br />
farmaco appropriato. Ebbene, oltre<br />
20 anni dopo, le domande poste<br />
dalla “disponibilità di informazione”<br />
sono probabilmente maggiori delle<br />
risposte offerte.<br />
L’enorme quantità di dati oggi a<br />
disposizione rende indispensabile<br />
il riconoscimento di “strutture<br />
latenti” presenti nei dati. La pattern<br />
recognition (riconoscimento di<br />
strutture latenti) è una sfida<br />
pesantissima per un’intelligenza<br />
artificiale. Un umano riconosce<br />
la “caninità” in un alano come in<br />
un bassotto e la distingue dalla<br />
“cavallinità” o dalla “gattità”. Un<br />
algoritmo deve essere addestrato<br />
in maniera molto approfondita per<br />
riuscire in questo task, e per molti<br />
anni il tasso di insuccesso è stato<br />
notevole.<br />
Uno dei metodi messi a punto è<br />
stato quello, appunto, di addestrare<br />
la macchina a procedere in maniera<br />
non sequenziale – con istruzioni<br />
codificate – ma in maniera non<br />
lineare, come se fosse una rete<br />
di neuroni. L’ulteriore, e ancora<br />
attuale, livello di IA è quello<br />
dell’apprendimento profondo, in<br />
cui le “reti” nascoste, non lineari, e<br />
non supervisionate, sono molteplici<br />
e ricevono input di diversi livelli di<br />
linguaggio.<br />
I modelli di machine learning e poi<br />
di deep learning trovano campi<br />
di applicazione incredibilmente<br />
variegati, dal riconoscimento vocale<br />
all’elaborazione del linguaggio<br />
naturale, dal riconoscimento per<br />
immagini alla diagnosi di malattie e<br />
molto altro ancora.<br />
Osserviamo, per inciso, che il deep<br />
learning si addestra con la pratica,<br />
esattamente come facciamo noi<br />
umani. Tornando al paragrafo<br />
iniziale di questo articolo, prodotto<br />
interagendo con il linguaggio naturale<br />
di ChatGPT, osserviamo che se<br />
avessimo interagito con il bot, ad<br />
esempio chiedendo di elaborare<br />
meglio quanto affermato – chessò –<br />
relativamente alla personalizzazione<br />
della terapia, questa interazione<br />
avrebbe promosso la struttura di<br />
apprendimento e la successiva<br />
interazione sull’argomento avrebbe<br />
portato a un output in linguaggio<br />
naturale ancora più strutturato.<br />
Le risposte alla domanda iniziale<br />
sul ruolo della IA nello sviluppo<br />
farmaceutico si articolano quindi su<br />
livelli molto diversi tra loro. Sebbene<br />
molte delle applicazioni vengano<br />
ancora oggi percepite nella fase di<br />
discovery e di early development,<br />
probabilmente il campo in cui<br />
l’innovazione sarà decisamente<br />
radicale è quello dei clinical trial.<br />
Non si è ancora sufficientemente<br />
sedimentata, infatti, la nozione che<br />
il concetto dominante di medicina<br />
personalizzata o individuale si scontra<br />
nei fatti con la costruzione – quasi<br />
ideologica direi – degli studi clinici.<br />
Il clinical trial, infatti, deve per<br />
definizione avere potenza statistica<br />
e la potenza statistica si ottiene su<br />
grandi popolazioni omogenee. La<br />
medicina personalizzata è invece un<br />
grande <strong>numero</strong> di piccoli numeri, che<br />
richiede un cambio davvero radicale di<br />
paradigma. Pensiamo a una malattia<br />
rara con 200 pazienti (distribuiti tra<br />
diagnosi iniziale e fine vita): ha senso<br />
immaginare un processo di drug<br />
discovery o di riposizionamento che<br />
rispecchi quanto viene fatto per un<br />
antipertensivo o un ipoglicemizzante?<br />
Ecco, il ruolo più dirompente che<br />
possono avere la IA e il deep learning<br />
è ragionevolmente in questo:<br />
individuare in popolazioni estese quei<br />
pattern latenti che identificano piccole<br />
o anche piccolissime sottopopolazioni<br />
che manifestano uno stato patologico<br />
(da una malattia rara a un tumore a<br />
un dismetabolismo). Questo richiede<br />
l’integrazione di linguaggi diversi, dati<br />
testuali (ad esempio analisi ematiche),<br />
immagini (radiodiagnostica), resoconti<br />
verbali da parte dei pazienti o dei<br />
caregiver. Il <strong>numero</strong> di drop-out da<br />
studi clinici è molto elevato, così come<br />
è elevata la difficoltà di reclutamento,<br />
tanto maggiore quanto più specifica è<br />
la condizione che si vuole osservare.<br />
Reclutamento e drop-out sono tra<br />
le principali cause di attrition negli<br />
studi clinici, che a sua volta determina<br />
un aumento dei costi di R&D e un<br />
rallentamento dei tempi di ingresso<br />
nel mercato di nuovi farmaci.<br />
L’apprendimento profondo e<br />
l’integrazione di linguaggi naturali<br />
avranno – molto più rapidamente<br />
di quanto pensiamo – un impatto<br />
fortissimo sulla qualità delle diagnosi,<br />
sull’identificazione di biomarker e di<br />
surrogati predittivi, sul dosaggio e<br />
sulla aderenza alla terapia.<br />
L’industria – e più in generale la<br />
ricerca – farmaceutica hanno ora<br />
il compito di adattare le proprie<br />
procedure a questa disruptive<br />
innovation. Non è un compito facile,<br />
non solo per l’innata resistenza di<br />
sistemi complessi a implementare<br />
cambi di paradigma, ma anche e<br />
soprattutto per difficoltà intrinseche<br />
al processo di drug discovery<br />
and development, che si intreccia<br />
costantemente con input di livello<br />
estremamente eterogeneo, dalla<br />
logistica alla regolazione, fino ad<br />
aspetti relativi alla rimborsabilità.<br />
D’altra parte, nell’ultimo secolo<br />
l’industria farmaceutica è sempre<br />
stata vista come front-runner nei<br />
processi di innovazione tecnologica,<br />
e molte delle pratiche introdotte nei<br />
processi di R&D farmaceutico hanno<br />
avuto un impatto ad ampio spettro<br />
su altre attività. L’integrazione tra<br />
intelligenza artificiale e intelligenze<br />
umane sarà uno dei prossimi<br />
banchi di prova su cui lo sviluppo<br />
farmaceutico potrà fare da apripista<br />
per pratiche diffuse nella società.<br />
9
Digitalizzazione<br />
e salute<br />
Perché dobbiamo<br />
inventare un<br />
algoritmo per<br />
l’equità<br />
Antonio Maturo<br />
Professore di Sociologia della Salute<br />
Università di Bologna, Campus della Romagna<br />
L’ambito della salute è certamente uno dei più coinvolti<br />
dalla digitalizzazione. Non solo per la sua importanza e per<br />
gli investimenti che lo circondano, ma per l’enorme mole di<br />
dati che in esso vengono prodotti. Dati finanziari, economici,<br />
sociali ma soprattutto clinici e fisiologici. Grazie all’intelligenza<br />
artificiale e ai big data, siamo testimoni di quattro grandi<br />
mutamenti: l’assistenza sanitaria diviene sempre più precisa e<br />
sofisticata; le terapie vengono sviluppate in forma “sartoriale” e<br />
personalizzata; l’andamento delle malattie può essere previsto<br />
con elevati gradi di probabilità; i pazienti possono conoscere<br />
meglio le cure mediche e per certi aspetti “partecipare” a esse.<br />
In altri termini, la medicina delle 4 “P” (precisa, preventiva,<br />
personalizzata, partecipata) si sta realizzando.<br />
Tuttavia, ci stiamo accorgendo che, accanto alle soluzioni, la<br />
digitalizzazione e l’intelligenza artificiale portano con sé anche<br />
problemi del tutto inediti, specialmente nel campo dell’equità e<br />
della giustizia sociale. Qui ne menzioniamo due. Uno riguarda il<br />
rapporto dell’intelligenza artificiale verso “l’alto”, ovvero con la<br />
gestione sanitaria; l’altro riguarda il rapporto verso “il basso”,<br />
ovvero l’utilizzo pratico di essa tra i medici e la comprensione di<br />
essa da parte dei pazienti.<br />
Nel primo caso parliamo di “discriminazione algoritmica”,<br />
apparentemente un termine contraddittorio visto che ci si<br />
aspetta che un algoritmo funzioni in modo oggettivo, neutrale<br />
ed efficace. Questo tuttavia non accade sempre, visto che<br />
gli algoritmi vengono progettati dagli umani e in alcuni casi<br />
riflettono pregiudizi sociali, o semplicemente sono disegnati in<br />
modo errato. La discriminazione algoritmica si realizza quando<br />
nei sistemi di intelligenza artificiale alcuni errori sistematici<br />
distorcono l’elaborazione dei risultati generando effetti pratici<br />
discriminatori.<br />
Lo studio più importante in questo campo è stato pubblicato nel<br />
2021 su Science, a opera di ricercatori e ricercatrici di Berkeley<br />
e Harvard. Nell’articolo viene mostrato come l’algoritmo che<br />
selezionava i malati di una grande catena di ospedali per<br />
l’accesso a cure supplementari discriminava sistematicamente<br />
coloro che si auto-identificavano come “black”, ovvero i pazienti<br />
afroamericani. Nello studio delle cartelle cliniche i ricercatori<br />
scoprirono che pazienti neri con malattie a stadi avanzati di<br />
gravità erano stati classificati, dall’algoritmo, nella stessa<br />
categoria di rischio di pazienti bianchi meno gravi. Come<br />
risultato, i neri ricevevano cure inadeguate rispetto al loro<br />
bisogno di assistenza. Questa discriminazione era avvenuta<br />
perché per formulare il “risk score”, il punteggio di rischio<br />
su cui si basa la possibilità di ottenere cure specialistiche,<br />
l’algoritmo teneva in considerazione anche l’entità delle spese<br />
mediche sostenute dal paziente negli ultimi 12 mesi. I pazienti<br />
afroamericani in media spendono meno, a parità di malattia,<br />
10
makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />
dei pazienti bianchi e ciò per il loro minore utilizzo dei servizi<br />
sanitari dovuto probabilmente a forme implicite di “razzismo<br />
sistemico” (bassa attenzione verso le minoranze da parte delle<br />
istituzioni sanitarie, sfiducia e disagio delle minoranze per il<br />
sistema medico). Avendo utilizzato come proxy, ovvero come<br />
indicatore della gravità della malattia, anche le spese mediche,<br />
l’algoritmo ha incasellato nella stessa categoria di rischio,<br />
accanto ai bianchi, degli afroamericani con malattie molto più<br />
gravi. Questi errori sistematici si sono riverberati nella realtà: i<br />
neri dovevano essere più malati dei bianchi per essere indirizzati<br />
a un ulteriore intervento di aiuto. Era nero solo il 17,7% dei<br />
pazienti che l’algoritmo aveva assegnato a ricevere cure extra. I<br />
ricercatori calcolarono che, se l’algoritmo fosse stato imparziale,<br />
la quota sarebbe stata del 46,5%.<br />
Il secondo caso che vogliamo menzionare riguarda la medicina<br />
di precisione, in special modo quel nuovo approccio di ricerca<br />
detto radiomica. La radiomica è utilizzata per lo più per lo studio<br />
dei tumori e costituisce l’asse portante della diagnostica per<br />
immagini. È particolarmente sviluppata nello screening e nella<br />
cura del tumore al seno. In pratica, un programma algoritmico di<br />
intelligenza artificiale trasforma le immagini del tumore ottenute<br />
attraverso Pec o Tac in una serie di funzioni matematiche<br />
che ne riproducono il volume, la densità, la localizzazione e<br />
altre caratteristiche. Su questi dati è possibile prevedere il<br />
suo sviluppo e quindi anche quali cure specifiche potrebbero<br />
avere migliori effetti. Sulla validità di questo strumento non ci<br />
sono dubbi, tant’è che alcuni scienziati hanno affermato che<br />
addirittura potrebbe funzionare senza l’aiuto umano, ovvero<br />
senza i radiologi. Possiamo quindi immaginare la delicatezza<br />
della situazione nell’ambito delle professioni mediche. Un altro<br />
aspetto riguarda come comunicare il ruolo della radiomica alle<br />
pazienti: si può dire che il loro destino è deciso da un algoritmo?<br />
Come inserire la supervisione del radiologo o della radiologa nel<br />
sistema dell’intelligenza artificiale? Insomma, anche in questo<br />
caso, seppure con modalità del tutto differenti, emergono inedite<br />
questioni bioetiche e di equità.<br />
La tecnologia ci offre e ci offrirà enormi benefici, dunque.<br />
Ma parallelamente crescono i problemi. Sgombriamo subito<br />
il campo, come diceva nel MDCC il filosofo Jean Jacques<br />
Rousseau: “Indietro non si torna”. Neppure se lo volessimo<br />
potremmo contenere l’energia sprigionata dall’innovazione<br />
tecnologica spinta dalla digitalizzazione. Tuttavia, tra luddismo<br />
e tecnoentusiasmo dobbiamo cercare delle posizioni<br />
intermedie, ed eventualmente modificabili, a seconda del tipo di<br />
conseguenze ed effetti che analizziamo.<br />
(Piccolo test: riuscite a leggere i numeri romani senza ricorrere<br />
all’intelligenza artificiale?)<br />
11
PHARMA<br />
NOVEL<br />
Mario Addis
makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />
13
14
makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />
15
BOOM DI<br />
CRESCITA PER<br />
LA DIGITAL<br />
HEALTH<br />
Previsto un<br />
incremento<br />
del 23% dal<br />
2021 al 2030<br />
16<br />
Caterina Lucchini<br />
Bisogna essere consapevoli che<br />
l’ingresso delle tecnologie digitali<br />
nelle diverse attività umane sta<br />
interessando salute e sanità, allo<br />
stesso modo con cui in passato ha<br />
stravolto la musica e l’economia (ad<br />
esempio con la creazione di banche<br />
digitali). Si può, quindi, parlare di<br />
trasformazione digitale.<br />
L’IMPORTANZA<br />
DELLE DEFINIZIONI<br />
Oggigiorno sono disponibili tecnologie<br />
digitali che intervengono nel campo<br />
della salute, della sanità, della<br />
medicina e dell’assistenza. Tutto<br />
ciò, però, porta a una conseguenza<br />
che si configura con la difficoltà di<br />
fare chiarezza circa il significato<br />
della “digital health”, a partire dalla<br />
nomenclatura, dalla tassonomia e dal<br />
vocabolario impiegato, dal momento<br />
che dietro al termine “salute digitale”<br />
vengono spesso date definizioni<br />
diverse. Stando al vocabolario della<br />
Digital medical society del 2019, il<br />
termine “digital health” comprende le<br />
tecnologie, le piattaforme digitali e i<br />
sistemi che coinvolgono il consumatore<br />
negli stili di vita, benessere e propositi<br />
relativi a una vita sana; raccolta e<br />
stoccaggio o trasmissione di dati<br />
sulla salute; supporti per le scienze<br />
della vita e per le operazioni cliniche.<br />
Questi prodotti non combaciano con<br />
la definizione di “dispositivo medico”<br />
e non richiedono una revisione<br />
normativa. Inoltre, normalmente non<br />
hanno neanche bisogno di evidenze<br />
cliniche. Diversamente, per quanto<br />
riguarda la “digital medicine” – cioè<br />
la categoria volta ad apportare un<br />
beneficio clinico con tecnologie digitali<br />
che riguardano tanto la malattia in<br />
sè, quanto il medico e gli operatori<br />
sanitari – sono invece indispensabili<br />
attività di ricerca e prove di efficacia<br />
per poterne utilizzare gli strumenti.
makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />
Trattandosi di dispositivi medici,<br />
infatti, l’impiego di tali tecnologie<br />
è regolato a livello di normative.<br />
All’interno della digital medicine<br />
si possono distinguere due tipi di<br />
tecnologie: i dispositivi che forniscono<br />
misure al fine di un monitoraggio<br />
da parte del medico o del paziente<br />
stesso per la raccolta di informazioni<br />
e parametri, passivamente (tramite<br />
sensori, ingestione di pillole capaci<br />
di inviare segnali ecc) o attivamente<br />
(con la compilazione di questionari,<br />
test, diari clinici, ecc); e i dispositivi<br />
atti all’intervento, che a loro volta si<br />
possono classificare in base alla loro<br />
azione, in:<br />
A Digital self-management and<br />
education, ovvero strumenti per<br />
l’autogestione delle malattie (es. nei<br />
pazienti con ipertensione arteriosa<br />
tali tecnologie possono fornire<br />
informazioni circa la loro patologia,<br />
offrendo consigli su alimentazione,<br />
sport, abitudini ecc).<br />
B Digital support, in pratica<br />
applicazioni e programmi per<br />
ottimizzare l’efficacia di una terapia<br />
(es. trattamento farmacologico portato<br />
avanti in condizioni non ospedaliere e<br />
non controllate oppure come supporto<br />
informativo fornito dal proprio medico<br />
al fine di supplire a una visita eseguita<br />
in tempi ristretti).<br />
C Riabilitazione digitale, per il<br />
recupero della funzione motoria da<br />
casa, in cui il paziente può, ad esempio,<br />
beneficiare di un videogioco in cui,<br />
grazie a indumenti dotati di sensori, è<br />
in grado di immedesimarsi in un avatar<br />
che propone una serie di movimenti<br />
ed esercizi utili per la propria<br />
riabilitazione motoria o fisioterapica.<br />
D Digital therapeutics (TDx) - Terapie<br />
digitali, ovvero software e programmi<br />
che erogano una terapia che affianca<br />
quella farmacologica o che ne è<br />
indipendente.<br />
Lo scopo fondamentale delle digital<br />
therapeutics è quello di coinvolgere in<br />
modo attivo il paziente nella cura della<br />
sua malattia influenzando in modo<br />
positivo il suo comportamento.<br />
I trattamenti digitali, infatti, tentano<br />
di eliminare la scarsa aderenza<br />
terapeutica, la carenza di attenzione<br />
da parte del malato e cercano di<br />
modificare i suoi atteggiamenti di<br />
rifiuto e di ostacolo nei confronti<br />
della terapia. L’insieme di questi<br />
comportamenti controproducenti<br />
fa spesso parte del quadro clinico<br />
di diverse malattie ad andamento<br />
cronico tra le quali, a titolo di esempio,<br />
TECNOlogia farmaCEUTICA<br />
È la crasi tra tecnologia e farmaceutica, se ne è iniziato a parlare solo di recente ma la definizione non è scevra<br />
da dubbi. Se da alcuni viene utilizzata come sinonimo di terapia digitale (digital therapeuctis-TDx) per altri ha una<br />
accezione più ampia e si riferisce a tutti i campi in cui le scienze farmaceutiche, biologiche e mediche si combinano<br />
con la tecnologia per lo sviluppo di nuovi prodotti terapeutici e diagnostici. In sostanza, una disciplina interdisciplinare<br />
che coinvolge la biologia, la chimica, la fisica, l’informatica e l’ingegneria. In particolare, la tecnoceutica sembrerebbe<br />
concentrarsi sulla progettazione e lo sviluppo di dispositivi medici avanzati, come sensori, impianti, pompe, robot<br />
chirurgici e altre tecnologie, per il trattamento di malattie e lesioni.<br />
Esempi di tecnoceutica<br />
PROTESI AVANZATE<br />
SENSORI DIAGNOSTICI<br />
TERAPIE GENICHE<br />
APP<br />
ROBOT CHIRURGICI<br />
NANOTECNOLOGIA<br />
TERAPIE DIGITALI<br />
17
DIGITAL HEALTH MARKET<br />
Valore (2022)<br />
MARKET STATISTICS<br />
Valore (2032)<br />
CAGR (2022)<br />
>$233.5<br />
Mld<br />
>$981.5<br />
Mld<br />
15%<br />
SETTORI (2032)<br />
SUDDIVISIONE GEOGRAFICA<br />
Telemedicina<br />
Software<br />
$244 MLD<br />
$327 MLD<br />
Nord-America<br />
(2022)<br />
>44,5%<br />
il diabete, l’ipertensione, l’obesità,<br />
l’ansia, la depressione, le dipendenze.<br />
A differenza dei farmaci – i quali<br />
una volta assunti esercitano la loro<br />
azione sotto l’aspetto biologico<br />
indipendentemente dal comportamento<br />
del paziente che ha quindi un ruolo<br />
del tutto passivo – le terapie digitali<br />
agiscono sui comportamenti e sui<br />
processi ideativi delle persone<br />
coinvolgendole in modo attivo tramite<br />
opportuni programmi accattivanti da<br />
seguire e da condividere, ad esempio<br />
sulle piattaforme social.<br />
IL MERCATO DELLA<br />
SALUTE DIGITALE<br />
Secondo la società di analisi di mercato<br />
Global Market Insight, il mercato della<br />
sanità digitale ha superato i 233,5<br />
miliardi di dollari nel 2022 e, grazie a<br />
un Cagr (il tasso di crescita annuale<br />
composto) del 15%, dovrebbe sfiorare<br />
quota 1.000 miliardi nel 2032. Le<br />
proiezioni sull’espansione del mercato<br />
diventano via via più ottimistiche.<br />
Secondo i dati di Global Market Inside,<br />
ad esempio, il mercato della digital<br />
health ha superato i 140 miliardi di<br />
dollari nel 2020 e nel 2021 è arrivato a<br />
quota 167 miliardi di dollari. Ma quello<br />
che veramente colpisce è la previsione<br />
di crescita dei prossimi anni. Infatti, le<br />
proiezioni future vedono un ulteriore<br />
incremento annuo di oltre il 23% fino<br />
al 2030 quando questa cifra potrebbe<br />
raggiungere 1,3 bilioni di dollari.<br />
È interessante notare che la stessa<br />
Global Market Inside lo scorso anno<br />
aveva previsto che al 2027 il mercato<br />
della digital health avrebbe raggiunto<br />
all’incirca quota 470 miliardi di dollari.<br />
Anche per quanto riguarda il valore<br />
di mercato delle digital therapeutics,<br />
Insider Intelligence ha rivisto le sue<br />
previsioni per i prossimi anni. Infatti,<br />
se nel 2020 la stima raggiungeva<br />
un valore globale di circa 9 miliardi<br />
di dollari entro il 2025, ora la cifra<br />
prevista entro quella data si aggira<br />
globalmente intorno ai 56 miliardi<br />
di dollari. Punto di svolta cruciale<br />
per questo drastico cambiamento<br />
di orientamento potrebbe essere<br />
stata la fusione da 18,5 miliardi<br />
di dollari realizzata nell’estate del<br />
2020 tra due gruppi statunitensi:<br />
Teladoc Health, azienda di fornitura<br />
di servizi di telemedicina, e Livongo,<br />
società che si occupa di programmi di<br />
gestione di pazienti affetti da malattie<br />
croniche come il diabete. Anche le<br />
società farmaceutiche giocheranno<br />
probabilmente un ruolo attivo<br />
nell’acquisizione di fornitori di terapie<br />
digitali. Le Pharma, infatti, hanno già<br />
investito somme di denaro nelle società<br />
che si occupano di DTx e probabilmente<br />
continueranno a farlo, anche in<br />
misura maggiore, in considerazione<br />
dell’atteggiamento positivo mostrato<br />
dalla Fda che ha concesso luce verde a<br />
diversi trattamenti di questo genere.<br />
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20
makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />
Nell’attuale quadro sanitario europeo<br />
si staglia come un irrinunciabile<br />
mantra l’esigenza da parte dei<br />
singoli governi di offrire soluzioni<br />
di assistenza ottimizzata, dal punto<br />
di vita economico e prestazionale,<br />
che sappiano integrare la tecnologia<br />
digitale oggi ampiamente disponibile<br />
e intercettare le esigenze sociali<br />
di estensione dell’accesso e di<br />
maggiore equità.<br />
La forte tensione dell’Unione europea<br />
alla realizzazione della sanità del<br />
terzo millennio è, del resto, espressa<br />
anche, e forse soprattutto, nella<br />
portata degli investimenti di risorse<br />
non solo economiche destinate allo<br />
sviluppo di questo settore. Non a<br />
caso, all’obiettivo l’UE ha destinato<br />
il 26% dei fondi del Recovery and<br />
resilience facility e l’istituzione della<br />
European taskforce for harmonised<br />
evaluation of digital medical devices<br />
(DMDs) supportata e coordinata da<br />
EIT (European institute of innovation<br />
and technology), un organismo UE<br />
nell’ambito del terzo pilastro di<br />
Horizon Europe.<br />
È così che, grazie ai finanziamenti<br />
provenienti dai fondi Pnrr, la<br />
valutazione delle terapie digitali (DTx)<br />
sta assumendo un significato diverso<br />
anche in Italia, Paese nel quale la<br />
reticenza all’adozione ma, prima<br />
ancora, alla effettiva considerazione<br />
di tali strumenti di assistenza si è<br />
mostrata particolarmente tenace.<br />
Pur restii all’approccio, non possiamo<br />
infatti sottovalutare la dimensione<br />
del mercato globale delle DTx.<br />
Come stimato nel position paper EIT<br />
“Health terapie digitali: il panorama<br />
italiano e il contributo dei partner EIT<br />
Health per un contesto armonizzato”,<br />
esso potrebbe raggiungere i 9,4<br />
miliardi di dollari entro il 2028.<br />
Numeri di tutto rispetto anche per<br />
il nostro continente, nel quale tale<br />
valore potrebbe raggiungere i 2,3<br />
miliardi di dollari entro il 2026.<br />
UN DIBATTITO<br />
TRASVERSALE<br />
E CONDIVISO<br />
È di questi giorni la notizia della<br />
costituzione di un ”Intergruppo<br />
parlamentare sulla Sanità digitale e<br />
terapie digitali” sotto la presidenza<br />
dell’onorevole Simona Loizzo. Lo<br />
scopo dell’iniziativa è rappresentato<br />
dall’elaborazione di un percorso<br />
legislativo adeguato alla complessità<br />
della materia che possa generare<br />
risultati utili già nell’ambito della<br />
corrente legislatura. Il gruppo<br />
lavorerà all’obiettivo di produrre<br />
nei prossimi 18 mesi un decreto<br />
legge finalizzato all’inserimento<br />
delle terapie digitali in un campione<br />
omogeneo di trattamenti codificabili<br />
all’interno di linee guida e per i<br />
quali possa essere progettato uno<br />
specifico sistema di rimborsabilità.<br />
Nei prossimi mesi, la taskforce<br />
trasversale sarà dunque impegnata<br />
nella definizione di un comune<br />
indirizzo regolatorio per le DTx.<br />
E, più in generale, di un<br />
provvedimento che garantisca<br />
accesso omogeneo, a livello sia<br />
nazionale che regionale, agli<br />
strumenti di digital health, una sorta<br />
di acceleratore della transizione<br />
digitale della sanità nel nostro Paese.<br />
L’Intergruppo ha già presentato<br />
al ministro della Salute, Orazio<br />
Schillaci, un documento<br />
programmatico, nel quale viene<br />
sottolineato come l’adozione delle<br />
terapie digitali potrebbe potenziare<br />
il trattamento di cronicità che<br />
mettono a dura prova il sistema<br />
sanitario (come il diabete, l’obesità<br />
e l’ipertensione) e fornire una<br />
risposta di supporto al trattamento di<br />
alcune patologie psichiatriche (dalle<br />
dipendenze alla depressione) e nel<br />
corso dei programmi di riabilitazione.<br />
L’importanza di un’analisi politica<br />
esauriente della tematica è legata<br />
alle necessità di rafforzamento<br />
della medicina di prossimità, al<br />
miglioramento della sostenibilità<br />
economica dell’assistenza e<br />
all’ampliamento dell’accesso alle<br />
cure, soprattutto nelle aree più<br />
isolate del Paese. Non proprio aspetti<br />
trascurabili nel contesto attuale.<br />
LE RAGIONI DEL GAP<br />
L’assenza di terapie digitali<br />
autorizzate nel nostro Paese stride<br />
se comparata, ad esempio, con<br />
il <strong>numero</strong> (più di 40) di soluzioni<br />
approvate in Germania, dove la<br />
prima luce verde da parte dell’ente<br />
regolatore risale addirittura al<br />
2009. Deprexis, un intervento di tipo<br />
21
cognitivo-comportamentale indicato<br />
nell’ambito del trattamento della<br />
depressione, è oggi impiegato anche<br />
in Svizzera, dove viene rimborsato<br />
dalle assicurazioni.<br />
Sempre in Germania è stato<br />
approvato, nel 2019, il German<br />
digital healthcare Act, una legge che<br />
ha l’obiettivo di favorire l’adozione<br />
da parte del sistema sanitario di<br />
strumenti di digital health di alta<br />
qualità. Con tale provvedimento,<br />
Oltre ai costi, a frenare lo sviluppo<br />
e la permeazione di queste<br />
soluzioni terapeutiche nella pratica<br />
assistenziale hanno contribuito<br />
fattori quali la difficoltà di mettere a<br />
punto protocolli di sperimentazione<br />
in grado di validarne l’efficacia<br />
clinica e framework regolatori<br />
a supporto della rimborsabilità.<br />
In questo contesto, la resistenza<br />
culturale nei confronti di quella che è<br />
apparsa in alcuni contesti come una<br />
quali sarà possibile progettare una<br />
commercializzazione consapevole<br />
di questi dispositivi. Ad esempio,<br />
nulla stabiliscono in merito alla<br />
determinazione di un prezzo regolato<br />
a livello istituzionale. Allo stesso<br />
modo non sono chiari i riferimenti<br />
che dovrebbero codificarne la<br />
prescrivibilità da parte dei medici,<br />
un aspetto su cui pesano anche le<br />
carenze formative del personale<br />
sanitario.<br />
“In questo settore c’è bisogno di una<br />
norma e, oggi più che mai, il Sistema<br />
sanitario nazionale, anche alla luce dei<br />
fondi del Pnrr, deve fare un salto di qualità<br />
per essere più vicino ai cittadini.”<br />
Simona Loizzo – Presidente Intergruppo parlamentare Sanità<br />
digitale e terapie digitali<br />
il Governo ha voluto promuovere<br />
l’integrazione delle applicazioni<br />
digitali nei percorsi di cura coperti<br />
dal servizio sanitario. Il DIGA Fast<br />
Track ha rappresentato un primo<br />
fondamentale riferimento per gli altri<br />
Stati membri. Malgrado l’incentivo,<br />
tuttavia, tali strumenti non hanno<br />
avuto la diffusione attesa, anche a<br />
causa dell’elevato rapporto<br />
costo/efficacia.<br />
Ben diversa, e decisamente<br />
più favorevole, la situazione<br />
di altri Paesi. In UK, il NICE ha<br />
sviluppato una normativa che basa<br />
l’ottenimento del rimborso sulla<br />
qualità delle prove di efficacia: ciò<br />
sembra avere facilitato la diffusione<br />
dell’utilizzo delle terapie digitali.<br />
bizzarra e modaiola novità non ha<br />
reso più semplice il dibattito.<br />
I vuoti normativi hanno senza<br />
dubbio giocato un ruolo di primo<br />
piano. Essendo classificate come<br />
dispositivi medici, le DTx ricadono<br />
nell’inquadramento normativo del<br />
Regolamento (UE) 2017/745, che<br />
impone l’esecuzione di indagini<br />
cliniche atte a valutarne i parametri<br />
di efficacia e sicurezza. Tale trama<br />
regolatoria ha, tuttavia, ostacolato<br />
la comprensione del loro reale<br />
significato terapeutico da parte<br />
del pubblico (anche di addetti ai<br />
lavori), avendole allontanate dal<br />
riferimento farmaco. Inoltre, le<br />
norme fin qui prodotte non hanno<br />
chiarito le modalità attraverso le<br />
COME FAVORIRE LA<br />
CORRETTA ANALISI<br />
Affinché si possa arrivare a una<br />
disamina completa della tematica<br />
DTx, è necessario che si stabilisca<br />
un dialogo fra accademia, ricerca,<br />
industria, agenzie regolatorie e<br />
associazioni pazienti: tanti sono,<br />
infatti, gli stakeholder interessati<br />
dal fenomeno e tutti con contributi<br />
potenzialmente determinanti ai<br />
fini della stesura di un tracciato<br />
del percorso di introduzione in<br />
terapia. È solo dalla sinergia fra le<br />
differenti prospettive che, come ci si<br />
augura, potranno nascere i germogli<br />
di quello che sarà il percorso di<br />
sviluppo delle terapie digitali.<br />
Un punto cruciale su cui si è già<br />
insistito nei passaggi precedenti<br />
è, infine, rappresentato dalla<br />
formazione: le aree grige della<br />
regolamentazione sono in gran parte<br />
dovute alla mancanza di conoscenze<br />
della materia che investe senza<br />
distinzioni i tanti settori coinvolti.<br />
Occorre, a tal proposito, costruire<br />
percorsi di formazione adeguati<br />
in grado di colmare i sempre più<br />
estesi gap culturali. In tal senso,<br />
la comunicazione assume un ruolo<br />
di prim’ordine: la correttezza delle<br />
informazioni diffuse, in un ambito nel<br />
quale la disinformazione non manca,<br />
può fare la differenza.<br />
22
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LA SFIDA<br />
DELL’INTEROPERABILITÀ<br />
PER LA SANITÀ ITALIANA<br />
Giulio Divo<br />
Più che a un<br />
(presunto) ritardo<br />
nelle competenze<br />
digitali degli<br />
italiani, le<br />
maggiori difficoltà<br />
di digitalizzazione<br />
del nostro sistema<br />
sanitario sono<br />
dovute alla<br />
mancanza di una<br />
regia centrale<br />
Gianluca Polifrone | Funzionario pubblico esperto in digitalizzazione sanitaria<br />
Abbiamo imboccato la strada<br />
della digitalizzazione in sanità<br />
ma se vogliamo che questa<br />
si traduca in un vantaggio<br />
concreto per operatori e<br />
cittadini abbiamo il dovere<br />
di percorrere fino in fondo<br />
questo tragitto. Tenendo a<br />
mente alcune regole molto<br />
chiare: la digitalizzazione<br />
risulta vantaggiosa solo<br />
se la governance è ferma<br />
negli obiettivi e nel trovare<br />
il modo di far rispettare<br />
determinati standard di<br />
tipo tecnico che consentano<br />
l’interoperabilità dei dati.<br />
L’emergenza pandemica ci<br />
ha messo in condizione di<br />
utilizzare il digitale come<br />
mai prima d’ora e non è<br />
possibile pensare di tornare<br />
indietro. Gli stessi cittadini<br />
gradiscono molti aspetti<br />
legati alla digitalizzazione ma<br />
non abbiamo una evoluzione<br />
progressiva, da questo punto<br />
di vista: secondo una indagine<br />
dell’Osservatorio digitale del<br />
Politecnico di Milano, se il 12%<br />
degli italiani ha dimestichezza<br />
con usi e vantaggi del fascicolo<br />
sanitario elettronico, il 68%<br />
non sa nemmeno che cosa sia.<br />
Senza contare il fatto che ci<br />
sono enormi differenze anche<br />
tra le diverse regioni in termini<br />
di digitalizzazione.<br />
«Se la pandemia, nella sua<br />
tragicità, doveva essere lo<br />
stress test del nostro sistema<br />
sanitario, è evidente che sono<br />
24
makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />
emerse differenze e criticità.<br />
Che ci devono imporre un<br />
profondo ripensamento<br />
rispetto a come è stata<br />
interpretata la digitalizzazione<br />
negli anni passati». Comincia<br />
così la nostra chiacchierata<br />
con un esperto, Gianluca<br />
Polifrone, funzionario<br />
pubblico e già autore di ben tre<br />
volumi dedicati al tema della<br />
digitalizzazione sanitaria di<br />
cui l’ultimo è intitolato proprio<br />
“Sanità digitale: inizia la<br />
rivoluzione?”.<br />
«Quando ci siamo trovati<br />
nella condizione di impostare<br />
la campagna vaccinale a<br />
livello nazionale – prosegue<br />
Polifrone – sono emerse<br />
tutte le contraddizioni legate<br />
a un utilizzo delle nuove<br />
tecnologie che non aveva in<br />
sé gli elementi di omogeneità<br />
necessari. Siamo giunti a dover<br />
impostare questa campagna<br />
nazionale con 20 sanità<br />
regionali che non potevano<br />
contare su sistemi informatici<br />
interoperabili tra loro. E non<br />
solo: a volte esisteva un<br />
problema di protocolli anche<br />
all’interno delle stesse regioni<br />
e non è raro trovare problemi<br />
di interoperabilità persino<br />
tra i diversi piani del singolo<br />
ospedale. È chiaro che non si<br />
poteva e non si può procedere<br />
in questo modo, tanto è vero<br />
che ricordiamo come, sempre<br />
a proposito del sistema di<br />
prenotazione dei vaccini,<br />
abbiamo dovuto sopperire<br />
alla carenza di questa<br />
interoperabilità utilizzando<br />
piattaforme nazionali messe<br />
a punto per altre finalità come<br />
quella realizzata 20 anni or<br />
sono per gestire in modalità<br />
digitale i dati fiscali”.<br />
Molti ritengono che la colpa<br />
di questa situazione sia da<br />
attribuire genericamente<br />
alla scarsa alfabetizzazione<br />
informatica degli italiani in<br />
senso generale. È così?<br />
Penso che caricare gli italiani<br />
in senso generico di questa<br />
responsabilità non sia corretto.<br />
In Italia, contestualmente alla<br />
pandemia, sono stati realizzati<br />
circa mille progetti di sanità<br />
digitale. E chiaramente questo<br />
non è possibile se manca la<br />
cultura digitale. Inoltre, non<br />
possiamo dimenticare che gli<br />
italiani sono buoni utilizzatori<br />
dell’home banking che,<br />
concettualmente parlando,<br />
non richiede competenze<br />
maggiori di quelle necessarie,<br />
per dire, alla consultazione del<br />
fascicolo sanitario elettronico.<br />
Direi quindi che se pure è<br />
necessario avviare delle<br />
operazioni di alfabetizzazione<br />
informatica (come peraltro<br />
è previsto anche dal Pnrr),<br />
penso che queste difficoltà<br />
provengano per lo più dalla<br />
frammentazione della<br />
digitalizzazione. Poi è chiaro<br />
che esiste una disparità tra le<br />
varie aree del Paese, in termini<br />
di alfabetizzazione informatica.<br />
Ma non dobbiamo dimenticare<br />
che il digitale, se fatto bene,<br />
serve a semplificare la vita e<br />
non a complicarla.<br />
Eppure con la riforma del<br />
titolo V della Costituzione<br />
abbiamo delegato alle<br />
Regioni stesse le competenze<br />
sanitarie. Quindi dobbiamo in<br />
qualche modo aspettarci che<br />
queste continuino a muoversi<br />
con velocità e sistemi<br />
differenti.<br />
Ma siamo davvero sicuri<br />
che le cose stiano in questo<br />
modo? Iniziamo con il dire<br />
che la materia sanitaria non<br />
è materia esclusiva delle<br />
Regioni ma, da un punto<br />
di vista costituzionale, è<br />
materia concorrente. Con il<br />
tempo abbiamo accettato che<br />
l’equivoco di fondo diventasse<br />
realtà di fatto, cioè che la<br />
riforma del titolo V avesse<br />
l’obiettivo di “regionalizzare la<br />
sanità”. In realtà, se andiamo a<br />
leggere correttamente il testo,<br />
possiamo facilmente capire<br />
che l’obiettivo era diverso, cioè<br />
quello – nobile – di delegare<br />
la cura della persona al<br />
territorio, mantenendo però<br />
il coordinamento dal punto<br />
di vista informatico. Lo dice<br />
chiaramente l’articolo 117<br />
lettera R della Costituzione: è<br />
lo Stato a essere titolare del<br />
dato informatico il quale va<br />
condiviso poi con la periferia<br />
e gli enti locali, attraverso<br />
uno standard unico, deciso a<br />
monte e condiviso a valle. Del<br />
resto è stato proprio attraverso<br />
il combinato disposto degli<br />
articoli dal 117 al 120 della<br />
Costituzione che, durante la<br />
pandemia, è stato possibile<br />
avere il coordinamento<br />
centrale della campagna<br />
vaccinale. Questi articoli<br />
sono stati invocati dallo Stato<br />
centrale rispetto al caos che<br />
si stava prefigurando con<br />
la gestione diversificata dei<br />
singoli governi regionali.<br />
Un’obiezione possibile<br />
potrebbe essere quella per<br />
cui, riaccentrando i processi,<br />
si finisce con il penalizzare il<br />
privato.<br />
Fino a che la nostra sanità<br />
sarà gratuita e universalistica<br />
dovremmo cercare di dedicare<br />
la nostra attenzione al suo<br />
funzionamento corretto che,<br />
peraltro, potrebbe liberare<br />
molte energie che oggi sono<br />
compresse dalla burocrazia.<br />
E si tratta anche di risorse<br />
economiche. Ci sono molti<br />
motivi per cui lo Stato<br />
dovrebbe essere titolare dei<br />
dati sanitari dei cittadini.<br />
In primo luogo perché non<br />
possiamo certo affidare<br />
questo patrimonio ai giganti<br />
della Silicon Valley. In secondo<br />
luogo perché lo Stato non può<br />
abdicare al controllo dei dati<br />
sensibili dei propri cittadini.<br />
Anzi, li deve proteggere e<br />
garantire sempre meglio e<br />
sempre di più.<br />
La protezione dei dati è un<br />
argomento molto sentito.<br />
Trova corretto che lo Stato<br />
possa esercitare un controllo<br />
più o meno diretto su dati<br />
tanto sensibili?<br />
Intendiamoci: lo Stato fa già<br />
questo tipo di operazione<br />
nel momento stesso in cui<br />
si comincia a lavorare. Mi<br />
spiego meglio: l’apertura del<br />
cassetto fiscale è automatica<br />
e prescinde dalla volontà<br />
del singolo lavoratore. Anzi,<br />
possiamo ben dire che<br />
attraverso la piattaforma<br />
informatica lo Stato può<br />
25
incrociare i dati e controllare,<br />
per esempio, la nostra<br />
situazione contributiva e<br />
persino le spese che andiamo<br />
a sostenere. Peraltro c’è anche<br />
il vantaggio per cui le spese<br />
detraibili, se si usa moneta<br />
elettronica per i pagamenti,<br />
vanno direttamente nel<br />
cassetto fiscale e semplificano<br />
i processi per la dichiarazione<br />
dei redditi, quando parliamo<br />
di acquisto di farmaci<br />
rimborsabili da SSN. Quando,<br />
a causa dell’emergenza Covid,<br />
è stato possibile eliminare<br />
il consenso all’apertura del<br />
fascicolo sanitario elettronico,<br />
abbiamo fatto la stessa cosa<br />
che è stata fatta per i dati<br />
fiscali maneggiando, però,<br />
quelli sanitari. L’eliminazione<br />
del primo consenso ha reso<br />
quindi possibile fare ciò che<br />
per anni è rimasto nel cassetto<br />
delle buone intenzioni. Certo,<br />
adesso esiste un problema di<br />
implementazione dei fascicoli,<br />
perché tutto ciò che prima era<br />
cartaceo adesso deve essere<br />
elettronico. Ma con il tempo si<br />
otterrà anche questo risultato<br />
e verranno semplificate<br />
tantissime procedure che oggi<br />
sono farraginose, dispersive e<br />
costose. Dopodiché ci tengo a<br />
dire che, almeno da un punto<br />
di vista progettuale, il processo<br />
di digitalizzazione dovrebbe<br />
proprio incrementare la<br />
sicurezza dei dati informatici<br />
e garantire una maggiore<br />
privacy, rispetto ai sistemi<br />
attualmente in uso.<br />
Molti però affermano di<br />
non avere mai subito tante<br />
violazioni della privacy come<br />
da quando si è avviata la<br />
digitalizzazione della nostra<br />
vita.<br />
In questo momento la nostra<br />
sicurezza informatica non<br />
offre sufficienti standard di<br />
sicurezza. Ma non lo dico io,<br />
sono i fatti a dimostrarlo. Gli<br />
attacchi hacker ai siti degli<br />
ospedali ne sono un esempio<br />
lampante. Il fatto è che, se<br />
non possiamo contare su<br />
server protetti con sistemi<br />
certificati di massimo<br />
livello e ci si affida a ditte<br />
esterne per la manutenzione<br />
e gestione dei sistemi<br />
informatici, non possiamo<br />
fare altro che frammentare<br />
il rischio. Ormai dovremmo<br />
avere ben compreso come<br />
un’architettura “a silos”<br />
sia superata nella teoria<br />
e nella pratica. È invece<br />
assolutamente auspicabile<br />
che vengano realizzate<br />
strutture centralizzate. Lo<br />
stesso garante della privacy<br />
ha sempre redarguito le<br />
istituzioni spingendo a<br />
investire su infrastrutture<br />
tecnologiche certificate<br />
e innovative in termini di<br />
sicurezza. Per ciò che riguarda<br />
il cittadino, invece, dobbiamo<br />
agire semplificando i processi,<br />
evitando le ridondanze e<br />
migliorando l’efficienza del<br />
sistema.<br />
In che modo?<br />
Le procedure di sicurezza di<br />
secondo livello sono sufficienti<br />
perché, incrociando i dati di<br />
user e password con i codici<br />
resi disponibili dai device<br />
mobili, possiamo contare su<br />
uno standard affidabile. Io però<br />
devo anche far notare un’altra<br />
cosa importante. Quella per<br />
cui, se un giorno mi reco in un<br />
ospedale per fare una visita,<br />
devo compilare un modulo di<br />
consenso. Quel modulo non<br />
viaggia insieme al dato della<br />
clinica, ma prende una strada<br />
tutta sua. Ed è il motivo per<br />
cui a ogni prestazione devo<br />
ripetere la stessa procedura.<br />
Ma se noi ci appoggiassimo a<br />
un’unica strada in grado di far<br />
viaggiare le due informazioni<br />
insieme, procedendo<br />
all’anonimizzazione del<br />
dato grazie a strumenti<br />
che oggi sono facilmente<br />
implementabili, ne<br />
otterremmo vantaggi per<br />
tutti in termini di tempo, costi,<br />
snellimento delle procedure<br />
burocratiche e riduzione dei<br />
rischi di errore.<br />
In questi ultimi mesi, però,<br />
molte persone si sono<br />
lamentate di come sia stato<br />
farraginoso imparare a<br />
utilizzare i sistemi di identità<br />
digitale. Non pensa che<br />
questo possa essere un<br />
ostacolo all’utilizzo di questi<br />
strumenti?<br />
È chiaro che all’inizio<br />
queste procedure risultano<br />
farraginose. Ma non andrei a<br />
generalizzare su tutti i sistemi<br />
di certificazione dell’identità<br />
digitale. La carta d’identità<br />
elettronica, da questo punto di<br />
vista, è uno strumento molto<br />
valido perché contiene anche<br />
il codice fiscale e, dunque,<br />
già il fatto di non dover<br />
costantemente portare con<br />
sé più documenti significa<br />
semplificare la vita al cittadino.<br />
Da questo punto di vista,<br />
l’evoluzione delle funzioni<br />
della CIE sarà decisiva.<br />
Almeno tanto quanto lo è stata<br />
l’introduzione del bancomat<br />
per i sistemi di pagamento.<br />
È chiaro che attraverso quello<br />
strumento di identificazione<br />
(con gli adeguati sistemi di<br />
sicurezza, tanto è vero che<br />
oggi la CIE ha – come lo<br />
Spid – un accesso di primo e<br />
secondo livello composto da<br />
password, user e dispositivo<br />
mobile) deve diventare quello<br />
privilegiato per l’accesso al<br />
fascicolo sanitario elettronico,<br />
che deve essere comodo per<br />
il cittadino, ma anche utile per<br />
gli operatori sanitari.<br />
A che punto siamo, secondo il<br />
suo punto di vista?<br />
Abbiamo divelto un primo<br />
e importante ostacolo, che<br />
era quello rappresentato dal<br />
primo consenso. Abbiamo<br />
anche l’esperienza informatica<br />
del cassetto fiscale, che può e<br />
deve essere ripetuta anche per<br />
ciò che riguarda i dati sanitari.<br />
Se lo Stato procede spedito<br />
in questa fase di transizione<br />
possiamo dire di avere<br />
imboccato la via corretta. Il<br />
problema economico (dato<br />
che ogni riforma strutturale<br />
non può essere a costo zero)<br />
dovrebbe essere superato con<br />
i fondi del Pnrr per cercare<br />
di creare questi standard<br />
unici la cui cabina di regia,<br />
sui progetti di sanità digitale,<br />
è stata affidata ad Agenas<br />
come soggetto attuatore,<br />
con la supervisione del<br />
dipartimento dell’innovazione<br />
tecnologica che questo<br />
governo, da un punto di vista<br />
politico, ha rafforzato con<br />
un sottosegretario ad hoc.<br />
Abbiamo dimostrato con la<br />
pandemia di essere in grado di<br />
realizzare progetti complessi<br />
nel breve periodo. La spinta<br />
però non deve esaurirsi<br />
qui e bisogna procedere su<br />
questa strada che, peraltro,<br />
è la sola che ci può condurre<br />
a rispettare standard di<br />
efficienza che in Europa<br />
sono considerati prassi e non<br />
eccezione.<br />
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makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />
29
INTELLIGENZA<br />
ARTIFICIALE,<br />
CRITERIO UMANO<br />
Simone Montonati<br />
L’intelligenza artificiale può fornire un<br />
enorme contributo al raggiungimento<br />
della medicina personalizzata ma il<br />
controllo e la responsabilità delle decisioni<br />
devono restare in capo ai clinici<br />
Per avere un’idea dell’impatto<br />
che l’intelligenza artificiale<br />
avrà – molto presto – sulle<br />
nostre vite basti pensare che<br />
il mercato globale dell’IA,<br />
oggi stimato in oltre 62<br />
miliardi di dollari, è destinato<br />
a quintuplicare nel giro di tre<br />
anni. Un’indicazione della sua<br />
pervasività ce la fornisce lo<br />
stesso studio ammettendo<br />
di essere stato in parte<br />
condotto grazie a Chat GPT,<br />
il celeberrimo sistema<br />
IA in grado di generare<br />
autonomamente testi con<br />
un linguaggio indistinguibile<br />
da quello umano. Il settore<br />
sanitario, naturalmente, non è<br />
esente da questa rivoluzione.<br />
Già oggi algoritmi avanzati<br />
e sistemi di deep learning<br />
sono entrati stabilmente<br />
in sale operatorie, studi<br />
medici e laboratori di<br />
ricerca e diagnostica<br />
coadiuvando i clinici nelle<br />
diagnosi attraverso le analisi<br />
automatizzate di radiografie,<br />
tomografie, esami del sangue,<br />
o monitorando i parametri<br />
vitali dei pazienti sottoposti<br />
a interventi chirurgici, o<br />
ancora contribuendo a<br />
personalizzare diagnosi,<br />
terapie e assistenza. Proprio<br />
la possibilità di lavorare<br />
sui singoli pazienti – anche<br />
in caso di malattie rare –<br />
rappresenta uno dei potenziali<br />
più importanti di queste<br />
nuove tecnologie, come ci<br />
spiega in questa intervista<br />
Saverio D’amico, senior<br />
data scientist presso l’IRCCS<br />
Istituto Clinico Humanitas.<br />
«Nel settore della medicina<br />
vi sono diverse aree in cui<br />
l’intelligenza artificiale può<br />
avere un ruolo determinante,<br />
ad esempio nello sviluppo<br />
di farmaci e nello scouting<br />
di nuove molecole. Dal mio<br />
punto di vista, però, il suo<br />
contributo fondamentale<br />
Saverio D’Amico | Senior data scientist presso<br />
l’IRCCS Istituto Clinico Humanitas<br />
30
makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />
consiste nell’agevolare<br />
l’introduzione della medicina<br />
personalizzata e di quella<br />
di precisione. Si tratta di<br />
un completo cambio di<br />
paradigma. L’obiettivo non<br />
è più individuare terapie,<br />
diagnosi, prognosi tarate su<br />
una popolazione di pazienti<br />
e quindi standardizzate, ma<br />
stabilirle tenendo conto delle<br />
caratteristiche del singolo<br />
individuo, che possiede un<br />
corredo specifico di dati clinici<br />
e genetici di cui tenere conto.<br />
In questo modo il percorso<br />
terapeutico diventa più<br />
preciso ed efficace» .<br />
Come avviene questo<br />
processo?<br />
Ovviamente si tratta di un<br />
meccanismo complesso<br />
perché queste malattie<br />
tendono a essere molto<br />
eterogenee. Il campo di<br />
applicazione del mio team<br />
in Humanitas è quello delle<br />
malattie ematologiche che, a<br />
mio parere, sono senz’altro<br />
quelle più interessanti dal<br />
punto di vista dell’analisi<br />
dei dati. Questo innanzitutto<br />
perché sono malattie rare,<br />
quindi ci sono pochi pazienti e<br />
per di più molto eterogenei.<br />
Poi perché sono malattie<br />
molto complesse, il cui<br />
quadro è componibile solo<br />
con dati di tipo diverso:<br />
clinici, genetici, genomici,<br />
analisi del sangue, immagini<br />
istopatologiche ecc.<br />
Ogni dato fornisce<br />
un’informazione diversa,<br />
specifica per il singolo<br />
individuo. Banalmente, una<br />
mutazione di un gene sulla<br />
stessa malattia può avere<br />
prognosi diverse, così come<br />
diversa può essere la risposta<br />
alla terapia.<br />
“<br />
L’uso dell’IA<br />
in medicina<br />
deve avere<br />
come obiettivo<br />
finale quello<br />
di affiancare<br />
e supportare i<br />
clinici, non di<br />
sostituirli<br />
Come aiuta l’IA in questo?<br />
Per effettuare l’analisi di<br />
tutti questi dati è necessario<br />
estrarli e integrarli.<br />
Per esempio, i vetrini<br />
istopatologici sono immagini<br />
ma con l’intelligenza<br />
artificiale è possibile<br />
individuare automaticamente<br />
delle feature: la computer<br />
vision può analizzare<br />
autonomamente le cellule<br />
estraendo i dati che servono,<br />
come la conta dei blasti,<br />
l’andamento della fibrosi ecc.<br />
Questi dati possono essere<br />
quindi confrontati con altri,<br />
come le mutazioni genetiche<br />
dell’individuo o le sue analisi<br />
del sangue.<br />
Come avviene l’integrazione<br />
con l’intelligenza artificiale?<br />
L’integrazione e<br />
l’individuazione delle<br />
correlazioni avvengono in<br />
modo complesso, spesso non<br />
supervisionato. Significa che i<br />
dati, anche di natura diversa,<br />
vengono integrati in un unico<br />
algoritmo che riesce a trovare<br />
correlazioni fra di loro. Questo<br />
approccio è diverso da un<br />
metodo statistico classico<br />
perché non si conoscono in<br />
anticipo le esatte correlazioni<br />
da cercare. L’algoritmo le<br />
scopre autonomamente<br />
integrando i dati. È lo stesso<br />
meccanismo che vediamo<br />
in azione con l’intelligenza<br />
artificiale generativa – quella<br />
di GPT o Dall-E per intenderci<br />
– che non solo genera nuovi<br />
dati simili a quelli di training<br />
(testi) ma ha anche la capacità<br />
di creare immagini a partire<br />
da testo. Questo è possibile<br />
perché nel modello esiste<br />
una precisa correlazione fra<br />
l’informazione del testo e<br />
quella visiva dell’immagine<br />
che però viene integrata e<br />
applicata anche a nuovi casi.<br />
Come avviene la validazione<br />
delle soluzioni individuate?<br />
Questo è un punto<br />
importantissimo: i risultati<br />
devono seguire gli standard<br />
delle procedure cliniche ed<br />
essere in linea con la pratica<br />
medica consolidata. In<br />
Humanitas non applichiamo<br />
indistintamente un metodo<br />
di IA per poi valutare se<br />
emergono risultati di rilievo<br />
ma, all’opposto, iniziamo<br />
da un quesito clinico e<br />
cerchiamo il metodo di IA<br />
più adatto a fornire una<br />
risposta. Il prodotto dell’IA<br />
deve poi essere interpretato<br />
clinicamente, da un medico,<br />
non può essere assunto come<br />
definitivo. È come avere delle<br />
“lenti di ingrandimento” che<br />
aiutano i clinici a capire i<br />
dati ma la decisione finale<br />
spetta sempre al medico<br />
che, soppesando il beneficio<br />
per quel singolo paziente,<br />
individua la cura più precisa.<br />
L’uso dell’IA in medicina<br />
deve avere come obiettivo<br />
finale quello di affiancare e<br />
supportare i clinici, non di<br />
sostituirli. I clinici mantengono<br />
sempre il controllo e la<br />
responsabilità delle decisioni.<br />
È quindi necessario lavorare<br />
in team.<br />
Sì, è necessario uno sforzo<br />
congiunto di competenze<br />
tecniche e cliniche. Per<br />
questo nel nostro team<br />
affianchiamo sempre la parte<br />
tecnico-ingegneristica con la<br />
conoscenza clinica dei medici.<br />
L’IA è data-driven ma la sua<br />
applicazione in medicina deve<br />
essere human-driven. Anche<br />
perché i sistemi di IA hanno<br />
ancora diversi limiti.<br />
Quali?<br />
Ad esempio non sono in grado<br />
di astrarre concetti logici<br />
complessi, che gli esseri<br />
umani applicano in maniera<br />
naturale nel ragionamento<br />
e nel linguaggio. Inoltre<br />
hanno difficoltà a espandere<br />
l’apprendimento oltre i casi<br />
specifici su cui sono stati<br />
addestrati. Dobbiamo tener<br />
presente che si tratta di<br />
sistemi che dipendono da<br />
un addestramento manuale<br />
umano e da feedback continui,<br />
non sono completamente<br />
data-driven. Non a caso,<br />
nei sistemi di intelligenza<br />
artificiale si possono<br />
ripercuotere bias umani<br />
contenuti nei loro algoritmi di<br />
addestramento.<br />
A proposito di intelligenza<br />
artificiale generativa, cosa<br />
sono i pazienti sintetici?<br />
I “pazienti sintetici” sono<br />
31
dati generati artificialmente<br />
dall’IA che simulano i<br />
pazienti reali. Lo scopo<br />
è quello di aumentare i<br />
dataset a disposizione per<br />
le analisi predittive e per<br />
l’addestramento e il testing<br />
dei sistemi di intelligenza<br />
artificiale. Questi dati sintetici<br />
possono mimare qualsiasi<br />
tipo di dato medico: possono<br />
essere tabulari (come i valori<br />
numerici delle analisi del<br />
sangue), testuali (descrizioni<br />
di sintomi), visuali (TAC),<br />
alfanumerici (sequenze<br />
DNA) ma devono seguire<br />
le stesse distribuzioni<br />
statistiche e mantenere le<br />
stesse correlazioni dei dati<br />
reali. Se il paziente generato<br />
artificialmente ha un’età<br />
avanzata, non potrà avere i<br />
parametri vitali di un giovane.<br />
Si tratta quindi di pazienti che<br />
non esistono nella pratica<br />
reale ma vengono generati da<br />
un algoritmo sulla base delle<br />
caratteristiche dei dati reali.<br />
Sono quindi statisticamente<br />
identici ai reali, però con<br />
un livello di privacy elevato<br />
perché non esistono nella<br />
realtà. Questo processo<br />
di “data augmentation” è<br />
particolarmente utile nel caso<br />
delle malattie rare, che hanno<br />
un <strong>numero</strong> di pazienti molto<br />
ridotto.<br />
Come vengono generati<br />
questi dati?<br />
Il sistema è piuttosto<br />
complesso da descrivere:<br />
partendo da una tabella in cui<br />
ogni paziente (anonimizzato)<br />
viene descritto da una<br />
sequenza molto ampia di dati<br />
clinici – come abbiamo visto<br />
molto diversi tra loro – si<br />
applica una riduzione statistica<br />
in modo da condensare tutte<br />
le informazioni in due soli<br />
parametri che sintetizzano<br />
tutti gli altri dati. Ogni paziente<br />
è quindi descritto da questi<br />
due dati che possono essere<br />
riportati su un sistema<br />
cartesiano. In questo modo<br />
il paziente è anche descritto<br />
graficamente dalla sua<br />
posizione nello spazio<br />
bidimensionale.<br />
I pazienti simili tendono a<br />
raggrupparsi in nuvole di punti<br />
ma esaminando lo spazio si<br />
troveranno anche aree vuote<br />
ma “plausibili”, corrispondenti<br />
a pazienti potenzialmente<br />
esistenti. Selezionando dei<br />
punti in queste aree vuote<br />
si generano nuovi pazienti<br />
descritti dalla loro posizione<br />
nello spazio. A questo punto è<br />
possibile compiere il processo<br />
inverso e ricavare tutti i<br />
parametri clinici dai due punti<br />
di sintesi, Si ottengono così<br />
dei nuovi pazienti, sintetici ma<br />
verosimili.<br />
Questo, dicevi, si lega anche<br />
al problema della privacy<br />
Sì, nelle attività di ricerca<br />
e sperimentazione clinica<br />
ogni dato sensibile deve<br />
essere trattato in modo da<br />
disassociarlo da identità<br />
reali. Con questi metodi la<br />
privacy viene completamente<br />
rispettata perché fin dall’inizio<br />
ci si separa dal dataset di<br />
pazienti reali per generare<br />
dati sintetici ed è su questi<br />
che vengono svolte le indagini.<br />
I dati sintetici permettono<br />
quindi di condurre le attività di<br />
ricerca mantenendo i vantaggi<br />
di dataset realistici ma senza<br />
alcun legame con identità reali.<br />
I dai sintetici servono anche<br />
per generare i digital twins<br />
Sì, un digital twin è una<br />
simulazione virtuale<br />
dell’andamento di un<br />
paziente nel tempo, che<br />
permette di prevedere come<br />
potrebbe evolversi la sua<br />
condizione clinica e come<br />
potrebbe rispondere alle<br />
terapie in futuro. Anche in<br />
questo caso si parte da dati<br />
clinici reali del paziente e<br />
applicando le tecniche di<br />
riduzione dimensionale è<br />
possibile comprimere queste<br />
informazioni in due parametri.<br />
Analogamente alla creazione<br />
dei pazienti sintetici, si può<br />
prevedere lo spostamento<br />
nel tempo del punto che<br />
rappresenta il paziente<br />
ottenendo una traiettoria che<br />
descrive le possibili evoluzioni<br />
future della malattia.<br />
Cos’è, invece,<br />
l’apprendimento federato?<br />
L’apprendimento federato<br />
permette di addestrare<br />
modelli statistici o algoritmi<br />
su dataset distribuiti fra<br />
diverse organizzazioni (ad<br />
esempio ospedali) senza<br />
che i dati originali vengano<br />
condivisi. Risulta utile per<br />
lavorare sui dati di strutture<br />
diverse, ad esempio differenti<br />
ospedali o centri di ricerca,<br />
come se appartenessero a un<br />
unico dataset. Viene elaborato<br />
un modello comune che sarà<br />
poi addestrato a livello delle<br />
singole strutture. Ogni centro,<br />
quindi, non condivide i dati<br />
originali dei pazienti ma solo<br />
i risultati dell’addestramento.<br />
In questo modo l’algoritmo<br />
centrale potrà unire i risultati<br />
di tutte le analisi senza<br />
accedere ai singoli dati<br />
personali. Anche in questo<br />
caso tutti i problemi di privacy<br />
vengono risolti. È un sistema<br />
usato anche in altri settori<br />
in cui i dati personali devono<br />
essere altamente protetti,<br />
come quello bancario.<br />
Quali sono le criticità nell’uso<br />
dell’IA in campo medico?<br />
La criticità vera a mio parere è<br />
rappresentata dalla selezione<br />
dei dati di addestramento. Il<br />
paradigma finora imponeva di<br />
privilegiare la quantità di dati<br />
senza preoccuparsi troppo<br />
della loro qualità. Sono però<br />
emersi bias molto seri e<br />
ora è necessaria una scelta<br />
più accurata dei dati con cui<br />
vengono alimentati questi<br />
sistemi. I modelli tendono ad<br />
assorbire i pregiudizi presenti<br />
nei dati, quindi una selezione<br />
attenta è cruciale. Questo<br />
apre la strada ad alcune<br />
opportunità come il selfsupervised<br />
learning.<br />
Di cosa si tratta?<br />
Finora, lo sviluppo di modelli<br />
machine learning efficaci ha<br />
richiesto ingenti risorse per<br />
la categorizzazione di enormi<br />
raccolte di dati da parte di<br />
esseri umani. Gli operatori<br />
etichettano ogni esempio per<br />
categorizzarlo e permettere<br />
ai modelli di imparare.<br />
Si tratta di un approccio<br />
costoso, soggetto a errori<br />
e pregiudizi umani e limita<br />
la flessibilità dei modelli.<br />
Il self-supervised learning<br />
sviluppa modelli in grado di<br />
raggruppare i dati in modo<br />
coerente senza che debbano<br />
essere fornite le categorie<br />
corrette da parte di operatori<br />
umani. Successivamente<br />
l’IA utilizzerà questa<br />
categorizzazione per<br />
migliorarsi ulteriormente e<br />
stabilire, ad esempio, una<br />
diagnosi sempre più corretta.<br />
32
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REALTÀ VIRTUALE<br />
RISULTATI REALI<br />
Giulio Divo<br />
Molte ricerche hanno ormai accertato<br />
che le tecnologie RV possono essere<br />
utilizzate con successo, soprattutto<br />
nell’area della salute mentale.<br />
Le lacune normative e una scarsa<br />
conoscenza del soggetto, però, ne<br />
limitano la diffusione<br />
Giuseppe Riva, psicologo e direttore dell’Applied Technology<br />
for Neuro-Psychology Lab dell’Istituto Auxologico Italiano<br />
Il dibattito sulla salute<br />
psicologica è uno dei<br />
più “caldi” del periodo<br />
post pandemico. Nella<br />
discussione abbiamo<br />
avuto, citando alla rinfusa,<br />
l’implementazione del<br />
bonus psicologo, la<br />
creazione di una cultura<br />
aziendale più sensibile alle<br />
manifestazioni del disagio<br />
emotivo, un ripensamento<br />
dei criteri di valutazione<br />
scolastica, la nascita di<br />
piattaforme di psicoterapia<br />
online e quant’altro. È però<br />
mancata, nel dibattito, la<br />
consapevolezza che la<br />
tecnologia potrebbe giocare<br />
un ruolo importante nei<br />
processi terapeutici per<br />
i disturbi d’ansia – e non<br />
solo – attraverso i sistemi di<br />
realtà virtuale.<br />
Forse è un fatto culturale:<br />
l’italianità (in senso<br />
ampio) si contraddistingue<br />
fortemente per un<br />
tradizionale utilizzo della<br />
parola, del sofisma, per<br />
la mediazione che deve<br />
avvenire attraverso il<br />
dialogo o la prosa scritta<br />
e, quindi, si fa fatica ad<br />
accettare che i protocolli di<br />
cura per il miglioramento<br />
del benessere della<br />
psiche possano passare<br />
anche attraverso<br />
metodologie diverse da<br />
quelle farmacologiche e<br />
psicoterapiche. Tuttavia,<br />
scientificamente parlando,<br />
34
makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />
è ormai accertato che le<br />
tecnologie di realtà virtuale<br />
(RV) possono essere<br />
utilizzate con successo,<br />
quantomeno in sinergia con<br />
altre forme terapeutiche più<br />
tradizionali e consolidate.<br />
Storicamente parlando i<br />
primi modelli di RV sono<br />
stati sperimentati nel<br />
campo della psicologia<br />
cognitiva già a partire<br />
dagli anni ’70. E hanno<br />
dimostrato una crescente<br />
efficacia, viaggiando in<br />
parallelo con il progresso<br />
tecnologico che ha via<br />
via contribuito a rendere<br />
la virtualità sempre più<br />
convincente e immersiva.<br />
Sono, quindi, almeno 40<br />
anni di esperienza maturata<br />
sul campo, con tutta la<br />
letteratura internazionale<br />
a supporto. Eppure, non<br />
se ne esce: le prospettive<br />
sono interessanti, gli addetti<br />
ai lavori conoscono bene<br />
la bontà di determinate<br />
soluzioni eppure manca<br />
quello scatto finale che<br />
potrebbe consentire una<br />
diffusione più estesa<br />
di queste metodologie<br />
anche (se non soprattutto)<br />
attraverso una puntuale<br />
autorizzazione e<br />
regolamentazione da<br />
parte degli enti preposti<br />
a certificare efficacia e<br />
sicurezza del trattamento.<br />
Abbiamo parlato di tutto<br />
questo con il professor<br />
Giuseppe Riva, psicologo<br />
e direttore dell’Applied<br />
technology for neuropsychology<br />
lab dell’Istituto<br />
Auxologico Italiano, che ha<br />
sede a Milano.<br />
“<br />
Rivivere le<br />
situazioni di<br />
stress in maniera<br />
controllata è una<br />
strategia utile<br />
per superare il<br />
disturbo<br />
Perché dovremmo usare<br />
la realtà virtuale e, più in<br />
generale, le tecnologie<br />
simulative per accrescere<br />
il nostro “arsenale” di<br />
strumenti adatti a trattare i<br />
problemi della psiche?<br />
Il primo motivo, che per<br />
certi versi è anche il più<br />
importante, riguarda<br />
proprio la teoria della<br />
mente. Per quanto ancora<br />
oggi la vulgata tradizionale<br />
tenda a paragonare il nostro<br />
cervello a un computer e<br />
si insista su una analogia<br />
tra cervello e computer,<br />
negli ultimi dieci anni il<br />
paradigma è cambiato.<br />
E abbiamo capito che la<br />
mente somiglia molto di<br />
più a un sistema simulativo<br />
in cui si comprendono gli<br />
scenari di realtà, si agisce<br />
su di essi anticipando<br />
le conseguenze delle<br />
nostre stesse azioni e si<br />
procede di conseguenza,<br />
richiamando la soglia<br />
dell’attenzione quando il<br />
risultato non coincide con<br />
le aspettative virtualmente<br />
anticipate dalla nostra<br />
capacità previsionale. Che<br />
non è consapevole, data la<br />
rapidità con cui avvengono<br />
questi processi.<br />
Questo significa che il<br />
disturbo della psiche<br />
può essere considerato,<br />
semplificando, come una<br />
alterazione della nostra<br />
capacità previsionale?<br />
La malattia neurologica<br />
si pone come un difetto<br />
o un’alterazione della<br />
capacità previsionale<br />
della mente. Un esempio<br />
può essere quello della<br />
sindrome dell’arto<br />
fantasma, che dimostra<br />
chiaramente la natura<br />
simulativa della mente<br />
“<br />
Dato che il<br />
nostro cervello<br />
lavora come<br />
un sistema<br />
simulativo,<br />
la realtà simulata<br />
può diventare<br />
uno strumento<br />
adatto per<br />
correggere la<br />
distorsione<br />
cognitiva che<br />
genera il disturbo<br />
stessa e l’errore di<br />
processo; il cervello viene<br />
ingannato e si genera un<br />
dolore localizzato, in termini<br />
di percezione, laddove l’arto<br />
in questione non c’è più.<br />
Un altro esempio è quello<br />
del neglect, disturbo per<br />
cui abbiamo una perdita<br />
di consapevolezza di ciò<br />
che accade in metà del<br />
nostro campo visivo. Sono,<br />
questi, esempi di come<br />
effettivamente il nostro<br />
cervello lavori creando, di<br />
fatto, la rappresentazione<br />
dello spazio in cui agisce.<br />
E, di conseguenza, anche<br />
le emozioni che questo<br />
determina quando agiamo<br />
dentro questo spazio. La<br />
conseguenza è facilmente<br />
intuibile: se il nostro<br />
cervello lavora come un<br />
sistema simulativo, ecco<br />
che la realtà simulata può<br />
diventare uno strumento<br />
adatto per correggere la<br />
distorsione cognitiva che<br />
può generare il disturbo.<br />
In che modo le tecnologie<br />
simulative sono in grado<br />
di agire sui nostri vissuti<br />
e operare la loro azione<br />
terapeutica?<br />
Per rispondere a questa<br />
domanda dobbiamo<br />
fare un passo indietro.<br />
All’inizio la realtà virtuale<br />
è stata usata soprattutto<br />
in ambito militare durante<br />
l’addestramento, per<br />
consentire ai soldati di<br />
familiarizzare con le<br />
situazioni che avrebbero<br />
potuto fronteggiare in<br />
battaglia. Con il tempo,<br />
però, si è capito che la<br />
35
stessa cosa, all’interno<br />
di un setting controllato,<br />
poteva diventare una<br />
risorsa utile a superare il<br />
disturbo post traumatico da<br />
stress proprio nei soldati<br />
che tornavano dal fronte<br />
e ne avevano ricevuto<br />
un trauma. Rivivere la<br />
situazione stressante<br />
in maniera controllata,<br />
evocare le emozioni in<br />
maniera controllabile si è<br />
dimostrata una strategia<br />
utile in questo disturbo<br />
specifico. Quindi, per<br />
estensione, il sistema<br />
è stato testato anche<br />
su altri disturbi e in<br />
particolare per ottenere<br />
un maggiore controllo<br />
dei disturbi d’ansia come,<br />
per esempio, il disturbo<br />
d’ansia sociale e le fobie in<br />
generale. Progressivamente<br />
si è iniziato a usare la<br />
realtà virtuale anche su<br />
patologie più complesse,<br />
come i disturbi alimentari<br />
e determinate forme di<br />
psicosi.<br />
Negli ultimi anni<br />
abbiamo avuto un forte<br />
miglioramento tecnologico<br />
per quanto riguarda i<br />
sistemi di realtà virtuale.<br />
Questo ha impattato anche<br />
sul lavoro terapeutico?<br />
Sì. Se confrontiamo le<br />
esperienze di realtà<br />
virtuale degli anni ’90 con<br />
le attuali, la differenza è<br />
abissale. Oggi abbiamo<br />
un miglioramento della<br />
definizione e nella qualità<br />
della visione e questo<br />
progresso tecnico è<br />
molto importante ai<br />
“<br />
Oggi<br />
abbiamo un<br />
miglioramento<br />
della definizione<br />
e nella qualità<br />
della visione e<br />
questo progresso<br />
tecnico è molto<br />
importante ai<br />
fini terapeutici<br />
fini terapeutici perché<br />
diminuisce gli effetti<br />
collaterali della terapia<br />
stessa cioè il cosiddetto<br />
simulation sickness, ovvero<br />
un senso di nausea che<br />
si presentava quando si<br />
rimaneva per più di 20<br />
minuti circa all’interno di<br />
ambienti virtuali. Oggi i<br />
computer sono in grado di<br />
rendere l’immagine molto<br />
più fluida perché possono<br />
elaborare molti più frame al<br />
secondo e, quando portiamo<br />
davanti agli occhi immagini<br />
emesse a una frequenza di<br />
90Hz (come sono in grado<br />
di fare gli strumenti in<br />
commercio), i fenomeni di<br />
simulation sickness hanno<br />
un minore impatto e in<br />
una percentuale inferiore<br />
di persone. Persiste solo<br />
in soggetti che soffrono di<br />
forme abbastanza severe di<br />
chinetosi.<br />
I vantaggi assicurati dai<br />
sistemi di realtà virtuale si<br />
estendono anche al lavoro<br />
del medico?<br />
Abbiamo una doppia utilità:<br />
da un lato consentono di<br />
andare a intervenire sui<br />
meccanismi simulativi del<br />
cervello e, quindi, con la<br />
realtà virtuale o aumentata<br />
possiamo correggere<br />
o almeno ridurre un<br />
disturbo che affligge il<br />
sistema simulativo del<br />
nostro cervello. Allo stesso<br />
tempo queste tecnologie ci<br />
consentono di migliorare<br />
le conoscenze su come<br />
funziona il nostro cervello.<br />
Permettono di realizzare<br />
sistemi di valutazione delle<br />
performance cognitive<br />
che sono sicuramente<br />
più affidabili di quanto<br />
non siano oggi i test<br />
somministrati con carta<br />
e penna. Dunque sono<br />
preziose anche nell’attività<br />
di ricerca.<br />
La realtà virtuale può<br />
essere considerata<br />
uno strumento efficace<br />
e sicuro, inoltre i<br />
suoi prezzi si stanno<br />
progressivamente<br />
“<br />
Non ci<br />
sono device<br />
specificamente<br />
pensati per il<br />
mercato medico<br />
riducendo. Perché allora<br />
continuiamo a considerare<br />
queste applicazioni un<br />
terreno di frontiera?<br />
Ci sono diversi problemi<br />
che impediscono, almeno<br />
allo stato attuale, un<br />
decollo massiccio<br />
di questa tecnologia<br />
applicata, pur avendo<br />
una vasta letteratura<br />
che da almeno 30 anni<br />
ne certifica l’efficacia.<br />
Il primo problema è<br />
che non ci sono device<br />
specificamente pensati<br />
per il mercato medico.<br />
Gli strumenti nascono<br />
per un mondo consumer,<br />
pensato soprattutto per<br />
i videogiochi. Questo<br />
significa che l’hardware è<br />
stato concepito per utilizzi<br />
differenti, soprattutto il<br />
gaming, e questo comporta<br />
una serie di problemi, di cui<br />
il principale è quello per<br />
cui le tecnologie utilizzate<br />
all’intero di un ambiente<br />
ospedaliero devono<br />
avere un CE medicale,<br />
una certificazione che<br />
garantisca la mancanza di<br />
effetti collaterali. È il motivo<br />
per cui, all’interno del<br />
nostro ospedale, abbiamo<br />
dovuto creare il CAVE, uno<br />
spazio virtuale all’interno<br />
del quale il paziente si<br />
muove e interagisce con<br />
la realtà simulata, che<br />
abbiamo poi certificato<br />
per far sì che sia adeguato<br />
alle esigenze della clinica.<br />
Possiamo usare i device<br />
presenti sul mercato per<br />
fare attività di ricerca ma<br />
non ci è possibile di fatto<br />
assumere questi singoli<br />
strumenti per elaborare<br />
36
makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />
protocolli terapeutici<br />
destinati al paziente<br />
come se si trattasse di<br />
una prestazione medica<br />
rimborsabile dal SSN. La<br />
regolamentazione è molto<br />
precisa e la certificazione<br />
che la tecnologia consumer<br />
sia adeguata a scopi<br />
terapeutici non c’è.<br />
Quindi, non possiamo<br />
nemmeno standardizzare i<br />
protocolli per ottenerne la<br />
rimborsabilità.<br />
È un problema che,<br />
allo stato attuale, è di<br />
difficile soluzione anche<br />
perché le stesse aziende<br />
farmaceutiche, che pure<br />
si stanno muovendo con<br />
decisione sulle digital<br />
therapeutics, non stanno<br />
investendo sulla realtà<br />
virtuale. Quindi i device non<br />
possono essere certificati<br />
perché non si tratta di una<br />
tecnologia costruita ad hoc,<br />
benché funzionino a tutti<br />
gli effetti. Quindi possiamo<br />
utilizzarli per le attività<br />
di ricerca, possiamo dire<br />
che funzionano, possiamo<br />
produrre la letteratura<br />
che serve ma non<br />
possiamo usarli in maniera<br />
sistematica. Ciò, nonostante<br />
vi siano vantaggi dimostrati.<br />
Quali sono questi<br />
vantaggi?<br />
Il primo è quello relativo<br />
alla gamification. Possiamo<br />
costruire un’esperienza<br />
virtuale che sia<br />
coinvolgente, divertente e,<br />
quindi, più motivante per<br />
“<br />
Le terapie<br />
virtuali non sono<br />
ancora oggetto<br />
di una specifica<br />
normativa da<br />
parte del Ssn<br />
e, quindi, sono<br />
considerate alla<br />
stregua della<br />
psicoterapia<br />
tradizionale<br />
ciò che riguarda il problema<br />
della compliance. Non<br />
sempre le motivazioni del<br />
paziente sono costanti nel<br />
tempo ed esiste il rischio di<br />
una dispersione terapeutica.<br />
La realtà virtuale riesce<br />
invece a motivare il<br />
soggetto nel processo di<br />
cura per il semplice motivo<br />
che è divertente e, dunque,<br />
gratificante. Il secondo<br />
vantaggio è che la realtà<br />
virtuale è un’esperienza.<br />
Mentre la psicoterapia è<br />
mediata dal sistema di<br />
relazione e dal linguaggio,<br />
la realtà virtuale elimina<br />
questa mediazione e<br />
quindi consente non solo di<br />
parlare delle esperienze ma<br />
di rifarle. E il terapeuta, al<br />
di là di ciò che il soggetto<br />
dice, può monitorare<br />
una serie di reazioni<br />
che il paziente potrebbe<br />
ignorare, più o meno<br />
deliberatamente. Dalle<br />
ricerche e dalle metanalisi<br />
condotte in tutti questi anni<br />
sappiamo che, a parità di<br />
efficacia, ci vuole meno<br />
tempo per raggiungere gli<br />
stessi risultati.<br />
Come mai non si è ancora<br />
riusciti a far entrare<br />
questo modello terapeutico<br />
nei centri di cura?<br />
Al di là della questione<br />
legata alle certificazioni dei<br />
device, dobbiamo pensare<br />
che un sistema del genere<br />
va organizzato partendo<br />
dall’alto. Per prima cosa le<br />
terapie virtuali non sono<br />
ancora oggetto di una<br />
specifica regolamentazione<br />
da parte del SSN e, quindi,<br />
sono considerate sia da un<br />
punto di vista economico<br />
sia pratico come la<br />
“<br />
Grazie alla<br />
realtà virtuale,<br />
il terapeuta<br />
può monitorare<br />
una serie di<br />
reazioni che<br />
il paziente<br />
potrebbe anche<br />
ignorare,<br />
più o meno<br />
deliberatamente<br />
psicoterapia tradizionale.<br />
Dunque non rientrano<br />
nel mondo della sanità<br />
pubblica. Dopodiché se<br />
si volesse implementare<br />
questo tipo di servizio è<br />
necessario agire anche a<br />
livello gestionale: i device<br />
di tipo stand-alone nella<br />
categoria consumer, oggi,<br />
costano attorno ai 500<br />
euro. Si tratta di una cifra<br />
bassa a cui però dobbiamo<br />
aggiungere i costi di<br />
gestione e manutenzione.<br />
Infine c’è una questione<br />
puramente formativa: il<br />
mondo della psicologia<br />
e della psicoterapia non<br />
prevede corsi specifici<br />
che spieghino come usare<br />
queste tecnologie in ambito<br />
clinico. Noi all’Università<br />
Cattolica abbiamo una<br />
cattedra di Tecnologia<br />
Positiva nell’ambito della<br />
psicologia del benessere<br />
proprio per formare gli<br />
studenti a questo genere<br />
di strumenti ma questa<br />
competenza non viene<br />
insegnata ovunque.<br />
Quindi, se non so come<br />
usarla, difficilmente poi<br />
mi andrò ad avvalere di<br />
questa nella pratica clinica.<br />
All’estero la situazione è<br />
un po’ differente perché<br />
da diversi anni nei corsi<br />
di psicologia ci sono corsi<br />
specifici. A Oxford, tanto per<br />
parlare di un’eccellenza,<br />
è stato creato addirittura<br />
uno spinoff universitario<br />
dedicato. Il sistema<br />
universitario italiano è più<br />
ingessato e risulta difficile<br />
inserire dei nuovi corsi<br />
all’interno delle cartelle del<br />
ministero.<br />
37
SmSocial network<br />
la comunità<br />
digitale di<br />
persone con<br />
sclerosi multipla<br />
Una piattaforma social interamente<br />
dedicata a persone affette da SM dimostra<br />
il potenziale dei canali digitali per<br />
comunicare efficacemente con i pazienti<br />
diffondendo sapere scientifico<br />
Alberto Bobadilla<br />
38<br />
Luigi Lavorgna, neurologo al Policlinico<br />
di Napoli e Chair Digitale della SIN<br />
Si chiama SMSocial<br />
network, l’ha creato nel<br />
2012 Luigi Lavorgna,<br />
neurologo al Policlinico<br />
di Napoli e Chair Digitale<br />
della SIN (Società italiana<br />
di neurologia) ed è stata<br />
la prima piattaforma<br />
interamente dedicata alle<br />
persone affette da sclerosi<br />
multipla. La passione di<br />
Lavorgna per le nuove<br />
tecnologie è testimoniata<br />
anche dal fatto che per la<br />
SIN coordina il gruppo di<br />
studio “Digital technologies,<br />
web e social media”. Gli<br />
abbiamo chiesto di parlare<br />
della sua, ormai decennale,<br />
iniziativa e abbiamo presto<br />
finito per toccare temi che<br />
oggi appaiono sempre più<br />
cruciali e ineludibili:<br />
il rapporto dei pazienti con<br />
i medici e con la propria<br />
malattia, le modalità e i<br />
rischi della comunicazione<br />
della scienza e le possibilità<br />
offerte dal Web per<br />
affrontare in modo più<br />
corretto e consapevole i<br />
temi della salute.
makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />
Cos’è e com’è nato SMSocial<br />
network?<br />
L’idea ha preso il via in<br />
considerazione di un dato<br />
epidemiologico: c’erano, già<br />
nel 2012, molti giovani che<br />
avevano una diagnosi di<br />
sclerosi multipla ed erano<br />
nativi digitali, quindi del tutto<br />
abituati e a proprio agio<br />
nell’utilizzare il cellulare e<br />
il Web, integrandoli nella<br />
propria vita quotidiana.<br />
All’inizio, SMSocial<br />
network era soltanto una<br />
piattaforma pensata per<br />
una comunicazione veloce<br />
tra medico e paziente: un<br />
po’ come un WhatsApp<br />
monotematico. A rispondere<br />
ero soltanto io e questo<br />
strumento mi permetteva di<br />
interagire molto velocemente<br />
con i miei pazienti. Si trattava<br />
in sostanza di una forma<br />
primordiale di telemedicina<br />
e fu un’idea molto innovativa,<br />
perché è stata la prima<br />
piattaforma interamente<br />
dedicata alle persone con<br />
sclerosi multipla; nel Web<br />
non c’era nulla di simile. Per<br />
questa ragione, sebbene il<br />
sito fosse solo in italiano, è<br />
stato ben presto utilizzata<br />
da persone straniere<br />
che lo consideravano un<br />
punto di riferimento. Tutti<br />
i contenuti che venivano<br />
veicolati dalla piattaforma<br />
erano supervisionati da noi<br />
neurologi e non potevano<br />
essere condivise notizie<br />
false o non scientificamente<br />
provate. In realtà non<br />
abbiamo censurato nessun<br />
messaggio, ma quando<br />
qualcuno condivideva<br />
affermazioni false,<br />
intervenivamo e spiegavamo<br />
“<br />
Ritengo che<br />
le fake news in<br />
medicina siano<br />
determinate<br />
in gran parte<br />
dalla partecipazione<br />
ancora insufficiente<br />
dei medici<br />
sui social e<br />
sui canali Web<br />
perché si trattava di fake<br />
news.<br />
Se, per esempio, un paziente<br />
diceva di trovarsi bene<br />
curandosi con l’aloe vera,<br />
non cancellavamo la notizia,<br />
ma spiegavamo che non<br />
c’erano basi scientifiche ad<br />
avvalorare l’efficacia di quella<br />
terapia, senza mai alzare i<br />
toni e ripetendo all’infinito<br />
che i dati scientifici vengono<br />
prima di tutto. Ci siamo<br />
naturalmente presi degli<br />
improperi, delle offese, ma<br />
questo approccio ha pagato.<br />
Abbiamo ricevuto molta<br />
attenzione da parte della<br />
stampa generalista,<br />
<strong>numero</strong>si giornali parlarono<br />
dell’iniziativa e le iscrizioni<br />
a SMSocial network<br />
aumentarono rapidamente,<br />
conferendogli fin dall’inizio<br />
un respiro nazionale, tanto<br />
che i miei pazienti sono<br />
diventati ben presto una<br />
piccola minoranza degli<br />
iscritti.<br />
Che mole di lavoro<br />
comportava questa<br />
iniziativa?<br />
Nel 2012 il nostro<br />
impegno era comunque<br />
ancora piuttosto ridotto.<br />
La piattaforma era<br />
principalmente uno<br />
strumento di condivisione.<br />
I pazienti raccontavano<br />
le proprie esperienze e,<br />
occasionalmente, chiedevano<br />
consigli, a cui rispondevamo<br />
in privato o in pubblico a<br />
seconda della natura della<br />
richiesta e della volontà dei<br />
pazienti stessi. In privato<br />
c’era anche la possibilità di<br />
conversare attraverso una<br />
chat uno a uno.<br />
Oggi SMSocial network è<br />
una piattaforma Web più una<br />
app (SMSN) che viaggiano<br />
sostanzialmente da sole:<br />
la maggior parte di ciò<br />
che accade nel network si<br />
autoalimenta. I partecipanti si<br />
sono evoluti, ci sono pazienti<br />
esperti che hanno acquisito<br />
autorevolezza e nessuno<br />
scrive più fake news. Sono<br />
passati dieci anni ma sembra<br />
un’era geologica.<br />
Negli ultimi tempi le fake<br />
news hanno però invaso il<br />
Web. In questa comunità di<br />
persone, c’è stata invece una<br />
forma di autoeducazione?<br />
Abbiamo pubblicato uno<br />
studio scientifico che si<br />
è focalizzato proprio su<br />
questo aspetto. Anche<br />
nelle comunità scientifiche<br />
esistono degli influencer,<br />
o comunque persone che<br />
vengono considerate dei<br />
punti di riferimento. Questo<br />
particolare social network,<br />
aperto a pazienti e caregiver<br />
ma con supervisione medica,<br />
ha portato a riconoscere come<br />
influencer non solo i medici<br />
ma anche alcuni pazienti, che<br />
però scrivevano sempre cose<br />
scientificamente corrette.<br />
Coloro che proponevano fake<br />
news erano letti, talvolta<br />
innescavano dibattiti, ma non<br />
venivano sostanzialmente<br />
ascoltati e non sono stati<br />
considerati come influencer<br />
dagli altri partecipanti alla<br />
comunità.<br />
Ritiene che la correttezza<br />
scientifica abbia determinato<br />
la loro popolarità e<br />
autorevolezza?<br />
Forse in parte, certamente<br />
l’intervento medico di<br />
supervisione ha aiutato<br />
molto, ma probabilmente<br />
siamo stati anche fortunati.<br />
Nella nostra piattaforma<br />
non si parla solo di sclerosi<br />
multipla, i partecipanti<br />
scambiano opinioni anche<br />
su altri argomenti, come<br />
sport, viaggi e tempo libero;<br />
ebbene, tre di quelli che sono<br />
stati considerati influencer<br />
non avevano mai scritto di<br />
temi medici. In questi casi, è<br />
risultato che la loro posizione<br />
di rilievo era dovuta al fatto<br />
di aver scritto mediamente<br />
quattro volte più post rispetto<br />
agli altri partecipanti. È<br />
la dimostrazione che un<br />
ruolo attivo in una comunità<br />
paga. Questo ruolo attivo<br />
è enfatizzato da SMSocial<br />
network anche rispetto<br />
alla propria malattia. I<br />
partecipanti non amano<br />
essere chiamati “pazienti”<br />
39
ma “persone con sclerosi<br />
multipla”, sottolineando di<br />
essere partner del medico<br />
nella scelta terapeutica e<br />
non soggetti passivi che si<br />
limitano a rispettarne le<br />
decisioni. Ormai, le terapie per<br />
la sclerosi multipla vengono<br />
condivise con i pazienti.<br />
Con l’aumento del grado<br />
di conoscenza medicoscientifica<br />
che si è avuto<br />
nell’era digitale, ritengo che<br />
questo sia un fenomeno<br />
generale, che riguarda anche<br />
altre patologie. Quando il<br />
medico prescrive un farmaco,<br />
sa bene che spesso, appena<br />
uscito dallo studio, il paziente<br />
raccoglie informazioni sul<br />
Web, quindi una maggiore<br />
condivisione risulta<br />
necessaria.<br />
Eppure il Web veicola anche<br />
fake news, che talvolta<br />
diventano molto popolari…<br />
Ritengo che le fake<br />
news in medicina siano<br />
determinate in gran parte<br />
dalla partecipazione ancora<br />
insufficiente dei medici sui<br />
canali Web. Se tutti i medici<br />
utilizzassero il mezzo digitale<br />
a completamento e supporto<br />
della propria attività clinica<br />
invadendo la rete con notizie<br />
scientifiche, la diffusione delle<br />
fake si ridurrebbe tantissimo.<br />
Ma c’è una ancora una<br />
generazione di medici di una<br />
certa età, che hanno ancora<br />
un po’ di perplessità riguardo<br />
alle potenzialità di formazione<br />
e informazione del Web.<br />
Naturalmente serve uno<br />
sforzo per semplificare i<br />
concetti senza snaturarne<br />
la correttezza scientifica. Se<br />
“<br />
I partecipanti<br />
non amano essere<br />
chiamati “pazienti”<br />
ma “persone con<br />
sclerosi multipla”,<br />
sottolineando di<br />
essere partner del<br />
medico nella scelta<br />
terapeutica e non<br />
soggetti passivi che si<br />
limitano a rispettarne<br />
le decisioni<br />
devo spiegare il meccanismo<br />
degli anticorpi monoclonali<br />
non è necessario che ne<br />
dettagli i meccanismi biologici,<br />
basta dire che sono farmaci in<br />
grado di bloccare certe cellule<br />
che danneggiano il sistema<br />
nervoso delle persone con<br />
sclerosi multipla.<br />
Credo che l’integrazione<br />
dei canali web sia la vera<br />
frontiera. Nel nostro caso<br />
si tratta di un’integrazione<br />
parziale, perché siamo<br />
presenti solo con un sito Web,<br />
con una app e con un profilo<br />
su Instagram: (neurluilav,<br />
dove faccio divulgazione<br />
scientifica non limitata alla<br />
sclerosi multipla ma estesa<br />
a tutta la neurologia). Eppure<br />
vediamo che le persone<br />
prendono interesse per ciò<br />
che leggono in un canale e<br />
vanno a raccogliere ulteriori<br />
informazioni in altri canali.<br />
L’atteggiamento dei pazienti<br />
è cambiato con la pandemia<br />
di Covid-19?<br />
Certi atteggiamenti si sono<br />
esasperati e c’è stato un<br />
periodo in cui l’affidabilità<br />
della scienza è stata messa<br />
in dubbio, ma adesso mi<br />
pare che questo pericolo stia<br />
rientrando.<br />
Le persone sono state molto<br />
disorientate dalla pandemia,<br />
nessuno di noi era preparato,<br />
persino la scienza non lo era<br />
e certamente non la politica.<br />
Ma questo non ha scoraggiato<br />
coloro che, con grande<br />
caparbietà, hanno lavorato per<br />
far riacquistare alla scienza<br />
lo spazio che le è dovuto,<br />
come unico riferimento valido<br />
nella difesa della salute.<br />
Dietro al più piccolo risultato<br />
scientifico ci sono decine di<br />
persone che hanno lavorato<br />
per dimostrarne la validità<br />
ed è evidentemente assurdo<br />
pensare che queste decine<br />
di ricercatori e medici si<br />
siano messi d’accordo per<br />
organizzare un complotto per<br />
ragioni di interesse. Tutti noi<br />
che ci occupiamo di scienza<br />
dobbiamo impegnarci affinché<br />
le persone ne abbiano fiducia.<br />
Avete avuto supporti per<br />
la realizzazione della<br />
piattaforma?<br />
Non ho mai avuto un soldo<br />
da università, Asl, ministero,<br />
Unione europea… Sebbene<br />
qualche volta ci abbia provato,<br />
le mie istanze venivano<br />
sempre bocciate. Ad aiutarmi<br />
è stata invece qualche azienda<br />
farmaceutica che, nonostante<br />
io non consigliassi farmaci<br />
o altro che potesse avere<br />
finalità commerciali, hanno<br />
creduto nel digitale e nella<br />
mia piattaforma. Mi hanno<br />
aiutato con poche migliaia di<br />
euro ma sono andato avanti<br />
anche grazie a loro, che non<br />
hanno mai avuto nessun<br />
ritorno economico.<br />
Riferimenti<br />
• Lavorgna L, De Stefano M, Sparaco<br />
M, Moccia M, Abbadessa G, Montella<br />
P, Buonanno D, Esposito S, Clerico M,<br />
Cenci C, Trojsi F, Lanzillo R, Rosa L,<br />
Morra VB, Ippolito D, Maniscalco G,<br />
Bisecco A, Tedeschi G, Bonavita S. Fake<br />
news, influencers and health-related<br />
professional participation on the Web:<br />
A pilot study on a social-network of<br />
people with Multiple Sclerosis. Mult<br />
Scler Relat Disord. 2018 Oct;25:175-<br />
178. doi: 10.1016/j.msard.2018.07.046.<br />
Epub 2018 Jul 31. PMID: 30096683.<br />
• Lavorgna L, Brigo F, Moccia M,<br />
Leocani L, Lanzillo R, Clerico M,<br />
Abbadessa G, Schmierer K, Solaro C,<br />
Prosperini L, Tedeschi G, Giovannoni<br />
G, Bonavita S. e-Health and multiple<br />
sclerosis: An update. Mult Scler.<br />
2018 Nov;24(13):1657-1664. doi:<br />
10.1177/1352458518799629. Epub<br />
2018 Sep 19. PMID: 30231004.<br />
• Moccia M, Brigo F, Tedeschi G,<br />
Bonavita S, Lavorgna L. Neurology<br />
and the Internet: a review. Neurol Sci.<br />
2018 Jun;39(6):981-987. doi: 10.1007/<br />
s10072-018-3339-9. Epub 2018 Mar<br />
28. PMID: 29594831.<br />
• Lavorgna L, Russo A, De Stefano<br />
M, Lanzillo R, Esposito S, Moshtari<br />
F, Rullani F, Piscopo K, Buonanno D,<br />
Brescia Morra V, Gallo A, Tedeschi G,<br />
Bonavita S. Health-Related Coping<br />
and Social Interaction in People with<br />
Multiple Sclerosis Supported by a<br />
Social Network: Pilot Study With a New<br />
Methodological Approach. Interact J<br />
Med Res. 2017 Jul 14;6(2):e10. doi:<br />
10.2196/ijmr.7402. PMID: 28710056;<br />
PMCID: PMC5533941.<br />
40
Skin-friendly textures<br />
Considering patient preferences and needs as well as therapeutic indication<br />
at early stage of development of topical or transdermal formulations is key to<br />
develop patient-friendly textures aiming at increasing adherence to the treatment.<br />
Patient-centered mapping of topical dosage forms<br />
Water quantity in the formulation<br />
Low Medium High<br />
Solution<br />
Suspension<br />
Hydrogel<br />
Micro-emulsion<br />
Bi-gel<br />
Long lasting effect<br />
On-the-go use<br />
Lotion<br />
Foam<br />
Emugel<br />
Large area<br />
Hair-bearing area<br />
Cream<br />
Versatile uses<br />
Very dry, sensitive,<br />
damaged skin<br />
Stick<br />
Ointment<br />
Localized area<br />
On-the-go use<br />
Powder<br />
Patch<br />
Oleogel<br />
Occlusive<br />
properties<br />
Low Medium High<br />
Oil quantity in the formulation<br />
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• Labrasol®<br />
• Lauroglycol 90 *<br />
• Lauroglycol FCC *<br />
• Maisine® CC *<br />
• Peceol *<br />
• Plurol® Oleique CC 497 *<br />
• Transcutol® P *<br />
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• Apifil®<br />
• Gelot 64<br />
• Plurol® Diisostearique *<br />
• Sedefos 75<br />
• Tefose® 1500<br />
• Tefose® 63<br />
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• Labrafil® M 1944 CS<br />
• Labrafil® M 2125 CS<br />
• Labrafil® M 2130 CS<br />
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42<br />
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La stessa pompa può trattare<br />
prodotti liquidi e anche molto densi,<br />
dall’acqua alle creme e gel.
4<br />
Qualità<br />
S S<br />
makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />
Difficile descriverla in modo oggettivo<br />
facile rilevarne la mancanza<br />
Dalla fase progettuale a quella<br />
produttiva, dall’installazione<br />
alla convalida: il controllo della<br />
contaminazione dell’aria nella sua<br />
interezza.<br />
• Progettazione<br />
• Pianificazione<br />
• Ingegneria di base<br />
• Ingegneria di dettaglio<br />
• Construction & Commissioning<br />
• Equipment & Validation<br />
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43
UNA<br />
LAMA<br />
A DOPPIO<br />
TAGLIO<br />
Simone Montonati<br />
Il potenziale<br />
dirompente<br />
dell’intelligenza<br />
artificiale offre<br />
possibilità<br />
senza<br />
precedenti ma<br />
proprio per<br />
questo porta<br />
con sé anche<br />
molti rischi,<br />
in gran parte<br />
sottovalutati<br />
44<br />
Il 31 marzo di quest’anno, con una<br />
decisione che ha stupito molti –<br />
sicuramente chi scrive – il Garante<br />
italiano della privacy ha bloccato<br />
l’accesso al sito di Chat GPT, il<br />
sistema di intelligenza artificiale in<br />
grado di simulare le conversazioni<br />
umane in modo praticamente<br />
indistinguibile da quelle reali. Alla<br />
base del provvedimento ci sarebbero<br />
le preoccupazioni riguardanti il<br />
trattamento dei dati personali,<br />
l’assenza di filtro per l’accesso ai<br />
minori di 13 anni e diverse violazioni<br />
del Gdpr (il regolamento europeo sul<br />
trattamento dei dati personali). Al di là<br />
del merito delle decisione, sul quale<br />
non entriamo, il Garante ha avuto<br />
il merito di imporre una riflessione<br />
sulle modalità di gestione dei dati<br />
personali e – più in generale – sui<br />
rischi generati dall’utilizzo pressoché<br />
universale (pandemico potremmo<br />
dire) dell’intelligenza artificiale (IA).<br />
La violazione della privacy, infatti, è<br />
solo uno degli aspetti critici di questa<br />
tecnologia e probabilmente non il più<br />
pericoloso.<br />
NON SOLO PRIVACY<br />
Secondo un’analisi pubblicata su “Applied<br />
science” a opera di un team di ricercatori<br />
di diversi enti di ricerca (tra cui il nostro<br />
Cnr) vi sono almeno una decina di sfide<br />
che lo sviluppo e l’implementazione dei<br />
sistemi di IA portano con sé. Una riguarda<br />
sicuramente la riservatezza dei dati<br />
personali. I sistemi di machine learning<br />
necessitano di una enorme mole di dati<br />
per essere addestrati. Per il training di<br />
GPT-3, ad esempio, è stata utilizzata una<br />
versione filtrata dell’intero web dal 2011
makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />
al 2021. Tuttavia non è stato sufficiente:<br />
questa parte rappresenta solo il 60%<br />
dell’intero set che si è reso necessario<br />
per il suo addestramento. Inoltre, quando<br />
l’IA dialoga con gli utenti registra le<br />
loro domande e i loro commenti per<br />
continuare l’addestramento e raffinare<br />
le successive risposte. I sistemi che<br />
prevedono un comando vocale, come<br />
Alexa e Siri, restano costantemente in<br />
ascolto per poter individuare il momento<br />
in cui l’utente avvia la conversazione<br />
tramite l’apposito ordine. Inoltre, non va<br />
dimenticato che i dati raccolti da tutte<br />
queste interazioni venivano in passato<br />
sottoposti al vaglio di operatori umani per<br />
migliorare l’accuratezza delle risposte<br />
automatiche. Apple ha interrotto questa<br />
pratica nel 2019 ma è chiaro che altre<br />
società potrebbero continuare (più o<br />
meno apertamente) a fare altrettanto.<br />
Peraltro non è chiaro come questi dati<br />
vengano utilizzati. Non si tratta solo di un<br />
problema di trasparenza, già di per sé<br />
delicato. Molti metodi di apprendimento,<br />
come le reti neurali e il deep learning,<br />
hanno capacità straordinarie ma si<br />
affidano a simboli complessi per<br />
svolgere i loro compiti. La versione<br />
completa di GPT-3 ha una capacità di 175<br />
miliardi di parametri di apprendimento<br />
automatico, difficile dare un’idea reale<br />
del funzionamento dell’algoritmo. Ma per<br />
potersi fidare – e affidare – a tecnologie di<br />
IA è cruciale conoscere la logica alla base<br />
del loro processo decisionale. Questo è<br />
imprescindibile in alcuni settori strategici<br />
come quello militare, energetico, dei<br />
trasporti e dell’assistenza sanitaria.<br />
Come spiega un editoriale pubblicato su<br />
Nature, “i modelli addestrati su Internet<br />
riflettono la portata dei pregiudizi che si<br />
trovano al suo interno”. Questo è stato<br />
confermato applicando a un modello di<br />
machine learning addestrato sul web,<br />
il test denominato Implicit association<br />
test elaborato dall’Università di Harvard<br />
per rilevare l’esistenza di associazioni<br />
subconsce. Non stupisce, dunque, che<br />
anche GPT-3 abbia mostrato associazioni<br />
inappropriate tra genere sessuale e alcuni<br />
lavori, abbia abbinato sentimenti negativi<br />
alla popolazione nera e collegato l’Islam<br />
a termini richiamanti il terrorismo. Tutto<br />
questo potrebbe anche essere generato<br />
in assoluta buona fede da parte dei<br />
programmatori. Ma naturalmente non<br />
sempre è così.<br />
AI HACKING<br />
La capacità dell’IA di simulare elaborati<br />
umani, siano essi testi, immagini, voci o<br />
video è talmente sofisticata che spesso<br />
diventa impossibile per un utente<br />
riconoscere l’algoritmo dall’uomo. Uno<br />
dei rischi in questo senso è la creazione<br />
di deepfake, video o immagini manipolati<br />
per creare contenuti falsi ma convincenti.<br />
Lo scopo non è sempre il divertimento del<br />
pubblico: questi prodotti possono essere<br />
utilizzati per diffondere false informazioni<br />
e influenzare l’opinione pubblica.<br />
Il (geniale) video fake di Barack Obama<br />
che pubblicizza il corso sul deep learning<br />
del MIT e le false immagini dell’arresto<br />
di Donald Trump o quelle di Papa<br />
Bergoglio che indossa il piumino danno<br />
l’idea del potenziale rischio di queste<br />
tecnologie. Del resto l’IA può naturalmente<br />
agevolare anche l’attività degli hacker.<br />
Gli algoritmi di intelligenza artificiale<br />
possono eseguire autonomamente la<br />
scansione di reti e sistemi aziendali alla<br />
ricerca di vulnerabilità e lanciare attacchi<br />
mirati con precisione elevatissima senza<br />
intervento umano. Questa possibilità<br />
è particolarmente pericolosa perché<br />
l’aggressione può avvenire ai danni delle<br />
linee di produzione generando danni<br />
irreversibili e blocchi degli impianti.<br />
Un aspetto ancor più inquietante è che<br />
questi sistemi potrebbero sfuggire al<br />
controllo umano. Secondo l’articolo<br />
scientifico “A Survey of artificial<br />
intelligence challenges: analyzing the<br />
definitions, relationships, and evolutions”,<br />
alcune delle abilità cognitive dei sistemi di<br />
HLI (Human level intelligence) “potrebbero<br />
non essere controllate dagli esseri<br />
umani quando l’HLI viene utilizzato per<br />
costruire un agente auto-organizzato”.<br />
L’abbinamento di questa possibilità con<br />
la capacità di produrre deepfake genera<br />
scenari catastrofisti. “Ad esempio, un<br />
agente basato su HLI potrebbe essere<br />
in grado di mentire e generare prove<br />
reali per le sue affermazioni. Potrebbe<br />
essere in grado di generare qualsiasi<br />
tipo di fatti su dati reali (o sintetici) che<br />
gli esseri umani non sarebbero in grado<br />
di distinguere da quelli reali”. Secondo<br />
gli autori non si tratta di una possibilità<br />
remota, per due motivi. Il primo è che l’IA<br />
è progettata per imitare il comportamento<br />
umano, quindi potrebbe accidentalmente<br />
apprendere anche queste condotte<br />
dai dati forniti dall’uomo. Inoltre,<br />
“l’inganno e l’imbroglio possono far<br />
parte del comportamento di ogni agente<br />
informatico perché esso si concentra<br />
solo sull’ottimizzazione di alcune funzioni<br />
target predefinite” e i comportamenti<br />
ingannevoli possono essere funzionali al<br />
raggiungimento di questi obiettivi.<br />
I COSTI DELLO STUDIO<br />
Il processo di digitalizzazione viene<br />
spesso associato al concetto di<br />
sostenibilità dato che una gestione<br />
più efficiente dei sistemi riduce gli<br />
sprechi e l’uso di risorse. Tuttavia,<br />
una delle criticità più sottovalutate<br />
dell’intelligenza artificiale è proprio<br />
il suo consumo energetico. L’uso di<br />
algoritmi di apprendimento automatico<br />
richiede una enorme quantità di energia,<br />
specialmente quando si utilizzano modelli<br />
di deep learning. Secondo uno studio<br />
dell’Università del Massachusetts, gli<br />
eccezionali risultati raggiunti in questi<br />
anni dall’IA dipendono in gran parte<br />
dall’impiego di risorse computazionali<br />
straordinarie che, però, hanno un costo<br />
significativo sia in termini finanziari (per<br />
l’acquisto dell’hardware, dell’elettricità<br />
e del tempo di cloud computing),<br />
sia dal punto di vista ambientale.<br />
L’addestramento di Bert, un modello<br />
di deep learning sviluppato da Google<br />
su 3.300 miliardi di dati, “ è più o meno<br />
equivalente a un volo transamericano”<br />
ma il modello NAS per automatizzare<br />
la progettazione delle reti neurali ha<br />
richiesto 979 milioni di passaggi di<br />
addestramento per un totale di oltre 270<br />
tonnellate equivalenti di CO 2<br />
(e costi di<br />
cloud computing fino 3 milioni di dollari).<br />
Per confronto, mediamente un italiano<br />
emette ogni anno 5,4 tonnellate di CO 2<br />
.<br />
45
DIRETTIVA NIS 2,<br />
ALZARE L’ASTICELLA<br />
DELLA SICUREZZA<br />
INFORMATICA<br />
La nuova normativa europea<br />
sulla cybersecurity amplia in<br />
modo significativo il perimetro<br />
di applicazione includendo<br />
nuovi settori strategici e<br />
definendo criteri più oggettivi<br />
per l’identificazione delle aziende<br />
interessate<br />
Valentina Guidi<br />
46<br />
Ventuno mesi a partire dal 17 gennaio <strong>2023</strong>. È questa la<br />
tempistica prevista per il recepimento da parte degli Stati<br />
membri dell’Unione europea della Direttiva UE 2022/2555 in<br />
materia di cybersecurity, meglio nota come Direttiva NIS 2. La<br />
normativa è il proseguimento della strategia europea per la<br />
sicurezza informatica, che ha cominciato a prendere forma<br />
nel 2016 con la prima Direttiva NIS (Direttiva UE 2016/1148),<br />
recepita in Italia nel 2018 (verrà abrogata dalla nuova versione).<br />
Il panorama farmaceutico è pronto ad allinearsi ai nuovi<br />
requisiti?<br />
LA NORMATIVA INSUFFICIENTE<br />
Il primo passo in una nuova direzione difficilmente è privo di<br />
imperfezioni. E così è stato anche per la prima Direttiva NIS,<br />
datata 2016. D’altronde, imbrigliare un argomento complesso,<br />
vasto e mutevole come la sicurezza informatica non è un<br />
compito semplice. Se da un lato la normativa ha cominciato a<br />
mettere dei paletti a un argomento la cui importanza è ormai<br />
fondamentale in ogni settore, dall’altro i suoi limiti si sono<br />
dimostrati sin da subito <strong>numero</strong>si.<br />
Innanzitutto i settori a cui la normativa è indirizzata si sono<br />
ben presto dimostrati insufficienti. Molte realtà che nell’arco di<br />
pochi anni sono divenute essenziali per il commercio a livello<br />
europeo erano escluse dal campo di applicazione e come<br />
conseguenza si sono ritrovate maggiormente impreparate<br />
alla gestione delle minacce alla cybersecurity. Inoltre, l’ampio<br />
margine di autonomia legislativa lasciato dalla direttiva ai Paesi<br />
membri si è tradotto in una disomogeneità che per certi versi<br />
ha ostacolato la sua implementazione invece di favorirla.<br />
Il legislatore, poi, non poteva certo immaginare che a pochi<br />
anni dall’emissione della normativa una pandemia avrebbe<br />
cambiato le carte in tavola. Covid-19 ha infatti accelerato in<br />
modo massiccio e al contempo disordinato la digitalizzazione<br />
in Europa. E con l’aumento della digitalizzazione si sono<br />
moltiplicate anche le minacce alla sicurezza informatica.<br />
Come risultato di un simile quadro la Direttiva NIS si è rivelata<br />
insufficiente già a pochi anni di distanza dalla sua attuazione<br />
ed è per questo che l’UE ha scelto di emetterne una versione<br />
rivista e corretta, la Direttiva NIS 2, a soli sei anni di distanza.<br />
LE NOVITÀ DELLA SECONDA<br />
VERSIONE<br />
La prima grande novità della nuova normativa riguarda i<br />
settori di applicazione. A quelli ad alta criticità individuati come<br />
essenziali dalla Direttiva NIS, cioè energia, trasporti, banche,<br />
mercati finanziari, sanità, acqua potabile e infrastrutture
makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />
digitali, se ne aggiungono infatti quattro: acque reflue, pubblica<br />
amministrazione, spazio e gestione dei servizi TIC business-tobusiness.<br />
Inoltre, la Direttiva NIS 2 si applica anche a una serie di settori<br />
definiti critici e precedentemente non impattati. Si tratta di<br />
servizi postali e di corriere, gestione dei rifiuti, fornitura di<br />
servizi digitali per mercati online, motori di ricerca e reti social,<br />
fabbricazione di computer, prodotti di elettronica e ottica,<br />
autoveicoli e altri mezzi di trasporto, alcune apparecchiature<br />
elettriche e macchinari. Tra i settori critici rientrano inoltre<br />
la produzione e la distribuzione di sostanze chimiche e di<br />
alimenti, la fabbricazione di dispositivi medici e medicodiagnostici<br />
in vitro e le organizzazioni di ricerca.<br />
Oltre a questo notevole ampliamento del bacino di applicazione,<br />
la nuova normativa stabilisce dei criteri omogenei per<br />
individuare le aziende a cui si rivolge. In particolare sono due<br />
i requisiti principali: operare all’interno dell’Unione europea<br />
e avere una dimensione tale da essere considerate almeno<br />
medie imprese. In questo modo la normativa semplifica<br />
la propria attuazione superando il limite della versione<br />
precedente che, non contenendo regole precise, aveva<br />
introdotto disomogeneità di individuazione tra gli Stati membri.<br />
UNA STRATEGIA RINNOVATA<br />
Al di là delle novità, l’obiettivo della nuova normativa è lo stesso<br />
della precedente. Gestire i rischi legati alla cybersecurity<br />
e prevenire possibili attacchi informatici sono imperativi<br />
dell’era digitale e l’Unione europea vuole attuare una strategia<br />
comune per farvi fronte. In quest’ottica ogni Stato membro<br />
deve occuparsi di mantenere un alto livello di cybersecurity,<br />
chiarendo al meglio i ruoli e le responsabilità dei vari<br />
stakeholder e attuando una politica che gestisca efficacemente<br />
le vulnerabilità dei sistemi e la sicurezza delle catene di<br />
approvvigionamento.<br />
Rinforzato è quindi il ruolo del team di risposta agli incidenti<br />
di sicurezza informatica, detto Csirt, deputato a fornire<br />
assistenza tecnica. Tra i suoi compiti vi sono il monitoraggio<br />
della situazione a livello nazionale, l’emissione di bollettini e<br />
allarmi, la raccolta e l’analisi dei dati relativi agli incidenti, ma<br />
anche un aiuto più mirato che prevede la risposta agli attacchi<br />
e la scansione su richiesta dei sistemi informatici al fine di<br />
individuare eventuali vulnerabilità. Ogni Stato membro deve<br />
quindi prevedere una rete di Csirt che cooperino in maniera<br />
coordinata ed efficace e deve eleggerne uno a coordinatore<br />
delle operazioni di divulgazione delle vulnerabilità.<br />
La nuova normativa, inoltre, pone un chiaro accento sull’aspetto<br />
divulgativo, insistendo sull’implementazione di strategie volte<br />
alla promozione dell’istruzione e della formazione in ambito<br />
di sicurezza informatica e all’aumento della consapevolezza<br />
del problema nella popolazione. In quest’ottica la direttiva<br />
punta a permettere a qualunque cittadino di segnalare<br />
possibili problematiche in forma anonima. Per questo l’Agenzia<br />
dell’Unione europea per la cybersecurity (Enisa) è incaricata di<br />
implementare una banca dati europea delle vulnerabilità, che<br />
raccolga ed elabori le varie segnalazioni. Infine, le aziende a<br />
cui si rivolge la normativa dovranno segnalare gli incidenti più<br />
gravi, cioè quelli che possono causare ingenti perturbazioni dei<br />
servizi oppure perdite finanziarie, che siano interne o esterne<br />
all’azienda.<br />
L’ANALISI CONDOTTA DA RISKXCHANGE SULLE 100 MAGGIORI<br />
COMPAGNIE FARMACEUTICHE GLOBALI RIVELA CHE:<br />
il 37% dei problemi riscontrati sono collegati a Internet e alla sicurezza delle reti<br />
il 14% delle aziende coinvolte nello studio presenta problemi di sicurezza critici che potrebbero permettere<br />
l’accesso a dati sensibili in modo non autorizzato<br />
il 27% delle aziende ha un basso livello di gestione dei certificati di crittografia e dei processi di configurazione<br />
più del 21% dei sistemi informatici ha cifrature crittografiche di basso livello<br />
il 31% delle applicazioni ha versioni obsolete di TLS (Transport Layer Security)<br />
il 36% delle applicazioni web ha deboli configurazioni di sicurezza<br />
più del 30% delle aziende ha certificati di crittografia SSL (Secure Sockets Layer) scaduti<br />
in un’azienda è stato rintracciato un malware distribuito nei sistemi aziendali proprio durante l’indagine<br />
i problemi di sicurezza rintracciati in più del 57% delle aziende sono stati scoperti per la prima volta nel 2017,<br />
a dimostrazione delle difficoltà nel risolvere le criticità e nel tenere il passo con le vulnerabilità riscontrate<br />
47
MINACCIA GLOBALE,<br />
AZIONE CONGIUNTA<br />
Per supportare l’implementazione di questa strategia<br />
a livello europeo, la normativa prevede l’esistenza di<br />
un gruppo di cooperazione, composto da Stati membri,<br />
Commissione europea ed Enisa, e di una rete chiamata EU-<br />
CyCLone. Mentre il gruppo di cooperazione ha la funzione<br />
più generale di facilitare la collaborazione e lo scambio di<br />
informazioni, la rete, composta dai rappresentanti delle<br />
autorità di gestione delle crisi informatiche degli Stati<br />
membri, supporta nello specifico la gestione degli incidenti<br />
su vasta scala e a tutto tondo. L’idea della Commissione<br />
è quindi quella di implementare un’azione congiunta per<br />
far fronte a una minaccia globale insidiosa ma spesso<br />
sottovalutata. Dal phishing al ransomware, le reti e i<br />
sistemi aziendali sono infatti spesso più fragili di quanto si<br />
immagini.<br />
UNA PREPARAZIONE<br />
NON SEMPRE ADEGUATA<br />
Qual è la situazione nel settore farmaceutico? Se è vero<br />
che IBM ha stimato il costo medio per una violazione dei<br />
dati in questo comparto nel 2021 in circa 5,04 milioni di<br />
dollari, è altrettanto vero che il pharma non si fa sempre<br />
trovare del tutto preparato nel far fronte alle nuove<br />
minacce informatiche, come evidenzia la valutazione del<br />
rischio che il provider di servizi di cybersecurity inglese<br />
Riskxchange ha condotto sulle 100 maggiori compagnie<br />
farmaceutiche globali nel periodo compreso da aprile 2021<br />
ad aprile 2022.<br />
Lo studio di Riskxchange ha evidenziato come la maggior<br />
parte delle lacune nella cybersecurity delle aziende<br />
coinvolte sia a carico delle reti e delle applicazioni. La<br />
sicurezza dei database, delle crittografie e delle email è<br />
gestita meglio ma apre comunque il fianco ad attacchi<br />
informatici in diversi casi. Riskxchange ha assegnato un<br />
punteggio a ogni azienda in base al livello di cybersecurity.<br />
Il punteggio medio è stato 745/900, ma in alcuni casi<br />
è sceso sotto 634: con un punteggio simile l’azienda<br />
si espone al rischio di una violazione dei dati di grandi<br />
dimensioni nell’arco di 12 mesi.<br />
La Direttiva NIS 2 riuscirà ad alzare l’asticella della<br />
sicurezza informatica europea? Molto dipenderà dal modo<br />
in cui risponderanno le aziende e dalle nuove minacce che<br />
si affacceranno alla finestra della digitalizzazione.<br />
Riferimenti<br />
Direttiva UE 2022/2555 su www.eur-lex.europa.eu<br />
2022 Pharmaceutical Industry Cybersecurity Snapshot Report. Riskxchange<br />
LE 5 CYBERMINACCE PER IL PHARMA<br />
Il provider di servizi di cybersecurity inglese Riskxchange ha condotto una valutazione del rischio connesso alla<br />
sicurezza informatica sulle 100 maggiori compagnie farmaceutiche al mondo per fatturato. I dati riguardano il<br />
periodo compreso tra aprile 2021 e aprile 2022 ed evidenziano cinque minacce principali:<br />
1<br />
2<br />
3<br />
4<br />
5<br />
Fornitori e terzisti: le violazioni dei dati informatici non devono necessariamente colpire l’azienda in modo diretto per<br />
essere deleterie. Quelle a carico di fornitori e terzisti possono ugualmente arrecare danni che costano caro.<br />
Ransomware: blocco dell’accesso alle reti aziendali e richiesta di riscatto. Secondo Riskxchange nel 2021 un’azienda su<br />
dieci era suscettibile a questo genere di attacco, che può essere tanto dannoso da arrivare a far sospendere l’attività.<br />
Phishing: il furto di informazioni critiche da parte di fonti solo all’apparenza attendibili è in aumento. Secondo la società di<br />
servizi digitali Verizon, nel 2021 il 36% delle violazioni di dati informatici è avvenuto proprio con questa tecnica.<br />
Internet of Things: lo sviluppo dell’IoT affianca a indiscussi vantaggi delle nuove fragilità. L’integrazione tra reti, sistemi<br />
e macchine aumenta infatti la superficie vulnerabile agli attacchi informatici.<br />
Negligenza ed errore umano: abbassare la guardia può costare caro. Secondo Verizon, infatti, i lavoratori sono stati il<br />
principale veicolo delle violazioni dei dati informatici indipendentemente dal settore industriale considerato.<br />
48
CYBER-INSECURITY<br />
LA LUNGA<br />
STRADA VERSO<br />
LA SICUREZZA<br />
INFORMATICA<br />
Valentina Guidi<br />
IL SETTORE FARMACEUTICO<br />
PRESENTA FRAGILITÀ<br />
SPECIFICHE IN TEMA DI<br />
SICUREZZA INFORMATICA,<br />
AMPLIFICATE DA UNA<br />
SUPPLY CHAIN ESTESA. PER<br />
MITIGARE I RISCHI SONO<br />
NECESSARI UN APPROCCIO<br />
EVOLUTO E COMPETENZE<br />
DEDICATE<br />
50
makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />
La digitalizzazione è un<br />
aspetto importante per<br />
il settore farmaceutico.<br />
L’utilizzo di sistemi<br />
computerizzati e programmi<br />
gestionali è all’ordine del<br />
giorno, le linee produttive<br />
e di confezionamento<br />
sono regolate da software,<br />
l’Internet connette fornitori<br />
e terzisti, stabilimenti e case<br />
madri. Senza contare lo<br />
sviluppo più o meno recente<br />
del lavoro da remoto.<br />
L’importanza economica del<br />
settore ha poi portato alla<br />
sua annessione al campo<br />
di applicazione della nuova<br />
versione della normativa UE<br />
in materia di cybersecurity,<br />
la Direttiva NIS 2. Lo<br />
sviluppo dei sistemi digitali<br />
sta andando di pari passo<br />
con la consapevolezza dei<br />
rischi a cui è connesso?<br />
Nelle aziende farmaceutiche<br />
si sta diffondendo una vera<br />
cultura digitale? Lo abbiamo<br />
chiesto a Gian Paolo<br />
Baranzoni, consulente ICT<br />
in ambito farmaceutico, con<br />
particolare attenzione a<br />
qualità, data integrity e GDP.<br />
Gli attacchi informatici<br />
possono causare perdite<br />
e danni non trascurabili.<br />
Quali sono i punti deboli<br />
del settore farmaceutico in<br />
ambito di cybersecurity?<br />
A livello di minacce, il<br />
pharma non è diverso dagli<br />
altri comparti industriali.<br />
I rischi legati alle tecnologie<br />
digitali, primo fra tutti il<br />
ransomware, colpiscono<br />
infatti trasversalmente le<br />
aziende dei vari settori.<br />
Tuttavia quello farmaceutico<br />
è un comparto ricco di<br />
fornitori e terzisti. Ed è<br />
proprio la sua supply chain,<br />
anche quella relativa ai<br />
fornitori di operational<br />
technology, ad ampliare<br />
maggiormente la superficie<br />
vulnerabile agli attacchi<br />
informatici. Dobbiamo<br />
pensare che i cosiddetti<br />
hacker difficilmente sono<br />
singole entità criminali. Più<br />
frequentemente sono vere<br />
e proprie agenzie, anche di<br />
tipo governativo, provenienti<br />
da Paesi come la Russia,<br />
la Cina o la Corea del Nord.<br />
Contro simili attacchi i<br />
colossi dell’informatica<br />
come Microsoft o Google<br />
sono ben attrezzati, ma<br />
i fornitori più piccoli<br />
mostrano maggiori fragilità.<br />
Per questo è importante<br />
difendersi con un approccio<br />
al digitale organico e<br />
ragionato. Ma il mondo<br />
farmaceutico e quello<br />
informatico spesso non<br />
si parlano. Rigidamente<br />
vincolato il primo, in<br />
continuo mutamento il<br />
secondo. Per colmare<br />
questo gap, facendo<br />
fronte in modo efficiente<br />
ai rischi connessi alla<br />
digitalizzazione, ma anche<br />
implementando al meglio le<br />
tecnologie digitali, bisogna<br />
innanzitutto andare oltre il<br />
solo utilizzo dei programmi<br />
informatici. Questo è infatti<br />
il primo passo, a cui è però<br />
indispensabile affiancare<br />
processi aziendali specifici<br />
e una funzione interna<br />
in grado di controllarli<br />
efficacemente. I processi<br />
informatici andrebbero<br />
infatti considerati alla<br />
stregua degli altri processi<br />
industriali, da gestire<br />
attraverso valutazioni<br />
del rischio e investimenti<br />
dedicati.<br />
Un approccio al digitale<br />
che a molte orecchie<br />
potrebbe risultare inedito.<br />
Quali sono le maggiori<br />
sfide poste da una simile<br />
visione?<br />
Il mondo digitale è<br />
mutevole e in continua<br />
evoluzione e, parlando in<br />
termini economici, per<br />
essere sempre pronti a<br />
rispondere agli attacchi<br />
servirebbero investimenti<br />
costanti. I fornitori di servizi<br />
informatici, soprattutto<br />
quelli di maggiori<br />
dimensioni, inviano<br />
continui aggiornamenti per<br />
migliorare gli applicativi a<br />
seguito della risoluzione<br />
delle varie minacce:<br />
implementare queste<br />
migliorie significa rimanere<br />
al passo con i rischi<br />
identificati. Ma è necessario<br />
entrare nell’ottica<br />
dell’aggiornamento<br />
continuo e di una modalità<br />
di investimento flessibile e<br />
prolungata nel tempo. Anche<br />
per questo la funzione<br />
aziendale che si occupa<br />
dei sistemi e delle reti<br />
informatiche dovrebbe fare<br />
capo a un security manager<br />
il più possibile indipendente<br />
dalla direzione.<br />
L’aggiornamento frequente,<br />
chiamato patch, delle<br />
infrastrutture sulle quali si<br />
appoggiano gli applicativi<br />
pone poi un ulteriore<br />
problema: la loro convalida<br />
o riconvalida. Attualmente<br />
questo importante processo<br />
di qualità andrebbe<br />
infatti ripetuto a ogni<br />
aggiornamento, un lavoro<br />
decisamente impegnativo.<br />
Sarebbe necessario<br />
trovare un metodo per<br />
snellire e ottimizzare le<br />
operazioni di qualifica<br />
infrastrutturale e convalida<br />
applicativa in modo da<br />
non dover rinunciare a un<br />
aggiornamento continuo,<br />
che è indispensabile per<br />
avere un’infrastruttura<br />
digitale organica ed<br />
efficiente. Il primo passo<br />
resta comunque il cambio<br />
di mentalità e l’apertura<br />
verso un linguaggio<br />
diverso, da integrare nei<br />
sistemi aziendali e non da<br />
considerare come qualcosa<br />
di isolato da utilizzare al<br />
bisogno.<br />
Covid-19 ha causato una<br />
corsa al digitale rapida<br />
e per certi versi forzata.<br />
Questo processo ha<br />
comportato la nascita di<br />
nuove minacce?<br />
Certamente<br />
l’implementazione di reti<br />
digitali senza un parallelo<br />
sviluppo di processi<br />
gestionali adeguati e senza<br />
una funzione aziendale<br />
mirata e forte espone<br />
a notevoli rischi. Ed è<br />
quello che in alcuni casi<br />
è successo con Covid-19.<br />
Pensiamo al lavoro da<br />
remoto: passare da una rete<br />
Intranet, interna all’azienda<br />
51
e quindi relativamente<br />
sicura, a una rete Internet<br />
che raggiunge le abitazioni<br />
dei vari dipendenti è come<br />
uscire di casa ed esporsi a<br />
tutte le minacce del mondo<br />
esterno. I dati aziendali si<br />
trovano quindi a viaggiare<br />
da un fornitore di servizi<br />
informatici all’altro e<br />
dall’azienda alle singole<br />
abitazioni, i passaggi<br />
possono essere <strong>numero</strong>si.<br />
Più la catena è complessa,<br />
più i dati sono suscettibili<br />
ad attacchi, soprattutto<br />
senza una rete di protezione<br />
adeguata. Per questo è<br />
ancora più evidente la<br />
necessità di esaminare i<br />
processi digitali attraverso<br />
delle valutazioni del rischio,<br />
proprio come qualunque<br />
altro processo industriale.<br />
Inoltre la pandemia ha<br />
rivelato come alcune<br />
innovazioni fossero già<br />
disponibili senza essere<br />
però implementate.<br />
A seguito dei vari lockdown<br />
e delle restrizioni imposte<br />
dall’emergenza sanitaria,<br />
le aziende si sono ritrovate<br />
ad adottarle in tutta fretta,<br />
mentre avrebbero potuto<br />
farlo con più calma e<br />
razionalità in precedenza,<br />
integrandole meglio con i<br />
propri sistemi aziendali.<br />
Tutto questo presuppone<br />
la presenza di risorse con<br />
particolari competenze<br />
digitali. Quali sono<br />
quelle indispensabili<br />
oggi per fronteggiare al<br />
meglio i rischi di attacco<br />
informatico?<br />
Innanzitutto è necessario<br />
aumentare la cultura del<br />
digitale in azienda. Tutti<br />
i dipendenti possono<br />
essere veicolo di attacchi<br />
informatici e servirebbero<br />
formazioni specifiche, ad<br />
esempio su come gestire<br />
e-mail che provengono da<br />
indirizzi sconosciuti o su<br />
come segnalare i presunti<br />
attacchi.<br />
Per quanto riguarda invece<br />
il personale dedicato, le<br />
competenze andrebbero<br />
create con corsi di<br />
cybersecurity mirati. Gli<br />
studi universitari infatti non<br />
bastano, perché non basta<br />
essere bravi informatici e<br />
ottimi programmatori. È<br />
certamente un buon punto<br />
di partenza ma per entrare<br />
davvero nel merito della<br />
cybersecurity occorre<br />
conoscere a fondo anche<br />
i regolamenti in vigore e<br />
i programmi in uso nelle<br />
varie aziende.<br />
Un bagaglio tutto da<br />
costruire, quindi, per poter<br />
gestire le varie fragilità<br />
digitali. Quanto sono<br />
consapevoli le aziende di<br />
essere esposte a rischi<br />
connessi alla sicurezza<br />
informatica?<br />
Benché le aziende<br />
farmaceutiche si avvalgano<br />
da molto tempo di reti<br />
digitali, una vera cultura<br />
della digitalizzazione non<br />
è ancora molto diffusa.<br />
A volte c’è la tendenza a<br />
rimandare o a scegliere<br />
altre linee di investimento<br />
perché si vedono gli<br />
attacchi informatici come<br />
qualcosa di lontano o di<br />
improbabile. Il problema si<br />
affronta quando è davvero<br />
grosso e porta a gravi<br />
conseguenze, come i fermi<br />
macchina. Ma la realtà<br />
è che la presenza di un<br />
malware può addirittura<br />
passare inosservata:<br />
servono competenze<br />
specifiche e una certa<br />
sensibilità sull’argomento<br />
per comprendere<br />
quando, ad esempio, un<br />
rallentamento nel sistema<br />
operativo è in realtà un<br />
attacco informatico in piena<br />
regola, per analizzarlo e<br />
per comprendere i danni<br />
che sta causando. Una<br />
parte di responsabilità<br />
in questa tendenza è da<br />
attribuire anche agli enti<br />
regolatori. Non esistono<br />
ispezioni specifiche né<br />
sanzioni comminate per<br />
carenze nell’ambito della<br />
sicurezza informatica<br />
e come conseguenza le<br />
aziende sottovalutano<br />
la questione. Ora, però,<br />
la situazione sembra in<br />
fase di cambiamento<br />
grazie alla nuova versione<br />
della Direttiva europea in<br />
materia di cybersecurity, la<br />
cosiddetta NIS 2.<br />
La Direttiva NIS 2 arriva<br />
dopo soli sei anni dalla<br />
precedente versione. La<br />
situazione si stabilizzerà<br />
o si intravede all’orizzonte<br />
una NIS 3?<br />
Probabilmente presto<br />
o tardi una NIS 3 verrà<br />
emessa e aumenterà<br />
ulteriormente la<br />
complessità dei requisiti.<br />
L’Unione europea vuole<br />
creare un sistema per<br />
la sicurezza informatica<br />
ed è quindi necessario<br />
cominciare ad avere una<br />
cultura digitale collettiva sul<br />
territorio comunitario. Già<br />
con l’attuale NIS 2 infatti<br />
si comincia a richiedere<br />
una certa uniformità nel<br />
livello di cybersecurity<br />
europeo. Finora invece<br />
c’erano differenze tra i vari<br />
Paesi, che ostacolavano<br />
una visione d’insieme e<br />
hanno portato a diversi<br />
gradi di preparazione a<br />
livello nazionale. L’Italia, ad<br />
esempio, sta facendo più<br />
fatica rispetto ad altri Stati<br />
membri a mettere in atto<br />
i requisiti della Direttiva.<br />
Per questo organi come<br />
l’Enisa (Agenzia europea per<br />
la sicurezza informatica)<br />
sono fondamentali per<br />
uniformare gli sforzi in<br />
materia di cybersecurity<br />
nell’Unione e per fornire<br />
supporto. Rimangono<br />
però ancora diversi punti<br />
da chiarire per una piena<br />
implementazione della<br />
NIS 2. Il primo ovviamente<br />
è relativo alla tempistica<br />
attuativa, mentre un<br />
secondo riguarda la<br />
definizione precisa degli<br />
audit, che verranno condotti<br />
nelle aziende da Enisa e<br />
dall’ACN (Agenzia nazionale<br />
per la cybersecurity)<br />
coinvolgendo ispettori con<br />
competenze specifiche.<br />
Il terzo è infine l’ambito<br />
sanzionatorio in caso di<br />
mancati adempimenti: le<br />
multe previste potrebbero<br />
essere infatti decisamente<br />
significative.<br />
Anche le aziende<br />
farmaceutiche, quindi, che<br />
rientrano a pieno titolo nel<br />
campo di applicazione della<br />
Direttiva NIS 2, avranno<br />
due anni di tempo per<br />
implementare processi<br />
di sicurezza informatica<br />
all’altezza dei requisiti UE.<br />
Il tempo è poco e la strada<br />
da fare è ancora lunga, ma<br />
l’importanza dell’argomento<br />
giustifica simili tempistiche.<br />
52
PUZZLECOM.IT
<strong>2023</strong>
makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />
LIFE CAP SEPARATOR SYSTEM<br />
www.inge.it<br />
www.inge-longlife.com<br />
55
Pharma&<strong>Life</strong>Sciences<br />
Legal view<br />
Il Clinical Conflict Management<br />
(CCM) per la gestione dei claim<br />
in sanità<br />
M. Maggiolino – C. C. Corsaro – S. Lauriola<br />
Nell’immaginario classico,<br />
l’approccio terapeutico è sempre<br />
stato “desease centred” e, dunque,<br />
orientato esclusivamente alla<br />
gestione delle malattie. Tuttavia, è<br />
stato osservato che, per efficientare<br />
il sistema sanitario, il paziente,<br />
da mero soggetto passivo di cure,<br />
deve diventare un vero e proprio<br />
interlocutore con cui negoziare l’iter<br />
di cura (“patient centred care”).<br />
A fronte di una corretta diagnosi e<br />
di una idonea terapia è stato infatti<br />
evidenziato che molti pazienti non<br />
sono collaborativi e meno del 50%<br />
seguono correttamente il proprio<br />
trattamento, talvolta perché non<br />
sufficientemente informati del<br />
proprio stato di salute, talvolta<br />
in quanto non adeguatamente<br />
supportati nella gestione delle cure,<br />
con l’evidente conseguenza di una<br />
minore efficacia dei trattamenti<br />
sanitari, proprio in termini di risultati<br />
per il paziente, ma anche di un<br />
dispendio di risorse.<br />
Nei rapporti tra medico e paziente,<br />
secondo lo schema “compliance,<br />
concordance and adherence”, al<br />
paziente è oggi richiesto di avere<br />
un ruolo proattivo e responsabile<br />
(c.d. “patient empowerment and<br />
engagement”).<br />
Il percorso per raggiungere<br />
l’emancipazione del paziente<br />
è costituito dalla cosiddetta<br />
“Educazione Terapeutica del<br />
Paziente” (ETP), che riguarda tutte<br />
le diverse fasi della relazione di<br />
aiuto, dall’informazione, tramite<br />
una comunicazione efficace e una<br />
metodologia mirata, fino alla capacità<br />
di far fronte in modo dinamico alle<br />
difficoltà che la malattia porta con<br />
sé.<br />
Come evidenziato nel Rapporto<br />
del Gruppo di Lavoro istituito<br />
dall’Organizzazione Mondiale<br />
della Sanità – Ufficio Regionale<br />
per l’Europa di Copenaghen,<br />
“L’educazione terapeutica del<br />
paziente deve renderlo capace<br />
di acquisire e mantenere abilità<br />
che gli consentano di gestire al<br />
meglio la propria vita di malato.<br />
Si tratta quindi di un processo<br />
continuo, integrato nell’assistenza<br />
sanitaria. È incentrato sul paziente;<br />
comprende una consapevolezza<br />
organizzata, l’informazione,<br />
l’apprendimento dell’auto-cura ed<br />
il supporto psicologico riguardo la<br />
malattia, i trattamenti prescritti,<br />
l’assistenza, l’ospedale e gli altri<br />
ambiti assistenziali, l’informazione<br />
organizzativa, i comportamenti<br />
legati alla salute ed alla malattia. Il<br />
suo scopo è di aiutare i pazienti e le<br />
famiglie a comprendere la malattia<br />
ed il trattamento, a cooperare con gli<br />
operatori sanitari, a vivere in modo<br />
sano, a migliorare o mantenere la<br />
qualità della vita” (ISBN 92 890 1298<br />
6 1998).<br />
Le fasi dell’ETP possono così<br />
sintetizzarsi:<br />
I analisi dei bisogni educativi<br />
(diagnosi);<br />
II percezione del proprio stato di<br />
salute da parte del paziente;<br />
III definizione degli obiettivi;<br />
IV applicazione della metodologia;<br />
V valutazione dell’acquisita<br />
autonomia terapeutica;<br />
56
makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />
VI negoziazione del percorso<br />
terapeutico e del carico di<br />
responsabilità.<br />
Tale tipo di approccio, che di fatto<br />
si traduce in una “negoziazione” tra<br />
quanto il paziente dovrebbe fare<br />
in autonomia e quanto è disposto<br />
o è nella capacità di fare senza<br />
il continuo supporto medico, può<br />
tuttavia esporre la struttura sanitaria<br />
a dei rischi ulteriori e diversi.<br />
L’iper informazione e formazione<br />
del paziente, infatti, lo rende un<br />
interlocutore qualificato che non si<br />
limita più a recepire passivamente<br />
le indicazioni ricevute, ma pretende<br />
una risposta terapeutica che sia<br />
personalizzata.<br />
Nella valutazione del rischio clinico,<br />
secondo lo schema del Clinical<br />
Risk Management (CRM), non può<br />
prescindersi dalla valutazione e<br />
gestione del rischio di conflitto<br />
potenziale, il c.d. Clinical Conflict<br />
Management (CCM).<br />
Il conflitto, inteso in senso a-tecnico<br />
come percezione di una tensione, di<br />
una incomprensione tra medico e<br />
paziente, ha effetti sulla competenza,<br />
sulla fiducia e sul morale degli<br />
operatori sanitari e influisce sulla<br />
cura del paziente.<br />
Per prevenire o limitare il conflitto<br />
è necessario, dunque, utilizzare<br />
strumenti quali la “mediazione<br />
sanitaria”, che mirano a ricreare una<br />
nuova definizione del rapporto tra<br />
azienda sanitaria e cittadino, che<br />
salvaguardi l’immagine complessiva<br />
della prima e, allo stesso tempo,<br />
rafforzi la fiducia del secondo nel<br />
sistema sanitario, sia esso pubblico<br />
o privato.<br />
Ma cosa significa “mediazione<br />
sanitaria”?<br />
Si tratta di uno strumento di<br />
gestione e composizione del<br />
conflitto con una importante<br />
funzione preventiva, nel senso<br />
che ha come fine quello di evitare<br />
l’insorgere o il reiterarsi del conflitto<br />
stesso. Quest’ultimo, infatti, se<br />
non gestito correttamente, può<br />
portare a un danno non solo di<br />
natura economica, ma anche di<br />
natura reputazionale, a carico<br />
della struttura sanitaria. Di<br />
qui la necessità di intervenire<br />
preventivamente sui focolai del<br />
contenzioso, formando i pazienti<br />
all’autonomia e rendendo il<br />
personale sanitario più proclive<br />
al confronto e alla negoziazione<br />
terapeutica.<br />
Tale tipologia di mediazione<br />
preventiva non va, però, confusa con<br />
gli strumenti di ADR (mediazione<br />
obbligatoria, negoziazione assistita),<br />
introdotti di recente dal legislatore<br />
come strumenti deflattivi del<br />
contenzioso sanitario, e, come<br />
evidenziato, merita di essere<br />
inserita tra gli strumenti di Risk<br />
Management e, più in generale, tra<br />
gli strumenti di efficientamento<br />
delle strutture sanitarie.<br />
In quest’ottica, la mediazione viene<br />
sempre più considerata come<br />
un’attività di promozione della<br />
sicurezza e di gestione del rischio<br />
aziendale, anche grazie alla sua<br />
trasversalità e capacità predittiva<br />
rispetto ai rischi disfunzionali<br />
rilevabili. Come tale, dunque, la<br />
stessa necessita di essere ben<br />
strutturata all’interno della azienda<br />
sanitaria, attraverso la creazione<br />
di uno sportello di “mediazione”,<br />
formato da un team di Ascolto e<br />
Mediazione, cui dovranno pervenire<br />
le segnalazioni di conflitti o di<br />
potenziali conflitti da parte dell’URP<br />
(soggetto che – prima facie –<br />
riceverà i “claim”) e al quale spetterà<br />
il compito di prendere contatti con il<br />
paziente, proponendo allo stesso un<br />
colloquio individuale, onde avvalersi<br />
di uno spazio di ascolto, riservato<br />
e a-valutativo. Il team Ascolto e<br />
Mediazione dovrà, poi, coordinarsi<br />
con i responsabili dell’ufficio legale,<br />
con il Risk Manager, con il Comitato<br />
Valutazione Sinistri e con il Comitato<br />
Etico eventualmente presenti<br />
all’interno della struttura sanitaria,<br />
al fine di gestire il conflitto sotto il<br />
profilo legale risarcitorio, ma anche<br />
sotto il profilo umano e – dunque –<br />
sempre perseguendo il principio di<br />
“patient centred care”.<br />
Si tratta, a ben vedere, di una<br />
riorganizzazione delle strutture<br />
sanitarie che, in ottica di gestione<br />
dei rischi, saranno chiamate a<br />
reinterpretare anche la logistica<br />
dei propri ambulatori, prevedendo<br />
al loro interno nuovi spazi di<br />
consapevolezza e ascolto che<br />
restituiscano al paziente la fiducia<br />
nel percorso di presa in carico,<br />
lo supportino insieme alla sua<br />
famiglia nel percorso terapeutico e<br />
lo accolgano in caso di malcontento,<br />
al fine di intervenire prima<br />
dell’insorgere del contenzioso.<br />
57
Le “nuove<br />
generazioni”<br />
tra confusioni<br />
e sintomi critici<br />
Il tema dei giovani e delle differenze con le<br />
generazioni precedenti sta guadagnando l’attenzione<br />
di manager, psicoterapeuti, studiosi di megatrend.<br />
Perché questa nuova e più “seria” attenzione?<br />
Giovanni Siri, ordinario di psicologia<br />
Il detonatore principale ci viene dalla<br />
dimensione del lavoro: great resignation<br />
e quiet quitting cominciano a essere<br />
temuti dalle imprese non come un<br />
fatto di costume (o di pigrizia e pretese<br />
di giovani troppo viziati) ma come<br />
un preoccupante e non occasionale<br />
distacco tra giovani e azienda/<br />
lavoro. Proprio nel momento in cui le<br />
generazioni etichettate come boomer o<br />
X stanno passando il testimone agli “old<br />
millennial” (che ancora non si sa che<br />
tipo di manager potranno o vorranno<br />
essere) e in cui gli “young millennial” e<br />
la “GenZ” mostrano una forte resistenza<br />
ad arruolarsi tra le fila dei lavoratori<br />
dipendenti. Il tutto in una fase in cui il<br />
mondo del lavoro ha preso atto che più<br />
ancora delle risorse digitali e intelligenti<br />
delle nuove tecnologie c’è bisogno,<br />
per affrontare tempi di complessità e<br />
incertezza, delle energie proattive e di<br />
squadra delle persone (da cui il nuovo<br />
grido “le persone al centro” che si leva<br />
dentro le workplace, almeno da parte di<br />
consulenti e studiosi).<br />
UNA SITUAZIONE<br />
PREOCCUPANTE<br />
La situazione si conferma davvero seria<br />
allargando lo sguardo al più ampio<br />
contesto sociale: molti giovani (younger<br />
millennial e Gen Z) sembrano evadere<br />
dagli “impegni sociali” tradizionali.<br />
Non si tratta solo della già diffusa<br />
sfiducia nelle istituzioni ma di una<br />
sorta di passività, o meglio sospensione<br />
diffusa, che trova nel fenomeno dei<br />
NEET (Not in education, employment or<br />
training) una espressione quantitativa<br />
preoccupante, in particolare in Italia,<br />
dove questa astensione si traduce<br />
in emigrazione, la “fuga dei cervelli”.<br />
Questi “giovani” sembrano anche in<br />
uscita dalla mentalità consumista che<br />
consentiva ai millennial la ricerca di<br />
evasione ed excitement come momento<br />
di “tempo libero” in cui si compensava<br />
un lavoro non all’altezza (già per loro)<br />
delle aspettative e desideri.<br />
La situazione comincia a essere<br />
preoccupante anche sul piano<br />
psicologico. Oms e Unesco richiamano<br />
l’attenzione sulla diffusione delle<br />
sindromi d’ansia (dalla depressione<br />
agli attacchi di panico allo stress)<br />
nelle nuove generazioni in modo del<br />
tutto inconsueto, abbassando alla<br />
preadolescenza l’età di sindromi<br />
ansiose e l’uso di ansiolitici. In<br />
particolare sottolineano la grande<br />
difficoltà dei ragazzi di confrontarsi<br />
con la valutazione scolastica (sarà<br />
poi lo stesso quando busseranno alle<br />
porte delle aziende). La tolleranza alla<br />
frustrazione è decisamente bassa,<br />
come inevitabilmente accade a chi<br />
è insicuro di sé quando deve essere<br />
“giudicato”. Perché in carenza di<br />
identità e nello stato di “sé fluido” la<br />
valutazione è sempre (anche quando<br />
è teoricamente su una prestazione)<br />
valutazione sulla persona e incide<br />
direttamente sulla autostima. Di questa<br />
fragilità complessiva la Gen Z sembra<br />
rendersi conto e tende ad<br />
auto-proteggersi mostrando attenzione<br />
58
makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />
alla salute e alla alimentazione e<br />
praticando forme di “digiuno digitale<br />
volontario” del tutto nuove nel<br />
panorama giovanile. Anche la sensibilità<br />
ecologica sembra meno una ideologia<br />
(tipo quelle del ‘68 per i boomer) che<br />
non un’ansia verso lo stato di salute<br />
della “madre terra” resa “malata” dalla<br />
ingordigia disordinata delle “generation”<br />
precedenti. Nella compromissione della<br />
salute del pianeta sembrano scorgere<br />
una metafora della diminuzione delle<br />
proprie possibilità e delle opportunità di<br />
disegnarsi un progetto di vita secondo<br />
i loro desideri o aspettative. Per quanto<br />
poco chiari siano a loro stessi.<br />
GENERAZIONI<br />
E GENERATION<br />
Se questi segnali pretendono<br />
attenzione, tuttavia, la ragione più forte<br />
per prendere sul serio la “questione<br />
giovanile” sta ancora più nel fondo<br />
delle cose. Lo possiamo capire però<br />
solo liberandoci dallo stereotipo della<br />
questione generazionale intesa in<br />
senso demografico, come una cosa tra<br />
padri e figli (o nonni e nipoti, anche).<br />
Le “generation” di cui si parla dalla<br />
fine del secolo scorso, dapprima in<br />
USA e poi (as usual) anche su questa<br />
sponda dell’Atlantico, non indicano<br />
la successione demografica. La<br />
successione etichettata ormai quasi<br />
concordemente come traditional,<br />
boomer, GenX , millennial, (older e<br />
younger), GenZ, e ora Gen Alfa non<br />
descrive la mera successione della<br />
riproduzione demografica, ma dei<br />
cluster socioculturali e di personalità<br />
significativamente diversi tra loro.<br />
I boomer sono in parte figli dei<br />
traditional ma da lì in avanti non<br />
possiamo dire che gli X siano figli dei<br />
boomer (o solo in parte), i millennial dei<br />
boomer e così via. Ogni “generation”<br />
(termine che uso per non confonderle<br />
con le generazioni demografiche e<br />
genitoriali) va intesa come “figlia” di<br />
un momento storico (socioculturale,<br />
tecnologico, economico, di stile di vita,<br />
di tipo di allevamento, di relazione, di<br />
immagine di sé) che si produce sì da<br />
ciò che trasmettono le generazioni<br />
precedenti ma incrociandosi con<br />
cambiamenti accelerati nella tecnologia,<br />
nella società, nelle organizzazioni. Le<br />
generation sono diverse tra loro per<br />
pattern culturali ma soprattutto per<br />
dinamiche di personalità, relazione,<br />
affettività e sentimenti. Le più giovani<br />
vivono un mondo sospeso come<br />
mai prima tra realtà e immaginario,<br />
relazioni virtuali più intense di quelle<br />
fisiche, non credono più nel mito del<br />
consumo e dell’economia che ci farà<br />
tutti felici. Sono alla ricerca di un sé che<br />
non ha una identità articolata, fuggono<br />
dai vincoli non reversibili perché<br />
debbono sentirsi liberi di cercare e non<br />
bloccati in ruoli rigidi. Non possono<br />
perciò accettare una separazione<br />
vita-lavoro in cui il momento del lavoro<br />
è “prigioniero” e compensato da un<br />
“tempo libero”. Vogliono essere ascoltati<br />
ma non hanno nulla di preciso da<br />
dire: essere ascoltati sta per essere<br />
considerati, stimolati, protetti senza<br />
invadenza né autoritarismo. Hanno<br />
bisogno di supporto ma rivendicano il<br />
diritto di critica verso le generazioni<br />
che li hanno preceduti, pur privi di un<br />
qualsiasi progetto da proporre, se non<br />
quello della ricerca di un sé che non<br />
trova la quadra.<br />
CAPIRE<br />
LA TRANSIZIONE<br />
IN CORSO<br />
Quindi non sono nostri “figli”: sono<br />
come marziani per noi e non possiamo<br />
pensare di capirli per analogia (“quando<br />
ero giovane come te…”). Per capirli<br />
dobbiamo mettere in discussione la<br />
nostra prospettiva sulla vita, gli affetti,<br />
i doveri, il lavoro, la felicità. Dobbiamo<br />
fare come l’antropologo culturale<br />
che per capire l’aborigeno va a vivere<br />
nel suo villaggio assimilandone la<br />
mentalità, senza categorizzarlo a<br />
priori secondo le certezze del nostro<br />
modo occidentale, modernamente<br />
industriale. Il che significa che<br />
l’esercizio di comprensione delle new<br />
generation è un esercizio di insight<br />
della grande transizione in corso,<br />
richiede un pensiero di scenario<br />
sistemico, aperto all’incertezza<br />
e alle ipotesi continuamente in<br />
adeguamento. I grandi megatrend ci<br />
stanno spingendo oltre i due secoli di<br />
certezze moderne da cui veniamo (e<br />
a cui dobbiamo il nostro benessere<br />
e progresso, certamente). Il mondo<br />
del lavoro organizzato, la cultura<br />
organizzativa, l’educazione sono oggi le<br />
aree di maggiore frizione tra le nuove<br />
generation e le formidabili costruzioni<br />
della società moderna occidentale, ed<br />
è proprio da lì che nasce il più visibile<br />
sforzo di confrontarsi con questa<br />
cesura psicosocioculturale, di cui il<br />
cosiddetto “conflitto generazionale” è<br />
solo un sintomo. Il vero problema non<br />
sta nei difetti di una gioventù viziata<br />
ma nella difficoltà delle precedenti<br />
generazioni di accettare che la storia<br />
sta cambiando. Che ci piaccia o no,<br />
sarebbe saggio partire da questa<br />
ipotesi, piuttosto che dal pregiudizio<br />
che i giovani sono viziati e con il tempo<br />
rientreranno nei ranghi.<br />
59
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come Dispositivi Medici (SaMD)<br />
Global Medical Device regulations:<br />
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Partecipa al nostro webinar<br />
10 luglio • ore 16:00 CET
L’EVOLUZIONE<br />
DEL LAVORO<br />
NELL’INDUSTRIA<br />
FARMACEUTICA<br />
LA FARMACEUTICA È IL SETTORE DOVE<br />
SONO PIÙ NUMEROSE LE IMPRESE CHE<br />
RITENGONO CHE L’ADOZIONE DELLE NUOVE<br />
TECNOLOGIE PORTERÀ AD AUMENTARE<br />
L’OCCUPAZIONE (49% DEL TOTALE)<br />
Caterina Lucchini<br />
Il campo farmaceutico è<br />
in costante evoluzione e<br />
l’adozione delle tecnologie<br />
sta cambiando la natura del<br />
lavoro in questo settore. La<br />
digital health costringerà<br />
a un ripensamento dei<br />
curricula universitari in<br />
medicina e nelle scienze della<br />
vita. Per comprendere la<br />
situazione attuale del settore<br />
healthcare è necessario<br />
esaminare le diverse fasi<br />
che ha attraversato. La<br />
prima fase è stata quella<br />
dell’”industria farmaceutica<br />
ricca”, caratterizzata da un<br />
approccio che garantiva<br />
sanità illimitata a tutti<br />
attraverso il rimborso<br />
senza limiti dei farmaci<br />
e l’erogazione gratuita di<br />
qualsiasi tipo di prestazione.<br />
Tuttavia, questo approccio ha<br />
messo in difficoltà lo Stato<br />
e ha portato a un abuso da<br />
62
makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />
parte dei cittadini. Intorno al<br />
2001 ci fu un primo tentativo<br />
di risparmiare sulla spesa<br />
sanitaria nazionale con<br />
l’introduzione dei farmaci<br />
generici e della legge sulla<br />
sostituibilità in farmacia. Ciò<br />
ha portato allo spostamento<br />
delle aziende farmaceutiche<br />
verso il biotech e le patologie<br />
specialistiche, causando una<br />
forte riduzione del <strong>numero</strong><br />
degli informatori sul campo.<br />
A partire da questo periodo si<br />
sono affermate nuove figure<br />
professionali nell’ambito<br />
del market access, medical<br />
marketing, quality assurance<br />
e in campo regolatorio.<br />
Sono ancora oggi figure<br />
ampiamente qualificate e<br />
ricercate. Attualmente il focus<br />
è l’avvento della tecnologia.<br />
La digital health, ovvero<br />
tutte le tecnologie digitali<br />
che riguardano la salute, sta<br />
infatti già portando avanti una<br />
nuova fase di evoluzione del<br />
settore. La diffusione della<br />
“salute digitale” costringerà<br />
a una trasformazione dei<br />
curricula universitari in<br />
medicina o in life science,<br />
poiché avrà un impatto<br />
dirompente su tutte le fasi<br />
del patient journey. Quello<br />
che però sta accadendo<br />
oggi richiede professionalità<br />
che l’accademia ancora<br />
non è pronta a formare<br />
adeguatamente. Sarà<br />
certamente necessario<br />
rivedere i corsi universitari<br />
per affrontare il divario<br />
temporale tra presente e<br />
futuro, dato che gli attuali<br />
percorsi di studio restano<br />
ancorati al passato.<br />
Un’opzione per superare<br />
questa situazione potrebbe<br />
essere l’introduzione di<br />
programmi di master, tenuti<br />
da professionisti del settore<br />
che possono condividere<br />
conoscenze e competenze<br />
aggiornate.<br />
SMART PHARMA JOBS | S.M.<br />
Secondo Forbes, l’industria della sanità potrebbe essere “il settore maggiormente influenzato dagli enormi cambiamenti della<br />
quarta rivoluzione industriale”. Con il continuo sviluppo della tecnologia e l’aumento dell’importanza dei dati stanno emergendo<br />
nuove professioni che richiedono competenze specifiche per l’analisi dei dati (statistica, visualizzazione dei dati, clustering,<br />
classificazione ecc), per l’impiego dell’intelligenza artificiale (machine learning, deep learning, robotica, computer vision, natural<br />
language processing) ma anche per un’adeguata applicazione delle normative alle soluzioni digitali e per un loro utilizzo equo,<br />
trasparente e sicuro. Tra le professioni più richieste vi sono i data scientist, bioinformatici, esperti di intelligenza artificiale, realtà<br />
virtuale ed aumentata, tecnici di robotica e scienziati dei materiali.<br />
La trasformazione digitale, comunque, non si limiterà a introdurre nuove figure professionali in grado di governare al meglio le<br />
tecnologie avanzate e i sistemi di intelligenza artificiale ma coinvolgerà anche tutte le professioni tradizionali. Il processo, infatti,<br />
sta progressivamente modificando il contenuto e le modalità di erogazione dei servizi in tutte le professioni sanitarie grazie<br />
all’automazione dei processi, la remotizzazione delle attività, l’introduzione di sensori per il monitoraggio in real time, lo sviluppo<br />
di software e dispositivi per assistere pazienti e operatori sanitari. Per accogliere questo futuro molto prossimo – a tratti già<br />
presente – i medici dovranno imparare a familiarizzare con la telemedicina e i sistemi di comunicazione da remoto, i chirurghi<br />
dovranno padroneggiare le apparecchiature robotiche, gli infermieri si devono abituare a gestire pazienti che indossano sensori<br />
elettronici e interagiscono con sistemi di monitoraggio IoT. Inoltre, i professionisti della salute dovranno imparare a collaborare<br />
con gli esperti delle nuove professioni emergenti. Queste figure hanno competenze specifiche su analisi dei dati, genomica,<br />
intelligenza artificiale, automazione e robotica ma per poterle applicare al contesto sanitario devono lavorare in parallelo con i<br />
clinici. Il lavoro sarà sempre più cooperativo e interfunzionale: i data scientist collaboreranno con i clinici per sviluppare i modelli<br />
di intelligenza artificiale (ad esempio con oncologi e ricercatori per creare modelli predittivi sui tumori), gli ingegneri biomedici<br />
lavoreranno con ortopedici e fisioterapisti per progettare nuove protesi e dispositivi per la riabilitazione muscolo-scheletrica, i<br />
programmatori di software affiancheranno i medici per sviluppare dispositivi e app per la diagnostica e il monitoraggio remoto dei<br />
pazienti.<br />
Anche le modalità di lavoro sono destinate a mutare integrando nuove opzioni come il telelavoro, il coworking e gli ambienti di<br />
lavoro flessibili. Questo ha sicuramente molti aspetti positivi ma porta con sé anche diverse zone d’ombra. Secondo un report<br />
dell’International labour organization, la flessibilità degli orari ha un impatto estremamente positivo sulla produttività e sul<br />
benessere dei dipendenti e offre alle donne maggiori probabilità di rimanere attive nel mercato del lavoro dopo il parto. Tuttavia, la<br />
possibilità di lavorare da qualsiasi luogo e in qualsiasi momento può comportare isolamento sociale e professionale e può portare<br />
a una sorta di “dipendenza” che elimina il confine con la vita privata. Un aspetto particolarmente delicato riguarda il rischio che le<br />
nuove tecnologie possano sostituire gli operatori umani nello svolgimento di alcune mansioni. Questo è certamente una possibilità<br />
concreta ma, come spiega Ashok K Harnal su The Economic Times, la rapida crescita tecnologica in realtà “ha aperto la strada<br />
a infinite opportunità di lavoro.” Uno studio del 2021 in ambito medico suggerisce che l’introduzione dei sistemi di intelligenza<br />
artificiale abbia effetti variabili a seconda dei ruoli professionali occupati. Ad esempio, i risultati mostrano che i salari e il livello di<br />
occupazione di medici e chirurghi sono entrambi aumentati dopo l’introduzione di “Watson for healthcare” (il sistema di IA di IBM<br />
dedicato all’healthcare) nel 2013, mentre per segretari e assistenti amministrativi non è stato riscontrato alcun effetto significativo<br />
.<br />
63
LE FIGURE<br />
PROFESSIONALI<br />
PIÙ RICERCATE<br />
Le figure professionali<br />
più ricercate nel settore<br />
farmaceutico coprono<br />
ovviamente diversi ambiti.<br />
All’interno dell’area sales<br />
sono ancora molto ricercati<br />
gli informatori scientifici,<br />
soprattutto per i nutraceutici,<br />
e gli informatori specialistici,<br />
poiché i medici desiderano<br />
ancora confrontarsi<br />
con esperti umani. Sarà<br />
importante che queste figure<br />
comprendano e utilizzino<br />
strumenti digitali, inclusa<br />
l’intelligenza artificiale, per<br />
ottimizzare il proprio lavoro.<br />
Nell’area marketing le due<br />
figure più ricercate sono<br />
attualmente quella del<br />
product manager e quella<br />
del marketing manager<br />
mentre in quella medica<br />
molte aziende cercano<br />
persone qualificate per<br />
ricoprire il ruolo di medical<br />
scientific liason e di medical<br />
advisor. Sono altresì molto<br />
richieste tutte le figure che<br />
ruotano intorno all’accesso<br />
del farmaco sul mercato<br />
(regional market access<br />
manager e market access<br />
manager) e che ne valutano<br />
gli aspetti regolatori, oltre che<br />
di farmacovigilanza.<br />
Sono molto gettonate anche<br />
altre figure specializzate in<br />
grado di gestire gli ambiti<br />
della logistica, dell’area<br />
clinica, della supply chain,<br />
delle risorse umane, e della<br />
finanza.<br />
COMPETENZE<br />
LEGATE ALLA<br />
TECNOLOGIA<br />
Saranno sempre più<br />
necessarie figure<br />
specializzate nello sviluppo<br />
della digital health, che<br />
richiederanno competenze<br />
manageriali tradizionali<br />
integrate con una conoscenza<br />
approfondita delle<br />
applicazioni di intelligenza<br />
artificiale (vedi box). I giovani<br />
talenti che si avvicinano a<br />
questo settore dovranno<br />
avere un approccio orientato<br />
all’apprendimento continuo,<br />
dato che l’industria è in<br />
costante evoluzione grazie<br />
alla trasformazione digitale.<br />
Dovranno anche essere<br />
capaci di lavorare e imparare<br />
all’interno di team distribuiti,<br />
poiché il lavoro remoto è<br />
sempre più diffuso.<br />
LE PRINCIPALI PROFESSIONI NEL PHARMA<br />
LEGATE ALLE TECNOLOGIE<br />
DATA SCIENTIST: analizza grandi quantità di dati raccolti da studi clinici, sperimentazioni e altri fonti per<br />
ottenere informazioni utili sulle prestazioni dei farmaci e sulle esigenze dei pazienti.<br />
ESPERTO DI INTELLIGENZA ARTIFICIALE: sviluppa e utilizza algoritmi di apprendimento automatico e<br />
di intelligenza artificiale per migliorare la scoperta di nuovi farmaci, la valutazione della sicurezza dei farmaci e la<br />
personalizzazione dei trattamenti.<br />
ESPERTO DI ROBOTICA E AUTOMAZIONE: usa tecnologie robotiche per automatizzare il processo di<br />
sviluppo e produzione di farmaci, dalla sintesi dei composti alla distribuzione.<br />
SCIENZIATO DEI MATERIALI: sviluppa nuovi materiali per i dispositivi medici, come sensori, pompe, impianti<br />
e protesi, per migliorare la loro sicurezza, durata e funzionalità.<br />
TECNOLOGO FARMACEUTICO: impiega le tecnologie informatiche per monitorare la produzione di farmaci,<br />
garantendo che siano prodotti in modo sicuro e rispettino le normative.<br />
ESPERTO DI REALTÀ AUMENTATA E VIRTUALE: utilizza la realtà aumentata e virtuale per migliorare<br />
l’efficacia dei trattamenti, la formazione degli operatori sanitari e la comprensione da parte dei pazienti delle proprie<br />
condizioni.<br />
64
making<br />
pharmaindustry<br />
L’innovazione nella ricerca e<br />
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66
makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />
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Pharma Telling & Industry
INNOVAZIONE<br />
MOTORE<br />
DI SVILUPPO<br />
Tema chiave del simposio AFI è il ruolo<br />
dell’innovazione nel settore farmaceutico con<br />
focus sul progresso tecnologico e sugli sviluppi<br />
nei campi della biologia molecolare, delle nuove<br />
terapie e delle tecnologie digitali<br />
Elena Botti<br />
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elemento cruciale per lo sviluppo di nuove terapie e<br />
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popolazione migliorardone la qualità. Lo sviluppo delle<br />
biotecnologie e l’uso di tecniche avanzate di bioingegneria,<br />
ad esempio, stanno contribuendo alla creazione di soluzioni<br />
terapeutiche innovative, come nuovi vaccini o immunoterapie<br />
per trattare patologie finora incurabili. Anche la ricerca e<br />
l’ottimizzazione di nuove vie di somministrazione, l’uso di<br />
assistenti digitali, le formulazioni innovative consentono di<br />
migliorare l’efficacia dei medicinali aumentando nel contempo<br />
l’aderenza alla terapia. In tema di produzione, la ricerca<br />
di processi più sostenibili, la digitalizzazione e l’impiego<br />
dell’intelligenza artificiale promettono di trasformare<br />
profondamente il settore.<br />
In questo contesto, anche il 62° Simposio AFI – intitolato<br />
quest’anno “La filiera della salute: motore di sviluppo per<br />
il Paese” – non poteva che essere dedicato al progresso<br />
tecnologico del settore. La redazione di <strong>Making</strong><strong>Life</strong> ha avuto<br />
l’opportunità di intervistare i moderatori che interverranno a<br />
Rimini dal 7 al 9 <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong> ed è apparso subito chiaro che<br />
la parola chiave di questa edizione è proprio “Innovazione”,<br />
in tutte le declinazioni applicabili al mondo farmaceutico. «Il<br />
simposio AFI per vocazione è un momento importante – ci ha<br />
spiegato il presidente AFI, Giorgio Bruno – per condividere le<br />
best practice dell’intera filiera farmaceutica. È naturale che<br />
gli argomenti che vengono trattati in queste sessioni coprano<br />
l’intero panorama delle tematiche più innovative: l’evoluzione<br />
della tecnologia digitale, le biologie molecolari e lo sviluppo<br />
di nuovi prodotti e di terapie personalizzate saranno i<br />
punti chiave». Ma anche la sostenibilità riveste un ruolo<br />
imprescindibile, perché «non si può più pensare alla filiera<br />
della salute senza collegarla alla protezione ambientale».<br />
IL RUOLO<br />
DELLE TERAPIE AVANZATE<br />
Il settore farmaceutico italiano è il primo produttore di<br />
farmaci in Europa con un valore della produzione di 34,5<br />
miliardi di euro nel 2021. Per rimanere al passo coi tempi<br />
e mantenersi a questi livelli di competitività, l’Italia ha<br />
intrapreso un percorso di sviluppo sostenibile, basato<br />
sull’evoluzione di nuove tecnologie digitali, personalizzate<br />
e meno impattanti. L’obiettivo è quello di aumentare la<br />
produzione e le vendite diminuendo però il consumo di<br />
energia e acqua. Per raggiungere gli obiettivi, una importante<br />
opportunità è rappresentata dai fondi del Pnrr, come<br />
sottolinea Maria Luisa Nolli, Ceo di NCNbio e coordinatrice<br />
70
makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />
del gruppo di studio AFI su Biotech e medicinali per terapie<br />
avanzate. Il nostro governo, infatti, ha stanziato circa 500<br />
milioni di euro per quella che è considerata la “medicina del<br />
futuro”, ovvero le diverse terapie personalizzate, come le<br />
CarT, rivolte a pazienti affetti da malattie rare o invalidanti.<br />
In questo tipo di trattamenti si mira a sostituire un gene<br />
sbagliato con il gene giusto, obiettivo che può essere<br />
raggiunto in un solo intervento. Queste “one shot therapy”,<br />
se hanno successo, dimostrano un evidente vantaggio per<br />
il paziente ma ci sono ancora molte sfide da affrontare per<br />
quanto riguarda i loro costi e – conseguentemente – i metodi<br />
per renderne possibile la rimborsabilità da parte del sistema<br />
sanitario nazionale.<br />
Alla classe degli Atmp (Advanced therapy medicinal products)<br />
appartengono anche le tecniche di ingegneria tissutale<br />
illustrate da Paolo Caliceti, direttore del Dipartimento di<br />
scienze farmaceutiche e farmacologiche dell’Università<br />
di Padova e Stefano Salmaso, docente di Tecnologia della<br />
somministrazione dei farmaci presso lo stesso dipartimento,<br />
che modereranno la sessione del simposio dedicata alle<br />
nuove tecnologie di produzione. L’obiettivo del settore<br />
farmaceutico – affermano – è di sviluppare nuovi sistemi<br />
di drug-delivery basati su queste tecnologie, che portino<br />
il farmaco esattamente nella sede di azione desiderata,<br />
seguendo la posologia della terapia. Lo sviluppo di questi<br />
nuovi sistemi andrebbe a completare quelli già esistenti,<br />
permettendo nuove applicazioni per trattamenti già noti e<br />
quindi riutilizzando risorse già disponibili.<br />
SALVAGUARDARE<br />
IL RAPPORTO COI PAZIENTI<br />
Oltre a stanziare i fondi per gli Atmp, il Pnrr incentiva anche<br />
l’aggiornamento digitale, al fine di “rafforzare l’infrastruttura<br />
tecnologica e degli strumenti per la raccolta, l’elaborazione,<br />
l’analisi dei dati e la simulazione”. Questa transizione porta<br />
con sé nuovi strumenti, come l’intelligenza artificiale,<br />
che permette di analizzare grandi quantità di dati per<br />
la ricerca clinica in tempi molto brevi. Ce ne ha parlato<br />
Lorenzo Cottini, country manager di Evidenze Health srl<br />
che introdurrà la sessione sulle nuove norme in tema di<br />
privacy e cybersecurity. Nell’intervista, Cottini sottolinea<br />
l’importanza di non trascurare il corretto addestramento<br />
degli algoritmi in modo da mantenere il necessario equilibrio<br />
tra la protezione della privacy e la ricerca clinica innovativa.<br />
Un obiettivo importante, per non alimentare sospetti e<br />
preoccupazioni da parte dei cittadini, che potrebbero<br />
ostacolare lo sviluppo di soluzioni in grado di fornire cure<br />
più efficaci in tempi più rapidi. Mantenere un atteggiamento<br />
collaborativo con i pazienti può essere fondamentale anche<br />
per il monitoraggio della sicurezza dei farmaci dopo la loro<br />
autorizzazione all’immissione in commercio. Su questo<br />
argomento Andrea Oliva, coordinatore del gruppo AFI che si<br />
occupa di farmacovigilanza, ci ha aggiornato sulla proposta di<br />
Ema di utilizzare i social media per raccogliere segnalazioni<br />
sugli effetti indesiderati dei farmaci. Nello specifico, i<br />
responsabili marketing delle diverse piattaforme sono<br />
obbligati a effettuare degli screening per rilevare eventuali<br />
comunicazioni da parte degli utenti. Se implementato<br />
correttamente, questo strumento potrebbe rappresentare<br />
un’ottima risorsa, dal momento che oggi i social media<br />
vengono utilizzati dalla stragrande maggioranza della<br />
popolazione e sono considerati il mezzo di comunicazione più<br />
funzionale e diretto.<br />
Al fine di mantenere il paziente in primo piano stanno<br />
anche cambiando le normative farmaceutiche. Negli ultimi<br />
anni, racconta Antonio Conto, sta prevalendo l’intenzione<br />
di armonizzare le legislazioni, passando da regolamenti<br />
nazionali a regolamenti europei. Questa transizione<br />
permetterà di introdurre alcuni parametri minimi legati<br />
alla sicurezza e alla stima di rischio per la salute umana e<br />
l’ambiente. Se si riuscisse a raggiungere un’unica normativa<br />
a livello europeo, i tempi di approvazione di tutti gli elementi<br />
della filiera farmaceutica verrebbero drasticamente<br />
ridotti permettendo di velocizzare i processi di ricerca e di<br />
raggiungimento di cure efficaci e sicure.<br />
SERVE UNA PARTNERSHIP<br />
TRA TUTTI GLI STAKEHOLDER<br />
Il settore della salute sta affrontando <strong>numero</strong>se sfide<br />
complesse ma, al tempo stesso, ricche di opportunità.<br />
Superarle e sfruttare al meglio le nuove opportunità<br />
tecnologiche e scientifiche significa aprire la strada a un<br />
miglioramento significativo del benessere e della qualità<br />
della vita di milioni di persone. I protagonisti del prossimo<br />
simposio AFI richiamano tutti gli attori coinvolti nella filiera<br />
farmaceutica, dalle istituzioni all’industria alle università, a<br />
collaborare per promuovere l’innovazione. Solo attraverso<br />
una sinergia degli sforzi sarà possibile rispondere in maniera<br />
efficace alle nuove esigenze dei pazienti e creare valore per<br />
l’intero sistema Paese generando quel “Motore di sviluppo”<br />
suggerito dal titolo del simposio.<br />
Per ascoltare tutte<br />
le interviste complete<br />
71
per<br />
Monitoraggio e Qualifica degli<br />
ambienti e dei processi <strong>Life</strong> Science<br />
Ellab fornisce strumentazione avanzata e servizi per garantire la qualità<br />
e la sicurezza di processi e ambienti <strong>Life</strong> Science, compresi i settori<br />
biotecnologici e delle terapie avanzate<br />
Ellab è una società multinazionale<br />
con sede in Danimarca e<br />
filiali sparse in tutto il mondo,<br />
specializzata nella progettazione,<br />
produzione e distribuzione di<br />
strumentazione di precisione<br />
per la convalida, la qualifica<br />
e il monitoraggio di processi,<br />
impianti e ambienti, in particolar<br />
modo nel settore <strong>Life</strong> Science.<br />
Le soluzioni offerte includono<br />
strumenti per il monitoraggio di<br />
temperatura, pressione, umidità<br />
e CO 2 , così come strumenti di<br />
convalida e analisi dei dati dei<br />
processi termici. Abbiamo chiesto<br />
ad Alessandra Ferrari, Matteo<br />
Noschese e Davide Alberghina,<br />
rispettivamente Country manager,<br />
Sales manager e Validation<br />
manager di Ellab, di illustrarci la<br />
filososia della società.<br />
Dott. Noschese, che attività<br />
svolgete nel settore <strong>Life</strong> Science?<br />
Ellab fornisce strumentazione di<br />
precisione per la convalida e la<br />
qualifica di ambienti (produzione,<br />
stoccaggio e trasporto di prodotti<br />
farmaceutici), processi e impianti.<br />
In particolare, forniamo sistemi per<br />
la convalida di autoclavi e impianti<br />
di sterilizzazione, liofilizzatori,<br />
tunnel di depirogenazione;<br />
sistemi per la qualifica e la convalida<br />
di celle frigorifere, freezer,<br />
incubatori, isolatori e attrezzature di<br />
produzione farmaceutica.<br />
M. Noschese, A.Ferrari e D. Alberghina<br />
Forniamo inoltre apparecchiature<br />
per le mappature ambientali e<br />
per il monitoraggio in continuo di<br />
ambienti controllati.<br />
Questi strumenti aiutano a<br />
garantire che gli ambienti e le<br />
apparecchiature soddisfino gli<br />
standard di qualità richiesti dalle<br />
autorità di regolamentazione e<br />
dalle linee guida dell’industria.<br />
Inoltre, la nostra esperienza e<br />
competenza nel settore della<br />
convalida termica e della qualifica<br />
ci consentono di offrire servizi<br />
di consulenza personalizzati, in<br />
grado di rispondere alle specifiche<br />
esigenze dei nostri clienti a 360<br />
gradi.<br />
La divisione Servizi di Ellab fornisce<br />
infatti una vasta gamma di servizi<br />
fondamentali per garantire che<br />
i processi e gli impianti siano<br />
conformi alle norme di riferimento<br />
e per aiutare i nostri clienti a<br />
garantire la sicurezza e la qualità<br />
dei loro prodotti e dei loro processi.<br />
72
makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />
Ad esempio quali?<br />
Ad esempio supportiamo i clienti<br />
nelle attività di Commissioning<br />
e nella fase di avviamento di<br />
una nuova attrezzatura o di un<br />
nuovo processo; offriamo Servizi<br />
di Qualifica per la verifica e<br />
documentazione delle prestazioni<br />
di una attrezzatura o di un processo,<br />
per garantire che sia conforme<br />
alle specifiche del cliente e alle<br />
normative di riferimento; svolgiamo<br />
Attività di Convalida per la verifica e<br />
documentazione della prestazione<br />
di processi, impianti e ambienti<br />
per garantire la produzione e<br />
conservazione di prodotti di alta<br />
qualità; mappature per la valutazione<br />
delle condizioni ambientali (es:<br />
temperatura, umidità, pressione,<br />
qualità dell’aria); offriamo servizi di<br />
formazione per aiutare i nostri clienti<br />
a migliorare le loro competenze<br />
tecniche e la loro conoscenza delle<br />
normative e delle GMP. Inoltre,<br />
forniamo servizi di consulenza per<br />
supportarli nella progettazione<br />
e implementazione di soluzioni<br />
conformi alle normative e supporto<br />
tecnico: assistenza remota, taratura<br />
degli strumenti sia in campo<br />
che presso il nostro laboratorio<br />
metrologico accreditato ACCREDIA<br />
per temperatura, umidità relativa<br />
e punto di rugiada, pressione e<br />
grandezze elettriche. I nostri servizi<br />
sono eseguiti da un gruppo di<br />
esperti altamente qualificati, che<br />
utilizzano strumenti all’avanguardia<br />
e di alta precisione per garantire la<br />
massima affidabilità dei risultati.<br />
Quali sono gli aspetti più critici<br />
nella scelta delle apparecchiature<br />
per la mappatura ambientale?<br />
Tra i principali segnalerei la<br />
precisione dei sensori e l’affidabilità<br />
delle misure, la gamma di sensori<br />
disponibili, la facilità d’uso e<br />
la flessibilità del sistema, la<br />
compatibilità con gli standard di<br />
qualità del settore e la possibilità<br />
di integrazione con altri<br />
strumenti e software. È importante<br />
considerare anche le esigenze<br />
specifiche dell’applicazione, come<br />
la dimensione dell’area da mappare,<br />
il tipo di prodotto da monitorare e i<br />
requisiti normativi.<br />
Ing. Alberghina, che impatto<br />
sta avendo la progressiva<br />
digitalizzazione degli strumenti?<br />
Sta certamente semplificando le<br />
attività degli operatori ma richiede<br />
anche competenze sempre più<br />
sofisticate per sfruttare appieno le<br />
funzionalità avanzate. Gli strumenti<br />
digitali offrono una maggiore<br />
precisione, flessibilità e capacità<br />
di elaborazione dei dati e di<br />
conseguenza molte opportunità per<br />
migliorare l’efficienza dei processi,<br />
ma richiedono una conoscenza più<br />
approfondita dei sistemi informatici<br />
e dei software utilizzati, e si dovrà<br />
quindi investire molto nella<br />
formazione.<br />
Quali sviluppi prevedete per il<br />
settore della mappatura, convalida<br />
e qualifica in area <strong>Life</strong> Science?<br />
Prevediamo che continui a crescere<br />
e ad evolversi per rispondere alle<br />
esigenze sempre più rigorose del<br />
settore e al crescente sviluppo<br />
di farmaci biotecnologici. In<br />
particolare, ci aspettiamo una<br />
maggiore integrazione tra gli<br />
strumenti di monitoraggio e di<br />
controllo dei processi e dei prodotti,<br />
una maggiore implementazione di<br />
tecnologie di automazione e una<br />
maggiore adozione di strumenti<br />
digitali e di analisi dati avanzate.<br />
Inoltre, l’attenzione crescente per<br />
la sicurezza e la qualità dei prodotti<br />
farmaceutici continuerà a essere<br />
prioritaria e spingerà gli operatori<br />
del settore a investire e adottare<br />
tecnologie sempre più innovative<br />
e sofisticate, come l’Internet delle<br />
cose (IoT) e l’analisi dei dati, che<br />
contribuiranno a migliorare la<br />
qualità e l’efficienza dei processi e la<br />
riduzione dei tempi necessari per la<br />
convalida e qualifica dei processi. In<br />
questi ambiti Ellab si rivela essere un<br />
player di riferimento.<br />
Sig.ra Ferrari, che previsioni avete<br />
nel campo delle biotecnologie<br />
e delle terapie avanzate e quale<br />
contributo potete fornire in questi<br />
settori?<br />
Si tratta di un settore in rapida<br />
evoluzione che rappresenta una<br />
grande opportunità per l’industria<br />
farmaceutica e la ricerca scientifica.<br />
In Ellab, siamo molto attenti a<br />
queste tendenze di mercato e<br />
abbiamo sviluppato prodotti e servizi<br />
specifici per supportare gli operatori<br />
del settore nella qualifica e convalida<br />
di questi processi. In particolare, i<br />
nostri strumenti sono stati progettati<br />
per garantire la massima precisione<br />
e affidabilità dei dati in ambienti<br />
altamente sensibili come quelli dei<br />
laboratori biotecnologici. Inoltre,<br />
offriamo una vasta gamma di servizi<br />
di consulenza per aiutare i nostri<br />
clienti a progettare e implementare<br />
processi conformi alle normative e<br />
alle pratiche di buona fabbricazione.<br />
Guardando al futuro, prevediamo<br />
una crescente richiesta di servizi<br />
e soluzioni per la qualifica e la<br />
convalida di processi biotecnologici<br />
e delle terapie cellulari e geniche.<br />
Continueremo quindi a investire in<br />
ricerca e sviluppo per migliorare la<br />
nostra offerta di prodotti e servizi<br />
e per rispondere alle esigenze del<br />
mercato in continua evoluzione,<br />
traducendo nella pratica quotidiana<br />
l’obiettivo di Ellab che è quello<br />
di “creare insieme la fiducia nella<br />
sicurezza dei consumatori”.<br />
ELLAB Srl<br />
Via Figino 22<br />
20016 PERO MI<br />
Phone: +39 02 3491751<br />
E-mail: italy@ellab.com<br />
73
per<br />
Faravelli Pharma Division: materie prime<br />
al servizio dell’industria farmaceutica<br />
Già tra i principali player del pharma per la fornitura di eccipienti, l’azienda<br />
italiana ha ora esteso la sua offerta anche ai principi attivi con l’obiettivo di<br />
diventare un partner completo per i clienti del settore<br />
Faravelli opera nell’industria<br />
farmaceutica da diversi decenni e<br />
negli anni è riuscita ad affermarsi<br />
tra i principali player del settore.<br />
Oltre alla qualità delle materie<br />
prime, le aziende hanno sempre<br />
apprezzato il servizio che Faravelli<br />
mette a disposizione per garantire<br />
soluzioni complete, continuative e<br />
su misura.<br />
Proprio la vicinanza e il confronto<br />
continuo con i clienti hanno<br />
permesso di recepire l’esigenza<br />
condivisa di un’estensione della<br />
gamma di prodotti offerti, che<br />
comprendesse finalmente anche<br />
i principi attivi (APIs) accanto agli<br />
eccipienti, cavallo di battaglia<br />
sin dagli esordi e rimasti per<br />
lungo tempo il cuore dell’offerta<br />
merceologica. Faravelli, infatti, è<br />
attiva nel farmaceutico dai primi<br />
anni ‘60, quando alle specialità per<br />
la fotochimica si sono affiancati i<br />
prodotti per il settore farmaceutico<br />
e nutrizionale, sebbene la vera<br />
svolta sia avvenuta nel 1973 con<br />
la prima collaborazione – tutt’ora<br />
attiva – in esclusiva per il mercato<br />
italiano con Meggle, leader<br />
mondiale nella produzione di<br />
lattosio.<br />
Ora, a cinquant’anni esatti da<br />
quell’accordo l’estensione ai<br />
Principi Attivi Farmaceutici. Quello<br />
degli API, d’altra parte, è un<br />
settore in fortissima crescita (vedi<br />
box), in cui la società milanese<br />
ha deciso di investire nel segno<br />
della “diversificazione”, una<br />
filosofia che ha sempre messo in<br />
atto sia in ambito merceologico<br />
che geografico e che in questo<br />
caso specifico si è potuta<br />
sviluppare grazie all’acquisizione di<br />
Deltapharma S.L., azienda spagnola<br />
attiva dal 1985 nella distribuzione di<br />
APIs e autorizzata all’importazione<br />
da Paesi extra-UE.<br />
L’acquisizione ha consentito a<br />
Faravelli di rafforzarsi in Spagna<br />
e di creare importanti sinergie<br />
a livello globale: Deltapharma<br />
è strutturata per importare<br />
principi attivi anche da fuori<br />
Europa, una premessa ottimale<br />
per la formazione di una rete<br />
internazionale, un fattore percepito<br />
come un plus per la crescita nel<br />
settore dei principi attivi.<br />
74
makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />
Faravelli ha inoltre investito<br />
in personale specializzato,<br />
coinvolgendo le sedi estere<br />
del gruppo per dare vita a una<br />
rete commerciale competitiva e<br />
capillare.<br />
Anche l’attività di scouting è<br />
stata potenziata per offrire una<br />
rete di fornitori adeguata alle<br />
nuove esigenze del mercato e per<br />
far fronte alle sfide che stanno<br />
cambiando gli equilibri geopolitici<br />
e le dinamiche globali, partendo<br />
dall’epidemia di Covid-19 fino ai<br />
recenti conflitti tra Ucraina e Russia.<br />
Oggi Faravelli propone un’offerta<br />
davvero ampia di principi attivi<br />
ed eccipienti di altissima qualità,<br />
che aiutano gli operatori del<br />
settore a ottenere la formulazione<br />
farmaceutica che stanno cercando:<br />
funzionale, sicura, efficace,<br />
performante.<br />
L’attività di distribuzione è<br />
completata da una gamma di servizi<br />
(regolatorio, logistica, marketing)<br />
che le hanno consentito di<br />
confermarsi come autentico partner<br />
strategico che mette in primo piano<br />
la soddisfazione dei clienti.<br />
Se è vero che il farmaceutico<br />
rimane un mercato abbastanza<br />
tradizionalista, in cui le novità<br />
non sono sempre accolte<br />
immediatamente anche in<br />
ragione delle procedure legate<br />
alle validazioni e alla complessità<br />
delle normative, è però vero che il<br />
progetto di Faravelli ha destato sin<br />
da subito un certo interesse.<br />
Il banco di prova è stato, tra gli<br />
altri, la recente partecipazione al<br />
salone <strong>Making</strong> Pharmaceuticals,<br />
svoltosi a fine marzo a Milano.<br />
L’appuntamento non ha deluso<br />
le aspettative e l’azienda ha<br />
già riconfermato la presenza<br />
all’edizione 2024.<br />
Giusto Faravelli S.p.A.<br />
via Medardo Rosso 8, 20159 Milano (MI)<br />
Tel. +39 02 697171<br />
Mail: pharma@faravelli.it<br />
Il mercato globale<br />
dei principi attivi farmaceutici<br />
Secondo il report “Global active pharmaceutical ingredients market, 2030”<br />
pubblicato dalla società di analisi di mercato GVC, il giro d’affari globale degli<br />
ingredienti farmaceutici attivi (API) ha raggiunto un valore di 222,4 miliardi di<br />
dollari nel 2022 e si prevede che nei prossimi sette anni crescerà a un tasso<br />
medio annuo del 5,90% fino a superare quota 330 miliardi nel 2030. Questa<br />
crescita può essere attribuita ai progressi nella produzione degli API e alla diffusione di malattie croniche<br />
come quelle cardiache e i tumori. Anche le misure dei governi volte a incentivare la produzione di API e<br />
le <strong>numero</strong>se trasformazioni geopolitiche in corso stanno alimentando la crescita di questo mercato. In<br />
seguito alle interruzioni nelle catene di fornitura causate dal Covid-19, ad esempio, le preferenze delle<br />
aziende farmaceutiche si sono adeguate privilegiando Paesi come l’India a scapito della Cina, la cui<br />
supply chain è stata profondamente colpita dai prolungati periodi di lockdown. Molti governi, inoltre, per<br />
ridurre la dipendenza da Paesi terzi, hanno messo in atto piani e forme di incentivazione per promuovere<br />
la produzione di API sul proprio territorio. Il comparto rappresenta un’industria ad alta tecnologia in cui<br />
l’Italia detiene una posizione di primo piano a livello mondiale. Secondo i dati dell’Agenzia ICE, con 34,4<br />
miliardi di euro di produzione il nostro Paese è leader in Unione europea insieme a Francia e Germania.<br />
Gran parte di questa produzione è destinata al mercato globale: circa l’85% della produzione viene<br />
esportata in più di 90 Paesi.<br />
75
per<br />
L’evoluzione di Gammatom<br />
tra continuità e rinnovamento<br />
Per affrontare le sfide del mercato, l’azienda punta a integrare l’esperienza<br />
fin qui acquisita con l’innovazione gestionale e investimenti tecnologici<br />
Gammatom è un’azienda<br />
italiana specializzata in servizi di<br />
irraggiamento attraverso raggi<br />
gamma per scopi scientifici e<br />
industriali, attiva anche nel settore<br />
farmaceutico. Lo scorso anno,<br />
l’azienda ha affrontato una passaggio<br />
generazionale il cui successo è ormai<br />
conosciuto nel settore di riferimento.<br />
Con Andrea Soldini, oggi direttore<br />
generale di Gammatom, cerchiamo<br />
di capire quale identità manageriale<br />
ha scelto per questa avventura<br />
gestionale.<br />
«Ho assunto ufficialmente il ruolo<br />
di direttore generale il 22 maggio<br />
dello scorso anno – racconta Soldini.<br />
Mio padre ha deciso fosse tempo<br />
di dedicarsi ad altro approfittando<br />
della pensione. Definisco la mia<br />
identità manageriale ancora un<br />
“work in progress” ma ho già idee<br />
chiare su alcuni punti, ad esempio<br />
trattenere l’esperienza di chi mi<br />
ha preceduto allineandola con le<br />
nuove metodologie di management.<br />
Questo perché la progressiva e veloce<br />
evoluzione del mondo, soprattutto<br />
dal punto di vista tecnologico, è più<br />
allineata a una mentalità giovane, ma<br />
allo stesso tempo ci sono elementi<br />
e situazioni che permangono<br />
invariate anche col susseguirsi delle<br />
generazioni».<br />
Pur mantenendo saldi gli elementi<br />
di ricerca e qualità del servizio,<br />
il management ha integrato<br />
due novità che hanno impresso<br />
un’accelerazione al processo di<br />
crescita sui mercati: comunicazione<br />
e risorse umane. Vuole illustrarci<br />
questa scelta?<br />
La comunicazione è tanto<br />
fondamentale quanto difficile da<br />
gestire, anche nelle PMI. Spesso ci<br />
si accorge che la gestione di molte<br />
cose avrebbe potuto essere più<br />
fluida e rapida se solo ci fosse stata<br />
a monte una comunicazione più<br />
efficace. Il passo tra comunicazione<br />
e collaborazione è molto breve ma<br />
spesso non se ne tiene conto.<br />
In tema di risorse umane, lei ha<br />
recentemente dotato Gammatom<br />
di un H.R. Executive Manager<br />
(nella persona di Katia Carlucci,<br />
professionista di provata<br />
esperienza), una scelta rara per<br />
una PMI. Cosa si aspetta da questo<br />
investimento?<br />
Premetto di aver ricevuto allo stesso<br />
tempo critiche e complimenti per<br />
questa scelta. Qualcuno ha lasciato<br />
intendere che avrebbe potuto essere<br />
un passaggio inutile sulla base della<br />
quantificazione specifica del lavoro,<br />
a loro dire insufficiente. Altri si son<br />
dimostrati da subito entusiasti all’idea.<br />
Ricordiamoci che le persone “fanno<br />
l’azienda” e possono esserci persone<br />
più o meno competenti e più o meno<br />
fedeli, ma tutte hanno necessità di<br />
esser gestite nell’organizzazione.<br />
Spesso per mancanza di tempo,<br />
eccessiva timidezza, difficoltà nei<br />
rapporti umani ecc, i rapporti col<br />
personale sono contenuti e le<br />
persone tendono a essere meno<br />
76
makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />
collaborative o a non sentirsi<br />
considerate. Mi aspetto quindi, come<br />
già sta accadendo, che l’introduzione<br />
di una figura dedicata aiuti a colmare<br />
lacune e a eviscerare aspetti critici<br />
della comunicazione interna.<br />
Uno dei vostri punti di forza è<br />
senza dubbio il possesso di una<br />
serie di importanti certificazioni<br />
nazionali e internazionali necessarie<br />
in Paesi con normative stringenti.<br />
Quali differenze di approccio<br />
verso l’attività di irraggiamento<br />
percepisce tra l’Italia e il resto del<br />
mondo?<br />
Posso dire che a livello mondiale il<br />
core business dell’irraggiamento sia<br />
prevalentemente il settore medicale<br />
e medico sanitario, seguito da quello<br />
cosmetico, protesico, farmaceutico e<br />
del packaging legato ai settori appena<br />
citati. Essendo però l’applicazione dei<br />
raggi gamma molto vasta, in alcuni<br />
Paesi viene prediletto l’irraggiamento<br />
in ambito food soprattutto per quanto<br />
riguarda frutta fresca e spezie. Questo<br />
permette una maggiore durabilità dei<br />
prodotti poiché, anche in questo caso,<br />
vengono eliminati i microrganismi<br />
che porterebbero il cibo alla<br />
decomposizione.<br />
Una crescita produttiva richiede<br />
capacità e struttura. Voi detenete<br />
il materiale radioattivo Cobalto 60:<br />
parliamo di autorizzazioni, controlli,<br />
approvvigionamenti specifici e altro.<br />
Come affronterete tutto questo nel<br />
breve periodo, in funzione di una<br />
maggiore domanda?<br />
Nel nostro caso l’aumento della<br />
capacità produttiva è strettamente<br />
legato alla capacità di detenzione<br />
di Cobalto 60 e alla velocità<br />
delle macchine dell’impianto di<br />
irraggiamento. Per cui, considerando<br />
le previsioni di continua crescita<br />
di prodotti che necessitano il<br />
nostro trattamento, ci siamo<br />
mossi richiedendo ai ministeri<br />
di competenza l’estensione<br />
dell’autorizzazione alla detenzione<br />
di materiale radioattivo. Questo<br />
ci permetterà, una volta ricevuto il<br />
Cobalto e apportate le opportune<br />
modifiche all’impianto, di aumentare<br />
la capacità produttiva. In teoria<br />
dovremmo riuscire a beneficiare di<br />
questo miglioramento nel corso del<br />
2024.<br />
Torniamo all’attività specifica<br />
di irraggiamento e ai settori<br />
produttivi ai quali vi dedicate<br />
commercialmente. A chi si rivolge la<br />
vostra offerta?<br />
Il nostro servizio è rivolto soprattutto<br />
a quei prodotti che dovranno entrare<br />
in contatto diretto o indiretto con<br />
l’essere umano. Parliamo quindi di<br />
dispositivi medici di ogni genere,<br />
dispositivi impiantabili, cosmetici,<br />
farmaci, protesi ortopediche, teche<br />
craniche, strumenti monouso, prodotti<br />
medicali, packaging per i prodotti<br />
appena citati e altro. È importante<br />
conoscere i prodotti al fine di<br />
effettuare un trattamento efficace che<br />
allo stesso tempo non li danneggi.<br />
Un vostro punto di forza è<br />
la capacità di diversificare<br />
l’irraggiamento applicandolo su<br />
strati sottili. Vuole approfondire<br />
meglio questo passaggio che<br />
contiene informazioni importanti<br />
non solo per il produttore ma anche<br />
per il consumatore finale?<br />
Premettendo che la quasi totalità<br />
degli impianti di irraggiamento<br />
irraggiano i bancali interi, la filosofia<br />
di Gammatom è sempre stata diversa<br />
ovvero irraggiare strati sottili, andando<br />
a togliere i colli (scatole, sacchi,<br />
fusti) dai bancali e posizionandoli<br />
all’interno di gabbie di ferro molto<br />
più piccole dei bancali sia in altezza<br />
che in profondità. Questo permette<br />
ai raggi di attraversare i materiali<br />
più facilmente riducendo la forbice<br />
che intercorre tra dose minima e<br />
massima e ottenendo di conseguenza<br />
una migliore distribuzione della<br />
dose assorbita. Fin dalla gestione<br />
di mio padre questo approccio è<br />
stato perfezionato e implementato<br />
investendo in tecnologie e macchinari<br />
che nel corso degli anni hanno<br />
confermato di rappresentare una<br />
corretta scelta di investimento che ci<br />
differenzia da tutti gli altri.<br />
Negli ultimi mesi l’attività<br />
commerciale ha ripreso a pieno<br />
regime dopo il rallentamento<br />
dovuto alla pandemia.<br />
Condividete le vostre esperienze<br />
anche partecipando a eventi o<br />
manifestazioni fieristiche?<br />
È vero che gli incontri online<br />
velocizzano e facilitano i rapporti sotto<br />
certi punti di vista, ma il confronto<br />
dal vivo continua a non avere eguali.<br />
Per questo motivo, appena è stato<br />
possibile abbiamo ricominciato a<br />
partecipare a fiere commerciali e<br />
meeting internazionali di settore. Lo<br />
riteniamo importante per confermare<br />
i contatti esistenti e crearne di nuovi,<br />
oltre che per rimanere aggiornati sulle<br />
novità inerenti l’irraggiamento e la<br />
sterilizzazione in generale.<br />
Quale tipo di cliente le piacerebbe<br />
incontrare trasmettendogli<br />
i vantaggi di un servizio<br />
d’irraggiamento?<br />
Sono ormai sette anni che ci<br />
focalizziamo sul settore farmaceutico,<br />
nella fattispecie sull’irraggiamento<br />
degli Api. L’applicazione della nostra<br />
tecnologia a questo tipo di prodotto è<br />
ancora poco conosciuta e, grazie alla<br />
particolarità del nostro impianto e alla<br />
nostra flessibilità, siamo tra i pochi in<br />
grado di approcciare a questo settore.<br />
Per i produttori di Api i vantaggi di<br />
sterilizzare con i gamma piuttosto che<br />
produrre in asettico sono molteplici,<br />
tra cui il risparmio di tempo e denaro<br />
e la certezza del raggiungimento della<br />
sterilità.<br />
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77
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IL FUTURO DELLA<br />
PRODUZIONE FARMACEUTICA<br />
78<br />
L’impiego di tecnologie<br />
innovative rappresenta una<br />
promettente opportunità<br />
per il settore farmaceutico<br />
ma gli ostacoli sul cammino<br />
sono tanti, e non solo legati<br />
alle restrizioni normative<br />
Il settore farmaceutico sta vivendo una fase di profonda<br />
trasformazione, spinto da diversi fattori di cambiamento.<br />
La popolazione invecchia, la pandemia di Covid-19<br />
ha modificato le priorità sanitarie, i costi dell’energia<br />
aumentano mentre i cambiamenti climatici diventano una<br />
minaccia crescente. Anche la carenza di operatori sanitari<br />
rappresenta una preoccupazione.<br />
Per continuare a competere in questo scenario in<br />
evoluzione, le aziende farmaceutiche devono rapidamente<br />
rinnovarsi. Un report degli organizzatori di Connect in<br />
Pharma, intitolato “The future of pharma production,<br />
manufacturing and packaging trend”, ha messo in<br />
evidenza i principali driver destinati a plasmare il futuro<br />
dell’industria farmaceutica in Europa, in particolare per<br />
quanto riguarda i metodi di somministrazione dei farmaci:<br />
dal machine learning ai dispositivi connessi, alle strategie<br />
per la sostenibilità. Il rapporto individua nei progressi<br />
dei dispositivi di somministrazione dei farmaci, una delle<br />
tendenze più importanti. Secondo l’indagine, condotta<br />
su 56 esperti e addetti ai lavori di 13 Paesi diversi, nel<br />
prossimo futuro gli elementi che saranno cruciali per<br />
sostenere la competitività saranno le collaborazioni<br />
innovative con startup e PMI, gli investimenti in tecnologie<br />
all’avanguardia e il coinvolgimento dei pazienti e degli<br />
operatori sanitari.<br />
L’adozione di nuove tecnologie, in particolare, dovrebbe<br />
fornire un sostegno essenziale alla competitività<br />
permettendo una raccolta dati più efficiente, la<br />
riduzione dei tempi e degli errori di produzione,<br />
l’utilizzo del continuous manufacturing grazie al<br />
supporto dell’intelligenza artificiale (IA), una migliore<br />
integrazione dei flussi di lavoro, sistemi efficienti di anticontraffazione,<br />
la possibilità di condividere i dati con le<br />
autorità regolatorie.<br />
Il ritardo digitale del pharma<br />
Tuttavia, finora il processo di digitalizzazione del settore<br />
farmaceutico si è svolto a rilento. Rispetto ad altri settori,<br />
la digitalizzazione e l’automazione sono state introdotte<br />
più lentamente, soprattutto a causa delle restrizioni<br />
normative (ad esempio quelle riguardanti l’integrità e la<br />
sicurezza dati). Stando ai dati della survey, solo il 28%<br />
delle aziende sta implementando sistemi di intelligenza<br />
artificiale o altri strumenti digitali per la produzione
makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />
e il confezionamento dei farmaci. Oltre alle barriere<br />
normative, i principali ostacoli alla piena digitalizzazione<br />
individuati dall’indagine sono rappresentati da<br />
fattori umani come la riluttanza al cambiamento,<br />
particolarmente critica se si esprime a livello del top<br />
management. Anche la disponibilità di data scientist<br />
esperti in farmaceutica è un fattore critico. Per cogliere le<br />
opportunità della trasformazione superando reticenze e<br />
ostacoli normativi sono necessarie competenze digitali e<br />
una visione strategica adeguata.<br />
Nuove tecnologie per la<br />
somministrazione di farmaci<br />
Il rapporto di Connect in Pharma ha fatto luce anche su<br />
alcune tecnologie di somministrazione dei farmaci che,<br />
pur non essendo una novità assoluta, stanno acquisendo<br />
importanza per lo sviluppo di nuovi prodotti e trattamenti.<br />
L’industria farmaceutica sta sviluppando nuovi sistemi<br />
per somministrare farmaci sempre più complessi,<br />
come le macromolecole delle terapie geniche o basate<br />
sull’mRNA. Queste sostanze sono particolarmente<br />
instabili e richiedono tecnologie avanzate per essere<br />
formulate, confezionate e somministrate ai pazienti senza<br />
comprometterne l’efficacia.<br />
Tra le soluzioni emergenti, le tecnologie inalatorie,<br />
come gli inalatori a polvere secca e i dispositivi di<br />
somministrazione nasale, sembrano particolarmente<br />
promettenti. Il 50% delle aziende farmaceutiche<br />
intervistate sta sviluppando nuovi prodotti utilizzando<br />
queste tecniche, che potrebbero rivelarsi utili per farmaci<br />
destinati a penetrare rapidamente la barriera ematoencefalica<br />
o per la somministrazione dei vaccini. Gli<br />
inalatori offrono infatti un assorbimento più veloce e una<br />
maggiore biodisponibilità, oltre ad avere un minor impatto<br />
ambientale e ridurre la carbon footprint. Tuttavia, diverse<br />
sfide limitano ancora la diffusione di queste tecnologie.<br />
In primo luogo, le normative sui dispositivi medici<br />
richiedono di dimostrare la sicurezza per i pazienti e<br />
un’adeguata biodisponibilità, aumentando i costi e i tempi<br />
di sviluppo. Inoltre, le tecnologie inalatorie potrebbero dar<br />
luogo a nuovi dispositivi connessi all’Internet of medical<br />
things (IoMT), con ulteriori implicazioni normative.<br />
In questo contesto risultano particolarmente importanti<br />
alcuni cambiamenti normativi, come l’entrata in vigore<br />
della revisione dell’Allegato 1 alle Buone Pratiche<br />
di Fabbricazione (GMP) prevista per il 25 agosto di<br />
quest’anno, che comporterà requisiti più stringenti.<br />
Secondo il rapporto, le principali aree di innovazione in<br />
questo campo potrebbero includere nuovi dispositivi per<br />
la somministrazione di farmaci iniettabili, in particolare<br />
mirati al diabete (la principale area di innovazione),<br />
all’iniezione oculare intravitreale, alle malattie<br />
autoimmuni, all’oncologia, alla terapia respiratoria e alla<br />
gestione del dolore.<br />
Dispositivi connessi<br />
Il diabete rappresenta un importante campo di<br />
innovazione anche per lo sviluppo di dispositivi connessi.<br />
Questi dispositivi incorporano sensori ed elettronica<br />
che consentono di raccogliere in tempo reale i dati<br />
sull’autosomministrazione della terapia da parte dei<br />
pazienti e di trasmetterli agli operatori sanitari.<br />
Gli algoritmi di intelligenza artificiale potenziano<br />
ulteriormente le possibilità di questi dispositivi, grazie<br />
all’elaborazione in tempo reale della concentrazione<br />
di glucosio nel sangue e del corrispondente livello di<br />
insulina erogato dal dispositivo.<br />
I dispositivi connessi permettono dunque nuove modalità<br />
di monitoraggio proattivo dei pazienti cronici da<br />
remoto. I dispositivi connessi fungono da “estensione”<br />
delle capacità di controllo dei medici e degli operatori<br />
sanitari che, in questo modo, possono intervenire<br />
tempestivamente modificando i piani di trattamento.<br />
Questo si traduce in una maggiore aderenza alla terapia,<br />
con conseguente miglioramento degli esiti, e nella<br />
possibilità di personalizzare maggiormente i trattamenti<br />
in base alla risposta del singolo individuo. L’elaborazione<br />
compiuta dall’IA sui dati raccolti dai diversi pazienti può<br />
fornire conoscenze utili a migliorare i risultati terapeutici,<br />
con possibili vantaggi anche per altre condizioni.<br />
79
per<br />
Sostenibilità e digitalizzazione<br />
serve un’armonizzazione normativa<br />
I ritardi negli adeguamenti regolatori e la disomogeneità amministrativa tra Regioni rappresentano<br />
i principali ostacoli ai processi di transizione digitale ed economica del nostro Paese<br />
Gli ultimi venti anni hanno visto una<br />
lenta ma progressiva trasformazione<br />
della filiera del settore della salute.<br />
Abbiamo assistito a una costante<br />
digitalizzazione, a cui ha dato nuovo<br />
impulso l’emergenza sanitaria<br />
da Covid-19. Nonostante la forte<br />
pressione, la filiera ha reagito bene,<br />
garantendo la consegna regolare di<br />
farmaci, dispositivi medici e di tutti i<br />
prodotti necessari per fronteggiare la<br />
pandemia. Tutto ciò è stato possibile a<br />
fronte di cospicui investimenti sul fronte<br />
della sicurezza e della automazione e<br />
digitalizzazione dei processi.<br />
Tuttavia, l’integrazione delle tecnologie<br />
di supply chain management (IoT,<br />
blockchain ecc.) all’interno dei processi<br />
aziendali è fine a se stessa se non mira<br />
anche alla condivisione del dato con gli<br />
altri attori della supply chain, necessaria<br />
in un comparto come quello health<br />
dove le aziende intraprendono relazioni<br />
commerciali con un elevato <strong>numero</strong> di<br />
fornitori.<br />
Di pari passo con questa necessità<br />
sempre più marcata di digitalizzare le<br />
imprese per stare al passo con i mercati<br />
internazionali, le istituzioni europee<br />
hanno compiuto <strong>numero</strong>si sforzi<br />
regolatori per uniformare la normativa<br />
di settore dei singoli Stati membri e<br />
promuovere standard qualitativi più<br />
elevati. Si tratta di un processo in<br />
continua evoluzione che vede l’Italia<br />
scontare alcuni ritardi. Il mercato della<br />
supply chain farmaceutica italiana<br />
spesso non parla un linguaggio comune<br />
rispetto all’Europa: basti pensare al<br />
certificato GDP - Good distribution<br />
practice, la patente di qualità del<br />
distributore condivisa a livello Ema,<br />
a cui le aziende italiane si sono già<br />
conformate nonostante l’Italia da 10<br />
anni non abbia ancora formalmente<br />
recepito la Direttiva. Un ritardo che<br />
può comportare criticità nei rapporti<br />
commerciali tra le aziende italiane e<br />
quelle degli altri Stati.<br />
A questa prima criticità se ne aggiunge<br />
una seconda, tutta nostrana: le<br />
profonde differenze operative e<br />
amministrative esistenti tra le Regioni<br />
nell’ambito del Sistema sanitario<br />
nazionale.<br />
Emersa con prepotenza nella prima<br />
fase della pandemia per i differenti<br />
obblighi di comportamento tra le<br />
Regioni, la disomogeneità normativa e<br />
amministrativa nell’ambito della sanità<br />
regionale era una complessità ben nota<br />
ai distributori di prodotti della salute.<br />
Questi operatori si ritrovano a viaggiare<br />
tutti i giorni lungo i confini geografici<br />
e regolatori dei 20 sistemi sanitari<br />
esistenti per garantire il rifornimento<br />
continuo e sicuro di prodotti essenziali<br />
per il benessere della società.<br />
Queste criticità impattano<br />
sull’operatività delle aziende,<br />
aggravando i processi non solo in<br />
termini temporali ma anche di costo.<br />
Lo Stato può fare tanto per agevolare<br />
una transizione green e digitale non<br />
solo con investimenti mirati, ma<br />
anche con una burocrazia più snella<br />
e armonizzata a livello nazionale ed<br />
europeo.<br />
È proprio su questo tema che si<br />
confronteranno istituzioni e filiera health<br />
alla 58° Assemblea di ASSORAM,<br />
associazione nazionale che dal 1956<br />
rappresenta la distribuzione healthcare:<br />
“Distribuire salute: la logistica che<br />
abbatte le barriere” è in programma<br />
il 21 <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong> presso la Sala<br />
Capranichetta dell’Hotel Nazionale di<br />
Roma. Dopo gli interventi istituzionali,<br />
associazioni di categoria ed esperti del<br />
settore si alterneranno in due panel.<br />
A confrontarsi sulle prossime sfide<br />
della filiera health con l’obiettivo di<br />
identificare ambiti di azione comune<br />
saranno il presidente ASSORAM<br />
Pierluigi Petrone, il presidente di<br />
Confindustria Dispositivi Medici,<br />
Massimiliano Boggetti, il vicedirettore<br />
generale di Farmindustria, Carlo<br />
Riccini, e il presidente di Federfarma,<br />
Marco Cossolo.<br />
A seguire, si svolgerà il panel “Le<br />
evoluzioni tecnologiche del comparto<br />
salute e benessere”, in cui esperti<br />
legati al mondo dell’innovazione<br />
racconteranno le attività e le<br />
competenze necessarie per governare<br />
i cambiamenti in atto: il vicepresidente<br />
ASSORAM Alfredo Sassi, il presidente<br />
di Federated Innovation @MIND<br />
Tommaso Boralevi, il partner dello<br />
Studio Legale Gianni & Origoni, avv.<br />
Massimo Sterpi, il partner dell’agenzia<br />
Spencer Stuart di executive search<br />
and leadership consulting, Gianluca<br />
Raisoni, il consigliere di Cosmetica<br />
Italia e presidente Gruppo Cosmetici in<br />
Farmacia, Luigi Corvi.<br />
Per informazioni sulla partecipazione è<br />
possibile contattare la segreteria:<br />
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NUMERO 3 - GIUGNO <strong>2023</strong><br />
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