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Makinglife n.4 2023

Nell'ottica dell'economia circolare, il semplice recupero e riutilizzo dei prodotti non è più sufficiente. È fondamentale ricavare dagli scarti e dai sottoprodotti il massimo valore possibile. Ad esempio valorizzando i composti bioattivi contenuti negli scarti agroalimentari per produrre sostanze attive da utilizzare per la nutraceutica, la cosmesi e l’industria alimentare.

Nell'ottica dell'economia circolare, il semplice recupero e riutilizzo dei prodotti non è più sufficiente. È fondamentale ricavare dagli scarti e dai sottoprodotti il massimo valore possibile. Ad esempio valorizzando i composti bioattivi contenuti negli scarti agroalimentari per produrre sostanze attive da utilizzare per la nutraceutica, la cosmesi e l’industria alimentare.

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makinglife | settembre <strong>2023</strong> | numero quattro<br />

CIRCULAR HEALTH<br />

PharmaFuture & Health


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è la community dell’innovazione<br />

nell’healthcare<br />

e ne governa il cambiamento


INDICE<br />

Pharma Novel<br />

Commenti<br />

Insafe & Co.<br />

Il tesoro nascosto<br />

01 02 03<br />

8 Il cerchio perfetto 12<br />

Un’occasione di<br />

crescita<br />

Perché dobbiamo<br />

puntare sul wellness<br />

14<br />

16<br />

Onfoods, il modello<br />

alimentare del futuro<br />

Sostenibilità ed etica a<br />

sostegno della qualità<br />

Foodomica per le<br />

imprese<br />

18<br />

22<br />

26<br />

Circolare fino in fondo<br />

29<br />

4


makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />

Scienza circolare<br />

Novel Food<br />

Scenario integratori<br />

04 05 07<br />

Legal & Pharmatelling<br />

Bioeconomia<br />

La seconda vita del<br />

siero del latte<br />

Vescicole extracellulari<br />

dalle mele<br />

Entomoterapia<br />

30<br />

34<br />

36<br />

38<br />

Nutrizione<br />

personalizzata<br />

Safety first<br />

Siamo ciò che<br />

mangiamo<br />

La sostenibilità<br />

agroalimentare<br />

è un mito?<br />

42<br />

46<br />

50<br />

54<br />

06<br />

Italia regina del<br />

mercato<br />

Nodi da sciogliere<br />

La lunga strada verso<br />

l’armonizzazione<br />

europea<br />

58<br />

61<br />

62<br />

Revisione della<br />

legislazione<br />

farmaceutica<br />

Requisiti normativi<br />

per ingredienti di<br />

origine vegetale per gli<br />

integratori<br />

Strategie contro l’AMR<br />

66<br />

68<br />

80<br />

5


“<br />

Quotes<br />

& Data<br />

“<br />

SE DESIDERIAMO IMPLEMENTARE IL CONCETTO<br />

DI ECONOMIA CIRCOLARE A UN PRODOTTO<br />

OCCORRE PROGETTARE FIN DALL’INIZIO UN<br />

IMPIEGO DELLA MATERIA DI SCARTO CHE NE<br />

CONSENTA NON SOLO IL RIUSO, MA ANCHE UN<br />

INCREMENTO DI VALORE<br />

Gabriele Costantino<br />

a pag.14<br />

Abbiamo aggiunto anni alla vita, dobbiamo<br />

ora aggiungere salute agli anni guadagnati<br />

Antonio Maturo<br />

a pag.16<br />

Per realizzare un<br />

prodotto sicuro<br />

è necessario<br />

conoscere non solo le<br />

normative ma anche<br />

i criteri specifici di<br />

qualità che regolano<br />

i prodotti di origine<br />

botanica<br />

Ernesto Marco Martinelli<br />

a pag. 68<br />

6<br />

Onfoods coinvolge 26 organizzazioni<br />

di eccellenza sia pubbliche che<br />

private, quasi 350 ricercatori e<br />

gestisce un finanziamento da<br />

114 milioni di euro<br />

Daniele Del Rio<br />

a pag.18<br />

Ci si può trovare di fronte al paradosso<br />

di valorizzare gli scarti dell’industria<br />

agroalimentare impiegando processi<br />

ben poco ecologici per l’estrazione<br />

delle molecole funzionali<br />

Massimo Campone<br />

a pag. 29


makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />

Con le materie<br />

prime di origine<br />

naturale la<br />

standardizzazione<br />

diventa difficile<br />

perché la resa del<br />

processo non è<br />

sempre la stessa,<br />

neanche a parità<br />

di metodo e<br />

condizioni<br />

Massimo Labra<br />

a pag.26<br />

Le soglie di<br />

assunzione<br />

considerate sicure<br />

per vitamine<br />

e minerali che<br />

possono essere<br />

utilizzati negli<br />

integratori, variano a<br />

seconda degli Stati<br />

membri<br />

Alberto Bobadilla<br />

a pag.62<br />

Prevedo che nel prossimo futuro prenderà<br />

sempre più piede l’uso degli integratori come<br />

modo per raggiungere salute e benessere –<br />

anche quando la dieta non è sufficiente<br />

Paola Minghetti<br />

a pag.46<br />

4 miliardi di euro<br />

Fatturato del mercato degli integratori<br />

26%<br />

Quota del mercato europeo detenuta dall’Italia<br />

2,7 miliardi<br />

Fatturato della Germania (seconda in Europa)<br />

5 milioni<br />

Decessi causati globalmente dall’eccesso di peso<br />

40 milioni<br />

Anni vissuti con disabilità per il sovrappeso<br />

3,5% del Pil mondiale<br />

Costi legati ai disordini alimentari<br />

Riguardo ai peptidi bioattivi, solo un’esigua<br />

percentuale di ricerche è stata realizzata nell’uomo<br />

con pochi studi di lunga durata<br />

Arrigo Cicero<br />

a pag.50<br />

Negli ultimi dieci anni il prezzo di un hamburger coltivato<br />

in vitro è passato da 250mila a circa 10 dollari<br />

Marco Annoni<br />

a pag.54<br />

7


PHARMA<br />

NOVEL<br />

Mario Addis


makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />

9


10


makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />

11


Il cerchio perfetto<br />

della Magna Grecia<br />

ci guida al futuro<br />

Paolo Pegoraro<br />

12<br />

Il cerchio ha sempre avuto<br />

un significato particolare. Fin<br />

dai tempi più remoti della<br />

cultura umana il cerchio è il<br />

simbolo della perfezione divina<br />

in quanto privo di un inizio<br />

e di una fine: ancora oggi il<br />

cerchio – benché ormai privo di<br />

particolari significati spirituali<br />

– è comunque una forma<br />

geometrica che trasmette<br />

sicurezza, dinamismo,<br />

dominio e centralità. Quella<br />

del cerchio è una dimensione<br />

democratica perché in qualche<br />

modo è una forma geometrica<br />

partecipativa: ricorsività e<br />

circolarità definiscono in<br />

profondità le dinamiche<br />

vitali dell’organizzazione del<br />

vivente. Diversità, complessità,<br />

organizzazione in particolare<br />

costituiscono le dimensioni<br />

cardinali di un ciclo necessario<br />

e virtuoso, grazie al quale<br />

qualsiasi organismo è in<br />

grado contemporaneamente<br />

di conservarsi e di poter<br />

cambiare.<br />

Ed eccoci al cambiamento: è<br />

proprio di questo che vorrei<br />

parlare. Vorrei parlare del<br />

necessario cambiamento una<br />

società che inizia seriamente a<br />

rendersi conto di dover mettere<br />

in atto una strategia globale<br />

di crescita (se crescita ha da<br />

essere) green e sostenibile, che<br />

tenga conto della convergenza<br />

e delle profonde connessioni<br />

tra salute di uomo, animali e<br />

ambiente, in un unicum che<br />

oggi si definisce One Health: un<br />

approccio integrato e unificante<br />

che affronta – insieme – la<br />

necessità comune di acqua<br />

pulita, energia e aria, alimenti<br />

sicuri e nutrienti, contrastando<br />

il cambiamento climatico e<br />

contribuendo allo sviluppo<br />

sostenibile. Ma qualsiasi logica<br />

ecologica che si rispetti deve<br />

tener presente il continuo<br />

rimandarsi tra diversi livelli<br />

dell’organizzazione della<br />

vita organica: ricorsività e<br />

circolarità, in altri termini,<br />

definiscono le dinamiche della<br />

vita e quelle di una società<br />

che inizia a pensarsi come<br />

organizzata ecologicamente.<br />

E proprio il cerchio e la<br />

circolarità sono i significanti<br />

geometrici di una nuova forma<br />

di sviluppo, a partire da quella<br />

più basilare, la nutrizione,<br />

che deve necessariamente<br />

diventare sostenibile e<br />

sicura. Del resto non a caso è<br />

tramontata tra i nutrizionisti la<br />

forma spigolosa della piramide<br />

alimentare a favore ancora<br />

una volta di un cerchio, anzi<br />

di un piatto, diviso in quattro<br />

parti non identiche: una per<br />

la frutta, una per i cereali,<br />

l’ultima per i cibi proteici. La<br />

nuova forma ha il vantaggio di<br />

semplificare la comunicazione,<br />

proponendo un’immagine a<br />

sole due dimensioni. Ma c’è<br />

anche un’esplicita componente<br />

simbolica: il cerchio,<br />

richiamando la forma del piatto,<br />

evoca direttamente il gesto di<br />

mangiare. Un gesto tondo ed<br />

egualitario, noto a tutti i popoli<br />

e a ogni cultura. Aggiungerei<br />

che la piramide è sempre stata<br />

nella storia un simbolo della<br />

differenza e delle gerarchie<br />

sociali: il cerchio invece è in<br />

assoluto la forma più paritaria<br />

che la geometria ci abbia<br />

regalato. Anche per questo ci<br />

piace pensare al cibo in forma<br />

rotonda.<br />

Ed eccoci ora a una circolarità<br />

d’importanza fondamentale:<br />

oggi si parla molto di economia<br />

circolare, il che significa<br />

– semplificando giusto un


makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />

po’ – che il ciclo di vita di un<br />

prodotto dev’essere esteso<br />

rispetto all’utilizzo per il quale<br />

il prodotto stesso è stato<br />

progettato e che i materiali<br />

dei quali è composto devono<br />

essere reimmessi nel ciclo<br />

produttivo, sia per ridurre i<br />

rifiuti sia per aumentarne il<br />

valore. Nulla si crea e nulla si<br />

distrugge, tutto si trasforma.<br />

Noi stessi ci decomporremo<br />

in atomi di azoto che si<br />

comporranno con l’idrogeno,<br />

l’ossigeno e il carbonio per dare<br />

luogo a nuove forme di vita.<br />

Forse più interessanti e migliori<br />

di noi.<br />

Ed è per una serie di<br />

circostanze in parte casuali,<br />

in parte determinate dalla<br />

vicinanza di importanti<br />

Accademie che abbiamo<br />

scelto Paestum come sede<br />

della prima manifestazione<br />

di filiera agroalimentare: ma<br />

proprio a Paestum, cuore<br />

della Magna Grecia, visse<br />

il filosofo Parmenide, che<br />

invitava i suoi discepoli a<br />

conoscere la “rotonda verità”<br />

(ed ecco ancora il cerchio!).<br />

Questo strano destino che<br />

ci ha portato alla scelta di<br />

Paestum, per una casualità<br />

che forse non è così casuale,<br />

si unisce a vecchi ricordi<br />

liceali: l’essere non cambia,<br />

cambia solo la sua apparenza.<br />

Parmenide di Paestum<br />

ci invita a lasciar perdere<br />

tutti gli attributi secondari<br />

(particolarità, conformazione)<br />

e a concentrarci sull’essere,<br />

che non può non essere. In<br />

questo senso Parmenide non<br />

crede troppo al cambiamento,<br />

perché alla fine il cambiamento<br />

non è altro che uno stato<br />

dell’essere. Ed ecco che gli<br />

scarti della nostra agricoltura<br />

restano ben esistenti in vita<br />

se trattati secondo logiche del<br />

tutto umane, scientifiche e –<br />

diciamolo – anche un pochino<br />

commerciali (ma i Greci non<br />

erano forse grandi mercanti?). Il<br />

mio amico Umberto Galimberti,<br />

che in quanto uomo e filosofo<br />

si vanta di essere un greco<br />

contemporaneo, sarà molto<br />

contento di sapere che nello<br />

splendore apollineo della<br />

Magna Grecia la tecnologia<br />

si sposa con l’agricoltura e il<br />

pensiero dell’uomo recupera<br />

l’essenza stessa della vita,<br />

che vuole srotolarsi in un<br />

continuum felice senza piegarsi<br />

in angoli o a logiche estranee<br />

alla sua natura ciclica e fluente.<br />

Per questo è con orgoglio<br />

greco che dico ora che proprio<br />

a Paestum inizierà a farsi<br />

concreto uno degli obiettivi<br />

del Pnrr, quello dello sviluppo<br />

di una filiera agroalimentare<br />

sostenibile e sicura, nel segno<br />

del recupero di prodotti<br />

o molecole ad alto valore<br />

aggiunto e della reintroduzione<br />

nel contesto di alimenti<br />

e integratori. A Paestum,<br />

INSAFE contribuirà in modo<br />

efficace alla disseminazione di<br />

progetti che nascono in seno<br />

al piano: questo è importante<br />

per il tessuto produttivo e<br />

per la filiera, ma al termine<br />

della filiera (anzi non proprio<br />

al termine, ma in un punto<br />

qualsiasi del cerchio) c’è il<br />

consumatore, sempre più<br />

attento alla qualità delle<br />

scelte per la propria salute e<br />

– mi auguro – per la salute del<br />

Pianeta.<br />

Ed è proprio del Pianeta<br />

a occuparsi Onfoods,<br />

la Fondazione nata<br />

recentemente a Parma per<br />

impegnarsi concretamente<br />

– in modo inevitabilmente e<br />

necessariamente ambizioso – in<br />

progetti che disegnano il futuro<br />

della comunità e della filiera<br />

agrolimentrare attraverso un<br />

nuovo modello di alimentazione<br />

sostenibile. Il raggiungimento<br />

di quest’obiettivo sarà possibile<br />

grazie a una nuova e inedita<br />

forma di collaborazione<br />

tra numerosissime realtà<br />

impegnate nel settore della<br />

nutrizione: prestigiosi istituti<br />

universitari di ricerca del<br />

nostro paese sono affiancati<br />

e sostenuti da importanti<br />

aziende e cooperative<br />

nazionali. Onfoods si inserisce<br />

all’interno di uno dei quattordici<br />

partenariati previsti dal Pnrr,<br />

nell’area tematica “modelli per<br />

un’alimentazione sostenibile”.<br />

E proprio attraverso un nuovo<br />

modello di alimentazione<br />

sostenibile Onfoods si impegna<br />

a generare un impatto tangibile<br />

sul benessere e sulla salute<br />

delle persone, contribuendo<br />

a garantire l’accesso a una<br />

nutrizione adeguata a tutti e a<br />

preservare – come dicevo – il<br />

Pianeta.<br />

L’evento di Paestum<br />

concorrerà a questa specie<br />

di mission impossible che<br />

ci troviamo – noi tutti, tutti<br />

coloro che oggi per puro caso<br />

sono contemporaneamente<br />

abitatori del pianeta Terra – a<br />

combattere? Per parte mia mi<br />

auguro che lo sforzo congiunto<br />

nostro e di tutti i partner che<br />

ci accompagnano al varo<br />

di questa nuova impresa<br />

rappresenti nel concreto un po’<br />

più che una goccia nel mare<br />

e che questo sforzo possa<br />

almeno provocare l’inizio –<br />

questo sì – di una spinta che<br />

non si arresterà.<br />

13


14<br />

INNOVAZIONE E<br />

SOSTENIBILITÀ NEL SISTEMA<br />

AGROALIMENTARE<br />

UN’OCCASIONE DI CRESCITA<br />

E PARTENARIATO<br />

Gabriele Costantino<br />

Dipartimento di Scienze degli Alimenti e del Farmaco<br />

Università di Parma<br />

gabriele.costantino@unipr.it<br />

Le strategie di specializzazione intelligente<br />

che gli Stati e poi le Regioni e le comunità<br />

implementano nell’accompagnare il settennato<br />

di Horizon Europe presentano il termine<br />

“economia circolare” quale pilastro fondante.<br />

Economia circolare è un’espressione che<br />

definisce un modello di produzione e di<br />

sviluppo basato sull’idea che il ciclo di vita<br />

di un “prodotto” debba essere esteso rispetto<br />

all’uso per il quale il prodotto stesso è stato<br />

originariamente progettato e che i materiali<br />

di cui è composto siano reimmessi nel ciclo<br />

produttivo, con la duplice funzione di ridurre i<br />

rifiuti (che – ancor oggi – vengono largamente<br />

combusti, producendo anidride carbonica) e di<br />

aumentarne il valore.<br />

Se letta nella sua accezione più<br />

ampia, questa definizione suggerisce<br />

comportamenti collettivi, ad esempio<br />

il diritto alla riparazione degli oggetti<br />

e al dovere del riciclo dei rifiuti<br />

domestici o industriali. Ma nella<br />

sua implementazione più puntuale<br />

rappresenta un modello di sviluppo<br />

economico e industriale in cui la<br />

progettazione iniziale del prodotto<br />

deve comprendere la sua possibilità<br />

di riutilizzo o di trasformazione.<br />

I termini “riutilizzo” e<br />

“trasformazione” racchiudono un<br />

concetto importante, che possiamo<br />

semplificare come l’abilità a<br />

prevedere funzioni innovative e<br />

non scontate per le componenti del<br />

prodotto rispetto a quella originale e<br />

principale del prodotto che formano.<br />

Pensiamo a uno dei casi più semplici,<br />

la produzione di un prodotto<br />

alimentare primario. Supponiamo<br />

si desideri produrre dei “cuori di<br />

carciofo”. La progettazione del<br />

prodotto prevederà la scelta del<br />

terreno per la coltivazione della<br />

pianta, la cura durante la crescita,<br />

un meccanismo di raccolta e di<br />

preparazione efficiente dei “cuori”, un<br />

packaging economico e funzionale.<br />

Una volta finalizzato il prodotto,<br />

rimarrà una certa quantità di scarto<br />

in campo e nello stabilimento di<br />

produzione. Anzi, in termini di<br />

quantità di materia, lo scarto – nel<br />

caso scelto come esempio – sarà<br />

nettamente predominante rispetto<br />

al prodotto commercializzato.<br />

Se desideriamo implementare il<br />

concetto di economica circolare in<br />

questo esempio, occorre prevedere<br />

– progettare – un impiego della<br />

materia di scarto che ne consenta<br />

non solo il riuso (ad esempio come<br />

compostaggio) ma addirittura un<br />

incremento di valore.<br />

Non solo funzionale, ma addirittura<br />

cruciale per una corretta<br />

applicazione del modello nei<br />

processi di sviluppo industriale è la<br />

capacità di generare innovazione.<br />

L’aumento di valore e la riduzione


makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />

dello scarto richiede scelte non ovvie<br />

e contaminazione tra competenze e<br />

obiettivi non comuni.<br />

Il mondo delle produzioni agricole<br />

e animali e della trasformazione<br />

primaria rappresenta un esempio<br />

particolarmente istruttivo di dove il<br />

paradigma dell’economia circolare<br />

può uscire dalla lista degli enunciati<br />

politici e diventare reale modello di<br />

sviluppo. L’obiettivo di trasformare<br />

prodotti (o ancora meglio gli scarti<br />

della loro produzione) a bassissimo<br />

valore aggiunto, se non quando<br />

addirittura commodity, in prodotti a<br />

elevato contenuto tecnologico è una<br />

sfida che richiede – tra le altre cose<br />

– contaminazione e innovazione.<br />

Innovazione, perché la creazione<br />

(o l’emersione) di valore richiede<br />

capacità di sviluppo tecnologico e<br />

trasferimento rapido di conoscenze<br />

scientifiche. Contaminazione perché,<br />

per definizione, il trasferimento<br />

tecnologico, dai saperi ai prodotti,<br />

richiede preliminarmente il<br />

trasferimento di conoscenza e di<br />

obiettivi tra i vari attori che possono<br />

intervenire nel processo.<br />

Per rispondere a questa esigenza<br />

e fornire al sistema produttivo<br />

italiano strumenti di innovazione,<br />

<strong>Makinglife</strong> organizza, il 20-21 ottobre<br />

a Paestum (SA), la prima edizione<br />

di INSAFE<br />

(Innovation for Vai al sito<br />

sustainability INSAFE<br />

in food system<br />

and economy),<br />

un evento<br />

scientificoespositivo<br />

che<br />

intende mettere<br />

assieme – per<br />

la prima volta<br />

in Italia in maniera strutturata – tutti<br />

gli attori della filiera dell’innovazione<br />

con l’obiettivo di offrire occasioni di<br />

partnership, conoscenza di prodotti e<br />

servizi, opportunità di finanziamento<br />

e incentivo all’innovazione.<br />

INSAFE intende offrire un’occasione<br />

di incontro tra produttori e<br />

trasformatori primari (che hanno<br />

interesse ad adottare modelli di<br />

circolarità per la riduzione dello<br />

scarto e la creazione di valore),<br />

spinoff e startup innovative (che<br />

possiedono know-how tecnologico),<br />

imprese (che hanno interesse a<br />

trasferire nella propria offerta di<br />

mercato il risultato dell’innovazione)<br />

e in ultimo, ma non meno<br />

importante, rappresentanti dei centri<br />

di eccellenza e dei partenariati estesi<br />

coinvolti nella gestione dei fondi<br />

Pnrr per la Missione 4 “Istruzione<br />

e ricerca” e la Componente 2 “Dalla<br />

ricerca all’impresa”.<br />

La spinta all’innovazione, promossa<br />

anche dai finanziamenti Pnrr, passa<br />

attraverso la condivisione di obiettivi<br />

di medio-lungo termine e necessita<br />

di una costante spinta bottom-up<br />

da parte del sistema produttivo per<br />

identificare gli ambiti e le modalità<br />

di intervento. Il risultato prevedibile<br />

sarà, tra gli altri, lo spostamento in<br />

avanti della ricerca pre-competitiva,<br />

di quella serie di conoscenze<br />

diffuse e accessibili cioè, su cui poi<br />

innestare lo sviluppo proprietario e<br />

competitivo di ogni singola azienda<br />

o attore. Per questo motivo eventi<br />

scientifico-espositivi quali quello che<br />

si terrà a Paestum rappresentano<br />

un primo punto d’incontro fisico<br />

tra produttori, trasformatori e<br />

innovatori cui far seguire una fase<br />

di progettazione di prodotto basato<br />

su partnership nuove, su accesso<br />

a programmi di finanziamento<br />

strutturati e altrimenti difficilmente<br />

accessibili alla maggioranza del<br />

tessuto industriale e produttivo del<br />

Paese.<br />

In questo numero di MakingLife<br />

PharmaFuture & Health sono<br />

presentate le principali tematiche<br />

scientifico-tecnologiche che<br />

verranno coperte durante l’evento<br />

INSAFE, con le occasioni di<br />

confronto e di ricerca di partenariato<br />

per industrie, spinoff e startup,<br />

produttori e trasformatori primari.<br />

15


Perché dobbiamo<br />

puntare su<br />

wellness e bellezza<br />

(non discriminatoria)<br />

Antonio Maturo<br />

Professore di Sociologia della Salute<br />

Università di Bologna, Campus della Romagna<br />

Diciamo la verità: se pensiamo ai prodotti per il benessere (integratori,<br />

nutraceutici e cosmeceutici) ci viene in mente qualcosa di<br />

superfluo e lussuoso, qualcosa per la cosiddetta “upper class”. Il<br />

miglioramento di sé, la bellezza, l’essere più che in forma sono cose<br />

che vengono dopo i bisogni fondamentali di salute. Forse però questa<br />

associazione mentale non è del tutto vera e, nei fatti, contempla<br />

delle eccezioni. Molte eccezioni.<br />

Partiamo dall’idea/concetto di wellness, ovvero quell’insieme di attività,<br />

legate alla promozione della salute, riassumibile in “stili di vita<br />

sani” rispetto ad attività fisica, alimentazione, benessere emotivo,<br />

astensione da comportamenti dannosi come il bere eccessivo e il<br />

tabagismo.<br />

Il wellness è oggi un sistema economico solido . Il turismo wellness,<br />

quello legato a eventi sportivi o comunque connessi all’attività fisica,<br />

è in forte crescita. La ricerca di cibi sani e addirittura a km 0 è<br />

ormai divenuta una tendenza consolidata. Sono milioni le persone<br />

che tutti i giorni calzano le scarpette per fare una corsa o inforcano<br />

la loro bicicletta sportiva per una scampagnata di gruppo. Il wellness<br />

è quindi un fenomeno sociale ampio e diffuso. È una moda,<br />

se vogliamo banalizzare, ma è anche un’esigenza per il nostro sistema<br />

di welfare.<br />

Il wellness è propedeutico al welfare. Puntare sul wellness significa<br />

fare prevenzione. E oggi in una società a invecchiamento crescente,<br />

dove oltre tre milioni di persone hanno ricevuto una diagnosi di<br />

cancro, oltre un milione e trecentomila persone hanno l’Alzheimer<br />

o un’altra forma di demenza, e comunque oltre 12 milioni di persone<br />

convivono con almeno due patologie croniche, la spesa sanitaria<br />

sarà presto insostenibile. Si pensi che negli Stati Uniti la spesa<br />

sanitaria è oggi il 20% del prodotto interno lordo. Specialmente in<br />

Italia, la longevità è stata raggiunta; tuttavia è necessario ridurre gli<br />

anni vissuti in disabilità. Detto con uno slogan: dalla crescita del life<br />

span all’aumento dell’health span. Abbiamo aggiunto anni alla vita,<br />

dobbiamo ora aggiungere salute agli anni (guadagnati).<br />

Fare prevenzione non è semplice. La prevenzione non riguarda solo<br />

l’accrescimento della competenza sanitaria delle persone. Questa<br />

è l’idea alla base del modello psicologico del deficit informativo.<br />

Oggi sappiamo tutti che fumare fa male, non abbiamo bisogno di<br />

sentircelo ripetere. Questo sapere deve essere tramutato in azione.<br />

Negli Stati Uniti il wellness, ovvero la mentalità wellness, l’essere<br />

una persona “wellness”, è legato all’idea di bellezza. Essere sani è<br />

bello. È vincente. È pulito. Tuttavia, non sempre è possibile scegliere<br />

di essere in salute. Per molti è davvero difficile, per motivi economici,<br />

stare lontani dal cibo spazzatura, ad esempio. Lo Stato ha<br />

quindi il dovere di agevolare le scelte sane, anche per chi non può<br />

permettersele. E tutti hanno un piccolo dovere morale di cercare di<br />

rimanere in salute e di volere bene a se stessi.<br />

Ma in questo contesto come si inseriscono i prodotti come integratori,<br />

nutraceutici e cosmeceutici? Questi prodotti hanno un’aura<br />

16


makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />

medica e quindi curativa/preventiva. Inoltre, l’aspetto medico è una<br />

caratteristica che aumenta la loro affidabilità. La biomedicina è un<br />

sistema sociale in cui abbiamo fiducia perché poggia sulla scienza.<br />

Il loro utilizzo può essere visto come collegato al wellness in termini<br />

di “nudging”. Il nudge è la “spinta gentile”, ovvero un piccolo stimolo<br />

a compiere un’azione che forse altrimenti non sarebbe stata realizzata<br />

perché un po’ faticosa. I prodotti per il benessere possono<br />

stimolare attitudini e comportamenti salutari perché “apparecchiano”<br />

un contesto sano e pulito. Ci fanno entrare in una provincia di<br />

significato “pulita”, una subcultura di stili di vita sani, che a sua volta<br />

agevola delle scelte sane. Del resto non è proprio facile immaginare<br />

che uno si beva gli integratori mentre mangia un hamburger di una<br />

catena. O che uno si accenda una sigaretta dopo qualche prodotto<br />

nutraceutico. Si tratta di abbinamenti che stridono proprio perché<br />

non appaiono in armonia con una certa mentalità.<br />

Ora, si potrebbe obiettare: ma i prodotti per il benessere li utilizzano<br />

le persone che sono molto attente alla loro salute e quindi non<br />

raggiungono e non producono effetti in chi ne avrebbe un maggior<br />

bisogno. Questo è vero. Ma non è infondato pensare che, se vi fosse<br />

una loro maggiore diffusione e qualcuno un po’ malsano cominciasse<br />

a utilizzarli, essi possano agire da “trigger”, da attivatore di<br />

comportamenti sani. Del resto c’è chi ha smesso di fumare dopo<br />

una pulizia ai denti.<br />

Il mercato dei prodotti per il benessere deve quindi intercettare e<br />

inserirsi nella impetuosa crescita della mentalità wellness. Vi sono<br />

numerosi segnali che indicano come l’essere in salute sia anche<br />

segno di bellezza e attrazione. Nei campus americani, luoghi dove<br />

nascono molte tendenze, studenti e studentesse sono sempre in<br />

tuta e gli impianti sportivi sono aperti 24/7. Alcuni docenti sembrano<br />

dei semiculturisti, le docenti sembrano modelle. Il docente<br />

geniale e decadente che fuma e beve vino rosso a pranzo mentre<br />

sottolinea con una matita sbeccata un libro consunto si è estinto<br />

(ahimè). Al suo posto, studiosi/e con il viso riposato che spiluccano<br />

poke mentre prendono appunti sul tablet.<br />

C’è una controindicazione a voler instaurare un tale regime salutista?<br />

Sì. Chiaramente c’è il rischio dello stigma verso le persone<br />

che non sono magre, sane e performanti. È necessario quindi che<br />

si lavori sulla bellezza dell’essere in salute, “così come si è”. Già ci<br />

sono troppe persone, per lo più ragazze, che soffrono di disturbi alimentari.<br />

E nella dimensione digitale sono innumerevoli gli episodi<br />

di body shaming. È moralmente necessario che la comunicazione<br />

commerciale sui prodotti per la bellezza e il benessere abbia un<br />

tratto etico non discriminatorio, che non si propongano ideali irraggiungibili<br />

e che si accetti lo stare bene così come ognuno se lo<br />

sente.<br />

Certo, questo non è proprio il modo in cui funziona la pubblicità ma<br />

forse, per una volta, inclusivo potrebbe fare rima con remunerativo…<br />

17


ONFOODS<br />

Verso il modello<br />

alimentare<br />

del futuro<br />

Simone Montonati<br />

La nuova fondazione, che rappresenta<br />

uno dei partenariati identificati dal Mur<br />

nell’ambito del Pnrr, ha come obiettivo<br />

specifico lo sviluppo di una filiera<br />

agroalimentare sostenibile e sicura.<br />

Ma anche il potenziamento strutturale del<br />

sistema nazionale di ricerca<br />

Daniele Del Rio, professore ordinario di Nutrizione umana<br />

all’Università di Parma e coordinatore del progetto Onfoods<br />

Mettendo a disposizione<br />

una dotazione di oltre 1,6<br />

miliardi, il Piano nazionale<br />

di ripresa e resilienza<br />

(Pnrr) finanzierà anche la<br />

ricerca base attraverso<br />

14 partenariati estesi che<br />

comprendono università,<br />

centri di ricerca e aziende.<br />

Seguendo i precetti del<br />

Piano, l’obiettivo non<br />

è solo il rilancio del<br />

sistema italiano di ricerca<br />

(ripresa) ma anche il suo<br />

rafforzamento strutturale<br />

in un’ottica di lungo<br />

periodo (resilienza).<br />

Ulteriore, apprezzabile<br />

caratteristica, il programma<br />

non distribuisce fondi a<br />

pioggia ma indica i filoni sui<br />

quali si deve concentrare<br />

la ricerca, sulla falsa riga<br />

dell’approccio seguito dalla<br />

Commissione europea<br />

con i suoi programmi<br />

di finanziamento come<br />

Horizon Europe. Tra le<br />

tematiche indicate dal<br />

ministero dell’Università<br />

e della ricerca c’è anche<br />

lo sviluppo di modelli<br />

per un’alimentazione<br />

sostenibile, area nella<br />

quale è stato premiato il<br />

progetto della fondazione<br />

Onfoods, coordinata<br />

dall’Università di Parma e<br />

costituita da un partenariato<br />

di 26 realtà impegnate<br />

nel settore alimenti e<br />

nutrizione. Insieme a istituti<br />

universitari e di ricerca<br />

sono coinvolte anche realtà<br />

18


makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />

private come Barilla, De’<br />

Longhi, Tecnoalimenti e<br />

Confcooperative. “Con i<br />

Partenariati – afferma il<br />

sito del Miur – continua<br />

l’inclusione tra pubblico e<br />

privato anche nell’area della<br />

ricerca fondamentale”.<br />

La Fondazione lavorerà per<br />

raggiungere sei obiettivi<br />

strategici in linea con<br />

Pnrr, Horizon Europe (il<br />

programma di ricerca<br />

UE) e l’Agenda 2030<br />

delle Nazioni Unite per<br />

lo Sviluppo Sostenibile<br />

(SDGs) operando su sette<br />

direttrici strategiche (gli<br />

“spoke”) che copriranno i<br />

temi di sostenibilità globale,<br />

sistema alimentare e di<br />

distribuzione intelligente<br />

e circolare, sicurezza<br />

alimentare di alimenti<br />

tradizionali e novel food,<br />

qualità degli alimenti e<br />

nutrizione, nutrizione<br />

permanente, lotta alla<br />

malnutrizione e politiche,<br />

comportamenti ed<br />

educazione.<br />

Un progetto con obiettivi<br />

ambiziosi e di elevata<br />

complessità, come ci spiega<br />

Daniele Del Rio, professore<br />

ordinario di Nutrizione<br />

umana all’Università di<br />

Parma e coordinatore del<br />

progetto Onfoods.<br />

«Sì, il progetto presenta<br />

un elevato grado di<br />

complessità e non potrebbe<br />

essere altrimenti, anche<br />

perché l’obiettivo del<br />

ministero dell’Università<br />

e della ricerca per il Pnrr<br />

è stato quello di mettere a<br />

sistema il maggior numero<br />

possibile di competenze di<br />

alto livello sulle specifiche<br />

“<br />

L’obiettivo<br />

più ampio è<br />

rafforzare<br />

le filiere della<br />

ricerca nazionale<br />

promuovendone<br />

la partecipazione<br />

alle catene di<br />

valore strategiche<br />

europee e globali<br />

tematiche. Onfoods, ad<br />

esempio, coinvolge 26<br />

organizzazioni di eccellenza<br />

sia pubbliche che private,<br />

quasi 350 ricercatori e deve<br />

gestire un finanziamento<br />

da 114 milioni di euro. La<br />

sfida per noi è quella di<br />

riuscire a coordinare tutte<br />

queste realtà con il maggior<br />

equilibrio possibile tra i<br />

diversi punti di vista in modo<br />

da perseguire nel migliore<br />

dei modi gli obiettivi di<br />

sostenibilità e sicurezza<br />

della filiera alimentare che<br />

ci siamo prefissati».<br />

Oltre alle finalità di<br />

sostenibilità della filiera<br />

agroalimentare, di per sé<br />

già abbastanza ambiziose,<br />

ci sono anche aspettative<br />

sul rafforzamento della<br />

rete nazionale di ricerca.<br />

È importante sottolineare<br />

che esiste anche un<br />

obiettivo più generale di<br />

questi partenariati: per dirla<br />

con le parole del ministero,<br />

si tratta di “rafforzare le<br />

filiere della ricerca a livello<br />

nazionale e promuovere<br />

la loro partecipazione alle<br />

catene di valore strategiche<br />

europee e globali”.<br />

È un obiettivo strategico<br />

fondamentale per il nostro<br />

Paese, che mira a rafforzare<br />

la capacità di ricerca<br />

nazionale su specifiche<br />

tematiche anche sul lungo<br />

termine, oltre l’orizzonte<br />

dei finanziamenti del Pnrr.<br />

Il progetto della fondazione<br />

Onfoods prevede un<br />

significativo investimento<br />

sia nel potenziamento delle<br />

strumentazioni e delle<br />

infrastrutture analitiche a<br />

disposizione della ricerca,<br />

“<br />

Il<br />

meccanismo dei<br />

partenariati<br />

è molto<br />

importante<br />

perché<br />

garantisce la<br />

continuità<br />

anche per<br />

progetti con Trl<br />

relativamente<br />

bassi<br />

sia per ampliare il numero<br />

di ricercatori specificamente<br />

formati sugli obiettivi del<br />

progetto. Questa “dotazione”<br />

permetterà un salto di<br />

qualità stabile nel sistema<br />

di ricerca nazionale<br />

avviando progetti e creando<br />

network di competenze,<br />

sinergie, complementarietà<br />

la cui azione continuerà<br />

anche dopo il triennio di<br />

finanziamento del Pnrr.<br />

In questo si può rilevare<br />

una certa differenza tra i<br />

Centri nazionali – destinati<br />

a rimanere punti di<br />

riferimento anche in futuro<br />

– e le fondazioni, come<br />

Onfoods, la cui attività è<br />

soprattutto quella di avviare<br />

partenariati, collaborazioni,<br />

ricerche coordinate che<br />

poi possano proseguire<br />

autonomamente. Non è<br />

escluso, naturalmente, che<br />

la fondazione mantenga un<br />

ruolo anche in futuro ma<br />

probabilmente sarà un po’<br />

diverso.<br />

Il meccanismo dei<br />

partenariati è molto<br />

importante perché<br />

garantisce la continuità<br />

anche per progetti con Trl<br />

relativamente bassi (il Trl,<br />

Technology readiness level,<br />

indica il grado di maturità<br />

di una tecnologia. I livelli<br />

più bassi indicano studi<br />

più affini alla ricerca di<br />

base, quelli più elevati sono<br />

attribuiti a sistemi vicini alla<br />

commercializzazione, NdR).<br />

Oltre all’avvio delle ricerche<br />

in partnership tra i 26 enti<br />

coinvolti, la fondazione<br />

erogherà finanziamenti per<br />

singoli progetti attraverso<br />

call aperte anche a piccole<br />

e medie imprese, startup,<br />

19


spinoff. Un’occasione per<br />

molte idee imprenditoriali<br />

innovative di trovare spazio<br />

o acquisire un nuovo slancio.<br />

Una direttrice di ricerca<br />

riguarda in modo specifico<br />

la circolarità del sistema<br />

alimentare, tema che sarà<br />

anche al centro dell’evento<br />

Insafe organizzato a<br />

Paestum da <strong>Makinglife</strong> (20-<br />

21 ottobre)<br />

Lo spoke 2 (“Smart and<br />

circular food system and<br />

distribution”), guidato<br />

dal Consiglio nazionale<br />

delle ricerche, presenta<br />

due punti nodali: il primo<br />

riguarda la parte “circular”,<br />

il recupero dei prodotti<br />

degli scarti di produzione<br />

agroalimentare. Su questo<br />

aspetto va sottolineata una<br />

differenza tra Onfoods e<br />

Agritech, il “Centro nazionale<br />

per lo sviluppo delle nuove<br />

tecnologie in agricoltura”<br />

anch’esso creato nell’ambito<br />

del Pnrr. Sebbene le<br />

aree di competenza<br />

si sovrappongano<br />

parzialmente – ma questo<br />

è inevitabile – in tema di<br />

circolarità Agritech risulta<br />

più focalizzato sulla ricerca<br />

di soluzioni per mantenere<br />

i sottoprodotti nel contesto<br />

delle produzioni primarie,<br />

mentre Onfoods prevede<br />

un’applicazione più ampia.<br />

Nel nostro caso, infatti,<br />

l’obiettivo sarà il recupero<br />

di prodotti o molecole<br />

ad alto valore e la loro<br />

reintroduzione nel contesto<br />

degli alimenti e di integratori<br />

e supplementi. Tra i due<br />

progetti, comunque, è<br />

previsto un elevato livello di<br />

coordinamento in modo da<br />

limitare sovrapposizioni e<br />

“<br />

L’obiettivo<br />

sarà il recupero<br />

di prodotti o<br />

molecole ad alto<br />

valore e la loro<br />

reintroduzione<br />

nel contesto<br />

degli alimenti e<br />

di integratori e<br />

supplementi<br />

favorire le sinergie laddove<br />

siano utili al sistema<br />

nazione. Il secondo punto<br />

nodale dello spoke – che<br />

vede il coinvolgimento<br />

soprattutto del Politecnico<br />

di Milano – riguarda la<br />

smart logistics, lo sviluppo<br />

cioè di sistemi intelligenti<br />

e innovativi per il trasporto<br />

degli alimenti – e degli scarti<br />

– che riducano gli sprechi<br />

di alimenti e l’impatto<br />

ambientale della filiera.<br />

Quali sono i maggiori<br />

ostacoli allo sviluppo di<br />

soluzioni nel campo del<br />

recupero dei sottoprodotti<br />

agroalimentari?<br />

Le conoscenze tecniche<br />

non rappresentano un<br />

aspetto critico: i nostri<br />

centri di ricerca a livello<br />

nazionale hanno tutte le<br />

competenze necessarie<br />

per svolgere operazioni di<br />

estrazione, purificazione,<br />

caratterizzazione con<br />

la qualità necessaria,<br />

anche ponendo la dovuta<br />

attenzione agli aspetti di<br />

sostenibilità ambientale.<br />

Quello che forse manca è<br />

proprio il coordinamento<br />

tra le varie attività e<br />

competenze. Finora,<br />

molte ricerche si sono<br />

concentrate su prodotti<br />

locali coinvolgendo<br />

prevalentemente realtà<br />

dell’area di studio, ad<br />

esempio i centri di ricerca in<br />

Sicilia e Calabria potrebbero<br />

essersi focalizzati sul<br />

recupero degli scarti di<br />

agrumi mentre nel Nord-<br />

Italia si lavorava su altri<br />

prodotti locali. Queste<br />

progettualità hanno<br />

generalmente pochi punti di<br />

contatto.<br />

Il valore aggiunto di Onfoods,<br />

in questo senso è quello di<br />

favorire attività a elevato<br />

livello di condivisione,<br />

creando occasioni di<br />

contatto e reti in cui<br />

tecnologie sviluppate da<br />

un ente vengono utilizzate<br />

su materiali provenienti da<br />

aree geografiche distanti,<br />

producendo lavorati<br />

che possono poi essere<br />

impiegati sperimentalmente<br />

da un terzo ente ancora,<br />

e così via. Sono previsti<br />

progetti che, con questo<br />

approccio, partono dallo<br />

scarto agroalimentare e<br />

arrivano fino alla molecola<br />

finale a elevato valore<br />

aggiunto attraversando<br />

anche spoke differenti,<br />

ognuno per la sua<br />

competenza.<br />

Per fare un esempio, un<br />

centro del partenariato,<br />

nel contesto dello spoke<br />

2, potrebbe sviluppare<br />

un processo estrattivo<br />

innovativo e sostenibile per<br />

recuperare composti utili<br />

da uno scarto di lavorazione<br />

degli alimenti (o – perché<br />

no? – da una biomassa<br />

proveniente dal Centro<br />

nazionale Agritech), per<br />

poi inviare il prodotto di<br />

estrazione allo spoke 3 per<br />

una valutazione della sua<br />

sicurezza e allo spoke 4 per<br />

lo sviluppo sperimentale di<br />

un alimento funzionale che<br />

ne sia addizionato e che sia<br />

buono, tecnologicamente<br />

sostenibile e di cui si valuti<br />

l’effetto sulla salute. Un<br />

ultimo passaggio potrebbe<br />

poi coinvolgere lo spoke<br />

6 per un’applicazione,<br />

sempre sperimentale,<br />

del prodotto stesso a una<br />

categoria particolare di<br />

soggetti in condizioni di<br />

fragilità. Insomma, tutte<br />

le competenze messe a<br />

sistema sono vincenti.<br />

Eventi come il convegno<br />

Insafe possono fornire un<br />

contributo per favorire la<br />

condivisione?<br />

Senza ombra di dubbio.<br />

Sono occasioni nelle quali<br />

realtà di settori, dimensioni,<br />

competenze e aree<br />

geografiche differenti hanno<br />

l’opportunità di incontrarsi e<br />

confrontarsi sulle reciproche<br />

esigenze. Io stesso porterò<br />

il mio contributo con un<br />

intervento per illustrare i<br />

contenuti di Onfoods. Credo<br />

che in futuro il convegno<br />

possa anche rappresentare<br />

un’opportunità di ingaggio e<br />

coinvolgimento delle realtà<br />

di minori dimensioni come<br />

piccole e medie imprese,<br />

spinoff e startup interessate<br />

al tema della circolarità e<br />

dell’aumento del valore del<br />

prodotto di scarto.<br />

20


www.pipeline.it<br />

Microsoft Dynamics 365


SOSTENIBILITÀ<br />

ED ETICA<br />

A SOSTEGNO<br />

DELLA QUALITÀ<br />

LA TRASFORMAZIONE DEL SISTEMA<br />

PRODUTTIVO VERSO FILIERE<br />

AGROALIMENTARI BIOLOGICHE, ETICHE<br />

ED EQUE PUÒ RAPPRESENTARE<br />

UN ELEMENTO DIROMPENTE PER<br />

AFFERMARE IL VALORE DELLA QUALITÀ<br />

A SCAPITO DELLA LOGICA DEL PREZZO<br />

PIÙ BASSO<br />

Gabriele Costantino<br />

Dipartimento di Scienze degli Alimenti e del Farmaco<br />

Università di Parma<br />

gabriele.costantino@unipr.it<br />

22


makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />

Una delle sessioni tematiche di INSAFE (Innovation for<br />

sustainability in food system and economy, Paestum 20-21<br />

ottobre) sarà dedicata alle filiere biologiche e al contenuto<br />

“etico” di prodotti. Il tema è molto divisivo e, per quanto<br />

continuino a crescere sia il suolo coltivato secondo le linee<br />

guida biologiche che le quote di mercato di prodotti derivanti<br />

da coltivazioni biologiche, la contrapposizione tra produzioni<br />

biologiche e convenzionali (se non quando intensive) è<br />

sempre più presente nel dibattito economico-politico.<br />

Non è forse inopportuno ricordare come le politiche<br />

dell’Unione europea di promozione e impulso all’agricoltura<br />

biologica erano e sono intese assolvere primariamente a<br />

due funzioni sociali. La prima è l’incentivo a un impiego del<br />

suolo e delle risorse coerente con uno sviluppo sostenibile,<br />

riducendo la desertificazione e l’impiego di fertilizzanti e<br />

pesticidi, promuovendo il rispetto dei cicli naturali, la fertilità<br />

del suolo e la sua biodiversità. La seconda è quella legata<br />

alla potenzialità, per la filiera biologica, di intercettare la<br />

domanda di prodotti biologici da parte dei consumatori,<br />

in particolare coloro maggiormente sensibili rispetto alle<br />

istanze di tutela dell’ambiente e del benessere animale.<br />

MERCATO IN CRESCITA<br />

MA A VELOCITÀ RIDOTTA<br />

Il mercato del consumatore sensibile ai temi della<br />

preservazione delle risorse e al benessere ambientale e<br />

animale è in crescita e il numero di consumatori disposto<br />

a pagare un sovrapprezzo per un prodotto biologico è in<br />

aumento. Tuttavia, da questa proposizione generale ne<br />

discendono altre due, interessanti. La prima è che il mercato<br />

è in crescita ma la derivata di crescita è negativa (dati 2021).<br />

Questo vuol dire che seppur in un quadro ancora fortemente<br />

positivo per il settore, la velocità di conquista di quote di<br />

mercato si è ridotta sensibilmente e per certi versi anche<br />

inaspettatamente. La seconda considerazione da fare è<br />

che il quadro positivo europeo (e anche mondiale, seppur<br />

su scale diverse) come al solito riflette situazioni molto<br />

diverse. Ad esempio in Danimarca (2018) oltre il 13% della<br />

spesa alimentare è etichettata “bio”, con una spesa procapite<br />

di prodotti biologici che si attesta oltre i 320 euro. Per<br />

contro, altri Paesi, soprattutto dell’Europa orientale, hanno<br />

spese annue di pochi euro pro-capite. Per quanto riguarda<br />

la superficie agricola utilizzata per produzioni biologiche,<br />

passiamo dall’oltre 25% dell’Austria a meno del 3% (in<br />

diminuzione) per Polonia, Bulgaria, Romania, Malta.<br />

Una facile, seppur sicuramente semplicistica analisi<br />

di questi dati suggerisce che il biologico è un mercato<br />

maturo in termini di consapevolezza del consumatore ma<br />

fortemente legato alla capacità di spesa. L’Italia rappresenta<br />

un elemento trainante nel contesto europeo, sia in termini<br />

di superfici agricole utilizzate che in termini di quote di<br />

mercato per i prodotti certificati bio. Ma proprio per questa<br />

funzione trainante e per l’impatto globale che il comparto<br />

ha sull’economia nazionale, gli elementi di attenzione non<br />

devono esser trascurati e, anzi, occorrerebbe aver la capacità<br />

di anticiparli.<br />

Ed è proprio questo il tema e l’ambizione di uno dei workshop<br />

tematici che si terranno durante la prima edizione di INSAFE.<br />

SPIEGARE IL VALORE<br />

DEL BIOLOGICO...<br />

Il mercato degli integratori e supplementi alimentari e<br />

quello dei cosmetici funzionali hanno un duplice ruolo da<br />

svolgere negli anni a venire nel mantenere e fornire impulso<br />

a questa importante parte dell’economia nazionale. Se negli<br />

obiettivi della Unione europea viene espressamente citata la<br />

possibilità di intercettare una fetta di consumatori sensibile<br />

ai temi delle produzioni biologiche, è compito dell’industria<br />

dell’integrazione e della cosmetica funzionale portare<br />

evidenze sul fatto che la filiera biologica produce valore<br />

aggiunto al prodotto finale. Se questo viene percepito – e in<br />

un mercato che si sta sempre più avvicinando alla maturità<br />

23


la percezione di qualità è basata sui risultati più che sulle<br />

attese – il mondo dell’integrazione e quello della cosmesi<br />

funzionale possono fungere da volano per tutto il sistema<br />

della produzioni agricole e trasformazioni primarie.<br />

È sempre più necessario muoversi verso una validazione<br />

basata sulle evidenze del ruolo dell’integrazione e della<br />

cosmesi funzionale. Nel workshop, quindi, verranno toccati<br />

temi relativi al perché la filiera biologica può fornire prodotti<br />

qualitativamente migliori rispetto a una filiera convenzionale<br />

e, se è questo il caso, quali devono essere le condizioni di<br />

lavorazione, di raccolta, di gestione del prodotto primario.<br />

Solo per citare alcuni esempi di temi trattati: la coltivazione<br />

biologica può fornire un pool di metaboliti secondari più<br />

ampio e migliore qualitativamente rispetto alla filiera<br />

convenzionale o intensiva? Come è possibile misurare questo<br />

vantaggio?<br />

Il consumatore recepisce la consapevolezza – su cui oramai<br />

c’è ampio consenso – che una coltivazione e una produzione<br />

primaria rispettose della biodiversità promuovono<br />

l’interazione tra piante, animali e batteri, favoriscono la<br />

selezione di sementi e animali con maggior longevità e<br />

resistenza a malattie, diminuendo il ricorso a pesticidi e<br />

antibiotici? Ecco, una risposta a queste (e diverse altre)<br />

domande consente con grande probabilità di evitare il rischio<br />

che l’intera filiera (dal campo all’integratore) venga percepita<br />

come il risultato di un “bio-washing”, un’etichetta che via<br />

via perde il significato di specificità, e permette invece<br />

che il prodotto della filiera venga veramente riconosciuto<br />

come avente valore aggiunto sia per la funzione specifica<br />

(integrazione, cosmesi), sia per l’impatto generale sul<br />

benessere dell’ambiente, degli animali, della biodiversità e<br />

del risparmio di suolo.<br />

che contribuisce a spostare la competizione sulla qualità<br />

del prodotto piuttosto che sul suo prezzo e che quindi una<br />

sua efficiente implementazione consente nel medio termine<br />

importanti ricadute sul contenuto di innovazione e di qualità<br />

del prodotto rivolto al consumatore. Il consumatore deve<br />

poter immediatamente apprezzare che l’etichetta “fair and<br />

sustainable trade” non è solo l’ennesimo “washing” etico, ma<br />

è impegno da parte del produttore a spostare la capacità di<br />

mercato dalla riduzione di prezzo alla qualità – complessiva<br />

– del prodotto. Se in una prima fase molti consumatori<br />

possono esser disposti a pagare un sovrapprezzo per un<br />

contenuto di equità del prodotto, nel lungo termine questo<br />

diventa insostenibile se non associato a un chiaro valore<br />

qualitativo.<br />

Ecco quindi che le filiere biologiche e l’eticità ed equità della<br />

filiera non devono esser viste come vincoli che incidono sul<br />

costo e sul prezzo, ma come opportunità che guidano costo e<br />

prezzo su elementi di qualità.<br />

La condivisione su questi temi è essenziale e produttori,<br />

trasformatori e innovatori devono esser a conoscenza delle<br />

opportunità che l’intera filiera, e non solo parti omogenee di<br />

essa, offrono.<br />

INSAFE offre questa opportunità di condivisione e confronto<br />

su temi che saranno cruciali per il futuro di un comparto<br />

industriale e tecnologico strategico per il Paese.<br />

...E DELLA FILIERA ETICA<br />

Egualmente importante, seppur non direttamente legato agli<br />

aspetti della filiera biologica, il tema del contenuto “etico” del<br />

prodotto. Un prodotto – sia esso un alimento, un integratore,<br />

un cosmetico funzionale – non deve esser portatore di<br />

sofferenza, ingiustizia, sfruttamento dei lavoratori. Questa<br />

affermazione probabilmente trova tutti d’accordo sul piano<br />

morale, ma occorre riflettere che una filiera etica è una filiera<br />

24


makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />

25


Una<br />

piattaforma<br />

di foodomica<br />

al servizio<br />

delle imprese<br />

UNA PARTNERSHIP<br />

PUBBLICO-PRIVATO<br />

HA SVILUPPATO<br />

METODOLOGIE E<br />

PRODOTTI ALIMENTARI<br />

INNOVATIVI PER<br />

MIGLIORARE LO STATO<br />

NUTRIZIONALE DEI<br />

CITTADINI<br />

Valentina Guidi<br />

Massimo Labra, professore ordinario presso il Dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze dell’Università degli Studi di<br />

Milano Bicocca e referente della sezione Food, environment, biodiversity and biotechnology di Best4Food<br />

26


makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />

Applicare le scienze omiche<br />

alla nutrizione.<br />

Un’idea che racchiude<br />

tutto l’enorme potenziale<br />

della foodomica,<br />

innovativo approccio che<br />

si basa sulle tecnologie<br />

avanzate per migliorare le<br />

conoscenze che ruotano<br />

intorno all’alimentazione<br />

e per sviluppare prodotti<br />

funzionali realmente<br />

efficaci. Un nuovo approccio<br />

tecnologico messo in<br />

pratica con successo dal<br />

progetto FoodNet, guidato<br />

dall’Università degli Studi<br />

di Milano Bicocca, che<br />

ha visto la nascita di una<br />

piattaforma di foodomica<br />

in cui l’università potesse<br />

supportare le imprese<br />

nell’attività scientifica e<br />

produttiva.<br />

Il progetto, finanziato da<br />

Regione Lombardia, è<br />

nato per elaborare linee<br />

guida volte alla produzione<br />

di alimenti funzionali<br />

efficaci e accessibili<br />

indirizzati alla popolazione<br />

over 65 della città<br />

metropolitana di Milano.<br />

Il lavoro multidisciplinare<br />

ha coinvolto diversi<br />

dipartimenti universitari<br />

e realtà aziendali, con<br />

l’obiettivo comune di<br />

indagare le esigenze<br />

della popolazione target<br />

e identificare ingredienti<br />

funzionali su matrici<br />

vegetali, anche seguendo<br />

le logiche dell’economia<br />

circolare, da utilizzare in<br />

nuovi prodotti sottoposti<br />

a rigorosi controlli di<br />

efficacia.<br />

Una storia raccontata per<br />

noi da Massimo Labra,<br />

professore ordinario<br />

presso il Dipartimento di<br />

Biotecnologie e Bioscienze<br />

dell’Università degli Studi di<br />

Milano Bicocca e referente<br />

della sezione Food,<br />

environment, biodiversity<br />

and biotechnology di<br />

Best4Food (Bicocca cEnter<br />

of Science and Technology<br />

for FOOD).<br />

Il progetto FoodNet<br />

ha visto l’università<br />

affiancare l’industria<br />

per produrre alimenti<br />

funzionali innovativi: la<br />

sinergia ha dato i suoi<br />

frutti?<br />

Decisamente sì. Attraverso<br />

la piattaforma di FoodNet<br />

l’università ha scelto di<br />

mettere a disposizione<br />

delle aziende le proprie<br />

competenze e le proprie<br />

attrezzature. In questo<br />

modo l’innovazione ha<br />

potuto prendere vita sotto<br />

diverse forme, come la<br />

produzione di nuove linee di<br />

prodotti che sono arrivate<br />

alla commercializzazione<br />

e l’innovazione delle<br />

metodologie produttive<br />

delle aziende coinvolte.<br />

Ma la sinergia è andata ben<br />

oltre i processi produttivi.<br />

Ci sono state infatti<br />

assunzioni di giovani che le<br />

imprese hanno conosciuto<br />

durante la collaborazione<br />

“<br />

DIMOSTRARE CHE<br />

GLI INGREDIENTI<br />

FUNZIONALI POSSONO<br />

ESSERE DAVVERO<br />

EFFICACI È IMPORTANTE<br />

PER DIFFONDERE<br />

LE PIÙ RECENTI<br />

CONOSCENZE LEGATE<br />

ALLA NUTRIZIONE E<br />

SFATARE I FALSI MITI<br />

al progetto e dei quali<br />

hanno potuto testare sul<br />

campo le capacità. Inoltre,<br />

si è venuta a creare una<br />

rete di co-marketing tra<br />

aziende che sono entrate in<br />

contatto proprio grazie alla<br />

piattaforma.<br />

Quali sono stati i successi<br />

più rilevanti del progetto?<br />

Un grosso successo è stato<br />

sicuramente l’inserimento<br />

lavorativo dei giovani.<br />

Diversi studenti che hanno<br />

partecipato al progetto<br />

hanno infatti trovato spazio<br />

nelle imprese coinvolte.<br />

Inoltre la filiera generata<br />

da FoodNet è rimasta<br />

attiva anche dopo la<br />

conclusione del progetto, a<br />

dimostrazione del valore e<br />

dell’importanza delle idee<br />

di base. Infine, non bisogna<br />

tralasciare l’aspetto<br />

culturale: dimostrare che<br />

gli ingredienti funzionali<br />

possono essere davvero<br />

efficaci è importante per<br />

diffondere le più recenti<br />

conoscenze legate alla<br />

nutrizione e sfatare i falsi<br />

miti.<br />

Quali sono le sfide più<br />

difficili poste dalla nascita<br />

di un nuovo ingrediente<br />

funzionale di origine<br />

vegetale?<br />

Un primo scoglio è<br />

sicuramente di tipo tecnico.<br />

Quando si ha a che fare con<br />

materie prime di origine<br />

naturale bisogna infatti<br />

sempre fare i conti con una<br />

certa variabilità.<br />

A parità di metodo e<br />

di condizioni la resa<br />

del processo non è<br />

sempre la stessa e la<br />

standardizzazione diventa<br />

difficile.<br />

Vi sono poi alcune difficoltà<br />

legate alla situazione<br />

normativa: il fatto che<br />

non sia obbligatorio<br />

testare l’efficacia degli<br />

integratori prima della<br />

vendita potrebbe risultare<br />

controproducente per il<br />

mercato e determinare<br />

una certa sfiducia nei<br />

consumatori rispetto alle<br />

conoscenze scientifiche che<br />

stanno dietro la produzione<br />

di un nutraceutico.<br />

27


L’utilizzo di scarti<br />

agroalimentari è risultato<br />

vantaggioso?<br />

Gli scarti della filiera<br />

agroalimentare sono<br />

risultati essere le matrici più<br />

interessanti su cui lavorare,<br />

viste le implicazioni<br />

etiche ed ecologiche<br />

dell’economia circolare.<br />

Ma si sono rivelate anche<br />

le materie prime in grado<br />

di generare il maggiore<br />

tornaconto economico.<br />

Pensiamo al mais rosso,<br />

il cui valore commerciale<br />

come alimento è piuttosto<br />

modesto, visto che viene<br />

utilizzato per la produzione<br />

di polente e prodotti affini.<br />

Le parti della pianta che<br />

vengono scartate dal<br />

processo produttivo, come<br />

fusto e foglie, contengono<br />

invece importanti molecole<br />

funzionali e possono<br />

rientrare nella formulazione<br />

di integratori il cui valore<br />

commerciale supera di<br />

gran lunga quello della<br />

produzione per cui la pianta<br />

viene coltivata.<br />

Quanto è stato<br />

importante l’approccio<br />

multidisciplinare?<br />

L’approccio multidisciplinare<br />

è stato il fulcro attorno a cui<br />

è ruotato l’intero progetto.<br />

Per il buon funzionamento<br />

della piattaforma sono<br />

state infatti indispensabili<br />

competenze scientifiche<br />

variegate: biologiche e<br />

biotecnologiche, per poter<br />

“<br />

LE PARTI DELLA<br />

PIANTA CHE<br />

VENGONO SCARTATE<br />

CONTENGONO SPESSO<br />

MOLECOLE FUNZIONALI<br />

IL CUI VALORE SUPERA<br />

DI GRAN LUNGA QUELLO<br />

DELLA PRODUZIONE<br />

STESSA<br />

ad esempio effettuare<br />

i test di efficacia su<br />

cellule e tessuti, così<br />

come chimiche per poter<br />

sviluppare le migliori<br />

tecnologie di estrazione, e<br />

mediche per analizzare le<br />

esigenze nutrizionali della<br />

popolazione interessata dal<br />

progetto. Ma per FoodNet<br />

sono state fondamentali<br />

anche competenze che si<br />

allontanano dalla sfera<br />

scientifica. Parlo ad esempio<br />

di quelle economiche, che ci<br />

hanno permesso di rendere<br />

concreto e circostanziato<br />

l’approccio all’economia<br />

circolare, di quelle<br />

sociologiche che hanno<br />

portato alla conduzione di<br />

ricerche per individuare<br />

eventuali deserti alimentari<br />

e per capire dove vendere le<br />

diverse tipologie di prodotto,<br />

o di quelle psicologiche,<br />

importanti per comprendere<br />

i profili dei consumatori.<br />

L’università Bicocca ha in<br />

previsione altri progetti in<br />

questo ambito?<br />

Parlando di innovazione<br />

agroalimentare non si può<br />

non menzionare la neonata<br />

Fondazione Onfoods,<br />

capitanata dall’Università<br />

di Parma e a cui partecipa<br />

anche l’Università<br />

Bicocca. Ventisei realtà<br />

italiane collaboreranno<br />

per migliorare la filiera<br />

agroalimentare del nostro<br />

Paese e l’approccio alla<br />

“<br />

ANZIANI E BAMBINI<br />

SONO UN TARGET<br />

IMPORTANTE IN TEMA<br />

DI NUTRIZIONE, PERCHÉ<br />

SPESSO RISCONTRANO<br />

DIFFICOLTÀ OGGETTIVE<br />

CHE IMPEDISCONO<br />

LORO DI AVERE<br />

UN’ALIMENTAZIONE IN<br />

LINEA CON LE LORO<br />

ESIGENZE<br />

nutrizione, con particolare<br />

attenzione alle figure degli<br />

anziani e dei bambini. Gli<br />

anziani sono infatti un<br />

target importante quando<br />

si parla di nutrizione,<br />

perché spesso riscontrano<br />

difficoltà oggettive che<br />

impediscono loro di avere<br />

un’alimentazione in linea<br />

con le loro reali esigenze,<br />

rendendoli malnutriti.<br />

Così come i bambini in età<br />

evolutiva che, anche se per<br />

motivi diversi, riscontrano<br />

analogamente difficoltà nel<br />

perseguire i propri obiettivi<br />

nutrizionali.<br />

L’Università Bicocca<br />

partecipa inoltre<br />

all’ambizioso progetto<br />

Nbfc (National biodiversity<br />

future center), nato con<br />

l’obiettivo di monitorare,<br />

preservare, ripristinare<br />

e anche valorizzare la<br />

biodiversità italiana in modo<br />

da renderla un elemento<br />

centrale per lo sviluppo<br />

sostenibile del nostro Paese.<br />

Una finalità ambiziosa che<br />

abbraccia anche il mondo<br />

dell’alimentazione e della<br />

nutrizione. Infine, l’ateneo<br />

ha sviluppato un proprio<br />

centro per lo studio delle<br />

tematiche relative alla<br />

nutrizione: Best4Food.<br />

Articolato in diverse<br />

macroaree, il centro vuole<br />

approcciare la nutrizione a<br />

tutto tondo, coinvolgendo<br />

i diversi dipartimenti in<br />

un’unica grande ricerca<br />

volta a migliorare il nostro<br />

stato di salute e il nostro<br />

benessere.<br />

28


makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />

Circolare<br />

fino in fondo<br />

Estrarre molecole<br />

attive dai residui<br />

della lavorazione<br />

agroalimentare può<br />

comportare impatti<br />

sull’ambiente che<br />

indeboliscono il valore del sistema<br />

circolare che si sta creando. Ma le<br />

alternative sostenibili sono già disponibili<br />

Valentina Guidi<br />

Le tecniche di estrazione<br />

di molecole funzionali<br />

possono avere un impatto<br />

ambientale tutt’altro che<br />

trascurabile. Ci si può<br />

allora trovare di fronte al<br />

paradosso di utilizzare<br />

scarti dell’industria<br />

agroalimentare impiegando<br />

processi ben poco ecologici<br />

e sostenibili per l’estrazione<br />

delle molecole funzionali,<br />

applicando quindi i dettami<br />

dell’economia circolare<br />

solo a metà. Nell’ambito<br />

del progetto FoodNet<br />

si è cercato di colmare<br />

questo gap. Abbiamo<br />

chiesto a Luca Campone,<br />

ricercatore e docente di<br />

chimica degli alimenti<br />

presso il Dipartimento di<br />

biotecnologie e bioscienze<br />

dell’Università degli<br />

Studi di Milano Bicocca,<br />

di raccontarci come<br />

funzionano le tecniche<br />

di estrazione a impatto<br />

ridotto.<br />

Su quali principi si basano<br />

le tecniche di estrazione<br />

verdi?<br />

Volendo entrare appieno<br />

nell’ottica dell’economia<br />

circolare, abbiamo deciso<br />

di affiancare al riutilizzo<br />

di scarti della filiera<br />

agroalimentare delle<br />

tecniche estrattive a<br />

basso impatto ambientale,<br />

in modo da rendere più<br />

ecologico ed efficiente<br />

il processo con cui si<br />

ottengono le molecole<br />

funzionali. Queste tecniche<br />

evitano l’utilizzo dei comuni<br />

solventi chimici che, oltre a<br />

un certo grado di tossicità,<br />

hanno un elevato impatto<br />

ambientale sia in fase di<br />

produzione sia in fase di<br />

smaltimento.<br />

In particolare mi riferisco<br />

alla Phwe (Pressurized<br />

hot water extraction) e<br />

alla Sfe (Supercritical<br />

fluid extraction). Nel primo<br />

caso come solvente viene<br />

utilizzata principalmente<br />

l’acqua, le cui proprietà<br />

chimico fisiche vengono<br />

modificate sottoponendola<br />

a temperature e pressioni<br />

specifiche. Nella seconda<br />

tecnica la protagonista è<br />

l’anidride carbonica che,<br />

ancora una volta sottoposta<br />

a temperature e pressioni<br />

particolari, diventa fluida e<br />

agisce da solvente.<br />

Le due tecniche si basano<br />

quindi su composti<br />

assolutamente innocui<br />

per l’organismo, atossici<br />

ed economici e sono<br />

complementari: se la<br />

molecola da estrarre<br />

ha caratteristiche che<br />

la rendono polare o<br />

mediamente polare si usa<br />

la Phwe, se tende invece<br />

a essere più apolare si<br />

sceglie la Sfe.<br />

Il vantaggio di queste<br />

tecniche sembra evidente<br />

ma quali sono gli<br />

svantaggi?<br />

Per le aziende possono<br />

essere grosso modo tre<br />

le criticità che frenano<br />

l’attuazione di queste<br />

tecniche. Innanzitutto<br />

l’investimento iniziale<br />

necessario per la<br />

strumentazione: gli<br />

impianti per lavorare<br />

con tecniche del genere<br />

sono piuttosto costosi.<br />

In secondo luogo sono<br />

necessarie competenze<br />

specifiche. Pur non essendo<br />

tecniche scoperte di<br />

recente, le competenze da<br />

possedere per maneggiarle<br />

efficacemente sono ancora<br />

rare nelle aziende e la loro<br />

implementazione richiede<br />

quindi l’assunzione di<br />

personale dedicato. Infine<br />

esiste una resistenza<br />

culturale: spesso infatti non<br />

si è a conoscenza dei reali<br />

vantaggi di queste tecniche<br />

oppure si resta legati alla<br />

sicurezza e alla comodità<br />

della strada già battuta.<br />

Eppure l’impiego di queste<br />

tecniche, oltre a permettere<br />

di accedere a diversi<br />

finanziamenti stanziati<br />

dall’Unione europea, è<br />

molto vantaggioso a lungo<br />

temine, anche dal punto<br />

di vista economico. E<br />

cavalcare una tendenza<br />

come la riduzione<br />

dell’impatto ambientale<br />

permetterebbe di diventare<br />

leader sul mercato prima<br />

delle altre aziende.<br />

29


AL VERTICE DELLA<br />

PIRAMIDE<br />

[BIOECONOMICA]<br />

Volume<br />

Valore aggiunto<br />

Tra le svariate tecniche per valorizzare gli scarti organici, l’estrazione<br />

di composti bioattivi per la nutraceutica, la cosmesi e l’industria<br />

alimentare è la soluzione che permette di ottenere il massimo valore<br />

aggiunto rispetto alla quantità di biomassa lavorata<br />

Maura Bernini<br />

30


makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />

L’INDUSTRIA AGROALIMENTARE GENERA ENORMI<br />

QUANTITÀ DI MATERIE CHE NON ARRIVANO<br />

AL PRODOTTO FINITO E VENGONO SCARTATE,<br />

NONOSTANTE CONTENGANO ANCORA INGENTI<br />

QUANTITÀ DI SOSTANZE UTILIZZABILI IN DIVERSI<br />

CAMPI. NUMEROSI STUDI SI CONCENTRANO<br />

SULLA CARATTERIZZAZIONE E VALORIZZAZIONE<br />

DI QUESTE SOSTANZE AMPIAMENTE DISPONIBILI<br />

E A BASSO COSTO PER MIGLIORARE LA<br />

SOSTENIBILITÀ DELLE FILIERE E PERMETTERE IL<br />

LORO INSERIMENTO NELL’ECONOMIA CIRCOLARE.<br />

per i loro effetti nella prevenzione delle infiammazioni<br />

e delle malattie croniche legate allo stress ossidativo.<br />

Questi composti possono essere utilizzati come integratori<br />

alimentari o nell’industria alimentare come additivi naturali<br />

per prolungare la durata di conservazione degli alimenti<br />

e per rallentare la perdita dei valori nutrizionali e la<br />

formazione di sostanze nocive. Il recupero dei polifenoli da<br />

scarti agroalimentari è un processo a più stadi che prevede<br />

l’estrazione dalla matrice solida, il trattamento degli estratti<br />

mediante tecnologie a membrana, la separazione selettiva di<br />

miscele di polifenoli o singoli componenti, la liofilizzazione per<br />

polverizzare l’estratto. I fenoli, comunque non sono le uniche<br />

molecole ad alto valore che si posso estrarre dai residui della<br />

lavorazione agroalimentare.<br />

LA PIRAMIDE BIOECONOMICA<br />

La bioeconomia favorisce il recupero di risorse biologiche<br />

rinnovabili dagli scarti organici o dai sottoprodotti della<br />

lavorazione prolungando così il ciclo di vita dei prodotti e<br />

il valore dei materiali, e minimizzando sia la necessità di<br />

nuove risorse che la produzione di rifiuti. Il volume della<br />

biomassa e il suo valore sono inversamente proporzionali<br />

(vedi grafico a piramide): nella parte più bassa si trova l’uso<br />

più comune della biomassa ovvero la sua conversione in fonti<br />

di energia, che genera il valore minimo; al contrario, all’apice<br />

della piramide si situa il valore economico più vantaggioso,<br />

fornito dal consumo di un ridotto volume di biomassa per la<br />

produzione farmaceutica.<br />

La tecnica più applicata a livello industriale per recuperare<br />

composti bioattivi da matrici di origine vegetale è l’estrazione<br />

convenzionale con solventi, detta anche estrazione solidoliquido<br />

(SLE) o macerazione. A causa della crescente<br />

necessità di utilizzare procedure di recupero più efficienti si<br />

stanno mettendo a punto nuove tecniche non convenzionali<br />

come l’estrazione assistita da ultrasuoni (Uae), da microonde<br />

(Mae), da enzima (Eae) o tramite fluidi supercritici (Sfe).<br />

Tra l’altro, il riutilizzo degli scarti per il recupero di estratti<br />

bioattivi costituisce un’alternativa economicamente<br />

vantaggiosa allo smaltimento dei rifiuti le cui quantità spesso<br />

superano in peso quella dei prodotti finiti.<br />

IL RUOLO DEI COMPOSTI FENOLICI<br />

In questo contesto, un ruolo di primo piano è ricoperto dai<br />

composti fenolici, abbondanti nei rifiuti alimentari e noti<br />

Una miniera da esplorare<br />

Scarti di frutta prodotti<br />

globalmente ogni anno<br />

9 milioni di tonnellate<br />

di sottoprodotti dell’uva<br />

15 milioni di tonnellate<br />

di scarti di agrumi<br />

da 3 a 4,2 milioni di<br />

tonnellate di mele<br />

9 milioni di tonnellate di<br />

rifiuti dalla lavorazione delle<br />

banane<br />

420.000 tonnellate<br />

di gusci di noci pecan<br />

31


Polifenoli dagli scarti produttivi dell’olio d’oliva<br />

La crescente popolarità dell’olio d’oliva a livello globale e il conseguente aumento della sua<br />

richiesta sono principalmente attribuiti ai benefici derivati dal suo contenuto di acido oleico<br />

e di composti fenolici. Tuttavia, durante la sua produzione, una considerevole porzione di<br />

composti fenolici rimane nella sansa di oliva, lo scarto semisolido composto da buccia,<br />

polpa e noccioli di oliva generato in grande quantità: poiché questa materia deve essere<br />

correttamente trattata prima dello smaltimento, rappresenta un notevole onere economico<br />

ed ecologico. Pertanto, un suo sfruttamento alternativo potrebbe comportare vantaggi<br />

economici per i produttori di olio d’oliva e ridurre l’impatto negativo sull’ambiente.<br />

Uno studio ha esplorato la possibilità di estrarre polifenoli dalla sansa di oliva attraverso<br />

un approccio sostenibile che combina l’Uae con solventi di qualità alimentare e il loro<br />

incapsulamento con diversi tipi di ciclodestrine. L’incapsulamento ha migliorato l’attività antiossidante degli estratti<br />

di sansa di oliva aumentando significativamente il loro contenuto polifenolico, specialmente nel caso dei derivati<br />

dell’idrossitirosolo. Le ciclodestrine hanno anche aumentato la stabilità delle sostanze attive in condizioni ossidative.<br />

È stato inoltre dimostrato che dalla sansa è possibile estrarre anche mannitolo.<br />

Polifenoli dalla produzione del vino<br />

Durante la vinificazione viene estratto soltanto il 30-40% dei composti fenolici e il processo genera<br />

diversi tipi di rifiuti e sottoprodotti. Una tonnellata di uva genera infatti circa 0,13 t di vinacce, 0,03 t<br />

di raspi, 0,06 t di fecce e 1,65 m3 di acque reflue. La vinaccia è il residuo composto dalle bucce e dai<br />

semi degli acini ed è particolarmente ricco di fenolici, principalmente antociani, flavonoli, flavonoidi,<br />

acidi fenolici e stilbeni. I raspi d’uva (la parte della vite che collega acini e ramificazioni) vengono<br />

eliminati perché contengono composti astringenti che alterano il gusto del vino ma possono essere<br />

recuperati per altre funzioni (sono presenti soprattutto proantocianidine). Le fecce (il deposito che<br />

si forma sul fondo delle botti) vengono generate durante i processi di fermentazione e maturazione<br />

del vino e sono composte da frazioni solide e liquide. La frazione solida contiene principalmente lieviti<br />

e batteri, carboidrati, composti fenolici, lignina, proteine, metalli, sali inorganici, sali di acidi organici (es. tartrati). La fase liquida<br />

è invece ricca di etanolo e acidi organici. Inoltre, possono essere presenti in quantità significative anche acido lattico e acido<br />

acetico. Anche le acque reflue possiedono una concentrazione relativamente alta di fenoli. Per quanto riguarda gli estratti da<br />

semi d’uva sono stati dimostrati gli effetti antitumorali nel cancro al fegato tramite l’induzione di processi di morte cellulare e<br />

l’inibizione della proliferazione.<br />

Composti bioattivi dagli scarti del caffè<br />

Durante la coltivazione del caffè si accumula un’ampia varietà di scarti, in parte utilizzati per<br />

produrre fertilizzante o mangime per animali. Uno studio ha indagato la possibilità di valorizzare<br />

la silverskin del caffè (la pellicina che ricopre i due chicchi di caffè contenuti in ogni frutto)<br />

estraendo i suoi composti bioattivi con un metodo sostenibile che potrebbe essere applicato<br />

industrialmente. Lo studio ha mostrato che la tecnologia Multi-frequency multimode modulated<br />

può essere applicata con efficacia per recuperare componenti bioattivi come caffeina, acidi 3-,<br />

4- e 5-caffeilchinici e acidi 4- e 5-feruloilchinici e ottenere estratti con potenziale antidiabetico che<br />

potrebbero essere utilizzati per sviluppare prodotti alimentari funzionali o integratori alimentari.<br />

Un altro studio ha rivelato che lo Spent coffee ground (Scg), comunemente detto fondo di caffè,<br />

potrebbe essere utilizzato per fortificare prodotti alimentari da forno, come i biscotti, aumentando il loro potenziale bioattivo con<br />

molecole naturali come polifenoli, melanoidine e caffeina. In generale, secondo i risultati della ricerca, il materiale Scg potrebbe<br />

essere riconosciuto come una fonte importante di acido 5-caffeilchinico, acido clorogenico, caffeina e acidi fenolici.<br />

32


makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />

Olio essenziale antibatterico dalla buccia di Citrus unshiu<br />

Il Citrus unshiu, un agrume tipo mandarancio senza semi (in Italia è coltivato<br />

in Sicilia, Puglia, Calabria e Basilicata) è utilizzato in alcune zone del mondo<br />

per la produzione industriale del suo succo. Tale attività genera una grande<br />

quantità di rifiuti altamente fermentabili costituiti dalla buccia dell’agrume,<br />

che causano problemi economici e ambientali. Uno studio ha esaminato la<br />

composizione chimica dell’olio essenziale ottenuto dalla buccia di scarto<br />

del Citrus unshiu mediante idrodistillazione e ha testato l’efficacia di questo<br />

olio essenziale contro una vasta gamma di microrganismi, compresi agenti<br />

patogeni cutanei resistenti ai farmaci, dimostrando effetti antibatterici<br />

molto promettenti. Alcuni ricercatori stanno valutando anche le proprietà<br />

antinfiammatorie dell’olio essenziale, la cui composizione chimica include<br />

limonene (80,51%), γ-terpinene (6,80%), cimene (4,02%), β-mircene (1,59%), α-pinene (1,02%) e α-terpinolene<br />

(0,56%).<br />

Licopene e β-carotene dagli scarti dei pomodori<br />

Il processo di trasformazione del pomodoro comporta sprechi di diversa origine,<br />

come i pomodori non idonei alla trasformazione industriale, l’acqua utilizzata nei<br />

processi di lavorazione e gli scarti dovuti ai prodotti secondari (buccette e semi, detti<br />

generalmente cascami). Alcuni ricercatori hanno valutato il recupero e il riutilizzo di<br />

questi materiali nell’ottica dell’economia circolare ai fini di razionalizzare i costi del<br />

processo produttivo e dello smaltimento degli scarti. Dai cascami, in particolare, si<br />

possono ottenere prodotti dai più vari utilizzi come lacche ecologiche (usate come<br />

rivestimento del packaging alimentare metallico), materiali biodegradabili (utilizzabili<br />

ad esempio per produrre buste di plastica), composti bioattivi antiossidanti (licopene<br />

e β-carotene) impiegati come integratori alimentari, e ancora mangimi per zootecnia<br />

e compost. Nella buccia di pomodoro è presente anche fibra dietetica che viene<br />

ottenuta come sottoprodotto dell’estrazione del licopene mediante un processo di estrazione con acqua calda<br />

eventualmente seguito da trattamento enzimatico allo scopo di rimuovere le proteine solubili e i polisaccaridi. La<br />

fibra dietetica estraibile dai cascami del pomodoro – la cui percentuale si aggira intorno al 75% – ha dimostrato di<br />

ridurre il tasso glicemico e colesterolemico nel sangue, diminuendo così anche il rischio di malattie cardiovascolari.<br />

Riferimenti<br />

Per la lista completa dei riferimenti bibliografici scansiona il QR code<br />

33


34<br />

La seconda vita<br />

del siero di latte<br />

Leonardo Fumagalli<br />

L’INGENTE FRAZIONE LIQUIDA CHE RIMANE DOPO IL<br />

PROCESSO DI CASEIFICAZIONE COMPORTA SERI PROBLEMI<br />

DI GESTIONE MA PUÒ ESSERE VALORIZZATA IN DIVERSI<br />

MODI. UNO DEI PIÙ INTERESSANTI COINVOLGE L’USO DI<br />

MICROORGANISMI<br />

Il mondo appartiene ai microorganismi:<br />

per quanto antigienico o<br />

naturalisticamente nichilista possa<br />

sembrare, è un dato di fatto. Ma<br />

proprio dal mondo del microscopico<br />

sono arrivate, fin dai tempi di Pasteur,<br />

soluzioni ai nostri problemi, a cui la<br />

natura ha già in qualche modo pensato.<br />

Uno dei campi in cui i microrganismi<br />

stanno mostrando tutto il loro potenziale<br />

è quello della trasformazione degli scarti<br />

della produzione agroalimentare in<br />

sostanze ad alto valore aggiunto.<br />

In letteratura, ad esempio, sono presenti<br />

numerosi lavori in cui negli ultimi 20<br />

anni sono state gettate le basi teoriche (a<br />

volte anche concretizzatesi) di processi<br />

industriali in cui, usando delle colture<br />

cellulari di varia natura, il siero di<br />

latte è stato dato “in pasto” ai suddetti<br />

microorganismi per produrre una<br />

biomassa ad alto valore aggiunto.<br />

NUOVE VIE<br />

(CIRCOLARI)<br />

È ormai inevitabile, per non dire<br />

necessario, riconoscere l’importanza<br />

del passaggio a una economia circolare.<br />

Un’economia che, nei suoi vari settori,<br />

valorizzi e ricicli il più possibile i propri<br />

prodotti di scarto non solo per un minore<br />

impatto ambientale, ma per una concreta<br />

opportunità di ritorno economico.<br />

L’Europa stessa pianifica e promuove da<br />

anni questa transizione poiché nessuna<br />

nazione è del tutto autosufficiente in<br />

termini di materie prime, know-how<br />

e mezzi. Tra le motivazioni a supporto<br />

di questa spinta basterebbe citare il<br />

cambiamento climatico, il crescente<br />

prezzo dei combustibili fossili e le<br />

disuguaglianze alimentari tra i Paesi,<br />

ma va considerata anche la richiesta<br />

in costante crescita di prodotti chimici<br />

sostenibili, la cosiddetta green chemistry.<br />

La filiera agroalimentare è la prima<br />

interessata a questa transizione, dato<br />

che le biomasse, oggi generalmente<br />

considerate uno scarto, costituiscono<br />

in realtà una risorsa valorizzabile in<br />

vari modi, senza contare l’enorme mole<br />

di ricerca (e conseguente letteratura<br />

scientifica) che viene a generarsi<br />

nello sforzo di scoprire nuove vie di<br />

valorizzazione e conversione di byproducts,<br />

e quindi ulteriori opportunità<br />

brevettuali e di processi industriali.<br />

In un Paese come l’Italia, forte di<br />

immensurabili tradizioni agricole e<br />

culinarie, i produttori hanno davanti a sé<br />

una potenziale miniera d’oro, o quanto<br />

meno un’opportunità di guadagno e<br />

crescita in un mercato competitivo.<br />

SCARTO O RISORSA?<br />

Sia per volumi che per potenziale<br />

applicativo, il siero di latte rappresenta<br />

un importante scarto lavorativo. Già<br />

da molto tempo, la principale strategia


makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />

Una ingente risorsa<br />

Il siero è la frazione liquida che rimane dopo il processo di caseificazione. Dal punto di vista chimico, questa reazione<br />

consiste nella rottura proteolitica delle molecole di caseina-k da parte degli enzimi del caglio, con conseguente<br />

aggregazione delle altre caseine. La caseina-k, infatti, stabilizza la formazione di micelle, come nel sapone, e la sua<br />

rottura causa l’aggregazione di proteine e lipidi col calcio contenuto nel latte. La caseificazione per via chimica segue<br />

una strada leggermente diversa poiché si mira a solubilizzare i metalli contenuti nelle micelle tramite protonazione<br />

(ambiente acido, appunto) dei gruppi fosfato delle caseine, ma è un processo molto meno utilizzato della tradizionale<br />

cagliatura (caglio animale o sintetico). Il risultato è un liquido contenente principalmente proteine e zuccheri, lattosio in<br />

primis, con concentrazioni minori di sali minerali e lipidi.<br />

Il volume di produzione del siero è ingente: per ogni litro di latte vengono prodotti tra 0,82 e 0,87 litri di siero e, nel<br />

2020, in Europa ne è stato prodotto un volume stimato di 55,5 milioni di tonnellate. Anche solo considerando l’Italia,<br />

con le sue circa 13.000 tonnellate di latte di vacca e 1.200 tonnellate di formaggio bovino prodotte nel 2022 (dati Istat),<br />

risulta chiaro l’enorme volume di questo sottoprodotto e l’onere che la sua gestione comporta. Le problematiche del<br />

siero non si limitano a questo: esiste un parametro, abbreviato in BOD, che indica la quantità di ossigeno richiesta da<br />

una popolazione microbica per consumare il contenuto organico di un liquido o soluzione: rappresenta, dunque, una<br />

misura a grandi linee di quanto un effluente sia “difficile da smaltire” a livello ambientale. Con i suoi 27-60 g/l, il siero di<br />

latte supera ampiamente il limite di 0,6 g/l imposto dall’UE per le fognature non trattate.<br />

Fortunatamente, proprio in virtù di questo suo abbondante contenuto organico, il siero di latte ha numerose vie di<br />

valorizzazione e sfruttamento possibili.<br />

di riciclo di questa sostanza è la sua<br />

essiccazione per ottenere una polvere<br />

usata come additivo in mangimi o<br />

integratori (spesso viene modificata<br />

preventivamente la composizione<br />

percentuale di lattosio o proteine così da<br />

avere differenti specifiche). Nonostante<br />

questa via sia relativamente semplice<br />

e vantaggiosa, ignora la vera ricchezza<br />

di questo scarto, ovvero una varietà di<br />

proteine ad alto valore aggiunto dalle<br />

molte applicazioni in campo medico<br />

e nutraceutico. È stato osservato che<br />

anche solo sottoporre il siero a un<br />

primo passaggio di idrolisi (quindi di<br />

rottura delle proteine più grandi) porta<br />

alla solubilizzazione di aminoacidi<br />

rari come il triptofano e la cisteina<br />

e alla produzione di peptidi bioattivi,<br />

corte catene (da 2 a 20 AA) dagli effetti<br />

antitensivi, antimicrobici, antiossidanti e<br />

immunomodulatori. Con un tale bacino<br />

di possibilità, sembra quasi uno spreco<br />

limitarsi a vendere la polvere di siero<br />

come tale, ma non sempre la via più<br />

affascinante e benefica è anche la più<br />

perseguibile commercialmente, anche<br />

se una maggiore consapevolezza e<br />

informazione del produttore può aiutare<br />

a prendere una scelta più articolata e<br />

vantaggiosa nel lungo termine.<br />

L’industria dei nutraceutici può trarre<br />

enorme vantaggio dai peptidi bioattivi<br />

ricavabili dal siero: basti pensare<br />

a quante persone soffrono di alta<br />

pressione o a quanto ci si senta a volte<br />

bombardati da concetti come “radicali<br />

liberi” e “invecchiamento cellulare”. Ma<br />

per quanto potenzialmente remunerative,<br />

queste strategie di valorizzazione non<br />

sono le sole né le più proiettate al futuro.<br />

UTILIZZO DI<br />

MICRORGANISMI<br />

Spesso è stato sfruttato il meccanismo<br />

innato dell’induzione, una strategia<br />

che permette a un microorganismo<br />

di produrre un set di enzimi se rileva<br />

un dato composto nel suo ambiente.<br />

Tipicamente questi enzimi servono al<br />

batterio o al lievito in questione per<br />

consumare la data molecola (secondo la<br />

logica “posso mangiarlo ma mi fabbrico<br />

gli strumenti per farlo solo se lo rilevo”)<br />

ma con l’ingegneria genetica posso<br />

rimpiazzare i geni nativi che vengono<br />

espressi, con altri geni di mio interesse<br />

(esempio principe, l’insulina: dagli anni<br />

’80 è prodotta per via batterica). Con<br />

questa strategia si possono produrre<br />

proteine utili come enzimi, anticorpi<br />

o ormoni ma sono state progettate<br />

strategie anche per produrre etanolo o<br />

idrogeno, sempre a partire da versioni<br />

modificate del noto Escherichia coli che<br />

tutti noi ospitiamo nel nostro intestino.<br />

In un futuro prossimo le industrie<br />

casearie e i piccoli produttori potrebbero<br />

rifornire le biofabbriche con il loro<br />

principale prodotto di scarto, il siero,<br />

che verrebbe interamente valorizzato<br />

in un’economia che valuta non solo il<br />

profitto, ma il ciclo vitale della materia<br />

prima nella sua totalità: le possibilità<br />

esistono e possono già diventare realtà.<br />

Riferimenti<br />

• www.greengrowthknowledge.org;<br />

• https://ec.europa.eu “Bioeconomy: the European<br />

way to use our natural resources” e “Green and<br />

sustainable chemistry: framework manual”, United<br />

Nations Environment Programme);<br />

• Madadlou, Abbaspourrad (2018) Bioactive<br />

whey peptide particles: An emerging class of<br />

nutraceutical carriers; Taylor &Francis;<br />

• Mann (2019) Whey Proteins: Bioactive Peptides<br />

from Whey Proteins;<br />

• Hermann Mobayed, Carraro Nunes et al<br />

(2020) Effect of by-products from the dairy<br />

industry as alternative inducers of recombinant<br />

b-galactosidase expression. Biotechnol Lett.<br />

35


Vescicole extracellulari,<br />

nanostrumenti delle mele<br />

Le nano-vescicole<br />

provenienti da Malus<br />

domestica possono essere<br />

impiegate con successo in medicina<br />

rigenerativa, nutraceutica e<br />

cosmetica, a iniziare dalla loro<br />

applicazione come antinfiammatori<br />

e anti aging<br />

36<br />

Martina Trentini<br />

Università di Ferrara e Consorzio<br />

Innovazione Frutta<br />

La comunicazione fra cellule è un sistema<br />

complesso, in cui entrano in gioco fattori<br />

in grado di regolare le funzionalità<br />

cellulari attraverso diversi tipi di segnale.<br />

Le nano-vescicole (NV) rappresentano<br />

una di queste modalità comunicative.<br />

Sono formate da un doppio strato lipidico<br />

che avvolge un carico bioattivo, collocato<br />

nella cellula di origine e consegnato alla<br />

cellula ricevente, come un messaggio.<br />

In anni recenti, le nano-vescicole di<br />

origine umana hanno interessato la<br />

medicina nei suoi diversi ambiti: dalla<br />

rigenerazione dei tessuti al trasporto<br />

mirato di farmaci, all’utilizzo come biomarcatori<br />

di svariate malattie. Tuttavia<br />

non esistono solo vescicole prodotte da<br />

cellule umane, ma anzi queste vengono<br />

prodotte da cellule sia animali che<br />

vegetali, fungine e batteriche.<br />

COMUNICAZIONE<br />

A PIÙ LIVELLI<br />

Una collaborazione fra la prof.ssa<br />

Barbara Zavan, del Dipartimento di<br />

medicina traslazionale e per la Romagna<br />

dell’Università di Ferrara, e il Consorzio<br />

Melinda porta avanti uno studio<br />

funzionale e applicativo riguardante<br />

le nano-vescicole di origine vegetale<br />

(PDNVs).<br />

Le PDNVs hanno un ruolo fondamentale<br />

nella regolazione dei meccanismi<br />

fisiologici delle piante attraverso il<br />

trasporto intercellulare di proteine<br />

e oligonucleotidi. È stato dimostrato<br />

da diversi studi come le PDNVs siano<br />

in grado non solo di agevolare la<br />

comunicazione fra cellule all’interno<br />

della stessa pianta, ma di trasportare il<br />

loro messaggio anche verso cellule di<br />

altre specie, non vegetali. Esse possono<br />

recapitare messaggi a funghi e batteri<br />

simbiotici che abitano la rizosfera<br />

e combattere fitopatogeni. Questo<br />

tipo di comunicazione si definisce<br />

“comunicazione inter-regno”, ovvero che<br />

avviene fra il regno delle piante e quello<br />

fungino.<br />

La trasmissione di messaggi non si<br />

ferma al regno dei funghi ma si estende<br />

anche a quello degli animali. È stata<br />

dimostrata sia in vitro che in vivo la<br />

capacità delle PDNVs di interagire e<br />

comunicare con cellule umane e murine.<br />

Tale capacità ha notevoli implicazioni in<br />

ambito medico e agroalimentare, tant’è<br />

che molti centri di ricerca ora ne stanno<br />

esplorando le possibili applicazioni.<br />

NANO-VESCICOLE<br />

DALLA MELA<br />

La mela (Malus domestica sp.) è un<br />

noto frutto di rilevanza economica<br />

ed ecologica. Secondo il rapporto<br />

“Prognosfruit 2022”, i paesi dell’Unione<br />

europea hanno raccolto 12,2 milioni<br />

di tonnellate di mele fresche nel 2022.<br />

Tale produzione genera anche una<br />

notevole quantità di frutta di scarto


makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />

a cui è necessario dare nuova vita.<br />

Il nostro interesse per le PDNVs è<br />

quindi partito dal frutto di mela, dalla<br />

cui polpa abbiamo isolato le nanovescicole<br />

tramite un sistema efficace<br />

e scalabile di isolamento, messo a<br />

punto appositamente. Il processo ideato<br />

garantisce una ottima resa e purezza,<br />

superiore ai metodi considerati golden<br />

standard. Il metodo di estrazione è<br />

ben adattabile a diversi tipi di matrici<br />

vegetali. Abbiamo infatti estratto<br />

vescicole anche da altri frutti, come<br />

mirtilli e lamponi, radici, come la<br />

curcuma, e piante verdi, come il basilico.<br />

Abbiamo potuto osservare, tramite un<br />

modello in vitro, che le nano-vescicole<br />

derivate da mela (ADNVs) sono in grado<br />

di interagire con cellule umane di origine<br />

dermica, neuronale e immunitaria<br />

(figura 1a). Il loro effetto sulle cellule del<br />

sistema immunitario ha portato a una<br />

riduzione di fattori pro-infiammatori<br />

come le citochine, fra cui l’interleuchina<br />

1β e l’interleuchina 1α (Figura 1b).<br />

Una riduzione dell’infiammazione<br />

favorisce il risanamento di ferite e<br />

lacerazioni. Questo risultato suggerisce<br />

che le ADNVs hanno un effetto<br />

immunomodulante su cellule di origine<br />

umana, e possono quindi essere<br />

applicate nella rigenerazione dei tessuti.<br />

FUNZIONE ANTIAGING<br />

Questa proprietà antinfiammatoria può<br />

essere estesa non solo a diversi ambiti<br />

medici ma anche all’ambito cosmetico.<br />

La causa dei segni dell’invecchiamento<br />

è da ricercarsi nel decadimento della<br />

struttura del derma, composto da<br />

fibroblasti e matrice extracellulare. Lo<br />

stress ossidativo è un evento biochimico<br />

fondamentale che induce il degrado<br />

e la disorganizzazione della matrice<br />

extracellulare, provocando anche<br />

infiammazione. Secondo i nostri studi,<br />

una somministrazione di ADNVs su<br />

cellule del derma è in grado di ridurre<br />

lo stress ossidativo, aumentare la<br />

produzione di matrice extracellulare e<br />

dunque di migliorare l’elasticità della<br />

pelle (Figura 1c e 1d). Questo può avere<br />

dei riscontri interessanti nell’ambito<br />

della protezione cutanea da fotoinvecchiamento,<br />

provocato dai raggi UV e<br />

del mantenimento del tono.<br />

Un altro beneficio fondamentale delle<br />

ADNVs è che sono in grado di bypassare<br />

il sistema gastrico e la barriera<br />

ematoencefalica. Quindi:<br />

i) possono essere somministrate per via<br />

orale e assorbite nell’intestino;<br />

ii) tramite il flusso sanguigno hanno<br />

accesso al cervello, cosa che molte<br />

cure per le malattie neurodegenerative<br />

faticano ad ottenere. Questo aspetto,<br />

unito al fatto che il loro contenuto<br />

può essere modificato, risulta<br />

particolarmente utile in ambito<br />

farmaceutico, quando i composti<br />

sono difficilmente assimilabili dal<br />

corpo umano. L’inclusione di molecole<br />

di interesse in vescicole lipidiche<br />

permette il superamento dei problemi<br />

di biodisponibilità del farmaco e gli<br />

effetti off-target. Inoltre, in ambito<br />

nutraceutico la resistenza delle ADNVs ai<br />

succhi gastrici costituisce un vantaggio<br />

notevole per recapitare sostanze<br />

all’intestino, in aggiunta all’intrinseco<br />

potere antinfiammatorio.<br />

Attività svolta nell’ambito del Progetto di Ricerca<br />

‘MeByC’ Accordo di Sviluppo Melinda-MIMIT-<br />

Provincia Autonoma di Trento (CDS001000)<br />

Bibliografia<br />

Scansiona il QR code per lo bibliografia completa:<br />

A B C D<br />

INTERLEUCHINE<br />

ROS<br />

COLLAGENE<br />

Immagine al microscopio di un<br />

macrofago, cellula del sistema<br />

immunitario, evidenziata in verde. In<br />

rosso è possibile vedere le ADNVs<br />

internalizzate dalla cellula, segnalate<br />

in punta a una freccia bianca.<br />

GENE EXPRESSION (2 -ΔΔCT )<br />

1.5<br />

1.0<br />

0.5<br />

40<br />

2.5<br />

*<br />

*** ***<br />

*<br />

2.0<br />

30<br />

1.5<br />

20<br />

1.0<br />

10<br />

0.5<br />

Grafico rappresentante<br />

l’espressione genica di citochine<br />

pro-infiammatorie (IL1α e IL1β) in<br />

cellule trattate con ADNVs rispetto<br />

al controllo.<br />

CONTROL<br />

ROS-POSITIVE CELLS %<br />

0.0 0<br />

0.0<br />

IL1α<br />

IL1β<br />

Percentuale di cellule contenenti<br />

livelli rilevabili di specie reattive<br />

dell’ossigeno (ROS).<br />

+ ADNVs<br />

Control<br />

+ ADNVS<br />

GENE EXPRESSION (2 -ΔΔCT )<br />

COL1<br />

**<br />

COL3<br />

Grafico rappresentante<br />

l’espressione genica di due catene<br />

di collagene (COL1 e COL3).<br />

In ciascun grafico è riportata la<br />

significatività statistica come<br />

p-value: *


Insetti medicinali<br />

le prospettive dell’entomoterapia<br />

ento<br />

L’USO DI INSETTI A SCOPO TERAPEUTICO È UNA PRATICA<br />

TRADIZIONALE IN MOLTI PAESI DEL MONDO CHE STA ORA<br />

SUSCITANDO GRANDE INTERESSE ANCHE NEL SETTORE<br />

FARMACEUTICO<br />

Simone Montonati<br />

38<br />

Sebbene nel mondo vengano utilizzate oltre 2.000 specie di<br />

insetti a scopo alimentare, le conoscenze scientifiche sul loro<br />

impiego in campo medico sono ancora piuttosto limitate. In<br />

letteratura sono riportati esempi di trattamenti medici con<br />

insetti risalenti a oltre 3.000 anni fa, come l’utilizzo dei bachi da<br />

seta in Cina o più recentemente l’impiego dei vermi da parte dei<br />

Maya per curare i tessuti in decomposizione. Sebbene l’avvento<br />

in epoca moderna della medicina di sintesi, soprattutto nei<br />

Paesi occidentali, abbia progressivamente ridotto l’importanza<br />

delle tecniche curative tradizionali, l’entomoterapia – ovvero<br />

l’impiego di insetti a scopi terapeutici – resta una pratica ancora<br />

molto diffusa, particolarmente nelle aree in cui l’accesso alle<br />

soluzioni di medicina moderna è fortemente limitato. Secondo<br />

una recente review, sono stati documentati circa 1.000 insetti<br />

impiegati per le loro proprietà medicinali in diversi Paesi in tutto<br />

il mondo, tra cui Africa, India, Giappone, Corea, Sud America,<br />

Spagna, Tibet e Turchia: api, vespe, formiche, mosche, scarafaggi,<br />

termiti, scarabei, grilli, farfalle e falene, una vasta fonte di<br />

prodotti utilizzati per il trattamento di una gamma di condizioni


mo<br />

(ne sono state descritte almeno 50) che include malattie<br />

infettive e parassitarie, disturbi del sangue e degli organi<br />

ematopoietici, disturbi endocrini, nutrizionali e metabolici,<br />

disturbi mentali e neurologici, malattie oftalmiche,<br />

cardiocircolatorie, dell’apparato respiratorio, digestivo,<br />

della pelle, del sistema scheletrico-muscolare, disturbi<br />

genitali e urinari, patologie in gravidanza, malformazioni<br />

congenite, conseguenze di traumi ed avvelenamenti,<br />

fino alle neoplasie. In Italia, uno spinoff<br />

dell’Università di Firenze fornisce insetti<br />

e i loro prodotti “per la diagnosi e la<br />

terapia di problematiche di tipo<br />

sanitario ed ambientale”.<br />

makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />

DALLA<br />

TRADIZIONE AL<br />

LABORATORIO<br />

Recentemente gli insetti medicinali hanno attirato anche<br />

l’attenzione dei ricercatori farmaceutici attratti dalla varietà<br />

di molecole bioattive potenzialmente impiegabili in campo<br />

farmaceutico, nutraceutico e cosmetico: proteine, lipidi,<br />

carboidrati, acidi nucleici, vitamine, minerali, ma anche enzimi,<br />

ormoni, pigmenti, flavonoidi, alcaloidi fino a parti miste<br />

dell’animale come il microbiota o le sue escrezioni e secrezioni<br />

– miele, propoli o veleni – o perfino altri organismi associati agli<br />

insetti, come lievito, funghi e batteri.<br />

Sulla base di evidenze ottenute in studi preclinici (quelli<br />

sull’uomo sono stati giudicati inattendibili), un team<br />

dell’Università di Teramo ha pubblicato un articolo su “ Nutrition<br />

research review” (della Cambridge University) che mostra come<br />

“gli insetti edibili siano una fonte promettente di composti biofunzionali<br />

in grado di esercitare un’azione antiossidante, antiinfiammatoria<br />

e di modulare il metabolismo lipidico e glicemico”.<br />

Uno studio pubblicato quest’anno sulla rivista scientifica<br />

Heliyon a opera di ricercatori provenienti da istituti di ricerca<br />

in Germania, Cina, Brasile, Russia e Ghana, calcola che in<br />

letteratura vi siano almeno 235 specie di insetti di cui è stata<br />

dimostrata l’efficacia, non solo dalla medicina popolare. Di<br />

queste, il maggior numero (62)<br />

appartiene all’ordine degli imenotteri<br />

(api, vespe e formiche), seguito dai<br />

coleotteri (47 specie), ortotteri (cavallette,<br />

locuste e grilli, 28 specie), lepidotteri (farfalle e<br />

falene, 23 specie) e blattoidei (scarafaggi e affini, 21<br />

specie).<br />

Secondo la review, gli studi si sono finora concentrati sul<br />

potenziale antibatterico (circa il 65% delle ricerche totali), con<br />

risultati promettenti. Almeno 30 specie di batteri patogeni si<br />

sarebbero rivelati sensibili a qualche derivato degli insetti.<br />

Tra queste vi sono batteri molto diffusi come i generi Bacillus,<br />

Staphylococcus, Helicobacter, Escherichia (coli), Salmonella<br />

(enterica), Enterobacter, Enterococcus, Listeria ed Haemophilus<br />

(influenzae). Anche 13 specie di funghi, cinque virus (tra cui<br />

i responsabili dell’epatite A e B, dell’herpes e della febbre<br />

della Rift Valley) e dieci parassiti (come Trypanosoma cruzi,<br />

Leishmania sp. e Plasmodium sp.) potrebbero essere inibiti dai<br />

derivati degli insetti. I principi attivi con attività antimicrobica<br />

isolati dagli insetti sono principalmente peptidi antimicrobici<br />

come coprisin, lebocin, drosocin, pronectin e cecropin ma anche<br />

alcuni acidi grassi insaturi, lectine, lisosomi e terpenoidi hanno<br />

dimostrato effetti antivirali e antibatterici. Anche microrganismi<br />

associati agli insetti, come gli actinomiceti isolati dalle termiti<br />

o la melanina prodotta dai lieviti nei bombi, mostrano attività<br />

antimicrobica.<br />

39


tera<br />

INSETTI<br />

ANTITUMORALI<br />

Un aspetto particolarmente suggestivo è<br />

rappresentato dal possibile contributo degli<br />

insetti alla lotta contro le neoplasie. Secondo gli<br />

autori della ricerca sono stati documentati almeno 15<br />

tipi di proprietà antitumorali da estratti di origine entomologica,<br />

impiegabili contro il cancro al seno, al fegato, al colon, ai<br />

polmoni, alle ovaie, al pancreas, nonché esofageo, cervicale<br />

e leucemico. L’attività antitumorale si esprime da un lato<br />

attraverso un’azione diretta, ad esempio inibendo l’adesione<br />

delle cellule tumorali o rallentandone la migrazione, oppure<br />

interrompendo la proliferazione o inducendo apoptosi; dall’altro<br />

in maniera indiretta, per effetto delle proprietà antiossidanti,<br />

antinfiammatorie e immunomodulanti delle molecole estratte.<br />

Tra i composti che hanno guadagnato particolare attenzione<br />

vi sono cordycepin e cecropin, derivati dai bachi da seta, e<br />

cantharidin, originata dai blister (coleotteri che producono una<br />

sostanza tossica a scopo difensivo,). Per quest’ultima è stata<br />

sviluppata una variante sintetica poiché la versione naturale<br />

presenta alcuni effetti collaterali tossici. Secondo i ricercatori,<br />

anche l’insetto Eupolyphaga sinensis (uno scarafaggio senza ali<br />

dell’area occidentale cinese) è noto come medicina tradizionale<br />

antitumorale. Dagli studi condotti, i principi attivi responsabili<br />

dell’attività antitumorale sono un polisaccaride e una proteina<br />

denominata EPS72. Di recente, anche derivati di chitosano<br />

isolate da scarabeidi e mosche carnivore sono risultati efficaci<br />

contro i tumori.<br />

Non è detto comunque che gli insetti e i derivati indicati siano<br />

necessariamente i migliori nel loro campo. La scelta delle<br />

specie risulta infatti fortemente influenzata dalla tradizione<br />

locale e dalla disponibilità dell’ambiente. In Burkina Faso, ad<br />

esempio, il trattamento di 78 diverse malattie è affidato a soli 19<br />

insetti, mentre nel nord-est dell’India 12 specie di insetti curano<br />

un’ampia gamma di malattie sia negli umani che negli animali<br />

domestici e in Bangladesh il ventaglio di insetti per curare tosse,<br />

febbre, ustioni e malattie gastrointestinali è limitato a nove<br />

specie. Del migliaio di specie complessivamente descritte, 50<br />

sarebbero sufficienti a coprire l’intero ventaglio di condizioni<br />

mediche preso in considerazione.<br />

PRODURRE<br />

INSETTI<br />

SU SCALA<br />

INDUSTRIALE<br />

Sebbene potenzialmente efficace, l’utilizzo degli insetti per scopi<br />

medici su vasta scala è tutt’altro che semplice. Al momento,<br />

più del 90% degli insetti commestibili viene raccolto in natura<br />

mettendo sotto pressione le popolazioni selvatiche fino a metterne<br />

a rischio la sopravvivenza. Lo sfruttamento intensivo delle<br />

larve come risorsa anticancro, ad esempio, ha spinto sull’orlo<br />

dell’estinzione la farfalla fantasma cinese (nota per essere stata<br />

inserita nella dieta delle atlete cinesi detentrici di alcuni record<br />

mondiali) che vive solo in uno specifico altipiano del Tibet, tra i<br />

3.500 e i 5.000 metri. Anche le larve dei bruchi di bambù, come<br />

Omphisa fuscidentalis, sono minacciate dai metodi di raccolta<br />

tradizionale che prevedono l’abbattimento dell’intero cespuglio<br />

della pianta. Va anche considerato che questo fenomeno mette<br />

in pericolo tutte le altre specie legate a quella “medicale”, ad<br />

esempio eventuali predatori o le piante che vi si affidano per<br />

l’impollinazione.<br />

La raccolta degli animali in natura, peraltro, pone una serie di<br />

problematiche importanti, a iniziare dall’estrema variabilità della<br />

loro composizione, un ostacolo non trascurabile alla produzione<br />

standardizzata. A incidere sulle qualità curative degli insetti, oltre<br />

alla naturale variabilità tra individui, vi sono diversi fattori come<br />

40


makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />

la fase del ciclo vitale, il sesso, l’ora e il luogo della raccolta. Ad<br />

esempio, di Bombyx mori (la falena del baco da seta) può essere<br />

utilizzato in medicina solo il maschio adulto appena uscito dal<br />

bozzolo, cui devono essere asportate ali e zampe, mentre il<br />

momento migliore per raccogliere il coleottero Mylabris è il primo<br />

mese d’autunno, tra le spine di piante specifiche. In alcuni casi gli<br />

insetti non sono sempre disponibili. In Repubblica del Congo e in<br />

Uganda le locuste migratrici e le termini si trovano solo in alcuni<br />

mesi dell’anno.<br />

INSECT FARMING<br />

Rispetto all’uso alimentare, l’impiego degli insetti per scopi<br />

medicinali impone anche una serie di attenzioni aggiuntive<br />

che – in un contesto produttivo normato – potrebbero essere<br />

incompatibili con metodi di raccolta naturali. Gli animali raccolti<br />

sul campo, infatti, presentano spesso rischi per la salute perché le<br />

loro condizioni dipendono strettamente dalla qualità dell’ambiente<br />

in cui vivono. In un’area inquinata possono accumulare sostanze<br />

nocive come metalli pesanti, pesticidi, antibiotici e tossine, oppure<br />

possono trasformarsi in vettori di agenti patogeni.<br />

Per ovviare a parte di questi problemi molte specie vengono<br />

appositamente allevate, come le api del miele e i bachi da seta ma<br />

non sempre questo è possibile. Sembra che l’addomesticamento<br />

degli insetti risalga a 7.000 anni fa ma solo per alcune specie<br />

il passaggio alla cattività ha avuto successo: è il caso di grilli,<br />

vermi della farina e scarafaggi (è stato riportato che una fattoria<br />

nello Shandong, in Cina, produce 20 tonnellate di scarafaggi<br />

secchi all’anno). In alcuni casi è possibile ricorrere a un metodo<br />

intermedio: locuste, vespe e libellule vengono cresciute per una<br />

parte del loro ciclo vitale in condizioni controllate e poi liberate. In<br />

prospettiva, un’alternativa interessante potrebbe essere quella di<br />

identificare gli ingredienti attivi contenuti negli insetti e sviluppare<br />

metodi di sintesi industriale. Ad esempio, per ridurre la pressione<br />

sulle larve selvatiche di falena fantasma vengono ora ampiamente<br />

utilizzati gli estratti fermentati dei funghi Cordyceps sinensis.<br />

LINEE DI PRODUZIONE<br />

Tradizionalmente gli insetti medicinali venivano preparati<br />

semplicemente essiccandoli al sole e poi facendoli bollire<br />

o friggere prima dell’uso. Tuttavia questi metodi non<br />

sono sufficientemente igienici ed espongono i prodotti a<br />

contaminazione microbica. Con lo sviluppo dell’industria a scopo<br />

alimentare sono stati introdotti metodi più avanzati come la<br />

liofilizzazione, l’essiccazione in letti fluidi e la cottura in forno<br />

o a microonde. Per ottenere l’estrazione di proteine, lipidi e<br />

chitina vengono poi applicate tecniche di pressatura, estrazione<br />

assistita da ultrasuoni, plasma freddo e frazionamento a secco.<br />

Per ottenere prodotti medicinali, però, è necessaria un’ulteriore<br />

lavorazione per concentrare i componenti attivi. La progettazione<br />

dei flussi di lavoro, inoltre, deve essere estremamente precisa.<br />

Il successo dell’allevamento intensivo come risorsa medicinale<br />

dipende infatti dalla capacità di controllare con precisione le<br />

condizioni ambientali negli impianti di produzione. Aspetti come<br />

il bilancio energetico e di massa, la logistica e il tipo di processo<br />

adottato devono essere attentamente progettati fin dall’inizio<br />

per ottimizzare la resa garantendo nel contempo condizioni<br />

adatte alle esigenze degli insetti. A tal fine possono rivelarsi utili<br />

strumenti come l’analisi del ciclo di vita, i sistemi di modellazione<br />

e simulazione, la risk analysis e un approccio di “agricoltura di<br />

precisione”, basato sulla continua raccolta di dati e il monitoraggio<br />

in real time.<br />

Anche l’imballaggio gioca un ruolo chiave nel garantire qualità e<br />

sicurezza. Gli insetti ricchi di lipidi, infatti, rischiano facilmente di<br />

ossidarsi durante le fasi di lavorazione e stoccaggio, dando vita a<br />

sostanze potenzialmente tossiche. L’impiego di antiossidanti e di<br />

tecniche di confezionamento sottovuoto o in atmosfera protettiva<br />

si sono dimostrate efficaci per prevenire questo fenomeno. Anche<br />

un adeguato controllo dell’umidità può aiutare a inibire la crescita<br />

microbica, mantenendo intatte nel tempo le proprietà e l’attività<br />

degli insetti medicinali.<br />

Sebbene promettenti, prima che gli insetti diventino uno<br />

strumento efficace a disposizione dell’industria farmaceutica<br />

devono dunque essere risolti diversi problemi: sul lato clinico,<br />

con studi su larga scala che confermino efficacia e sicurezza<br />

sull’uomo di questi trattamenti, su quello ecologico, per evitare<br />

pressione sull’ambiente naturale e la competizione con la raccolta<br />

a scopo alimentare, e su quello produttivo, con soluzioni innovative<br />

che soddisfino le esigenze di un livello industriale garantendo la<br />

conformità alle restrittive norme del settore.<br />

pia<br />

41


VERSO L’ERA<br />

DELLA NUTRIZIONE<br />

PERSONALIZZATA<br />

L’era del one size fits all è finita anche in<br />

nutrizione. Grazie alle scienze omiche,<br />

supplementi, integratori, botanicals – ma<br />

anche i regimi alimentari – potranno<br />

essere adattati alle esigenze dei singoli<br />

individui<br />

Valentina Guidi<br />

Hellas Cena, professoressa universitaria, responsabile<br />

del Laboratorio di dietetica e nutrizione clinica presso il<br />

Dipartimento di sanità pubblica, medicina sperimentale<br />

e forense dell’Università degli studi di Pavia, nonché<br />

responsabile dell’Unità di nutrizione clinica ICS<br />

Maugeri (Irccs Pavia)<br />

Salute, benessere, bellezza:<br />

attraverso l’alimentazione<br />

ci prendiamo cura di<br />

molto più che del solo<br />

fabbisogno energetico. Gli<br />

alimenti contengono infatti<br />

molecole di grande valore<br />

che possono entrare a far<br />

parte della formulazione<br />

di farmaci, integratori<br />

e cosmetici o essere<br />

impiegate per fortificare<br />

prodotti alimentari. Oppure<br />

possono diventare il<br />

fulcro di diete specifiche<br />

che si trasformano in<br />

vere e proprie terapie<br />

per particolari condizioni<br />

cliniche. Questi sono solo<br />

alcuni degli argomenti che<br />

abbiamo affrontato con<br />

Hellas Cena, professoressa<br />

universitaria, responsabile<br />

del Laboratorio di dietetica<br />

e nutrizione clinica<br />

presso il Dipartimento di<br />

sanità pubblica, medicina<br />

sperimentale e forense<br />

dell’Università degli studi di<br />

Pavia, nonché responsabile<br />

dell’Unità di nutrizione<br />

clinica ICS Maugeri (Irccs<br />

42


makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />

Pavia) e più volte visiting<br />

professor presso la Harvard<br />

University.<br />

Si parla molto di<br />

nutraceutica e superfood:<br />

quando le molecole<br />

contenute negli alimenti<br />

possono essere definite<br />

funzionali?<br />

L’obiettivo principale<br />

dell’alimentazione è<br />

sopperire al nostro<br />

fabbisogno energetico<br />

e di principi nutritivi<br />

attraverso l’assunzione<br />

di macronutrienti – come<br />

carboidrati, proteine e<br />

lipidi – e di micronutrienti,<br />

cioè vitamine e sali<br />

minerali. Ma negli alimenti<br />

sono contenute anche<br />

molecole che vengono<br />

definite “non nutrienti”.<br />

Pur non contribuendo alla<br />

soddisfazione del nostro<br />

fabbisogno energetico, i<br />

non nutrienti sono molecole<br />

funzionali, svolgono<br />

cioè delle funzioni molto<br />

importanti per la nostra<br />

salute. Pensiamo ad<br />

esempio ai polifenoli o<br />

alla lattoferrina, molecole<br />

dagli effetti antiossidanti e<br />

antinfiammatori ampiamente<br />

dimostrati, la prima di<br />

origine vegetale, la seconda<br />

animale. Il consumo di<br />

alimenti, quindi, garantisce<br />

l’assunzione di più tipologie<br />

di nutrienti e molecole<br />

bioattive che spesso<br />

hanno azioni sinergiche a<br />

favore della nostra salute,<br />

soprattutto se la dieta è<br />

equilibrata.<br />

“<br />

I non nutrienti<br />

sono molecole<br />

funzionali,<br />

svolgono cioè<br />

delle funzioni<br />

molto importanti<br />

per la nostra<br />

salute<br />

In questo senso possono<br />

aiutarci i nutraceutici.<br />

Si tratta di una moda<br />

passeggera oppure è un<br />

nuovo approccio destinato<br />

a entrare nelle nostre<br />

abitudini?<br />

Sicuramente al momento<br />

la nutraceutica è di moda,<br />

ma è molto più di questo. Gli<br />

integratori sono un nuovo<br />

modo per raggiungere<br />

salute e benessere – anche<br />

quando la dieta non è<br />

sufficiente – che prevedo<br />

prenderà sempre più<br />

piede nel prossimo futuro<br />

per diversi motivi. Uno è<br />

certamente economico:<br />

quello dei nutraceutici<br />

è un grande business e<br />

promette di diventarlo<br />

sempre di più. Tuttavia<br />

vi sono anche ragioni<br />

collegate alla sostenibilità<br />

ambientale. I processi di<br />

estrazione di molecole con<br />

valore nutraceutico possono<br />

infatti essere applicati<br />

efficacemente agli scarti,<br />

soprattutto a quelli della<br />

filiera agroalimentare. In<br />

questo modo si possono<br />

estrarre molecole attive<br />

da utilizzare in prodotti<br />

alimentari, cosmetici,<br />

farmaceutici o anche nel<br />

packaging, andando di<br />

pari passo con i principi<br />

dell’economia circolare e<br />

alleggerendo così l’impatto<br />

ambientale di una filiera<br />

che è al primo posto nella<br />

produzione di anidride<br />

carbonica.<br />

Vi è poi una ragione sociale:<br />

la popolazione italiana è<br />

sempre più anziana e, in<br />

quanto tale, ha bisogni<br />

nutrizionali specifici. Questi<br />

bisogni sono spesso difficili<br />

da soddisfare per diversi<br />

motivi, dal costo elevato degli<br />

alimenti con maggiore valore<br />

“<br />

La popolazione<br />

italiana è sempre<br />

più anziana<br />

e, in quanto<br />

tale, ha bisogni<br />

nutrizionali<br />

specifici<br />

nutrizionale, come pesce,<br />

frutta e verdura di qualità,<br />

alla difficoltà nel cambiare<br />

abitudini in età avanzata.<br />

Evitare la malnutrizione in<br />

questa fascia di popolazione<br />

è particolarmente<br />

importante per favorire<br />

un livello di benessere<br />

più elevato e mantenere<br />

uno stato nutrizionale<br />

adeguato. In questo modo<br />

viene anche favorito il<br />

raggiungimento di una<br />

maggiore resilienza che può<br />

ridurre l’impatto di malattie<br />

cronico degenerative ma<br />

anche infettive, come la<br />

pandemia di Covid-19 ha<br />

tristemente dimostrato,<br />

ed evitare il sovraccarico<br />

del Sistema sanitario<br />

nazionale. In generale, le<br />

fasce di popolazione a cui la<br />

nutraceutica può portare un<br />

vero valore aggiunto sono<br />

quelle fragili: pensiamo<br />

quindi anche all’età<br />

evolutiva, sempre più colpita<br />

dal problema dell’obesità<br />

infantile, con pattern dietetici<br />

poco bilanciati e poveri da un<br />

punto di vista nutrizionale.<br />

Infine c’è un’importante<br />

motivazione scientifica: il<br />

mercato degli integratori<br />

oggi è molto, forse troppo<br />

variegato. Si passa dalle<br />

vitamine alle proteine, dai<br />

fitoterapici ai microrganismi,<br />

senza una legislazione<br />

che obblighi a dimostrare<br />

l’efficacia dei preparati o la<br />

presenza di potenziali effetti<br />

avversi. Si rendono quindi<br />

necessari un maggiore<br />

rigore scientifico nel rinnovo<br />

dei metodi estrattivi e nelle<br />

43


icerche sul prodotto e<br />

una maggiore chiarezza<br />

nella classificazione. Ad<br />

esempio sarebbe utile<br />

distinguere più nettamente<br />

tra un supplemento come<br />

il ferro, la cui assunzione è<br />

necessaria in condizioni di<br />

carenza, e un integratore<br />

come un antiossidante, che<br />

mira invece a migliorare<br />

la funzionalità generale<br />

dell’organismo. Senza<br />

dimenticare le molecole<br />

bioattive come i fitoestratti,<br />

in alcuni casi veri e propri<br />

principi attivi con azione<br />

terapeutica.<br />

Le molecole funzionali<br />

possono quindi avere anche<br />

un’azione terapeutica<br />

e rientrare nella<br />

formulazione di farmaci?<br />

Certo. Pensiamo ad<br />

esempio alla melatonina<br />

o alla vitamina D. A bassi<br />

dosaggi questi composti<br />

sono considerati integratori<br />

alimentari che possiamo<br />

acquistare anche al<br />

supermercato, mentre a<br />

dosaggi più elevati sono<br />

farmaci. Il limite del<br />

dosaggio è comunque una<br />

discriminante piuttosto<br />

labile per distinguere tra<br />

ciò che è farmaco e ciò<br />

che non lo è, visto che<br />

varia in base al Paese che<br />

prendiamo in considerazione.<br />

Un confine più marcato<br />

è invece quello stabilito<br />

dagli studi clinici che<br />

valutano la biodisponibilità<br />

di un composto, oltre che<br />

l’efficacia e la comparsa<br />

di effetti avversi in base<br />

al dosaggio e ai tempi di<br />

“<br />

La dieta può<br />

svolgere azioni<br />

terapeutiche o<br />

coadiuvanti la<br />

terapia<br />

somministrazione. È il caso<br />

della curcumina, le cui note<br />

proprietà farmacologiche<br />

faticano a esprimersi<br />

nell’uomo a meno che non<br />

sia coniugata con altre<br />

molecole che le permettono<br />

di arrivare alla cellula e<br />

svolgere la propria azione.<br />

Infine anche la dieta può<br />

svolgere azioni terapeutiche<br />

o coadiuvanti la terapia,<br />

specialmente laddove ci<br />

sia ancora molto da fare<br />

e poco da proporre ai<br />

pazienti affetti da malattie<br />

non trasmissibili, come<br />

quelle neurodegenerative.<br />

Un esempio è la Mind Diet<br />

elaborata da Martha Morris,<br />

ex direttrice della Sezione di<br />

nutrizione ed epidemiologia<br />

nutrizionale presso il<br />

Dipartimento di medicina<br />

interna del Rush University<br />

medical center di Chicago<br />

che, dopo venti anni di studio<br />

sul morbo di Alzheimer, ha<br />

messo a punto una dieta<br />

che fonde alcuni elementi<br />

di quella mediterranea<br />

con altri della dieta Dash<br />

(Dietary approaches to<br />

stop hypertension), con<br />

particolare attenzione ad<br />

alimenti contenenti vitamine<br />

del gruppo B, antiossidanti<br />

di origine vegetale e omega<br />

3. Studi scientifici hanno<br />

dimostrato che questa dieta<br />

permette una importante<br />

riduzione del rischio<br />

di Alzheimer, con una<br />

proporzionalità tra la sua<br />

efficacia e il rigore con cui<br />

viene seguita.<br />

Quali sono gli sviluppi futuri<br />

di una branca promettente<br />

come quella della<br />

nutraceutica?<br />

Il futuro della nutraceutica<br />

è ricco di possibilità. Il suo<br />

processo di diffusione è<br />

stato lento perché ci è voluto<br />

molto tempo per capire che<br />

una dieta davvero bilanciata<br />

è difficile da seguire,<br />

specialmente per alcuni<br />

target. Ora però, in un mondo<br />

“<br />

Vige la necessità<br />

di coniugare la<br />

produzione di<br />

sempre maggiori<br />

quantità di cibo<br />

con la qualità<br />

nutrizionale e<br />

con la riduzione<br />

dell’impatto<br />

ambientale<br />

sempre più popoloso, in cui<br />

vige la necessità di coniugare<br />

la produzione di sempre<br />

maggiori quantità di cibo<br />

con la qualità nutrizionale e<br />

con la riduzione dell’impatto<br />

ambientale della filiera<br />

alimentare, la nutraceutica<br />

diventa una interessante via<br />

da esplorare.<br />

Inoltre, una dieta equilibrata<br />

con l’eventuale aggiunta di<br />

nutraceutici può aiutarci<br />

a combattere una delle<br />

più attuali problematiche<br />

di salute globale:<br />

l’antimicrobicoresistenza.<br />

Alimentarsi correttamente<br />

significa infatti anche<br />

aiutare il nostro sistema<br />

immunitario a contrastare le<br />

infezioni e a ridurre quindi<br />

la necessità di assumere<br />

antibiotici.<br />

Il tutto, infine, va considerato<br />

in un’ottica di medicina e<br />

nutrizione personalizzata,<br />

poiché la regola one fits all<br />

anche in nutrizione è ormai<br />

superata. Il fabbisogno<br />

energetico e di nutrienti di<br />

una persona varia infatti in<br />

base al sesso, all’età, allo<br />

stato di salute, allo stile di<br />

vita, a volte addirittura alla<br />

stagione, e la scelta degli<br />

alimenti è influenzata anche<br />

da fattori culturali, religiosi,<br />

geografici e legati alle<br />

tradizioni. Allo stesso tempo<br />

anche gli integratori saranno<br />

sempre più precisi: grazie<br />

all’ausilio delle cosiddette<br />

scienze omiche sarà infatti<br />

possibile formulare prodotti<br />

di qualità sempre più elevata,<br />

sempre più efficaci e sempre<br />

più mirati a soddisfare<br />

esigenze specifiche.<br />

44


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SAFETY<br />

FIRST<br />

Monica Torriani<br />

QUANDO SI PARLA DI NOVEL<br />

FOOD, LA CRITICITÀ PRINCIPALE<br />

È LA SICUREZZA. NON TUTTI<br />

GLI ALIMENTI DI RECENTE<br />

INTRODUZIONE, COMUNQUE, SONO<br />

NUOVI ALLO STESSO MODO<br />

Il concetto di novel food<br />

è legato all’esigenza di<br />

ottenere cibo nutriente a<br />

basso costo e tenere sotto<br />

controllo aspetti della<br />

salute pubblica messi a<br />

rischio dai fenomeni di<br />

globalizzazione. Da un<br />

lato abbiamo bisogno di<br />

nuovi alimenti, a maggiore<br />

sostenibilità economica e<br />

ambientale, per sfamare<br />

il pianeta. Dall’altro,<br />

dobbiamo monitorare<br />

l’introduzione, frutto<br />

delle sempre più capillari<br />

contaminazioni socioculturali,<br />

di nuove abitudini<br />

alimentari prevenienti da<br />

Paesi extra-UE.<br />

In questo quadro, lo<br />

strumento normativo<br />

assume un ruolo centrale.<br />

Paola Minghetti, docente<br />

di tecnologia e legislazione<br />

farmaceutica presso<br />

l’Università degli Studi di<br />

Milano, ci ha aiutato a fare<br />

luce sugli aspetti regolatori<br />

di un gruppo di prodotti<br />

tanto vasto ed eterogeneo<br />

come quello degli alimenti.<br />

Professoressa Minghetti,<br />

cosa si intende per novel<br />

food?<br />

Rientrano nella categoria<br />

dei novel food tutti quei<br />

Paola Minghetti, docente di tecnologia e legislazione<br />

farmaceutica presso l’Università degli Studi di Milano<br />

prodotti e sostanze<br />

alimentari privi di storia di<br />

consumo “significativo” al<br />

15 maggio 1997 in UE, data<br />

in cui è entrato in vigore<br />

il primo regolamento in<br />

materia, che ha stabilito<br />

con il passato una linea<br />

di demarcazione. L’idea<br />

alla base della normativa<br />

è che gli alimenti debbano<br />

essere sicuri e la sicurezza<br />

è normalmente garantita<br />

dalla tradizione d’uso.<br />

Ne sono esempi tutti gli<br />

alimenti che arrivano<br />

quotidianamente sulla<br />

nostra tavola. Laddove non<br />

c’è una tradizione d’uso<br />

a favore della sicurezza,<br />

bisogna dimostrarla. Qui<br />

nasce il concetto di novel<br />

food: l’alimento nuovo<br />

deve dimostrare di essere<br />

46


makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />

sicuro, cosa tutt’altro che<br />

banale, perché dimostrare<br />

che lo sia significa spesso<br />

effettuare studi ampi e<br />

costosi. Questa è una<br />

delle ragioni per cui<br />

l’introduzione di novel<br />

food è una pratica spesso<br />

costosa, appannaggio di<br />

gruppi industriali dotati di<br />

grande capacità economica.<br />

Perché è così interessante<br />

il novel food?<br />

Perché abbiamo bisogno, a<br />

livello mondiale, di nuove<br />

tipologie di alimenti per<br />

garantire una nutrizione<br />

adeguata a tutte le<br />

popolazioni. Dall’altra parte,<br />

il novel food è interessante<br />

anche dal punto di vista<br />

dell’ottenimento di nuovi<br />

prodotti alimentari con<br />

funzionalità peculiari, ad<br />

esempio alcuni estratti<br />

di piante e frutti, che<br />

possono entrare nella<br />

composizione degli<br />

integratori alimentari. Non<br />

dimentichiamoci, infatti, che<br />

l’integratore alimentare è<br />

una sottospecie di alimento<br />

e, come tale, fra i suoi<br />

ingredienti non è possibile<br />

inserire componenti<br />

che non rientrino nella<br />

tradizione d’uso o nel novel<br />

food.<br />

Quali prodotti sono<br />

compresi nella<br />

macrocategoria del novel<br />

food?<br />

In questo ambito<br />

possiamo distinguere<br />

due macrocategorie: la<br />

prima include i prodotti<br />

destinati alla comune<br />

alimentazione e la seconda,<br />

un po’ più sofisticata e di<br />

nicchia, alla produzione di<br />

integratori. Fra gli elementi<br />

di questo secondo gruppo<br />

mi vengono in mente i<br />

fitosteroli vegetali, che sono<br />

entrati a far parte della<br />

composizione di yogurt<br />

e burri. L’introduzione di<br />

questo secondo genere di<br />

novel food non persegue<br />

lo scopo di fornire<br />

calorie o aumentare la<br />

capacità alimentare della<br />

popolazione che ne fa<br />

uso, piuttosto quello di<br />

ottenere benefici aggiuntivi<br />

per la salute. Dal punto di<br />

vista normativo, i prodotti<br />

vengono categorizzati sulla<br />

base della novità, quale<br />

essa sia: un alimento può<br />

essere novel food perché di<br />

nuova introduzione come<br />

tale (pensiamo ai prodotti<br />

che derivano dalle alghe)<br />

oppure perché ottenuto<br />

attraverso l’applicazione<br />

di tecnologie innovative<br />

(ad esempio, sostanze di<br />

uso comune che vengono<br />

modificate mediante<br />

interventi enzimatici) o con<br />

modalità estrattive diverse<br />

da quelle tradizionali<br />

(che possono portare<br />

all’estrazione di composti<br />

tossici).<br />

A quest’ultima categoria<br />

appartengono alcuni<br />

derivati vegetali, come<br />

il frutto della morinda<br />

[Morinda citrifolia, ndr],<br />

una pianta che in Europa<br />

non aveva tradizione<br />

d’uso ed è pertanto stata<br />

sottoposta all’iter previsto<br />

per i candidati novel food<br />

e in seguito utilizzata nella<br />

produzione di succhi e<br />

integratori. Ricordiamo, poi,<br />

le nuove farine proteiche<br />

non derivanti da fonti<br />

animali classiche come<br />

quelle a cui siamo abituati:<br />

anche in questo caso, non<br />

rientrando nelle categorie<br />

note per tradizione d’uso,<br />

devono essere sottoposte<br />

alla trafila del novel food.<br />

Nella richiesta della<br />

qualifica di novel food pesa<br />

molto il fatto che la fonte<br />

alimentare sia già in uso<br />

in Paesi extra-UE ed esista<br />

quindi uno storico.<br />

In questi casi, la mole<br />

di dati richiesti da<br />

Efsa [European food<br />

safety agency, l’autorità<br />

competente per la<br />

valutazione della sicurezza<br />

alimentare, ndr] ai fini<br />

valutativi sarà inferiore,<br />

mentre sarà superiore se<br />

non è mai stata in uso in<br />

nessun Paese. Il primo<br />

caso è quello degli insetti,<br />

alimento nuovo in Europa<br />

ma con una certa tradizione<br />

d’uso in altri continenti.<br />

Efsa sta progressivamente<br />

effettuando una valutazione<br />

in base alla tipologia; per<br />

alcuni elementi ha già<br />

espresso parere favorevole,<br />

tanto è vero che determinati<br />

alimenti derivati dagli<br />

insetti possono già<br />

essere utilizzati a scopo<br />

alimentare.<br />

La prima normativa, che<br />

risale al 1997, è stata<br />

sostituita e abrogata<br />

dal Regolamento (UE)<br />

2283/2015: quali sono<br />

le novità sostanziali<br />

introdotte?<br />

Efsa nasce come Agenzia<br />

della sicurezza alimentare.<br />

Nel tempo, si è però<br />

cominciato a considerare<br />

l’alimento non solo dal<br />

punto di vista della<br />

sicurezza, ma anche<br />

dell’efficacia nutrizionale,<br />

intendendo come alimento<br />

la categoria più ampia che<br />

comprende gli integratori<br />

alimentari, gli alimenti per<br />

special group, alimenti<br />

addizionati e via dicendo.<br />

Ciò ha comportato che<br />

Efsa estendesse la sua<br />

attività alla valutazione<br />

dell’efficacia nutrizionale,<br />

anche per rispondere<br />

alle aumentate richieste<br />

sociali in merito. E ha<br />

portato a una revisione<br />

del Regolamento vigente.<br />

Va anche detto che la<br />

nuova normativa non è<br />

uno stravolgimento ma<br />

un aggiustamento del<br />

Regolamento precedente,<br />

che ha semplificato alcune<br />

procedure per l’ottenimento<br />

della qualifica di novel<br />

food e chiarito alcuni<br />

aspetti in merito alla tutela<br />

del dato. Quest’ultimo<br />

punto è particolarmente<br />

importante: le aziende<br />

continueranno a investire<br />

nello sviluppo di novel food<br />

solo se potranno contare<br />

sulla protezione dei loro<br />

dati.<br />

47


Le istituzioni hanno un bel<br />

daffare nell’inseguire le<br />

evoluzioni della società,<br />

che è già oltre gli insetti<br />

e va verso le colture<br />

cellulari: a che punto è la<br />

normativa su questo tema?<br />

Il Regolamento sul novel<br />

food è, a mio parere,<br />

sufficiente per permetterci<br />

di affrontare tutte le<br />

possibili novità che possono<br />

emergere in questi campi.<br />

Si tratta, infatti, di un<br />

framework generale che<br />

disciplina tutti gli alimenti<br />

nuovi. Il punto stressato<br />

da queste nuove sfide<br />

scientifiche, invece, riguarda<br />

la tipologia dei dati che<br />

devono essere richiesti in<br />

sede di valutazione.<br />

Ai fini della dimostrazione<br />

di sicurezza occorre che<br />

il regolatore chieda solo e<br />

soltanto quelli necessari,<br />

nulla di più e nulla di meno<br />

di questo. Il legislatore deve<br />

infatti tutelare la sicurezza<br />

del cittadino senza gravare<br />

più di quanto è necessario<br />

sui costi che le aziende<br />

devono sostenere. Costi che,<br />

in definitiva, finirebbero<br />

per ricadere sui cittadini.<br />

Dall’altro lato, se i dati<br />

richiesti da Efsa sono<br />

inferiori a quelli necessari<br />

per definire la sicurezza<br />

del prodotto, potrebbero<br />

nascere problemi di<br />

sicurezza. A mio parere,<br />

quindi, il problema non<br />

riguarda la norma primaria<br />

(ovvero il Regolamento<br />

comunitario) ma aspetti<br />

quali i dati che le aziende<br />

sono tenute a fornire,<br />

i criteri di valutazione<br />

del dossier che devono<br />

presentare per ottenere<br />

la qualifica di novel food.<br />

Da questi punti di vista,<br />

ecco che ogni innovazione<br />

richiede una valutazione<br />

specifica. Come vede,<br />

l’approccio al novel food<br />

implica la necessità di<br />

tenere conto di tanti<br />

fattori: dalla sostenibilità<br />

ambientale a quella<br />

economica, fino al bisogno<br />

di ottenere nuove fonti<br />

proteiche che ci permettano<br />

di ampliare la gamma di<br />

alimenti disponibili.<br />

DEFINIZIONE NORMATIVA DI NOVEL FOOD<br />

In accordo all’art. 3, comma 2 del Regolamento UE 2283/2015, “nuovo alimento è<br />

qualunque alimento non utilizzato in misura significativa per il consumo umano<br />

nell’Unione prima del 15 maggio 1997 a prescindere dalla data di adesione all’Unione<br />

degli Stati membri” che:<br />

abbia una struttura molecolare nuova o volutamente modificata;<br />

sia costituito, isolato o prodotto da microorganismi, funghi, alghe o da materiali di<br />

origine minerale o da piante o parti di piante, o da animali o parti di animali o da<br />

colture cellulari;<br />

risulti da un nuovo processo di produzione che comporti cambiamenti sui valori<br />

nutrizionali, sul metabolismo, sul tenore delle sostanze indesiderabili;<br />

sia costituito da nanomateriali ingegnerizzati;<br />

sia ricompreso nella categoria delle vitamine o dei minerali;<br />

sia utilizzato esclusivamente in integratori alimentari se destinati a uso diverso.<br />

48


SIAMO CIÒ CHE<br />

MANGIAMO<br />

Monica Torriani<br />

Come la nutraceutica può<br />

supportare la prevenzione<br />

e la cura delle malattie<br />

e quali sono i più<br />

interessanti composti di<br />

recente sviluppo<br />

Arrigo Cicero, professore associato presso l’Università Alma Mater Studiorium di Bologna e presidente della Società<br />

italiana di nutrizione (SINut)<br />

I media stanno<br />

dedicando, oggi come<br />

in nessun’altra epoca<br />

passata, grande attenzione<br />

all’alimentazione.<br />

Le ragioni sono numerose<br />

e valide: il sovraffollamento<br />

del Pianeta pone un<br />

tema rilevante di povertà<br />

alimentare, la qualità<br />

della dieta è sempre<br />

più penalizzata dal<br />

deterioramento del<br />

contesto socio-economico,<br />

la produzione del cibo è<br />

strettamente connessa al<br />

tema dell’inquinamento<br />

ambientale.<br />

Dagli alimenti derivano,<br />

tuttavia, molti fondamentali<br />

elementi di salute<br />

e benessere, che la<br />

nutraceutica può aiutarci<br />

a impiegare in maniera<br />

scientifica e sicura e dai<br />

quali possiamo partire per<br />

raddrizzare la rotta.<br />

Ne abbiamo parlato con<br />

Arrigo Cicero, professore<br />

associato presso<br />

l’Università Alma Mater<br />

Studiorium di Bologna e<br />

presidente della Società<br />

italiana di nutrizione<br />

(SINut).<br />

L’esigenza di rendere<br />

l’alimentazione umana<br />

più sostenibile sta<br />

focalizzando l’attenzione<br />

sul novel food: possiamo<br />

aspettarci che possano<br />

anche contribuire a una<br />

maggiore sostenibilità<br />

dell’assistenza sanitaria?<br />

Credo fortemente di sì,<br />

anche se la risposta<br />

alla sua domanda<br />

dipende molto da cosa<br />

intendiamo per novel<br />

food. Se ci limitiamo<br />

all’accezione stretta,<br />

che coincide con quella<br />

regolatoria, dobbiamo<br />

50


makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />

considerare l’esistenza<br />

dei fattori limitanti legati<br />

all’introduzione di nuovi<br />

alimenti sviluppati per<br />

avere delle proprietà<br />

specifiche. Tali alimenti<br />

potranno quindi avere costi<br />

relativamente importanti<br />

per la popolazione generale<br />

ed essere associati ad altri<br />

problemi, non ultimo quello<br />

della palatabilità. Inoltre,<br />

i novel food (soprattutto<br />

quando sono molto “novel”)<br />

richiedono un attento<br />

monitoraggio dal punto<br />

di vista della sicurezza<br />

d’impiego, dell’allergenicità<br />

e di tutti i parametri che<br />

sono tipici del setting di<br />

utilizzo routinario al di là<br />

dell’ambito sperimentale.<br />

In linea di massima,<br />

dunque, i novel food<br />

potranno contribuire ad<br />

aumentare la sostenibilità<br />

delle cure, soprattutto<br />

per quanto riguarda la<br />

componente proteica, ma<br />

ciò richiederà tempo.<br />

Nell’ottica, invece, di<br />

alimentazione funzionale<br />

(mi riferisco ad esempio<br />

agli alimenti arricchiti)<br />

e integrazione specifica,<br />

esistono già evidenze che<br />

supportano interventi<br />

sui fattori di rischio per<br />

malattia o condizioni<br />

patologiche che ne<br />

riducono l’impatto sul<br />

sistema sanitario nazionale.<br />

In questa prospettiva,<br />

potremmo pensare ad<br />

esempio di ottenere una<br />

riduzione maggiore della<br />

“<br />

I novel food<br />

potranno<br />

contribuire anche<br />

ad aumentare<br />

la sostenibilità<br />

delle cure,<br />

soprattutto per<br />

la componente<br />

proteica, ma ciò<br />

richiederà tempo<br />

colesterolemia, così come<br />

la riduzione di qualche<br />

millimetro di mercurio<br />

della pressione arteriosa<br />

nella popolazione generale<br />

utilizzando alimenti<br />

funzionali o integratori.<br />

Spostandoci nell’ambito<br />

della patologia, un<br />

obiettivo potrebbe essere<br />

rappresentato dalla<br />

prevenzione e attenuazione<br />

della sarcopenia, un<br />

fenomeno in forte<br />

diffusione nel nostro Paese<br />

sia a causa dell’aspettativa<br />

di vita molto elevata, sia<br />

per lo scadimento generale<br />

della qualità media della<br />

dieta in funzione anche<br />

della crisi economica e dei<br />

processi di globalizzazione<br />

spinta.<br />

La nutraceutica potrebbe<br />

avere un ruolo di supporto<br />

più incisivo nella gestione<br />

di alcuni unmet needs,<br />

come la patologia<br />

psichiatrica e le malattie<br />

infiammatorie croniche?<br />

In parte. Alcune condizioni<br />

specifiche ben codificate<br />

sono più facilmente<br />

aggredibili con approccio<br />

nutraceutico: un caso tipico<br />

è quello, già citato, dei<br />

parametri cardiometabolici,<br />

relativamente ai quali<br />

esistono marcatori<br />

misurabili. Per quanto<br />

riguarda, invece, la<br />

patologia psichiatrica,<br />

la nutraceutica<br />

può intervenire<br />

prevalentemente<br />

prevenendo le carenze di<br />

micronutrienti e agendo<br />

su alcune componenti<br />

sintomatologiche (come<br />

l’insonnia e l’astenia).<br />

Per quanto riguarda la<br />

componente ansiosodepressiva<br />

in quanto<br />

tale, siamo ancora<br />

abbastanza indietro, se<br />

non per quanto riguarda il<br />

supporto alla gestione della<br />

sintomatologia nelle forme<br />

più lievi.<br />

In merito alle patologie<br />

infiammatorie è possibile<br />

considerare interventi di<br />

tipo nutraceutico, anche<br />

se si tratta di un gruppo<br />

eterogeneo di malattie,<br />

con caratteristiche diverse<br />

e differenti risposte<br />

all’approccio nutraceutico.<br />

Inoltre, la patologia<br />

infiammatoria è fortemente<br />

condizionata dal pattern<br />

dietetico-comportamentale<br />

globale. È possibile inserire<br />

la componente nutraceutica<br />

nel quadro generale<br />

della malattia ma rimane<br />

necessario intervenire<br />

sulle sue basi. Per essere<br />

chiari, se il paziente<br />

assume una dieta proinfiammatoria<br />

(come può<br />

esserlo un’alimentazione<br />

ad alto indice glicemico<br />

e caratterizzata da una<br />

forte presenza di alimenti<br />

ultraprocessati) qualunque<br />

intervento nutraceutico<br />

si compia nella direzione<br />

della riduzione del carico<br />

infiammatorio rischia di<br />

essere inutile. Migliorando<br />

lo standard dieteticocomportamentale<br />

con una<br />

dieta di per sé ricca in<br />

nutraceutici antiossidanti,<br />

antinfiammatori e<br />

caratterizzata da un basso<br />

indice glicemico medio,<br />

allora la supplementazione<br />

con un nutraceutico può<br />

incrementare l’efficacia<br />

dello stile di vita salutare.<br />

Negli ultimi anni la<br />

ricerca ha prodotto dati<br />

interessanti sui peptidi<br />

bioattivi: con quali<br />

prospettive di impiego?<br />

Di recente si sono aperte<br />

molte linee di ricerca sui<br />

peptidi bioattivi, composti<br />

che possono avere diversa<br />

51


origine. Vi sono peptidi<br />

bioattivi di derivazione<br />

vegetale, ittica, derivati<br />

dalla carne rossa, ai quali<br />

sono stati attribuiti diversi<br />

effetti sulla salute umana<br />

che spaziano piuttosto<br />

ampiamente dall’effetto<br />

ipocolesterolemizzante a<br />

quello antinfiammatorio, a<br />

quello immunostimolante e<br />

addirittura alla prevenzione<br />

della genesi di mutazioni<br />

potenzialmente alla base<br />

dello sviluppo di tumori.<br />

Tuttavia, la maggior parte<br />

della letteratura oggi<br />

disponibile è basata su<br />

studi condotti in modelli<br />

sperimentali (in vitro e nel<br />

modello animale); un’esigua<br />

percentuale di ricerche è<br />

stata realizzata nell’uomo<br />

e, soprattutto, sono pochi<br />

gli studi di lunga durata. Un<br />

secondo problema è legato<br />

al fatto che la maggior<br />

parte dei peptidi bioattivi<br />

prevede un processo di<br />

produzione estremamente<br />

costoso. Per giustificarne<br />

l’utilizzo, dunque, occorrerà<br />

supportare la loro<br />

dimostrazione di efficacia<br />

con molta più letteratura<br />

clinica.<br />

Di recente è stato osservato<br />

un certo interesse nei<br />

confronti di botanicals<br />

caratteristici della macchia<br />

mediterranea: si aprono<br />

nuove opportunità per<br />

il mercato italiano degli<br />

integratori?<br />

Potenzialmente sì,<br />

considerando tuttavia<br />

che esistono pro e<br />

“<br />

In tema di<br />

bioattivi, la<br />

maggior parte<br />

della letteratura<br />

oggi disponibile<br />

è basata su<br />

studi condotti<br />

in modelli<br />

sperimentali<br />

contro. Sicuramente, la<br />

letteratura scientifica<br />

supporta l’impiego dei<br />

nutraceutici derivati da<br />

piante quali il bergamotto e<br />

il melograno. In particolare,<br />

a essere supportati da<br />

evidenze scientifiche<br />

sono i nutraceutici<br />

standardizzati in frazione<br />

polifenolica (per quanto<br />

riguarda il bergamotto)<br />

e in acido ellagico (per<br />

il melograno). Tuttavia,<br />

per ottenere un’efficacia<br />

misurabile è necessario<br />

disporre di una capacità<br />

tecnica di estrazione e<br />

standardizzazione molto<br />

importante che impatta<br />

significativamente anche<br />

sui costi del prodotto finale.<br />

Esiste poi un problema di<br />

reperibilità della materia<br />

prima. Sia per quanto<br />

riguarda il bergamotto che<br />

per il melograno, le zone<br />

di coltivazione su terreno<br />

dove tali specie crescono<br />

spontaneamente sono<br />

limitate ad aree piuttosto<br />

ristrette della macchia<br />

mediterranea italiana:<br />

il rischio, già evidente,<br />

è che molta materia<br />

prima provenga da Paesi<br />

mediterranei extra-Italia e<br />

abbia pertanto una diversa<br />

caratterizzazione in principi<br />

attivi. In generale, questi<br />

nutraceutici sono molto<br />

interessanti, a patto di<br />

riuscire a incrementarne la<br />

coltivazione.<br />

A suo parere la<br />

supplementazione<br />

alimentare viene in<br />

generale effettuata<br />

correttamente?<br />

Tendenzialmente no, per<br />

due motivi principali. Il<br />

primo è legato al fatto<br />

che in Italia domina la<br />

tendenza a effettuare cicli<br />

“<br />

Non tutti<br />

gli operatori<br />

sanitari sono<br />

in grado di<br />

distinguere<br />

i prodotti di<br />

elevata qualità<br />

da quelli più<br />

generalisti<br />

di trattamento anche in<br />

presenza di condizioni<br />

croniche anziché ricorrere<br />

a un’assunzione continuata.<br />

L’esempio classico è<br />

costituito dai fleboprotettori,<br />

che tipicamente vengono<br />

assunti al cambio di<br />

stagione o comunque a cicli<br />

di tre mesi. Un fenomeno<br />

analogo si verifica per<br />

i condroprotettori. La<br />

gestione non appropriata<br />

del problema è legata<br />

spesso alla volontà di non<br />

creare un carico economico<br />

eccessivo sul paziente.<br />

Ma così facendo si corre il<br />

rischio che l’investimento<br />

sull’integratore venga<br />

bruciato. Il secondo motivo<br />

dipende dal fatto che non<br />

tutti gli operatori sanitari<br />

sono in grado, anche per<br />

questioni di formazione<br />

culturale, di distinguere<br />

prodotti selezionati per<br />

determinate caratteristiche<br />

(elevata qualità, elevata<br />

titolazione in principio<br />

attivo, lavorazione di tipo<br />

farmaceutico) rispetto a<br />

prodotti più generalisti.<br />

Questo fa sì che anche il<br />

consumatore venga un po’<br />

disorientato dal confronto<br />

con quello che trova nel<br />

mass market oppure online,<br />

contesti dove il criterio<br />

che guida l’acquisto è<br />

più frequentemente la<br />

convenienza economica,<br />

anche a scapito della<br />

qualità. Il professionista<br />

che suggerisce o prescrive<br />

integratori dovrebbe<br />

pertanto essere molto<br />

motivante anche dal punto<br />

di vista della qualità.<br />

52


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Sostenibilità<br />

agroalimentare,<br />

mito o possibilità?<br />

Siamo pronti a “digerire”<br />

le innovazioni tecnologiche<br />

in campo alimentare e<br />

siamo in grado di farlo<br />

per proteggere il pianeta?<br />

Parlarne è come aprire un<br />

vaso di Pandora che libera<br />

preconcetti, disinformazione<br />

e mancanza di cultura<br />

scientifica<br />

Giulio Divo<br />

54


makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />

Il concetto di sostenibilità<br />

è uno dei più controversi di<br />

questi ultimi anni. La parola<br />

stessa – sostenibilità<br />

– è nobilissima nelle<br />

intenzioni ma anche<br />

gravata da una serie di<br />

equivoci che impediscono<br />

di comprenderne le<br />

implicazioni di carattere<br />

non solo produttivo ed<br />

economico, ma anche<br />

quelle correlate alle<br />

trasformazioni culturali, di<br />

consumo e di approccio alle<br />

innovazioni tecnologiche.<br />

I temi della sostenibilità<br />

riguardano ogni settore<br />

industriale. Dalla<br />

produzione energetica alla<br />

mobilità, fino a toccare<br />

l’alimentazione che, come<br />

sappiamo molto bene noi<br />

in Italia, è anche un fatto<br />

identitario, come testimonia<br />

la dicitura data al nuovo<br />

ministero dell’Agricoltura,<br />

che comprende anche<br />

sovranità alimentare<br />

(e foreste). È in questo<br />

scenario che si inserisce<br />

ogni discorso collegato alle<br />

innovazioni del comparto<br />

agroalimentare. Qui, oltre<br />

alle questioni ambientali,<br />

si inseriscono anche<br />

temi di carattere etico<br />

(un buon indice di ciò è<br />

l’aumento del veganesimo,<br />

passato dal 2,2 al 2,4%<br />

della popolazione italiana)<br />

e sanitario, stanti le più<br />

recenti indagini sulla<br />

correlazione tra abitudini<br />

alimentari e rischio<br />

neoplastico.<br />

Il rapporto tra innovazione<br />

tecnologica e sostenibilità<br />

Cominciamo allora da una<br />

considerazione di carattere<br />

generale: secondo i rapporti<br />

Fao, la curva di crescita<br />

demografica porterà la<br />

popolazione mondiale a<br />

9 miliardi di individui nel<br />

2050. Il consumo di carni<br />

è destinato – parimenti –<br />

a salire da 258 milioni di<br />

tonnellate (dati 2005/2007)<br />

a 455 milioni per l’anno<br />

di metà secolo. Per far<br />

fronte alle necessità delle<br />

industrie del settore, le<br />

attuali linee di tendenza<br />

sono insostenibili: il<br />

fenomeno del landgrabbing<br />

(soprattutto a spese di<br />

Paesi africani), monitorato<br />

dalla piattaforma Land<br />

Matrix, stima in 93 milioni<br />

di ettari di terreno fertile<br />

l’estensione della vendita<br />

di terreni nel solo 2020<br />

(per un totale di 2.300<br />

accordi commerciali). Non<br />

tutti questi sono usati<br />

per colture estensive: lo<br />

sfruttamento del suolo<br />

riguarda anche l’estrazione<br />

mineraria e – fenomeno<br />

poco noto ma non meno<br />

importante – persino la<br />

riforestazione coatta,<br />

eseguita per compensare<br />

le emissioni di anidride<br />

carbonica a spese, però,<br />

delle esigenze delle<br />

comunità che, di fatto, non<br />

sono più padrone dei propri<br />

terreni.<br />

Anche alla luce di questi<br />

“ APPARE ORMAI CHIARO CHE GLI<br />

ATTUALI SISTEMI DI PRODUZIONE<br />

NON SONO IN GRADO DI<br />

SALVAGUARDARE DOMANDA E<br />

AMBIENTE<br />

pochissimi esempi (che<br />

pure potrebbero essere<br />

molti di più, ma per<br />

comprendere i termini del<br />

problema è sufficiente<br />

guardare l’indicatore<br />

globale dell’Earth<br />

Overshoot), appare ormai<br />

chiaro che gli attuali<br />

sistemi di produzione<br />

non sono in grado di<br />

salvaguardare domanda e<br />

ambiente. Di conseguenza<br />

ci sono di fronte a noi due<br />

strade praticabili: quella<br />

cultural-filosofica alla<br />

Serge Latouche (teorico<br />

della “decrescita felice”)<br />

oppure quella legata alla<br />

ricerca tecnologica che,<br />

tuttavia, richiede uno<br />

sforzo non dissimile, in<br />

termini di evoluzione<br />

culturale, alfabetizzazione<br />

tecnologica e<br />

consapevolezza collettiva.<br />

Per provare a chiarire<br />

almeno parte di questo<br />

immenso problema,<br />

abbiamo fatto una lunga<br />

e bella chiacchierata con<br />

Marco Annoni, coordinatore<br />

del comitato etico della<br />

Fondazione Veronesi e<br />

direttore del Future of<br />

science and ethics.<br />

Partiamo dalla “carne<br />

sintetica”, che sembra<br />

essere uno dei paradigmi<br />

per affrontare l’intero<br />

discorso.<br />

Sappiamo che gli attuali<br />

sistemi di allevamento sono<br />

insostenibili ma quando<br />

si parla di innovazione nel<br />

comparto agroalimentare<br />

l’atteggiamento diventa<br />

subito conservatore.<br />

È così. I media approcciano<br />

queste tematiche – e mi<br />

riferisco anche all’uso di<br />

farine a base di insetti e<br />

altre situazioni simili – in<br />

maniera decisamente poco<br />

laica. L’utilizzo di formule<br />

tipo “Frankensteinburger”<br />

riferendosi alla cosiddetta<br />

carne sintetica (che<br />

dovrebbe essere più<br />

correttamente chiamata<br />

“carne coltivata in vitro”)<br />

non è di alcuna utilità<br />

informativa e non fa che<br />

alimentare i preconcetti.<br />

Peraltro non aiuta<br />

55


nemmeno a comprendere<br />

le ipotesi di scenario e<br />

le possibili tendenze del<br />

mercato. Ci fanno sentire<br />

minacciati in quelle<br />

che crediamo essere le<br />

nostre antiche abitudini,<br />

senza nemmeno farci<br />

ragionare sul fatto che<br />

la grande industria ha<br />

già polverizzato, di fatto,<br />

l’autentica tradizione in<br />

nome di un marchio, il<br />

“made in Italy” che ha<br />

una positiva funzione<br />

di marketing ma non si<br />

riferisce a una realtà<br />

storica e fattuale.<br />

Quali sono queste ipotesi<br />

di scenario?<br />

Partiamo da un dato di<br />

fatto: negli ultimi dieci<br />

anni abbiamo assistito a<br />

un crollo del prezzo di un<br />

singolo hamburger coltivato<br />

in vitro. Siamo passati da<br />

una cifra quantificabile<br />

attorno ai 250mila dollari<br />

a una decina di dollari<br />

circa. Tuttavia siamo<br />

ancora molto lontani dal<br />

raggiungere una economia<br />

di scala che sia realmente<br />

competitiva rispetto a<br />

quella garantita dagli<br />

allevamenti intensivi.<br />

Questo perché sono<br />

ancora necessari dei veri<br />

e propri breakthrough<br />

tecnologici e ingegneristici.<br />

Queste colture in vitro<br />

necessitano di standard<br />

altissimi di sicurezza<br />

biotecnologica. Piccoli<br />

reattori di coltura sono<br />

facilmente controllabili.<br />

Grandi reattori, quelli che<br />

dovrebbero consentire<br />

una competizione con<br />

gli allevamenti odierni,<br />

richiedono ancora grandi<br />

“ L’IDEA CHE DALL’OGGI AL DOMANI<br />

I CIBI FRANKENSTEIN SARANNO<br />

IMPOSTI DALL’ALTO SULLE NOSTRE<br />

TAVOLE È SOLO UNA NARRATIVA<br />

COSTRUITA AD ARTE<br />

sforzi e grandi investimenti.<br />

Questo significa che<br />

la carne coltivata in<br />

vitro è poco più di un<br />

esperimento?<br />

Non proprio, ma la sua<br />

affermazione sul mercato<br />

sarà graduale e non è<br />

detto che superi alcuni<br />

“sbarramenti” che ne<br />

impediscono l’affermazione<br />

per soddisfare la richiesta<br />

di massa. Ritengo sia<br />

più probabile che si<br />

proceda per gradi,<br />

attraverso limitate<br />

produzioni gourmet.<br />

Poi, con l’auspicabile<br />

(e storicamente già<br />

sperimentato: basti vedere<br />

le affermazioni di cellulari,<br />

personal computer ecc.)<br />

ulteriore abbassamento<br />

dei costi di produzione,<br />

allora il discorso potrebbe<br />

cambiare. Gli investimenti<br />

sulle startup sono ingenti<br />

ma penso che prima di<br />

dieci anni non si potrà<br />

comprendere con esattezza<br />

quale sia la fetta di mercato<br />

che sapranno ritagliarsi<br />

questi prodotti. L’idea che<br />

dall’oggi al domani i cibi<br />

Frankenstein saranno<br />

imposti dall’alto sulle<br />

nostre tavole è solo una<br />

narrativa costruita ad arte.<br />

Qual è il senso di questa<br />

narrativa?<br />

Spostare i termini del<br />

problema da un piano<br />

razionale a uno irrazionale<br />

e quindi non misurabile<br />

perché basato sull’emotività<br />

e i preconcetti. Invece<br />

basterebbe fare alcuni<br />

ragionamenti per guardare<br />

con minore diffidenza<br />

e maggiore interesse a<br />

questa possibilità.<br />

Non basta il motivo etico<br />

legato alla sofferenza<br />

animale?<br />

Andiamo su dati fattuali:<br />

il 70% degli antibiotici<br />

utilizzati sul pianeta è<br />

usato per l’allevamento<br />

animale, aumentando<br />

esponenzialmente i<br />

fenomeni di resistenza<br />

batterica. La produzione<br />

di un singolo chilogrammo<br />

di carne rossa necessita<br />

dai 15 ai 20mila litri di<br />

acqua, grazie alla quale si<br />

potrebbero invece ottenere<br />

1.000 Kg di frumento. Al<br />

contrario, la carne coltivata<br />

in vitro permetterebbe di<br />

non usare antibiotici, un<br />

risparmio stimato attorno<br />

al 45% delle risorse<br />

energetiche, il 99% in meno<br />

del suolo e una percentuale<br />

compresa tra l’82 e il 96%<br />

in meno di acqua. Avremmo<br />

anche un abbattimento<br />

delle emissioni di gas serra,<br />

quantificabile tra il 78 e il<br />

96%.<br />

Verrebbe facile pensare<br />

che dietro a questa<br />

narrativa ci sia l’industria<br />

agroalimentare, volta a<br />

mantenere una sorta di<br />

status quo. È così?<br />

“ IL 70% DEGLI ANTIBIOTICI<br />

UTILIZZATI SUL PIANETA È USATO<br />

PER L’ALLEVAMENTO ANIMALE,<br />

AUMENTANDO ESPONENZIALMENTE<br />

I FENOMENI DI RESISTENZA<br />

BATTERICA<br />

Anche in questo caso la<br />

risposta è complessa.<br />

Va infatti spiegato che<br />

i primi e i più convinti<br />

finanziatori delle startup<br />

per la carne coltivata in<br />

vitro sono proprio le grandi<br />

56


makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />

“ IN ITALIA, LA COSCIENZA ECOLOGISTA<br />

– CHE PURE È MOLTO DIFFUSA –<br />

GUARDA ALLE INNOVAZIONI CON<br />

SOSPETTO E FINISCE CON L’ESSERE<br />

CONSERVATRICE<br />

industrie del settore, per<br />

un banale meccanismo di<br />

diversificazione del rischio.<br />

Esattamente come le grandi<br />

compagnie petrolifere<br />

sono quelle che investono<br />

maggiormente su fonti<br />

alternative ai combustibili<br />

fossili. Dunque è chiaro<br />

che siamo di fronte a un<br />

fenomeno che ha tante<br />

variabili da prendere in<br />

considerazione.<br />

Non abbiamo però<br />

considerato il ruolo della<br />

politica, in tutto questo.<br />

Più che altro dobbiamo<br />

chiederci se la politica sia in<br />

grado di fare la politica nel<br />

senso più alto del termine.<br />

Il suo ruolo è quello di<br />

predisporre le condizioni<br />

per il benessere delle<br />

generazioni a venire o fare<br />

altro? Da questo punto di<br />

vista, a prescindere dalle<br />

opinioni su questioni altre,<br />

noi abbiamo davanti agli<br />

occhi un laboratorio sociopolitico<br />

interessantissimo<br />

che è Israele. È una<br />

incubatrice mondiale di<br />

startup, tra le giovani<br />

generazioni esiste una<br />

forte coscienza ecologista<br />

e vi è anche una capacità<br />

fuori dall’ordinario di offrire<br />

soluzioni tecnologiche<br />

d’avanguardia a problemi<br />

ambientali. Ciò è possibile<br />

perché è stata formata<br />

una cittadinanza attenta<br />

e consapevole, in grado<br />

di capire che i processi di<br />

ricerca sono orientati verso<br />

la soluzione dei problemi.<br />

Qui, in Italia (e in maniera<br />

non troppo dissimile anche<br />

in Germania), la coscienza<br />

ecologista – che pure è<br />

molto diffusa – guarda alle<br />

innovazioni con sospetto<br />

e finisce con l’essere<br />

conservatrice. Il risultato<br />

pratico è quanto di più<br />

antiecologico possiamo<br />

pensare: la vulgata delle<br />

nostre eccellenze made in<br />

Italy, per esempio, ci porta<br />

a essere il terzo Paese<br />

al mondo per consumo<br />

di antibiotici nella filiera<br />

alimentare (305 mg/kg). In<br />

Germania la svolta green che<br />

ha prodotto la chiusura delle<br />

centrali nucleari ha portato il<br />

Paese ad ampliare le miniere<br />

di carbone.<br />

Parliamo per un attimo del<br />

“made in Italy”. Come si<br />

inserisce la conservazione<br />

della tradizione nelle sfide<br />

dell’innovazione?<br />

Dobbiamo avere ben<br />

chiara una cosa: l’idea<br />

di un’alimentazione<br />

genericamente italiana e<br />

tradizionale è marketing, e<br />

anche piuttosto recente. La<br />

struttura del nostro Paese<br />

ha da sempre comportato un<br />

frazionamento di tradizioni<br />

che rendono il nord e il sud<br />

profondamente diversi.<br />

Quindi l’idea di una autentica<br />

eccellenza nazionale che<br />

si fa strada nel mondo con<br />

numeri da grandissima<br />

industria è un racconto, non<br />

è una realtà. Noi viviamo in<br />

una narrazione per cui la<br />

produzione di eccellenze<br />

locali dovrebbe imporsi su<br />

mercati mondiali. Ma per<br />

fare questo è necessario<br />

avere chiaro che questo<br />

sogno è, in realtà, un incubo<br />

ambientale, territoriale e<br />

anche etico. Oltre il 90% di<br />

ciò che esportiamo come<br />

eccellenza è produzione<br />

industriale ultraintensiva,<br />

finalizzata alla massima resa<br />

con il minimo investimento.<br />

E con costi esternalizzati su<br />

comunità, ambiente e diritti<br />

dei lavoratori.<br />

Per creare una opinione<br />

informata non possiamo<br />

evitare l’impatto dei<br />

media. Come ci possiamo<br />

difendere da una cattiva<br />

informazione?<br />

Rimediare ai danni provocati<br />

da una informazione<br />

fortemente ideologicizzata<br />

non è semplice ma è<br />

comunque possibile. Io<br />

personalmente ho un mio<br />

sistema che suggerisco<br />

sempre. Se leggo un titolo<br />

di un giornale che mi<br />

colpisce, vedo una foto<br />

che ha un grande potere<br />

evocativo, mi chiedo: “che<br />

emozioni vuole suscitare?”<br />

Se queste sono di rabbia,<br />

indignazione e disgusto (e<br />

nel caso del cibo ciò è molto<br />

facile, se non tipico), direi<br />

di sospendere il giudizio<br />

e approfondire partendo<br />

da fonti che non diano<br />

titoli a effetto o giudicanti.<br />

Se dall’informazione<br />

cerchiamo una conferma ai<br />

pregiudizi, non metteremo<br />

in discussione le nostre<br />

convinzioni e non avremo<br />

mai una opinione realmente<br />

informata.<br />

È una pratica lecita, quella<br />

di dare all’ascoltatore o al<br />

“ SE DALL’INFORMAZIONE<br />

CERCHIAMO UNA CONFERMA<br />

AI PREGIUDIZI, NON METTEREMO<br />

IN DISCUSSIONE LE NOSTRE<br />

CONVINZIONI E NON AVREMO<br />

MAI UNA OPINIONE REALMENTE<br />

INFORMATA<br />

lettore ciò che vuole sentirsi<br />

dire, ma è un veicolo per la<br />

vendita di spazi pubblicitari<br />

e non informazione.<br />

Dunque non svolge alcun<br />

ruolo positivo rispetto al<br />

progresso del dibattito<br />

pubblico.<br />

57


ITALIA, REGINA EUROPEA<br />

DEGLI INTEGRATORI<br />

IL NOSTRO PAESE È DI GRAN LUNGA IL PRIMO IN EUROPA<br />

IN UN MERCATO CHE HA PREVISIONI DI CRESCITA PIÙ CHE<br />

OTTIMISTICHE, GUIDATO DA MOLTI FATTORI SOCIALI E<br />

DEMOGRAFICI, NON SEMPRE POSITIVI<br />

Simone Montonati<br />

58


makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />

L’Italia è il primo mercato europeo<br />

degli integratori con 4,5 miliardi di<br />

euro di fatturato e una quota in volume<br />

che sfiora il 29%. Anche in termini di<br />

fatturato i dati sono lusinghieri: nel<br />

2020, quando si stimava un mercato<br />

europeo di 14,6 miliardi di euro, l’Italia<br />

ne deteneva oltre un quarto con 3,8<br />

miliardi di euro (dati Mediobanca).<br />

Dietro, ben staccati, c’erano Germania<br />

– accreditata per 2,7 miliardi (18,8%<br />

del mercato complessivo) – Francia<br />

(2,1 miliardi per 14,7%), Russia (1,6<br />

miliardi e 11%) e Regno Unito (1,4<br />

miliardi al 9,5%). Secondo le proiezioni,<br />

il nostro Paese è destinato a mantenere<br />

19<br />

MLD DI EURO<br />

La proiezione del<br />

mercato europeo di<br />

integratori nel 2025<br />

questa leadership anche in futuro: in<br />

un mercato comunitario in crescita del<br />

6% annuo e proiezioni a 19 miliardi di<br />

euro complessivi entro il 2025, l’Italia<br />

potrebbe sfiorare quota 5 miliardi<br />

mantenendo un’ampia superiorità<br />

nei confronti dei concorrenti tedesco<br />

(3,6 miliardi) e francese (3,1 miliardi).<br />

A guidare la crescita è soprattutto<br />

l’innovazione di prodotto: nel 2020, a<br />

fronte di un calo dello 0,8% dei prodotti<br />

più maturi, i nuovi lanci hanno registrato<br />

un promettente +3,7%.<br />

LEADERSHIP<br />

ITALIANA<br />

Il divario con gli altri mercati europei<br />

appare ancora più evidente se<br />

confrontiamo la spesa pro-capite, che<br />

nel nostro Paese è doppia rispetto a<br />

quella di Germania e Francia e tre volte<br />

quella del Regno Unito. Ogni italiano<br />

spende infatti 63,60 euro all’anno<br />

per integrare la propria dieta contro i<br />

32,90 euro di un tedesco, i 31,70 di un<br />

francese e i 20,60 euro di un cittadino<br />

britannico. Questa differenza deriva da<br />

diversi fattori. Innanzitutto un’elevata<br />

penetrazione di questa categoria sul<br />

mercato nostrano. Secondo un’indagine<br />

del Censis, già nel 2019 il 54% della<br />

popolazione italiana faceva uso di<br />

integratori (il 65%, se consideriamo solo<br />

gli adulti) soprattutto nella cosiddetta<br />

fascia attiva: tra i 35 e i 64 anni era<br />

il 63%. Per 18 milioni di persone<br />

gli integratori rappresentavano un<br />

compagno abituale cui ricorrevano<br />

più volte alla settimana (se non<br />

quotidianamente). Non stupisce dunque<br />

che adesso gli integratori rappresentino<br />

la categoria di prodotto più richiesta<br />

dopo i farmaci a prescrizione medica.<br />

Vi sono altri due elementi che<br />

contribuiscono a distanziarci dagli<br />

altri Paesi: un uso più frequente del<br />

prodotto e un maggior costo medio<br />

delle confezioni. I cittadini italiani<br />

consumano mediamente 4,1 confezioni<br />

di integratori a testa (ma sarebbero 8<br />

se considerassimo solo i consumatori<br />

attivi) mentre i tedeschi, ad esempio,<br />

si fermano a 3,2. Si tratta peraltro di<br />

un numero che negli anni continua ad<br />

aumentare: in dieci anni in Italia è quasi<br />

raddoppiato (era 2,1 nel 2010). Anche<br />

il costo unitario, però, incide in modo<br />

considerevole dato che una confezione<br />

in Germania ha un prezzo medio di 9,7<br />

euro mentre in Italia costa il 60% in più<br />

(15,60 euro).<br />

PROBIOTICI E<br />

DISTURBI INTESTINALI<br />

I dati di vendita fino a dicembre 2022<br />

provenienti dalle farmacie – che vendono<br />

quasi l’80% di tutti gli integratori in<br />

Italia – mostrano che al primo posto<br />

tra le preferenze degli italiani ci sono<br />

i probiotici, con 398 milioni di euro<br />

di fatturato e una crescita superiore<br />

all’11% rispetto all’anno precedente<br />

(dati Centro Studi Integratori & Salute).<br />

A seguire vi sono i sali minerali con 234<br />

milioni di euro (+7,9%), le vitamine e i<br />

tonici con circa 200 milioni ciascuno (ma<br />

con crescite diverse, rispettivamente<br />

al 10 e al 18%) e gli integratori per il<br />

controllo della lipidemia con 172 milioni<br />

di euro (in flessione del 7,1%). Tra gli altri<br />

prodotti vanno segnalati, per il loro trend<br />

5<br />

MLD DI EURO<br />

La proiezione del<br />

mercato italiano di<br />

integratori nel 2025<br />

di crescita, i prodotti contro la tosse<br />

(+61%), gli integratori per le funzioni<br />

immunitarie (+20%) e gli antiacidi e antireflusso<br />

(+18,4%).<br />

Per quanto riguarda gli obiettivi di<br />

acquisto, la categoria più gettonata<br />

sembra essere quella dei prodotti per<br />

il benessere intestinale e dell’apparato<br />

digerente che nel 2022 hanno registrato<br />

vendite a ridosso dei 92 milioni di<br />

pezzi (quasi il 30% del totale). In<br />

termini di fatturato, questi prodotti<br />

hanno raggiunto nel 2020 vendite per<br />

413 milioni (circa l’11% del totale),<br />

posizionandosi davanti ai supplementi<br />

per l’apparato circolatorio con 292<br />

milioni (7,7%), quelli per il sistema<br />

urinario e riproduttivo con 256 milioni<br />

(6,8%), le soluzioni tonificanti, stimolanti<br />

e per lo sport pari a 236 milioni (6,2%), e<br />

quelle per il sistema respiratorio a 219<br />

milioni (5,8%).<br />

59


60<br />

BUONE INTENZIONI<br />

E CATTIVE ABITUDINI<br />

Vi sono diversi fattori sociali e<br />

demografici che hanno sostenuto<br />

la crescita del mercato degli<br />

integratori alimentari in questi<br />

anni, ma non tutti positivi. Da un<br />

lato i consumatori, sempre più<br />

consapevoli della correlazione tra<br />

alimentazione e benessere, hanno<br />

assunto un atteggiamento più<br />

proattivo verso il trattamento delle<br />

malattie e la prevenzione. Anche le<br />

attività sportive e di fitness vengono<br />

ora sistematicamente associate<br />

all’assunzione di nutrienti utili<br />

al raggiungimento degli obiettivi<br />

prestazionali o estetici. Inoltre, anche<br />

l’estendersi dell’aspettativa di vita<br />

sta contribuendo alla diffusione<br />

di questo mercato. Il costante<br />

invecchiamento della popolazione,<br />

infatti, incide sui costi sanitari<br />

inducendo le autorità a promuovere<br />

campagne tra i cittadini per<br />

stimolare stili di vita più salutari.<br />

D’altra parte, però, uno dei principali<br />

driver del mercato è costituito dalla<br />

necessità di controbilanciare gli<br />

squilibri di un’alimentazione che nei<br />

Paesi più benestanti ha raggiunto<br />

situazioni paradossali: diete<br />

ipercaloriche e iperlipidiche che,<br />

però, non forniscono una sufficiente<br />

quantità di nutrienti essenziali.<br />

Secondo l’Organizzazione mondiale<br />

della sanità, il 39% degli adulti nel<br />

mondo è sovrappeso, un valore<br />

doppio rispetto al 1975. Fondazione<br />

Veronesi stima che in Italia ci siano<br />

25 milioni di persone sovrappeso,<br />

di cui 6 milioni di obesi. “Stiamo<br />

parlando di più del 46% di tutti gli<br />

italiani maggiorenni”. Stando all’ISS,<br />

le ultime stime disponibili (2019)<br />

indicano che l’eccesso di peso causa<br />

oltre 5 milioni di decessi in tutto<br />

il mondo (pari al 9% del totale) e<br />

oltre 40 milioni di anni vissuti con<br />

disabilità. La percentuale in Italia<br />

è analoga con oltre 64.000 decessi<br />

e più di 571.000 anni vissuti con<br />

disabilità. I costi diretti e indiretti<br />

legati ai disordini alimentari<br />

costerebbero a livello globale circa<br />

4.800 miliardi di dollari all’anno,<br />

quasi il 3,5% del Pil del mondo.<br />

In Europa questo valore si attesta<br />

intorno ai 900 miliardi, oltre il 3% del<br />

suo Pil.<br />

Tutta questa opulenza, peraltro, non<br />

garantisce un apporto adeguato<br />

dei nutrienti necessari. Una parte<br />

significativa della popolazione segue<br />

4.800<br />

MLD DI DOLLARI<br />

ALL’ANNO<br />

I costi a livello<br />

globale legati<br />

ai disordini<br />

alimentari diretti e<br />

indirietti<br />

una dieta carente di componenti<br />

nutrizionali essenziali anche quando<br />

supera ogni record in termini calorici.<br />

Per fare qualche esempio, frutta e<br />

verdura coprono solo il 17% della<br />

dieta degli adolescenti europei ma<br />

dovrebbero rappresentare almeno il<br />

50%. Gli adulti non fanno meglio: il<br />

55% dei cittadini in Europa assume<br />

meno vitamina D di quanto dovrebbe<br />

(e di questi il 15% presenta uno<br />

stato di deficienza clinica per questo<br />

fattore). È stato anche calcolato che<br />

in questi anni il consumo regolare<br />

di un grammo al giorno di Omega-3<br />

avrebbe ridotto del 5% il rischio<br />

di malattia cardiaca in UE con un<br />

conseguente risparmio di 370mila<br />

ospedalizzazioni e 64,5 miliardi di<br />

euro ogni anno.<br />

IL RUOLO DEGLI<br />

OPERATORI SANITARI<br />

In questo quadro non stupisce che<br />

molti professionisti clinici ricorrano<br />

anche agli integratori alimentari per<br />

riequilibrare situazioni sbilanciate<br />

o compensare piccoli problemi di<br />

salute. Si tratta di una tendenza<br />

in crescita: secondo uno studio di<br />

PricewaterhouseCoopers, nel solo<br />

2018-19 il numero di prescrizioni<br />

di integratori è aumentato del 28%.<br />

PWG sottolinea il fatto che medici e<br />

farmacisti giocano un ruolo decisivo<br />

nel mercato italiano, considerato che in<br />

tema di integratori i pazienti seguono il<br />

loro consiglio 8 volte su 10.<br />

Esiste infine una questione culturale:<br />

al di là di una generale tendenza al<br />

ritorno ai prodotti naturali – o che<br />

tali sembrano essere – c’è anche<br />

una componente ideologica: come<br />

suggerisce l’analisi di Mediobanca,<br />

“una non trascurabile fascia della<br />

popolazione mondiale nutre un<br />

atteggiamento di diffidenza verso i<br />

farmaci, paventandone l’assuefazione<br />

e gli effetti collaterali. […] Tutto ciò<br />

tende, da un lato, ad accrescere gli<br />

atteggiamenti preventivi e, dall’altro, a<br />

favorire una sostituzione – peraltro non<br />

sempre appropriata – dell’approccio<br />

farmacologico con quello basato su<br />

rimedi a base alimentare”.<br />

Riferimenti<br />

4Area Studi Mediobanca, “Il mercato italiano<br />

degli integratori alimentari: dimensioni, tendenze<br />

e opportunità”; 2022.<br />

4Centro Studi Integratori & Salute,<br />

“Aggiornamenti sull’impatto della pandemia da<br />

Covid-19 sul mercato”; 2021<br />

4Censis, «Il valore sociale dell’integratore<br />

alimentare»; 2019<br />

4Italiaimballaggio.it (dati Quintile multichannel<br />

view nutraceutica), “Focus sui prodotti<br />

nutraceutici”; <strong>2023</strong><br />

4PwC Analysis, “Vitamins & Dietary Supplements<br />

Market trends Overview”, per Federsalus; 2019.


makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />

INTEGRATORI<br />

ancora molti nodi<br />

da sciogliere<br />

INTERVISTA CON LA PRESIDENTE<br />

DELLA NEONATA ASSOINTEGRATORI,<br />

ASSOCIAZIONE CHE RIUNISCE LE AZIENDE<br />

DELLA FILIERA DEGLI INTEGRATORI<br />

ALIMENTARI<br />

degli esperti del settore,<br />

un costante e dinamico<br />

dialogo con le istituzioni<br />

per garantire sicurezza e<br />

sorveglianza dei prodotti,<br />

tutela delle aziende italiane<br />

ed europee sul territorio UE<br />

e supporto all’export.<br />

muoversi correttamente<br />

e comprendere gli aspetti<br />

regolatori.<br />

Quali sono le azioni<br />

concrete a cui state<br />

lavorando?<br />

Assointegratori è una nuova<br />

associazione, dedicata a tutti<br />

i rappresentati della filiera<br />

degli integratori alimentari<br />

dai produttori di materie<br />

prime ai distributori, che<br />

ha compiuto un anno a<br />

giugno <strong>2023</strong> ma ha già da<br />

raccontare diverse azioni<br />

messe in campo, oltre che<br />

molti progetti per il futuro.<br />

Ne abbiamo parlato con la<br />

presidente Daniela Giuriati.<br />

Partiamo dalle<br />

origini, perché nasce<br />

Assointegratori?<br />

Assointegratori vede la luce<br />

il 17 giugno dello scorso<br />

anno. Nasce in un momento<br />

di cambiamento, in cui molti<br />

associati della precedente<br />

Federsalus non riuscivano<br />

più a sentirsi rappresentati,<br />

tutelati e ascoltati.<br />

Il consiglio direttivo sposa<br />

una filosofia pratica,<br />

concreta, operativa e<br />

dinamica a tutela della<br />

Caterina Lucchini<br />

salute, della sicurezza e<br />

degli obiettivi comuni. In<br />

pochi mesi siamo riusciti<br />

a diventare una realtà<br />

associativa che conta già 50<br />

iscritti.<br />

Quali sono gli obiettivi<br />

dell’associazione?<br />

Il mercato degli integratori<br />

alimentari continua a<br />

crescere a due cifre, per un<br />

valore attuale di 4,5 miliardi<br />

di euro e quasi 200.000<br />

lavoratori impiegati. In<br />

Europa il mercato italiano<br />

è il primo per volumi<br />

(28,6% del totale) davanti a<br />

Germania (18,8%) e Francia<br />

(12%). Addirittura il termine<br />

integratore è stato inserito<br />

nel paniere Istat. Numeri di<br />

questo tipo possono attirare<br />

realtà che vantano soli scopi<br />

di lucro, a scapito della<br />

sicurezza dei consumatori<br />

e dell’aderenza alle norme.<br />

Per questo è dirimente che<br />

sia messo in atto, da parte<br />

Quali sono i principali<br />

problemi del settore?<br />

Gli obiettivi della nostra<br />

associazione nascono<br />

dall’analisi delle<br />

problematiche attuali. Ad<br />

esempio, la sorveglianza<br />

verso i Paesi extra europei<br />

che possono immettere nei<br />

nostri mercati sostanze non<br />

verificate e potenzialmente<br />

tossiche.<br />

Manca infatti un registro<br />

degli integratori e una<br />

corretta sorveglianza<br />

sui prodotti immessi<br />

in commercio. Inoltre,<br />

diversamente dai dispositivi<br />

medici e dai cosmetici, per<br />

gli integratori alimentari<br />

manca la possibilità di<br />

richiedere un certificato<br />

di libera vendita. In molti<br />

altri Paesi europei ciò<br />

è in essere, ma non da<br />

noi. Questo si ripercuote<br />

negativamente sulle aziende<br />

italiane che vogliono<br />

accedere ai mercati extraeuropei<br />

che faticano mesi<br />

in lungaggini burocratiche<br />

per sopperire alla mancanza<br />

del documento. Infine,<br />

per le aziende nascenti<br />

non è sempre semplice<br />

Assointegratori è stata la<br />

prima associazione a sedersi<br />

al tavolo con il ministero<br />

della Salute: abbiamo<br />

delineato ai rappresentanti<br />

istituzionali la nostra<br />

missione e abbiamo<br />

illustrato le tematiche più<br />

urgenti prospettando alcune<br />

iniziative per migliorare la<br />

sicurezza e la competitività<br />

delle aziende esportatrici. Un<br />

altro importante e ambizioso<br />

obiettivo è quello di creare<br />

un marchio, Assoquality,<br />

per certificare – su base<br />

volontaria – la qualità e<br />

l’etica delle aziende. Oltre<br />

agli aspetti di sorveglianza<br />

e sicurezza, Assointegratori<br />

è anche molto sensibile al<br />

benessere dei consumatori<br />

e crede fermamente che<br />

esso passi da una corretta<br />

informazione degli operatori<br />

sanitari e della popolazione.<br />

Per questo motivo stiamo<br />

partendo con diversi progetti<br />

sulla comunicazione, come<br />

quello che vedrà istituzioni,<br />

medici sportivi e personaggi<br />

dello sport riuniti per<br />

dialogare sul valore degli<br />

integratori e sulla cattiva<br />

e distorta informazione in<br />

questo campo.<br />

61


INTEGRATORI<br />

La lunga strada verso<br />

l’armonizzazione europea<br />

UNO DEI MAGGIORI OSTACOLI ALL’ESPORTAZIONE DEGLI<br />

INTEGRATORI NEI PAESI EUROPEI È RAPPRESENTATO DALLE<br />

DIVERSE NORMATIVE NAZIONALI CHE NE REGOLANO IL<br />

COMMERCIO. ORA LA COMMISSIONE UE HA INIZIATO UN<br />

COMPLICATO PERCORSO VERSO UN’UNICA NORMATIVA<br />

Alberto Bobadilla<br />

62


makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />

«Nell’Unione europea, gli integratori<br />

alimentari sono regolamentati come<br />

alimenti. La legislazione armonizzata<br />

disciplina le vitamine e i minerali e le<br />

sostanze utilizzate come loro fonte,<br />

che possono essere utilizzate nella<br />

produzione di integratori alimentari.<br />

Per gli ingredienti diversi da vitamine<br />

e minerali, la Commissione europea<br />

ha stabilito norme armonizzate<br />

per proteggere i consumatori da<br />

potenziali rischi per la salute e<br />

mantiene un elenco di sostanze che<br />

si sa o si sospetta abbiano effetti<br />

nocivi sulla salute e il cui uso è<br />

pertanto controllato».<br />

Lo afferma l’Autorità europea per la<br />

sicurezza alimentare (Efsa) che, fin<br />

dalla sua istituzione nel 2002, si è<br />

occupata di indagare sulla sicurezza<br />

e sui possibili effetti avversi di<br />

prodotti che caratterizzano un<br />

mercato in continua crescita.<br />

E sempre al 2002 risale il principale<br />

documento di riferimento, la<br />

Direttiva europea sugli integratori<br />

alimentari (2002/46/CE), con l’elenco<br />

armonizzato di vitamine e minerali<br />

che possono essere aggiunti a fini<br />

nutrizionali e l’elenco delle fonti<br />

consentite da cui le vitamine e i<br />

minerali stessi possono essere<br />

ricavati.<br />

SOGLIE VARIABILI<br />

Eppure, vent’anni dopo, l’attuale<br />

struttura normativa in atto sugli<br />

integratori alimentari nell’Unione<br />

e nello Spazio economico europeo,<br />

interamente armonizzata non lo<br />

è ancora. Lo sottolinea la “Linea<br />

guida sulla qualità degli integratori<br />

alimentari” emessa lo scorso anno<br />

dalla Federazione Ehpm (European<br />

federation of associations of health<br />

product manufacturers) che riunisce<br />

14 associazioni nazionali, di cui<br />

fanno parte circa 1.600 aziende<br />

che producono e distribuiscono<br />

integratori alimentari. «Le soglie di<br />

assunzione giornaliera stabilite come<br />

sicure, delle vitamine e dei minerali<br />

che possono essere utilizzati negli<br />

integratori, variano a seconda degli<br />

Stati membri dell’Ue e risultano<br />

in vigore anche norme nazionali<br />

divergenti riguardo a quali altre<br />

sostanze possono essere utilizzate<br />

negli alimenti e alle loro soglie di<br />

sicurezza. Per esempio – riporta la<br />

guida – in Italia la melatonina può<br />

essere utilizzata negli integratori<br />

alimentari, mentre in Irlanda può<br />

entrare a far parte solo di farmaci».<br />

ETICHETTATURE<br />

E PROCEDURE<br />

NAZIONALI<br />

La Direttiva 2002/46/CE stabilisce<br />

un certo livello di armonizzazione<br />

anche relativamente ai requisiti di<br />

etichettatura, oltre a elencare le<br />

vitamine, i minerali e loro forme<br />

chimiche utilizzabili negli integratori<br />

alimentari. Tuttavia, i livelli a cui<br />

possono essere utilizzati sono<br />

regolamentati a livello nazionale<br />

e resteranno tali fino a quando la<br />

Commissione europea emetterà una<br />

proposta per adottare gli stessi livelli<br />

in tutti i Paesi dell’Unione.<br />

Anche le procedure richieste per<br />

l’immissione sul mercato di questi<br />

prodotti, pur essendo regolamentati<br />

dalla Direttiva 2002/46/CE, vengono<br />

implementate in modo molto<br />

differente tra uno Stato e l’altro.<br />

La guida Ehpm fa notare che in<br />

alcuni Stati membri basta una<br />

semplice notifica dell’etichetta<br />

del prodotto alla relativa autorità<br />

nazionale, in altri la notifica non<br />

è neppure necessaria, mentre in<br />

altri ancora il processo di notifica<br />

prevede una serie di passaggi, come<br />

la presentazione di un fascicolo<br />

relativo al prodotto e il pagamento<br />

di una tassa amministrativa. In<br />

altri contesti, per alcuni ingredienti<br />

contenuti negli integratori potrebbe<br />

essere necessaria una forma di<br />

autorizzazione prima che un prodotto<br />

possa essere posizionato sul<br />

mercato. Per complicare le cose c’è<br />

anche chi adotta un sistema misto,<br />

richiedendo solo un’autorizzazione<br />

per vitamine e minerali e un<br />

processo di autorizzazione per altre<br />

sostanze.<br />

MUTUO<br />

RICONOSCIMENTO<br />

Tutto questo rischierebbe di<br />

rendere estremamente complicata<br />

l’esportazione dei prodotti per le<br />

aziende produttrici, se non fosse per<br />

il principio di mutuo riconoscimento.<br />

Il Regolamento (UE) 2019/515,<br />

entrato in vigore nel 2020, è stato<br />

redatto con l’obiettivo di rafforzare<br />

il funzionamento del mercato<br />

interno all’Unione migliorando,<br />

appunto, l’applicazione del principio<br />

del reciproco riconoscimento e<br />

rimuovendo gli ostacoli ingiustificati<br />

al commercio. Il Regolamento si<br />

applica a quei prodotti che non sono<br />

63


coperti da una legislazione europea<br />

armonizzata, che sono legalmente<br />

commercializzati in uno Stato<br />

membro e che sono compatibili con<br />

la regolamentazione tecnica degli<br />

altri Stati membri: è proprio il caso<br />

degli integratori alimentari, la cui<br />

armonizzazione è solo parziale.<br />

In Italia, già con un decreto del<br />

2018, la Gazzetta Ufficiale ricorda<br />

che «la commercializzazione di<br />

integratori alimentari non conformi<br />

a quanto previsto dal presente<br />

decreto è consentita secondo il<br />

principio del mutuo riconoscimento<br />

per prodotti legalmente fabbricati e<br />

commercializzati in un altro Stato<br />

membro dell’Unione europea o in<br />

Turchia, o per prodotti legalmente<br />

fabbricati in uno Stato dell’Efta, parte<br />

contraente dell’Accordo sullo Spazio<br />

economico europeo».<br />

VERSO<br />

L’ARMONIZZAZIONE?<br />

La direzione verso una completa<br />

armonizzazione delle regole<br />

applicabili agli integratori alimentari<br />

nell’Unione è ormai tracciata, ma la<br />

strada non è né breve né semplice.<br />

Per esempio, sono in corso<br />

valutazioni riguardo alle soglie<br />

superiori di tollerabilità delle<br />

vitamine A, B6, B9, D, E, ferro,<br />

manganese e beta-carotene (i limiti<br />

del selenio sono stati aggiornati a<br />

gennaio di quest’anno). Il processo<br />

è in corso da almeno due anni, con<br />

la raccolta di pareri scientifici e la<br />

messa a punto di una metodologia<br />

generale, che è stata pubblicata nel<br />

2022.<br />

Bisognerà aspettare almeno il<br />

2024 perché venga formalizzata<br />

una proposta di legge che,<br />

successivamente, dovrà essere<br />

approvata dal Parlamento e dal<br />

Consiglio europeo per entrare<br />

finalmente in vigore.<br />

Tabella 1. Differenze tra Stati membri nelle<br />

procedure richieste per l’immissione di<br />

integratori sul mercato<br />

Stato membro<br />

Austria<br />

Tassa<br />

amministrativa<br />

Fonte: EHPM quality guide, 2022<br />

Nessun obbligo<br />

pre-marketing<br />

√<br />

Sistema di<br />

notifica<br />

Belgio √ √<br />

Bulgaria<br />

Croazia<br />

Cipro<br />

Repubblica<br />

Ceca<br />

Danimarca<br />

Estonia<br />

Finlandia<br />

Francia<br />

Germania<br />

√<br />

√<br />

Grecia √ √<br />

Ungheria<br />

Irlanda<br />

Italia √ √<br />

Lettonia<br />

Lituania √ √<br />

Lussemburgo<br />

Malta √ √<br />

Paesi Bassi<br />

Polonia<br />

Portogallo<br />

Romania √ √<br />

Slovacchia<br />

Slovenia<br />

Spagna √ √<br />

Svezia<br />

Regno Unito<br />

√<br />

√<br />

√<br />

√<br />

√<br />

√<br />

√<br />

√<br />

√<br />

√<br />

√<br />

√<br />

√<br />

√<br />

√<br />

√<br />

√<br />

64


makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />

65


Pharma&LifeSciences<br />

Legal view<br />

La proposta di revisione<br />

della legislazione<br />

farmaceutica e profili IP<br />

coperti dal brevetto europeo con<br />

effetto unitario.<br />

Avv. Diego Gerbino – Deloitte legal<br />

Cosa prevede la riforma<br />

proposta dalla CE dal<br />

punto di vista della<br />

tutela della proprietà<br />

intellettuale dei<br />

farmaci?<br />

Il 26-27 aprile <strong>2023</strong> la<br />

Commissione europea ha<br />

pubblicato alcune proposte di<br />

revisione che – se approvate in<br />

modo definitivo – emenderanno<br />

e/o integreranno l’attuale<br />

legislazione farmaceutica<br />

europea in materia di (i) prodotti<br />

farmaceutici, (ii) certificati<br />

complementari di protezione<br />

(CCP), (iii) standard essential<br />

patents (SEP) e (iv) licenze<br />

obbligatorie di brevetti in caso di<br />

gestione delle emergenze<br />

Prodotti farmaceutici<br />

La proposta ridisegna la legislazione<br />

farmaceutica dell’UE nell’intento<br />

di rendere i farmaci più accessibili<br />

e convenienti. Viene prevista una<br />

riduzione – a determinate condizioni<br />

– del periodo di protezione dei dati<br />

sui farmaci protetti da brevetto, con<br />

l’obiettivo di consentire ai produttori<br />

generici di iniziare a commercializzare<br />

i loro farmaci immediatamente dopo<br />

la scadenza dei diritti di esclusiva.<br />

Certificati di<br />

protezione<br />

complementare (CCP)<br />

Con l’entrata in vigore del brevetto<br />

unitario dal 1° giugno <strong>2023</strong>, la<br />

Commissione europea ha proposto<br />

il rilascio di un CCP unitario,<br />

introducendo una procedura e un<br />

esame unici a cura dell’Euipo per la<br />

concessione di un CCP nazionale per<br />

ogni Stato designato nella domanda<br />

di brevetto, o di un CCP unitario con<br />

validità uniforme in tutti gli Stati<br />

Licenze obbligatorie<br />

per la gestione delle<br />

crisi<br />

Le licenze obbligatorie consentono<br />

alle autorità nazionali – a determinate<br />

condizioni – di legittimare l’uso di un<br />

brevetto senza l’autorizzazione del<br />

titolare della privativa. Attualmente gli<br />

Stati membri applicano le proprie leggi<br />

nazionali in materia. La proposta ha<br />

come obiettivi: (i) creare uno strumento<br />

a livello europeo da utilizzare in caso<br />

di crisi (ad esempio in caso di una<br />

nuova pandemia) per autorizzare l’uso<br />

di trovati brevettuali nel caso in cui<br />

la concessione di licenze volontarie<br />

risulti impossibile e (ii) determinare<br />

condizioni uniformi per il calcolo di<br />

un’equa remunerazione concessa al<br />

titolare del brevetto soggetto a licenza<br />

obbligatoria.<br />

Più nel dettaglio, tra gli obiettivi<br />

della riforma possono annoverarsi i<br />

seguenti:<br />

1. Migliorare l’efficienza delle licenze<br />

obbligatorie nell’UE in caso di crisi.<br />

2. Ridurre la frammentazione e<br />

migliorare il coordinamento dei<br />

meccanismi di licenza obbligatoria<br />

nell’UE, anche per garantire che siano<br />

66


makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />

adatti allo scopo in caso di crisi in tutta<br />

l’UE e che siano pienamente coerenti<br />

e complementari con altre iniziative<br />

dell’UE (si vedano ad esempio, nel<br />

settore sanitario, la strategia UE<br />

Covid-19 per i vaccini, l’HERA e la<br />

strategia farmaceutica per l’Europa).<br />

3. Garantire un’efficace procedura di<br />

licenza obbligatoria per le esportazioni<br />

(Regolamento europeo n. 816/2006<br />

sulle misure di protezione contro<br />

alcune malattie degli animali, tra cui<br />

l’influenza aviaria ad alta patogenicità)<br />

in linea con l’articolo 31-bis<br />

dell’Accordo Trips.<br />

Standard Essential<br />

Patents<br />

I brevetti che coprono una<br />

tecnologia dichiarata essenziale per<br />

l’implementazione di uno standard<br />

tecnico (ad esempio 5G, Bluetooth, Wi-<br />

Fi) sono noti come “standard essential<br />

patents” (SEP).<br />

Poiché i produttori di dispositivi<br />

conformi agli standard tecnici<br />

devono necessariamente utilizzare la<br />

tecnologia considerata essenziale per<br />

l’innovazione, esistono accordi per la<br />

concessione di licenze a condizioni<br />

eque, ragionevoli e non discriminatorie<br />

(c.d. “Frand”). Tuttavia, alcuni utenti<br />

hanno riscontrato che il sistema<br />

di licenza dei SEP non sarebbe<br />

trasparente, prevedibile o efficiente.<br />

In quest’ottica, la proposta vuole<br />

creare un sistema equilibrato al fine<br />

di rendere più trasparente ed equo<br />

il meccanismo di concessione delle<br />

licenze legate ai SEP con l’obiettivo di<br />

ridurre anche le controversie sul tema.<br />

In particolare, tra i vantaggi della<br />

riforma si possono elencare i seguenti:<br />

(i) migliorare la competitività delle<br />

imprese dell’UE, comprese le startup<br />

e le PMI, (ii) facilitare lo sviluppo<br />

di tecnologie critiche e l’adozione di<br />

tecnologie digitali, (iii) promuovere<br />

la transizione dell’UE verso<br />

l’economia verde, (iv) ridurre i costi<br />

di transazione per la concessione di<br />

licenze SEP grazie a una maggiore<br />

trasparenza.<br />

Qual è il giusto<br />

equilibrio tra i diritti<br />

in gioco?<br />

Secondo Marcello Cattani, presidente<br />

di Farmindustria, “la proposta della<br />

Commissione UE di introdurre<br />

un nuovo strumento di licenza<br />

obbligatoria per usare un farmaco<br />

brevettato senza il consenso del<br />

titolare del brevetto in caso di<br />

emergenze vanifica gli investimenti in<br />

ricerca e mette a rischio la salute dei<br />

cittadini in Europa”. Cattani prosegue<br />

rilevando che la conseguenza di<br />

una riforma del genere sarebbe lo<br />

“spostamento degli investimenti in<br />

R&S verso i Paesi extra-Ue”.<br />

Le associazioni rappresentative del<br />

comparto dei farmaci generici e<br />

biosimilari hanno invece evidenziato<br />

come “il ruolo centrale dell’industria<br />

dei medicinali fuori brevetto per il<br />

paziente si riflette chiaramente nelle<br />

intenzioni della proposta di revisione<br />

della legislazione farmaceutica”.<br />

Nel mettere in luce la giustificata<br />

necessità di un libero accesso a<br />

determinati medicinali, in particolar<br />

modo in periodi di crisi, non può<br />

non tenersi in considerazione che, a<br />

monte, senza i dovuti investimenti in<br />

R&S, non vi sarebbe alcun medicinale<br />

cui poter accedere. Ciò vuol dire che,<br />

nella versione definitiva del corpo<br />

normativo, andranno soppesati nel<br />

miglior modo possibile gli interventi<br />

affinché si tenga in debito conto<br />

l’importanza dello sviluppo come<br />

base su cui fondare tutte le ulteriori<br />

giustificate istanze dei vari portatori<br />

di interessi, in primis l’accesso<br />

tempestivo ed equo in ciascuno Stato<br />

membro a medicinali sicuri, efficaci e a<br />

prezzi ragionevoli.<br />

Pertanto, vista la cruciale importanza<br />

dei temi in esame, consigliamo di<br />

monitorare costantemente i prossimi<br />

sviluppi normativi che potrebbero<br />

incidere considerevolmente sui<br />

business model e sugli interessi in<br />

gioco delle associazioni di categoria<br />

attive nel settore e delle imprese<br />

aderenti.<br />

In conclusione<br />

In definitiva, se confermata, la<br />

proposta in esame rappresenterebbe<br />

la più grande riforma del settore<br />

farmaceutico degli ultimi 20 anni, in<br />

quanto determinerebbe l’adozione<br />

di una nuova Direttiva e di un<br />

nuovo Regolamento che andranno<br />

ad abrogare le fonti legislative<br />

attualmente in vigore, ivi compresi<br />

la Direttiva sui medicinali (Direttiva<br />

2001/83/CE) e il Regolamento<br />

sui medicinali (Regolamento (CE)<br />

726/2004).<br />

Sul piano delle tempistiche, occorre<br />

adesso attendere il vaglio del<br />

Parlamento europeo e del Consiglio. In<br />

caso di esito positivo, la riforma verrà<br />

probabilmente approvata soltanto nel<br />

2025 e diverrà applicabile non prima<br />

del 2027.<br />

67


REQUISITI NORMATIVI<br />

E DI QUALITÀ NELLA<br />

PRODUZIONE DI<br />

INGREDIENTI VEGETALI<br />

PER GLI INTEGRATORI<br />

Per realizzare un integratore<br />

alimentare di qualità da una<br />

sostanza vegetale, è necessario<br />

poter garantire la qualità<br />

del materiale di partenza, un<br />

processo di fabbricazione<br />

costante e adeguate specifiche<br />

del prodotto finale<br />

R. Pace, E.M. Martinelli | Indena SpA<br />

68


makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />

Le sostanze di origine vegetale<br />

rappresentano oggi uno degli<br />

ingredienti più diffusamente impiegati<br />

nella preparazione degli integratori<br />

alimentari. Occorre sottolineare che<br />

un prodotto finito non può essere di<br />

qualità accettabile, e quindi sicuro, se<br />

la qualità dei suoi ingredienti non è<br />

garantita. Per realizzare un prodotto<br />

sicuro è quindi necessario conoscere<br />

non solo le normative ma anche i<br />

criteri specifici di qualità che regolano<br />

i prodotti di origine botanica, che<br />

devono essere conosciuti e seguiti dal<br />

suo produttore.<br />

TRE CATEGORIE<br />

DI PRODOTTI<br />

I prodotti di origine botanica si<br />

suddividono in tre categorie principali:<br />

1. Sostanze vegetali<br />

2. Preparati vegetali<br />

3. Altre sostanze di origine vegetale<br />

La normativa che regola in Italia le<br />

sostanze e i preparati vegetali fa<br />

riferimento al Decreto del 10 agosto<br />

2018 e contiene una lista di piante/<br />

parti delle piante ammesse all’uso.<br />

Per “Sostanza vegetale” si intende un<br />

ingrediente vegetale, ovvero la “droga<br />

vegetale”, ovvero la pianta in toto o<br />

sue parti (intere, a pezzi o tagliate)<br />

in forma non trattata, generalmente<br />

essiccata. Questa classe di sostanze<br />

comprende anche le alghe, i licheni ed<br />

essudati (es. resine). Per “preparato<br />

vegetale” si intende il prodotto<br />

ottenuto sottoponendo la sostanza<br />

vegetale a vari trattamenti quali<br />

estrazione, distillazione, spremitura,<br />

frazionamento, purificazione,<br />

concentrazione, fermentazione,<br />

triturazione e polverizzazione. Per<br />

“Altre sostanze di origine vegetale”<br />

si intendono quelle che vengono<br />

isolate con l’obiettivo di produrre<br />

una sostanza singola o comunque<br />

purificate a un grado tale da alterane<br />

sostanzialmente la composizione<br />

rispetto al loro rapporto originale nel<br />

materiale vegetale di partenza.<br />

Le Sostanze e i Preparati vegetali<br />

sono caratterizzati dalla loro<br />

complessità essendo miscele<br />

multicomponenti. Esse devono<br />

tuttavia intendersi come principi<br />

attivi nella loro interezza in quanto<br />

la loro azione fisiologica dipende<br />

dal contenuto/composizione dei<br />

loro costituenti nella loro variabilità<br />

naturale. Generalmente non è<br />

possibile identificare un singolo<br />

costituente come responsabile<br />

dell’effetto fisiologico: tutti i<br />

costituenti della sostanza o<br />

dell’estratto possono contribuire,<br />

anche per via sinergica, all’attività<br />

del complesso o a mitigare eventuali<br />

effetti tossici di alcuni costituenti.<br />

Infatti, i singoli costituenti, come<br />

sostanze isolate, spesso si<br />

comportano in modo differente dal<br />

punto di vista dell’attività biologica.<br />

La qualità di un Preparato vegetale<br />

dipende da tre fattori principali:<br />

1. Qualità della sostanza vegetale di<br />

partenza<br />

2. Processo di fabbricazione<br />

3. Specifiche del prodotto finale<br />

QUALITÀ DEL<br />

MATERIALE<br />

DI PARTENZA<br />

La qualità della sostanza vegetale<br />

di partenza, sia essa impiegata per<br />

realizzare preparati costituiti da<br />

sostanze triturate o polverizzate per la<br />

preparazione di tisane e infusi, o per la<br />

preparazione di estratti con l’impiego<br />

dei solventi, è di primaria importanza<br />

in quanto la composizione del prodotto<br />

finale dipenderà principalmente dalla<br />

composizione del materiale vegetale<br />

usato.<br />

Come il Decreto sopra citato recita,<br />

la documentazione a supporto della<br />

qualità del prodotto dovrà riportare<br />

tutte le informazioni sulla pianta, come<br />

la denominazione botanica completa<br />

comprendente famiglia, genere, specie,<br />

eventuali varietà e/o chemotipo e nome<br />

dell’autore di riferimento (es. Linnaeus).<br />

Inoltre dovrà essere indicata la parte<br />

utilizzata della pianta (es. radici, rizoma,<br />

foglie, sommità fiorite etc.), le condizioni<br />

di conservazione e periodo di raccolta;<br />

occorrerà indicare se si tratta di<br />

materiale fresco o essiccato, se si tratta<br />

di pianta coltivata o spontanea. Anche<br />

l’origine geografica può avere impatto<br />

sulla composizione dei costituenti in<br />

quanto le piante sono organismi viventi<br />

e le condizioni ambientali possono<br />

avere effetto sull’espressione dei geni<br />

che regolano la produzione dei suoi<br />

metaboliti in modo da resistere agli<br />

stress ambientali.<br />

Il controllo del materiale vegetale<br />

di partenza è inoltre essenziale per<br />

garantire qualità e sicurezza del<br />

69


prodotto finale. In particolare, un<br />

adeguato controllo dell’identificazione<br />

botanica della sostanza vegetale<br />

di partenza, macroscopico e/o<br />

microscopico, unitamente al profilo<br />

cromatografico (HPTLC, HPLC, GLC<br />

etc.) costituisce la garanzia della<br />

sua genuinità a salvaguardia di<br />

possibili errori di classificazione del<br />

vegetale con potenziali rischi per<br />

la salute del consumatore. Infatti i<br />

profili cromatografici rappresentano<br />

una “fingerprint” importantissima<br />

e specifica per distinguere le<br />

sostanze vegetali da quelle simili<br />

magari potenzialmente tossiche<br />

con le quali potrebbero essere<br />

confuse. Altro aspetto critico è il<br />

contenuto di acqua residua di una<br />

sostanza vegetale essiccata che<br />

deve essere inferiore al 10-12% (p/p)<br />

(Farmacopea europea) per evitare<br />

proliferazione di microrganismi con<br />

potenziale formazione di micotossine<br />

cancerogene, soprattutto durante il<br />

suo stoccaggio a magazzino.<br />

PROCESSO DI<br />

FABBRICAZIONE<br />

La costanza del processo di<br />

fabbricazione di una preparato<br />

vegetale (es. estratto vegetale),<br />

rappresenta il secondo criterio di<br />

garanzia di qualità del prodotto.<br />

Infatti il processo di fabbricazione<br />

del Preparato vegetale deve essere<br />

descritto con gli elementi indicati nel<br />

decreto del 10 agosto 2018 in modo<br />

da comprendere anche le fasi di<br />

coltivazione, raccolta, essiccamento,<br />

macinazione, eventuali trattamenti<br />

ante e post raccolta con pesticidi etc.<br />

Indicazione dei criteri di coltivazione<br />

sono riportati nelle “Good agricultural<br />

and collection practice for starting<br />

material of herbal origin” (GACP;<br />

EMEA/HPMC/246816/2005). Inoltre,<br />

il processo di fabbricazione dovrà<br />

indicare i solventi impiegati nel<br />

processo, che devono essere ammessi<br />

all’uso nel campo alimentare<br />

(Direttiva 2009/32/CE e Decreto<br />

158 del 4/08/2011). Il solvente di<br />

estrazione e le relative condizioni<br />

operative, soprattutto se eseguite in<br />

modo da esaurire le sostanze estratte<br />

dalla sostanza vegetale, garantiscono<br />

una costanza della composizione<br />

dell’estratto finale in quanto pilotate<br />

dalla solubilità delle sostanze stesse<br />

nel solvente. Inoltre, le operazioni<br />

di standardizzazione, effettuate<br />

miscelando intermedi dello stesso<br />

estratto o diversi lotti della sostanza<br />

vegetale di partenza, permettono di<br />

compensare la variabilità naturale<br />

intrinseca per ottenere un prodotto<br />

con una variabilità estremamente<br />

ridotta dei suoi costituenti al fine<br />

di ottemperare alle specifiche<br />

predefinite. Sono possibili fasi<br />

di purificazione dell’estratto con<br />

l’obiettivo di concentrare specifiche<br />

classi di sostanze (es. polifenoli,<br />

triterpeni etc.) mantenendo la loro<br />

variabilità naturale oppure per<br />

eliminare sostanze indesiderate (es.<br />

acidi ginkgolici della Ginkgo biloba,<br />

allergizzanti).<br />

SPECIFICHE DEL<br />

PRODOTTO FINALE<br />

Le specifiche del prodotto finale<br />

sono rappresentate principalmente,<br />

oltre che dai saggi di identificazione<br />

come descritto per le sostanze<br />

vegetali, dai caratteri fisici,<br />

dal dosaggio dei costituenti<br />

che contribuiscono all’attività<br />

fisiologica, o dei marker analitici,<br />

ma soprattutto dai contaminanti.<br />

Questi ultimi comprendono<br />

pesticidi (Regolamento 396/2005),<br />

metalli tossici come Pb, Hg, Cd,<br />

As (Regolamento CE 1881/2006),<br />

micotossine (Regolamento CE<br />

1881/2006), solventi residui, controllo<br />

microbiologico (Decreto 10 agosto<br />

2018, Codex Herbarum), idrocarburi<br />

policiclici aromatici (Regolamento CE<br />

1881/2006), alcaloidi pirrolizidinici<br />

e tropanici (Regolamento CE<br />

1881/2006), diossine (Regolamento<br />

1881/2006), radioattività (Controllata<br />

solo per prodotti provenienti da<br />

zone accidentalmente irraggiate),<br />

irraggiamento (Direttiva 1999/2/<br />

CE, Dir. 1999/3/CE, D.Lgs 94 del<br />

30/01/2001). Tali controlli possono<br />

essere effettuati sulle materie prime<br />

di partenza in modo da garantire la<br />

loro ottemperanza nell’estratto finale<br />

anche sulla base di un’analisi del<br />

rischio.<br />

Le altre sostanze di origine vegetale<br />

ottenute attraverso processi di<br />

isolamento con l’intento di separare<br />

sostanze pure appartengono a<br />

una categoria separata e non sono<br />

considerate nell’Unione europea<br />

preparati o estratti vegetali –<br />

cosiddetti “botanicals” – ma sono<br />

considerate alla stregua di sostanze<br />

isolate o miscele di sostanze<br />

isolate da fonte vegetale. Tuttavia,<br />

derivando da matrici vegetali,<br />

conservano gli aspetti critici della<br />

loro origine vegetale, che deve essere<br />

documentata, come l’identificazione<br />

della pianta da cui derivano e il<br />

controllo dei contaminanti. Una lista<br />

di queste sostanze è contenuta nel<br />

documento del ministero della Salute<br />

“Altre sostanze ad effetto nutritivo o<br />

fisiologico”.<br />

Riferimenti<br />

Un riferimento esaustivo sulle norme di<br />

qualità delle Sostanze e Preparati vegetali è<br />

riportato sul documento UNI/PdR 112:2021<br />

“Requisiti per buone pratiche di fabbricazione<br />

nella produzione di integratori alimentari”<br />

(Appendice B – Sostanze e Preparati Vegetali).<br />

70


Per faconi di qualsiasi dimensione<br />

Rivoluziona il tuo processo di<br />

liofilizzazione con i data logger<br />

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<strong>2023</strong>


makinglife | settembre <strong>2023</strong> | numero quattro<br />

PRODUCTION<br />

Pharma Telling & Industry


per<br />

LOGISTICA SMART<br />

Il sistema RFID implementato da Inge SpA per gestire logistica e produzione con tecnologia<br />

digitale è un esempio di come l’innovazione dell’industria 4.0 possa contribuire a migliorare<br />

l’efficienza, la qualità e la sicurezza dei prodotti<br />

Federico Berto<br />

74<br />

Inge è un punto di riferimento<br />

nel packaging primario di<br />

materie plastiche per l’industria<br />

farmaceutica, nutraceutica,<br />

cosmetica, diagnostica,<br />

alimentare e per la casa, anche<br />

in materiale green. I numerosi<br />

prodotti brevettati dimostrano la<br />

volontà dell’azienda di migliorare<br />

costantemente i propri prodotti e lo<br />

studio di nuove soluzioni. L’Ufficio<br />

Tecnico interno elabora lo studio<br />

di nuovi prodotti, personalizzabili<br />

secondo le esigenze del cliente,<br />

realizza gli stampi prototipo e gli<br />

stampi di produzione, procede alla<br />

fase di produzione e finitura, se<br />

richiesta, con confezionamento,<br />

serigrafia e decorazione.<br />

Internamente all’azienda è presente<br />

anche un ufficio Ricerca e Sviluppo<br />

dotato delle più ampie conoscenze<br />

nel settore della plastica e di<br />

tecnologie di elaborazione di<br />

ultima generazione, che sviluppa<br />

in continuazione nuove soluzioni di<br />

packaging per poter prontamente<br />

soddisfare qualsiasi richiesta<br />

sottoposta. L’amministratore<br />

di Inge SpA, il dott. Alessio<br />

Nobbio, esercita una funzione di<br />

indirizzo e controllo dell’azienda<br />

assicurandone l’efficacia (il<br />

raggiungimento degli obiettivi)<br />

e l’efficienza (l’ottimale impiego<br />

delle risorse), oltre che comunicare<br />

in modo trasparente gli impegni<br />

presi, motivando il personale a<br />

partecipare al miglioramento<br />

continuo.<br />

INGE E IL MONDO<br />

DI INDUSTRIA 4.0<br />

Lo spirito innovativo dell’azienda non<br />

è rivolto solo a sviluppare i prodotti<br />

migliori da offrire al mercato ma<br />

guida anche l’evoluzione dei modelli<br />

di gestione dei processi aziendali.<br />

Ne è un esempio il rinnovamento<br />

del sistema per la logistica integrata<br />

che è stato installato presso la<br />

produzione e il magazzino in piena<br />

ottica di industria 4.0.<br />

L’industria 4.0 – che prevede<br />

l’integrazione tra il mondo fisico<br />

della produzione e quello digitale<br />

– sta rivoluzionando anche il<br />

settore farmaceutico, introducendo<br />

tecnologie innovative per migliorare<br />

l’efficienza produttiva, la qualità dei<br />

prodotti, la sicurezza dei pazienti e<br />

la tracciabilità delle materie prime<br />

e dei prodotti finiti lungo tutta la<br />

catena di distribuzione. Tra i pilastri<br />

dell’industria 4.0 vi è anche l’Internet<br />

of Things, reti di sensori e dispositivi<br />

connessi che raccolgono una<br />

enorme quantità di dati in tempo<br />

reale. Grazie ai sensori collegati in<br />

rete e ai dati in real time, è possibile<br />

monitorare e gestire processi e asset<br />

in modo dinamico, ottimizzando<br />

il loro rendimento e individuando<br />

in anticipo eventuali anomalie.<br />

Questo si traduce in risparmi, minori<br />

sprechi e tempi di inattività ridotti.<br />

Inoltre, grazie a questa tecnologia,<br />

molti processi possono essere<br />

automatizzati, riducendo la necessità<br />

di interventi manuali e aumentando<br />

la produttività del lavoro.<br />

In questo contesto, la tecnologia<br />

RFID (Radio Frequency Identification)<br />

sta assumendo un ruolo sempre<br />

più importante, consentendo<br />

di monitorare in tempo reale la<br />

posizione e lo stato dei prodotti, di<br />

automatizzare i processi di gestione<br />

delle scorte e di migliorare la<br />

precisione delle informazioni.<br />

La RFID, che sta per identificazione<br />

in radiofrequenza, è una tecnologia<br />

basata sull’utilizzo di etichette<br />

elettroniche applicate agli oggetti<br />

che si vogliono identificare e<br />

tracciare. Quando vengono attivate<br />

da un segnale radio, queste<br />

etichette possono inviare a un lettore<br />

le informazioni relative al prodotto.<br />

I tag RFID possono essere attivi o<br />

passivi a seconda che possiedano o<br />

meno una batteria.<br />

Anche Inge sta implementando un<br />

sistema di gestione dei prodotti<br />

basato sulla tecnologia RFID. La<br />

soluzione per la logistica integrata<br />

che è stata installata presso la<br />

produzione e il magazzino utilizza<br />

la tecnologia RFID passiva UHF ISO<br />

18006-C sotto forma di etichette<br />

applicate sui prodotti finalizzata<br />

all’identificazione, localizzazione<br />

e spedizione della merce in modo<br />

più rapido ed efficiente, in un’ottica<br />

evolutiva dei processi aziendali<br />

verso un’industria 4.0. La soluzione<br />

verte sull’installazione di un sistema


makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />

HIGHLIGHT I SEMESTRE <strong>2023</strong><br />

Il sistema RFID per la logistica integrata non è l’unico progetto innovativo in programma. L’azienda, infatti, si sta<br />

preoccupando anche di accrescere la propria capacità produttiva integrando nel contempo tutte le tecnologie<br />

necessarie per monitorare e ridurre i consumi energetici all’interno dei propri stabilimenti.<br />

Progetto RFID<br />

Seconda camera pulita con<br />

macchine robotizzate per la<br />

produzione di dispositivi medici<br />

Installazione Power Quality,<br />

volta all’ottimizzazione<br />

dell’uso dell’energia elettrica<br />

Nuovi macchinari per<br />

aumento la capacità<br />

produttiva e ridurre i<br />

consumi energetici<br />

Installazione di software e<br />

hardware per il monitoraggio<br />

del consumo energetico dello<br />

stabilimento produttivo<br />

Rendicontazione ESG<br />

software integrato con il gestionale<br />

AS400 che permette di<br />

conoscere in tempo reale – tramite<br />

l’applicazione delle etichette RFID<br />

passive sui bancali utilizzati da<br />

Inge SpA – tutte le informazioni<br />

necessarie per la movimentazione,<br />

la tracciabilità e la gestione dei<br />

prodotti. Il progetto prevede<br />

l’installazione di lettori RFID sulle<br />

baie di carico sia per<br />

l’ingresso che per l’uscita<br />

della merce e sui carrelli per la<br />

movimentazione dei prodotti. Su<br />

ogni carrello, inoltre, è installato un<br />

PC tablet touch screen che permette<br />

all’operatore di visualizzare tutte le<br />

informazioni relative alla posizione<br />

dei prodotti, alle liste di carico e<br />

di scarico del magazzino e, più in<br />

generale, di poter interagire con<br />

la piattaforma software durante<br />

il proprio lavoro. Il monitoraggio<br />

continuo e in tempo reale tramite la<br />

tecnologia RFID permette di avere<br />

informazioni sempre aggiornate<br />

sulla produzione, sugli stock a<br />

magazzino e sull’evasione degli<br />

ordini, consentendo a Inge SpA<br />

di migliorare il flusso del proprio<br />

processo.<br />

Inge SpA<br />

Inge, storica azienda italiana fondata<br />

nel 1947, è un punto di riferimento<br />

nel packaging primario di materie<br />

plastiche per l’industria farmaceutica,<br />

nutraceutica, cosmetica, diagnostica,<br />

alimentare e per la casa, anche in<br />

materiale green. L’azienda, che ha sede<br />

vicino a Milano (Garbagnate Milanese),<br />

in oltre 75 anni di esperienza nel<br />

settore ha maturato e consolidato un<br />

notevole know-how, con un costante<br />

sviluppo, qualitativo e quantitativo<br />

delle proprie potenzialità produttive<br />

e tecniche. La clientela di Inge SpA<br />

comprende i più grandi gruppi industriali,<br />

italiani ed esteri, che operano nei<br />

diversi settori. Inge è certificata ISO<br />

9001 dal 1996 e produce dispositivi<br />

medici di Classe 1 e 1M con Marchio<br />

CE, conformi alla Normativa Europea<br />

93/42 e UE 2017/745. Inoltre, per<br />

favorire le esportazioni internazionali,<br />

l’Azienda è Registrata presso l’FDA per la<br />

produzione di dispositivi medici.<br />

Inge SpA<br />

Via Giuseppe Garibaldi, 190,<br />

20024 Garbagnate Milanese MI<br />

Telefono: 02 9902 7171<br />

info@inge.it<br />

www.inge.it<br />

75


per<br />

RISK ASSESSMENT<br />

IL MIGLIOR ALLEATO<br />

PER LA COMPLIANCE GXP<br />

Nicolas Livraghi, Senior Validation Manager di PVS<br />

Per gestire le attività in modo<br />

efficiente e razionale e poter<br />

rispondere prontamente e con<br />

efficacia agli enti regolatori, è<br />

fondamentale disporre di un solido<br />

sistema di Risk Assessment<br />

La conformità alle norme GxP è un<br />

requisito basilare per le aziende<br />

farmaceutiche ma spesso si rivela molto<br />

complessa e richiede un notevole<br />

investimento di risorse da parte delle<br />

realtà coinvolte. Nel corso delle<br />

attività di consulenza che effettuiamo<br />

in PVS, emergono spesso diverse<br />

problematiche, alcune delle quali si<br />

rivelano particolarmente rilevanti e<br />

complesse da gestire.<br />

UNA GESTIONE<br />

COMPLESSA<br />

Una delle principali criticità è senz’altro<br />

il mantenimento della Data Integrity<br />

nelle operazioni di gestione dei sistemi<br />

di controllo. Le aziende farmaceutiche,<br />

in particolare i produttori di principi<br />

attivi, dispongono di impianti installati<br />

lungo un arco di tempo prolungato<br />

e, se i requisiti normativi a livello<br />

impiantistico non sono radicalmente<br />

cambiati, la tecnologia dei sistemi di<br />

controllo e gestione dati si è invece<br />

evoluta significativamente. Le autorità<br />

regolatorie richiedono spesso di<br />

illustrare le metodologie per la gestione<br />

di questi dati e non di rado vengono<br />

richieste attività di gap assessment per<br />

individuare le principali lacune in questo<br />

ambito. Tali mancanze non richiedono<br />

necessariamente nuovi investimenti per<br />

aggiornare i sistemi di controllo, ma<br />

possono essere colmate anche grazie<br />

all’ottimizzazione delle procedure, che<br />

permette di ridurre i rischi di perdita dei<br />

dati o della loro non conformità.<br />

76


makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />

Un’altra problematica rilevante che<br />

sovente ci troviamo ad affrontare è<br />

legata alla corretta gestione delle utility<br />

di processo a impatto GMP, come<br />

acqua, azoto e gas, soggetta a un<br />

controllo sempre più stringente da parte<br />

degli enti regolatori. La qualità di queste<br />

utility, infatti, impatta direttamente sulla<br />

qualità del prodotto finale. Si tratta di<br />

sistemi impiegati in maniera estesa in<br />

tutto lo stabilimento, che subiscono<br />

spesso diverse modifiche nel corso<br />

degli anni. Gli aggiornamenti degli<br />

impianti, però, non vengono sempre<br />

eseguiti – e documentati – in maniera<br />

corretta, seguendo le migliori pratiche<br />

per garantirne il corretto funzionamento<br />

e il mantenimento della qualità nel<br />

tempo e questo genera problemi anche<br />

in fase di verifica da parte degli enti.<br />

Anche la giustificazione delle attività di<br />

mappatura, taratura, manutenzione e<br />

riqualifica degli impianti sta accrescendo<br />

la sua importanza, con le autorità che<br />

avanzano richieste sempre più stringenti.<br />

Anche in questo caso, però, le attività<br />

eseguite dalle aziende non sono<br />

sempre svolte con una metodologia e<br />

un razionale sufficientemente solidi in<br />

termini di tempi, procedure e attività.<br />

INTERVENIRE<br />

PRECOCEMENTE<br />

Come in molti altri casi, l’ottimizzazione<br />

dei sistemi si rivela più efficace ed<br />

economica se viene condotta fin dalle<br />

prime fasi di progettazione. Questo<br />

ovviamente è più facilmente applicabile<br />

ai nuovi progetti. In questi casi, il<br />

coinvolgimento di società specializzate<br />

come PVS già nelle prime fasi di<br />

progettazione consente di ottimizzare<br />

le attività di qualifica evitando inutili<br />

duplicazioni e riducendo tempi e costi<br />

di intervento. Eseguire le attività del<br />

FAT (Factory Acceptance Test) presso i<br />

fornitori ci consente spesso di eseguire<br />

alcuni specifici test in modo più efficiente<br />

e di individuare eventuali problematiche<br />

quando gli impianti sono ancora nuovi e<br />

le modifiche possono essere apportate<br />

in modo più immediato ed efficace.<br />

IL RUOLO DEL<br />

RISK ASSESSMENT<br />

In questo contesto così complesso esiste<br />

però uno strumento particolarmente<br />

efficace per aiutare le aziende a gestire<br />

le richieste sempre più numerose e<br />

complesse delle autorità regolatorie.<br />

Si tratta del “risk assessment” o analisi<br />

del rischio, la valutazione sistematica e<br />

metodica mirata a identificare i potenziali<br />

rischi, valutare la probabilità che<br />

accadano, e definire eventuali misure<br />

preventive e di mitigazione. Proprio per<br />

sostenere le imprese nelle sfide sempre<br />

più complesse che devono affrontare,<br />

la linea guida di riferimento (ICH Q9) è<br />

stata recentemente aggiornata.<br />

Nel tempo, una delle principali<br />

criticità emerse nell’analisi del rischio<br />

riguarda l’incidenza della componente<br />

soggettiva nel processo di valutazione.<br />

Per garantire una stima affidabile è<br />

infatti fondamentale che si adotti un<br />

approccio più oggettivo possibile<br />

riducendo al minimo il ricorso a<br />

valutazioni discrezionali. Per raggiungere<br />

questo obiettivo è necessario definire<br />

una procedura solidamente strutturata<br />

che specifichi con chiarezza quali sono<br />

i fattori da considerare per definire<br />

il rischio in modo oggettivo e senza<br />

incorrere in valutazioni personali.<br />

Tipicamente, i fattori da analizzare<br />

per identificare il rischio e le eventuali<br />

priorità sono:<br />

la severità di impatto sul prodotto<br />

la probabilità che il rischio si verifichi<br />

la capacità del sistema di rilevare una<br />

failure<br />

I VANTAGGI DELLA<br />

MULTIDISCIPLINARIETÀ<br />

Un elemento che può contribuire<br />

in modo sostanziale ad ottenere<br />

una valutazione oggettiva è il<br />

coinvolgimento di diverse figure<br />

professionali, con competenze<br />

complementari. In questi casi, infatti, la<br />

presenza di un team multidisciplinare si<br />

rivela un fattore cruciale per la riuscita<br />

ottimale dell’attività. Spesso PVS viene<br />

coinvolta per portare una visione<br />

esterna rispetto a chi lavora all’interno<br />

della struttura e potrebbe affidarsi a<br />

una prospettiva limitata alla tipologia<br />

di impianto che gestisce e conosce. In<br />

queste situazioni, il miglior risultato nelle<br />

attività di analisi del rischio si ottiene<br />

proprio quando riusciamo a coinvolgere<br />

diversi dipartimenti come ingegneria,<br />

manutenzione, produzione, qualità<br />

e talvolta anche la parte di controllo<br />

qualità.<br />

PVS<br />

Nata come spin off di una società di<br />

ingegneria del settore farmaceutico,<br />

PVS Srl – società specializzata in servizi<br />

di convalida e qualifica a carattere<br />

GxP – festeggia quest’anno i suoi primi<br />

dieci anni di vita con un bilancio più che<br />

soddisfacente: dai 4 soci fondatori, il<br />

numero di operatori è passato agli attuali<br />

45 collaboratori, mentre il parco clienti ha<br />

superato quota 90. L’attività di PVS spazia<br />

dalla consulenza ai servizi di convalida<br />

e qualifica a carattere GxP, nonché la<br />

consulenza, assistenza e convalida per<br />

gli analizzatori di carbonio organico totale<br />

(TOC) a uso farmaceutico ed elettronico.<br />

Elemento chiave per poter mitigare le<br />

criticità e garantire la migliore qualità<br />

di prodotto è considerata l’attività di<br />

Risk Assessment (ICH Q9) che PVS è in<br />

grado di sviluppare attraverso differenti<br />

metodologie, integrando ove necessario<br />

strumenti per la preventiva mappatura dei<br />

processi.<br />

PVS Srl – Process Validation Service<br />

Via Varese 6/B, 20037<br />

Paderno Dugnano (MI)<br />

Tel 02 83595688<br />

e-mail info@pvsgroup.it<br />

77


per<br />

PRINCIPI ATTIVI ED ECCIPIENTI<br />

FARAVELLI PARTECIPA A CPHI<br />

Dopo il successo del salone Making Pharmaceuticals di Milano, Faravelli Pharma<br />

Division e Deltapharma parteciperanno anche alla kermesse di Barcellona, una<br />

delle principali manifestazioni internazionali dell’industria farmaceutica<br />

Faravelli Pharma Division e<br />

Deltapharma – dal 2021 parte<br />

del Gruppo – confermano la<br />

partecipazione alla prossima<br />

edizione di CPhI (Convention on<br />

Pharmaceutical Ingredients) in<br />

programma a Barcellona dal 24 al<br />

26 ottobre.<br />

CPhI sarà un palcoscenico di<br />

grande valore per presentare<br />

la gamma di principi attivi ed<br />

eccipienti e stabilire nuove<br />

connessioni significative con<br />

professionisti e aziende del<br />

farmaceutico, industria in cui<br />

Faravelli opera oramai da diversi<br />

decenni con successo.<br />

Oltre alla qualità delle materie<br />

prime, le aziende del settore hanno<br />

sempre apprezzato il servizio<br />

messo a disposizione per garantire<br />

soluzioni complete, continuative e<br />

su misura.<br />

La vicinanza e il confronto con<br />

i clienti hanno fatto emergere<br />

l’esigenza condivisa di<br />

un’estensione della gamma di<br />

prodotti offerti, che accanto agli<br />

eccipienti, cavallo di battaglia sin<br />

dagli esordi e per lungo tempo il<br />

cuore dell’offerta merceologica,<br />

comprendesse finalmente anche i<br />

principi attivi (APIs).<br />

UN SETTORE IN<br />

TRASFORMAZIONE<br />

Negli ultimi anni il settore dei<br />

principi attivi sta vivendo una fase<br />

di rapida crescita e cambiamento,<br />

con un focus crescente sulla<br />

qualità, la conformità normativa,<br />

l’innovazione tecnologica e la<br />

personalizzazione dei trattamenti.<br />

Le normative e le esigenze di<br />

mercato stanno plasmando<br />

l’industria in tutto il mondo.<br />

Negli ultimi decenni il settore<br />

ha registrato un progressivo<br />

trasferimento delle attività<br />

di produzione di APIs dai<br />

mercati occidentali – altamente<br />

regolamentati – verso Paesi a basso<br />

costo, in particolare Cina e India<br />

che nel tempo di sono imposti<br />

come i principali fornitori mondiali<br />

di APIs e intermedi. Sebbene<br />

abbia portato indubbi vantaggi<br />

in termini economici, questo<br />

fenomeno ha anche comportato<br />

una crescente dipendenza della<br />

78


makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />

catena di approvvigionamento<br />

globale da questi Paesi i cui rischi<br />

sono emersi con evidenza nel<br />

periodo dell’emergenza Covid-19.<br />

Il Parlamento europeo ha lanciato<br />

l’allarme segnalando che dal 60<br />

all’80% dei principi chimici attivi dei<br />

farmaci vengono prodotti al di fuori<br />

dell’UE, principalmente in Cina e<br />

in India, rispetto al 20% di 30 anni<br />

fa. Proprio la crisi per la carenza<br />

di materie prime ha indotto molte<br />

aziende occidentali a intraprendere<br />

azioni di reshoring.<br />

L’ACQUISIZIONE<br />

DI DELTAPHARMA<br />

Secondo il Global active<br />

pharmaceutical ingredients (API)<br />

market report del 2021, il mercato<br />

degli APIs raggiungerà un valore di<br />

$265,3 miliardi entro il 2026. Questo<br />

dato suggerisce una proiezione di<br />

sviluppo significativa nel settore<br />

dei principi attivi farmaceutici nei<br />

prossimi anni.<br />

In continuità con una politica di<br />

“diversificazione” che l’azienda ha<br />

sempre messo in atto sia in ambito<br />

merceologico che geografico,<br />

Faravelli ha deciso di investire<br />

in questo ambito e nel 2021 ha<br />

acquisito la spagnola Deltapharma<br />

S.L., specializzata nella<br />

distribuzione di APIs e autorizzata<br />

all’importazione da Paesi extra UE.<br />

L’ingresso di Deltpharma ha<br />

consentito a Faravelli di rafforzarsi<br />

in Spagna e di creare importanti<br />

sinergie a livello globale.<br />

Faravelli ha potenziato l’attività<br />

di scouting di fornitori e investito<br />

in personale specializzato,<br />

coinvolgendo tutte le sedi estere<br />

del gruppo per dare vita a una<br />

rete commerciale competitiva e<br />

capillare.<br />

Sebbene il settore farmaceutico<br />

rimanga abbastanza tradizionalista,<br />

il progetto ha suscitato sin<br />

da subito un certo interesse,<br />

come evidenziato dalla recente<br />

partecipazione di Faravelli al salone<br />

Making Pharmaceuticals, svoltosi a<br />

fine marzo a Milano.<br />

Ora l’azienda si prepara per<br />

CPhI Barcellona, evento di<br />

grande rilevanza per l’industria<br />

farmaceutica, che fornisce un<br />

ambiente stimolante per esplorare<br />

nuove opportunità di business,<br />

condividere conoscenze e scoprire<br />

le ultime tendenze e innovazioni<br />

nel settore delle materie prime<br />

farmaceutiche.<br />

Faravelli e Deltapharma vi<br />

aspettano quindi a Barcellona<br />

dal 24 al 26 ottobre, stand 7A20.<br />

Faravelli Pharma<br />

Faravelli Pharma è la divisione di<br />

Giusto Faravelli SpA specializzata<br />

nella distribuzione di eccipienti<br />

e materie prime per l’industria<br />

farmaceutica, un settore è di<br />

fondamentale importanza per<br />

garantire la produzione di farmaci<br />

sicuri ed efficaci. Faravelli si<br />

impegna a fornire prodotti di alta<br />

qualità, provenienti dai maggiori<br />

produttori a livello mondiale. In<br />

particolare, l’azienda è specializzata<br />

nell’eccipientistica per forme solide,<br />

semi-solide e liquide, ingredienti<br />

utilizzati per favorire la stabilità, la<br />

conservazione, la somministrazione<br />

e l’assorbimento delle preparazioni<br />

farmaceutiche: diluenti, leganti,<br />

disgreganti, lubrificanti, glidanti,<br />

amidi e derivati, polialcoli, zuccheri,<br />

dolcificanti, viscosizzanti, conservanti,<br />

correttori di ph, plasticizzanti,<br />

opacizzanti, agenti filmanti, coloranti,<br />

principi attivi.<br />

Giusto Faravelli S.p.A.<br />

via Medardo Rosso 8, 20159 Milano (MI)<br />

Tel. +39 02 697171<br />

pharma@faravelli.it<br />

79


EIPG<br />

European Industrial<br />

Pharmacists Group<br />

STRATEGIE CONTRO L’AMR<br />

Flessibilità regolatoria<br />

Un report di Icmra offre una<br />

panoramica sui nuovi approcci<br />

sperimentati dalle agenzie<br />

regolatorie per affrontare<br />

efficacemente la minaccia<br />

dell’antimicrobico-resistenza<br />

La resistenza antimicrobica (AMR) è la conseguenza delle<br />

mutazioni che permettono ai batteri di sopravvivere ai<br />

trattamenti farmacologici. I ceppi resistenti spesso possono<br />

essere affrontati solo con un limitato numero di opzioni<br />

terapeutiche: secondo un’analisi statistica pubblicata da<br />

The Lancet sono state circa 1,27 milioni le morti nel 2019<br />

causate da una mancata risposta terapeutica ai trattamenti<br />

disponibili.<br />

Come parte dei suoi sforzi contro l’AMR, l’International<br />

coalition of medicines regulatory authorities (Icmra) ha<br />

pubblicato un report che include diversi casi studio che<br />

discutono le pratiche migliori nel campo della resistenza<br />

antimicrobica, sia normative che non normative. Il report<br />

è stato redatto dal gruppo di lavoro Icmra guidato da<br />

Health Canada che coinvolge anche L’Agenzia europea<br />

per i medicinali (Ema), la Medicines and healthcare<br />

products regulatory agency (Mhra) inglese e numerose<br />

altre agenzie regolatorie in tutto il mondo, quella svedese<br />

particolarmente presente. Di seguito vengono presentati<br />

alcuni tra i casi più interessanti.<br />

La Biomedical advanced research and development<br />

authority (Barda) americana è leader nell’innovazione<br />

e nella promozione dello sviluppo di nuove terapie<br />

antimicrobiche, affiancata dalla partnership con le industrie<br />

farmaceutiche. Servono infatti approcci innovativi per<br />

sviluppare i database necessari per la revisione regolatoria<br />

che possano essere applicati ad alcune terapie non<br />

tradizionali. L’obiettivo principale di Barda è lo sviluppo di<br />

nuovi antimicrobici capaci di curare infezioni batteriche<br />

secondarie resistenti agli antibiotici e di contrastare<br />

infezioni da bioterrorismo. Secondo lo studio, l’unione di<br />

forze pubbliche e private è il metodo migliore per gestire<br />

i progetti di ricerca e sviluppo e arrivare all’approvazione<br />

della normativa da parte della Food and drugs<br />

administration (Fda).<br />

Cosa ci ha insegnato Covid-19<br />

sulle semplificazioni regolatorie<br />

La pandemia da Covid-19 ha creato l’urgenza, mai<br />

verificatasi prima, di accedere alle cure in una modalità<br />

improvvisamente accelerata che non sarebbe stata<br />

compatibile con le normative allora vigenti. In risposta,<br />

le autorità di regolamentazione internazionali si sono<br />

adattate a questa crescente pressione applicando una<br />

flessibilità normativa che soddisfacesse le esigenze<br />

emergenti e le criticità causate dalla pandemia. Nel 2020,<br />

quindi, è stata introdotta una normativa temporanea e<br />

nuove misure di transizione sono state approvate nel 2021.<br />

Come è noto, in quella fase sono stati velocizzati e facilitati<br />

diversi studi clinici per la sperimentazione di vaccini anti<br />

80


makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />

Covid-19, gettando le basi per ridurre dle tempistiche di<br />

approvazione.<br />

Antimicrobici a uso veterinario<br />

Per più di dieci anni, l’analisi dei dati relativi alle vendite<br />

ha mostrato che una significativa quantità di antibiotici<br />

veniva somministrata ad animali destinati alla produzione<br />

alimentare; tra questi, molti sono anche a uso umano<br />

e, anzi, alcuni di essi sono essenziali nel trattamento di<br />

infezioni estremamente pericolose. L’importanza di questi<br />

farmaci per la cura di malattie umane rinforza la necessità<br />

di promuovere un uso responsabile in ambito veterinario<br />

per limitare la diffusione di microrganismi patogeni<br />

resistenti sia nell’uomo che negli animali. Nel 2018 il<br />

Canada ha imposto la rendicontazione dei volumi di vendita<br />

annuali di antimicrobici importanti per la medicina umana<br />

venduti per uso animale e i dati ottenuti sono conservati e<br />

analizzati dal Veterinary drugs dictatorate.<br />

causa. Questa azione, al di là dell’esito positivo auspicabile<br />

nei confronti della tirotricina, sta avendo un impatto più che<br />

positivo sull’educazione del grande pubblico, che viene così<br />

sensibilizzato a un utilizzo responsabile degli antibiotici.<br />

Antibiogrammi selettivi<br />

Generalmente, la scelta dell’antimicrobico più appropriato<br />

si basa su un antibiogramma, un test di laboratorio usato<br />

per valutare la sensibilità e la resistenza di batteri isolati<br />

sottoposti a diverse sostanze antimicrobiche. Il report<br />

della Icmra presenta il caso studio della Swedish medical<br />

products agency (Smpa), che si sta occupando dell’uso e<br />

della refertazione selettiva di antibiogrammi applicati alle<br />

colture urinarie di Enterobacteraceae da pazienti con i<br />

sintomi da cistite, descrivendo come i tassi di prescrizione<br />

di alcuni tipi di antibiotici siano cambiati nel tempo.<br />

Restrizioni sugli antibiotici<br />

senza prescrizione<br />

Quando si affronta la questione della resistenza<br />

antimicrobica è fondamentale non trascurare la<br />

movimentazione di composti contenenti antibiotici<br />

acquistabili senza prescrizione medica. La loro disponibilità<br />

andrebbe monitorata e aggiornata per garantire che rifletta<br />

accuratamente eventuali aggiornamenti clinici e, cosa<br />

ancor più importante, per evitarne l’abuso in gran parte<br />

responsabile del fenomeno di resistenza a cui stiamo<br />

assistendo.<br />

Un esempio di intervento è l’azione svolta dalla britannica<br />

Medicines and healthcare products regulatory agency<br />

(Mhra) che si è concentrata sul caso di un medicinale in<br />

pastiglie contenente tirotricina, un prodotto disponibile nelle<br />

farmacie dal 1968. Già nel 2018 questo farmaco era stato<br />

sottoposto a una restrizione in seguito all’uscita di una<br />

guida da parte del National health service sulle prescrizioni<br />

consigliate per il trattamento di forti mal di gola che<br />

invitava a non offrire questo principio attivo come primo<br />

trattamento. La commissione britannica sulla medicina<br />

umana sta considerando la richiesta di Mhra di rimuovere<br />

del tutto questo prodotto dal mercato, o quanto meno di<br />

riformularlo escludendo il principio attivo antibiotico in<br />

Feedback sui dati del medico<br />

prescrittore<br />

Smpa ha anche richiesto i feedback dai medici per quanto<br />

riguarda le loro prescrizioni antibiotiche. Questo strumento<br />

di raccolta delle prescrizioni è stato implementato a<br />

diversi livelli: oltre che nazionale, anche regionale, locale<br />

e persino individuale, in modo da ottenere il maggior<br />

numero di informazioni e cercare di influenzare le abitudini<br />

di prescrizione. Le informazioni dei medici sono definite<br />

ad alta risoluzione (attraverso dei codici identificativi del<br />

medico prescrittore) e vengono usate per elaborare i trend<br />

più rilevanti. Le statistiche sull’uso degli antibiotici a livello<br />

nazionale e regionale sono accessibili gratuitamente presso<br />

il sito del National board of health and welfare.<br />

Riferimenti<br />

4Icmra, “Antimicrobial resistance best practices working<br />

group report and case studies”, 2022<br />

4The Lancet, “Global burden of bacterial antimicrobial<br />

resistance in 2019, a systematic analysis”, 2022<br />

4National Board of Health and Welfare (Socialstyrelsen) –<br />

Government.se<br />

81


NUMERO 4 - SETTEMBRE <strong>2023</strong><br />

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