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Making Life numero 3 - giugno 2023

Grazie all'uso di soluzioni digitali e dell'intelligenza artificiale, le terapie e l'assistenza sanitaria sono destinate a diventare sempre più efficaci, precise e personalizzate. L'infinito potenziale di queste tecnologie, però, deve essere gestito con estrema attenzione.

Grazie all'uso di soluzioni digitali e dell'intelligenza artificiale, le terapie e l'assistenza sanitaria sono destinate a diventare sempre più efficaci, precise e personalizzate. L'infinito potenziale di queste tecnologie, però, deve essere gestito con estrema attenzione.

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makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong> | <strong>numero</strong> tre<br />

PHARMA TRANSFORMATION<br />

PharmaFuture & Health


oltre l’ASSESSMENT<br />

le potenzialità di test e interviste per una<br />

formazione e un coaching efficaci e su misura<br />

La specificità di Execo risiede nella decisione di utilizzare test e/o interviste anche in momenti<br />

diversi dalla fase di assessment, con obiettivi non valutativi.<br />

Ad esempio, prima di una formazione, per attivare i partecipanti in vista delle aule, conoscerli<br />

meglio, aumentare la loro consapevolezza sulle loro reali capacità e aree di miglioramento<br />

e strutturare, quindi, percorsi tras-Formativi ad hoc.<br />

Inoltre, ci affidiamo a diversi strumenti per ottenere informazioni utili per pianificare carriere<br />

ottimali e sbloccare le potenzialità delle persone attraverso un percorso di coaching.<br />

Execo via A.Mauri, 4 - 20123- Milano T +39 02.84176400 | mail@execohr.it | www.execohr.it


INDICE<br />

Commenti<br />

Pharma Novel<br />

Digital Health<br />

01 02 03<br />

R&D farmaceutico e le<br />

sfide AI<br />

Un algoritmo per l’equità<br />

8<br />

10<br />

Un gioco di strategia<br />

12 Boom di crescita 14<br />

Le DTx e la medicina<br />

del terzo millennio<br />

18<br />

La sfida della<br />

interoperabilità<br />

24<br />

4


makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />

Clinics AI & VR<br />

Cybersecurity<br />

Legal & Risorse umane<br />

Pharmatelling<br />

Intelligenza artificiale,<br />

criterio umano<br />

30<br />

Una lama a doppio<br />

taglio<br />

44<br />

04 05 06 07<br />

Il Clinical Conflict<br />

Management<br />

56<br />

Innovazione, motore di<br />

sviluppo<br />

70<br />

Realtà virtuale,<br />

risultati reali<br />

SmSocial network<br />

34<br />

38<br />

La Direttiva Nis-2<br />

Cyber-insecurity<br />

46<br />

50<br />

“Nuove generazioni”<br />

L’evoluzione del lavoro<br />

58<br />

62<br />

Il futuro della<br />

produzione pharma<br />

78<br />

5


Quando<br />

l’AI guiderà<br />

l’infodemia<br />

Cristiana Bernini<br />

Se, soprattutto durante il<br />

periodo di picco pandemico<br />

di Covid-19, abbiamo<br />

tremato per le conseguenze<br />

dell’infodemia, pensiamo<br />

a quale potrebbe essere<br />

scenario se la situazione ci<br />

sfuggisse definitivamente<br />

di mano e se la gestione<br />

delle informazioni passasse<br />

tout court ai sistemi di<br />

intelligenza artificiale.<br />

Da brividi!<br />

Data fine aprile la<br />

pubblicazione su<br />

“Frontiers in Public Health”<br />

dell’articolo<br />

“ChatGPT and<br />

the rise of<br />

large language<br />

models: the new<br />

AI-driven infodemic threat in<br />

public health”<br />

a firma di un gruppo di<br />

ricercatori italiani che<br />

analizza l’enorme impatto<br />

di ChatGPT sul pubblico in<br />

generale e sulla comunità<br />

di ricerca in particolare. Gli<br />

autori evidenziano allarmati<br />

sfide etiche e pratiche:<br />

la capacità dei Large<br />

Language Model (LLM)<br />

di produrre rapidamente<br />

grandi quantità di testo<br />

potrebbe diffondere la<br />

disinformazione su una<br />

scala senza precedenti,<br />

in una sorta di “infodemia<br />

guidata dall’intelligenza<br />

artificiale”, una nuova<br />

minaccia per la salute<br />

pubblica, dal momento<br />

che è difficile garantire<br />

che un LLM si comporti<br />

in modo allineato con i<br />

valori umani e che rimane<br />

una questione irrisolta la<br />

possibilità di rilevare con<br />

precisione il testo prodotto<br />

dall’intelligenza artificiale.<br />

D’altro canto, è lo<br />

stesso Ceo di OpenAI<br />

– la società madre di<br />

ChatGPT – a esprimere<br />

la sua preoccupazione:<br />

a metà maggio, davanti<br />

a una commissione del<br />

Senato degli Stati Uniti,<br />

Sam Altman ha lanciato<br />

l’ennesimo allarme: «I<br />

think if this technology<br />

goes wrong, it can go quite<br />

wrong… we want to be vocal<br />

about that», aggiungendo<br />

la volontà di lavorare con<br />

il governo per evitare<br />

che ciò accada, ma non<br />

nascondendo le insidie<br />

che l’inesorabile avanzare<br />

della tecnologia porta con<br />

sé. Tra le aree di maggior<br />

apprensione del manager vi<br />

sono le elezioni statunitensi<br />

del prossimo anno e il<br />

timore per il potenziale<br />

impatto che l’intelligenza<br />

artificiale potrebbe avere<br />

sulla democrazia: ChatGPT<br />

e altri analoghi programmi<br />

che si stanno diffondendo<br />

in maniera dirompente<br />

possono creare risposte<br />

incredibilmente simili a<br />

quelle umane e potrebbero<br />

essere utilizzati per<br />

disinformare e persuadere<br />

gli elettori, influenzando,<br />

per esempio, l’esito delle<br />

elezioni.<br />

Sam Altman, pur<br />

affermando di essere tutto<br />

sommato ottimista sul fatto<br />

che l’innovazione andrà a<br />

vantaggio della popolazione<br />

su larga scala, ha suggerito<br />

l’istituzione di una nuova<br />

6


makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />

agenzia per regolamentare<br />

il settore ed evitare di<br />

causare “danni significativi<br />

al mondo”. Altman ha<br />

inoltre fornito ai senatori<br />

diverse indicazioni, incluse<br />

la necessità che l’agenzia<br />

conceda – e nel caso revochi<br />

– licenze per creare modelli<br />

di intelligenza artificiale al<br />

di sopra di una certa soglia<br />

di capacità; la creazione<br />

di test di funzionalità<br />

specifici, come la capacità<br />

di produrre informazione<br />

accurate e di generare<br />

contenuti non pericolosi<br />

che i modelli dovrebbero<br />

superare e, infine,<br />

l’opportunità di richiedere<br />

audit indipendenti da parte<br />

di esperti non affiliati agli<br />

sviluppatori o al governo<br />

per garantire che gli<br />

strumenti di intelligenza<br />

artificiale operino nel<br />

rispetto delle linee guida<br />

legislative. Dell’avviso<br />

di creare un’agenzia di<br />

supervisione sulla falsariga<br />

della Food and drug<br />

administration, in modo<br />

che i creatori debbano<br />

dimostrare la sicurezza<br />

della loro intelligenza<br />

artificiale e mostrare perché<br />

i benefici siano superiori a<br />

potenziali danni, è anche<br />

il professore di psicologia<br />

e scienze neurali alla<br />

New York University, Gary<br />

Marcus, presente insieme<br />

ad Altman davanti alla<br />

commissione, che afferma:<br />

«Abbiamo costruito<br />

macchine che sono come<br />

elefanti in una gioielleria:<br />

potenti, spericolate e difficili<br />

da controllare». Elefanti<br />

che il senatore Richard<br />

Blumenthal, presidente<br />

della sottocommissione<br />

del gruppo per la privacy,<br />

la tecnologia e la legge,<br />

paragona a vere e proprie<br />

bombe atomiche.<br />

D’altra parte risale a<br />

fine marzo, appena due<br />

settimane dopo il rilascio<br />

pubblico del GPT-4 di<br />

OpenAI, la lettera aperta<br />

firmata da oltre mille<br />

tra i più importanti nomi<br />

della tecnologia – tra cui<br />

Elon Musk, il co-fondatore<br />

di Apple Steve Wozniak,<br />

l’autore di Sapiens Yuval<br />

Noah Harari e alcuni dei<br />

più illustri accademici<br />

dell’IA responsabili di<br />

importanti scoperte nel<br />

machine learning – che<br />

esortava i principali<br />

laboratori di intelligenza<br />

artificiale del mondo a<br />

una pausa di riflessione,<br />

sospendendo per sei mesi<br />

l’addestramento di nuovi<br />

sistemi super potenti,<br />

nel timore che “i recenti<br />

progressi dell’intelligenza<br />

artificiale presentino<br />

profondi rischi per la<br />

società e per l’umanità”.<br />

Identico messaggio quello<br />

sotteso alle dimissioni da<br />

Google di Geoffrey Hinton:<br />

il “padrino dell’intelligenza<br />

artificiale” ha lasciato<br />

il colosso a inizio di<br />

maggio dicendosi in parte<br />

rammaricato per aver<br />

contribuito a realizzare<br />

sistemi che teme possano<br />

provocare la proliferazione<br />

della disinformazione e la<br />

perdita di posti di lavoro e<br />

avvertendo che la tecnologia<br />

potrebbe sconvolgere la vita<br />

così come la conosciamo.<br />

A livello legislativo, l’Europa<br />

è un passo avanti rispetto<br />

agli Stati Uniti. Lo scorso<br />

11 maggio la commissione<br />

per il mercato interno e<br />

la commissione per le<br />

libertà civili del Parlamento<br />

europeo hanno licenziato<br />

il testo finale<br />

dell’Artificial<br />

Intelligence<br />

Act,<br />

il primo<br />

regolamento al mondo<br />

sull’IA a garanzia di uno<br />

sviluppo umano-centrico<br />

ed etico dell’intelligenza<br />

artificiale.<br />

Le norme seguono un<br />

approccio basato sul rischio<br />

e stabiliscono obblighi per<br />

fornitori e utenti a seconda<br />

del livello di rischio che l’IA<br />

può generare. I sistemi di<br />

intelligenza artificiale con un<br />

livello di rischio inaccettabile<br />

per la sicurezza delle persone<br />

sarebbero severamente<br />

vietati, compresi i<br />

sistemi che impiegano<br />

tecniche subliminali<br />

o intenzionalmente<br />

manipolative, sfruttano<br />

le vulnerabilità delle<br />

persone o sono utilizzati<br />

per definire il punteggio<br />

sociale (classificazione<br />

delle persone in base al loro<br />

comportamento sociale,<br />

stato socioeconomico,<br />

caratteristiche). I deputati<br />

hanno ampliato la<br />

classificazione delle<br />

aree ad alto rischio per<br />

includere i danni alla salute,<br />

alla sicurezza, ai diritti<br />

fondamentali o all’ambiente<br />

delle persone. All’elenco<br />

ad alto rischio hanno<br />

anche aggiunto i sistemi di<br />

intelligenza artificiale per<br />

influenzare gli elettori nelle<br />

campagne politiche e nei<br />

sistemi di raccomandazione<br />

utilizzati dalle piattaforme<br />

di social media (con oltre 45<br />

milioni di utenti ai sensi del<br />

Digital Services Act).<br />

Per la definitiva entrata in<br />

vigore dell’AI Act devono<br />

essere compiuti ulteriori<br />

passaggi istituzionali<br />

ma in Europa le basi per<br />

regolamentare l’intelligenza<br />

artificiale relativamente al<br />

suo danno potenziale sono<br />

state poste, nell’intento di<br />

tutelare i diritti fondamentali<br />

della persona senza<br />

soffocare lo sviluppo di<br />

sistemi basati sull’IA.<br />

Sempre al fine di tutelare<br />

il cittadino, anche la<br />

European union agency<br />

for cybersecurity (Enisa)<br />

ha pubblicato<br />

a marzo un<br />

documento<br />

che<br />

ribadisce la<br />

necessità di standard comuni<br />

per garantire la sicurezza di<br />

sistemi a IA e dei dati da essi<br />

elaborati.<br />

Tutti sforzi lodevoli, ma<br />

agenzie governative, norme<br />

e regolamenti saranno poi<br />

in grado di tenere il passo<br />

con un’evoluzione sempre<br />

più rapida della tecnologia<br />

o saremo travolti, come in<br />

molti paventano, dal suo<br />

incontrollabile sviluppo?<br />

7


L’R&D FARMACEUTICO DI<br />

FRONTE ALLA SFIDA DELLE<br />

INTELLIGENZE ARTIFICIALI<br />

Gabriele Costantino<br />

Dipartimento di Scienze degli Alimenti e del Farmaco<br />

Università di Parma<br />

gabriele.costantino@unipr.it<br />

L’intelligenza artificiale sta<br />

rivoluzionando l’industria farmaceutica<br />

in diversi modi. Ecco alcuni esempi:<br />

• scoperta dei farmaci: l’IA può<br />

aiutare a identificare potenziali<br />

target terapeutici per lo sviluppo<br />

di farmaci, attraverso l’analisi di<br />

grandi quantità di dati genetici,<br />

biologici e clinici;<br />

• screening dei composti: l’IA<br />

può velocizzare e migliorare il<br />

processo di screening dei composti,<br />

riducendo tempi e costi di sviluppo<br />

dei farmaci attraverso l’utilizzo<br />

di algoritmi di apprendimento<br />

automatico che analizzano le<br />

proprietà chimiche dei composti e<br />

predicono la loro attività biologica;<br />

• ottimizzazione del processo di<br />

sviluppo del farmaco: l’IA può<br />

aiutare a ottimizzare il processo di<br />

sviluppo del farmaco, ad esempio<br />

prevedendo gli effetti collaterali o la<br />

risposta del paziente al farmaco;<br />

• personalizzazione della terapia:<br />

l’IA può aiutare a personalizzare la<br />

terapia in base alle caratteristiche<br />

del paziente, ad esempio attraverso<br />

l’analisi di dati genomici o di<br />

immagini mediche;<br />

• monitoraggio della conformità:<br />

l’IA può aiutare a monitorare la<br />

conformità del paziente alla terapia,<br />

ad esempio attraverso l’analisi dei<br />

dati di monitoraggio remoto.<br />

In sintesi, l’IA sta rivoluzionando<br />

l’industria farmaceutica in molti modi,<br />

migliorando l’efficacia e l’efficienza<br />

del processo di sviluppo dei farmaci<br />

e aprendo nuove opportunità per la<br />

personalizzazione della terapia.<br />

La precedente affermazione è una<br />

meta-affermazione, generata da un<br />

algoritmo di intelligenza artificiale<br />

generativa basata su linguaggio largo<br />

(Chat GPT), in risposta alla domanda<br />

su quale può esser l’impatto della<br />

intelligenza artificiale (d’ora in avanti,<br />

IA) in ambito farmaceutico e nel<br />

contesto della gestione della salute<br />

pubblica.<br />

Una modesta intelligenza umana,<br />

come quella di chi scrive, può provare<br />

a elaborare un po’ più la risposta,<br />

fornendo ulteriori strumenti di<br />

riflessione. Il primo punto riguarda<br />

la definizione e il relativo ambito<br />

di applicazione della cosiddetta IA.<br />

L’impiego di algoritmi (successioni di<br />

istruzioni che definiscono le operazioni<br />

da compiere – in sequenza prestabilita<br />

– sui dati a disposizione per ottenere<br />

il risultato) ha accompagnato<br />

da decenni le fasi di discovery e<br />

sviluppo preclinico di farmaci. Ad<br />

esempio, le procedure di screening<br />

basate sulla valutazione di proprietà<br />

chimico-fisiche, oppure gli approcci<br />

di “docking molecolare” che simulano<br />

l’interazione tra una piccola molecola<br />

e una macromolecola (entrambe<br />

codificate in maniera digitale,<br />

ad esempio da set di coordinate<br />

cartesiane). In questi approcci,<br />

l’intelligenza artificiale è – in realtà –<br />

una sorta di “intelligenza muscolare”<br />

e la macchina si sostituisce all’uomo<br />

esclusivamente in termini di velocità<br />

di calcolo. In altri termini, un umano<br />

addestrato è perfettamente in grado<br />

di eseguire i calcoli che portano alla<br />

valutazione dell’energia di interazione<br />

tra un ligando e una proteina. Solo<br />

che ci impiegherebbe una enorme<br />

quantità di tempo e correrebbe il<br />

rischio (avrebbe la certezza, direi) di<br />

commettere errori. Ora, questo tipo –<br />

definiamolo di primo livello – di IA ha<br />

effettivamente rivoluzionato l’industria<br />

farmaceutica? Direi di no. Ne ha<br />

aumentato la produttività nelle fasi<br />

iniziali ma l’attesa innovazione radicale<br />

non c’è stata. Pensiamo al cosiddetto<br />

“completamento” del sequenziamento<br />

del genoma umano, annunciato (un<br />

po’ precocemente) da Bill Clinton e<br />

8


makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />

Greg Venter nel 2000, atteso come<br />

un evento che avrebbe consentito<br />

di comprendere le basi molecolari<br />

di qualsiasi malattia e disegnare il<br />

farmaco appropriato. Ebbene, oltre<br />

20 anni dopo, le domande poste<br />

dalla “disponibilità di informazione”<br />

sono probabilmente maggiori delle<br />

risposte offerte.<br />

L’enorme quantità di dati oggi a<br />

disposizione rende indispensabile<br />

il riconoscimento di “strutture<br />

latenti” presenti nei dati. La pattern<br />

recognition (riconoscimento di<br />

strutture latenti) è una sfida<br />

pesantissima per un’intelligenza<br />

artificiale. Un umano riconosce<br />

la “caninità” in un alano come in<br />

un bassotto e la distingue dalla<br />

“cavallinità” o dalla “gattità”. Un<br />

algoritmo deve essere addestrato<br />

in maniera molto approfondita per<br />

riuscire in questo task, e per molti<br />

anni il tasso di insuccesso è stato<br />

notevole.<br />

Uno dei metodi messi a punto è<br />

stato quello, appunto, di addestrare<br />

la macchina a procedere in maniera<br />

non sequenziale – con istruzioni<br />

codificate – ma in maniera non<br />

lineare, come se fosse una rete<br />

di neuroni. L’ulteriore, e ancora<br />

attuale, livello di IA è quello<br />

dell’apprendimento profondo, in<br />

cui le “reti” nascoste, non lineari, e<br />

non supervisionate, sono molteplici<br />

e ricevono input di diversi livelli di<br />

linguaggio.<br />

I modelli di machine learning e poi<br />

di deep learning trovano campi<br />

di applicazione incredibilmente<br />

variegati, dal riconoscimento vocale<br />

all’elaborazione del linguaggio<br />

naturale, dal riconoscimento per<br />

immagini alla diagnosi di malattie e<br />

molto altro ancora.<br />

Osserviamo, per inciso, che il deep<br />

learning si addestra con la pratica,<br />

esattamente come facciamo noi<br />

umani. Tornando al paragrafo<br />

iniziale di questo articolo, prodotto<br />

interagendo con il linguaggio naturale<br />

di ChatGPT, osserviamo che se<br />

avessimo interagito con il bot, ad<br />

esempio chiedendo di elaborare<br />

meglio quanto affermato – chessò –<br />

relativamente alla personalizzazione<br />

della terapia, questa interazione<br />

avrebbe promosso la struttura di<br />

apprendimento e la successiva<br />

interazione sull’argomento avrebbe<br />

portato a un output in linguaggio<br />

naturale ancora più strutturato.<br />

Le risposte alla domanda iniziale<br />

sul ruolo della IA nello sviluppo<br />

farmaceutico si articolano quindi su<br />

livelli molto diversi tra loro. Sebbene<br />

molte delle applicazioni vengano<br />

ancora oggi percepite nella fase di<br />

discovery e di early development,<br />

probabilmente il campo in cui<br />

l’innovazione sarà decisamente<br />

radicale è quello dei clinical trial.<br />

Non si è ancora sufficientemente<br />

sedimentata, infatti, la nozione che<br />

il concetto dominante di medicina<br />

personalizzata o individuale si scontra<br />

nei fatti con la costruzione – quasi<br />

ideologica direi – degli studi clinici.<br />

Il clinical trial, infatti, deve per<br />

definizione avere potenza statistica<br />

e la potenza statistica si ottiene su<br />

grandi popolazioni omogenee. La<br />

medicina personalizzata è invece un<br />

grande <strong>numero</strong> di piccoli numeri, che<br />

richiede un cambio davvero radicale di<br />

paradigma. Pensiamo a una malattia<br />

rara con 200 pazienti (distribuiti tra<br />

diagnosi iniziale e fine vita): ha senso<br />

immaginare un processo di drug<br />

discovery o di riposizionamento che<br />

rispecchi quanto viene fatto per un<br />

antipertensivo o un ipoglicemizzante?<br />

Ecco, il ruolo più dirompente che<br />

possono avere la IA e il deep learning<br />

è ragionevolmente in questo:<br />

individuare in popolazioni estese quei<br />

pattern latenti che identificano piccole<br />

o anche piccolissime sottopopolazioni<br />

che manifestano uno stato patologico<br />

(da una malattia rara a un tumore a<br />

un dismetabolismo). Questo richiede<br />

l’integrazione di linguaggi diversi, dati<br />

testuali (ad esempio analisi ematiche),<br />

immagini (radiodiagnostica), resoconti<br />

verbali da parte dei pazienti o dei<br />

caregiver. Il <strong>numero</strong> di drop-out da<br />

studi clinici è molto elevato, così come<br />

è elevata la difficoltà di reclutamento,<br />

tanto maggiore quanto più specifica è<br />

la condizione che si vuole osservare.<br />

Reclutamento e drop-out sono tra<br />

le principali cause di attrition negli<br />

studi clinici, che a sua volta determina<br />

un aumento dei costi di R&D e un<br />

rallentamento dei tempi di ingresso<br />

nel mercato di nuovi farmaci.<br />

L’apprendimento profondo e<br />

l’integrazione di linguaggi naturali<br />

avranno – molto più rapidamente<br />

di quanto pensiamo – un impatto<br />

fortissimo sulla qualità delle diagnosi,<br />

sull’identificazione di biomarker e di<br />

surrogati predittivi, sul dosaggio e<br />

sulla aderenza alla terapia.<br />

L’industria – e più in generale la<br />

ricerca – farmaceutica hanno ora<br />

il compito di adattare le proprie<br />

procedure a questa disruptive<br />

innovation. Non è un compito facile,<br />

non solo per l’innata resistenza di<br />

sistemi complessi a implementare<br />

cambi di paradigma, ma anche e<br />

soprattutto per difficoltà intrinseche<br />

al processo di drug discovery<br />

and development, che si intreccia<br />

costantemente con input di livello<br />

estremamente eterogeneo, dalla<br />

logistica alla regolazione, fino ad<br />

aspetti relativi alla rimborsabilità.<br />

D’altra parte, nell’ultimo secolo<br />

l’industria farmaceutica è sempre<br />

stata vista come front-runner nei<br />

processi di innovazione tecnologica,<br />

e molte delle pratiche introdotte nei<br />

processi di R&D farmaceutico hanno<br />

avuto un impatto ad ampio spettro<br />

su altre attività. L’integrazione tra<br />

intelligenza artificiale e intelligenze<br />

umane sarà uno dei prossimi<br />

banchi di prova su cui lo sviluppo<br />

farmaceutico potrà fare da apripista<br />

per pratiche diffuse nella società.<br />

9


Digitalizzazione<br />

e salute<br />

Perché dobbiamo<br />

inventare un<br />

algoritmo per<br />

l’equità<br />

Antonio Maturo<br />

Professore di Sociologia della Salute<br />

Università di Bologna, Campus della Romagna<br />

L’ambito della salute è certamente uno dei più coinvolti<br />

dalla digitalizzazione. Non solo per la sua importanza e per<br />

gli investimenti che lo circondano, ma per l’enorme mole di<br />

dati che in esso vengono prodotti. Dati finanziari, economici,<br />

sociali ma soprattutto clinici e fisiologici. Grazie all’intelligenza<br />

artificiale e ai big data, siamo testimoni di quattro grandi<br />

mutamenti: l’assistenza sanitaria diviene sempre più precisa e<br />

sofisticata; le terapie vengono sviluppate in forma “sartoriale” e<br />

personalizzata; l’andamento delle malattie può essere previsto<br />

con elevati gradi di probabilità; i pazienti possono conoscere<br />

meglio le cure mediche e per certi aspetti “partecipare” a esse.<br />

In altri termini, la medicina delle 4 “P” (precisa, preventiva,<br />

personalizzata, partecipata) si sta realizzando.<br />

Tuttavia, ci stiamo accorgendo che, accanto alle soluzioni, la<br />

digitalizzazione e l’intelligenza artificiale portano con sé anche<br />

problemi del tutto inediti, specialmente nel campo dell’equità e<br />

della giustizia sociale. Qui ne menzioniamo due. Uno riguarda il<br />

rapporto dell’intelligenza artificiale verso “l’alto”, ovvero con la<br />

gestione sanitaria; l’altro riguarda il rapporto verso “il basso”,<br />

ovvero l’utilizzo pratico di essa tra i medici e la comprensione di<br />

essa da parte dei pazienti.<br />

Nel primo caso parliamo di “discriminazione algoritmica”,<br />

apparentemente un termine contraddittorio visto che ci si<br />

aspetta che un algoritmo funzioni in modo oggettivo, neutrale<br />

ed efficace. Questo tuttavia non accade sempre, visto che<br />

gli algoritmi vengono progettati dagli umani e in alcuni casi<br />

riflettono pregiudizi sociali, o semplicemente sono disegnati in<br />

modo errato. La discriminazione algoritmica si realizza quando<br />

nei sistemi di intelligenza artificiale alcuni errori sistematici<br />

distorcono l’elaborazione dei risultati generando effetti pratici<br />

discriminatori.<br />

Lo studio più importante in questo campo è stato pubblicato nel<br />

2021 su Science, a opera di ricercatori e ricercatrici di Berkeley<br />

e Harvard. Nell’articolo viene mostrato come l’algoritmo che<br />

selezionava i malati di una grande catena di ospedali per<br />

l’accesso a cure supplementari discriminava sistematicamente<br />

coloro che si auto-identificavano come “black”, ovvero i pazienti<br />

afroamericani. Nello studio delle cartelle cliniche i ricercatori<br />

scoprirono che pazienti neri con malattie a stadi avanzati di<br />

gravità erano stati classificati, dall’algoritmo, nella stessa<br />

categoria di rischio di pazienti bianchi meno gravi. Come<br />

risultato, i neri ricevevano cure inadeguate rispetto al loro<br />

bisogno di assistenza. Questa discriminazione era avvenuta<br />

perché per formulare il “risk score”, il punteggio di rischio<br />

su cui si basa la possibilità di ottenere cure specialistiche,<br />

l’algoritmo teneva in considerazione anche l’entità delle spese<br />

mediche sostenute dal paziente negli ultimi 12 mesi. I pazienti<br />

afroamericani in media spendono meno, a parità di malattia,<br />

10


makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />

dei pazienti bianchi e ciò per il loro minore utilizzo dei servizi<br />

sanitari dovuto probabilmente a forme implicite di “razzismo<br />

sistemico” (bassa attenzione verso le minoranze da parte delle<br />

istituzioni sanitarie, sfiducia e disagio delle minoranze per il<br />

sistema medico). Avendo utilizzato come proxy, ovvero come<br />

indicatore della gravità della malattia, anche le spese mediche,<br />

l’algoritmo ha incasellato nella stessa categoria di rischio,<br />

accanto ai bianchi, degli afroamericani con malattie molto più<br />

gravi. Questi errori sistematici si sono riverberati nella realtà: i<br />

neri dovevano essere più malati dei bianchi per essere indirizzati<br />

a un ulteriore intervento di aiuto. Era nero solo il 17,7% dei<br />

pazienti che l’algoritmo aveva assegnato a ricevere cure extra. I<br />

ricercatori calcolarono che, se l’algoritmo fosse stato imparziale,<br />

la quota sarebbe stata del 46,5%.<br />

Il secondo caso che vogliamo menzionare riguarda la medicina<br />

di precisione, in special modo quel nuovo approccio di ricerca<br />

detto radiomica. La radiomica è utilizzata per lo più per lo studio<br />

dei tumori e costituisce l’asse portante della diagnostica per<br />

immagini. È particolarmente sviluppata nello screening e nella<br />

cura del tumore al seno. In pratica, un programma algoritmico di<br />

intelligenza artificiale trasforma le immagini del tumore ottenute<br />

attraverso Pec o Tac in una serie di funzioni matematiche<br />

che ne riproducono il volume, la densità, la localizzazione e<br />

altre caratteristiche. Su questi dati è possibile prevedere il<br />

suo sviluppo e quindi anche quali cure specifiche potrebbero<br />

avere migliori effetti. Sulla validità di questo strumento non ci<br />

sono dubbi, tant’è che alcuni scienziati hanno affermato che<br />

addirittura potrebbe funzionare senza l’aiuto umano, ovvero<br />

senza i radiologi. Possiamo quindi immaginare la delicatezza<br />

della situazione nell’ambito delle professioni mediche. Un altro<br />

aspetto riguarda come comunicare il ruolo della radiomica alle<br />

pazienti: si può dire che il loro destino è deciso da un algoritmo?<br />

Come inserire la supervisione del radiologo o della radiologa nel<br />

sistema dell’intelligenza artificiale? Insomma, anche in questo<br />

caso, seppure con modalità del tutto differenti, emergono inedite<br />

questioni bioetiche e di equità.<br />

La tecnologia ci offre e ci offrirà enormi benefici, dunque.<br />

Ma parallelamente crescono i problemi. Sgombriamo subito<br />

il campo, come diceva nel MDCC il filosofo Jean Jacques<br />

Rousseau: “Indietro non si torna”. Neppure se lo volessimo<br />

potremmo contenere l’energia sprigionata dall’innovazione<br />

tecnologica spinta dalla digitalizzazione. Tuttavia, tra luddismo<br />

e tecnoentusiasmo dobbiamo cercare delle posizioni<br />

intermedie, ed eventualmente modificabili, a seconda del tipo di<br />

conseguenze ed effetti che analizziamo.<br />

(Piccolo test: riuscite a leggere i numeri romani senza ricorrere<br />

all’intelligenza artificiale?)<br />

11


PHARMA<br />

NOVEL<br />

Mario Addis


makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />

13


14


makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />

15


BOOM DI<br />

CRESCITA PER<br />

LA DIGITAL<br />

HEALTH<br />

Previsto un<br />

incremento<br />

del 23% dal<br />

2021 al 2030<br />

16<br />

Caterina Lucchini<br />

Bisogna essere consapevoli che<br />

l’ingresso delle tecnologie digitali<br />

nelle diverse attività umane sta<br />

interessando salute e sanità, allo<br />

stesso modo con cui in passato ha<br />

stravolto la musica e l’economia (ad<br />

esempio con la creazione di banche<br />

digitali). Si può, quindi, parlare di<br />

trasformazione digitale.<br />

L’IMPORTANZA<br />

DELLE DEFINIZIONI<br />

Oggigiorno sono disponibili tecnologie<br />

digitali che intervengono nel campo<br />

della salute, della sanità, della<br />

medicina e dell’assistenza. Tutto<br />

ciò, però, porta a una conseguenza<br />

che si configura con la difficoltà di<br />

fare chiarezza circa il significato<br />

della “digital health”, a partire dalla<br />

nomenclatura, dalla tassonomia e dal<br />

vocabolario impiegato, dal momento<br />

che dietro al termine “salute digitale”<br />

vengono spesso date definizioni<br />

diverse. Stando al vocabolario della<br />

Digital medical society del 2019, il<br />

termine “digital health” comprende le<br />

tecnologie, le piattaforme digitali e i<br />

sistemi che coinvolgono il consumatore<br />

negli stili di vita, benessere e propositi<br />

relativi a una vita sana; raccolta e<br />

stoccaggio o trasmissione di dati<br />

sulla salute; supporti per le scienze<br />

della vita e per le operazioni cliniche.<br />

Questi prodotti non combaciano con<br />

la definizione di “dispositivo medico”<br />

e non richiedono una revisione<br />

normativa. Inoltre, normalmente non<br />

hanno neanche bisogno di evidenze<br />

cliniche. Diversamente, per quanto<br />

riguarda la “digital medicine” – cioè<br />

la categoria volta ad apportare un<br />

beneficio clinico con tecnologie digitali<br />

che riguardano tanto la malattia in<br />

sè, quanto il medico e gli operatori<br />

sanitari – sono invece indispensabili<br />

attività di ricerca e prove di efficacia<br />

per poterne utilizzare gli strumenti.


makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />

Trattandosi di dispositivi medici,<br />

infatti, l’impiego di tali tecnologie<br />

è regolato a livello di normative.<br />

All’interno della digital medicine<br />

si possono distinguere due tipi di<br />

tecnologie: i dispositivi che forniscono<br />

misure al fine di un monitoraggio<br />

da parte del medico o del paziente<br />

stesso per la raccolta di informazioni<br />

e parametri, passivamente (tramite<br />

sensori, ingestione di pillole capaci<br />

di inviare segnali ecc) o attivamente<br />

(con la compilazione di questionari,<br />

test, diari clinici, ecc); e i dispositivi<br />

atti all’intervento, che a loro volta si<br />

possono classificare in base alla loro<br />

azione, in:<br />

A Digital self-management and<br />

education, ovvero strumenti per<br />

l’autogestione delle malattie (es. nei<br />

pazienti con ipertensione arteriosa<br />

tali tecnologie possono fornire<br />

informazioni circa la loro patologia,<br />

offrendo consigli su alimentazione,<br />

sport, abitudini ecc).<br />

B Digital support, in pratica<br />

applicazioni e programmi per<br />

ottimizzare l’efficacia di una terapia<br />

(es. trattamento farmacologico portato<br />

avanti in condizioni non ospedaliere e<br />

non controllate oppure come supporto<br />

informativo fornito dal proprio medico<br />

al fine di supplire a una visita eseguita<br />

in tempi ristretti).<br />

C Riabilitazione digitale, per il<br />

recupero della funzione motoria da<br />

casa, in cui il paziente può, ad esempio,<br />

beneficiare di un videogioco in cui,<br />

grazie a indumenti dotati di sensori, è<br />

in grado di immedesimarsi in un avatar<br />

che propone una serie di movimenti<br />

ed esercizi utili per la propria<br />

riabilitazione motoria o fisioterapica.<br />

D Digital therapeutics (TDx) - Terapie<br />

digitali, ovvero software e programmi<br />

che erogano una terapia che affianca<br />

quella farmacologica o che ne è<br />

indipendente.<br />

Lo scopo fondamentale delle digital<br />

therapeutics è quello di coinvolgere in<br />

modo attivo il paziente nella cura della<br />

sua malattia influenzando in modo<br />

positivo il suo comportamento.<br />

I trattamenti digitali, infatti, tentano<br />

di eliminare la scarsa aderenza<br />

terapeutica, la carenza di attenzione<br />

da parte del malato e cercano di<br />

modificare i suoi atteggiamenti di<br />

rifiuto e di ostacolo nei confronti<br />

della terapia. L’insieme di questi<br />

comportamenti controproducenti<br />

fa spesso parte del quadro clinico<br />

di diverse malattie ad andamento<br />

cronico tra le quali, a titolo di esempio,<br />

TECNOlogia farmaCEUTICA<br />

È la crasi tra tecnologia e farmaceutica, se ne è iniziato a parlare solo di recente ma la definizione non è scevra<br />

da dubbi. Se da alcuni viene utilizzata come sinonimo di terapia digitale (digital therapeuctis-TDx) per altri ha una<br />

accezione più ampia e si riferisce a tutti i campi in cui le scienze farmaceutiche, biologiche e mediche si combinano<br />

con la tecnologia per lo sviluppo di nuovi prodotti terapeutici e diagnostici. In sostanza, una disciplina interdisciplinare<br />

che coinvolge la biologia, la chimica, la fisica, l’informatica e l’ingegneria. In particolare, la tecnoceutica sembrerebbe<br />

concentrarsi sulla progettazione e lo sviluppo di dispositivi medici avanzati, come sensori, impianti, pompe, robot<br />

chirurgici e altre tecnologie, per il trattamento di malattie e lesioni.<br />

Esempi di tecnoceutica<br />

PROTESI AVANZATE<br />

SENSORI DIAGNOSTICI<br />

TERAPIE GENICHE<br />

APP<br />

ROBOT CHIRURGICI<br />

NANOTECNOLOGIA<br />

TERAPIE DIGITALI<br />

17


DIGITAL HEALTH MARKET<br />

Valore (2022)<br />

MARKET STATISTICS<br />

Valore (2032)<br />

CAGR (2022)<br />

>$233.5<br />

Mld<br />

>$981.5<br />

Mld<br />

15%<br />

SETTORI (2032)<br />

SUDDIVISIONE GEOGRAFICA<br />

Telemedicina<br />

Software<br />

$244 MLD<br />

$327 MLD<br />

Nord-America<br />

(2022)<br />

>44,5%<br />

il diabete, l’ipertensione, l’obesità,<br />

l’ansia, la depressione, le dipendenze.<br />

A differenza dei farmaci – i quali<br />

una volta assunti esercitano la loro<br />

azione sotto l’aspetto biologico<br />

indipendentemente dal comportamento<br />

del paziente che ha quindi un ruolo<br />

del tutto passivo – le terapie digitali<br />

agiscono sui comportamenti e sui<br />

processi ideativi delle persone<br />

coinvolgendole in modo attivo tramite<br />

opportuni programmi accattivanti da<br />

seguire e da condividere, ad esempio<br />

sulle piattaforme social.<br />

IL MERCATO DELLA<br />

SALUTE DIGITALE<br />

Secondo la società di analisi di mercato<br />

Global Market Insight, il mercato della<br />

sanità digitale ha superato i 233,5<br />

miliardi di dollari nel 2022 e, grazie a<br />

un Cagr (il tasso di crescita annuale<br />

composto) del 15%, dovrebbe sfiorare<br />

quota 1.000 miliardi nel 2032. Le<br />

proiezioni sull’espansione del mercato<br />

diventano via via più ottimistiche.<br />

Secondo i dati di Global Market Inside,<br />

ad esempio, il mercato della digital<br />

health ha superato i 140 miliardi di<br />

dollari nel 2020 e nel 2021 è arrivato a<br />

quota 167 miliardi di dollari. Ma quello<br />

che veramente colpisce è la previsione<br />

di crescita dei prossimi anni. Infatti, le<br />

proiezioni future vedono un ulteriore<br />

incremento annuo di oltre il 23% fino<br />

al 2030 quando questa cifra potrebbe<br />

raggiungere 1,3 bilioni di dollari.<br />

È interessante notare che la stessa<br />

Global Market Inside lo scorso anno<br />

aveva previsto che al 2027 il mercato<br />

della digital health avrebbe raggiunto<br />

all’incirca quota 470 miliardi di dollari.<br />

Anche per quanto riguarda il valore<br />

di mercato delle digital therapeutics,<br />

Insider Intelligence ha rivisto le sue<br />

previsioni per i prossimi anni. Infatti,<br />

se nel 2020 la stima raggiungeva<br />

un valore globale di circa 9 miliardi<br />

di dollari entro il 2025, ora la cifra<br />

prevista entro quella data si aggira<br />

globalmente intorno ai 56 miliardi<br />

di dollari. Punto di svolta cruciale<br />

per questo drastico cambiamento<br />

di orientamento potrebbe essere<br />

stata la fusione da 18,5 miliardi<br />

di dollari realizzata nell’estate del<br />

2020 tra due gruppi statunitensi:<br />

Teladoc Health, azienda di fornitura<br />

di servizi di telemedicina, e Livongo,<br />

società che si occupa di programmi di<br />

gestione di pazienti affetti da malattie<br />

croniche come il diabete. Anche le<br />

società farmaceutiche giocheranno<br />

probabilmente un ruolo attivo<br />

nell’acquisizione di fornitori di terapie<br />

digitali. Le Pharma, infatti, hanno già<br />

investito somme di denaro nelle società<br />

che si occupano di DTx e probabilmente<br />

continueranno a farlo, anche in<br />

misura maggiore, in considerazione<br />

dell’atteggiamento positivo mostrato<br />

dalla Fda che ha concesso luce verde a<br />

diversi trattamenti di questo genere.<br />

18


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20


makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />

Nell’attuale quadro sanitario europeo<br />

si staglia come un irrinunciabile<br />

mantra l’esigenza da parte dei<br />

singoli governi di offrire soluzioni<br />

di assistenza ottimizzata, dal punto<br />

di vita economico e prestazionale,<br />

che sappiano integrare la tecnologia<br />

digitale oggi ampiamente disponibile<br />

e intercettare le esigenze sociali<br />

di estensione dell’accesso e di<br />

maggiore equità.<br />

La forte tensione dell’Unione europea<br />

alla realizzazione della sanità del<br />

terzo millennio è, del resto, espressa<br />

anche, e forse soprattutto, nella<br />

portata degli investimenti di risorse<br />

non solo economiche destinate allo<br />

sviluppo di questo settore. Non a<br />

caso, all’obiettivo l’UE ha destinato<br />

il 26% dei fondi del Recovery and<br />

resilience facility e l’istituzione della<br />

European taskforce for harmonised<br />

evaluation of digital medical devices<br />

(DMDs) supportata e coordinata da<br />

EIT (European institute of innovation<br />

and technology), un organismo UE<br />

nell’ambito del terzo pilastro di<br />

Horizon Europe.<br />

È così che, grazie ai finanziamenti<br />

provenienti dai fondi Pnrr, la<br />

valutazione delle terapie digitali (DTx)<br />

sta assumendo un significato diverso<br />

anche in Italia, Paese nel quale la<br />

reticenza all’adozione ma, prima<br />

ancora, alla effettiva considerazione<br />

di tali strumenti di assistenza si è<br />

mostrata particolarmente tenace.<br />

Pur restii all’approccio, non possiamo<br />

infatti sottovalutare la dimensione<br />

del mercato globale delle DTx.<br />

Come stimato nel position paper EIT<br />

“Health terapie digitali: il panorama<br />

italiano e il contributo dei partner EIT<br />

Health per un contesto armonizzato”,<br />

esso potrebbe raggiungere i 9,4<br />

miliardi di dollari entro il 2028.<br />

Numeri di tutto rispetto anche per<br />

il nostro continente, nel quale tale<br />

valore potrebbe raggiungere i 2,3<br />

miliardi di dollari entro il 2026.<br />

UN DIBATTITO<br />

TRASVERSALE<br />

E CONDIVISO<br />

È di questi giorni la notizia della<br />

costituzione di un ”Intergruppo<br />

parlamentare sulla Sanità digitale e<br />

terapie digitali” sotto la presidenza<br />

dell’onorevole Simona Loizzo. Lo<br />

scopo dell’iniziativa è rappresentato<br />

dall’elaborazione di un percorso<br />

legislativo adeguato alla complessità<br />

della materia che possa generare<br />

risultati utili già nell’ambito della<br />

corrente legislatura. Il gruppo<br />

lavorerà all’obiettivo di produrre<br />

nei prossimi 18 mesi un decreto<br />

legge finalizzato all’inserimento<br />

delle terapie digitali in un campione<br />

omogeneo di trattamenti codificabili<br />

all’interno di linee guida e per i<br />

quali possa essere progettato uno<br />

specifico sistema di rimborsabilità.<br />

Nei prossimi mesi, la taskforce<br />

trasversale sarà dunque impegnata<br />

nella definizione di un comune<br />

indirizzo regolatorio per le DTx.<br />

E, più in generale, di un<br />

provvedimento che garantisca<br />

accesso omogeneo, a livello sia<br />

nazionale che regionale, agli<br />

strumenti di digital health, una sorta<br />

di acceleratore della transizione<br />

digitale della sanità nel nostro Paese.<br />

L’Intergruppo ha già presentato<br />

al ministro della Salute, Orazio<br />

Schillaci, un documento<br />

programmatico, nel quale viene<br />

sottolineato come l’adozione delle<br />

terapie digitali potrebbe potenziare<br />

il trattamento di cronicità che<br />

mettono a dura prova il sistema<br />

sanitario (come il diabete, l’obesità<br />

e l’ipertensione) e fornire una<br />

risposta di supporto al trattamento di<br />

alcune patologie psichiatriche (dalle<br />

dipendenze alla depressione) e nel<br />

corso dei programmi di riabilitazione.<br />

L’importanza di un’analisi politica<br />

esauriente della tematica è legata<br />

alle necessità di rafforzamento<br />

della medicina di prossimità, al<br />

miglioramento della sostenibilità<br />

economica dell’assistenza e<br />

all’ampliamento dell’accesso alle<br />

cure, soprattutto nelle aree più<br />

isolate del Paese. Non proprio aspetti<br />

trascurabili nel contesto attuale.<br />

LE RAGIONI DEL GAP<br />

L’assenza di terapie digitali<br />

autorizzate nel nostro Paese stride<br />

se comparata, ad esempio, con<br />

il <strong>numero</strong> (più di 40) di soluzioni<br />

approvate in Germania, dove la<br />

prima luce verde da parte dell’ente<br />

regolatore risale addirittura al<br />

2009. Deprexis, un intervento di tipo<br />

21


cognitivo-comportamentale indicato<br />

nell’ambito del trattamento della<br />

depressione, è oggi impiegato anche<br />

in Svizzera, dove viene rimborsato<br />

dalle assicurazioni.<br />

Sempre in Germania è stato<br />

approvato, nel 2019, il German<br />

digital healthcare Act, una legge che<br />

ha l’obiettivo di favorire l’adozione<br />

da parte del sistema sanitario di<br />

strumenti di digital health di alta<br />

qualità. Con tale provvedimento,<br />

Oltre ai costi, a frenare lo sviluppo<br />

e la permeazione di queste<br />

soluzioni terapeutiche nella pratica<br />

assistenziale hanno contribuito<br />

fattori quali la difficoltà di mettere a<br />

punto protocolli di sperimentazione<br />

in grado di validarne l’efficacia<br />

clinica e framework regolatori<br />

a supporto della rimborsabilità.<br />

In questo contesto, la resistenza<br />

culturale nei confronti di quella che è<br />

apparsa in alcuni contesti come una<br />

quali sarà possibile progettare una<br />

commercializzazione consapevole<br />

di questi dispositivi. Ad esempio,<br />

nulla stabiliscono in merito alla<br />

determinazione di un prezzo regolato<br />

a livello istituzionale. Allo stesso<br />

modo non sono chiari i riferimenti<br />

che dovrebbero codificarne la<br />

prescrivibilità da parte dei medici,<br />

un aspetto su cui pesano anche le<br />

carenze formative del personale<br />

sanitario.<br />

“In questo settore c’è bisogno di una<br />

norma e, oggi più che mai, il Sistema<br />

sanitario nazionale, anche alla luce dei<br />

fondi del Pnrr, deve fare un salto di qualità<br />

per essere più vicino ai cittadini.”<br />

Simona Loizzo – Presidente Intergruppo parlamentare Sanità<br />

digitale e terapie digitali<br />

il Governo ha voluto promuovere<br />

l’integrazione delle applicazioni<br />

digitali nei percorsi di cura coperti<br />

dal servizio sanitario. Il DIGA Fast<br />

Track ha rappresentato un primo<br />

fondamentale riferimento per gli altri<br />

Stati membri. Malgrado l’incentivo,<br />

tuttavia, tali strumenti non hanno<br />

avuto la diffusione attesa, anche a<br />

causa dell’elevato rapporto<br />

costo/efficacia.<br />

Ben diversa, e decisamente<br />

più favorevole, la situazione<br />

di altri Paesi. In UK, il NICE ha<br />

sviluppato una normativa che basa<br />

l’ottenimento del rimborso sulla<br />

qualità delle prove di efficacia: ciò<br />

sembra avere facilitato la diffusione<br />

dell’utilizzo delle terapie digitali.<br />

bizzarra e modaiola novità non ha<br />

reso più semplice il dibattito.<br />

I vuoti normativi hanno senza<br />

dubbio giocato un ruolo di primo<br />

piano. Essendo classificate come<br />

dispositivi medici, le DTx ricadono<br />

nell’inquadramento normativo del<br />

Regolamento (UE) 2017/745, che<br />

impone l’esecuzione di indagini<br />

cliniche atte a valutarne i parametri<br />

di efficacia e sicurezza. Tale trama<br />

regolatoria ha, tuttavia, ostacolato<br />

la comprensione del loro reale<br />

significato terapeutico da parte<br />

del pubblico (anche di addetti ai<br />

lavori), avendole allontanate dal<br />

riferimento farmaco. Inoltre, le<br />

norme fin qui prodotte non hanno<br />

chiarito le modalità attraverso le<br />

COME FAVORIRE LA<br />

CORRETTA ANALISI<br />

Affinché si possa arrivare a una<br />

disamina completa della tematica<br />

DTx, è necessario che si stabilisca<br />

un dialogo fra accademia, ricerca,<br />

industria, agenzie regolatorie e<br />

associazioni pazienti: tanti sono,<br />

infatti, gli stakeholder interessati<br />

dal fenomeno e tutti con contributi<br />

potenzialmente determinanti ai<br />

fini della stesura di un tracciato<br />

del percorso di introduzione in<br />

terapia. È solo dalla sinergia fra le<br />

differenti prospettive che, come ci si<br />

augura, potranno nascere i germogli<br />

di quello che sarà il percorso di<br />

sviluppo delle terapie digitali.<br />

Un punto cruciale su cui si è già<br />

insistito nei passaggi precedenti<br />

è, infine, rappresentato dalla<br />

formazione: le aree grige della<br />

regolamentazione sono in gran parte<br />

dovute alla mancanza di conoscenze<br />

della materia che investe senza<br />

distinzioni i tanti settori coinvolti.<br />

Occorre, a tal proposito, costruire<br />

percorsi di formazione adeguati<br />

in grado di colmare i sempre più<br />

estesi gap culturali. In tal senso,<br />

la comunicazione assume un ruolo<br />

di prim’ordine: la correttezza delle<br />

informazioni diffuse, in un ambito nel<br />

quale la disinformazione non manca,<br />

può fare la differenza.<br />

22


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LA SFIDA<br />

DELL’INTEROPERABILITÀ<br />

PER LA SANITÀ ITALIANA<br />

Giulio Divo<br />

Più che a un<br />

(presunto) ritardo<br />

nelle competenze<br />

digitali degli<br />

italiani, le<br />

maggiori difficoltà<br />

di digitalizzazione<br />

del nostro sistema<br />

sanitario sono<br />

dovute alla<br />

mancanza di una<br />

regia centrale<br />

Gianluca Polifrone | Funzionario pubblico esperto in digitalizzazione sanitaria<br />

Abbiamo imboccato la strada<br />

della digitalizzazione in sanità<br />

ma se vogliamo che questa<br />

si traduca in un vantaggio<br />

concreto per operatori e<br />

cittadini abbiamo il dovere<br />

di percorrere fino in fondo<br />

questo tragitto. Tenendo a<br />

mente alcune regole molto<br />

chiare: la digitalizzazione<br />

risulta vantaggiosa solo<br />

se la governance è ferma<br />

negli obiettivi e nel trovare<br />

il modo di far rispettare<br />

determinati standard di<br />

tipo tecnico che consentano<br />

l’interoperabilità dei dati.<br />

L’emergenza pandemica ci<br />

ha messo in condizione di<br />

utilizzare il digitale come<br />

mai prima d’ora e non è<br />

possibile pensare di tornare<br />

indietro. Gli stessi cittadini<br />

gradiscono molti aspetti<br />

legati alla digitalizzazione ma<br />

non abbiamo una evoluzione<br />

progressiva, da questo punto<br />

di vista: secondo una indagine<br />

dell’Osservatorio digitale del<br />

Politecnico di Milano, se il 12%<br />

degli italiani ha dimestichezza<br />

con usi e vantaggi del fascicolo<br />

sanitario elettronico, il 68%<br />

non sa nemmeno che cosa sia.<br />

Senza contare il fatto che ci<br />

sono enormi differenze anche<br />

tra le diverse regioni in termini<br />

di digitalizzazione.<br />

«Se la pandemia, nella sua<br />

tragicità, doveva essere lo<br />

stress test del nostro sistema<br />

sanitario, è evidente che sono<br />

24


makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />

emerse differenze e criticità.<br />

Che ci devono imporre un<br />

profondo ripensamento<br />

rispetto a come è stata<br />

interpretata la digitalizzazione<br />

negli anni passati». Comincia<br />

così la nostra chiacchierata<br />

con un esperto, Gianluca<br />

Polifrone, funzionario<br />

pubblico e già autore di ben tre<br />

volumi dedicati al tema della<br />

digitalizzazione sanitaria di<br />

cui l’ultimo è intitolato proprio<br />

“Sanità digitale: inizia la<br />

rivoluzione?”.<br />

«Quando ci siamo trovati<br />

nella condizione di impostare<br />

la campagna vaccinale a<br />

livello nazionale – prosegue<br />

Polifrone – sono emerse<br />

tutte le contraddizioni legate<br />

a un utilizzo delle nuove<br />

tecnologie che non aveva in<br />

sé gli elementi di omogeneità<br />

necessari. Siamo giunti a dover<br />

impostare questa campagna<br />

nazionale con 20 sanità<br />

regionali che non potevano<br />

contare su sistemi informatici<br />

interoperabili tra loro. E non<br />

solo: a volte esisteva un<br />

problema di protocolli anche<br />

all’interno delle stesse regioni<br />

e non è raro trovare problemi<br />

di interoperabilità persino<br />

tra i diversi piani del singolo<br />

ospedale. È chiaro che non si<br />

poteva e non si può procedere<br />

in questo modo, tanto è vero<br />

che ricordiamo come, sempre<br />

a proposito del sistema di<br />

prenotazione dei vaccini,<br />

abbiamo dovuto sopperire<br />

alla carenza di questa<br />

interoperabilità utilizzando<br />

piattaforme nazionali messe<br />

a punto per altre finalità come<br />

quella realizzata 20 anni or<br />

sono per gestire in modalità<br />

digitale i dati fiscali”.<br />

Molti ritengono che la colpa<br />

di questa situazione sia da<br />

attribuire genericamente<br />

alla scarsa alfabetizzazione<br />

informatica degli italiani in<br />

senso generale. È così?<br />

Penso che caricare gli italiani<br />

in senso generico di questa<br />

responsabilità non sia corretto.<br />

In Italia, contestualmente alla<br />

pandemia, sono stati realizzati<br />

circa mille progetti di sanità<br />

digitale. E chiaramente questo<br />

non è possibile se manca la<br />

cultura digitale. Inoltre, non<br />

possiamo dimenticare che gli<br />

italiani sono buoni utilizzatori<br />

dell’home banking che,<br />

concettualmente parlando,<br />

non richiede competenze<br />

maggiori di quelle necessarie,<br />

per dire, alla consultazione del<br />

fascicolo sanitario elettronico.<br />

Direi quindi che se pure è<br />

necessario avviare delle<br />

operazioni di alfabetizzazione<br />

informatica (come peraltro<br />

è previsto anche dal Pnrr),<br />

penso che queste difficoltà<br />

provengano per lo più dalla<br />

frammentazione della<br />

digitalizzazione. Poi è chiaro<br />

che esiste una disparità tra le<br />

varie aree del Paese, in termini<br />

di alfabetizzazione informatica.<br />

Ma non dobbiamo dimenticare<br />

che il digitale, se fatto bene,<br />

serve a semplificare la vita e<br />

non a complicarla.<br />

Eppure con la riforma del<br />

titolo V della Costituzione<br />

abbiamo delegato alle<br />

Regioni stesse le competenze<br />

sanitarie. Quindi dobbiamo in<br />

qualche modo aspettarci che<br />

queste continuino a muoversi<br />

con velocità e sistemi<br />

differenti.<br />

Ma siamo davvero sicuri<br />

che le cose stiano in questo<br />

modo? Iniziamo con il dire<br />

che la materia sanitaria non<br />

è materia esclusiva delle<br />

Regioni ma, da un punto<br />

di vista costituzionale, è<br />

materia concorrente. Con il<br />

tempo abbiamo accettato che<br />

l’equivoco di fondo diventasse<br />

realtà di fatto, cioè che la<br />

riforma del titolo V avesse<br />

l’obiettivo di “regionalizzare la<br />

sanità”. In realtà, se andiamo a<br />

leggere correttamente il testo,<br />

possiamo facilmente capire<br />

che l’obiettivo era diverso, cioè<br />

quello – nobile – di delegare<br />

la cura della persona al<br />

territorio, mantenendo però<br />

il coordinamento dal punto<br />

di vista informatico. Lo dice<br />

chiaramente l’articolo 117<br />

lettera R della Costituzione: è<br />

lo Stato a essere titolare del<br />

dato informatico il quale va<br />

condiviso poi con la periferia<br />

e gli enti locali, attraverso<br />

uno standard unico, deciso a<br />

monte e condiviso a valle. Del<br />

resto è stato proprio attraverso<br />

il combinato disposto degli<br />

articoli dal 117 al 120 della<br />

Costituzione che, durante la<br />

pandemia, è stato possibile<br />

avere il coordinamento<br />

centrale della campagna<br />

vaccinale. Questi articoli<br />

sono stati invocati dallo Stato<br />

centrale rispetto al caos che<br />

si stava prefigurando con<br />

la gestione diversificata dei<br />

singoli governi regionali.<br />

Un’obiezione possibile<br />

potrebbe essere quella per<br />

cui, riaccentrando i processi,<br />

si finisce con il penalizzare il<br />

privato.<br />

Fino a che la nostra sanità<br />

sarà gratuita e universalistica<br />

dovremmo cercare di dedicare<br />

la nostra attenzione al suo<br />

funzionamento corretto che,<br />

peraltro, potrebbe liberare<br />

molte energie che oggi sono<br />

compresse dalla burocrazia.<br />

E si tratta anche di risorse<br />

economiche. Ci sono molti<br />

motivi per cui lo Stato<br />

dovrebbe essere titolare dei<br />

dati sanitari dei cittadini.<br />

In primo luogo perché non<br />

possiamo certo affidare<br />

questo patrimonio ai giganti<br />

della Silicon Valley. In secondo<br />

luogo perché lo Stato non può<br />

abdicare al controllo dei dati<br />

sensibili dei propri cittadini.<br />

Anzi, li deve proteggere e<br />

garantire sempre meglio e<br />

sempre di più.<br />

La protezione dei dati è un<br />

argomento molto sentito.<br />

Trova corretto che lo Stato<br />

possa esercitare un controllo<br />

più o meno diretto su dati<br />

tanto sensibili?<br />

Intendiamoci: lo Stato fa già<br />

questo tipo di operazione<br />

nel momento stesso in cui<br />

si comincia a lavorare. Mi<br />

spiego meglio: l’apertura del<br />

cassetto fiscale è automatica<br />

e prescinde dalla volontà<br />

del singolo lavoratore. Anzi,<br />

possiamo ben dire che<br />

attraverso la piattaforma<br />

informatica lo Stato può<br />

25


incrociare i dati e controllare,<br />

per esempio, la nostra<br />

situazione contributiva e<br />

persino le spese che andiamo<br />

a sostenere. Peraltro c’è anche<br />

il vantaggio per cui le spese<br />

detraibili, se si usa moneta<br />

elettronica per i pagamenti,<br />

vanno direttamente nel<br />

cassetto fiscale e semplificano<br />

i processi per la dichiarazione<br />

dei redditi, quando parliamo<br />

di acquisto di farmaci<br />

rimborsabili da SSN. Quando,<br />

a causa dell’emergenza Covid,<br />

è stato possibile eliminare<br />

il consenso all’apertura del<br />

fascicolo sanitario elettronico,<br />

abbiamo fatto la stessa cosa<br />

che è stata fatta per i dati<br />

fiscali maneggiando, però,<br />

quelli sanitari. L’eliminazione<br />

del primo consenso ha reso<br />

quindi possibile fare ciò che<br />

per anni è rimasto nel cassetto<br />

delle buone intenzioni. Certo,<br />

adesso esiste un problema di<br />

implementazione dei fascicoli,<br />

perché tutto ciò che prima era<br />

cartaceo adesso deve essere<br />

elettronico. Ma con il tempo si<br />

otterrà anche questo risultato<br />

e verranno semplificate<br />

tantissime procedure che oggi<br />

sono farraginose, dispersive e<br />

costose. Dopodiché ci tengo a<br />

dire che, almeno da un punto<br />

di vista progettuale, il processo<br />

di digitalizzazione dovrebbe<br />

proprio incrementare la<br />

sicurezza dei dati informatici<br />

e garantire una maggiore<br />

privacy, rispetto ai sistemi<br />

attualmente in uso.<br />

Molti però affermano di<br />

non avere mai subito tante<br />

violazioni della privacy come<br />

da quando si è avviata la<br />

digitalizzazione della nostra<br />

vita.<br />

In questo momento la nostra<br />

sicurezza informatica non<br />

offre sufficienti standard di<br />

sicurezza. Ma non lo dico io,<br />

sono i fatti a dimostrarlo. Gli<br />

attacchi hacker ai siti degli<br />

ospedali ne sono un esempio<br />

lampante. Il fatto è che, se<br />

non possiamo contare su<br />

server protetti con sistemi<br />

certificati di massimo<br />

livello e ci si affida a ditte<br />

esterne per la manutenzione<br />

e gestione dei sistemi<br />

informatici, non possiamo<br />

fare altro che frammentare<br />

il rischio. Ormai dovremmo<br />

avere ben compreso come<br />

un’architettura “a silos”<br />

sia superata nella teoria<br />

e nella pratica. È invece<br />

assolutamente auspicabile<br />

che vengano realizzate<br />

strutture centralizzate. Lo<br />

stesso garante della privacy<br />

ha sempre redarguito le<br />

istituzioni spingendo a<br />

investire su infrastrutture<br />

tecnologiche certificate<br />

e innovative in termini di<br />

sicurezza. Per ciò che riguarda<br />

il cittadino, invece, dobbiamo<br />

agire semplificando i processi,<br />

evitando le ridondanze e<br />

migliorando l’efficienza del<br />

sistema.<br />

In che modo?<br />

Le procedure di sicurezza di<br />

secondo livello sono sufficienti<br />

perché, incrociando i dati di<br />

user e password con i codici<br />

resi disponibili dai device<br />

mobili, possiamo contare su<br />

uno standard affidabile. Io però<br />

devo anche far notare un’altra<br />

cosa importante. Quella per<br />

cui, se un giorno mi reco in un<br />

ospedale per fare una visita,<br />

devo compilare un modulo di<br />

consenso. Quel modulo non<br />

viaggia insieme al dato della<br />

clinica, ma prende una strada<br />

tutta sua. Ed è il motivo per<br />

cui a ogni prestazione devo<br />

ripetere la stessa procedura.<br />

Ma se noi ci appoggiassimo a<br />

un’unica strada in grado di far<br />

viaggiare le due informazioni<br />

insieme, procedendo<br />

all’anonimizzazione del<br />

dato grazie a strumenti<br />

che oggi sono facilmente<br />

implementabili, ne<br />

otterremmo vantaggi per<br />

tutti in termini di tempo, costi,<br />

snellimento delle procedure<br />

burocratiche e riduzione dei<br />

rischi di errore.<br />

In questi ultimi mesi, però,<br />

molte persone si sono<br />

lamentate di come sia stato<br />

farraginoso imparare a<br />

utilizzare i sistemi di identità<br />

digitale. Non pensa che<br />

questo possa essere un<br />

ostacolo all’utilizzo di questi<br />

strumenti?<br />

È chiaro che all’inizio<br />

queste procedure risultano<br />

farraginose. Ma non andrei a<br />

generalizzare su tutti i sistemi<br />

di certificazione dell’identità<br />

digitale. La carta d’identità<br />

elettronica, da questo punto di<br />

vista, è uno strumento molto<br />

valido perché contiene anche<br />

il codice fiscale e, dunque,<br />

già il fatto di non dover<br />

costantemente portare con<br />

sé più documenti significa<br />

semplificare la vita al cittadino.<br />

Da questo punto di vista,<br />

l’evoluzione delle funzioni<br />

della CIE sarà decisiva.<br />

Almeno tanto quanto lo è stata<br />

l’introduzione del bancomat<br />

per i sistemi di pagamento.<br />

È chiaro che attraverso quello<br />

strumento di identificazione<br />

(con gli adeguati sistemi di<br />

sicurezza, tanto è vero che<br />

oggi la CIE ha – come lo<br />

Spid – un accesso di primo e<br />

secondo livello composto da<br />

password, user e dispositivo<br />

mobile) deve diventare quello<br />

privilegiato per l’accesso al<br />

fascicolo sanitario elettronico,<br />

che deve essere comodo per<br />

il cittadino, ma anche utile per<br />

gli operatori sanitari.<br />

A che punto siamo, secondo il<br />

suo punto di vista?<br />

Abbiamo divelto un primo<br />

e importante ostacolo, che<br />

era quello rappresentato dal<br />

primo consenso. Abbiamo<br />

anche l’esperienza informatica<br />

del cassetto fiscale, che può e<br />

deve essere ripetuta anche per<br />

ciò che riguarda i dati sanitari.<br />

Se lo Stato procede spedito<br />

in questa fase di transizione<br />

possiamo dire di avere<br />

imboccato la via corretta. Il<br />

problema economico (dato<br />

che ogni riforma strutturale<br />

non può essere a costo zero)<br />

dovrebbe essere superato con<br />

i fondi del Pnrr per cercare<br />

di creare questi standard<br />

unici la cui cabina di regia,<br />

sui progetti di sanità digitale,<br />

è stata affidata ad Agenas<br />

come soggetto attuatore,<br />

con la supervisione del<br />

dipartimento dell’innovazione<br />

tecnologica che questo<br />

governo, da un punto di vista<br />

politico, ha rafforzato con<br />

un sottosegretario ad hoc.<br />

Abbiamo dimostrato con la<br />

pandemia di essere in grado di<br />

realizzare progetti complessi<br />

nel breve periodo. La spinta<br />

però non deve esaurirsi<br />

qui e bisogna procedere su<br />

questa strada che, peraltro,<br />

è la sola che ci può condurre<br />

a rispettare standard di<br />

efficienza che in Europa<br />

sono considerati prassi e non<br />

eccezione.<br />

26


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makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />

29


INTELLIGENZA<br />

ARTIFICIALE,<br />

CRITERIO UMANO<br />

Simone Montonati<br />

L’intelligenza artificiale può fornire un<br />

enorme contributo al raggiungimento<br />

della medicina personalizzata ma il<br />

controllo e la responsabilità delle decisioni<br />

devono restare in capo ai clinici<br />

Per avere un’idea dell’impatto<br />

che l’intelligenza artificiale<br />

avrà – molto presto – sulle<br />

nostre vite basti pensare che<br />

il mercato globale dell’IA,<br />

oggi stimato in oltre 62<br />

miliardi di dollari, è destinato<br />

a quintuplicare nel giro di tre<br />

anni. Un’indicazione della sua<br />

pervasività ce la fornisce lo<br />

stesso studio ammettendo<br />

di essere stato in parte<br />

condotto grazie a Chat GPT,<br />

il celeberrimo sistema<br />

IA in grado di generare<br />

autonomamente testi con<br />

un linguaggio indistinguibile<br />

da quello umano. Il settore<br />

sanitario, naturalmente, non è<br />

esente da questa rivoluzione.<br />

Già oggi algoritmi avanzati<br />

e sistemi di deep learning<br />

sono entrati stabilmente<br />

in sale operatorie, studi<br />

medici e laboratori di<br />

ricerca e diagnostica<br />

coadiuvando i clinici nelle<br />

diagnosi attraverso le analisi<br />

automatizzate di radiografie,<br />

tomografie, esami del sangue,<br />

o monitorando i parametri<br />

vitali dei pazienti sottoposti<br />

a interventi chirurgici, o<br />

ancora contribuendo a<br />

personalizzare diagnosi,<br />

terapie e assistenza. Proprio<br />

la possibilità di lavorare<br />

sui singoli pazienti – anche<br />

in caso di malattie rare –<br />

rappresenta uno dei potenziali<br />

più importanti di queste<br />

nuove tecnologie, come ci<br />

spiega in questa intervista<br />

Saverio D’amico, senior<br />

data scientist presso l’IRCCS<br />

Istituto Clinico Humanitas.<br />

«Nel settore della medicina<br />

vi sono diverse aree in cui<br />

l’intelligenza artificiale può<br />

avere un ruolo determinante,<br />

ad esempio nello sviluppo<br />

di farmaci e nello scouting<br />

di nuove molecole. Dal mio<br />

punto di vista, però, il suo<br />

contributo fondamentale<br />

Saverio D’Amico | Senior data scientist presso<br />

l’IRCCS Istituto Clinico Humanitas<br />

30


makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />

consiste nell’agevolare<br />

l’introduzione della medicina<br />

personalizzata e di quella<br />

di precisione. Si tratta di<br />

un completo cambio di<br />

paradigma. L’obiettivo non<br />

è più individuare terapie,<br />

diagnosi, prognosi tarate su<br />

una popolazione di pazienti<br />

e quindi standardizzate, ma<br />

stabilirle tenendo conto delle<br />

caratteristiche del singolo<br />

individuo, che possiede un<br />

corredo specifico di dati clinici<br />

e genetici di cui tenere conto.<br />

In questo modo il percorso<br />

terapeutico diventa più<br />

preciso ed efficace» .<br />

Come avviene questo<br />

processo?<br />

Ovviamente si tratta di un<br />

meccanismo complesso<br />

perché queste malattie<br />

tendono a essere molto<br />

eterogenee. Il campo di<br />

applicazione del mio team<br />

in Humanitas è quello delle<br />

malattie ematologiche che, a<br />

mio parere, sono senz’altro<br />

quelle più interessanti dal<br />

punto di vista dell’analisi<br />

dei dati. Questo innanzitutto<br />

perché sono malattie rare,<br />

quindi ci sono pochi pazienti e<br />

per di più molto eterogenei.<br />

Poi perché sono malattie<br />

molto complesse, il cui<br />

quadro è componibile solo<br />

con dati di tipo diverso:<br />

clinici, genetici, genomici,<br />

analisi del sangue, immagini<br />

istopatologiche ecc.<br />

Ogni dato fornisce<br />

un’informazione diversa,<br />

specifica per il singolo<br />

individuo. Banalmente, una<br />

mutazione di un gene sulla<br />

stessa malattia può avere<br />

prognosi diverse, così come<br />

diversa può essere la risposta<br />

alla terapia.<br />

“<br />

L’uso dell’IA<br />

in medicina<br />

deve avere<br />

come obiettivo<br />

finale quello<br />

di affiancare<br />

e supportare i<br />

clinici, non di<br />

sostituirli<br />

Come aiuta l’IA in questo?<br />

Per effettuare l’analisi di<br />

tutti questi dati è necessario<br />

estrarli e integrarli.<br />

Per esempio, i vetrini<br />

istopatologici sono immagini<br />

ma con l’intelligenza<br />

artificiale è possibile<br />

individuare automaticamente<br />

delle feature: la computer<br />

vision può analizzare<br />

autonomamente le cellule<br />

estraendo i dati che servono,<br />

come la conta dei blasti,<br />

l’andamento della fibrosi ecc.<br />

Questi dati possono essere<br />

quindi confrontati con altri,<br />

come le mutazioni genetiche<br />

dell’individuo o le sue analisi<br />

del sangue.<br />

Come avviene l’integrazione<br />

con l’intelligenza artificiale?<br />

L’integrazione e<br />

l’individuazione delle<br />

correlazioni avvengono in<br />

modo complesso, spesso non<br />

supervisionato. Significa che i<br />

dati, anche di natura diversa,<br />

vengono integrati in un unico<br />

algoritmo che riesce a trovare<br />

correlazioni fra di loro. Questo<br />

approccio è diverso da un<br />

metodo statistico classico<br />

perché non si conoscono in<br />

anticipo le esatte correlazioni<br />

da cercare. L’algoritmo le<br />

scopre autonomamente<br />

integrando i dati. È lo stesso<br />

meccanismo che vediamo<br />

in azione con l’intelligenza<br />

artificiale generativa – quella<br />

di GPT o Dall-E per intenderci<br />

– che non solo genera nuovi<br />

dati simili a quelli di training<br />

(testi) ma ha anche la capacità<br />

di creare immagini a partire<br />

da testo. Questo è possibile<br />

perché nel modello esiste<br />

una precisa correlazione fra<br />

l’informazione del testo e<br />

quella visiva dell’immagine<br />

che però viene integrata e<br />

applicata anche a nuovi casi.<br />

Come avviene la validazione<br />

delle soluzioni individuate?<br />

Questo è un punto<br />

importantissimo: i risultati<br />

devono seguire gli standard<br />

delle procedure cliniche ed<br />

essere in linea con la pratica<br />

medica consolidata. In<br />

Humanitas non applichiamo<br />

indistintamente un metodo<br />

di IA per poi valutare se<br />

emergono risultati di rilievo<br />

ma, all’opposto, iniziamo<br />

da un quesito clinico e<br />

cerchiamo il metodo di IA<br />

più adatto a fornire una<br />

risposta. Il prodotto dell’IA<br />

deve poi essere interpretato<br />

clinicamente, da un medico,<br />

non può essere assunto come<br />

definitivo. È come avere delle<br />

“lenti di ingrandimento” che<br />

aiutano i clinici a capire i<br />

dati ma la decisione finale<br />

spetta sempre al medico<br />

che, soppesando il beneficio<br />

per quel singolo paziente,<br />

individua la cura più precisa.<br />

L’uso dell’IA in medicina<br />

deve avere come obiettivo<br />

finale quello di affiancare e<br />

supportare i clinici, non di<br />

sostituirli. I clinici mantengono<br />

sempre il controllo e la<br />

responsabilità delle decisioni.<br />

È quindi necessario lavorare<br />

in team.<br />

Sì, è necessario uno sforzo<br />

congiunto di competenze<br />

tecniche e cliniche. Per<br />

questo nel nostro team<br />

affianchiamo sempre la parte<br />

tecnico-ingegneristica con la<br />

conoscenza clinica dei medici.<br />

L’IA è data-driven ma la sua<br />

applicazione in medicina deve<br />

essere human-driven. Anche<br />

perché i sistemi di IA hanno<br />

ancora diversi limiti.<br />

Quali?<br />

Ad esempio non sono in grado<br />

di astrarre concetti logici<br />

complessi, che gli esseri<br />

umani applicano in maniera<br />

naturale nel ragionamento<br />

e nel linguaggio. Inoltre<br />

hanno difficoltà a espandere<br />

l’apprendimento oltre i casi<br />

specifici su cui sono stati<br />

addestrati. Dobbiamo tener<br />

presente che si tratta di<br />

sistemi che dipendono da<br />

un addestramento manuale<br />

umano e da feedback continui,<br />

non sono completamente<br />

data-driven. Non a caso,<br />

nei sistemi di intelligenza<br />

artificiale si possono<br />

ripercuotere bias umani<br />

contenuti nei loro algoritmi di<br />

addestramento.<br />

A proposito di intelligenza<br />

artificiale generativa, cosa<br />

sono i pazienti sintetici?<br />

I “pazienti sintetici” sono<br />

31


dati generati artificialmente<br />

dall’IA che simulano i<br />

pazienti reali. Lo scopo<br />

è quello di aumentare i<br />

dataset a disposizione per<br />

le analisi predittive e per<br />

l’addestramento e il testing<br />

dei sistemi di intelligenza<br />

artificiale. Questi dati sintetici<br />

possono mimare qualsiasi<br />

tipo di dato medico: possono<br />

essere tabulari (come i valori<br />

numerici delle analisi del<br />

sangue), testuali (descrizioni<br />

di sintomi), visuali (TAC),<br />

alfanumerici (sequenze<br />

DNA) ma devono seguire<br />

le stesse distribuzioni<br />

statistiche e mantenere le<br />

stesse correlazioni dei dati<br />

reali. Se il paziente generato<br />

artificialmente ha un’età<br />

avanzata, non potrà avere i<br />

parametri vitali di un giovane.<br />

Si tratta quindi di pazienti che<br />

non esistono nella pratica<br />

reale ma vengono generati da<br />

un algoritmo sulla base delle<br />

caratteristiche dei dati reali.<br />

Sono quindi statisticamente<br />

identici ai reali, però con<br />

un livello di privacy elevato<br />

perché non esistono nella<br />

realtà. Questo processo<br />

di “data augmentation” è<br />

particolarmente utile nel caso<br />

delle malattie rare, che hanno<br />

un <strong>numero</strong> di pazienti molto<br />

ridotto.<br />

Come vengono generati<br />

questi dati?<br />

Il sistema è piuttosto<br />

complesso da descrivere:<br />

partendo da una tabella in cui<br />

ogni paziente (anonimizzato)<br />

viene descritto da una<br />

sequenza molto ampia di dati<br />

clinici – come abbiamo visto<br />

molto diversi tra loro – si<br />

applica una riduzione statistica<br />

in modo da condensare tutte<br />

le informazioni in due soli<br />

parametri che sintetizzano<br />

tutti gli altri dati. Ogni paziente<br />

è quindi descritto da questi<br />

due dati che possono essere<br />

riportati su un sistema<br />

cartesiano. In questo modo<br />

il paziente è anche descritto<br />

graficamente dalla sua<br />

posizione nello spazio<br />

bidimensionale.<br />

I pazienti simili tendono a<br />

raggrupparsi in nuvole di punti<br />

ma esaminando lo spazio si<br />

troveranno anche aree vuote<br />

ma “plausibili”, corrispondenti<br />

a pazienti potenzialmente<br />

esistenti. Selezionando dei<br />

punti in queste aree vuote<br />

si generano nuovi pazienti<br />

descritti dalla loro posizione<br />

nello spazio. A questo punto è<br />

possibile compiere il processo<br />

inverso e ricavare tutti i<br />

parametri clinici dai due punti<br />

di sintesi, Si ottengono così<br />

dei nuovi pazienti, sintetici ma<br />

verosimili.<br />

Questo, dicevi, si lega anche<br />

al problema della privacy<br />

Sì, nelle attività di ricerca<br />

e sperimentazione clinica<br />

ogni dato sensibile deve<br />

essere trattato in modo da<br />

disassociarlo da identità<br />

reali. Con questi metodi la<br />

privacy viene completamente<br />

rispettata perché fin dall’inizio<br />

ci si separa dal dataset di<br />

pazienti reali per generare<br />

dati sintetici ed è su questi<br />

che vengono svolte le indagini.<br />

I dati sintetici permettono<br />

quindi di condurre le attività di<br />

ricerca mantenendo i vantaggi<br />

di dataset realistici ma senza<br />

alcun legame con identità reali.<br />

I dai sintetici servono anche<br />

per generare i digital twins<br />

Sì, un digital twin è una<br />

simulazione virtuale<br />

dell’andamento di un<br />

paziente nel tempo, che<br />

permette di prevedere come<br />

potrebbe evolversi la sua<br />

condizione clinica e come<br />

potrebbe rispondere alle<br />

terapie in futuro. Anche in<br />

questo caso si parte da dati<br />

clinici reali del paziente e<br />

applicando le tecniche di<br />

riduzione dimensionale è<br />

possibile comprimere queste<br />

informazioni in due parametri.<br />

Analogamente alla creazione<br />

dei pazienti sintetici, si può<br />

prevedere lo spostamento<br />

nel tempo del punto che<br />

rappresenta il paziente<br />

ottenendo una traiettoria che<br />

descrive le possibili evoluzioni<br />

future della malattia.<br />

Cos’è, invece,<br />

l’apprendimento federato?<br />

L’apprendimento federato<br />

permette di addestrare<br />

modelli statistici o algoritmi<br />

su dataset distribuiti fra<br />

diverse organizzazioni (ad<br />

esempio ospedali) senza<br />

che i dati originali vengano<br />

condivisi. Risulta utile per<br />

lavorare sui dati di strutture<br />

diverse, ad esempio differenti<br />

ospedali o centri di ricerca,<br />

come se appartenessero a un<br />

unico dataset. Viene elaborato<br />

un modello comune che sarà<br />

poi addestrato a livello delle<br />

singole strutture. Ogni centro,<br />

quindi, non condivide i dati<br />

originali dei pazienti ma solo<br />

i risultati dell’addestramento.<br />

In questo modo l’algoritmo<br />

centrale potrà unire i risultati<br />

di tutte le analisi senza<br />

accedere ai singoli dati<br />

personali. Anche in questo<br />

caso tutti i problemi di privacy<br />

vengono risolti. È un sistema<br />

usato anche in altri settori<br />

in cui i dati personali devono<br />

essere altamente protetti,<br />

come quello bancario.<br />

Quali sono le criticità nell’uso<br />

dell’IA in campo medico?<br />

La criticità vera a mio parere è<br />

rappresentata dalla selezione<br />

dei dati di addestramento. Il<br />

paradigma finora imponeva di<br />

privilegiare la quantità di dati<br />

senza preoccuparsi troppo<br />

della loro qualità. Sono però<br />

emersi bias molto seri e<br />

ora è necessaria una scelta<br />

più accurata dei dati con cui<br />

vengono alimentati questi<br />

sistemi. I modelli tendono ad<br />

assorbire i pregiudizi presenti<br />

nei dati, quindi una selezione<br />

attenta è cruciale. Questo<br />

apre la strada ad alcune<br />

opportunità come il selfsupervised<br />

learning.<br />

Di cosa si tratta?<br />

Finora, lo sviluppo di modelli<br />

machine learning efficaci ha<br />

richiesto ingenti risorse per<br />

la categorizzazione di enormi<br />

raccolte di dati da parte di<br />

esseri umani. Gli operatori<br />

etichettano ogni esempio per<br />

categorizzarlo e permettere<br />

ai modelli di imparare.<br />

Si tratta di un approccio<br />

costoso, soggetto a errori<br />

e pregiudizi umani e limita<br />

la flessibilità dei modelli.<br />

Il self-supervised learning<br />

sviluppa modelli in grado di<br />

raggruppare i dati in modo<br />

coerente senza che debbano<br />

essere fornite le categorie<br />

corrette da parte di operatori<br />

umani. Successivamente<br />

l’IA utilizzerà questa<br />

categorizzazione per<br />

migliorarsi ulteriormente e<br />

stabilire, ad esempio, una<br />

diagnosi sempre più corretta.<br />

32


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REALTÀ VIRTUALE<br />

RISULTATI REALI<br />

Giulio Divo<br />

Molte ricerche hanno ormai accertato<br />

che le tecnologie RV possono essere<br />

utilizzate con successo, soprattutto<br />

nell’area della salute mentale.<br />

Le lacune normative e una scarsa<br />

conoscenza del soggetto, però, ne<br />

limitano la diffusione<br />

Giuseppe Riva, psicologo e direttore dell’Applied Technology<br />

for Neuro-Psychology Lab dell’Istituto Auxologico Italiano<br />

Il dibattito sulla salute<br />

psicologica è uno dei<br />

più “caldi” del periodo<br />

post pandemico. Nella<br />

discussione abbiamo<br />

avuto, citando alla rinfusa,<br />

l’implementazione del<br />

bonus psicologo, la<br />

creazione di una cultura<br />

aziendale più sensibile alle<br />

manifestazioni del disagio<br />

emotivo, un ripensamento<br />

dei criteri di valutazione<br />

scolastica, la nascita di<br />

piattaforme di psicoterapia<br />

online e quant’altro. È però<br />

mancata, nel dibattito, la<br />

consapevolezza che la<br />

tecnologia potrebbe giocare<br />

un ruolo importante nei<br />

processi terapeutici per<br />

i disturbi d’ansia – e non<br />

solo – attraverso i sistemi di<br />

realtà virtuale.<br />

Forse è un fatto culturale:<br />

l’italianità (in senso<br />

ampio) si contraddistingue<br />

fortemente per un<br />

tradizionale utilizzo della<br />

parola, del sofisma, per<br />

la mediazione che deve<br />

avvenire attraverso il<br />

dialogo o la prosa scritta<br />

e, quindi, si fa fatica ad<br />

accettare che i protocolli di<br />

cura per il miglioramento<br />

del benessere della<br />

psiche possano passare<br />

anche attraverso<br />

metodologie diverse da<br />

quelle farmacologiche e<br />

psicoterapiche. Tuttavia,<br />

scientificamente parlando,<br />

34


makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />

è ormai accertato che le<br />

tecnologie di realtà virtuale<br />

(RV) possono essere<br />

utilizzate con successo,<br />

quantomeno in sinergia con<br />

altre forme terapeutiche più<br />

tradizionali e consolidate.<br />

Storicamente parlando i<br />

primi modelli di RV sono<br />

stati sperimentati nel<br />

campo della psicologia<br />

cognitiva già a partire<br />

dagli anni ’70. E hanno<br />

dimostrato una crescente<br />

efficacia, viaggiando in<br />

parallelo con il progresso<br />

tecnologico che ha via<br />

via contribuito a rendere<br />

la virtualità sempre più<br />

convincente e immersiva.<br />

Sono, quindi, almeno 40<br />

anni di esperienza maturata<br />

sul campo, con tutta la<br />

letteratura internazionale<br />

a supporto. Eppure, non<br />

se ne esce: le prospettive<br />

sono interessanti, gli addetti<br />

ai lavori conoscono bene<br />

la bontà di determinate<br />

soluzioni eppure manca<br />

quello scatto finale che<br />

potrebbe consentire una<br />

diffusione più estesa<br />

di queste metodologie<br />

anche (se non soprattutto)<br />

attraverso una puntuale<br />

autorizzazione e<br />

regolamentazione da<br />

parte degli enti preposti<br />

a certificare efficacia e<br />

sicurezza del trattamento.<br />

Abbiamo parlato di tutto<br />

questo con il professor<br />

Giuseppe Riva, psicologo<br />

e direttore dell’Applied<br />

technology for neuropsychology<br />

lab dell’Istituto<br />

Auxologico Italiano, che ha<br />

sede a Milano.<br />

“<br />

Rivivere le<br />

situazioni di<br />

stress in maniera<br />

controllata è una<br />

strategia utile<br />

per superare il<br />

disturbo<br />

Perché dovremmo usare<br />

la realtà virtuale e, più in<br />

generale, le tecnologie<br />

simulative per accrescere<br />

il nostro “arsenale” di<br />

strumenti adatti a trattare i<br />

problemi della psiche?<br />

Il primo motivo, che per<br />

certi versi è anche il più<br />

importante, riguarda<br />

proprio la teoria della<br />

mente. Per quanto ancora<br />

oggi la vulgata tradizionale<br />

tenda a paragonare il nostro<br />

cervello a un computer e<br />

si insista su una analogia<br />

tra cervello e computer,<br />

negli ultimi dieci anni il<br />

paradigma è cambiato.<br />

E abbiamo capito che la<br />

mente somiglia molto di<br />

più a un sistema simulativo<br />

in cui si comprendono gli<br />

scenari di realtà, si agisce<br />

su di essi anticipando<br />

le conseguenze delle<br />

nostre stesse azioni e si<br />

procede di conseguenza,<br />

richiamando la soglia<br />

dell’attenzione quando il<br />

risultato non coincide con<br />

le aspettative virtualmente<br />

anticipate dalla nostra<br />

capacità previsionale. Che<br />

non è consapevole, data la<br />

rapidità con cui avvengono<br />

questi processi.<br />

Questo significa che il<br />

disturbo della psiche<br />

può essere considerato,<br />

semplificando, come una<br />

alterazione della nostra<br />

capacità previsionale?<br />

La malattia neurologica<br />

si pone come un difetto<br />

o un’alterazione della<br />

capacità previsionale<br />

della mente. Un esempio<br />

può essere quello della<br />

sindrome dell’arto<br />

fantasma, che dimostra<br />

chiaramente la natura<br />

simulativa della mente<br />

“<br />

Dato che il<br />

nostro cervello<br />

lavora come<br />

un sistema<br />

simulativo,<br />

la realtà simulata<br />

può diventare<br />

uno strumento<br />

adatto per<br />

correggere la<br />

distorsione<br />

cognitiva che<br />

genera il disturbo<br />

stessa e l’errore di<br />

processo; il cervello viene<br />

ingannato e si genera un<br />

dolore localizzato, in termini<br />

di percezione, laddove l’arto<br />

in questione non c’è più.<br />

Un altro esempio è quello<br />

del neglect, disturbo per<br />

cui abbiamo una perdita<br />

di consapevolezza di ciò<br />

che accade in metà del<br />

nostro campo visivo. Sono,<br />

questi, esempi di come<br />

effettivamente il nostro<br />

cervello lavori creando, di<br />

fatto, la rappresentazione<br />

dello spazio in cui agisce.<br />

E, di conseguenza, anche<br />

le emozioni che questo<br />

determina quando agiamo<br />

dentro questo spazio. La<br />

conseguenza è facilmente<br />

intuibile: se il nostro<br />

cervello lavora come un<br />

sistema simulativo, ecco<br />

che la realtà simulata può<br />

diventare uno strumento<br />

adatto per correggere la<br />

distorsione cognitiva che<br />

può generare il disturbo.<br />

In che modo le tecnologie<br />

simulative sono in grado<br />

di agire sui nostri vissuti<br />

e operare la loro azione<br />

terapeutica?<br />

Per rispondere a questa<br />

domanda dobbiamo<br />

fare un passo indietro.<br />

All’inizio la realtà virtuale<br />

è stata usata soprattutto<br />

in ambito militare durante<br />

l’addestramento, per<br />

consentire ai soldati di<br />

familiarizzare con le<br />

situazioni che avrebbero<br />

potuto fronteggiare in<br />

battaglia. Con il tempo,<br />

però, si è capito che la<br />

35


stessa cosa, all’interno<br />

di un setting controllato,<br />

poteva diventare una<br />

risorsa utile a superare il<br />

disturbo post traumatico da<br />

stress proprio nei soldati<br />

che tornavano dal fronte<br />

e ne avevano ricevuto<br />

un trauma. Rivivere la<br />

situazione stressante<br />

in maniera controllata,<br />

evocare le emozioni in<br />

maniera controllabile si è<br />

dimostrata una strategia<br />

utile in questo disturbo<br />

specifico. Quindi, per<br />

estensione, il sistema<br />

è stato testato anche<br />

su altri disturbi e in<br />

particolare per ottenere<br />

un maggiore controllo<br />

dei disturbi d’ansia come,<br />

per esempio, il disturbo<br />

d’ansia sociale e le fobie in<br />

generale. Progressivamente<br />

si è iniziato a usare la<br />

realtà virtuale anche su<br />

patologie più complesse,<br />

come i disturbi alimentari<br />

e determinate forme di<br />

psicosi.<br />

Negli ultimi anni<br />

abbiamo avuto un forte<br />

miglioramento tecnologico<br />

per quanto riguarda i<br />

sistemi di realtà virtuale.<br />

Questo ha impattato anche<br />

sul lavoro terapeutico?<br />

Sì. Se confrontiamo le<br />

esperienze di realtà<br />

virtuale degli anni ’90 con<br />

le attuali, la differenza è<br />

abissale. Oggi abbiamo<br />

un miglioramento della<br />

definizione e nella qualità<br />

della visione e questo<br />

progresso tecnico è<br />

molto importante ai<br />

“<br />

Oggi<br />

abbiamo un<br />

miglioramento<br />

della definizione<br />

e nella qualità<br />

della visione e<br />

questo progresso<br />

tecnico è molto<br />

importante ai<br />

fini terapeutici<br />

fini terapeutici perché<br />

diminuisce gli effetti<br />

collaterali della terapia<br />

stessa cioè il cosiddetto<br />

simulation sickness, ovvero<br />

un senso di nausea che<br />

si presentava quando si<br />

rimaneva per più di 20<br />

minuti circa all’interno di<br />

ambienti virtuali. Oggi i<br />

computer sono in grado di<br />

rendere l’immagine molto<br />

più fluida perché possono<br />

elaborare molti più frame al<br />

secondo e, quando portiamo<br />

davanti agli occhi immagini<br />

emesse a una frequenza di<br />

90Hz (come sono in grado<br />

di fare gli strumenti in<br />

commercio), i fenomeni di<br />

simulation sickness hanno<br />

un minore impatto e in<br />

una percentuale inferiore<br />

di persone. Persiste solo<br />

in soggetti che soffrono di<br />

forme abbastanza severe di<br />

chinetosi.<br />

I vantaggi assicurati dai<br />

sistemi di realtà virtuale si<br />

estendono anche al lavoro<br />

del medico?<br />

Abbiamo una doppia utilità:<br />

da un lato consentono di<br />

andare a intervenire sui<br />

meccanismi simulativi del<br />

cervello e, quindi, con la<br />

realtà virtuale o aumentata<br />

possiamo correggere<br />

o almeno ridurre un<br />

disturbo che affligge il<br />

sistema simulativo del<br />

nostro cervello. Allo stesso<br />

tempo queste tecnologie ci<br />

consentono di migliorare<br />

le conoscenze su come<br />

funziona il nostro cervello.<br />

Permettono di realizzare<br />

sistemi di valutazione delle<br />

performance cognitive<br />

che sono sicuramente<br />

più affidabili di quanto<br />

non siano oggi i test<br />

somministrati con carta<br />

e penna. Dunque sono<br />

preziose anche nell’attività<br />

di ricerca.<br />

La realtà virtuale può<br />

essere considerata<br />

uno strumento efficace<br />

e sicuro, inoltre i<br />

suoi prezzi si stanno<br />

progressivamente<br />

“<br />

Non ci<br />

sono device<br />

specificamente<br />

pensati per il<br />

mercato medico<br />

riducendo. Perché allora<br />

continuiamo a considerare<br />

queste applicazioni un<br />

terreno di frontiera?<br />

Ci sono diversi problemi<br />

che impediscono, almeno<br />

allo stato attuale, un<br />

decollo massiccio<br />

di questa tecnologia<br />

applicata, pur avendo<br />

una vasta letteratura<br />

che da almeno 30 anni<br />

ne certifica l’efficacia.<br />

Il primo problema è<br />

che non ci sono device<br />

specificamente pensati<br />

per il mercato medico.<br />

Gli strumenti nascono<br />

per un mondo consumer,<br />

pensato soprattutto per<br />

i videogiochi. Questo<br />

significa che l’hardware è<br />

stato concepito per utilizzi<br />

differenti, soprattutto il<br />

gaming, e questo comporta<br />

una serie di problemi, di cui<br />

il principale è quello per<br />

cui le tecnologie utilizzate<br />

all’intero di un ambiente<br />

ospedaliero devono<br />

avere un CE medicale,<br />

una certificazione che<br />

garantisca la mancanza di<br />

effetti collaterali. È il motivo<br />

per cui, all’interno del<br />

nostro ospedale, abbiamo<br />

dovuto creare il CAVE, uno<br />

spazio virtuale all’interno<br />

del quale il paziente si<br />

muove e interagisce con<br />

la realtà simulata, che<br />

abbiamo poi certificato<br />

per far sì che sia adeguato<br />

alle esigenze della clinica.<br />

Possiamo usare i device<br />

presenti sul mercato per<br />

fare attività di ricerca ma<br />

non ci è possibile di fatto<br />

assumere questi singoli<br />

strumenti per elaborare<br />

36


makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />

protocolli terapeutici<br />

destinati al paziente<br />

come se si trattasse di<br />

una prestazione medica<br />

rimborsabile dal SSN. La<br />

regolamentazione è molto<br />

precisa e la certificazione<br />

che la tecnologia consumer<br />

sia adeguata a scopi<br />

terapeutici non c’è.<br />

Quindi, non possiamo<br />

nemmeno standardizzare i<br />

protocolli per ottenerne la<br />

rimborsabilità.<br />

È un problema che,<br />

allo stato attuale, è di<br />

difficile soluzione anche<br />

perché le stesse aziende<br />

farmaceutiche, che pure<br />

si stanno muovendo con<br />

decisione sulle digital<br />

therapeutics, non stanno<br />

investendo sulla realtà<br />

virtuale. Quindi i device non<br />

possono essere certificati<br />

perché non si tratta di una<br />

tecnologia costruita ad hoc,<br />

benché funzionino a tutti<br />

gli effetti. Quindi possiamo<br />

utilizzarli per le attività<br />

di ricerca, possiamo dire<br />

che funzionano, possiamo<br />

produrre la letteratura<br />

che serve ma non<br />

possiamo usarli in maniera<br />

sistematica. Ciò, nonostante<br />

vi siano vantaggi dimostrati.<br />

Quali sono questi<br />

vantaggi?<br />

Il primo è quello relativo<br />

alla gamification. Possiamo<br />

costruire un’esperienza<br />

virtuale che sia<br />

coinvolgente, divertente e,<br />

quindi, più motivante per<br />

“<br />

Le terapie<br />

virtuali non sono<br />

ancora oggetto<br />

di una specifica<br />

normativa da<br />

parte del Ssn<br />

e, quindi, sono<br />

considerate alla<br />

stregua della<br />

psicoterapia<br />

tradizionale<br />

ciò che riguarda il problema<br />

della compliance. Non<br />

sempre le motivazioni del<br />

paziente sono costanti nel<br />

tempo ed esiste il rischio di<br />

una dispersione terapeutica.<br />

La realtà virtuale riesce<br />

invece a motivare il<br />

soggetto nel processo di<br />

cura per il semplice motivo<br />

che è divertente e, dunque,<br />

gratificante. Il secondo<br />

vantaggio è che la realtà<br />

virtuale è un’esperienza.<br />

Mentre la psicoterapia è<br />

mediata dal sistema di<br />

relazione e dal linguaggio,<br />

la realtà virtuale elimina<br />

questa mediazione e<br />

quindi consente non solo di<br />

parlare delle esperienze ma<br />

di rifarle. E il terapeuta, al<br />

di là di ciò che il soggetto<br />

dice, può monitorare<br />

una serie di reazioni<br />

che il paziente potrebbe<br />

ignorare, più o meno<br />

deliberatamente. Dalle<br />

ricerche e dalle metanalisi<br />

condotte in tutti questi anni<br />

sappiamo che, a parità di<br />

efficacia, ci vuole meno<br />

tempo per raggiungere gli<br />

stessi risultati.<br />

Come mai non si è ancora<br />

riusciti a far entrare<br />

questo modello terapeutico<br />

nei centri di cura?<br />

Al di là della questione<br />

legata alle certificazioni dei<br />

device, dobbiamo pensare<br />

che un sistema del genere<br />

va organizzato partendo<br />

dall’alto. Per prima cosa le<br />

terapie virtuali non sono<br />

ancora oggetto di una<br />

specifica regolamentazione<br />

da parte del SSN e, quindi,<br />

sono considerate sia da un<br />

punto di vista economico<br />

sia pratico come la<br />

“<br />

Grazie alla<br />

realtà virtuale,<br />

il terapeuta<br />

può monitorare<br />

una serie di<br />

reazioni che<br />

il paziente<br />

potrebbe anche<br />

ignorare,<br />

più o meno<br />

deliberatamente<br />

psicoterapia tradizionale.<br />

Dunque non rientrano<br />

nel mondo della sanità<br />

pubblica. Dopodiché se<br />

si volesse implementare<br />

questo tipo di servizio è<br />

necessario agire anche a<br />

livello gestionale: i device<br />

di tipo stand-alone nella<br />

categoria consumer, oggi,<br />

costano attorno ai 500<br />

euro. Si tratta di una cifra<br />

bassa a cui però dobbiamo<br />

aggiungere i costi di<br />

gestione e manutenzione.<br />

Infine c’è una questione<br />

puramente formativa: il<br />

mondo della psicologia<br />

e della psicoterapia non<br />

prevede corsi specifici<br />

che spieghino come usare<br />

queste tecnologie in ambito<br />

clinico. Noi all’Università<br />

Cattolica abbiamo una<br />

cattedra di Tecnologia<br />

Positiva nell’ambito della<br />

psicologia del benessere<br />

proprio per formare gli<br />

studenti a questo genere<br />

di strumenti ma questa<br />

competenza non viene<br />

insegnata ovunque.<br />

Quindi, se non so come<br />

usarla, difficilmente poi<br />

mi andrò ad avvalere di<br />

questa nella pratica clinica.<br />

All’estero la situazione è<br />

un po’ differente perché<br />

da diversi anni nei corsi<br />

di psicologia ci sono corsi<br />

specifici. A Oxford, tanto per<br />

parlare di un’eccellenza,<br />

è stato creato addirittura<br />

uno spinoff universitario<br />

dedicato. Il sistema<br />

universitario italiano è più<br />

ingessato e risulta difficile<br />

inserire dei nuovi corsi<br />

all’interno delle cartelle del<br />

ministero.<br />

37


SmSocial network<br />

la comunità<br />

digitale di<br />

persone con<br />

sclerosi multipla<br />

Una piattaforma social interamente<br />

dedicata a persone affette da SM dimostra<br />

il potenziale dei canali digitali per<br />

comunicare efficacemente con i pazienti<br />

diffondendo sapere scientifico<br />

Alberto Bobadilla<br />

38<br />

Luigi Lavorgna, neurologo al Policlinico<br />

di Napoli e Chair Digitale della SIN<br />

Si chiama SMSocial<br />

network, l’ha creato nel<br />

2012 Luigi Lavorgna,<br />

neurologo al Policlinico<br />

di Napoli e Chair Digitale<br />

della SIN (Società italiana<br />

di neurologia) ed è stata<br />

la prima piattaforma<br />

interamente dedicata alle<br />

persone affette da sclerosi<br />

multipla. La passione di<br />

Lavorgna per le nuove<br />

tecnologie è testimoniata<br />

anche dal fatto che per la<br />

SIN coordina il gruppo di<br />

studio “Digital technologies,<br />

web e social media”. Gli<br />

abbiamo chiesto di parlare<br />

della sua, ormai decennale,<br />

iniziativa e abbiamo presto<br />

finito per toccare temi che<br />

oggi appaiono sempre più<br />

cruciali e ineludibili:<br />

il rapporto dei pazienti con<br />

i medici e con la propria<br />

malattia, le modalità e i<br />

rischi della comunicazione<br />

della scienza e le possibilità<br />

offerte dal Web per<br />

affrontare in modo più<br />

corretto e consapevole i<br />

temi della salute.


makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />

Cos’è e com’è nato SMSocial<br />

network?<br />

L’idea ha preso il via in<br />

considerazione di un dato<br />

epidemiologico: c’erano, già<br />

nel 2012, molti giovani che<br />

avevano una diagnosi di<br />

sclerosi multipla ed erano<br />

nativi digitali, quindi del tutto<br />

abituati e a proprio agio<br />

nell’utilizzare il cellulare e<br />

il Web, integrandoli nella<br />

propria vita quotidiana.<br />

All’inizio, SMSocial<br />

network era soltanto una<br />

piattaforma pensata per<br />

una comunicazione veloce<br />

tra medico e paziente: un<br />

po’ come un WhatsApp<br />

monotematico. A rispondere<br />

ero soltanto io e questo<br />

strumento mi permetteva di<br />

interagire molto velocemente<br />

con i miei pazienti. Si trattava<br />

in sostanza di una forma<br />

primordiale di telemedicina<br />

e fu un’idea molto innovativa,<br />

perché è stata la prima<br />

piattaforma interamente<br />

dedicata alle persone con<br />

sclerosi multipla; nel Web<br />

non c’era nulla di simile. Per<br />

questa ragione, sebbene il<br />

sito fosse solo in italiano, è<br />

stato ben presto utilizzata<br />

da persone straniere<br />

che lo consideravano un<br />

punto di riferimento. Tutti<br />

i contenuti che venivano<br />

veicolati dalla piattaforma<br />

erano supervisionati da noi<br />

neurologi e non potevano<br />

essere condivise notizie<br />

false o non scientificamente<br />

provate. In realtà non<br />

abbiamo censurato nessun<br />

messaggio, ma quando<br />

qualcuno condivideva<br />

affermazioni false,<br />

intervenivamo e spiegavamo<br />

“<br />

Ritengo che<br />

le fake news in<br />

medicina siano<br />

determinate<br />

in gran parte<br />

dalla partecipazione<br />

ancora insufficiente<br />

dei medici<br />

sui social e<br />

sui canali Web<br />

perché si trattava di fake<br />

news.<br />

Se, per esempio, un paziente<br />

diceva di trovarsi bene<br />

curandosi con l’aloe vera,<br />

non cancellavamo la notizia,<br />

ma spiegavamo che non<br />

c’erano basi scientifiche ad<br />

avvalorare l’efficacia di quella<br />

terapia, senza mai alzare i<br />

toni e ripetendo all’infinito<br />

che i dati scientifici vengono<br />

prima di tutto. Ci siamo<br />

naturalmente presi degli<br />

improperi, delle offese, ma<br />

questo approccio ha pagato.<br />

Abbiamo ricevuto molta<br />

attenzione da parte della<br />

stampa generalista,<br />

<strong>numero</strong>si giornali parlarono<br />

dell’iniziativa e le iscrizioni<br />

a SMSocial network<br />

aumentarono rapidamente,<br />

conferendogli fin dall’inizio<br />

un respiro nazionale, tanto<br />

che i miei pazienti sono<br />

diventati ben presto una<br />

piccola minoranza degli<br />

iscritti.<br />

Che mole di lavoro<br />

comportava questa<br />

iniziativa?<br />

Nel 2012 il nostro<br />

impegno era comunque<br />

ancora piuttosto ridotto.<br />

La piattaforma era<br />

principalmente uno<br />

strumento di condivisione.<br />

I pazienti raccontavano<br />

le proprie esperienze e,<br />

occasionalmente, chiedevano<br />

consigli, a cui rispondevamo<br />

in privato o in pubblico a<br />

seconda della natura della<br />

richiesta e della volontà dei<br />

pazienti stessi. In privato<br />

c’era anche la possibilità di<br />

conversare attraverso una<br />

chat uno a uno.<br />

Oggi SMSocial network è<br />

una piattaforma Web più una<br />

app (SMSN) che viaggiano<br />

sostanzialmente da sole:<br />

la maggior parte di ciò<br />

che accade nel network si<br />

autoalimenta. I partecipanti si<br />

sono evoluti, ci sono pazienti<br />

esperti che hanno acquisito<br />

autorevolezza e nessuno<br />

scrive più fake news. Sono<br />

passati dieci anni ma sembra<br />

un’era geologica.<br />

Negli ultimi tempi le fake<br />

news hanno però invaso il<br />

Web. In questa comunità di<br />

persone, c’è stata invece una<br />

forma di autoeducazione?<br />

Abbiamo pubblicato uno<br />

studio scientifico che si<br />

è focalizzato proprio su<br />

questo aspetto. Anche<br />

nelle comunità scientifiche<br />

esistono degli influencer,<br />

o comunque persone che<br />

vengono considerate dei<br />

punti di riferimento. Questo<br />

particolare social network,<br />

aperto a pazienti e caregiver<br />

ma con supervisione medica,<br />

ha portato a riconoscere come<br />

influencer non solo i medici<br />

ma anche alcuni pazienti, che<br />

però scrivevano sempre cose<br />

scientificamente corrette.<br />

Coloro che proponevano fake<br />

news erano letti, talvolta<br />

innescavano dibattiti, ma non<br />

venivano sostanzialmente<br />

ascoltati e non sono stati<br />

considerati come influencer<br />

dagli altri partecipanti alla<br />

comunità.<br />

Ritiene che la correttezza<br />

scientifica abbia determinato<br />

la loro popolarità e<br />

autorevolezza?<br />

Forse in parte, certamente<br />

l’intervento medico di<br />

supervisione ha aiutato<br />

molto, ma probabilmente<br />

siamo stati anche fortunati.<br />

Nella nostra piattaforma<br />

non si parla solo di sclerosi<br />

multipla, i partecipanti<br />

scambiano opinioni anche<br />

su altri argomenti, come<br />

sport, viaggi e tempo libero;<br />

ebbene, tre di quelli che sono<br />

stati considerati influencer<br />

non avevano mai scritto di<br />

temi medici. In questi casi, è<br />

risultato che la loro posizione<br />

di rilievo era dovuta al fatto<br />

di aver scritto mediamente<br />

quattro volte più post rispetto<br />

agli altri partecipanti. È<br />

la dimostrazione che un<br />

ruolo attivo in una comunità<br />

paga. Questo ruolo attivo<br />

è enfatizzato da SMSocial<br />

network anche rispetto<br />

alla propria malattia. I<br />

partecipanti non amano<br />

essere chiamati “pazienti”<br />

39


ma “persone con sclerosi<br />

multipla”, sottolineando di<br />

essere partner del medico<br />

nella scelta terapeutica e<br />

non soggetti passivi che si<br />

limitano a rispettarne le<br />

decisioni. Ormai, le terapie per<br />

la sclerosi multipla vengono<br />

condivise con i pazienti.<br />

Con l’aumento del grado<br />

di conoscenza medicoscientifica<br />

che si è avuto<br />

nell’era digitale, ritengo che<br />

questo sia un fenomeno<br />

generale, che riguarda anche<br />

altre patologie. Quando il<br />

medico prescrive un farmaco,<br />

sa bene che spesso, appena<br />

uscito dallo studio, il paziente<br />

raccoglie informazioni sul<br />

Web, quindi una maggiore<br />

condivisione risulta<br />

necessaria.<br />

Eppure il Web veicola anche<br />

fake news, che talvolta<br />

diventano molto popolari…<br />

Ritengo che le fake<br />

news in medicina siano<br />

determinate in gran parte<br />

dalla partecipazione ancora<br />

insufficiente dei medici sui<br />

canali Web. Se tutti i medici<br />

utilizzassero il mezzo digitale<br />

a completamento e supporto<br />

della propria attività clinica<br />

invadendo la rete con notizie<br />

scientifiche, la diffusione delle<br />

fake si ridurrebbe tantissimo.<br />

Ma c’è una ancora una<br />

generazione di medici di una<br />

certa età, che hanno ancora<br />

un po’ di perplessità riguardo<br />

alle potenzialità di formazione<br />

e informazione del Web.<br />

Naturalmente serve uno<br />

sforzo per semplificare i<br />

concetti senza snaturarne<br />

la correttezza scientifica. Se<br />

“<br />

I partecipanti<br />

non amano essere<br />

chiamati “pazienti”<br />

ma “persone con<br />

sclerosi multipla”,<br />

sottolineando di<br />

essere partner del<br />

medico nella scelta<br />

terapeutica e non<br />

soggetti passivi che si<br />

limitano a rispettarne<br />

le decisioni<br />

devo spiegare il meccanismo<br />

degli anticorpi monoclonali<br />

non è necessario che ne<br />

dettagli i meccanismi biologici,<br />

basta dire che sono farmaci in<br />

grado di bloccare certe cellule<br />

che danneggiano il sistema<br />

nervoso delle persone con<br />

sclerosi multipla.<br />

Credo che l’integrazione<br />

dei canali web sia la vera<br />

frontiera. Nel nostro caso<br />

si tratta di un’integrazione<br />

parziale, perché siamo<br />

presenti solo con un sito Web,<br />

con una app e con un profilo<br />

su Instagram: (neurluilav,<br />

dove faccio divulgazione<br />

scientifica non limitata alla<br />

sclerosi multipla ma estesa<br />

a tutta la neurologia). Eppure<br />

vediamo che le persone<br />

prendono interesse per ciò<br />

che leggono in un canale e<br />

vanno a raccogliere ulteriori<br />

informazioni in altri canali.<br />

L’atteggiamento dei pazienti<br />

è cambiato con la pandemia<br />

di Covid-19?<br />

Certi atteggiamenti si sono<br />

esasperati e c’è stato un<br />

periodo in cui l’affidabilità<br />

della scienza è stata messa<br />

in dubbio, ma adesso mi<br />

pare che questo pericolo stia<br />

rientrando.<br />

Le persone sono state molto<br />

disorientate dalla pandemia,<br />

nessuno di noi era preparato,<br />

persino la scienza non lo era<br />

e certamente non la politica.<br />

Ma questo non ha scoraggiato<br />

coloro che, con grande<br />

caparbietà, hanno lavorato per<br />

far riacquistare alla scienza<br />

lo spazio che le è dovuto,<br />

come unico riferimento valido<br />

nella difesa della salute.<br />

Dietro al più piccolo risultato<br />

scientifico ci sono decine di<br />

persone che hanno lavorato<br />

per dimostrarne la validità<br />

ed è evidentemente assurdo<br />

pensare che queste decine<br />

di ricercatori e medici si<br />

siano messi d’accordo per<br />

organizzare un complotto per<br />

ragioni di interesse. Tutti noi<br />

che ci occupiamo di scienza<br />

dobbiamo impegnarci affinché<br />

le persone ne abbiano fiducia.<br />

Avete avuto supporti per<br />

la realizzazione della<br />

piattaforma?<br />

Non ho mai avuto un soldo<br />

da università, Asl, ministero,<br />

Unione europea… Sebbene<br />

qualche volta ci abbia provato,<br />

le mie istanze venivano<br />

sempre bocciate. Ad aiutarmi<br />

è stata invece qualche azienda<br />

farmaceutica che, nonostante<br />

io non consigliassi farmaci<br />

o altro che potesse avere<br />

finalità commerciali, hanno<br />

creduto nel digitale e nella<br />

mia piattaforma. Mi hanno<br />

aiutato con poche migliaia di<br />

euro ma sono andato avanti<br />

anche grazie a loro, che non<br />

hanno mai avuto nessun<br />

ritorno economico.<br />

Riferimenti<br />

• Lavorgna L, De Stefano M, Sparaco<br />

M, Moccia M, Abbadessa G, Montella<br />

P, Buonanno D, Esposito S, Clerico M,<br />

Cenci C, Trojsi F, Lanzillo R, Rosa L,<br />

Morra VB, Ippolito D, Maniscalco G,<br />

Bisecco A, Tedeschi G, Bonavita S. Fake<br />

news, influencers and health-related<br />

professional participation on the Web:<br />

A pilot study on a social-network of<br />

people with Multiple Sclerosis. Mult<br />

Scler Relat Disord. 2018 Oct;25:175-<br />

178. doi: 10.1016/j.msard.2018.07.046.<br />

Epub 2018 Jul 31. PMID: 30096683.<br />

• Lavorgna L, Brigo F, Moccia M,<br />

Leocani L, Lanzillo R, Clerico M,<br />

Abbadessa G, Schmierer K, Solaro C,<br />

Prosperini L, Tedeschi G, Giovannoni<br />

G, Bonavita S. e-Health and multiple<br />

sclerosis: An update. Mult Scler.<br />

2018 Nov;24(13):1657-1664. doi:<br />

10.1177/1352458518799629. Epub<br />

2018 Sep 19. PMID: 30231004.<br />

• Moccia M, Brigo F, Tedeschi G,<br />

Bonavita S, Lavorgna L. Neurology<br />

and the Internet: a review. Neurol Sci.<br />

2018 Jun;39(6):981-987. doi: 10.1007/<br />

s10072-018-3339-9. Epub 2018 Mar<br />

28. PMID: 29594831.<br />

• Lavorgna L, Russo A, De Stefano<br />

M, Lanzillo R, Esposito S, Moshtari<br />

F, Rullani F, Piscopo K, Buonanno D,<br />

Brescia Morra V, Gallo A, Tedeschi G,<br />

Bonavita S. Health-Related Coping<br />

and Social Interaction in People with<br />

Multiple Sclerosis Supported by a<br />

Social Network: Pilot Study With a New<br />

Methodological Approach. Interact J<br />

Med Res. 2017 Jul 14;6(2):e10. doi:<br />

10.2196/ijmr.7402. PMID: 28710056;<br />

PMCID: PMC5533941.<br />

40


Skin-friendly textures<br />

Considering patient preferences and needs as well as therapeutic indication<br />

at early stage of development of topical or transdermal formulations is key to<br />

develop patient-friendly textures aiming at increasing adherence to the treatment.<br />

Patient-centered mapping of topical dosage forms<br />

Water quantity in the formulation<br />

Low Medium High<br />

Solution<br />

Suspension<br />

Hydrogel<br />

Micro-emulsion<br />

Bi-gel<br />

Long lasting effect<br />

On-the-go use<br />

Lotion<br />

Foam<br />

Emugel<br />

Large area<br />

Hair-bearing area<br />

Cream<br />

Versatile uses<br />

Very dry, sensitive,<br />

damaged skin<br />

Stick<br />

Ointment<br />

Localized area<br />

On-the-go use<br />

Powder<br />

Patch<br />

Oleogel<br />

Occlusive<br />

properties<br />

Low Medium High<br />

Oil quantity in the formulation<br />

Solutions for each topical dosage form<br />

Whatever the dosage form you want to develop, we provide high quality functional excipients and guidelines to use them.<br />

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• Labrasol®<br />

• Lauroglycol 90 *<br />

• Lauroglycol FCC *<br />

• Maisine® CC *<br />

• Peceol *<br />

• Plurol® Oleique CC 497 *<br />

• Transcutol® P *<br />

Emulsifiers<br />

• Apifil®<br />

• Gelot 64<br />

• Plurol® Diisostearique *<br />

• Sedefos 75<br />

• Tefose® 1500<br />

• Tefose® 63<br />

Co-emulsifiers<br />

• Emulcire 61 WL 2659<br />

• Labrafil® M 1944 CS<br />

• Labrafil® M 2125 CS<br />

• Labrafil® M 2130 CS<br />

• Plurol® Oleique CC 497 *<br />

Surfactants<br />

• Gelucire® 48/16<br />

• Labrasol®<br />

Co-surfactants<br />

• Capryol® 90 *<br />

• Capryol® PGMC *<br />

• Lauroglycol 90 *<br />

• Lauroglycol FCC *<br />

• Labrafil® M 1944 CS<br />

• Labrafil® M 2125 CS<br />

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• Monosteol *<br />

• Precifac 95-3 *<br />

• Precirol® ATO 5 *<br />

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• Gelucire® 43/01 *<br />

• Labrafac PG *<br />

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alimentare e farmaceutico.<br />

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La stessa pompa può trattare<br />

prodotti liquidi e anche molto densi,<br />

dall’acqua alle creme e gel.


4<br />

Qualità<br />

S S<br />

makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />

Difficile descriverla in modo oggettivo<br />

facile rilevarne la mancanza<br />

Dalla fase progettuale a quella<br />

produttiva, dall’installazione<br />

alla convalida: il controllo della<br />

contaminazione dell’aria nella sua<br />

interezza.<br />

• Progettazione<br />

• Pianificazione<br />

• Ingegneria di base<br />

• Ingegneria di dettaglio<br />

• Construction & Commissioning<br />

• Equipment & Validation<br />

• Turnkey<br />

• Supporto<br />

• Manutenzione<br />

• Utilities<br />

• Analisi dei flussi d’aria per un<br />

controllo della contaminazione<br />

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43


UNA<br />

LAMA<br />

A DOPPIO<br />

TAGLIO<br />

Simone Montonati<br />

Il potenziale<br />

dirompente<br />

dell’intelligenza<br />

artificiale offre<br />

possibilità<br />

senza<br />

precedenti ma<br />

proprio per<br />

questo porta<br />

con sé anche<br />

molti rischi,<br />

in gran parte<br />

sottovalutati<br />

44<br />

Il 31 marzo di quest’anno, con una<br />

decisione che ha stupito molti –<br />

sicuramente chi scrive – il Garante<br />

italiano della privacy ha bloccato<br />

l’accesso al sito di Chat GPT, il<br />

sistema di intelligenza artificiale in<br />

grado di simulare le conversazioni<br />

umane in modo praticamente<br />

indistinguibile da quelle reali. Alla<br />

base del provvedimento ci sarebbero<br />

le preoccupazioni riguardanti il<br />

trattamento dei dati personali,<br />

l’assenza di filtro per l’accesso ai<br />

minori di 13 anni e diverse violazioni<br />

del Gdpr (il regolamento europeo sul<br />

trattamento dei dati personali). Al di là<br />

del merito delle decisione, sul quale<br />

non entriamo, il Garante ha avuto<br />

il merito di imporre una riflessione<br />

sulle modalità di gestione dei dati<br />

personali e – più in generale – sui<br />

rischi generati dall’utilizzo pressoché<br />

universale (pandemico potremmo<br />

dire) dell’intelligenza artificiale (IA).<br />

La violazione della privacy, infatti, è<br />

solo uno degli aspetti critici di questa<br />

tecnologia e probabilmente non il più<br />

pericoloso.<br />

NON SOLO PRIVACY<br />

Secondo un’analisi pubblicata su “Applied<br />

science” a opera di un team di ricercatori<br />

di diversi enti di ricerca (tra cui il nostro<br />

Cnr) vi sono almeno una decina di sfide<br />

che lo sviluppo e l’implementazione dei<br />

sistemi di IA portano con sé. Una riguarda<br />

sicuramente la riservatezza dei dati<br />

personali. I sistemi di machine learning<br />

necessitano di una enorme mole di dati<br />

per essere addestrati. Per il training di<br />

GPT-3, ad esempio, è stata utilizzata una<br />

versione filtrata dell’intero web dal 2011


makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />

al 2021. Tuttavia non è stato sufficiente:<br />

questa parte rappresenta solo il 60%<br />

dell’intero set che si è reso necessario<br />

per il suo addestramento. Inoltre, quando<br />

l’IA dialoga con gli utenti registra le<br />

loro domande e i loro commenti per<br />

continuare l’addestramento e raffinare<br />

le successive risposte. I sistemi che<br />

prevedono un comando vocale, come<br />

Alexa e Siri, restano costantemente in<br />

ascolto per poter individuare il momento<br />

in cui l’utente avvia la conversazione<br />

tramite l’apposito ordine. Inoltre, non va<br />

dimenticato che i dati raccolti da tutte<br />

queste interazioni venivano in passato<br />

sottoposti al vaglio di operatori umani per<br />

migliorare l’accuratezza delle risposte<br />

automatiche. Apple ha interrotto questa<br />

pratica nel 2019 ma è chiaro che altre<br />

società potrebbero continuare (più o<br />

meno apertamente) a fare altrettanto.<br />

Peraltro non è chiaro come questi dati<br />

vengano utilizzati. Non si tratta solo di un<br />

problema di trasparenza, già di per sé<br />

delicato. Molti metodi di apprendimento,<br />

come le reti neurali e il deep learning,<br />

hanno capacità straordinarie ma si<br />

affidano a simboli complessi per<br />

svolgere i loro compiti. La versione<br />

completa di GPT-3 ha una capacità di 175<br />

miliardi di parametri di apprendimento<br />

automatico, difficile dare un’idea reale<br />

del funzionamento dell’algoritmo. Ma per<br />

potersi fidare – e affidare – a tecnologie di<br />

IA è cruciale conoscere la logica alla base<br />

del loro processo decisionale. Questo è<br />

imprescindibile in alcuni settori strategici<br />

come quello militare, energetico, dei<br />

trasporti e dell’assistenza sanitaria.<br />

Come spiega un editoriale pubblicato su<br />

Nature, “i modelli addestrati su Internet<br />

riflettono la portata dei pregiudizi che si<br />

trovano al suo interno”. Questo è stato<br />

confermato applicando a un modello di<br />

machine learning addestrato sul web,<br />

il test denominato Implicit association<br />

test elaborato dall’Università di Harvard<br />

per rilevare l’esistenza di associazioni<br />

subconsce. Non stupisce, dunque, che<br />

anche GPT-3 abbia mostrato associazioni<br />

inappropriate tra genere sessuale e alcuni<br />

lavori, abbia abbinato sentimenti negativi<br />

alla popolazione nera e collegato l’Islam<br />

a termini richiamanti il terrorismo. Tutto<br />

questo potrebbe anche essere generato<br />

in assoluta buona fede da parte dei<br />

programmatori. Ma naturalmente non<br />

sempre è così.<br />

AI HACKING<br />

La capacità dell’IA di simulare elaborati<br />

umani, siano essi testi, immagini, voci o<br />

video è talmente sofisticata che spesso<br />

diventa impossibile per un utente<br />

riconoscere l’algoritmo dall’uomo. Uno<br />

dei rischi in questo senso è la creazione<br />

di deepfake, video o immagini manipolati<br />

per creare contenuti falsi ma convincenti.<br />

Lo scopo non è sempre il divertimento del<br />

pubblico: questi prodotti possono essere<br />

utilizzati per diffondere false informazioni<br />

e influenzare l’opinione pubblica.<br />

Il (geniale) video fake di Barack Obama<br />

che pubblicizza il corso sul deep learning<br />

del MIT e le false immagini dell’arresto<br />

di Donald Trump o quelle di Papa<br />

Bergoglio che indossa il piumino danno<br />

l’idea del potenziale rischio di queste<br />

tecnologie. Del resto l’IA può naturalmente<br />

agevolare anche l’attività degli hacker.<br />

Gli algoritmi di intelligenza artificiale<br />

possono eseguire autonomamente la<br />

scansione di reti e sistemi aziendali alla<br />

ricerca di vulnerabilità e lanciare attacchi<br />

mirati con precisione elevatissima senza<br />

intervento umano. Questa possibilità<br />

è particolarmente pericolosa perché<br />

l’aggressione può avvenire ai danni delle<br />

linee di produzione generando danni<br />

irreversibili e blocchi degli impianti.<br />

Un aspetto ancor più inquietante è che<br />

questi sistemi potrebbero sfuggire al<br />

controllo umano. Secondo l’articolo<br />

scientifico “A Survey of artificial<br />

intelligence challenges: analyzing the<br />

definitions, relationships, and evolutions”,<br />

alcune delle abilità cognitive dei sistemi di<br />

HLI (Human level intelligence) “potrebbero<br />

non essere controllate dagli esseri<br />

umani quando l’HLI viene utilizzato per<br />

costruire un agente auto-organizzato”.<br />

L’abbinamento di questa possibilità con<br />

la capacità di produrre deepfake genera<br />

scenari catastrofisti. “Ad esempio, un<br />

agente basato su HLI potrebbe essere<br />

in grado di mentire e generare prove<br />

reali per le sue affermazioni. Potrebbe<br />

essere in grado di generare qualsiasi<br />

tipo di fatti su dati reali (o sintetici) che<br />

gli esseri umani non sarebbero in grado<br />

di distinguere da quelli reali”. Secondo<br />

gli autori non si tratta di una possibilità<br />

remota, per due motivi. Il primo è che l’IA<br />

è progettata per imitare il comportamento<br />

umano, quindi potrebbe accidentalmente<br />

apprendere anche queste condotte<br />

dai dati forniti dall’uomo. Inoltre,<br />

“l’inganno e l’imbroglio possono far<br />

parte del comportamento di ogni agente<br />

informatico perché esso si concentra<br />

solo sull’ottimizzazione di alcune funzioni<br />

target predefinite” e i comportamenti<br />

ingannevoli possono essere funzionali al<br />

raggiungimento di questi obiettivi.<br />

I COSTI DELLO STUDIO<br />

Il processo di digitalizzazione viene<br />

spesso associato al concetto di<br />

sostenibilità dato che una gestione<br />

più efficiente dei sistemi riduce gli<br />

sprechi e l’uso di risorse. Tuttavia,<br />

una delle criticità più sottovalutate<br />

dell’intelligenza artificiale è proprio<br />

il suo consumo energetico. L’uso di<br />

algoritmi di apprendimento automatico<br />

richiede una enorme quantità di energia,<br />

specialmente quando si utilizzano modelli<br />

di deep learning. Secondo uno studio<br />

dell’Università del Massachusetts, gli<br />

eccezionali risultati raggiunti in questi<br />

anni dall’IA dipendono in gran parte<br />

dall’impiego di risorse computazionali<br />

straordinarie che, però, hanno un costo<br />

significativo sia in termini finanziari (per<br />

l’acquisto dell’hardware, dell’elettricità<br />

e del tempo di cloud computing),<br />

sia dal punto di vista ambientale.<br />

L’addestramento di Bert, un modello<br />

di deep learning sviluppato da Google<br />

su 3.300 miliardi di dati, “ è più o meno<br />

equivalente a un volo transamericano”<br />

ma il modello NAS per automatizzare<br />

la progettazione delle reti neurali ha<br />

richiesto 979 milioni di passaggi di<br />

addestramento per un totale di oltre 270<br />

tonnellate equivalenti di CO 2<br />

(e costi di<br />

cloud computing fino 3 milioni di dollari).<br />

Per confronto, mediamente un italiano<br />

emette ogni anno 5,4 tonnellate di CO 2<br />

.<br />

45


DIRETTIVA NIS 2,<br />

ALZARE L’ASTICELLA<br />

DELLA SICUREZZA<br />

INFORMATICA<br />

La nuova normativa europea<br />

sulla cybersecurity amplia in<br />

modo significativo il perimetro<br />

di applicazione includendo<br />

nuovi settori strategici e<br />

definendo criteri più oggettivi<br />

per l’identificazione delle aziende<br />

interessate<br />

Valentina Guidi<br />

46<br />

Ventuno mesi a partire dal 17 gennaio <strong>2023</strong>. È questa la<br />

tempistica prevista per il recepimento da parte degli Stati<br />

membri dell’Unione europea della Direttiva UE 2022/2555 in<br />

materia di cybersecurity, meglio nota come Direttiva NIS 2. La<br />

normativa è il proseguimento della strategia europea per la<br />

sicurezza informatica, che ha cominciato a prendere forma<br />

nel 2016 con la prima Direttiva NIS (Direttiva UE 2016/1148),<br />

recepita in Italia nel 2018 (verrà abrogata dalla nuova versione).<br />

Il panorama farmaceutico è pronto ad allinearsi ai nuovi<br />

requisiti?<br />

LA NORMATIVA INSUFFICIENTE<br />

Il primo passo in una nuova direzione difficilmente è privo di<br />

imperfezioni. E così è stato anche per la prima Direttiva NIS,<br />

datata 2016. D’altronde, imbrigliare un argomento complesso,<br />

vasto e mutevole come la sicurezza informatica non è un<br />

compito semplice. Se da un lato la normativa ha cominciato a<br />

mettere dei paletti a un argomento la cui importanza è ormai<br />

fondamentale in ogni settore, dall’altro i suoi limiti si sono<br />

dimostrati sin da subito <strong>numero</strong>si.<br />

Innanzitutto i settori a cui la normativa è indirizzata si sono<br />

ben presto dimostrati insufficienti. Molte realtà che nell’arco di<br />

pochi anni sono divenute essenziali per il commercio a livello<br />

europeo erano escluse dal campo di applicazione e come<br />

conseguenza si sono ritrovate maggiormente impreparate<br />

alla gestione delle minacce alla cybersecurity. Inoltre, l’ampio<br />

margine di autonomia legislativa lasciato dalla direttiva ai Paesi<br />

membri si è tradotto in una disomogeneità che per certi versi<br />

ha ostacolato la sua implementazione invece di favorirla.<br />

Il legislatore, poi, non poteva certo immaginare che a pochi<br />

anni dall’emissione della normativa una pandemia avrebbe<br />

cambiato le carte in tavola. Covid-19 ha infatti accelerato in<br />

modo massiccio e al contempo disordinato la digitalizzazione<br />

in Europa. E con l’aumento della digitalizzazione si sono<br />

moltiplicate anche le minacce alla sicurezza informatica.<br />

Come risultato di un simile quadro la Direttiva NIS si è rivelata<br />

insufficiente già a pochi anni di distanza dalla sua attuazione<br />

ed è per questo che l’UE ha scelto di emetterne una versione<br />

rivista e corretta, la Direttiva NIS 2, a soli sei anni di distanza.<br />

LE NOVITÀ DELLA SECONDA<br />

VERSIONE<br />

La prima grande novità della nuova normativa riguarda i<br />

settori di applicazione. A quelli ad alta criticità individuati come<br />

essenziali dalla Direttiva NIS, cioè energia, trasporti, banche,<br />

mercati finanziari, sanità, acqua potabile e infrastrutture


makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />

digitali, se ne aggiungono infatti quattro: acque reflue, pubblica<br />

amministrazione, spazio e gestione dei servizi TIC business-tobusiness.<br />

Inoltre, la Direttiva NIS 2 si applica anche a una serie di settori<br />

definiti critici e precedentemente non impattati. Si tratta di<br />

servizi postali e di corriere, gestione dei rifiuti, fornitura di<br />

servizi digitali per mercati online, motori di ricerca e reti social,<br />

fabbricazione di computer, prodotti di elettronica e ottica,<br />

autoveicoli e altri mezzi di trasporto, alcune apparecchiature<br />

elettriche e macchinari. Tra i settori critici rientrano inoltre<br />

la produzione e la distribuzione di sostanze chimiche e di<br />

alimenti, la fabbricazione di dispositivi medici e medicodiagnostici<br />

in vitro e le organizzazioni di ricerca.<br />

Oltre a questo notevole ampliamento del bacino di applicazione,<br />

la nuova normativa stabilisce dei criteri omogenei per<br />

individuare le aziende a cui si rivolge. In particolare sono due<br />

i requisiti principali: operare all’interno dell’Unione europea<br />

e avere una dimensione tale da essere considerate almeno<br />

medie imprese. In questo modo la normativa semplifica<br />

la propria attuazione superando il limite della versione<br />

precedente che, non contenendo regole precise, aveva<br />

introdotto disomogeneità di individuazione tra gli Stati membri.<br />

UNA STRATEGIA RINNOVATA<br />

Al di là delle novità, l’obiettivo della nuova normativa è lo stesso<br />

della precedente. Gestire i rischi legati alla cybersecurity<br />

e prevenire possibili attacchi informatici sono imperativi<br />

dell’era digitale e l’Unione europea vuole attuare una strategia<br />

comune per farvi fronte. In quest’ottica ogni Stato membro<br />

deve occuparsi di mantenere un alto livello di cybersecurity,<br />

chiarendo al meglio i ruoli e le responsabilità dei vari<br />

stakeholder e attuando una politica che gestisca efficacemente<br />

le vulnerabilità dei sistemi e la sicurezza delle catene di<br />

approvvigionamento.<br />

Rinforzato è quindi il ruolo del team di risposta agli incidenti<br />

di sicurezza informatica, detto Csirt, deputato a fornire<br />

assistenza tecnica. Tra i suoi compiti vi sono il monitoraggio<br />

della situazione a livello nazionale, l’emissione di bollettini e<br />

allarmi, la raccolta e l’analisi dei dati relativi agli incidenti, ma<br />

anche un aiuto più mirato che prevede la risposta agli attacchi<br />

e la scansione su richiesta dei sistemi informatici al fine di<br />

individuare eventuali vulnerabilità. Ogni Stato membro deve<br />

quindi prevedere una rete di Csirt che cooperino in maniera<br />

coordinata ed efficace e deve eleggerne uno a coordinatore<br />

delle operazioni di divulgazione delle vulnerabilità.<br />

La nuova normativa, inoltre, pone un chiaro accento sull’aspetto<br />

divulgativo, insistendo sull’implementazione di strategie volte<br />

alla promozione dell’istruzione e della formazione in ambito<br />

di sicurezza informatica e all’aumento della consapevolezza<br />

del problema nella popolazione. In quest’ottica la direttiva<br />

punta a permettere a qualunque cittadino di segnalare<br />

possibili problematiche in forma anonima. Per questo l’Agenzia<br />

dell’Unione europea per la cybersecurity (Enisa) è incaricata di<br />

implementare una banca dati europea delle vulnerabilità, che<br />

raccolga ed elabori le varie segnalazioni. Infine, le aziende a<br />

cui si rivolge la normativa dovranno segnalare gli incidenti più<br />

gravi, cioè quelli che possono causare ingenti perturbazioni dei<br />

servizi oppure perdite finanziarie, che siano interne o esterne<br />

all’azienda.<br />

L’ANALISI CONDOTTA DA RISKXCHANGE SULLE 100 MAGGIORI<br />

COMPAGNIE FARMACEUTICHE GLOBALI RIVELA CHE:<br />

il 37% dei problemi riscontrati sono collegati a Internet e alla sicurezza delle reti<br />

il 14% delle aziende coinvolte nello studio presenta problemi di sicurezza critici che potrebbero permettere<br />

l’accesso a dati sensibili in modo non autorizzato<br />

il 27% delle aziende ha un basso livello di gestione dei certificati di crittografia e dei processi di configurazione<br />

più del 21% dei sistemi informatici ha cifrature crittografiche di basso livello<br />

il 31% delle applicazioni ha versioni obsolete di TLS (Transport Layer Security)<br />

il 36% delle applicazioni web ha deboli configurazioni di sicurezza<br />

più del 30% delle aziende ha certificati di crittografia SSL (Secure Sockets Layer) scaduti<br />

in un’azienda è stato rintracciato un malware distribuito nei sistemi aziendali proprio durante l’indagine<br />

i problemi di sicurezza rintracciati in più del 57% delle aziende sono stati scoperti per la prima volta nel 2017,<br />

a dimostrazione delle difficoltà nel risolvere le criticità e nel tenere il passo con le vulnerabilità riscontrate<br />

47


MINACCIA GLOBALE,<br />

AZIONE CONGIUNTA<br />

Per supportare l’implementazione di questa strategia<br />

a livello europeo, la normativa prevede l’esistenza di<br />

un gruppo di cooperazione, composto da Stati membri,<br />

Commissione europea ed Enisa, e di una rete chiamata EU-<br />

CyCLone. Mentre il gruppo di cooperazione ha la funzione<br />

più generale di facilitare la collaborazione e lo scambio di<br />

informazioni, la rete, composta dai rappresentanti delle<br />

autorità di gestione delle crisi informatiche degli Stati<br />

membri, supporta nello specifico la gestione degli incidenti<br />

su vasta scala e a tutto tondo. L’idea della Commissione<br />

è quindi quella di implementare un’azione congiunta per<br />

far fronte a una minaccia globale insidiosa ma spesso<br />

sottovalutata. Dal phishing al ransomware, le reti e i<br />

sistemi aziendali sono infatti spesso più fragili di quanto si<br />

immagini.<br />

UNA PREPARAZIONE<br />

NON SEMPRE ADEGUATA<br />

Qual è la situazione nel settore farmaceutico? Se è vero<br />

che IBM ha stimato il costo medio per una violazione dei<br />

dati in questo comparto nel 2021 in circa 5,04 milioni di<br />

dollari, è altrettanto vero che il pharma non si fa sempre<br />

trovare del tutto preparato nel far fronte alle nuove<br />

minacce informatiche, come evidenzia la valutazione del<br />

rischio che il provider di servizi di cybersecurity inglese<br />

Riskxchange ha condotto sulle 100 maggiori compagnie<br />

farmaceutiche globali nel periodo compreso da aprile 2021<br />

ad aprile 2022.<br />

Lo studio di Riskxchange ha evidenziato come la maggior<br />

parte delle lacune nella cybersecurity delle aziende<br />

coinvolte sia a carico delle reti e delle applicazioni. La<br />

sicurezza dei database, delle crittografie e delle email è<br />

gestita meglio ma apre comunque il fianco ad attacchi<br />

informatici in diversi casi. Riskxchange ha assegnato un<br />

punteggio a ogni azienda in base al livello di cybersecurity.<br />

Il punteggio medio è stato 745/900, ma in alcuni casi<br />

è sceso sotto 634: con un punteggio simile l’azienda<br />

si espone al rischio di una violazione dei dati di grandi<br />

dimensioni nell’arco di 12 mesi.<br />

La Direttiva NIS 2 riuscirà ad alzare l’asticella della<br />

sicurezza informatica europea? Molto dipenderà dal modo<br />

in cui risponderanno le aziende e dalle nuove minacce che<br />

si affacceranno alla finestra della digitalizzazione.<br />

Riferimenti<br />

Direttiva UE 2022/2555 su www.eur-lex.europa.eu<br />

2022 Pharmaceutical Industry Cybersecurity Snapshot Report. Riskxchange<br />

LE 5 CYBERMINACCE PER IL PHARMA<br />

Il provider di servizi di cybersecurity inglese Riskxchange ha condotto una valutazione del rischio connesso alla<br />

sicurezza informatica sulle 100 maggiori compagnie farmaceutiche al mondo per fatturato. I dati riguardano il<br />

periodo compreso tra aprile 2021 e aprile 2022 ed evidenziano cinque minacce principali:<br />

1<br />

2<br />

3<br />

4<br />

5<br />

Fornitori e terzisti: le violazioni dei dati informatici non devono necessariamente colpire l’azienda in modo diretto per<br />

essere deleterie. Quelle a carico di fornitori e terzisti possono ugualmente arrecare danni che costano caro.<br />

Ransomware: blocco dell’accesso alle reti aziendali e richiesta di riscatto. Secondo Riskxchange nel 2021 un’azienda su<br />

dieci era suscettibile a questo genere di attacco, che può essere tanto dannoso da arrivare a far sospendere l’attività.<br />

Phishing: il furto di informazioni critiche da parte di fonti solo all’apparenza attendibili è in aumento. Secondo la società di<br />

servizi digitali Verizon, nel 2021 il 36% delle violazioni di dati informatici è avvenuto proprio con questa tecnica.<br />

Internet of Things: lo sviluppo dell’IoT affianca a indiscussi vantaggi delle nuove fragilità. L’integrazione tra reti, sistemi<br />

e macchine aumenta infatti la superficie vulnerabile agli attacchi informatici.<br />

Negligenza ed errore umano: abbassare la guardia può costare caro. Secondo Verizon, infatti, i lavoratori sono stati il<br />

principale veicolo delle violazioni dei dati informatici indipendentemente dal settore industriale considerato.<br />

48


CYBER-INSECURITY<br />

LA LUNGA<br />

STRADA VERSO<br />

LA SICUREZZA<br />

INFORMATICA<br />

Valentina Guidi<br />

IL SETTORE FARMACEUTICO<br />

PRESENTA FRAGILITÀ<br />

SPECIFICHE IN TEMA DI<br />

SICUREZZA INFORMATICA,<br />

AMPLIFICATE DA UNA<br />

SUPPLY CHAIN ESTESA. PER<br />

MITIGARE I RISCHI SONO<br />

NECESSARI UN APPROCCIO<br />

EVOLUTO E COMPETENZE<br />

DEDICATE<br />

50


makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />

La digitalizzazione è un<br />

aspetto importante per<br />

il settore farmaceutico.<br />

L’utilizzo di sistemi<br />

computerizzati e programmi<br />

gestionali è all’ordine del<br />

giorno, le linee produttive<br />

e di confezionamento<br />

sono regolate da software,<br />

l’Internet connette fornitori<br />

e terzisti, stabilimenti e case<br />

madri. Senza contare lo<br />

sviluppo più o meno recente<br />

del lavoro da remoto.<br />

L’importanza economica del<br />

settore ha poi portato alla<br />

sua annessione al campo<br />

di applicazione della nuova<br />

versione della normativa UE<br />

in materia di cybersecurity,<br />

la Direttiva NIS 2. Lo<br />

sviluppo dei sistemi digitali<br />

sta andando di pari passo<br />

con la consapevolezza dei<br />

rischi a cui è connesso?<br />

Nelle aziende farmaceutiche<br />

si sta diffondendo una vera<br />

cultura digitale? Lo abbiamo<br />

chiesto a Gian Paolo<br />

Baranzoni, consulente ICT<br />

in ambito farmaceutico, con<br />

particolare attenzione a<br />

qualità, data integrity e GDP.<br />

Gli attacchi informatici<br />

possono causare perdite<br />

e danni non trascurabili.<br />

Quali sono i punti deboli<br />

del settore farmaceutico in<br />

ambito di cybersecurity?<br />

A livello di minacce, il<br />

pharma non è diverso dagli<br />

altri comparti industriali.<br />

I rischi legati alle tecnologie<br />

digitali, primo fra tutti il<br />

ransomware, colpiscono<br />

infatti trasversalmente le<br />

aziende dei vari settori.<br />

Tuttavia quello farmaceutico<br />

è un comparto ricco di<br />

fornitori e terzisti. Ed è<br />

proprio la sua supply chain,<br />

anche quella relativa ai<br />

fornitori di operational<br />

technology, ad ampliare<br />

maggiormente la superficie<br />

vulnerabile agli attacchi<br />

informatici. Dobbiamo<br />

pensare che i cosiddetti<br />

hacker difficilmente sono<br />

singole entità criminali. Più<br />

frequentemente sono vere<br />

e proprie agenzie, anche di<br />

tipo governativo, provenienti<br />

da Paesi come la Russia,<br />

la Cina o la Corea del Nord.<br />

Contro simili attacchi i<br />

colossi dell’informatica<br />

come Microsoft o Google<br />

sono ben attrezzati, ma<br />

i fornitori più piccoli<br />

mostrano maggiori fragilità.<br />

Per questo è importante<br />

difendersi con un approccio<br />

al digitale organico e<br />

ragionato. Ma il mondo<br />

farmaceutico e quello<br />

informatico spesso non<br />

si parlano. Rigidamente<br />

vincolato il primo, in<br />

continuo mutamento il<br />

secondo. Per colmare<br />

questo gap, facendo<br />

fronte in modo efficiente<br />

ai rischi connessi alla<br />

digitalizzazione, ma anche<br />

implementando al meglio le<br />

tecnologie digitali, bisogna<br />

innanzitutto andare oltre il<br />

solo utilizzo dei programmi<br />

informatici. Questo è infatti<br />

il primo passo, a cui è però<br />

indispensabile affiancare<br />

processi aziendali specifici<br />

e una funzione interna<br />

in grado di controllarli<br />

efficacemente. I processi<br />

informatici andrebbero<br />

infatti considerati alla<br />

stregua degli altri processi<br />

industriali, da gestire<br />

attraverso valutazioni<br />

del rischio e investimenti<br />

dedicati.<br />

Un approccio al digitale<br />

che a molte orecchie<br />

potrebbe risultare inedito.<br />

Quali sono le maggiori<br />

sfide poste da una simile<br />

visione?<br />

Il mondo digitale è<br />

mutevole e in continua<br />

evoluzione e, parlando in<br />

termini economici, per<br />

essere sempre pronti a<br />

rispondere agli attacchi<br />

servirebbero investimenti<br />

costanti. I fornitori di servizi<br />

informatici, soprattutto<br />

quelli di maggiori<br />

dimensioni, inviano<br />

continui aggiornamenti per<br />

migliorare gli applicativi a<br />

seguito della risoluzione<br />

delle varie minacce:<br />

implementare queste<br />

migliorie significa rimanere<br />

al passo con i rischi<br />

identificati. Ma è necessario<br />

entrare nell’ottica<br />

dell’aggiornamento<br />

continuo e di una modalità<br />

di investimento flessibile e<br />

prolungata nel tempo. Anche<br />

per questo la funzione<br />

aziendale che si occupa<br />

dei sistemi e delle reti<br />

informatiche dovrebbe fare<br />

capo a un security manager<br />

il più possibile indipendente<br />

dalla direzione.<br />

L’aggiornamento frequente,<br />

chiamato patch, delle<br />

infrastrutture sulle quali si<br />

appoggiano gli applicativi<br />

pone poi un ulteriore<br />

problema: la loro convalida<br />

o riconvalida. Attualmente<br />

questo importante processo<br />

di qualità andrebbe<br />

infatti ripetuto a ogni<br />

aggiornamento, un lavoro<br />

decisamente impegnativo.<br />

Sarebbe necessario<br />

trovare un metodo per<br />

snellire e ottimizzare le<br />

operazioni di qualifica<br />

infrastrutturale e convalida<br />

applicativa in modo da<br />

non dover rinunciare a un<br />

aggiornamento continuo,<br />

che è indispensabile per<br />

avere un’infrastruttura<br />

digitale organica ed<br />

efficiente. Il primo passo<br />

resta comunque il cambio<br />

di mentalità e l’apertura<br />

verso un linguaggio<br />

diverso, da integrare nei<br />

sistemi aziendali e non da<br />

considerare come qualcosa<br />

di isolato da utilizzare al<br />

bisogno.<br />

Covid-19 ha causato una<br />

corsa al digitale rapida<br />

e per certi versi forzata.<br />

Questo processo ha<br />

comportato la nascita di<br />

nuove minacce?<br />

Certamente<br />

l’implementazione di reti<br />

digitali senza un parallelo<br />

sviluppo di processi<br />

gestionali adeguati e senza<br />

una funzione aziendale<br />

mirata e forte espone<br />

a notevoli rischi. Ed è<br />

quello che in alcuni casi<br />

è successo con Covid-19.<br />

Pensiamo al lavoro da<br />

remoto: passare da una rete<br />

Intranet, interna all’azienda<br />

51


e quindi relativamente<br />

sicura, a una rete Internet<br />

che raggiunge le abitazioni<br />

dei vari dipendenti è come<br />

uscire di casa ed esporsi a<br />

tutte le minacce del mondo<br />

esterno. I dati aziendali si<br />

trovano quindi a viaggiare<br />

da un fornitore di servizi<br />

informatici all’altro e<br />

dall’azienda alle singole<br />

abitazioni, i passaggi<br />

possono essere <strong>numero</strong>si.<br />

Più la catena è complessa,<br />

più i dati sono suscettibili<br />

ad attacchi, soprattutto<br />

senza una rete di protezione<br />

adeguata. Per questo è<br />

ancora più evidente la<br />

necessità di esaminare i<br />

processi digitali attraverso<br />

delle valutazioni del rischio,<br />

proprio come qualunque<br />

altro processo industriale.<br />

Inoltre la pandemia ha<br />

rivelato come alcune<br />

innovazioni fossero già<br />

disponibili senza essere<br />

però implementate.<br />

A seguito dei vari lockdown<br />

e delle restrizioni imposte<br />

dall’emergenza sanitaria,<br />

le aziende si sono ritrovate<br />

ad adottarle in tutta fretta,<br />

mentre avrebbero potuto<br />

farlo con più calma e<br />

razionalità in precedenza,<br />

integrandole meglio con i<br />

propri sistemi aziendali.<br />

Tutto questo presuppone<br />

la presenza di risorse con<br />

particolari competenze<br />

digitali. Quali sono<br />

quelle indispensabili<br />

oggi per fronteggiare al<br />

meglio i rischi di attacco<br />

informatico?<br />

Innanzitutto è necessario<br />

aumentare la cultura del<br />

digitale in azienda. Tutti<br />

i dipendenti possono<br />

essere veicolo di attacchi<br />

informatici e servirebbero<br />

formazioni specifiche, ad<br />

esempio su come gestire<br />

e-mail che provengono da<br />

indirizzi sconosciuti o su<br />

come segnalare i presunti<br />

attacchi.<br />

Per quanto riguarda invece<br />

il personale dedicato, le<br />

competenze andrebbero<br />

create con corsi di<br />

cybersecurity mirati. Gli<br />

studi universitari infatti non<br />

bastano, perché non basta<br />

essere bravi informatici e<br />

ottimi programmatori. È<br />

certamente un buon punto<br />

di partenza ma per entrare<br />

davvero nel merito della<br />

cybersecurity occorre<br />

conoscere a fondo anche<br />

i regolamenti in vigore e<br />

i programmi in uso nelle<br />

varie aziende.<br />

Un bagaglio tutto da<br />

costruire, quindi, per poter<br />

gestire le varie fragilità<br />

digitali. Quanto sono<br />

consapevoli le aziende di<br />

essere esposte a rischi<br />

connessi alla sicurezza<br />

informatica?<br />

Benché le aziende<br />

farmaceutiche si avvalgano<br />

da molto tempo di reti<br />

digitali, una vera cultura<br />

della digitalizzazione non<br />

è ancora molto diffusa.<br />

A volte c’è la tendenza a<br />

rimandare o a scegliere<br />

altre linee di investimento<br />

perché si vedono gli<br />

attacchi informatici come<br />

qualcosa di lontano o di<br />

improbabile. Il problema si<br />

affronta quando è davvero<br />

grosso e porta a gravi<br />

conseguenze, come i fermi<br />

macchina. Ma la realtà<br />

è che la presenza di un<br />

malware può addirittura<br />

passare inosservata:<br />

servono competenze<br />

specifiche e una certa<br />

sensibilità sull’argomento<br />

per comprendere<br />

quando, ad esempio, un<br />

rallentamento nel sistema<br />

operativo è in realtà un<br />

attacco informatico in piena<br />

regola, per analizzarlo e<br />

per comprendere i danni<br />

che sta causando. Una<br />

parte di responsabilità<br />

in questa tendenza è da<br />

attribuire anche agli enti<br />

regolatori. Non esistono<br />

ispezioni specifiche né<br />

sanzioni comminate per<br />

carenze nell’ambito della<br />

sicurezza informatica<br />

e come conseguenza le<br />

aziende sottovalutano<br />

la questione. Ora, però,<br />

la situazione sembra in<br />

fase di cambiamento<br />

grazie alla nuova versione<br />

della Direttiva europea in<br />

materia di cybersecurity, la<br />

cosiddetta NIS 2.<br />

La Direttiva NIS 2 arriva<br />

dopo soli sei anni dalla<br />

precedente versione. La<br />

situazione si stabilizzerà<br />

o si intravede all’orizzonte<br />

una NIS 3?<br />

Probabilmente presto<br />

o tardi una NIS 3 verrà<br />

emessa e aumenterà<br />

ulteriormente la<br />

complessità dei requisiti.<br />

L’Unione europea vuole<br />

creare un sistema per<br />

la sicurezza informatica<br />

ed è quindi necessario<br />

cominciare ad avere una<br />

cultura digitale collettiva sul<br />

territorio comunitario. Già<br />

con l’attuale NIS 2 infatti<br />

si comincia a richiedere<br />

una certa uniformità nel<br />

livello di cybersecurity<br />

europeo. Finora invece<br />

c’erano differenze tra i vari<br />

Paesi, che ostacolavano<br />

una visione d’insieme e<br />

hanno portato a diversi<br />

gradi di preparazione a<br />

livello nazionale. L’Italia, ad<br />

esempio, sta facendo più<br />

fatica rispetto ad altri Stati<br />

membri a mettere in atto<br />

i requisiti della Direttiva.<br />

Per questo organi come<br />

l’Enisa (Agenzia europea per<br />

la sicurezza informatica)<br />

sono fondamentali per<br />

uniformare gli sforzi in<br />

materia di cybersecurity<br />

nell’Unione e per fornire<br />

supporto. Rimangono<br />

però ancora diversi punti<br />

da chiarire per una piena<br />

implementazione della<br />

NIS 2. Il primo ovviamente<br />

è relativo alla tempistica<br />

attuativa, mentre un<br />

secondo riguarda la<br />

definizione precisa degli<br />

audit, che verranno condotti<br />

nelle aziende da Enisa e<br />

dall’ACN (Agenzia nazionale<br />

per la cybersecurity)<br />

coinvolgendo ispettori con<br />

competenze specifiche.<br />

Il terzo è infine l’ambito<br />

sanzionatorio in caso di<br />

mancati adempimenti: le<br />

multe previste potrebbero<br />

essere infatti decisamente<br />

significative.<br />

Anche le aziende<br />

farmaceutiche, quindi, che<br />

rientrano a pieno titolo nel<br />

campo di applicazione della<br />

Direttiva NIS 2, avranno<br />

due anni di tempo per<br />

implementare processi<br />

di sicurezza informatica<br />

all’altezza dei requisiti UE.<br />

Il tempo è poco e la strada<br />

da fare è ancora lunga, ma<br />

l’importanza dell’argomento<br />

giustifica simili tempistiche.<br />

52


PUZZLECOM.IT


<strong>2023</strong>


makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />

LIFE CAP SEPARATOR SYSTEM<br />

www.inge.it<br />

www.inge-longlife.com<br />

55


Pharma&<strong>Life</strong>Sciences<br />

Legal view<br />

Il Clinical Conflict Management<br />

(CCM) per la gestione dei claim<br />

in sanità<br />

M. Maggiolino – C. C. Corsaro – S. Lauriola<br />

Nell’immaginario classico,<br />

l’approccio terapeutico è sempre<br />

stato “desease centred” e, dunque,<br />

orientato esclusivamente alla<br />

gestione delle malattie. Tuttavia, è<br />

stato osservato che, per efficientare<br />

il sistema sanitario, il paziente,<br />

da mero soggetto passivo di cure,<br />

deve diventare un vero e proprio<br />

interlocutore con cui negoziare l’iter<br />

di cura (“patient centred care”).<br />

A fronte di una corretta diagnosi e<br />

di una idonea terapia è stato infatti<br />

evidenziato che molti pazienti non<br />

sono collaborativi e meno del 50%<br />

seguono correttamente il proprio<br />

trattamento, talvolta perché non<br />

sufficientemente informati del<br />

proprio stato di salute, talvolta<br />

in quanto non adeguatamente<br />

supportati nella gestione delle cure,<br />

con l’evidente conseguenza di una<br />

minore efficacia dei trattamenti<br />

sanitari, proprio in termini di risultati<br />

per il paziente, ma anche di un<br />

dispendio di risorse.<br />

Nei rapporti tra medico e paziente,<br />

secondo lo schema “compliance,<br />

concordance and adherence”, al<br />

paziente è oggi richiesto di avere<br />

un ruolo proattivo e responsabile<br />

(c.d. “patient empowerment and<br />

engagement”).<br />

Il percorso per raggiungere<br />

l’emancipazione del paziente<br />

è costituito dalla cosiddetta<br />

“Educazione Terapeutica del<br />

Paziente” (ETP), che riguarda tutte<br />

le diverse fasi della relazione di<br />

aiuto, dall’informazione, tramite<br />

una comunicazione efficace e una<br />

metodologia mirata, fino alla capacità<br />

di far fronte in modo dinamico alle<br />

difficoltà che la malattia porta con<br />

sé.<br />

Come evidenziato nel Rapporto<br />

del Gruppo di Lavoro istituito<br />

dall’Organizzazione Mondiale<br />

della Sanità – Ufficio Regionale<br />

per l’Europa di Copenaghen,<br />

“L’educazione terapeutica del<br />

paziente deve renderlo capace<br />

di acquisire e mantenere abilità<br />

che gli consentano di gestire al<br />

meglio la propria vita di malato.<br />

Si tratta quindi di un processo<br />

continuo, integrato nell’assistenza<br />

sanitaria. È incentrato sul paziente;<br />

comprende una consapevolezza<br />

organizzata, l’informazione,<br />

l’apprendimento dell’auto-cura ed<br />

il supporto psicologico riguardo la<br />

malattia, i trattamenti prescritti,<br />

l’assistenza, l’ospedale e gli altri<br />

ambiti assistenziali, l’informazione<br />

organizzativa, i comportamenti<br />

legati alla salute ed alla malattia. Il<br />

suo scopo è di aiutare i pazienti e le<br />

famiglie a comprendere la malattia<br />

ed il trattamento, a cooperare con gli<br />

operatori sanitari, a vivere in modo<br />

sano, a migliorare o mantenere la<br />

qualità della vita” (ISBN 92 890 1298<br />

6 1998).<br />

Le fasi dell’ETP possono così<br />

sintetizzarsi:<br />

I analisi dei bisogni educativi<br />

(diagnosi);<br />

II percezione del proprio stato di<br />

salute da parte del paziente;<br />

III definizione degli obiettivi;<br />

IV applicazione della metodologia;<br />

V valutazione dell’acquisita<br />

autonomia terapeutica;<br />

56


makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />

VI negoziazione del percorso<br />

terapeutico e del carico di<br />

responsabilità.<br />

Tale tipo di approccio, che di fatto<br />

si traduce in una “negoziazione” tra<br />

quanto il paziente dovrebbe fare<br />

in autonomia e quanto è disposto<br />

o è nella capacità di fare senza<br />

il continuo supporto medico, può<br />

tuttavia esporre la struttura sanitaria<br />

a dei rischi ulteriori e diversi.<br />

L’iper informazione e formazione<br />

del paziente, infatti, lo rende un<br />

interlocutore qualificato che non si<br />

limita più a recepire passivamente<br />

le indicazioni ricevute, ma pretende<br />

una risposta terapeutica che sia<br />

personalizzata.<br />

Nella valutazione del rischio clinico,<br />

secondo lo schema del Clinical<br />

Risk Management (CRM), non può<br />

prescindersi dalla valutazione e<br />

gestione del rischio di conflitto<br />

potenziale, il c.d. Clinical Conflict<br />

Management (CCM).<br />

Il conflitto, inteso in senso a-tecnico<br />

come percezione di una tensione, di<br />

una incomprensione tra medico e<br />

paziente, ha effetti sulla competenza,<br />

sulla fiducia e sul morale degli<br />

operatori sanitari e influisce sulla<br />

cura del paziente.<br />

Per prevenire o limitare il conflitto<br />

è necessario, dunque, utilizzare<br />

strumenti quali la “mediazione<br />

sanitaria”, che mirano a ricreare una<br />

nuova definizione del rapporto tra<br />

azienda sanitaria e cittadino, che<br />

salvaguardi l’immagine complessiva<br />

della prima e, allo stesso tempo,<br />

rafforzi la fiducia del secondo nel<br />

sistema sanitario, sia esso pubblico<br />

o privato.<br />

Ma cosa significa “mediazione<br />

sanitaria”?<br />

Si tratta di uno strumento di<br />

gestione e composizione del<br />

conflitto con una importante<br />

funzione preventiva, nel senso<br />

che ha come fine quello di evitare<br />

l’insorgere o il reiterarsi del conflitto<br />

stesso. Quest’ultimo, infatti, se<br />

non gestito correttamente, può<br />

portare a un danno non solo di<br />

natura economica, ma anche di<br />

natura reputazionale, a carico<br />

della struttura sanitaria. Di<br />

qui la necessità di intervenire<br />

preventivamente sui focolai del<br />

contenzioso, formando i pazienti<br />

all’autonomia e rendendo il<br />

personale sanitario più proclive<br />

al confronto e alla negoziazione<br />

terapeutica.<br />

Tale tipologia di mediazione<br />

preventiva non va, però, confusa con<br />

gli strumenti di ADR (mediazione<br />

obbligatoria, negoziazione assistita),<br />

introdotti di recente dal legislatore<br />

come strumenti deflattivi del<br />

contenzioso sanitario, e, come<br />

evidenziato, merita di essere<br />

inserita tra gli strumenti di Risk<br />

Management e, più in generale, tra<br />

gli strumenti di efficientamento<br />

delle strutture sanitarie.<br />

In quest’ottica, la mediazione viene<br />

sempre più considerata come<br />

un’attività di promozione della<br />

sicurezza e di gestione del rischio<br />

aziendale, anche grazie alla sua<br />

trasversalità e capacità predittiva<br />

rispetto ai rischi disfunzionali<br />

rilevabili. Come tale, dunque, la<br />

stessa necessita di essere ben<br />

strutturata all’interno della azienda<br />

sanitaria, attraverso la creazione<br />

di uno sportello di “mediazione”,<br />

formato da un team di Ascolto e<br />

Mediazione, cui dovranno pervenire<br />

le segnalazioni di conflitti o di<br />

potenziali conflitti da parte dell’URP<br />

(soggetto che – prima facie –<br />

riceverà i “claim”) e al quale spetterà<br />

il compito di prendere contatti con il<br />

paziente, proponendo allo stesso un<br />

colloquio individuale, onde avvalersi<br />

di uno spazio di ascolto, riservato<br />

e a-valutativo. Il team Ascolto e<br />

Mediazione dovrà, poi, coordinarsi<br />

con i responsabili dell’ufficio legale,<br />

con il Risk Manager, con il Comitato<br />

Valutazione Sinistri e con il Comitato<br />

Etico eventualmente presenti<br />

all’interno della struttura sanitaria,<br />

al fine di gestire il conflitto sotto il<br />

profilo legale risarcitorio, ma anche<br />

sotto il profilo umano e – dunque –<br />

sempre perseguendo il principio di<br />

“patient centred care”.<br />

Si tratta, a ben vedere, di una<br />

riorganizzazione delle strutture<br />

sanitarie che, in ottica di gestione<br />

dei rischi, saranno chiamate a<br />

reinterpretare anche la logistica<br />

dei propri ambulatori, prevedendo<br />

al loro interno nuovi spazi di<br />

consapevolezza e ascolto che<br />

restituiscano al paziente la fiducia<br />

nel percorso di presa in carico,<br />

lo supportino insieme alla sua<br />

famiglia nel percorso terapeutico e<br />

lo accolgano in caso di malcontento,<br />

al fine di intervenire prima<br />

dell’insorgere del contenzioso.<br />

57


Le “nuove<br />

generazioni”<br />

tra confusioni<br />

e sintomi critici<br />

Il tema dei giovani e delle differenze con le<br />

generazioni precedenti sta guadagnando l’attenzione<br />

di manager, psicoterapeuti, studiosi di megatrend.<br />

Perché questa nuova e più “seria” attenzione?<br />

Giovanni Siri, ordinario di psicologia<br />

Il detonatore principale ci viene dalla<br />

dimensione del lavoro: great resignation<br />

e quiet quitting cominciano a essere<br />

temuti dalle imprese non come un<br />

fatto di costume (o di pigrizia e pretese<br />

di giovani troppo viziati) ma come<br />

un preoccupante e non occasionale<br />

distacco tra giovani e azienda/<br />

lavoro. Proprio nel momento in cui le<br />

generazioni etichettate come boomer o<br />

X stanno passando il testimone agli “old<br />

millennial” (che ancora non si sa che<br />

tipo di manager potranno o vorranno<br />

essere) e in cui gli “young millennial” e<br />

la “GenZ” mostrano una forte resistenza<br />

ad arruolarsi tra le fila dei lavoratori<br />

dipendenti. Il tutto in una fase in cui il<br />

mondo del lavoro ha preso atto che più<br />

ancora delle risorse digitali e intelligenti<br />

delle nuove tecnologie c’è bisogno,<br />

per affrontare tempi di complessità e<br />

incertezza, delle energie proattive e di<br />

squadra delle persone (da cui il nuovo<br />

grido “le persone al centro” che si leva<br />

dentro le workplace, almeno da parte di<br />

consulenti e studiosi).<br />

UNA SITUAZIONE<br />

PREOCCUPANTE<br />

La situazione si conferma davvero seria<br />

allargando lo sguardo al più ampio<br />

contesto sociale: molti giovani (younger<br />

millennial e Gen Z) sembrano evadere<br />

dagli “impegni sociali” tradizionali.<br />

Non si tratta solo della già diffusa<br />

sfiducia nelle istituzioni ma di una<br />

sorta di passività, o meglio sospensione<br />

diffusa, che trova nel fenomeno dei<br />

NEET (Not in education, employment or<br />

training) una espressione quantitativa<br />

preoccupante, in particolare in Italia,<br />

dove questa astensione si traduce<br />

in emigrazione, la “fuga dei cervelli”.<br />

Questi “giovani” sembrano anche in<br />

uscita dalla mentalità consumista che<br />

consentiva ai millennial la ricerca di<br />

evasione ed excitement come momento<br />

di “tempo libero” in cui si compensava<br />

un lavoro non all’altezza (già per loro)<br />

delle aspettative e desideri.<br />

La situazione comincia a essere<br />

preoccupante anche sul piano<br />

psicologico. Oms e Unesco richiamano<br />

l’attenzione sulla diffusione delle<br />

sindromi d’ansia (dalla depressione<br />

agli attacchi di panico allo stress)<br />

nelle nuove generazioni in modo del<br />

tutto inconsueto, abbassando alla<br />

preadolescenza l’età di sindromi<br />

ansiose e l’uso di ansiolitici. In<br />

particolare sottolineano la grande<br />

difficoltà dei ragazzi di confrontarsi<br />

con la valutazione scolastica (sarà<br />

poi lo stesso quando busseranno alle<br />

porte delle aziende). La tolleranza alla<br />

frustrazione è decisamente bassa,<br />

come inevitabilmente accade a chi<br />

è insicuro di sé quando deve essere<br />

“giudicato”. Perché in carenza di<br />

identità e nello stato di “sé fluido” la<br />

valutazione è sempre (anche quando<br />

è teoricamente su una prestazione)<br />

valutazione sulla persona e incide<br />

direttamente sulla autostima. Di questa<br />

fragilità complessiva la Gen Z sembra<br />

rendersi conto e tende ad<br />

auto-proteggersi mostrando attenzione<br />

58


makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />

alla salute e alla alimentazione e<br />

praticando forme di “digiuno digitale<br />

volontario” del tutto nuove nel<br />

panorama giovanile. Anche la sensibilità<br />

ecologica sembra meno una ideologia<br />

(tipo quelle del ‘68 per i boomer) che<br />

non un’ansia verso lo stato di salute<br />

della “madre terra” resa “malata” dalla<br />

ingordigia disordinata delle “generation”<br />

precedenti. Nella compromissione della<br />

salute del pianeta sembrano scorgere<br />

una metafora della diminuzione delle<br />

proprie possibilità e delle opportunità di<br />

disegnarsi un progetto di vita secondo<br />

i loro desideri o aspettative. Per quanto<br />

poco chiari siano a loro stessi.<br />

GENERAZIONI<br />

E GENERATION<br />

Se questi segnali pretendono<br />

attenzione, tuttavia, la ragione più forte<br />

per prendere sul serio la “questione<br />

giovanile” sta ancora più nel fondo<br />

delle cose. Lo possiamo capire però<br />

solo liberandoci dallo stereotipo della<br />

questione generazionale intesa in<br />

senso demografico, come una cosa tra<br />

padri e figli (o nonni e nipoti, anche).<br />

Le “generation” di cui si parla dalla<br />

fine del secolo scorso, dapprima in<br />

USA e poi (as usual) anche su questa<br />

sponda dell’Atlantico, non indicano<br />

la successione demografica. La<br />

successione etichettata ormai quasi<br />

concordemente come traditional,<br />

boomer, GenX , millennial, (older e<br />

younger), GenZ, e ora Gen Alfa non<br />

descrive la mera successione della<br />

riproduzione demografica, ma dei<br />

cluster socioculturali e di personalità<br />

significativamente diversi tra loro.<br />

I boomer sono in parte figli dei<br />

traditional ma da lì in avanti non<br />

possiamo dire che gli X siano figli dei<br />

boomer (o solo in parte), i millennial dei<br />

boomer e così via. Ogni “generation”<br />

(termine che uso per non confonderle<br />

con le generazioni demografiche e<br />

genitoriali) va intesa come “figlia” di<br />

un momento storico (socioculturale,<br />

tecnologico, economico, di stile di vita,<br />

di tipo di allevamento, di relazione, di<br />

immagine di sé) che si produce sì da<br />

ciò che trasmettono le generazioni<br />

precedenti ma incrociandosi con<br />

cambiamenti accelerati nella tecnologia,<br />

nella società, nelle organizzazioni. Le<br />

generation sono diverse tra loro per<br />

pattern culturali ma soprattutto per<br />

dinamiche di personalità, relazione,<br />

affettività e sentimenti. Le più giovani<br />

vivono un mondo sospeso come<br />

mai prima tra realtà e immaginario,<br />

relazioni virtuali più intense di quelle<br />

fisiche, non credono più nel mito del<br />

consumo e dell’economia che ci farà<br />

tutti felici. Sono alla ricerca di un sé che<br />

non ha una identità articolata, fuggono<br />

dai vincoli non reversibili perché<br />

debbono sentirsi liberi di cercare e non<br />

bloccati in ruoli rigidi. Non possono<br />

perciò accettare una separazione<br />

vita-lavoro in cui il momento del lavoro<br />

è “prigioniero” e compensato da un<br />

“tempo libero”. Vogliono essere ascoltati<br />

ma non hanno nulla di preciso da<br />

dire: essere ascoltati sta per essere<br />

considerati, stimolati, protetti senza<br />

invadenza né autoritarismo. Hanno<br />

bisogno di supporto ma rivendicano il<br />

diritto di critica verso le generazioni<br />

che li hanno preceduti, pur privi di un<br />

qualsiasi progetto da proporre, se non<br />

quello della ricerca di un sé che non<br />

trova la quadra.<br />

CAPIRE<br />

LA TRANSIZIONE<br />

IN CORSO<br />

Quindi non sono nostri “figli”: sono<br />

come marziani per noi e non possiamo<br />

pensare di capirli per analogia (“quando<br />

ero giovane come te…”). Per capirli<br />

dobbiamo mettere in discussione la<br />

nostra prospettiva sulla vita, gli affetti,<br />

i doveri, il lavoro, la felicità. Dobbiamo<br />

fare come l’antropologo culturale<br />

che per capire l’aborigeno va a vivere<br />

nel suo villaggio assimilandone la<br />

mentalità, senza categorizzarlo a<br />

priori secondo le certezze del nostro<br />

modo occidentale, modernamente<br />

industriale. Il che significa che<br />

l’esercizio di comprensione delle new<br />

generation è un esercizio di insight<br />

della grande transizione in corso,<br />

richiede un pensiero di scenario<br />

sistemico, aperto all’incertezza<br />

e alle ipotesi continuamente in<br />

adeguamento. I grandi megatrend ci<br />

stanno spingendo oltre i due secoli di<br />

certezze moderne da cui veniamo (e<br />

a cui dobbiamo il nostro benessere<br />

e progresso, certamente). Il mondo<br />

del lavoro organizzato, la cultura<br />

organizzativa, l’educazione sono oggi le<br />

aree di maggiore frizione tra le nuove<br />

generation e le formidabili costruzioni<br />

della società moderna occidentale, ed<br />

è proprio da lì che nasce il più visibile<br />

sforzo di confrontarsi con questa<br />

cesura psicosocioculturale, di cui il<br />

cosiddetto “conflitto generazionale” è<br />

solo un sintomo. Il vero problema non<br />

sta nei difetti di una gioventù viziata<br />

ma nella difficoltà delle precedenti<br />

generazioni di accettare che la storia<br />

sta cambiando. Che ci piaccia o no,<br />

sarebbe saggio partire da questa<br />

ipotesi, piuttosto che dal pregiudizio<br />

che i giovani sono viziati e con il tempo<br />

rientreranno nei ranghi.<br />

59


PQE Group: il partner ideale per supportare<br />

il percorso di certificazione dei tuoi Software<br />

e Sistemi di Artificial Intelligence classificati<br />

come Dispositivi Medici (SaMD)<br />

Global Medical Device regulations:<br />

a comparative analysis between US and EU<br />

Partecipa al nostro webinar<br />

10 luglio • ore 16:00 CET


L’EVOLUZIONE<br />

DEL LAVORO<br />

NELL’INDUSTRIA<br />

FARMACEUTICA<br />

LA FARMACEUTICA È IL SETTORE DOVE<br />

SONO PIÙ NUMEROSE LE IMPRESE CHE<br />

RITENGONO CHE L’ADOZIONE DELLE NUOVE<br />

TECNOLOGIE PORTERÀ AD AUMENTARE<br />

L’OCCUPAZIONE (49% DEL TOTALE)<br />

Caterina Lucchini<br />

Il campo farmaceutico è<br />

in costante evoluzione e<br />

l’adozione delle tecnologie<br />

sta cambiando la natura del<br />

lavoro in questo settore. La<br />

digital health costringerà<br />

a un ripensamento dei<br />

curricula universitari in<br />

medicina e nelle scienze della<br />

vita. Per comprendere la<br />

situazione attuale del settore<br />

healthcare è necessario<br />

esaminare le diverse fasi<br />

che ha attraversato. La<br />

prima fase è stata quella<br />

dell’”industria farmaceutica<br />

ricca”, caratterizzata da un<br />

approccio che garantiva<br />

sanità illimitata a tutti<br />

attraverso il rimborso<br />

senza limiti dei farmaci<br />

e l’erogazione gratuita di<br />

qualsiasi tipo di prestazione.<br />

Tuttavia, questo approccio ha<br />

messo in difficoltà lo Stato<br />

e ha portato a un abuso da<br />

62


makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />

parte dei cittadini. Intorno al<br />

2001 ci fu un primo tentativo<br />

di risparmiare sulla spesa<br />

sanitaria nazionale con<br />

l’introduzione dei farmaci<br />

generici e della legge sulla<br />

sostituibilità in farmacia. Ciò<br />

ha portato allo spostamento<br />

delle aziende farmaceutiche<br />

verso il biotech e le patologie<br />

specialistiche, causando una<br />

forte riduzione del <strong>numero</strong><br />

degli informatori sul campo.<br />

A partire da questo periodo si<br />

sono affermate nuove figure<br />

professionali nell’ambito<br />

del market access, medical<br />

marketing, quality assurance<br />

e in campo regolatorio.<br />

Sono ancora oggi figure<br />

ampiamente qualificate e<br />

ricercate. Attualmente il focus<br />

è l’avvento della tecnologia.<br />

La digital health, ovvero<br />

tutte le tecnologie digitali<br />

che riguardano la salute, sta<br />

infatti già portando avanti una<br />

nuova fase di evoluzione del<br />

settore. La diffusione della<br />

“salute digitale” costringerà<br />

a una trasformazione dei<br />

curricula universitari in<br />

medicina o in life science,<br />

poiché avrà un impatto<br />

dirompente su tutte le fasi<br />

del patient journey. Quello<br />

che però sta accadendo<br />

oggi richiede professionalità<br />

che l’accademia ancora<br />

non è pronta a formare<br />

adeguatamente. Sarà<br />

certamente necessario<br />

rivedere i corsi universitari<br />

per affrontare il divario<br />

temporale tra presente e<br />

futuro, dato che gli attuali<br />

percorsi di studio restano<br />

ancorati al passato.<br />

Un’opzione per superare<br />

questa situazione potrebbe<br />

essere l’introduzione di<br />

programmi di master, tenuti<br />

da professionisti del settore<br />

che possono condividere<br />

conoscenze e competenze<br />

aggiornate.<br />

SMART PHARMA JOBS | S.M.<br />

Secondo Forbes, l’industria della sanità potrebbe essere “il settore maggiormente influenzato dagli enormi cambiamenti della<br />

quarta rivoluzione industriale”. Con il continuo sviluppo della tecnologia e l’aumento dell’importanza dei dati stanno emergendo<br />

nuove professioni che richiedono competenze specifiche per l’analisi dei dati (statistica, visualizzazione dei dati, clustering,<br />

classificazione ecc), per l’impiego dell’intelligenza artificiale (machine learning, deep learning, robotica, computer vision, natural<br />

language processing) ma anche per un’adeguata applicazione delle normative alle soluzioni digitali e per un loro utilizzo equo,<br />

trasparente e sicuro. Tra le professioni più richieste vi sono i data scientist, bioinformatici, esperti di intelligenza artificiale, realtà<br />

virtuale ed aumentata, tecnici di robotica e scienziati dei materiali.<br />

La trasformazione digitale, comunque, non si limiterà a introdurre nuove figure professionali in grado di governare al meglio le<br />

tecnologie avanzate e i sistemi di intelligenza artificiale ma coinvolgerà anche tutte le professioni tradizionali. Il processo, infatti,<br />

sta progressivamente modificando il contenuto e le modalità di erogazione dei servizi in tutte le professioni sanitarie grazie<br />

all’automazione dei processi, la remotizzazione delle attività, l’introduzione di sensori per il monitoraggio in real time, lo sviluppo<br />

di software e dispositivi per assistere pazienti e operatori sanitari. Per accogliere questo futuro molto prossimo – a tratti già<br />

presente – i medici dovranno imparare a familiarizzare con la telemedicina e i sistemi di comunicazione da remoto, i chirurghi<br />

dovranno padroneggiare le apparecchiature robotiche, gli infermieri si devono abituare a gestire pazienti che indossano sensori<br />

elettronici e interagiscono con sistemi di monitoraggio IoT. Inoltre, i professionisti della salute dovranno imparare a collaborare<br />

con gli esperti delle nuove professioni emergenti. Queste figure hanno competenze specifiche su analisi dei dati, genomica,<br />

intelligenza artificiale, automazione e robotica ma per poterle applicare al contesto sanitario devono lavorare in parallelo con i<br />

clinici. Il lavoro sarà sempre più cooperativo e interfunzionale: i data scientist collaboreranno con i clinici per sviluppare i modelli<br />

di intelligenza artificiale (ad esempio con oncologi e ricercatori per creare modelli predittivi sui tumori), gli ingegneri biomedici<br />

lavoreranno con ortopedici e fisioterapisti per progettare nuove protesi e dispositivi per la riabilitazione muscolo-scheletrica, i<br />

programmatori di software affiancheranno i medici per sviluppare dispositivi e app per la diagnostica e il monitoraggio remoto dei<br />

pazienti.<br />

Anche le modalità di lavoro sono destinate a mutare integrando nuove opzioni come il telelavoro, il coworking e gli ambienti di<br />

lavoro flessibili. Questo ha sicuramente molti aspetti positivi ma porta con sé anche diverse zone d’ombra. Secondo un report<br />

dell’International labour organization, la flessibilità degli orari ha un impatto estremamente positivo sulla produttività e sul<br />

benessere dei dipendenti e offre alle donne maggiori probabilità di rimanere attive nel mercato del lavoro dopo il parto. Tuttavia, la<br />

possibilità di lavorare da qualsiasi luogo e in qualsiasi momento può comportare isolamento sociale e professionale e può portare<br />

a una sorta di “dipendenza” che elimina il confine con la vita privata. Un aspetto particolarmente delicato riguarda il rischio che le<br />

nuove tecnologie possano sostituire gli operatori umani nello svolgimento di alcune mansioni. Questo è certamente una possibilità<br />

concreta ma, come spiega Ashok K Harnal su The Economic Times, la rapida crescita tecnologica in realtà “ha aperto la strada<br />

a infinite opportunità di lavoro.” Uno studio del 2021 in ambito medico suggerisce che l’introduzione dei sistemi di intelligenza<br />

artificiale abbia effetti variabili a seconda dei ruoli professionali occupati. Ad esempio, i risultati mostrano che i salari e il livello di<br />

occupazione di medici e chirurghi sono entrambi aumentati dopo l’introduzione di “Watson for healthcare” (il sistema di IA di IBM<br />

dedicato all’healthcare) nel 2013, mentre per segretari e assistenti amministrativi non è stato riscontrato alcun effetto significativo<br />

.<br />

63


LE FIGURE<br />

PROFESSIONALI<br />

PIÙ RICERCATE<br />

Le figure professionali<br />

più ricercate nel settore<br />

farmaceutico coprono<br />

ovviamente diversi ambiti.<br />

All’interno dell’area sales<br />

sono ancora molto ricercati<br />

gli informatori scientifici,<br />

soprattutto per i nutraceutici,<br />

e gli informatori specialistici,<br />

poiché i medici desiderano<br />

ancora confrontarsi<br />

con esperti umani. Sarà<br />

importante che queste figure<br />

comprendano e utilizzino<br />

strumenti digitali, inclusa<br />

l’intelligenza artificiale, per<br />

ottimizzare il proprio lavoro.<br />

Nell’area marketing le due<br />

figure più ricercate sono<br />

attualmente quella del<br />

product manager e quella<br />

del marketing manager<br />

mentre in quella medica<br />

molte aziende cercano<br />

persone qualificate per<br />

ricoprire il ruolo di medical<br />

scientific liason e di medical<br />

advisor. Sono altresì molto<br />

richieste tutte le figure che<br />

ruotano intorno all’accesso<br />

del farmaco sul mercato<br />

(regional market access<br />

manager e market access<br />

manager) e che ne valutano<br />

gli aspetti regolatori, oltre che<br />

di farmacovigilanza.<br />

Sono molto gettonate anche<br />

altre figure specializzate in<br />

grado di gestire gli ambiti<br />

della logistica, dell’area<br />

clinica, della supply chain,<br />

delle risorse umane, e della<br />

finanza.<br />

COMPETENZE<br />

LEGATE ALLA<br />

TECNOLOGIA<br />

Saranno sempre più<br />

necessarie figure<br />

specializzate nello sviluppo<br />

della digital health, che<br />

richiederanno competenze<br />

manageriali tradizionali<br />

integrate con una conoscenza<br />

approfondita delle<br />

applicazioni di intelligenza<br />

artificiale (vedi box). I giovani<br />

talenti che si avvicinano a<br />

questo settore dovranno<br />

avere un approccio orientato<br />

all’apprendimento continuo,<br />

dato che l’industria è in<br />

costante evoluzione grazie<br />

alla trasformazione digitale.<br />

Dovranno anche essere<br />

capaci di lavorare e imparare<br />

all’interno di team distribuiti,<br />

poiché il lavoro remoto è<br />

sempre più diffuso.<br />

LE PRINCIPALI PROFESSIONI NEL PHARMA<br />

LEGATE ALLE TECNOLOGIE<br />

DATA SCIENTIST: analizza grandi quantità di dati raccolti da studi clinici, sperimentazioni e altri fonti per<br />

ottenere informazioni utili sulle prestazioni dei farmaci e sulle esigenze dei pazienti.<br />

ESPERTO DI INTELLIGENZA ARTIFICIALE: sviluppa e utilizza algoritmi di apprendimento automatico e<br />

di intelligenza artificiale per migliorare la scoperta di nuovi farmaci, la valutazione della sicurezza dei farmaci e la<br />

personalizzazione dei trattamenti.<br />

ESPERTO DI ROBOTICA E AUTOMAZIONE: usa tecnologie robotiche per automatizzare il processo di<br />

sviluppo e produzione di farmaci, dalla sintesi dei composti alla distribuzione.<br />

SCIENZIATO DEI MATERIALI: sviluppa nuovi materiali per i dispositivi medici, come sensori, pompe, impianti<br />

e protesi, per migliorare la loro sicurezza, durata e funzionalità.<br />

TECNOLOGO FARMACEUTICO: impiega le tecnologie informatiche per monitorare la produzione di farmaci,<br />

garantendo che siano prodotti in modo sicuro e rispettino le normative.<br />

ESPERTO DI REALTÀ AUMENTATA E VIRTUALE: utilizza la realtà aumentata e virtuale per migliorare<br />

l’efficacia dei trattamenti, la formazione degli operatori sanitari e la comprensione da parte dei pazienti delle proprie<br />

condizioni.<br />

64


making<br />

pharmaindustry<br />

L’innovazione nella ricerca e<br />

produzione del mondo farmaceutico<br />

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66


makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />

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Un network globale dove le aziende del<br />

pharma incontrano i loro fornitori<br />

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makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong> | <strong>numero</strong> tre<br />

PRODUCTION<br />

Pharma Telling & Industry


INNOVAZIONE<br />

MOTORE<br />

DI SVILUPPO<br />

Tema chiave del simposio AFI è il ruolo<br />

dell’innovazione nel settore farmaceutico con<br />

focus sul progresso tecnologico e sugli sviluppi<br />

nei campi della biologia molecolare, delle nuove<br />

terapie e delle tecnologie digitali<br />

Elena Botti<br />

L’innovazione nel settore farmaceutico rappresenta un<br />

elemento cruciale per lo sviluppo di nuove terapie e<br />

trattamenti che possano allungare l’aspettativa di vita della<br />

popolazione migliorardone la qualità. Lo sviluppo delle<br />

biotecnologie e l’uso di tecniche avanzate di bioingegneria,<br />

ad esempio, stanno contribuendo alla creazione di soluzioni<br />

terapeutiche innovative, come nuovi vaccini o immunoterapie<br />

per trattare patologie finora incurabili. Anche la ricerca e<br />

l’ottimizzazione di nuove vie di somministrazione, l’uso di<br />

assistenti digitali, le formulazioni innovative consentono di<br />

migliorare l’efficacia dei medicinali aumentando nel contempo<br />

l’aderenza alla terapia. In tema di produzione, la ricerca<br />

di processi più sostenibili, la digitalizzazione e l’impiego<br />

dell’intelligenza artificiale promettono di trasformare<br />

profondamente il settore.<br />

In questo contesto, anche il 62° Simposio AFI – intitolato<br />

quest’anno “La filiera della salute: motore di sviluppo per<br />

il Paese” – non poteva che essere dedicato al progresso<br />

tecnologico del settore. La redazione di <strong>Making</strong><strong>Life</strong> ha avuto<br />

l’opportunità di intervistare i moderatori che interverranno a<br />

Rimini dal 7 al 9 <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong> ed è apparso subito chiaro che<br />

la parola chiave di questa edizione è proprio “Innovazione”,<br />

in tutte le declinazioni applicabili al mondo farmaceutico. «Il<br />

simposio AFI per vocazione è un momento importante – ci ha<br />

spiegato il presidente AFI, Giorgio Bruno – per condividere le<br />

best practice dell’intera filiera farmaceutica. È naturale che<br />

gli argomenti che vengono trattati in queste sessioni coprano<br />

l’intero panorama delle tematiche più innovative: l’evoluzione<br />

della tecnologia digitale, le biologie molecolari e lo sviluppo<br />

di nuovi prodotti e di terapie personalizzate saranno i<br />

punti chiave». Ma anche la sostenibilità riveste un ruolo<br />

imprescindibile, perché «non si può più pensare alla filiera<br />

della salute senza collegarla alla protezione ambientale».<br />

IL RUOLO<br />

DELLE TERAPIE AVANZATE<br />

Il settore farmaceutico italiano è il primo produttore di<br />

farmaci in Europa con un valore della produzione di 34,5<br />

miliardi di euro nel 2021. Per rimanere al passo coi tempi<br />

e mantenersi a questi livelli di competitività, l’Italia ha<br />

intrapreso un percorso di sviluppo sostenibile, basato<br />

sull’evoluzione di nuove tecnologie digitali, personalizzate<br />

e meno impattanti. L’obiettivo è quello di aumentare la<br />

produzione e le vendite diminuendo però il consumo di<br />

energia e acqua. Per raggiungere gli obiettivi, una importante<br />

opportunità è rappresentata dai fondi del Pnrr, come<br />

sottolinea Maria Luisa Nolli, Ceo di NCNbio e coordinatrice<br />

70


makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />

del gruppo di studio AFI su Biotech e medicinali per terapie<br />

avanzate. Il nostro governo, infatti, ha stanziato circa 500<br />

milioni di euro per quella che è considerata la “medicina del<br />

futuro”, ovvero le diverse terapie personalizzate, come le<br />

CarT, rivolte a pazienti affetti da malattie rare o invalidanti.<br />

In questo tipo di trattamenti si mira a sostituire un gene<br />

sbagliato con il gene giusto, obiettivo che può essere<br />

raggiunto in un solo intervento. Queste “one shot therapy”,<br />

se hanno successo, dimostrano un evidente vantaggio per<br />

il paziente ma ci sono ancora molte sfide da affrontare per<br />

quanto riguarda i loro costi e – conseguentemente – i metodi<br />

per renderne possibile la rimborsabilità da parte del sistema<br />

sanitario nazionale.<br />

Alla classe degli Atmp (Advanced therapy medicinal products)<br />

appartengono anche le tecniche di ingegneria tissutale<br />

illustrate da Paolo Caliceti, direttore del Dipartimento di<br />

scienze farmaceutiche e farmacologiche dell’Università<br />

di Padova e Stefano Salmaso, docente di Tecnologia della<br />

somministrazione dei farmaci presso lo stesso dipartimento,<br />

che modereranno la sessione del simposio dedicata alle<br />

nuove tecnologie di produzione. L’obiettivo del settore<br />

farmaceutico – affermano – è di sviluppare nuovi sistemi<br />

di drug-delivery basati su queste tecnologie, che portino<br />

il farmaco esattamente nella sede di azione desiderata,<br />

seguendo la posologia della terapia. Lo sviluppo di questi<br />

nuovi sistemi andrebbe a completare quelli già esistenti,<br />

permettendo nuove applicazioni per trattamenti già noti e<br />

quindi riutilizzando risorse già disponibili.<br />

SALVAGUARDARE<br />

IL RAPPORTO COI PAZIENTI<br />

Oltre a stanziare i fondi per gli Atmp, il Pnrr incentiva anche<br />

l’aggiornamento digitale, al fine di “rafforzare l’infrastruttura<br />

tecnologica e degli strumenti per la raccolta, l’elaborazione,<br />

l’analisi dei dati e la simulazione”. Questa transizione porta<br />

con sé nuovi strumenti, come l’intelligenza artificiale,<br />

che permette di analizzare grandi quantità di dati per<br />

la ricerca clinica in tempi molto brevi. Ce ne ha parlato<br />

Lorenzo Cottini, country manager di Evidenze Health srl<br />

che introdurrà la sessione sulle nuove norme in tema di<br />

privacy e cybersecurity. Nell’intervista, Cottini sottolinea<br />

l’importanza di non trascurare il corretto addestramento<br />

degli algoritmi in modo da mantenere il necessario equilibrio<br />

tra la protezione della privacy e la ricerca clinica innovativa.<br />

Un obiettivo importante, per non alimentare sospetti e<br />

preoccupazioni da parte dei cittadini, che potrebbero<br />

ostacolare lo sviluppo di soluzioni in grado di fornire cure<br />

più efficaci in tempi più rapidi. Mantenere un atteggiamento<br />

collaborativo con i pazienti può essere fondamentale anche<br />

per il monitoraggio della sicurezza dei farmaci dopo la loro<br />

autorizzazione all’immissione in commercio. Su questo<br />

argomento Andrea Oliva, coordinatore del gruppo AFI che si<br />

occupa di farmacovigilanza, ci ha aggiornato sulla proposta di<br />

Ema di utilizzare i social media per raccogliere segnalazioni<br />

sugli effetti indesiderati dei farmaci. Nello specifico, i<br />

responsabili marketing delle diverse piattaforme sono<br />

obbligati a effettuare degli screening per rilevare eventuali<br />

comunicazioni da parte degli utenti. Se implementato<br />

correttamente, questo strumento potrebbe rappresentare<br />

un’ottima risorsa, dal momento che oggi i social media<br />

vengono utilizzati dalla stragrande maggioranza della<br />

popolazione e sono considerati il mezzo di comunicazione più<br />

funzionale e diretto.<br />

Al fine di mantenere il paziente in primo piano stanno<br />

anche cambiando le normative farmaceutiche. Negli ultimi<br />

anni, racconta Antonio Conto, sta prevalendo l’intenzione<br />

di armonizzare le legislazioni, passando da regolamenti<br />

nazionali a regolamenti europei. Questa transizione<br />

permetterà di introdurre alcuni parametri minimi legati<br />

alla sicurezza e alla stima di rischio per la salute umana e<br />

l’ambiente. Se si riuscisse a raggiungere un’unica normativa<br />

a livello europeo, i tempi di approvazione di tutti gli elementi<br />

della filiera farmaceutica verrebbero drasticamente<br />

ridotti permettendo di velocizzare i processi di ricerca e di<br />

raggiungimento di cure efficaci e sicure.<br />

SERVE UNA PARTNERSHIP<br />

TRA TUTTI GLI STAKEHOLDER<br />

Il settore della salute sta affrontando <strong>numero</strong>se sfide<br />

complesse ma, al tempo stesso, ricche di opportunità.<br />

Superarle e sfruttare al meglio le nuove opportunità<br />

tecnologiche e scientifiche significa aprire la strada a un<br />

miglioramento significativo del benessere e della qualità<br />

della vita di milioni di persone. I protagonisti del prossimo<br />

simposio AFI richiamano tutti gli attori coinvolti nella filiera<br />

farmaceutica, dalle istituzioni all’industria alle università, a<br />

collaborare per promuovere l’innovazione. Solo attraverso<br />

una sinergia degli sforzi sarà possibile rispondere in maniera<br />

efficace alle nuove esigenze dei pazienti e creare valore per<br />

l’intero sistema Paese generando quel “Motore di sviluppo”<br />

suggerito dal titolo del simposio.<br />

Per ascoltare tutte<br />

le interviste complete<br />

71


per<br />

Monitoraggio e Qualifica degli<br />

ambienti e dei processi <strong>Life</strong> Science<br />

Ellab fornisce strumentazione avanzata e servizi per garantire la qualità<br />

e la sicurezza di processi e ambienti <strong>Life</strong> Science, compresi i settori<br />

biotecnologici e delle terapie avanzate<br />

Ellab è una società multinazionale<br />

con sede in Danimarca e<br />

filiali sparse in tutto il mondo,<br />

specializzata nella progettazione,<br />

produzione e distribuzione di<br />

strumentazione di precisione<br />

per la convalida, la qualifica<br />

e il monitoraggio di processi,<br />

impianti e ambienti, in particolar<br />

modo nel settore <strong>Life</strong> Science.<br />

Le soluzioni offerte includono<br />

strumenti per il monitoraggio di<br />

temperatura, pressione, umidità<br />

e CO 2 , così come strumenti di<br />

convalida e analisi dei dati dei<br />

processi termici. Abbiamo chiesto<br />

ad Alessandra Ferrari, Matteo<br />

Noschese e Davide Alberghina,<br />

rispettivamente Country manager,<br />

Sales manager e Validation<br />

manager di Ellab, di illustrarci la<br />

filososia della società.<br />

Dott. Noschese, che attività<br />

svolgete nel settore <strong>Life</strong> Science?<br />

Ellab fornisce strumentazione di<br />

precisione per la convalida e la<br />

qualifica di ambienti (produzione,<br />

stoccaggio e trasporto di prodotti<br />

farmaceutici), processi e impianti.<br />

In particolare, forniamo sistemi per<br />

la convalida di autoclavi e impianti<br />

di sterilizzazione, liofilizzatori,<br />

tunnel di depirogenazione;<br />

sistemi per la qualifica e la convalida<br />

di celle frigorifere, freezer,<br />

incubatori, isolatori e attrezzature di<br />

produzione farmaceutica.<br />

M. Noschese, A.Ferrari e D. Alberghina<br />

Forniamo inoltre apparecchiature<br />

per le mappature ambientali e<br />

per il monitoraggio in continuo di<br />

ambienti controllati.<br />

Questi strumenti aiutano a<br />

garantire che gli ambienti e le<br />

apparecchiature soddisfino gli<br />

standard di qualità richiesti dalle<br />

autorità di regolamentazione e<br />

dalle linee guida dell’industria.<br />

Inoltre, la nostra esperienza e<br />

competenza nel settore della<br />

convalida termica e della qualifica<br />

ci consentono di offrire servizi<br />

di consulenza personalizzati, in<br />

grado di rispondere alle specifiche<br />

esigenze dei nostri clienti a 360<br />

gradi.<br />

La divisione Servizi di Ellab fornisce<br />

infatti una vasta gamma di servizi<br />

fondamentali per garantire che<br />

i processi e gli impianti siano<br />

conformi alle norme di riferimento<br />

e per aiutare i nostri clienti a<br />

garantire la sicurezza e la qualità<br />

dei loro prodotti e dei loro processi.<br />

72


makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />

Ad esempio quali?<br />

Ad esempio supportiamo i clienti<br />

nelle attività di Commissioning<br />

e nella fase di avviamento di<br />

una nuova attrezzatura o di un<br />

nuovo processo; offriamo Servizi<br />

di Qualifica per la verifica e<br />

documentazione delle prestazioni<br />

di una attrezzatura o di un processo,<br />

per garantire che sia conforme<br />

alle specifiche del cliente e alle<br />

normative di riferimento; svolgiamo<br />

Attività di Convalida per la verifica e<br />

documentazione della prestazione<br />

di processi, impianti e ambienti<br />

per garantire la produzione e<br />

conservazione di prodotti di alta<br />

qualità; mappature per la valutazione<br />

delle condizioni ambientali (es:<br />

temperatura, umidità, pressione,<br />

qualità dell’aria); offriamo servizi di<br />

formazione per aiutare i nostri clienti<br />

a migliorare le loro competenze<br />

tecniche e la loro conoscenza delle<br />

normative e delle GMP. Inoltre,<br />

forniamo servizi di consulenza per<br />

supportarli nella progettazione<br />

e implementazione di soluzioni<br />

conformi alle normative e supporto<br />

tecnico: assistenza remota, taratura<br />

degli strumenti sia in campo<br />

che presso il nostro laboratorio<br />

metrologico accreditato ACCREDIA<br />

per temperatura, umidità relativa<br />

e punto di rugiada, pressione e<br />

grandezze elettriche. I nostri servizi<br />

sono eseguiti da un gruppo di<br />

esperti altamente qualificati, che<br />

utilizzano strumenti all’avanguardia<br />

e di alta precisione per garantire la<br />

massima affidabilità dei risultati.<br />

Quali sono gli aspetti più critici<br />

nella scelta delle apparecchiature<br />

per la mappatura ambientale?<br />

Tra i principali segnalerei la<br />

precisione dei sensori e l’affidabilità<br />

delle misure, la gamma di sensori<br />

disponibili, la facilità d’uso e<br />

la flessibilità del sistema, la<br />

compatibilità con gli standard di<br />

qualità del settore e la possibilità<br />

di integrazione con altri<br />

strumenti e software. È importante<br />

considerare anche le esigenze<br />

specifiche dell’applicazione, come<br />

la dimensione dell’area da mappare,<br />

il tipo di prodotto da monitorare e i<br />

requisiti normativi.<br />

Ing. Alberghina, che impatto<br />

sta avendo la progressiva<br />

digitalizzazione degli strumenti?<br />

Sta certamente semplificando le<br />

attività degli operatori ma richiede<br />

anche competenze sempre più<br />

sofisticate per sfruttare appieno le<br />

funzionalità avanzate. Gli strumenti<br />

digitali offrono una maggiore<br />

precisione, flessibilità e capacità<br />

di elaborazione dei dati e di<br />

conseguenza molte opportunità per<br />

migliorare l’efficienza dei processi,<br />

ma richiedono una conoscenza più<br />

approfondita dei sistemi informatici<br />

e dei software utilizzati, e si dovrà<br />

quindi investire molto nella<br />

formazione.<br />

Quali sviluppi prevedete per il<br />

settore della mappatura, convalida<br />

e qualifica in area <strong>Life</strong> Science?<br />

Prevediamo che continui a crescere<br />

e ad evolversi per rispondere alle<br />

esigenze sempre più rigorose del<br />

settore e al crescente sviluppo<br />

di farmaci biotecnologici. In<br />

particolare, ci aspettiamo una<br />

maggiore integrazione tra gli<br />

strumenti di monitoraggio e di<br />

controllo dei processi e dei prodotti,<br />

una maggiore implementazione di<br />

tecnologie di automazione e una<br />

maggiore adozione di strumenti<br />

digitali e di analisi dati avanzate.<br />

Inoltre, l’attenzione crescente per<br />

la sicurezza e la qualità dei prodotti<br />

farmaceutici continuerà a essere<br />

prioritaria e spingerà gli operatori<br />

del settore a investire e adottare<br />

tecnologie sempre più innovative<br />

e sofisticate, come l’Internet delle<br />

cose (IoT) e l’analisi dei dati, che<br />

contribuiranno a migliorare la<br />

qualità e l’efficienza dei processi e la<br />

riduzione dei tempi necessari per la<br />

convalida e qualifica dei processi. In<br />

questi ambiti Ellab si rivela essere un<br />

player di riferimento.<br />

Sig.ra Ferrari, che previsioni avete<br />

nel campo delle biotecnologie<br />

e delle terapie avanzate e quale<br />

contributo potete fornire in questi<br />

settori?<br />

Si tratta di un settore in rapida<br />

evoluzione che rappresenta una<br />

grande opportunità per l’industria<br />

farmaceutica e la ricerca scientifica.<br />

In Ellab, siamo molto attenti a<br />

queste tendenze di mercato e<br />

abbiamo sviluppato prodotti e servizi<br />

specifici per supportare gli operatori<br />

del settore nella qualifica e convalida<br />

di questi processi. In particolare, i<br />

nostri strumenti sono stati progettati<br />

per garantire la massima precisione<br />

e affidabilità dei dati in ambienti<br />

altamente sensibili come quelli dei<br />

laboratori biotecnologici. Inoltre,<br />

offriamo una vasta gamma di servizi<br />

di consulenza per aiutare i nostri<br />

clienti a progettare e implementare<br />

processi conformi alle normative e<br />

alle pratiche di buona fabbricazione.<br />

Guardando al futuro, prevediamo<br />

una crescente richiesta di servizi<br />

e soluzioni per la qualifica e la<br />

convalida di processi biotecnologici<br />

e delle terapie cellulari e geniche.<br />

Continueremo quindi a investire in<br />

ricerca e sviluppo per migliorare la<br />

nostra offerta di prodotti e servizi<br />

e per rispondere alle esigenze del<br />

mercato in continua evoluzione,<br />

traducendo nella pratica quotidiana<br />

l’obiettivo di Ellab che è quello<br />

di “creare insieme la fiducia nella<br />

sicurezza dei consumatori”.<br />

ELLAB Srl<br />

Via Figino 22<br />

20016 PERO MI<br />

Phone: +39 02 3491751<br />

E-mail: italy@ellab.com<br />

73


per<br />

Faravelli Pharma Division: materie prime<br />

al servizio dell’industria farmaceutica<br />

Già tra i principali player del pharma per la fornitura di eccipienti, l’azienda<br />

italiana ha ora esteso la sua offerta anche ai principi attivi con l’obiettivo di<br />

diventare un partner completo per i clienti del settore<br />

Faravelli opera nell’industria<br />

farmaceutica da diversi decenni e<br />

negli anni è riuscita ad affermarsi<br />

tra i principali player del settore.<br />

Oltre alla qualità delle materie<br />

prime, le aziende hanno sempre<br />

apprezzato il servizio che Faravelli<br />

mette a disposizione per garantire<br />

soluzioni complete, continuative e<br />

su misura.<br />

Proprio la vicinanza e il confronto<br />

continuo con i clienti hanno<br />

permesso di recepire l’esigenza<br />

condivisa di un’estensione della<br />

gamma di prodotti offerti, che<br />

comprendesse finalmente anche<br />

i principi attivi (APIs) accanto agli<br />

eccipienti, cavallo di battaglia<br />

sin dagli esordi e rimasti per<br />

lungo tempo il cuore dell’offerta<br />

merceologica. Faravelli, infatti, è<br />

attiva nel farmaceutico dai primi<br />

anni ‘60, quando alle specialità per<br />

la fotochimica si sono affiancati i<br />

prodotti per il settore farmaceutico<br />

e nutrizionale, sebbene la vera<br />

svolta sia avvenuta nel 1973 con<br />

la prima collaborazione – tutt’ora<br />

attiva – in esclusiva per il mercato<br />

italiano con Meggle, leader<br />

mondiale nella produzione di<br />

lattosio.<br />

Ora, a cinquant’anni esatti da<br />

quell’accordo l’estensione ai<br />

Principi Attivi Farmaceutici. Quello<br />

degli API, d’altra parte, è un<br />

settore in fortissima crescita (vedi<br />

box), in cui la società milanese<br />

ha deciso di investire nel segno<br />

della “diversificazione”, una<br />

filosofia che ha sempre messo in<br />

atto sia in ambito merceologico<br />

che geografico e che in questo<br />

caso specifico si è potuta<br />

sviluppare grazie all’acquisizione di<br />

Deltapharma S.L., azienda spagnola<br />

attiva dal 1985 nella distribuzione di<br />

APIs e autorizzata all’importazione<br />

da Paesi extra-UE.<br />

L’acquisizione ha consentito a<br />

Faravelli di rafforzarsi in Spagna<br />

e di creare importanti sinergie<br />

a livello globale: Deltapharma<br />

è strutturata per importare<br />

principi attivi anche da fuori<br />

Europa, una premessa ottimale<br />

per la formazione di una rete<br />

internazionale, un fattore percepito<br />

come un plus per la crescita nel<br />

settore dei principi attivi.<br />

74


makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />

Faravelli ha inoltre investito<br />

in personale specializzato,<br />

coinvolgendo le sedi estere<br />

del gruppo per dare vita a una<br />

rete commerciale competitiva e<br />

capillare.<br />

Anche l’attività di scouting è<br />

stata potenziata per offrire una<br />

rete di fornitori adeguata alle<br />

nuove esigenze del mercato e per<br />

far fronte alle sfide che stanno<br />

cambiando gli equilibri geopolitici<br />

e le dinamiche globali, partendo<br />

dall’epidemia di Covid-19 fino ai<br />

recenti conflitti tra Ucraina e Russia.<br />

Oggi Faravelli propone un’offerta<br />

davvero ampia di principi attivi<br />

ed eccipienti di altissima qualità,<br />

che aiutano gli operatori del<br />

settore a ottenere la formulazione<br />

farmaceutica che stanno cercando:<br />

funzionale, sicura, efficace,<br />

performante.<br />

L’attività di distribuzione è<br />

completata da una gamma di servizi<br />

(regolatorio, logistica, marketing)<br />

che le hanno consentito di<br />

confermarsi come autentico partner<br />

strategico che mette in primo piano<br />

la soddisfazione dei clienti.<br />

Se è vero che il farmaceutico<br />

rimane un mercato abbastanza<br />

tradizionalista, in cui le novità<br />

non sono sempre accolte<br />

immediatamente anche in<br />

ragione delle procedure legate<br />

alle validazioni e alla complessità<br />

delle normative, è però vero che il<br />

progetto di Faravelli ha destato sin<br />

da subito un certo interesse.<br />

Il banco di prova è stato, tra gli<br />

altri, la recente partecipazione al<br />

salone <strong>Making</strong> Pharmaceuticals,<br />

svoltosi a fine marzo a Milano.<br />

L’appuntamento non ha deluso<br />

le aspettative e l’azienda ha<br />

già riconfermato la presenza<br />

all’edizione 2024.<br />

Giusto Faravelli S.p.A.<br />

via Medardo Rosso 8, 20159 Milano (MI)<br />

Tel. +39 02 697171<br />

Mail: pharma@faravelli.it<br />

Il mercato globale<br />

dei principi attivi farmaceutici<br />

Secondo il report “Global active pharmaceutical ingredients market, 2030”<br />

pubblicato dalla società di analisi di mercato GVC, il giro d’affari globale degli<br />

ingredienti farmaceutici attivi (API) ha raggiunto un valore di 222,4 miliardi di<br />

dollari nel 2022 e si prevede che nei prossimi sette anni crescerà a un tasso<br />

medio annuo del 5,90% fino a superare quota 330 miliardi nel 2030. Questa<br />

crescita può essere attribuita ai progressi nella produzione degli API e alla diffusione di malattie croniche<br />

come quelle cardiache e i tumori. Anche le misure dei governi volte a incentivare la produzione di API e<br />

le <strong>numero</strong>se trasformazioni geopolitiche in corso stanno alimentando la crescita di questo mercato. In<br />

seguito alle interruzioni nelle catene di fornitura causate dal Covid-19, ad esempio, le preferenze delle<br />

aziende farmaceutiche si sono adeguate privilegiando Paesi come l’India a scapito della Cina, la cui<br />

supply chain è stata profondamente colpita dai prolungati periodi di lockdown. Molti governi, inoltre, per<br />

ridurre la dipendenza da Paesi terzi, hanno messo in atto piani e forme di incentivazione per promuovere<br />

la produzione di API sul proprio territorio. Il comparto rappresenta un’industria ad alta tecnologia in cui<br />

l’Italia detiene una posizione di primo piano a livello mondiale. Secondo i dati dell’Agenzia ICE, con 34,4<br />

miliardi di euro di produzione il nostro Paese è leader in Unione europea insieme a Francia e Germania.<br />

Gran parte di questa produzione è destinata al mercato globale: circa l’85% della produzione viene<br />

esportata in più di 90 Paesi.<br />

75


per<br />

L’evoluzione di Gammatom<br />

tra continuità e rinnovamento<br />

Per affrontare le sfide del mercato, l’azienda punta a integrare l’esperienza<br />

fin qui acquisita con l’innovazione gestionale e investimenti tecnologici<br />

Gammatom è un’azienda<br />

italiana specializzata in servizi di<br />

irraggiamento attraverso raggi<br />

gamma per scopi scientifici e<br />

industriali, attiva anche nel settore<br />

farmaceutico. Lo scorso anno,<br />

l’azienda ha affrontato una passaggio<br />

generazionale il cui successo è ormai<br />

conosciuto nel settore di riferimento.<br />

Con Andrea Soldini, oggi direttore<br />

generale di Gammatom, cerchiamo<br />

di capire quale identità manageriale<br />

ha scelto per questa avventura<br />

gestionale.<br />

«Ho assunto ufficialmente il ruolo<br />

di direttore generale il 22 maggio<br />

dello scorso anno – racconta Soldini.<br />

Mio padre ha deciso fosse tempo<br />

di dedicarsi ad altro approfittando<br />

della pensione. Definisco la mia<br />

identità manageriale ancora un<br />

“work in progress” ma ho già idee<br />

chiare su alcuni punti, ad esempio<br />

trattenere l’esperienza di chi mi<br />

ha preceduto allineandola con le<br />

nuove metodologie di management.<br />

Questo perché la progressiva e veloce<br />

evoluzione del mondo, soprattutto<br />

dal punto di vista tecnologico, è più<br />

allineata a una mentalità giovane, ma<br />

allo stesso tempo ci sono elementi<br />

e situazioni che permangono<br />

invariate anche col susseguirsi delle<br />

generazioni».<br />

Pur mantenendo saldi gli elementi<br />

di ricerca e qualità del servizio,<br />

il management ha integrato<br />

due novità che hanno impresso<br />

un’accelerazione al processo di<br />

crescita sui mercati: comunicazione<br />

e risorse umane. Vuole illustrarci<br />

questa scelta?<br />

La comunicazione è tanto<br />

fondamentale quanto difficile da<br />

gestire, anche nelle PMI. Spesso ci<br />

si accorge che la gestione di molte<br />

cose avrebbe potuto essere più<br />

fluida e rapida se solo ci fosse stata<br />

a monte una comunicazione più<br />

efficace. Il passo tra comunicazione<br />

e collaborazione è molto breve ma<br />

spesso non se ne tiene conto.<br />

In tema di risorse umane, lei ha<br />

recentemente dotato Gammatom<br />

di un H.R. Executive Manager<br />

(nella persona di Katia Carlucci,<br />

professionista di provata<br />

esperienza), una scelta rara per<br />

una PMI. Cosa si aspetta da questo<br />

investimento?<br />

Premetto di aver ricevuto allo stesso<br />

tempo critiche e complimenti per<br />

questa scelta. Qualcuno ha lasciato<br />

intendere che avrebbe potuto essere<br />

un passaggio inutile sulla base della<br />

quantificazione specifica del lavoro,<br />

a loro dire insufficiente. Altri si son<br />

dimostrati da subito entusiasti all’idea.<br />

Ricordiamoci che le persone “fanno<br />

l’azienda” e possono esserci persone<br />

più o meno competenti e più o meno<br />

fedeli, ma tutte hanno necessità di<br />

esser gestite nell’organizzazione.<br />

Spesso per mancanza di tempo,<br />

eccessiva timidezza, difficoltà nei<br />

rapporti umani ecc, i rapporti col<br />

personale sono contenuti e le<br />

persone tendono a essere meno<br />

76


makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />

collaborative o a non sentirsi<br />

considerate. Mi aspetto quindi, come<br />

già sta accadendo, che l’introduzione<br />

di una figura dedicata aiuti a colmare<br />

lacune e a eviscerare aspetti critici<br />

della comunicazione interna.<br />

Uno dei vostri punti di forza è<br />

senza dubbio il possesso di una<br />

serie di importanti certificazioni<br />

nazionali e internazionali necessarie<br />

in Paesi con normative stringenti.<br />

Quali differenze di approccio<br />

verso l’attività di irraggiamento<br />

percepisce tra l’Italia e il resto del<br />

mondo?<br />

Posso dire che a livello mondiale il<br />

core business dell’irraggiamento sia<br />

prevalentemente il settore medicale<br />

e medico sanitario, seguito da quello<br />

cosmetico, protesico, farmaceutico e<br />

del packaging legato ai settori appena<br />

citati. Essendo però l’applicazione dei<br />

raggi gamma molto vasta, in alcuni<br />

Paesi viene prediletto l’irraggiamento<br />

in ambito food soprattutto per quanto<br />

riguarda frutta fresca e spezie. Questo<br />

permette una maggiore durabilità dei<br />

prodotti poiché, anche in questo caso,<br />

vengono eliminati i microrganismi<br />

che porterebbero il cibo alla<br />

decomposizione.<br />

Una crescita produttiva richiede<br />

capacità e struttura. Voi detenete<br />

il materiale radioattivo Cobalto 60:<br />

parliamo di autorizzazioni, controlli,<br />

approvvigionamenti specifici e altro.<br />

Come affronterete tutto questo nel<br />

breve periodo, in funzione di una<br />

maggiore domanda?<br />

Nel nostro caso l’aumento della<br />

capacità produttiva è strettamente<br />

legato alla capacità di detenzione<br />

di Cobalto 60 e alla velocità<br />

delle macchine dell’impianto di<br />

irraggiamento. Per cui, considerando<br />

le previsioni di continua crescita<br />

di prodotti che necessitano il<br />

nostro trattamento, ci siamo<br />

mossi richiedendo ai ministeri<br />

di competenza l’estensione<br />

dell’autorizzazione alla detenzione<br />

di materiale radioattivo. Questo<br />

ci permetterà, una volta ricevuto il<br />

Cobalto e apportate le opportune<br />

modifiche all’impianto, di aumentare<br />

la capacità produttiva. In teoria<br />

dovremmo riuscire a beneficiare di<br />

questo miglioramento nel corso del<br />

2024.<br />

Torniamo all’attività specifica<br />

di irraggiamento e ai settori<br />

produttivi ai quali vi dedicate<br />

commercialmente. A chi si rivolge la<br />

vostra offerta?<br />

Il nostro servizio è rivolto soprattutto<br />

a quei prodotti che dovranno entrare<br />

in contatto diretto o indiretto con<br />

l’essere umano. Parliamo quindi di<br />

dispositivi medici di ogni genere,<br />

dispositivi impiantabili, cosmetici,<br />

farmaci, protesi ortopediche, teche<br />

craniche, strumenti monouso, prodotti<br />

medicali, packaging per i prodotti<br />

appena citati e altro. È importante<br />

conoscere i prodotti al fine di<br />

effettuare un trattamento efficace che<br />

allo stesso tempo non li danneggi.<br />

Un vostro punto di forza è<br />

la capacità di diversificare<br />

l’irraggiamento applicandolo su<br />

strati sottili. Vuole approfondire<br />

meglio questo passaggio che<br />

contiene informazioni importanti<br />

non solo per il produttore ma anche<br />

per il consumatore finale?<br />

Premettendo che la quasi totalità<br />

degli impianti di irraggiamento<br />

irraggiano i bancali interi, la filosofia<br />

di Gammatom è sempre stata diversa<br />

ovvero irraggiare strati sottili, andando<br />

a togliere i colli (scatole, sacchi,<br />

fusti) dai bancali e posizionandoli<br />

all’interno di gabbie di ferro molto<br />

più piccole dei bancali sia in altezza<br />

che in profondità. Questo permette<br />

ai raggi di attraversare i materiali<br />

più facilmente riducendo la forbice<br />

che intercorre tra dose minima e<br />

massima e ottenendo di conseguenza<br />

una migliore distribuzione della<br />

dose assorbita. Fin dalla gestione<br />

di mio padre questo approccio è<br />

stato perfezionato e implementato<br />

investendo in tecnologie e macchinari<br />

che nel corso degli anni hanno<br />

confermato di rappresentare una<br />

corretta scelta di investimento che ci<br />

differenzia da tutti gli altri.<br />

Negli ultimi mesi l’attività<br />

commerciale ha ripreso a pieno<br />

regime dopo il rallentamento<br />

dovuto alla pandemia.<br />

Condividete le vostre esperienze<br />

anche partecipando a eventi o<br />

manifestazioni fieristiche?<br />

È vero che gli incontri online<br />

velocizzano e facilitano i rapporti sotto<br />

certi punti di vista, ma il confronto<br />

dal vivo continua a non avere eguali.<br />

Per questo motivo, appena è stato<br />

possibile abbiamo ricominciato a<br />

partecipare a fiere commerciali e<br />

meeting internazionali di settore. Lo<br />

riteniamo importante per confermare<br />

i contatti esistenti e crearne di nuovi,<br />

oltre che per rimanere aggiornati sulle<br />

novità inerenti l’irraggiamento e la<br />

sterilizzazione in generale.<br />

Quale tipo di cliente le piacerebbe<br />

incontrare trasmettendogli<br />

i vantaggi di un servizio<br />

d’irraggiamento?<br />

Sono ormai sette anni che ci<br />

focalizziamo sul settore farmaceutico,<br />

nella fattispecie sull’irraggiamento<br />

degli Api. L’applicazione della nostra<br />

tecnologia a questo tipo di prodotto è<br />

ancora poco conosciuta e, grazie alla<br />

particolarità del nostro impianto e alla<br />

nostra flessibilità, siamo tra i pochi in<br />

grado di approcciare a questo settore.<br />

Per i produttori di Api i vantaggi di<br />

sterilizzare con i gamma piuttosto che<br />

produrre in asettico sono molteplici,<br />

tra cui il risparmio di tempo e denaro<br />

e la certezza del raggiungimento della<br />

sterilità.<br />

Gammatom Srl<br />

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22070 Guanzate (CO) – Italy<br />

77


EIPG<br />

European Industrial<br />

Pharmacists Group<br />

IL FUTURO DELLA<br />

PRODUZIONE FARMACEUTICA<br />

78<br />

L’impiego di tecnologie<br />

innovative rappresenta una<br />

promettente opportunità<br />

per il settore farmaceutico<br />

ma gli ostacoli sul cammino<br />

sono tanti, e non solo legati<br />

alle restrizioni normative<br />

Il settore farmaceutico sta vivendo una fase di profonda<br />

trasformazione, spinto da diversi fattori di cambiamento.<br />

La popolazione invecchia, la pandemia di Covid-19<br />

ha modificato le priorità sanitarie, i costi dell’energia<br />

aumentano mentre i cambiamenti climatici diventano una<br />

minaccia crescente. Anche la carenza di operatori sanitari<br />

rappresenta una preoccupazione.<br />

Per continuare a competere in questo scenario in<br />

evoluzione, le aziende farmaceutiche devono rapidamente<br />

rinnovarsi. Un report degli organizzatori di Connect in<br />

Pharma, intitolato “The future of pharma production,<br />

manufacturing and packaging trend”, ha messo in<br />

evidenza i principali driver destinati a plasmare il futuro<br />

dell’industria farmaceutica in Europa, in particolare per<br />

quanto riguarda i metodi di somministrazione dei farmaci:<br />

dal machine learning ai dispositivi connessi, alle strategie<br />

per la sostenibilità. Il rapporto individua nei progressi<br />

dei dispositivi di somministrazione dei farmaci, una delle<br />

tendenze più importanti. Secondo l’indagine, condotta<br />

su 56 esperti e addetti ai lavori di 13 Paesi diversi, nel<br />

prossimo futuro gli elementi che saranno cruciali per<br />

sostenere la competitività saranno le collaborazioni<br />

innovative con startup e PMI, gli investimenti in tecnologie<br />

all’avanguardia e il coinvolgimento dei pazienti e degli<br />

operatori sanitari.<br />

L’adozione di nuove tecnologie, in particolare, dovrebbe<br />

fornire un sostegno essenziale alla competitività<br />

permettendo una raccolta dati più efficiente, la<br />

riduzione dei tempi e degli errori di produzione,<br />

l’utilizzo del continuous manufacturing grazie al<br />

supporto dell’intelligenza artificiale (IA), una migliore<br />

integrazione dei flussi di lavoro, sistemi efficienti di anticontraffazione,<br />

la possibilità di condividere i dati con le<br />

autorità regolatorie.<br />

Il ritardo digitale del pharma<br />

Tuttavia, finora il processo di digitalizzazione del settore<br />

farmaceutico si è svolto a rilento. Rispetto ad altri settori,<br />

la digitalizzazione e l’automazione sono state introdotte<br />

più lentamente, soprattutto a causa delle restrizioni<br />

normative (ad esempio quelle riguardanti l’integrità e la<br />

sicurezza dati). Stando ai dati della survey, solo il 28%<br />

delle aziende sta implementando sistemi di intelligenza<br />

artificiale o altri strumenti digitali per la produzione


makinglife | <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong><br />

e il confezionamento dei farmaci. Oltre alle barriere<br />

normative, i principali ostacoli alla piena digitalizzazione<br />

individuati dall’indagine sono rappresentati da<br />

fattori umani come la riluttanza al cambiamento,<br />

particolarmente critica se si esprime a livello del top<br />

management. Anche la disponibilità di data scientist<br />

esperti in farmaceutica è un fattore critico. Per cogliere le<br />

opportunità della trasformazione superando reticenze e<br />

ostacoli normativi sono necessarie competenze digitali e<br />

una visione strategica adeguata.<br />

Nuove tecnologie per la<br />

somministrazione di farmaci<br />

Il rapporto di Connect in Pharma ha fatto luce anche su<br />

alcune tecnologie di somministrazione dei farmaci che,<br />

pur non essendo una novità assoluta, stanno acquisendo<br />

importanza per lo sviluppo di nuovi prodotti e trattamenti.<br />

L’industria farmaceutica sta sviluppando nuovi sistemi<br />

per somministrare farmaci sempre più complessi,<br />

come le macromolecole delle terapie geniche o basate<br />

sull’mRNA. Queste sostanze sono particolarmente<br />

instabili e richiedono tecnologie avanzate per essere<br />

formulate, confezionate e somministrate ai pazienti senza<br />

comprometterne l’efficacia.<br />

Tra le soluzioni emergenti, le tecnologie inalatorie,<br />

come gli inalatori a polvere secca e i dispositivi di<br />

somministrazione nasale, sembrano particolarmente<br />

promettenti. Il 50% delle aziende farmaceutiche<br />

intervistate sta sviluppando nuovi prodotti utilizzando<br />

queste tecniche, che potrebbero rivelarsi utili per farmaci<br />

destinati a penetrare rapidamente la barriera ematoencefalica<br />

o per la somministrazione dei vaccini. Gli<br />

inalatori offrono infatti un assorbimento più veloce e una<br />

maggiore biodisponibilità, oltre ad avere un minor impatto<br />

ambientale e ridurre la carbon footprint. Tuttavia, diverse<br />

sfide limitano ancora la diffusione di queste tecnologie.<br />

In primo luogo, le normative sui dispositivi medici<br />

richiedono di dimostrare la sicurezza per i pazienti e<br />

un’adeguata biodisponibilità, aumentando i costi e i tempi<br />

di sviluppo. Inoltre, le tecnologie inalatorie potrebbero dar<br />

luogo a nuovi dispositivi connessi all’Internet of medical<br />

things (IoMT), con ulteriori implicazioni normative.<br />

In questo contesto risultano particolarmente importanti<br />

alcuni cambiamenti normativi, come l’entrata in vigore<br />

della revisione dell’Allegato 1 alle Buone Pratiche<br />

di Fabbricazione (GMP) prevista per il 25 agosto di<br />

quest’anno, che comporterà requisiti più stringenti.<br />

Secondo il rapporto, le principali aree di innovazione in<br />

questo campo potrebbero includere nuovi dispositivi per<br />

la somministrazione di farmaci iniettabili, in particolare<br />

mirati al diabete (la principale area di innovazione),<br />

all’iniezione oculare intravitreale, alle malattie<br />

autoimmuni, all’oncologia, alla terapia respiratoria e alla<br />

gestione del dolore.<br />

Dispositivi connessi<br />

Il diabete rappresenta un importante campo di<br />

innovazione anche per lo sviluppo di dispositivi connessi.<br />

Questi dispositivi incorporano sensori ed elettronica<br />

che consentono di raccogliere in tempo reale i dati<br />

sull’autosomministrazione della terapia da parte dei<br />

pazienti e di trasmetterli agli operatori sanitari.<br />

Gli algoritmi di intelligenza artificiale potenziano<br />

ulteriormente le possibilità di questi dispositivi, grazie<br />

all’elaborazione in tempo reale della concentrazione<br />

di glucosio nel sangue e del corrispondente livello di<br />

insulina erogato dal dispositivo.<br />

I dispositivi connessi permettono dunque nuove modalità<br />

di monitoraggio proattivo dei pazienti cronici da<br />

remoto. I dispositivi connessi fungono da “estensione”<br />

delle capacità di controllo dei medici e degli operatori<br />

sanitari che, in questo modo, possono intervenire<br />

tempestivamente modificando i piani di trattamento.<br />

Questo si traduce in una maggiore aderenza alla terapia,<br />

con conseguente miglioramento degli esiti, e nella<br />

possibilità di personalizzare maggiormente i trattamenti<br />

in base alla risposta del singolo individuo. L’elaborazione<br />

compiuta dall’IA sui dati raccolti dai diversi pazienti può<br />

fornire conoscenze utili a migliorare i risultati terapeutici,<br />

con possibili vantaggi anche per altre condizioni.<br />

79


per<br />

Sostenibilità e digitalizzazione<br />

serve un’armonizzazione normativa<br />

I ritardi negli adeguamenti regolatori e la disomogeneità amministrativa tra Regioni rappresentano<br />

i principali ostacoli ai processi di transizione digitale ed economica del nostro Paese<br />

Gli ultimi venti anni hanno visto una<br />

lenta ma progressiva trasformazione<br />

della filiera del settore della salute.<br />

Abbiamo assistito a una costante<br />

digitalizzazione, a cui ha dato nuovo<br />

impulso l’emergenza sanitaria<br />

da Covid-19. Nonostante la forte<br />

pressione, la filiera ha reagito bene,<br />

garantendo la consegna regolare di<br />

farmaci, dispositivi medici e di tutti i<br />

prodotti necessari per fronteggiare la<br />

pandemia. Tutto ciò è stato possibile a<br />

fronte di cospicui investimenti sul fronte<br />

della sicurezza e della automazione e<br />

digitalizzazione dei processi.<br />

Tuttavia, l’integrazione delle tecnologie<br />

di supply chain management (IoT,<br />

blockchain ecc.) all’interno dei processi<br />

aziendali è fine a se stessa se non mira<br />

anche alla condivisione del dato con gli<br />

altri attori della supply chain, necessaria<br />

in un comparto come quello health<br />

dove le aziende intraprendono relazioni<br />

commerciali con un elevato <strong>numero</strong> di<br />

fornitori.<br />

Di pari passo con questa necessità<br />

sempre più marcata di digitalizzare le<br />

imprese per stare al passo con i mercati<br />

internazionali, le istituzioni europee<br />

hanno compiuto <strong>numero</strong>si sforzi<br />

regolatori per uniformare la normativa<br />

di settore dei singoli Stati membri e<br />

promuovere standard qualitativi più<br />

elevati. Si tratta di un processo in<br />

continua evoluzione che vede l’Italia<br />

scontare alcuni ritardi. Il mercato della<br />

supply chain farmaceutica italiana<br />

spesso non parla un linguaggio comune<br />

rispetto all’Europa: basti pensare al<br />

certificato GDP - Good distribution<br />

practice, la patente di qualità del<br />

distributore condivisa a livello Ema,<br />

a cui le aziende italiane si sono già<br />

conformate nonostante l’Italia da 10<br />

anni non abbia ancora formalmente<br />

recepito la Direttiva. Un ritardo che<br />

può comportare criticità nei rapporti<br />

commerciali tra le aziende italiane e<br />

quelle degli altri Stati.<br />

A questa prima criticità se ne aggiunge<br />

una seconda, tutta nostrana: le<br />

profonde differenze operative e<br />

amministrative esistenti tra le Regioni<br />

nell’ambito del Sistema sanitario<br />

nazionale.<br />

Emersa con prepotenza nella prima<br />

fase della pandemia per i differenti<br />

obblighi di comportamento tra le<br />

Regioni, la disomogeneità normativa e<br />

amministrativa nell’ambito della sanità<br />

regionale era una complessità ben nota<br />

ai distributori di prodotti della salute.<br />

Questi operatori si ritrovano a viaggiare<br />

tutti i giorni lungo i confini geografici<br />

e regolatori dei 20 sistemi sanitari<br />

esistenti per garantire il rifornimento<br />

continuo e sicuro di prodotti essenziali<br />

per il benessere della società.<br />

Queste criticità impattano<br />

sull’operatività delle aziende,<br />

aggravando i processi non solo in<br />

termini temporali ma anche di costo.<br />

Lo Stato può fare tanto per agevolare<br />

una transizione green e digitale non<br />

solo con investimenti mirati, ma<br />

anche con una burocrazia più snella<br />

e armonizzata a livello nazionale ed<br />

europeo.<br />

È proprio su questo tema che si<br />

confronteranno istituzioni e filiera health<br />

alla 58° Assemblea di ASSORAM,<br />

associazione nazionale che dal 1956<br />

rappresenta la distribuzione healthcare:<br />

“Distribuire salute: la logistica che<br />

abbatte le barriere” è in programma<br />

il 21 <strong>giugno</strong> <strong>2023</strong> presso la Sala<br />

Capranichetta dell’Hotel Nazionale di<br />

Roma. Dopo gli interventi istituzionali,<br />

associazioni di categoria ed esperti del<br />

settore si alterneranno in due panel.<br />

A confrontarsi sulle prossime sfide<br />

della filiera health con l’obiettivo di<br />

identificare ambiti di azione comune<br />

saranno il presidente ASSORAM<br />

Pierluigi Petrone, il presidente di<br />

Confindustria Dispositivi Medici,<br />

Massimiliano Boggetti, il vicedirettore<br />

generale di Farmindustria, Carlo<br />

Riccini, e il presidente di Federfarma,<br />

Marco Cossolo.<br />

A seguire, si svolgerà il panel “Le<br />

evoluzioni tecnologiche del comparto<br />

salute e benessere”, in cui esperti<br />

legati al mondo dell’innovazione<br />

racconteranno le attività e le<br />

competenze necessarie per governare<br />

i cambiamenti in atto: il vicepresidente<br />

ASSORAM Alfredo Sassi, il presidente<br />

di Federated Innovation @MIND<br />

Tommaso Boralevi, il partner dello<br />

Studio Legale Gianni & Origoni, avv.<br />

Massimo Sterpi, il partner dell’agenzia<br />

Spencer Stuart di executive search<br />

and leadership consulting, Gianluca<br />

Raisoni, il consigliere di Cosmetica<br />

Italia e presidente Gruppo Cosmetici in<br />

Farmacia, Luigi Corvi.<br />

Per informazioni sulla partecipazione è<br />

possibile contattare la segreteria:<br />

info@assoram.it<br />

80


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81


NUMERO 3 - GIUGNO <strong>2023</strong><br />

Casa editrice<br />

<strong>Making</strong><strong>Life</strong> Srl<br />

Piazza della Repubblica, 10<br />

20121 Milano MI<br />

Tel. 02 36525293<br />

Con il patrocinio di:<br />

Registrazione n.168 del 30/11/2020 presso il Tribunale di Milano<br />

Direttore responsabile Cristiana Bernini<br />

Coordinamento redazionale Simone Montonati | simone.montonati@makinglife.it<br />

Comitato scientifico<br />

Maurizio Battistini<br />

Valeria Brambilla<br />

Giacomo Matteo Bruno<br />

Carla Caramella<br />

Hellas Cena<br />

Bice Conti<br />

Gabriele Costantino<br />

Stefano Govoni<br />

Piero Iamartino<br />

Teresa Minero<br />

Maria Luisa Nolli<br />

Giuseppe Recchia<br />

Art Director Simone Abbatini<br />

Illustrazioni di Mario Addis<br />

Hanno collaborato<br />

Alberto Bobadilla<br />

Elena Botti<br />

Claudia Caterina Corsaro<br />

Gabriele Costantino<br />

Giulio Divo<br />

Valentina Guidi<br />

Sara Lauriola<br />

Caterina Lucchini<br />

Maria Maggiolino<br />

Antonio Maturo<br />

Simone Montonati<br />

Giovanni Siri<br />

Monica Torriani<br />

Le aziende che ci sostengono<br />

Aluberg SpA, MC<br />

Bruno Wolhfarth Srl, pag.62, MC<br />

Clariscience Srl, MC<br />

Co.Ra.Srl, pag.61, MC<br />

Defil Srl, MC<br />

De Lama SpA, MC<br />

DOC Srl, pag.25<br />

Dos&donts Srl, pag.84, MC<br />

Dott. Bonapace & C. Srl, MC<br />

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Elis Italia Spa, MC<br />

Ellab A/S, p.47, MC<br />

Execo Srl, p. 3<br />

Gammatom Srl, pag.23, MC<br />

Gattefossé SaS, pag. 37<br />

Giusto Faravelli SpA, pag.68, MC<br />

IMA SpA, pag.29<br />

Inge SpA, pag.51, MC<br />

Indena SpA, pag. 81<br />

JSB Solutions Srl, pag.2<br />

<strong>Life</strong>Bee Srl, MC<br />

Lipoid Gmbh, MC<br />

m-Squared Consulting Srl,MC<br />

Marchesini, MC<br />

Novinox Srl, pag. 83, MC<br />

Olon SpA, MC<br />

Pha.se Srl, p.15<br />

Pilot Italia SpA, pag.49, MC<br />

Pharma Quality Europe Srl, p.57, MC<br />

Pipeline Srl, MC<br />

PVS Srl, p.45, MC<br />

SEA Vision Srl, MC<br />

S4S Srl, pag. 63, MC<br />

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Responsabile commerciale<br />

Matelda Rucci | matelda.rucci@makinglife,it<br />

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autorizzazione della Casa Editrice. I manoscritti e le illustrazioni inviati alla redazione non saranno restituiti, anche se non pubblicati e la Casa Editrice non<br />

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articoli pubblicati o di errori in cui fosse incorsa nella loro riproduzione sulla rivista.


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