Makinglife n.4 2023
Nell'ottica dell'economia circolare, il semplice recupero e riutilizzo dei prodotti non è più sufficiente. È fondamentale ricavare dagli scarti e dai sottoprodotti il massimo valore possibile. Ad esempio valorizzando i composti bioattivi contenuti negli scarti agroalimentari per produrre sostanze attive da utilizzare per la nutraceutica, la cosmesi e l’industria alimentare.
Nell'ottica dell'economia circolare, il semplice recupero e riutilizzo dei prodotti non è più sufficiente. È fondamentale ricavare dagli scarti e dai sottoprodotti il massimo valore possibile. Ad esempio valorizzando i composti bioattivi contenuti negli scarti agroalimentari per produrre sostanze attive da utilizzare per la nutraceutica, la cosmesi e l’industria alimentare.
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makinglife | settembre <strong>2023</strong> | numero quattro<br />
CIRCULAR HEALTH<br />
PharmaFuture & Health
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è la community dell’innovazione<br />
nell’healthcare<br />
e ne governa il cambiamento
INDICE<br />
Pharma Novel<br />
Commenti<br />
Insafe & Co.<br />
Il tesoro nascosto<br />
01 02 03<br />
8 Il cerchio perfetto 12<br />
Un’occasione di<br />
crescita<br />
Perché dobbiamo<br />
puntare sul wellness<br />
14<br />
16<br />
Onfoods, il modello<br />
alimentare del futuro<br />
Sostenibilità ed etica a<br />
sostegno della qualità<br />
Foodomica per le<br />
imprese<br />
18<br />
22<br />
26<br />
Circolare fino in fondo<br />
29<br />
4
makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />
Scienza circolare<br />
Novel Food<br />
Scenario integratori<br />
04 05 07<br />
Legal & Pharmatelling<br />
Bioeconomia<br />
La seconda vita del<br />
siero del latte<br />
Vescicole extracellulari<br />
dalle mele<br />
Entomoterapia<br />
30<br />
34<br />
36<br />
38<br />
Nutrizione<br />
personalizzata<br />
Safety first<br />
Siamo ciò che<br />
mangiamo<br />
La sostenibilità<br />
agroalimentare<br />
è un mito?<br />
42<br />
46<br />
50<br />
54<br />
06<br />
Italia regina del<br />
mercato<br />
Nodi da sciogliere<br />
La lunga strada verso<br />
l’armonizzazione<br />
europea<br />
58<br />
61<br />
62<br />
Revisione della<br />
legislazione<br />
farmaceutica<br />
Requisiti normativi<br />
per ingredienti di<br />
origine vegetale per gli<br />
integratori<br />
Strategie contro l’AMR<br />
66<br />
68<br />
80<br />
5
“<br />
Quotes<br />
& Data<br />
“<br />
SE DESIDERIAMO IMPLEMENTARE IL CONCETTO<br />
DI ECONOMIA CIRCOLARE A UN PRODOTTO<br />
OCCORRE PROGETTARE FIN DALL’INIZIO UN<br />
IMPIEGO DELLA MATERIA DI SCARTO CHE NE<br />
CONSENTA NON SOLO IL RIUSO, MA ANCHE UN<br />
INCREMENTO DI VALORE<br />
Gabriele Costantino<br />
a pag.14<br />
Abbiamo aggiunto anni alla vita, dobbiamo<br />
ora aggiungere salute agli anni guadagnati<br />
Antonio Maturo<br />
a pag.16<br />
Per realizzare un<br />
prodotto sicuro<br />
è necessario<br />
conoscere non solo le<br />
normative ma anche<br />
i criteri specifici di<br />
qualità che regolano<br />
i prodotti di origine<br />
botanica<br />
Ernesto Marco Martinelli<br />
a pag. 68<br />
6<br />
Onfoods coinvolge 26 organizzazioni<br />
di eccellenza sia pubbliche che<br />
private, quasi 350 ricercatori e<br />
gestisce un finanziamento da<br />
114 milioni di euro<br />
Daniele Del Rio<br />
a pag.18<br />
Ci si può trovare di fronte al paradosso<br />
di valorizzare gli scarti dell’industria<br />
agroalimentare impiegando processi<br />
ben poco ecologici per l’estrazione<br />
delle molecole funzionali<br />
Massimo Campone<br />
a pag. 29
makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />
Con le materie<br />
prime di origine<br />
naturale la<br />
standardizzazione<br />
diventa difficile<br />
perché la resa del<br />
processo non è<br />
sempre la stessa,<br />
neanche a parità<br />
di metodo e<br />
condizioni<br />
Massimo Labra<br />
a pag.26<br />
Le soglie di<br />
assunzione<br />
considerate sicure<br />
per vitamine<br />
e minerali che<br />
possono essere<br />
utilizzati negli<br />
integratori, variano a<br />
seconda degli Stati<br />
membri<br />
Alberto Bobadilla<br />
a pag.62<br />
Prevedo che nel prossimo futuro prenderà<br />
sempre più piede l’uso degli integratori come<br />
modo per raggiungere salute e benessere –<br />
anche quando la dieta non è sufficiente<br />
Paola Minghetti<br />
a pag.46<br />
4 miliardi di euro<br />
Fatturato del mercato degli integratori<br />
26%<br />
Quota del mercato europeo detenuta dall’Italia<br />
2,7 miliardi<br />
Fatturato della Germania (seconda in Europa)<br />
5 milioni<br />
Decessi causati globalmente dall’eccesso di peso<br />
40 milioni<br />
Anni vissuti con disabilità per il sovrappeso<br />
3,5% del Pil mondiale<br />
Costi legati ai disordini alimentari<br />
Riguardo ai peptidi bioattivi, solo un’esigua<br />
percentuale di ricerche è stata realizzata nell’uomo<br />
con pochi studi di lunga durata<br />
Arrigo Cicero<br />
a pag.50<br />
Negli ultimi dieci anni il prezzo di un hamburger coltivato<br />
in vitro è passato da 250mila a circa 10 dollari<br />
Marco Annoni<br />
a pag.54<br />
7
PHARMA<br />
NOVEL<br />
Mario Addis
makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />
9
10
makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />
11
Il cerchio perfetto<br />
della Magna Grecia<br />
ci guida al futuro<br />
Paolo Pegoraro<br />
12<br />
Il cerchio ha sempre avuto<br />
un significato particolare. Fin<br />
dai tempi più remoti della<br />
cultura umana il cerchio è il<br />
simbolo della perfezione divina<br />
in quanto privo di un inizio<br />
e di una fine: ancora oggi il<br />
cerchio – benché ormai privo di<br />
particolari significati spirituali<br />
– è comunque una forma<br />
geometrica che trasmette<br />
sicurezza, dinamismo,<br />
dominio e centralità. Quella<br />
del cerchio è una dimensione<br />
democratica perché in qualche<br />
modo è una forma geometrica<br />
partecipativa: ricorsività e<br />
circolarità definiscono in<br />
profondità le dinamiche<br />
vitali dell’organizzazione del<br />
vivente. Diversità, complessità,<br />
organizzazione in particolare<br />
costituiscono le dimensioni<br />
cardinali di un ciclo necessario<br />
e virtuoso, grazie al quale<br />
qualsiasi organismo è in<br />
grado contemporaneamente<br />
di conservarsi e di poter<br />
cambiare.<br />
Ed eccoci al cambiamento: è<br />
proprio di questo che vorrei<br />
parlare. Vorrei parlare del<br />
necessario cambiamento una<br />
società che inizia seriamente a<br />
rendersi conto di dover mettere<br />
in atto una strategia globale<br />
di crescita (se crescita ha da<br />
essere) green e sostenibile, che<br />
tenga conto della convergenza<br />
e delle profonde connessioni<br />
tra salute di uomo, animali e<br />
ambiente, in un unicum che<br />
oggi si definisce One Health: un<br />
approccio integrato e unificante<br />
che affronta – insieme – la<br />
necessità comune di acqua<br />
pulita, energia e aria, alimenti<br />
sicuri e nutrienti, contrastando<br />
il cambiamento climatico e<br />
contribuendo allo sviluppo<br />
sostenibile. Ma qualsiasi logica<br />
ecologica che si rispetti deve<br />
tener presente il continuo<br />
rimandarsi tra diversi livelli<br />
dell’organizzazione della<br />
vita organica: ricorsività e<br />
circolarità, in altri termini,<br />
definiscono le dinamiche della<br />
vita e quelle di una società<br />
che inizia a pensarsi come<br />
organizzata ecologicamente.<br />
E proprio il cerchio e la<br />
circolarità sono i significanti<br />
geometrici di una nuova forma<br />
di sviluppo, a partire da quella<br />
più basilare, la nutrizione,<br />
che deve necessariamente<br />
diventare sostenibile e<br />
sicura. Del resto non a caso è<br />
tramontata tra i nutrizionisti la<br />
forma spigolosa della piramide<br />
alimentare a favore ancora<br />
una volta di un cerchio, anzi<br />
di un piatto, diviso in quattro<br />
parti non identiche: una per<br />
la frutta, una per i cereali,<br />
l’ultima per i cibi proteici. La<br />
nuova forma ha il vantaggio di<br />
semplificare la comunicazione,<br />
proponendo un’immagine a<br />
sole due dimensioni. Ma c’è<br />
anche un’esplicita componente<br />
simbolica: il cerchio,<br />
richiamando la forma del piatto,<br />
evoca direttamente il gesto di<br />
mangiare. Un gesto tondo ed<br />
egualitario, noto a tutti i popoli<br />
e a ogni cultura. Aggiungerei<br />
che la piramide è sempre stata<br />
nella storia un simbolo della<br />
differenza e delle gerarchie<br />
sociali: il cerchio invece è in<br />
assoluto la forma più paritaria<br />
che la geometria ci abbia<br />
regalato. Anche per questo ci<br />
piace pensare al cibo in forma<br />
rotonda.<br />
Ed eccoci ora a una circolarità<br />
d’importanza fondamentale:<br />
oggi si parla molto di economia<br />
circolare, il che significa<br />
– semplificando giusto un
makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />
po’ – che il ciclo di vita di un<br />
prodotto dev’essere esteso<br />
rispetto all’utilizzo per il quale<br />
il prodotto stesso è stato<br />
progettato e che i materiali<br />
dei quali è composto devono<br />
essere reimmessi nel ciclo<br />
produttivo, sia per ridurre i<br />
rifiuti sia per aumentarne il<br />
valore. Nulla si crea e nulla si<br />
distrugge, tutto si trasforma.<br />
Noi stessi ci decomporremo<br />
in atomi di azoto che si<br />
comporranno con l’idrogeno,<br />
l’ossigeno e il carbonio per dare<br />
luogo a nuove forme di vita.<br />
Forse più interessanti e migliori<br />
di noi.<br />
Ed è per una serie di<br />
circostanze in parte casuali,<br />
in parte determinate dalla<br />
vicinanza di importanti<br />
Accademie che abbiamo<br />
scelto Paestum come sede<br />
della prima manifestazione<br />
di filiera agroalimentare: ma<br />
proprio a Paestum, cuore<br />
della Magna Grecia, visse<br />
il filosofo Parmenide, che<br />
invitava i suoi discepoli a<br />
conoscere la “rotonda verità”<br />
(ed ecco ancora il cerchio!).<br />
Questo strano destino che<br />
ci ha portato alla scelta di<br />
Paestum, per una casualità<br />
che forse non è così casuale,<br />
si unisce a vecchi ricordi<br />
liceali: l’essere non cambia,<br />
cambia solo la sua apparenza.<br />
Parmenide di Paestum<br />
ci invita a lasciar perdere<br />
tutti gli attributi secondari<br />
(particolarità, conformazione)<br />
e a concentrarci sull’essere,<br />
che non può non essere. In<br />
questo senso Parmenide non<br />
crede troppo al cambiamento,<br />
perché alla fine il cambiamento<br />
non è altro che uno stato<br />
dell’essere. Ed ecco che gli<br />
scarti della nostra agricoltura<br />
restano ben esistenti in vita<br />
se trattati secondo logiche del<br />
tutto umane, scientifiche e –<br />
diciamolo – anche un pochino<br />
commerciali (ma i Greci non<br />
erano forse grandi mercanti?). Il<br />
mio amico Umberto Galimberti,<br />
che in quanto uomo e filosofo<br />
si vanta di essere un greco<br />
contemporaneo, sarà molto<br />
contento di sapere che nello<br />
splendore apollineo della<br />
Magna Grecia la tecnologia<br />
si sposa con l’agricoltura e il<br />
pensiero dell’uomo recupera<br />
l’essenza stessa della vita,<br />
che vuole srotolarsi in un<br />
continuum felice senza piegarsi<br />
in angoli o a logiche estranee<br />
alla sua natura ciclica e fluente.<br />
Per questo è con orgoglio<br />
greco che dico ora che proprio<br />
a Paestum inizierà a farsi<br />
concreto uno degli obiettivi<br />
del Pnrr, quello dello sviluppo<br />
di una filiera agroalimentare<br />
sostenibile e sicura, nel segno<br />
del recupero di prodotti<br />
o molecole ad alto valore<br />
aggiunto e della reintroduzione<br />
nel contesto di alimenti<br />
e integratori. A Paestum,<br />
INSAFE contribuirà in modo<br />
efficace alla disseminazione di<br />
progetti che nascono in seno<br />
al piano: questo è importante<br />
per il tessuto produttivo e<br />
per la filiera, ma al termine<br />
della filiera (anzi non proprio<br />
al termine, ma in un punto<br />
qualsiasi del cerchio) c’è il<br />
consumatore, sempre più<br />
attento alla qualità delle<br />
scelte per la propria salute e<br />
– mi auguro – per la salute del<br />
Pianeta.<br />
Ed è proprio del Pianeta<br />
a occuparsi Onfoods,<br />
la Fondazione nata<br />
recentemente a Parma per<br />
impegnarsi concretamente<br />
– in modo inevitabilmente e<br />
necessariamente ambizioso – in<br />
progetti che disegnano il futuro<br />
della comunità e della filiera<br />
agrolimentrare attraverso un<br />
nuovo modello di alimentazione<br />
sostenibile. Il raggiungimento<br />
di quest’obiettivo sarà possibile<br />
grazie a una nuova e inedita<br />
forma di collaborazione<br />
tra numerosissime realtà<br />
impegnate nel settore della<br />
nutrizione: prestigiosi istituti<br />
universitari di ricerca del<br />
nostro paese sono affiancati<br />
e sostenuti da importanti<br />
aziende e cooperative<br />
nazionali. Onfoods si inserisce<br />
all’interno di uno dei quattordici<br />
partenariati previsti dal Pnrr,<br />
nell’area tematica “modelli per<br />
un’alimentazione sostenibile”.<br />
E proprio attraverso un nuovo<br />
modello di alimentazione<br />
sostenibile Onfoods si impegna<br />
a generare un impatto tangibile<br />
sul benessere e sulla salute<br />
delle persone, contribuendo<br />
a garantire l’accesso a una<br />
nutrizione adeguata a tutti e a<br />
preservare – come dicevo – il<br />
Pianeta.<br />
L’evento di Paestum<br />
concorrerà a questa specie<br />
di mission impossible che<br />
ci troviamo – noi tutti, tutti<br />
coloro che oggi per puro caso<br />
sono contemporaneamente<br />
abitatori del pianeta Terra – a<br />
combattere? Per parte mia mi<br />
auguro che lo sforzo congiunto<br />
nostro e di tutti i partner che<br />
ci accompagnano al varo<br />
di questa nuova impresa<br />
rappresenti nel concreto un po’<br />
più che una goccia nel mare<br />
e che questo sforzo possa<br />
almeno provocare l’inizio –<br />
questo sì – di una spinta che<br />
non si arresterà.<br />
13
14<br />
INNOVAZIONE E<br />
SOSTENIBILITÀ NEL SISTEMA<br />
AGROALIMENTARE<br />
UN’OCCASIONE DI CRESCITA<br />
E PARTENARIATO<br />
Gabriele Costantino<br />
Dipartimento di Scienze degli Alimenti e del Farmaco<br />
Università di Parma<br />
gabriele.costantino@unipr.it<br />
Le strategie di specializzazione intelligente<br />
che gli Stati e poi le Regioni e le comunità<br />
implementano nell’accompagnare il settennato<br />
di Horizon Europe presentano il termine<br />
“economia circolare” quale pilastro fondante.<br />
Economia circolare è un’espressione che<br />
definisce un modello di produzione e di<br />
sviluppo basato sull’idea che il ciclo di vita<br />
di un “prodotto” debba essere esteso rispetto<br />
all’uso per il quale il prodotto stesso è stato<br />
originariamente progettato e che i materiali<br />
di cui è composto siano reimmessi nel ciclo<br />
produttivo, con la duplice funzione di ridurre i<br />
rifiuti (che – ancor oggi – vengono largamente<br />
combusti, producendo anidride carbonica) e di<br />
aumentarne il valore.<br />
Se letta nella sua accezione più<br />
ampia, questa definizione suggerisce<br />
comportamenti collettivi, ad esempio<br />
il diritto alla riparazione degli oggetti<br />
e al dovere del riciclo dei rifiuti<br />
domestici o industriali. Ma nella<br />
sua implementazione più puntuale<br />
rappresenta un modello di sviluppo<br />
economico e industriale in cui la<br />
progettazione iniziale del prodotto<br />
deve comprendere la sua possibilità<br />
di riutilizzo o di trasformazione.<br />
I termini “riutilizzo” e<br />
“trasformazione” racchiudono un<br />
concetto importante, che possiamo<br />
semplificare come l’abilità a<br />
prevedere funzioni innovative e<br />
non scontate per le componenti del<br />
prodotto rispetto a quella originale e<br />
principale del prodotto che formano.<br />
Pensiamo a uno dei casi più semplici,<br />
la produzione di un prodotto<br />
alimentare primario. Supponiamo<br />
si desideri produrre dei “cuori di<br />
carciofo”. La progettazione del<br />
prodotto prevederà la scelta del<br />
terreno per la coltivazione della<br />
pianta, la cura durante la crescita,<br />
un meccanismo di raccolta e di<br />
preparazione efficiente dei “cuori”, un<br />
packaging economico e funzionale.<br />
Una volta finalizzato il prodotto,<br />
rimarrà una certa quantità di scarto<br />
in campo e nello stabilimento di<br />
produzione. Anzi, in termini di<br />
quantità di materia, lo scarto – nel<br />
caso scelto come esempio – sarà<br />
nettamente predominante rispetto<br />
al prodotto commercializzato.<br />
Se desideriamo implementare il<br />
concetto di economica circolare in<br />
questo esempio, occorre prevedere<br />
– progettare – un impiego della<br />
materia di scarto che ne consenta<br />
non solo il riuso (ad esempio come<br />
compostaggio) ma addirittura un<br />
incremento di valore.<br />
Non solo funzionale, ma addirittura<br />
cruciale per una corretta<br />
applicazione del modello nei<br />
processi di sviluppo industriale è la<br />
capacità di generare innovazione.<br />
L’aumento di valore e la riduzione
makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />
dello scarto richiede scelte non ovvie<br />
e contaminazione tra competenze e<br />
obiettivi non comuni.<br />
Il mondo delle produzioni agricole<br />
e animali e della trasformazione<br />
primaria rappresenta un esempio<br />
particolarmente istruttivo di dove il<br />
paradigma dell’economia circolare<br />
può uscire dalla lista degli enunciati<br />
politici e diventare reale modello di<br />
sviluppo. L’obiettivo di trasformare<br />
prodotti (o ancora meglio gli scarti<br />
della loro produzione) a bassissimo<br />
valore aggiunto, se non quando<br />
addirittura commodity, in prodotti a<br />
elevato contenuto tecnologico è una<br />
sfida che richiede – tra le altre cose<br />
– contaminazione e innovazione.<br />
Innovazione, perché la creazione<br />
(o l’emersione) di valore richiede<br />
capacità di sviluppo tecnologico e<br />
trasferimento rapido di conoscenze<br />
scientifiche. Contaminazione perché,<br />
per definizione, il trasferimento<br />
tecnologico, dai saperi ai prodotti,<br />
richiede preliminarmente il<br />
trasferimento di conoscenza e di<br />
obiettivi tra i vari attori che possono<br />
intervenire nel processo.<br />
Per rispondere a questa esigenza<br />
e fornire al sistema produttivo<br />
italiano strumenti di innovazione,<br />
<strong>Makinglife</strong> organizza, il 20-21 ottobre<br />
a Paestum (SA), la prima edizione<br />
di INSAFE<br />
(Innovation for Vai al sito<br />
sustainability INSAFE<br />
in food system<br />
and economy),<br />
un evento<br />
scientificoespositivo<br />
che<br />
intende mettere<br />
assieme – per<br />
la prima volta<br />
in Italia in maniera strutturata – tutti<br />
gli attori della filiera dell’innovazione<br />
con l’obiettivo di offrire occasioni di<br />
partnership, conoscenza di prodotti e<br />
servizi, opportunità di finanziamento<br />
e incentivo all’innovazione.<br />
INSAFE intende offrire un’occasione<br />
di incontro tra produttori e<br />
trasformatori primari (che hanno<br />
interesse ad adottare modelli di<br />
circolarità per la riduzione dello<br />
scarto e la creazione di valore),<br />
spinoff e startup innovative (che<br />
possiedono know-how tecnologico),<br />
imprese (che hanno interesse a<br />
trasferire nella propria offerta di<br />
mercato il risultato dell’innovazione)<br />
e in ultimo, ma non meno<br />
importante, rappresentanti dei centri<br />
di eccellenza e dei partenariati estesi<br />
coinvolti nella gestione dei fondi<br />
Pnrr per la Missione 4 “Istruzione<br />
e ricerca” e la Componente 2 “Dalla<br />
ricerca all’impresa”.<br />
La spinta all’innovazione, promossa<br />
anche dai finanziamenti Pnrr, passa<br />
attraverso la condivisione di obiettivi<br />
di medio-lungo termine e necessita<br />
di una costante spinta bottom-up<br />
da parte del sistema produttivo per<br />
identificare gli ambiti e le modalità<br />
di intervento. Il risultato prevedibile<br />
sarà, tra gli altri, lo spostamento in<br />
avanti della ricerca pre-competitiva,<br />
di quella serie di conoscenze<br />
diffuse e accessibili cioè, su cui poi<br />
innestare lo sviluppo proprietario e<br />
competitivo di ogni singola azienda<br />
o attore. Per questo motivo eventi<br />
scientifico-espositivi quali quello che<br />
si terrà a Paestum rappresentano<br />
un primo punto d’incontro fisico<br />
tra produttori, trasformatori e<br />
innovatori cui far seguire una fase<br />
di progettazione di prodotto basato<br />
su partnership nuove, su accesso<br />
a programmi di finanziamento<br />
strutturati e altrimenti difficilmente<br />
accessibili alla maggioranza del<br />
tessuto industriale e produttivo del<br />
Paese.<br />
In questo numero di MakingLife<br />
PharmaFuture & Health sono<br />
presentate le principali tematiche<br />
scientifico-tecnologiche che<br />
verranno coperte durante l’evento<br />
INSAFE, con le occasioni di<br />
confronto e di ricerca di partenariato<br />
per industrie, spinoff e startup,<br />
produttori e trasformatori primari.<br />
15
Perché dobbiamo<br />
puntare su<br />
wellness e bellezza<br />
(non discriminatoria)<br />
Antonio Maturo<br />
Professore di Sociologia della Salute<br />
Università di Bologna, Campus della Romagna<br />
Diciamo la verità: se pensiamo ai prodotti per il benessere (integratori,<br />
nutraceutici e cosmeceutici) ci viene in mente qualcosa di<br />
superfluo e lussuoso, qualcosa per la cosiddetta “upper class”. Il<br />
miglioramento di sé, la bellezza, l’essere più che in forma sono cose<br />
che vengono dopo i bisogni fondamentali di salute. Forse però questa<br />
associazione mentale non è del tutto vera e, nei fatti, contempla<br />
delle eccezioni. Molte eccezioni.<br />
Partiamo dall’idea/concetto di wellness, ovvero quell’insieme di attività,<br />
legate alla promozione della salute, riassumibile in “stili di vita<br />
sani” rispetto ad attività fisica, alimentazione, benessere emotivo,<br />
astensione da comportamenti dannosi come il bere eccessivo e il<br />
tabagismo.<br />
Il wellness è oggi un sistema economico solido . Il turismo wellness,<br />
quello legato a eventi sportivi o comunque connessi all’attività fisica,<br />
è in forte crescita. La ricerca di cibi sani e addirittura a km 0 è<br />
ormai divenuta una tendenza consolidata. Sono milioni le persone<br />
che tutti i giorni calzano le scarpette per fare una corsa o inforcano<br />
la loro bicicletta sportiva per una scampagnata di gruppo. Il wellness<br />
è quindi un fenomeno sociale ampio e diffuso. È una moda,<br />
se vogliamo banalizzare, ma è anche un’esigenza per il nostro sistema<br />
di welfare.<br />
Il wellness è propedeutico al welfare. Puntare sul wellness significa<br />
fare prevenzione. E oggi in una società a invecchiamento crescente,<br />
dove oltre tre milioni di persone hanno ricevuto una diagnosi di<br />
cancro, oltre un milione e trecentomila persone hanno l’Alzheimer<br />
o un’altra forma di demenza, e comunque oltre 12 milioni di persone<br />
convivono con almeno due patologie croniche, la spesa sanitaria<br />
sarà presto insostenibile. Si pensi che negli Stati Uniti la spesa<br />
sanitaria è oggi il 20% del prodotto interno lordo. Specialmente in<br />
Italia, la longevità è stata raggiunta; tuttavia è necessario ridurre gli<br />
anni vissuti in disabilità. Detto con uno slogan: dalla crescita del life<br />
span all’aumento dell’health span. Abbiamo aggiunto anni alla vita,<br />
dobbiamo ora aggiungere salute agli anni (guadagnati).<br />
Fare prevenzione non è semplice. La prevenzione non riguarda solo<br />
l’accrescimento della competenza sanitaria delle persone. Questa<br />
è l’idea alla base del modello psicologico del deficit informativo.<br />
Oggi sappiamo tutti che fumare fa male, non abbiamo bisogno di<br />
sentircelo ripetere. Questo sapere deve essere tramutato in azione.<br />
Negli Stati Uniti il wellness, ovvero la mentalità wellness, l’essere<br />
una persona “wellness”, è legato all’idea di bellezza. Essere sani è<br />
bello. È vincente. È pulito. Tuttavia, non sempre è possibile scegliere<br />
di essere in salute. Per molti è davvero difficile, per motivi economici,<br />
stare lontani dal cibo spazzatura, ad esempio. Lo Stato ha<br />
quindi il dovere di agevolare le scelte sane, anche per chi non può<br />
permettersele. E tutti hanno un piccolo dovere morale di cercare di<br />
rimanere in salute e di volere bene a se stessi.<br />
Ma in questo contesto come si inseriscono i prodotti come integratori,<br />
nutraceutici e cosmeceutici? Questi prodotti hanno un’aura<br />
16
makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />
medica e quindi curativa/preventiva. Inoltre, l’aspetto medico è una<br />
caratteristica che aumenta la loro affidabilità. La biomedicina è un<br />
sistema sociale in cui abbiamo fiducia perché poggia sulla scienza.<br />
Il loro utilizzo può essere visto come collegato al wellness in termini<br />
di “nudging”. Il nudge è la “spinta gentile”, ovvero un piccolo stimolo<br />
a compiere un’azione che forse altrimenti non sarebbe stata realizzata<br />
perché un po’ faticosa. I prodotti per il benessere possono<br />
stimolare attitudini e comportamenti salutari perché “apparecchiano”<br />
un contesto sano e pulito. Ci fanno entrare in una provincia di<br />
significato “pulita”, una subcultura di stili di vita sani, che a sua volta<br />
agevola delle scelte sane. Del resto non è proprio facile immaginare<br />
che uno si beva gli integratori mentre mangia un hamburger di una<br />
catena. O che uno si accenda una sigaretta dopo qualche prodotto<br />
nutraceutico. Si tratta di abbinamenti che stridono proprio perché<br />
non appaiono in armonia con una certa mentalità.<br />
Ora, si potrebbe obiettare: ma i prodotti per il benessere li utilizzano<br />
le persone che sono molto attente alla loro salute e quindi non<br />
raggiungono e non producono effetti in chi ne avrebbe un maggior<br />
bisogno. Questo è vero. Ma non è infondato pensare che, se vi fosse<br />
una loro maggiore diffusione e qualcuno un po’ malsano cominciasse<br />
a utilizzarli, essi possano agire da “trigger”, da attivatore di<br />
comportamenti sani. Del resto c’è chi ha smesso di fumare dopo<br />
una pulizia ai denti.<br />
Il mercato dei prodotti per il benessere deve quindi intercettare e<br />
inserirsi nella impetuosa crescita della mentalità wellness. Vi sono<br />
numerosi segnali che indicano come l’essere in salute sia anche<br />
segno di bellezza e attrazione. Nei campus americani, luoghi dove<br />
nascono molte tendenze, studenti e studentesse sono sempre in<br />
tuta e gli impianti sportivi sono aperti 24/7. Alcuni docenti sembrano<br />
dei semiculturisti, le docenti sembrano modelle. Il docente<br />
geniale e decadente che fuma e beve vino rosso a pranzo mentre<br />
sottolinea con una matita sbeccata un libro consunto si è estinto<br />
(ahimè). Al suo posto, studiosi/e con il viso riposato che spiluccano<br />
poke mentre prendono appunti sul tablet.<br />
C’è una controindicazione a voler instaurare un tale regime salutista?<br />
Sì. Chiaramente c’è il rischio dello stigma verso le persone<br />
che non sono magre, sane e performanti. È necessario quindi che<br />
si lavori sulla bellezza dell’essere in salute, “così come si è”. Già ci<br />
sono troppe persone, per lo più ragazze, che soffrono di disturbi alimentari.<br />
E nella dimensione digitale sono innumerevoli gli episodi<br />
di body shaming. È moralmente necessario che la comunicazione<br />
commerciale sui prodotti per la bellezza e il benessere abbia un<br />
tratto etico non discriminatorio, che non si propongano ideali irraggiungibili<br />
e che si accetti lo stare bene così come ognuno se lo<br />
sente.<br />
Certo, questo non è proprio il modo in cui funziona la pubblicità ma<br />
forse, per una volta, inclusivo potrebbe fare rima con remunerativo…<br />
17
ONFOODS<br />
Verso il modello<br />
alimentare<br />
del futuro<br />
Simone Montonati<br />
La nuova fondazione, che rappresenta<br />
uno dei partenariati identificati dal Mur<br />
nell’ambito del Pnrr, ha come obiettivo<br />
specifico lo sviluppo di una filiera<br />
agroalimentare sostenibile e sicura.<br />
Ma anche il potenziamento strutturale del<br />
sistema nazionale di ricerca<br />
Daniele Del Rio, professore ordinario di Nutrizione umana<br />
all’Università di Parma e coordinatore del progetto Onfoods<br />
Mettendo a disposizione<br />
una dotazione di oltre 1,6<br />
miliardi, il Piano nazionale<br />
di ripresa e resilienza<br />
(Pnrr) finanzierà anche la<br />
ricerca base attraverso<br />
14 partenariati estesi che<br />
comprendono università,<br />
centri di ricerca e aziende.<br />
Seguendo i precetti del<br />
Piano, l’obiettivo non<br />
è solo il rilancio del<br />
sistema italiano di ricerca<br />
(ripresa) ma anche il suo<br />
rafforzamento strutturale<br />
in un’ottica di lungo<br />
periodo (resilienza).<br />
Ulteriore, apprezzabile<br />
caratteristica, il programma<br />
non distribuisce fondi a<br />
pioggia ma indica i filoni sui<br />
quali si deve concentrare<br />
la ricerca, sulla falsa riga<br />
dell’approccio seguito dalla<br />
Commissione europea<br />
con i suoi programmi<br />
di finanziamento come<br />
Horizon Europe. Tra le<br />
tematiche indicate dal<br />
ministero dell’Università<br />
e della ricerca c’è anche<br />
lo sviluppo di modelli<br />
per un’alimentazione<br />
sostenibile, area nella<br />
quale è stato premiato il<br />
progetto della fondazione<br />
Onfoods, coordinata<br />
dall’Università di Parma e<br />
costituita da un partenariato<br />
di 26 realtà impegnate<br />
nel settore alimenti e<br />
nutrizione. Insieme a istituti<br />
universitari e di ricerca<br />
sono coinvolte anche realtà<br />
18
makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />
private come Barilla, De’<br />
Longhi, Tecnoalimenti e<br />
Confcooperative. “Con i<br />
Partenariati – afferma il<br />
sito del Miur – continua<br />
l’inclusione tra pubblico e<br />
privato anche nell’area della<br />
ricerca fondamentale”.<br />
La Fondazione lavorerà per<br />
raggiungere sei obiettivi<br />
strategici in linea con<br />
Pnrr, Horizon Europe (il<br />
programma di ricerca<br />
UE) e l’Agenda 2030<br />
delle Nazioni Unite per<br />
lo Sviluppo Sostenibile<br />
(SDGs) operando su sette<br />
direttrici strategiche (gli<br />
“spoke”) che copriranno i<br />
temi di sostenibilità globale,<br />
sistema alimentare e di<br />
distribuzione intelligente<br />
e circolare, sicurezza<br />
alimentare di alimenti<br />
tradizionali e novel food,<br />
qualità degli alimenti e<br />
nutrizione, nutrizione<br />
permanente, lotta alla<br />
malnutrizione e politiche,<br />
comportamenti ed<br />
educazione.<br />
Un progetto con obiettivi<br />
ambiziosi e di elevata<br />
complessità, come ci spiega<br />
Daniele Del Rio, professore<br />
ordinario di Nutrizione<br />
umana all’Università di<br />
Parma e coordinatore del<br />
progetto Onfoods.<br />
«Sì, il progetto presenta<br />
un elevato grado di<br />
complessità e non potrebbe<br />
essere altrimenti, anche<br />
perché l’obiettivo del<br />
ministero dell’Università<br />
e della ricerca per il Pnrr<br />
è stato quello di mettere a<br />
sistema il maggior numero<br />
possibile di competenze di<br />
alto livello sulle specifiche<br />
“<br />
L’obiettivo<br />
più ampio è<br />
rafforzare<br />
le filiere della<br />
ricerca nazionale<br />
promuovendone<br />
la partecipazione<br />
alle catene di<br />
valore strategiche<br />
europee e globali<br />
tematiche. Onfoods, ad<br />
esempio, coinvolge 26<br />
organizzazioni di eccellenza<br />
sia pubbliche che private,<br />
quasi 350 ricercatori e deve<br />
gestire un finanziamento<br />
da 114 milioni di euro. La<br />
sfida per noi è quella di<br />
riuscire a coordinare tutte<br />
queste realtà con il maggior<br />
equilibrio possibile tra i<br />
diversi punti di vista in modo<br />
da perseguire nel migliore<br />
dei modi gli obiettivi di<br />
sostenibilità e sicurezza<br />
della filiera alimentare che<br />
ci siamo prefissati».<br />
Oltre alle finalità di<br />
sostenibilità della filiera<br />
agroalimentare, di per sé<br />
già abbastanza ambiziose,<br />
ci sono anche aspettative<br />
sul rafforzamento della<br />
rete nazionale di ricerca.<br />
È importante sottolineare<br />
che esiste anche un<br />
obiettivo più generale di<br />
questi partenariati: per dirla<br />
con le parole del ministero,<br />
si tratta di “rafforzare le<br />
filiere della ricerca a livello<br />
nazionale e promuovere<br />
la loro partecipazione alle<br />
catene di valore strategiche<br />
europee e globali”.<br />
È un obiettivo strategico<br />
fondamentale per il nostro<br />
Paese, che mira a rafforzare<br />
la capacità di ricerca<br />
nazionale su specifiche<br />
tematiche anche sul lungo<br />
termine, oltre l’orizzonte<br />
dei finanziamenti del Pnrr.<br />
Il progetto della fondazione<br />
Onfoods prevede un<br />
significativo investimento<br />
sia nel potenziamento delle<br />
strumentazioni e delle<br />
infrastrutture analitiche a<br />
disposizione della ricerca,<br />
“<br />
Il<br />
meccanismo dei<br />
partenariati<br />
è molto<br />
importante<br />
perché<br />
garantisce la<br />
continuità<br />
anche per<br />
progetti con Trl<br />
relativamente<br />
bassi<br />
sia per ampliare il numero<br />
di ricercatori specificamente<br />
formati sugli obiettivi del<br />
progetto. Questa “dotazione”<br />
permetterà un salto di<br />
qualità stabile nel sistema<br />
di ricerca nazionale<br />
avviando progetti e creando<br />
network di competenze,<br />
sinergie, complementarietà<br />
la cui azione continuerà<br />
anche dopo il triennio di<br />
finanziamento del Pnrr.<br />
In questo si può rilevare<br />
una certa differenza tra i<br />
Centri nazionali – destinati<br />
a rimanere punti di<br />
riferimento anche in futuro<br />
– e le fondazioni, come<br />
Onfoods, la cui attività è<br />
soprattutto quella di avviare<br />
partenariati, collaborazioni,<br />
ricerche coordinate che<br />
poi possano proseguire<br />
autonomamente. Non è<br />
escluso, naturalmente, che<br />
la fondazione mantenga un<br />
ruolo anche in futuro ma<br />
probabilmente sarà un po’<br />
diverso.<br />
Il meccanismo dei<br />
partenariati è molto<br />
importante perché<br />
garantisce la continuità<br />
anche per progetti con Trl<br />
relativamente bassi (il Trl,<br />
Technology readiness level,<br />
indica il grado di maturità<br />
di una tecnologia. I livelli<br />
più bassi indicano studi<br />
più affini alla ricerca di<br />
base, quelli più elevati sono<br />
attribuiti a sistemi vicini alla<br />
commercializzazione, NdR).<br />
Oltre all’avvio delle ricerche<br />
in partnership tra i 26 enti<br />
coinvolti, la fondazione<br />
erogherà finanziamenti per<br />
singoli progetti attraverso<br />
call aperte anche a piccole<br />
e medie imprese, startup,<br />
19
spinoff. Un’occasione per<br />
molte idee imprenditoriali<br />
innovative di trovare spazio<br />
o acquisire un nuovo slancio.<br />
Una direttrice di ricerca<br />
riguarda in modo specifico<br />
la circolarità del sistema<br />
alimentare, tema che sarà<br />
anche al centro dell’evento<br />
Insafe organizzato a<br />
Paestum da <strong>Makinglife</strong> (20-<br />
21 ottobre)<br />
Lo spoke 2 (“Smart and<br />
circular food system and<br />
distribution”), guidato<br />
dal Consiglio nazionale<br />
delle ricerche, presenta<br />
due punti nodali: il primo<br />
riguarda la parte “circular”,<br />
il recupero dei prodotti<br />
degli scarti di produzione<br />
agroalimentare. Su questo<br />
aspetto va sottolineata una<br />
differenza tra Onfoods e<br />
Agritech, il “Centro nazionale<br />
per lo sviluppo delle nuove<br />
tecnologie in agricoltura”<br />
anch’esso creato nell’ambito<br />
del Pnrr. Sebbene le<br />
aree di competenza<br />
si sovrappongano<br />
parzialmente – ma questo<br />
è inevitabile – in tema di<br />
circolarità Agritech risulta<br />
più focalizzato sulla ricerca<br />
di soluzioni per mantenere<br />
i sottoprodotti nel contesto<br />
delle produzioni primarie,<br />
mentre Onfoods prevede<br />
un’applicazione più ampia.<br />
Nel nostro caso, infatti,<br />
l’obiettivo sarà il recupero<br />
di prodotti o molecole<br />
ad alto valore e la loro<br />
reintroduzione nel contesto<br />
degli alimenti e di integratori<br />
e supplementi. Tra i due<br />
progetti, comunque, è<br />
previsto un elevato livello di<br />
coordinamento in modo da<br />
limitare sovrapposizioni e<br />
“<br />
L’obiettivo<br />
sarà il recupero<br />
di prodotti o<br />
molecole ad alto<br />
valore e la loro<br />
reintroduzione<br />
nel contesto<br />
degli alimenti e<br />
di integratori e<br />
supplementi<br />
favorire le sinergie laddove<br />
siano utili al sistema<br />
nazione. Il secondo punto<br />
nodale dello spoke – che<br />
vede il coinvolgimento<br />
soprattutto del Politecnico<br />
di Milano – riguarda la<br />
smart logistics, lo sviluppo<br />
cioè di sistemi intelligenti<br />
e innovativi per il trasporto<br />
degli alimenti – e degli scarti<br />
– che riducano gli sprechi<br />
di alimenti e l’impatto<br />
ambientale della filiera.<br />
Quali sono i maggiori<br />
ostacoli allo sviluppo di<br />
soluzioni nel campo del<br />
recupero dei sottoprodotti<br />
agroalimentari?<br />
Le conoscenze tecniche<br />
non rappresentano un<br />
aspetto critico: i nostri<br />
centri di ricerca a livello<br />
nazionale hanno tutte le<br />
competenze necessarie<br />
per svolgere operazioni di<br />
estrazione, purificazione,<br />
caratterizzazione con<br />
la qualità necessaria,<br />
anche ponendo la dovuta<br />
attenzione agli aspetti di<br />
sostenibilità ambientale.<br />
Quello che forse manca è<br />
proprio il coordinamento<br />
tra le varie attività e<br />
competenze. Finora,<br />
molte ricerche si sono<br />
concentrate su prodotti<br />
locali coinvolgendo<br />
prevalentemente realtà<br />
dell’area di studio, ad<br />
esempio i centri di ricerca in<br />
Sicilia e Calabria potrebbero<br />
essersi focalizzati sul<br />
recupero degli scarti di<br />
agrumi mentre nel Nord-<br />
Italia si lavorava su altri<br />
prodotti locali. Queste<br />
progettualità hanno<br />
generalmente pochi punti di<br />
contatto.<br />
Il valore aggiunto di Onfoods,<br />
in questo senso è quello di<br />
favorire attività a elevato<br />
livello di condivisione,<br />
creando occasioni di<br />
contatto e reti in cui<br />
tecnologie sviluppate da<br />
un ente vengono utilizzate<br />
su materiali provenienti da<br />
aree geografiche distanti,<br />
producendo lavorati<br />
che possono poi essere<br />
impiegati sperimentalmente<br />
da un terzo ente ancora,<br />
e così via. Sono previsti<br />
progetti che, con questo<br />
approccio, partono dallo<br />
scarto agroalimentare e<br />
arrivano fino alla molecola<br />
finale a elevato valore<br />
aggiunto attraversando<br />
anche spoke differenti,<br />
ognuno per la sua<br />
competenza.<br />
Per fare un esempio, un<br />
centro del partenariato,<br />
nel contesto dello spoke<br />
2, potrebbe sviluppare<br />
un processo estrattivo<br />
innovativo e sostenibile per<br />
recuperare composti utili<br />
da uno scarto di lavorazione<br />
degli alimenti (o – perché<br />
no? – da una biomassa<br />
proveniente dal Centro<br />
nazionale Agritech), per<br />
poi inviare il prodotto di<br />
estrazione allo spoke 3 per<br />
una valutazione della sua<br />
sicurezza e allo spoke 4 per<br />
lo sviluppo sperimentale di<br />
un alimento funzionale che<br />
ne sia addizionato e che sia<br />
buono, tecnologicamente<br />
sostenibile e di cui si valuti<br />
l’effetto sulla salute. Un<br />
ultimo passaggio potrebbe<br />
poi coinvolgere lo spoke<br />
6 per un’applicazione,<br />
sempre sperimentale,<br />
del prodotto stesso a una<br />
categoria particolare di<br />
soggetti in condizioni di<br />
fragilità. Insomma, tutte<br />
le competenze messe a<br />
sistema sono vincenti.<br />
Eventi come il convegno<br />
Insafe possono fornire un<br />
contributo per favorire la<br />
condivisione?<br />
Senza ombra di dubbio.<br />
Sono occasioni nelle quali<br />
realtà di settori, dimensioni,<br />
competenze e aree<br />
geografiche differenti hanno<br />
l’opportunità di incontrarsi e<br />
confrontarsi sulle reciproche<br />
esigenze. Io stesso porterò<br />
il mio contributo con un<br />
intervento per illustrare i<br />
contenuti di Onfoods. Credo<br />
che in futuro il convegno<br />
possa anche rappresentare<br />
un’opportunità di ingaggio e<br />
coinvolgimento delle realtà<br />
di minori dimensioni come<br />
piccole e medie imprese,<br />
spinoff e startup interessate<br />
al tema della circolarità e<br />
dell’aumento del valore del<br />
prodotto di scarto.<br />
20
www.pipeline.it<br />
Microsoft Dynamics 365
SOSTENIBILITÀ<br />
ED ETICA<br />
A SOSTEGNO<br />
DELLA QUALITÀ<br />
LA TRASFORMAZIONE DEL SISTEMA<br />
PRODUTTIVO VERSO FILIERE<br />
AGROALIMENTARI BIOLOGICHE, ETICHE<br />
ED EQUE PUÒ RAPPRESENTARE<br />
UN ELEMENTO DIROMPENTE PER<br />
AFFERMARE IL VALORE DELLA QUALITÀ<br />
A SCAPITO DELLA LOGICA DEL PREZZO<br />
PIÙ BASSO<br />
Gabriele Costantino<br />
Dipartimento di Scienze degli Alimenti e del Farmaco<br />
Università di Parma<br />
gabriele.costantino@unipr.it<br />
22
makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />
Una delle sessioni tematiche di INSAFE (Innovation for<br />
sustainability in food system and economy, Paestum 20-21<br />
ottobre) sarà dedicata alle filiere biologiche e al contenuto<br />
“etico” di prodotti. Il tema è molto divisivo e, per quanto<br />
continuino a crescere sia il suolo coltivato secondo le linee<br />
guida biologiche che le quote di mercato di prodotti derivanti<br />
da coltivazioni biologiche, la contrapposizione tra produzioni<br />
biologiche e convenzionali (se non quando intensive) è<br />
sempre più presente nel dibattito economico-politico.<br />
Non è forse inopportuno ricordare come le politiche<br />
dell’Unione europea di promozione e impulso all’agricoltura<br />
biologica erano e sono intese assolvere primariamente a<br />
due funzioni sociali. La prima è l’incentivo a un impiego del<br />
suolo e delle risorse coerente con uno sviluppo sostenibile,<br />
riducendo la desertificazione e l’impiego di fertilizzanti e<br />
pesticidi, promuovendo il rispetto dei cicli naturali, la fertilità<br />
del suolo e la sua biodiversità. La seconda è quella legata<br />
alla potenzialità, per la filiera biologica, di intercettare la<br />
domanda di prodotti biologici da parte dei consumatori,<br />
in particolare coloro maggiormente sensibili rispetto alle<br />
istanze di tutela dell’ambiente e del benessere animale.<br />
MERCATO IN CRESCITA<br />
MA A VELOCITÀ RIDOTTA<br />
Il mercato del consumatore sensibile ai temi della<br />
preservazione delle risorse e al benessere ambientale e<br />
animale è in crescita e il numero di consumatori disposto<br />
a pagare un sovrapprezzo per un prodotto biologico è in<br />
aumento. Tuttavia, da questa proposizione generale ne<br />
discendono altre due, interessanti. La prima è che il mercato<br />
è in crescita ma la derivata di crescita è negativa (dati 2021).<br />
Questo vuol dire che seppur in un quadro ancora fortemente<br />
positivo per il settore, la velocità di conquista di quote di<br />
mercato si è ridotta sensibilmente e per certi versi anche<br />
inaspettatamente. La seconda considerazione da fare è<br />
che il quadro positivo europeo (e anche mondiale, seppur<br />
su scale diverse) come al solito riflette situazioni molto<br />
diverse. Ad esempio in Danimarca (2018) oltre il 13% della<br />
spesa alimentare è etichettata “bio”, con una spesa procapite<br />
di prodotti biologici che si attesta oltre i 320 euro. Per<br />
contro, altri Paesi, soprattutto dell’Europa orientale, hanno<br />
spese annue di pochi euro pro-capite. Per quanto riguarda<br />
la superficie agricola utilizzata per produzioni biologiche,<br />
passiamo dall’oltre 25% dell’Austria a meno del 3% (in<br />
diminuzione) per Polonia, Bulgaria, Romania, Malta.<br />
Una facile, seppur sicuramente semplicistica analisi<br />
di questi dati suggerisce che il biologico è un mercato<br />
maturo in termini di consapevolezza del consumatore ma<br />
fortemente legato alla capacità di spesa. L’Italia rappresenta<br />
un elemento trainante nel contesto europeo, sia in termini<br />
di superfici agricole utilizzate che in termini di quote di<br />
mercato per i prodotti certificati bio. Ma proprio per questa<br />
funzione trainante e per l’impatto globale che il comparto<br />
ha sull’economia nazionale, gli elementi di attenzione non<br />
devono esser trascurati e, anzi, occorrerebbe aver la capacità<br />
di anticiparli.<br />
Ed è proprio questo il tema e l’ambizione di uno dei workshop<br />
tematici che si terranno durante la prima edizione di INSAFE.<br />
SPIEGARE IL VALORE<br />
DEL BIOLOGICO...<br />
Il mercato degli integratori e supplementi alimentari e<br />
quello dei cosmetici funzionali hanno un duplice ruolo da<br />
svolgere negli anni a venire nel mantenere e fornire impulso<br />
a questa importante parte dell’economia nazionale. Se negli<br />
obiettivi della Unione europea viene espressamente citata la<br />
possibilità di intercettare una fetta di consumatori sensibile<br />
ai temi delle produzioni biologiche, è compito dell’industria<br />
dell’integrazione e della cosmetica funzionale portare<br />
evidenze sul fatto che la filiera biologica produce valore<br />
aggiunto al prodotto finale. Se questo viene percepito – e in<br />
un mercato che si sta sempre più avvicinando alla maturità<br />
23
la percezione di qualità è basata sui risultati più che sulle<br />
attese – il mondo dell’integrazione e quello della cosmesi<br />
funzionale possono fungere da volano per tutto il sistema<br />
della produzioni agricole e trasformazioni primarie.<br />
È sempre più necessario muoversi verso una validazione<br />
basata sulle evidenze del ruolo dell’integrazione e della<br />
cosmesi funzionale. Nel workshop, quindi, verranno toccati<br />
temi relativi al perché la filiera biologica può fornire prodotti<br />
qualitativamente migliori rispetto a una filiera convenzionale<br />
e, se è questo il caso, quali devono essere le condizioni di<br />
lavorazione, di raccolta, di gestione del prodotto primario.<br />
Solo per citare alcuni esempi di temi trattati: la coltivazione<br />
biologica può fornire un pool di metaboliti secondari più<br />
ampio e migliore qualitativamente rispetto alla filiera<br />
convenzionale o intensiva? Come è possibile misurare questo<br />
vantaggio?<br />
Il consumatore recepisce la consapevolezza – su cui oramai<br />
c’è ampio consenso – che una coltivazione e una produzione<br />
primaria rispettose della biodiversità promuovono<br />
l’interazione tra piante, animali e batteri, favoriscono la<br />
selezione di sementi e animali con maggior longevità e<br />
resistenza a malattie, diminuendo il ricorso a pesticidi e<br />
antibiotici? Ecco, una risposta a queste (e diverse altre)<br />
domande consente con grande probabilità di evitare il rischio<br />
che l’intera filiera (dal campo all’integratore) venga percepita<br />
come il risultato di un “bio-washing”, un’etichetta che via<br />
via perde il significato di specificità, e permette invece<br />
che il prodotto della filiera venga veramente riconosciuto<br />
come avente valore aggiunto sia per la funzione specifica<br />
(integrazione, cosmesi), sia per l’impatto generale sul<br />
benessere dell’ambiente, degli animali, della biodiversità e<br />
del risparmio di suolo.<br />
che contribuisce a spostare la competizione sulla qualità<br />
del prodotto piuttosto che sul suo prezzo e che quindi una<br />
sua efficiente implementazione consente nel medio termine<br />
importanti ricadute sul contenuto di innovazione e di qualità<br />
del prodotto rivolto al consumatore. Il consumatore deve<br />
poter immediatamente apprezzare che l’etichetta “fair and<br />
sustainable trade” non è solo l’ennesimo “washing” etico, ma<br />
è impegno da parte del produttore a spostare la capacità di<br />
mercato dalla riduzione di prezzo alla qualità – complessiva<br />
– del prodotto. Se in una prima fase molti consumatori<br />
possono esser disposti a pagare un sovrapprezzo per un<br />
contenuto di equità del prodotto, nel lungo termine questo<br />
diventa insostenibile se non associato a un chiaro valore<br />
qualitativo.<br />
Ecco quindi che le filiere biologiche e l’eticità ed equità della<br />
filiera non devono esser viste come vincoli che incidono sul<br />
costo e sul prezzo, ma come opportunità che guidano costo e<br />
prezzo su elementi di qualità.<br />
La condivisione su questi temi è essenziale e produttori,<br />
trasformatori e innovatori devono esser a conoscenza delle<br />
opportunità che l’intera filiera, e non solo parti omogenee di<br />
essa, offrono.<br />
INSAFE offre questa opportunità di condivisione e confronto<br />
su temi che saranno cruciali per il futuro di un comparto<br />
industriale e tecnologico strategico per il Paese.<br />
...E DELLA FILIERA ETICA<br />
Egualmente importante, seppur non direttamente legato agli<br />
aspetti della filiera biologica, il tema del contenuto “etico” del<br />
prodotto. Un prodotto – sia esso un alimento, un integratore,<br />
un cosmetico funzionale – non deve esser portatore di<br />
sofferenza, ingiustizia, sfruttamento dei lavoratori. Questa<br />
affermazione probabilmente trova tutti d’accordo sul piano<br />
morale, ma occorre riflettere che una filiera etica è una filiera<br />
24
makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />
25
Una<br />
piattaforma<br />
di foodomica<br />
al servizio<br />
delle imprese<br />
UNA PARTNERSHIP<br />
PUBBLICO-PRIVATO<br />
HA SVILUPPATO<br />
METODOLOGIE E<br />
PRODOTTI ALIMENTARI<br />
INNOVATIVI PER<br />
MIGLIORARE LO STATO<br />
NUTRIZIONALE DEI<br />
CITTADINI<br />
Valentina Guidi<br />
Massimo Labra, professore ordinario presso il Dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze dell’Università degli Studi di<br />
Milano Bicocca e referente della sezione Food, environment, biodiversity and biotechnology di Best4Food<br />
26
makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />
Applicare le scienze omiche<br />
alla nutrizione.<br />
Un’idea che racchiude<br />
tutto l’enorme potenziale<br />
della foodomica,<br />
innovativo approccio che<br />
si basa sulle tecnologie<br />
avanzate per migliorare le<br />
conoscenze che ruotano<br />
intorno all’alimentazione<br />
e per sviluppare prodotti<br />
funzionali realmente<br />
efficaci. Un nuovo approccio<br />
tecnologico messo in<br />
pratica con successo dal<br />
progetto FoodNet, guidato<br />
dall’Università degli Studi<br />
di Milano Bicocca, che<br />
ha visto la nascita di una<br />
piattaforma di foodomica<br />
in cui l’università potesse<br />
supportare le imprese<br />
nell’attività scientifica e<br />
produttiva.<br />
Il progetto, finanziato da<br />
Regione Lombardia, è<br />
nato per elaborare linee<br />
guida volte alla produzione<br />
di alimenti funzionali<br />
efficaci e accessibili<br />
indirizzati alla popolazione<br />
over 65 della città<br />
metropolitana di Milano.<br />
Il lavoro multidisciplinare<br />
ha coinvolto diversi<br />
dipartimenti universitari<br />
e realtà aziendali, con<br />
l’obiettivo comune di<br />
indagare le esigenze<br />
della popolazione target<br />
e identificare ingredienti<br />
funzionali su matrici<br />
vegetali, anche seguendo<br />
le logiche dell’economia<br />
circolare, da utilizzare in<br />
nuovi prodotti sottoposti<br />
a rigorosi controlli di<br />
efficacia.<br />
Una storia raccontata per<br />
noi da Massimo Labra,<br />
professore ordinario<br />
presso il Dipartimento di<br />
Biotecnologie e Bioscienze<br />
dell’Università degli Studi di<br />
Milano Bicocca e referente<br />
della sezione Food,<br />
environment, biodiversity<br />
and biotechnology di<br />
Best4Food (Bicocca cEnter<br />
of Science and Technology<br />
for FOOD).<br />
Il progetto FoodNet<br />
ha visto l’università<br />
affiancare l’industria<br />
per produrre alimenti<br />
funzionali innovativi: la<br />
sinergia ha dato i suoi<br />
frutti?<br />
Decisamente sì. Attraverso<br />
la piattaforma di FoodNet<br />
l’università ha scelto di<br />
mettere a disposizione<br />
delle aziende le proprie<br />
competenze e le proprie<br />
attrezzature. In questo<br />
modo l’innovazione ha<br />
potuto prendere vita sotto<br />
diverse forme, come la<br />
produzione di nuove linee di<br />
prodotti che sono arrivate<br />
alla commercializzazione<br />
e l’innovazione delle<br />
metodologie produttive<br />
delle aziende coinvolte.<br />
Ma la sinergia è andata ben<br />
oltre i processi produttivi.<br />
Ci sono state infatti<br />
assunzioni di giovani che le<br />
imprese hanno conosciuto<br />
durante la collaborazione<br />
“<br />
DIMOSTRARE CHE<br />
GLI INGREDIENTI<br />
FUNZIONALI POSSONO<br />
ESSERE DAVVERO<br />
EFFICACI È IMPORTANTE<br />
PER DIFFONDERE<br />
LE PIÙ RECENTI<br />
CONOSCENZE LEGATE<br />
ALLA NUTRIZIONE E<br />
SFATARE I FALSI MITI<br />
al progetto e dei quali<br />
hanno potuto testare sul<br />
campo le capacità. Inoltre,<br />
si è venuta a creare una<br />
rete di co-marketing tra<br />
aziende che sono entrate in<br />
contatto proprio grazie alla<br />
piattaforma.<br />
Quali sono stati i successi<br />
più rilevanti del progetto?<br />
Un grosso successo è stato<br />
sicuramente l’inserimento<br />
lavorativo dei giovani.<br />
Diversi studenti che hanno<br />
partecipato al progetto<br />
hanno infatti trovato spazio<br />
nelle imprese coinvolte.<br />
Inoltre la filiera generata<br />
da FoodNet è rimasta<br />
attiva anche dopo la<br />
conclusione del progetto, a<br />
dimostrazione del valore e<br />
dell’importanza delle idee<br />
di base. Infine, non bisogna<br />
tralasciare l’aspetto<br />
culturale: dimostrare che<br />
gli ingredienti funzionali<br />
possono essere davvero<br />
efficaci è importante per<br />
diffondere le più recenti<br />
conoscenze legate alla<br />
nutrizione e sfatare i falsi<br />
miti.<br />
Quali sono le sfide più<br />
difficili poste dalla nascita<br />
di un nuovo ingrediente<br />
funzionale di origine<br />
vegetale?<br />
Un primo scoglio è<br />
sicuramente di tipo tecnico.<br />
Quando si ha a che fare con<br />
materie prime di origine<br />
naturale bisogna infatti<br />
sempre fare i conti con una<br />
certa variabilità.<br />
A parità di metodo e<br />
di condizioni la resa<br />
del processo non è<br />
sempre la stessa e la<br />
standardizzazione diventa<br />
difficile.<br />
Vi sono poi alcune difficoltà<br />
legate alla situazione<br />
normativa: il fatto che<br />
non sia obbligatorio<br />
testare l’efficacia degli<br />
integratori prima della<br />
vendita potrebbe risultare<br />
controproducente per il<br />
mercato e determinare<br />
una certa sfiducia nei<br />
consumatori rispetto alle<br />
conoscenze scientifiche che<br />
stanno dietro la produzione<br />
di un nutraceutico.<br />
27
L’utilizzo di scarti<br />
agroalimentari è risultato<br />
vantaggioso?<br />
Gli scarti della filiera<br />
agroalimentare sono<br />
risultati essere le matrici più<br />
interessanti su cui lavorare,<br />
viste le implicazioni<br />
etiche ed ecologiche<br />
dell’economia circolare.<br />
Ma si sono rivelate anche<br />
le materie prime in grado<br />
di generare il maggiore<br />
tornaconto economico.<br />
Pensiamo al mais rosso,<br />
il cui valore commerciale<br />
come alimento è piuttosto<br />
modesto, visto che viene<br />
utilizzato per la produzione<br />
di polente e prodotti affini.<br />
Le parti della pianta che<br />
vengono scartate dal<br />
processo produttivo, come<br />
fusto e foglie, contengono<br />
invece importanti molecole<br />
funzionali e possono<br />
rientrare nella formulazione<br />
di integratori il cui valore<br />
commerciale supera di<br />
gran lunga quello della<br />
produzione per cui la pianta<br />
viene coltivata.<br />
Quanto è stato<br />
importante l’approccio<br />
multidisciplinare?<br />
L’approccio multidisciplinare<br />
è stato il fulcro attorno a cui<br />
è ruotato l’intero progetto.<br />
Per il buon funzionamento<br />
della piattaforma sono<br />
state infatti indispensabili<br />
competenze scientifiche<br />
variegate: biologiche e<br />
biotecnologiche, per poter<br />
“<br />
LE PARTI DELLA<br />
PIANTA CHE<br />
VENGONO SCARTATE<br />
CONTENGONO SPESSO<br />
MOLECOLE FUNZIONALI<br />
IL CUI VALORE SUPERA<br />
DI GRAN LUNGA QUELLO<br />
DELLA PRODUZIONE<br />
STESSA<br />
ad esempio effettuare<br />
i test di efficacia su<br />
cellule e tessuti, così<br />
come chimiche per poter<br />
sviluppare le migliori<br />
tecnologie di estrazione, e<br />
mediche per analizzare le<br />
esigenze nutrizionali della<br />
popolazione interessata dal<br />
progetto. Ma per FoodNet<br />
sono state fondamentali<br />
anche competenze che si<br />
allontanano dalla sfera<br />
scientifica. Parlo ad esempio<br />
di quelle economiche, che ci<br />
hanno permesso di rendere<br />
concreto e circostanziato<br />
l’approccio all’economia<br />
circolare, di quelle<br />
sociologiche che hanno<br />
portato alla conduzione di<br />
ricerche per individuare<br />
eventuali deserti alimentari<br />
e per capire dove vendere le<br />
diverse tipologie di prodotto,<br />
o di quelle psicologiche,<br />
importanti per comprendere<br />
i profili dei consumatori.<br />
L’università Bicocca ha in<br />
previsione altri progetti in<br />
questo ambito?<br />
Parlando di innovazione<br />
agroalimentare non si può<br />
non menzionare la neonata<br />
Fondazione Onfoods,<br />
capitanata dall’Università<br />
di Parma e a cui partecipa<br />
anche l’Università<br />
Bicocca. Ventisei realtà<br />
italiane collaboreranno<br />
per migliorare la filiera<br />
agroalimentare del nostro<br />
Paese e l’approccio alla<br />
“<br />
ANZIANI E BAMBINI<br />
SONO UN TARGET<br />
IMPORTANTE IN TEMA<br />
DI NUTRIZIONE, PERCHÉ<br />
SPESSO RISCONTRANO<br />
DIFFICOLTÀ OGGETTIVE<br />
CHE IMPEDISCONO<br />
LORO DI AVERE<br />
UN’ALIMENTAZIONE IN<br />
LINEA CON LE LORO<br />
ESIGENZE<br />
nutrizione, con particolare<br />
attenzione alle figure degli<br />
anziani e dei bambini. Gli<br />
anziani sono infatti un<br />
target importante quando<br />
si parla di nutrizione,<br />
perché spesso riscontrano<br />
difficoltà oggettive che<br />
impediscono loro di avere<br />
un’alimentazione in linea<br />
con le loro reali esigenze,<br />
rendendoli malnutriti.<br />
Così come i bambini in età<br />
evolutiva che, anche se per<br />
motivi diversi, riscontrano<br />
analogamente difficoltà nel<br />
perseguire i propri obiettivi<br />
nutrizionali.<br />
L’Università Bicocca<br />
partecipa inoltre<br />
all’ambizioso progetto<br />
Nbfc (National biodiversity<br />
future center), nato con<br />
l’obiettivo di monitorare,<br />
preservare, ripristinare<br />
e anche valorizzare la<br />
biodiversità italiana in modo<br />
da renderla un elemento<br />
centrale per lo sviluppo<br />
sostenibile del nostro Paese.<br />
Una finalità ambiziosa che<br />
abbraccia anche il mondo<br />
dell’alimentazione e della<br />
nutrizione. Infine, l’ateneo<br />
ha sviluppato un proprio<br />
centro per lo studio delle<br />
tematiche relative alla<br />
nutrizione: Best4Food.<br />
Articolato in diverse<br />
macroaree, il centro vuole<br />
approcciare la nutrizione a<br />
tutto tondo, coinvolgendo<br />
i diversi dipartimenti in<br />
un’unica grande ricerca<br />
volta a migliorare il nostro<br />
stato di salute e il nostro<br />
benessere.<br />
28
makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />
Circolare<br />
fino in fondo<br />
Estrarre molecole<br />
attive dai residui<br />
della lavorazione<br />
agroalimentare può<br />
comportare impatti<br />
sull’ambiente che<br />
indeboliscono il valore del sistema<br />
circolare che si sta creando. Ma le<br />
alternative sostenibili sono già disponibili<br />
Valentina Guidi<br />
Le tecniche di estrazione<br />
di molecole funzionali<br />
possono avere un impatto<br />
ambientale tutt’altro che<br />
trascurabile. Ci si può<br />
allora trovare di fronte al<br />
paradosso di utilizzare<br />
scarti dell’industria<br />
agroalimentare impiegando<br />
processi ben poco ecologici<br />
e sostenibili per l’estrazione<br />
delle molecole funzionali,<br />
applicando quindi i dettami<br />
dell’economia circolare<br />
solo a metà. Nell’ambito<br />
del progetto FoodNet<br />
si è cercato di colmare<br />
questo gap. Abbiamo<br />
chiesto a Luca Campone,<br />
ricercatore e docente di<br />
chimica degli alimenti<br />
presso il Dipartimento di<br />
biotecnologie e bioscienze<br />
dell’Università degli<br />
Studi di Milano Bicocca,<br />
di raccontarci come<br />
funzionano le tecniche<br />
di estrazione a impatto<br />
ridotto.<br />
Su quali principi si basano<br />
le tecniche di estrazione<br />
verdi?<br />
Volendo entrare appieno<br />
nell’ottica dell’economia<br />
circolare, abbiamo deciso<br />
di affiancare al riutilizzo<br />
di scarti della filiera<br />
agroalimentare delle<br />
tecniche estrattive a<br />
basso impatto ambientale,<br />
in modo da rendere più<br />
ecologico ed efficiente<br />
il processo con cui si<br />
ottengono le molecole<br />
funzionali. Queste tecniche<br />
evitano l’utilizzo dei comuni<br />
solventi chimici che, oltre a<br />
un certo grado di tossicità,<br />
hanno un elevato impatto<br />
ambientale sia in fase di<br />
produzione sia in fase di<br />
smaltimento.<br />
In particolare mi riferisco<br />
alla Phwe (Pressurized<br />
hot water extraction) e<br />
alla Sfe (Supercritical<br />
fluid extraction). Nel primo<br />
caso come solvente viene<br />
utilizzata principalmente<br />
l’acqua, le cui proprietà<br />
chimico fisiche vengono<br />
modificate sottoponendola<br />
a temperature e pressioni<br />
specifiche. Nella seconda<br />
tecnica la protagonista è<br />
l’anidride carbonica che,<br />
ancora una volta sottoposta<br />
a temperature e pressioni<br />
particolari, diventa fluida e<br />
agisce da solvente.<br />
Le due tecniche si basano<br />
quindi su composti<br />
assolutamente innocui<br />
per l’organismo, atossici<br />
ed economici e sono<br />
complementari: se la<br />
molecola da estrarre<br />
ha caratteristiche che<br />
la rendono polare o<br />
mediamente polare si usa<br />
la Phwe, se tende invece<br />
a essere più apolare si<br />
sceglie la Sfe.<br />
Il vantaggio di queste<br />
tecniche sembra evidente<br />
ma quali sono gli<br />
svantaggi?<br />
Per le aziende possono<br />
essere grosso modo tre<br />
le criticità che frenano<br />
l’attuazione di queste<br />
tecniche. Innanzitutto<br />
l’investimento iniziale<br />
necessario per la<br />
strumentazione: gli<br />
impianti per lavorare<br />
con tecniche del genere<br />
sono piuttosto costosi.<br />
In secondo luogo sono<br />
necessarie competenze<br />
specifiche. Pur non essendo<br />
tecniche scoperte di<br />
recente, le competenze da<br />
possedere per maneggiarle<br />
efficacemente sono ancora<br />
rare nelle aziende e la loro<br />
implementazione richiede<br />
quindi l’assunzione di<br />
personale dedicato. Infine<br />
esiste una resistenza<br />
culturale: spesso infatti non<br />
si è a conoscenza dei reali<br />
vantaggi di queste tecniche<br />
oppure si resta legati alla<br />
sicurezza e alla comodità<br />
della strada già battuta.<br />
Eppure l’impiego di queste<br />
tecniche, oltre a permettere<br />
di accedere a diversi<br />
finanziamenti stanziati<br />
dall’Unione europea, è<br />
molto vantaggioso a lungo<br />
temine, anche dal punto<br />
di vista economico. E<br />
cavalcare una tendenza<br />
come la riduzione<br />
dell’impatto ambientale<br />
permetterebbe di diventare<br />
leader sul mercato prima<br />
delle altre aziende.<br />
29
AL VERTICE DELLA<br />
PIRAMIDE<br />
[BIOECONOMICA]<br />
Volume<br />
Valore aggiunto<br />
Tra le svariate tecniche per valorizzare gli scarti organici, l’estrazione<br />
di composti bioattivi per la nutraceutica, la cosmesi e l’industria<br />
alimentare è la soluzione che permette di ottenere il massimo valore<br />
aggiunto rispetto alla quantità di biomassa lavorata<br />
Maura Bernini<br />
30
makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />
L’INDUSTRIA AGROALIMENTARE GENERA ENORMI<br />
QUANTITÀ DI MATERIE CHE NON ARRIVANO<br />
AL PRODOTTO FINITO E VENGONO SCARTATE,<br />
NONOSTANTE CONTENGANO ANCORA INGENTI<br />
QUANTITÀ DI SOSTANZE UTILIZZABILI IN DIVERSI<br />
CAMPI. NUMEROSI STUDI SI CONCENTRANO<br />
SULLA CARATTERIZZAZIONE E VALORIZZAZIONE<br />
DI QUESTE SOSTANZE AMPIAMENTE DISPONIBILI<br />
E A BASSO COSTO PER MIGLIORARE LA<br />
SOSTENIBILITÀ DELLE FILIERE E PERMETTERE IL<br />
LORO INSERIMENTO NELL’ECONOMIA CIRCOLARE.<br />
per i loro effetti nella prevenzione delle infiammazioni<br />
e delle malattie croniche legate allo stress ossidativo.<br />
Questi composti possono essere utilizzati come integratori<br />
alimentari o nell’industria alimentare come additivi naturali<br />
per prolungare la durata di conservazione degli alimenti<br />
e per rallentare la perdita dei valori nutrizionali e la<br />
formazione di sostanze nocive. Il recupero dei polifenoli da<br />
scarti agroalimentari è un processo a più stadi che prevede<br />
l’estrazione dalla matrice solida, il trattamento degli estratti<br />
mediante tecnologie a membrana, la separazione selettiva di<br />
miscele di polifenoli o singoli componenti, la liofilizzazione per<br />
polverizzare l’estratto. I fenoli, comunque non sono le uniche<br />
molecole ad alto valore che si posso estrarre dai residui della<br />
lavorazione agroalimentare.<br />
LA PIRAMIDE BIOECONOMICA<br />
La bioeconomia favorisce il recupero di risorse biologiche<br />
rinnovabili dagli scarti organici o dai sottoprodotti della<br />
lavorazione prolungando così il ciclo di vita dei prodotti e<br />
il valore dei materiali, e minimizzando sia la necessità di<br />
nuove risorse che la produzione di rifiuti. Il volume della<br />
biomassa e il suo valore sono inversamente proporzionali<br />
(vedi grafico a piramide): nella parte più bassa si trova l’uso<br />
più comune della biomassa ovvero la sua conversione in fonti<br />
di energia, che genera il valore minimo; al contrario, all’apice<br />
della piramide si situa il valore economico più vantaggioso,<br />
fornito dal consumo di un ridotto volume di biomassa per la<br />
produzione farmaceutica.<br />
La tecnica più applicata a livello industriale per recuperare<br />
composti bioattivi da matrici di origine vegetale è l’estrazione<br />
convenzionale con solventi, detta anche estrazione solidoliquido<br />
(SLE) o macerazione. A causa della crescente<br />
necessità di utilizzare procedure di recupero più efficienti si<br />
stanno mettendo a punto nuove tecniche non convenzionali<br />
come l’estrazione assistita da ultrasuoni (Uae), da microonde<br />
(Mae), da enzima (Eae) o tramite fluidi supercritici (Sfe).<br />
Tra l’altro, il riutilizzo degli scarti per il recupero di estratti<br />
bioattivi costituisce un’alternativa economicamente<br />
vantaggiosa allo smaltimento dei rifiuti le cui quantità spesso<br />
superano in peso quella dei prodotti finiti.<br />
IL RUOLO DEI COMPOSTI FENOLICI<br />
In questo contesto, un ruolo di primo piano è ricoperto dai<br />
composti fenolici, abbondanti nei rifiuti alimentari e noti<br />
Una miniera da esplorare<br />
Scarti di frutta prodotti<br />
globalmente ogni anno<br />
9 milioni di tonnellate<br />
di sottoprodotti dell’uva<br />
15 milioni di tonnellate<br />
di scarti di agrumi<br />
da 3 a 4,2 milioni di<br />
tonnellate di mele<br />
9 milioni di tonnellate di<br />
rifiuti dalla lavorazione delle<br />
banane<br />
420.000 tonnellate<br />
di gusci di noci pecan<br />
31
Polifenoli dagli scarti produttivi dell’olio d’oliva<br />
La crescente popolarità dell’olio d’oliva a livello globale e il conseguente aumento della sua<br />
richiesta sono principalmente attribuiti ai benefici derivati dal suo contenuto di acido oleico<br />
e di composti fenolici. Tuttavia, durante la sua produzione, una considerevole porzione di<br />
composti fenolici rimane nella sansa di oliva, lo scarto semisolido composto da buccia,<br />
polpa e noccioli di oliva generato in grande quantità: poiché questa materia deve essere<br />
correttamente trattata prima dello smaltimento, rappresenta un notevole onere economico<br />
ed ecologico. Pertanto, un suo sfruttamento alternativo potrebbe comportare vantaggi<br />
economici per i produttori di olio d’oliva e ridurre l’impatto negativo sull’ambiente.<br />
Uno studio ha esplorato la possibilità di estrarre polifenoli dalla sansa di oliva attraverso<br />
un approccio sostenibile che combina l’Uae con solventi di qualità alimentare e il loro<br />
incapsulamento con diversi tipi di ciclodestrine. L’incapsulamento ha migliorato l’attività antiossidante degli estratti<br />
di sansa di oliva aumentando significativamente il loro contenuto polifenolico, specialmente nel caso dei derivati<br />
dell’idrossitirosolo. Le ciclodestrine hanno anche aumentato la stabilità delle sostanze attive in condizioni ossidative.<br />
È stato inoltre dimostrato che dalla sansa è possibile estrarre anche mannitolo.<br />
Polifenoli dalla produzione del vino<br />
Durante la vinificazione viene estratto soltanto il 30-40% dei composti fenolici e il processo genera<br />
diversi tipi di rifiuti e sottoprodotti. Una tonnellata di uva genera infatti circa 0,13 t di vinacce, 0,03 t<br />
di raspi, 0,06 t di fecce e 1,65 m3 di acque reflue. La vinaccia è il residuo composto dalle bucce e dai<br />
semi degli acini ed è particolarmente ricco di fenolici, principalmente antociani, flavonoli, flavonoidi,<br />
acidi fenolici e stilbeni. I raspi d’uva (la parte della vite che collega acini e ramificazioni) vengono<br />
eliminati perché contengono composti astringenti che alterano il gusto del vino ma possono essere<br />
recuperati per altre funzioni (sono presenti soprattutto proantocianidine). Le fecce (il deposito che<br />
si forma sul fondo delle botti) vengono generate durante i processi di fermentazione e maturazione<br />
del vino e sono composte da frazioni solide e liquide. La frazione solida contiene principalmente lieviti<br />
e batteri, carboidrati, composti fenolici, lignina, proteine, metalli, sali inorganici, sali di acidi organici (es. tartrati). La fase liquida<br />
è invece ricca di etanolo e acidi organici. Inoltre, possono essere presenti in quantità significative anche acido lattico e acido<br />
acetico. Anche le acque reflue possiedono una concentrazione relativamente alta di fenoli. Per quanto riguarda gli estratti da<br />
semi d’uva sono stati dimostrati gli effetti antitumorali nel cancro al fegato tramite l’induzione di processi di morte cellulare e<br />
l’inibizione della proliferazione.<br />
Composti bioattivi dagli scarti del caffè<br />
Durante la coltivazione del caffè si accumula un’ampia varietà di scarti, in parte utilizzati per<br />
produrre fertilizzante o mangime per animali. Uno studio ha indagato la possibilità di valorizzare<br />
la silverskin del caffè (la pellicina che ricopre i due chicchi di caffè contenuti in ogni frutto)<br />
estraendo i suoi composti bioattivi con un metodo sostenibile che potrebbe essere applicato<br />
industrialmente. Lo studio ha mostrato che la tecnologia Multi-frequency multimode modulated<br />
può essere applicata con efficacia per recuperare componenti bioattivi come caffeina, acidi 3-,<br />
4- e 5-caffeilchinici e acidi 4- e 5-feruloilchinici e ottenere estratti con potenziale antidiabetico che<br />
potrebbero essere utilizzati per sviluppare prodotti alimentari funzionali o integratori alimentari.<br />
Un altro studio ha rivelato che lo Spent coffee ground (Scg), comunemente detto fondo di caffè,<br />
potrebbe essere utilizzato per fortificare prodotti alimentari da forno, come i biscotti, aumentando il loro potenziale bioattivo con<br />
molecole naturali come polifenoli, melanoidine e caffeina. In generale, secondo i risultati della ricerca, il materiale Scg potrebbe<br />
essere riconosciuto come una fonte importante di acido 5-caffeilchinico, acido clorogenico, caffeina e acidi fenolici.<br />
32
makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />
Olio essenziale antibatterico dalla buccia di Citrus unshiu<br />
Il Citrus unshiu, un agrume tipo mandarancio senza semi (in Italia è coltivato<br />
in Sicilia, Puglia, Calabria e Basilicata) è utilizzato in alcune zone del mondo<br />
per la produzione industriale del suo succo. Tale attività genera una grande<br />
quantità di rifiuti altamente fermentabili costituiti dalla buccia dell’agrume,<br />
che causano problemi economici e ambientali. Uno studio ha esaminato la<br />
composizione chimica dell’olio essenziale ottenuto dalla buccia di scarto<br />
del Citrus unshiu mediante idrodistillazione e ha testato l’efficacia di questo<br />
olio essenziale contro una vasta gamma di microrganismi, compresi agenti<br />
patogeni cutanei resistenti ai farmaci, dimostrando effetti antibatterici<br />
molto promettenti. Alcuni ricercatori stanno valutando anche le proprietà<br />
antinfiammatorie dell’olio essenziale, la cui composizione chimica include<br />
limonene (80,51%), γ-terpinene (6,80%), cimene (4,02%), β-mircene (1,59%), α-pinene (1,02%) e α-terpinolene<br />
(0,56%).<br />
Licopene e β-carotene dagli scarti dei pomodori<br />
Il processo di trasformazione del pomodoro comporta sprechi di diversa origine,<br />
come i pomodori non idonei alla trasformazione industriale, l’acqua utilizzata nei<br />
processi di lavorazione e gli scarti dovuti ai prodotti secondari (buccette e semi, detti<br />
generalmente cascami). Alcuni ricercatori hanno valutato il recupero e il riutilizzo di<br />
questi materiali nell’ottica dell’economia circolare ai fini di razionalizzare i costi del<br />
processo produttivo e dello smaltimento degli scarti. Dai cascami, in particolare, si<br />
possono ottenere prodotti dai più vari utilizzi come lacche ecologiche (usate come<br />
rivestimento del packaging alimentare metallico), materiali biodegradabili (utilizzabili<br />
ad esempio per produrre buste di plastica), composti bioattivi antiossidanti (licopene<br />
e β-carotene) impiegati come integratori alimentari, e ancora mangimi per zootecnia<br />
e compost. Nella buccia di pomodoro è presente anche fibra dietetica che viene<br />
ottenuta come sottoprodotto dell’estrazione del licopene mediante un processo di estrazione con acqua calda<br />
eventualmente seguito da trattamento enzimatico allo scopo di rimuovere le proteine solubili e i polisaccaridi. La<br />
fibra dietetica estraibile dai cascami del pomodoro – la cui percentuale si aggira intorno al 75% – ha dimostrato di<br />
ridurre il tasso glicemico e colesterolemico nel sangue, diminuendo così anche il rischio di malattie cardiovascolari.<br />
Riferimenti<br />
Per la lista completa dei riferimenti bibliografici scansiona il QR code<br />
33
34<br />
La seconda vita<br />
del siero di latte<br />
Leonardo Fumagalli<br />
L’INGENTE FRAZIONE LIQUIDA CHE RIMANE DOPO IL<br />
PROCESSO DI CASEIFICAZIONE COMPORTA SERI PROBLEMI<br />
DI GESTIONE MA PUÒ ESSERE VALORIZZATA IN DIVERSI<br />
MODI. UNO DEI PIÙ INTERESSANTI COINVOLGE L’USO DI<br />
MICROORGANISMI<br />
Il mondo appartiene ai microorganismi:<br />
per quanto antigienico o<br />
naturalisticamente nichilista possa<br />
sembrare, è un dato di fatto. Ma<br />
proprio dal mondo del microscopico<br />
sono arrivate, fin dai tempi di Pasteur,<br />
soluzioni ai nostri problemi, a cui la<br />
natura ha già in qualche modo pensato.<br />
Uno dei campi in cui i microrganismi<br />
stanno mostrando tutto il loro potenziale<br />
è quello della trasformazione degli scarti<br />
della produzione agroalimentare in<br />
sostanze ad alto valore aggiunto.<br />
In letteratura, ad esempio, sono presenti<br />
numerosi lavori in cui negli ultimi 20<br />
anni sono state gettate le basi teoriche (a<br />
volte anche concretizzatesi) di processi<br />
industriali in cui, usando delle colture<br />
cellulari di varia natura, il siero di<br />
latte è stato dato “in pasto” ai suddetti<br />
microorganismi per produrre una<br />
biomassa ad alto valore aggiunto.<br />
NUOVE VIE<br />
(CIRCOLARI)<br />
È ormai inevitabile, per non dire<br />
necessario, riconoscere l’importanza<br />
del passaggio a una economia circolare.<br />
Un’economia che, nei suoi vari settori,<br />
valorizzi e ricicli il più possibile i propri<br />
prodotti di scarto non solo per un minore<br />
impatto ambientale, ma per una concreta<br />
opportunità di ritorno economico.<br />
L’Europa stessa pianifica e promuove da<br />
anni questa transizione poiché nessuna<br />
nazione è del tutto autosufficiente in<br />
termini di materie prime, know-how<br />
e mezzi. Tra le motivazioni a supporto<br />
di questa spinta basterebbe citare il<br />
cambiamento climatico, il crescente<br />
prezzo dei combustibili fossili e le<br />
disuguaglianze alimentari tra i Paesi,<br />
ma va considerata anche la richiesta<br />
in costante crescita di prodotti chimici<br />
sostenibili, la cosiddetta green chemistry.<br />
La filiera agroalimentare è la prima<br />
interessata a questa transizione, dato<br />
che le biomasse, oggi generalmente<br />
considerate uno scarto, costituiscono<br />
in realtà una risorsa valorizzabile in<br />
vari modi, senza contare l’enorme mole<br />
di ricerca (e conseguente letteratura<br />
scientifica) che viene a generarsi<br />
nello sforzo di scoprire nuove vie di<br />
valorizzazione e conversione di byproducts,<br />
e quindi ulteriori opportunità<br />
brevettuali e di processi industriali.<br />
In un Paese come l’Italia, forte di<br />
immensurabili tradizioni agricole e<br />
culinarie, i produttori hanno davanti a sé<br />
una potenziale miniera d’oro, o quanto<br />
meno un’opportunità di guadagno e<br />
crescita in un mercato competitivo.<br />
SCARTO O RISORSA?<br />
Sia per volumi che per potenziale<br />
applicativo, il siero di latte rappresenta<br />
un importante scarto lavorativo. Già<br />
da molto tempo, la principale strategia
makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />
Una ingente risorsa<br />
Il siero è la frazione liquida che rimane dopo il processo di caseificazione. Dal punto di vista chimico, questa reazione<br />
consiste nella rottura proteolitica delle molecole di caseina-k da parte degli enzimi del caglio, con conseguente<br />
aggregazione delle altre caseine. La caseina-k, infatti, stabilizza la formazione di micelle, come nel sapone, e la sua<br />
rottura causa l’aggregazione di proteine e lipidi col calcio contenuto nel latte. La caseificazione per via chimica segue<br />
una strada leggermente diversa poiché si mira a solubilizzare i metalli contenuti nelle micelle tramite protonazione<br />
(ambiente acido, appunto) dei gruppi fosfato delle caseine, ma è un processo molto meno utilizzato della tradizionale<br />
cagliatura (caglio animale o sintetico). Il risultato è un liquido contenente principalmente proteine e zuccheri, lattosio in<br />
primis, con concentrazioni minori di sali minerali e lipidi.<br />
Il volume di produzione del siero è ingente: per ogni litro di latte vengono prodotti tra 0,82 e 0,87 litri di siero e, nel<br />
2020, in Europa ne è stato prodotto un volume stimato di 55,5 milioni di tonnellate. Anche solo considerando l’Italia,<br />
con le sue circa 13.000 tonnellate di latte di vacca e 1.200 tonnellate di formaggio bovino prodotte nel 2022 (dati Istat),<br />
risulta chiaro l’enorme volume di questo sottoprodotto e l’onere che la sua gestione comporta. Le problematiche del<br />
siero non si limitano a questo: esiste un parametro, abbreviato in BOD, che indica la quantità di ossigeno richiesta da<br />
una popolazione microbica per consumare il contenuto organico di un liquido o soluzione: rappresenta, dunque, una<br />
misura a grandi linee di quanto un effluente sia “difficile da smaltire” a livello ambientale. Con i suoi 27-60 g/l, il siero di<br />
latte supera ampiamente il limite di 0,6 g/l imposto dall’UE per le fognature non trattate.<br />
Fortunatamente, proprio in virtù di questo suo abbondante contenuto organico, il siero di latte ha numerose vie di<br />
valorizzazione e sfruttamento possibili.<br />
di riciclo di questa sostanza è la sua<br />
essiccazione per ottenere una polvere<br />
usata come additivo in mangimi o<br />
integratori (spesso viene modificata<br />
preventivamente la composizione<br />
percentuale di lattosio o proteine così da<br />
avere differenti specifiche). Nonostante<br />
questa via sia relativamente semplice<br />
e vantaggiosa, ignora la vera ricchezza<br />
di questo scarto, ovvero una varietà di<br />
proteine ad alto valore aggiunto dalle<br />
molte applicazioni in campo medico<br />
e nutraceutico. È stato osservato che<br />
anche solo sottoporre il siero a un<br />
primo passaggio di idrolisi (quindi di<br />
rottura delle proteine più grandi) porta<br />
alla solubilizzazione di aminoacidi<br />
rari come il triptofano e la cisteina<br />
e alla produzione di peptidi bioattivi,<br />
corte catene (da 2 a 20 AA) dagli effetti<br />
antitensivi, antimicrobici, antiossidanti e<br />
immunomodulatori. Con un tale bacino<br />
di possibilità, sembra quasi uno spreco<br />
limitarsi a vendere la polvere di siero<br />
come tale, ma non sempre la via più<br />
affascinante e benefica è anche la più<br />
perseguibile commercialmente, anche<br />
se una maggiore consapevolezza e<br />
informazione del produttore può aiutare<br />
a prendere una scelta più articolata e<br />
vantaggiosa nel lungo termine.<br />
L’industria dei nutraceutici può trarre<br />
enorme vantaggio dai peptidi bioattivi<br />
ricavabili dal siero: basti pensare<br />
a quante persone soffrono di alta<br />
pressione o a quanto ci si senta a volte<br />
bombardati da concetti come “radicali<br />
liberi” e “invecchiamento cellulare”. Ma<br />
per quanto potenzialmente remunerative,<br />
queste strategie di valorizzazione non<br />
sono le sole né le più proiettate al futuro.<br />
UTILIZZO DI<br />
MICRORGANISMI<br />
Spesso è stato sfruttato il meccanismo<br />
innato dell’induzione, una strategia<br />
che permette a un microorganismo<br />
di produrre un set di enzimi se rileva<br />
un dato composto nel suo ambiente.<br />
Tipicamente questi enzimi servono al<br />
batterio o al lievito in questione per<br />
consumare la data molecola (secondo la<br />
logica “posso mangiarlo ma mi fabbrico<br />
gli strumenti per farlo solo se lo rilevo”)<br />
ma con l’ingegneria genetica posso<br />
rimpiazzare i geni nativi che vengono<br />
espressi, con altri geni di mio interesse<br />
(esempio principe, l’insulina: dagli anni<br />
’80 è prodotta per via batterica). Con<br />
questa strategia si possono produrre<br />
proteine utili come enzimi, anticorpi<br />
o ormoni ma sono state progettate<br />
strategie anche per produrre etanolo o<br />
idrogeno, sempre a partire da versioni<br />
modificate del noto Escherichia coli che<br />
tutti noi ospitiamo nel nostro intestino.<br />
In un futuro prossimo le industrie<br />
casearie e i piccoli produttori potrebbero<br />
rifornire le biofabbriche con il loro<br />
principale prodotto di scarto, il siero,<br />
che verrebbe interamente valorizzato<br />
in un’economia che valuta non solo il<br />
profitto, ma il ciclo vitale della materia<br />
prima nella sua totalità: le possibilità<br />
esistono e possono già diventare realtà.<br />
Riferimenti<br />
• www.greengrowthknowledge.org;<br />
• https://ec.europa.eu “Bioeconomy: the European<br />
way to use our natural resources” e “Green and<br />
sustainable chemistry: framework manual”, United<br />
Nations Environment Programme);<br />
• Madadlou, Abbaspourrad (2018) Bioactive<br />
whey peptide particles: An emerging class of<br />
nutraceutical carriers; Taylor &Francis;<br />
• Mann (2019) Whey Proteins: Bioactive Peptides<br />
from Whey Proteins;<br />
• Hermann Mobayed, Carraro Nunes et al<br />
(2020) Effect of by-products from the dairy<br />
industry as alternative inducers of recombinant<br />
b-galactosidase expression. Biotechnol Lett.<br />
35
Vescicole extracellulari,<br />
nanostrumenti delle mele<br />
Le nano-vescicole<br />
provenienti da Malus<br />
domestica possono essere<br />
impiegate con successo in medicina<br />
rigenerativa, nutraceutica e<br />
cosmetica, a iniziare dalla loro<br />
applicazione come antinfiammatori<br />
e anti aging<br />
36<br />
Martina Trentini<br />
Università di Ferrara e Consorzio<br />
Innovazione Frutta<br />
La comunicazione fra cellule è un sistema<br />
complesso, in cui entrano in gioco fattori<br />
in grado di regolare le funzionalità<br />
cellulari attraverso diversi tipi di segnale.<br />
Le nano-vescicole (NV) rappresentano<br />
una di queste modalità comunicative.<br />
Sono formate da un doppio strato lipidico<br />
che avvolge un carico bioattivo, collocato<br />
nella cellula di origine e consegnato alla<br />
cellula ricevente, come un messaggio.<br />
In anni recenti, le nano-vescicole di<br />
origine umana hanno interessato la<br />
medicina nei suoi diversi ambiti: dalla<br />
rigenerazione dei tessuti al trasporto<br />
mirato di farmaci, all’utilizzo come biomarcatori<br />
di svariate malattie. Tuttavia<br />
non esistono solo vescicole prodotte da<br />
cellule umane, ma anzi queste vengono<br />
prodotte da cellule sia animali che<br />
vegetali, fungine e batteriche.<br />
COMUNICAZIONE<br />
A PIÙ LIVELLI<br />
Una collaborazione fra la prof.ssa<br />
Barbara Zavan, del Dipartimento di<br />
medicina traslazionale e per la Romagna<br />
dell’Università di Ferrara, e il Consorzio<br />
Melinda porta avanti uno studio<br />
funzionale e applicativo riguardante<br />
le nano-vescicole di origine vegetale<br />
(PDNVs).<br />
Le PDNVs hanno un ruolo fondamentale<br />
nella regolazione dei meccanismi<br />
fisiologici delle piante attraverso il<br />
trasporto intercellulare di proteine<br />
e oligonucleotidi. È stato dimostrato<br />
da diversi studi come le PDNVs siano<br />
in grado non solo di agevolare la<br />
comunicazione fra cellule all’interno<br />
della stessa pianta, ma di trasportare il<br />
loro messaggio anche verso cellule di<br />
altre specie, non vegetali. Esse possono<br />
recapitare messaggi a funghi e batteri<br />
simbiotici che abitano la rizosfera<br />
e combattere fitopatogeni. Questo<br />
tipo di comunicazione si definisce<br />
“comunicazione inter-regno”, ovvero che<br />
avviene fra il regno delle piante e quello<br />
fungino.<br />
La trasmissione di messaggi non si<br />
ferma al regno dei funghi ma si estende<br />
anche a quello degli animali. È stata<br />
dimostrata sia in vitro che in vivo la<br />
capacità delle PDNVs di interagire e<br />
comunicare con cellule umane e murine.<br />
Tale capacità ha notevoli implicazioni in<br />
ambito medico e agroalimentare, tant’è<br />
che molti centri di ricerca ora ne stanno<br />
esplorando le possibili applicazioni.<br />
NANO-VESCICOLE<br />
DALLA MELA<br />
La mela (Malus domestica sp.) è un<br />
noto frutto di rilevanza economica<br />
ed ecologica. Secondo il rapporto<br />
“Prognosfruit 2022”, i paesi dell’Unione<br />
europea hanno raccolto 12,2 milioni<br />
di tonnellate di mele fresche nel 2022.<br />
Tale produzione genera anche una<br />
notevole quantità di frutta di scarto
makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />
a cui è necessario dare nuova vita.<br />
Il nostro interesse per le PDNVs è<br />
quindi partito dal frutto di mela, dalla<br />
cui polpa abbiamo isolato le nanovescicole<br />
tramite un sistema efficace<br />
e scalabile di isolamento, messo a<br />
punto appositamente. Il processo ideato<br />
garantisce una ottima resa e purezza,<br />
superiore ai metodi considerati golden<br />
standard. Il metodo di estrazione è<br />
ben adattabile a diversi tipi di matrici<br />
vegetali. Abbiamo infatti estratto<br />
vescicole anche da altri frutti, come<br />
mirtilli e lamponi, radici, come la<br />
curcuma, e piante verdi, come il basilico.<br />
Abbiamo potuto osservare, tramite un<br />
modello in vitro, che le nano-vescicole<br />
derivate da mela (ADNVs) sono in grado<br />
di interagire con cellule umane di origine<br />
dermica, neuronale e immunitaria<br />
(figura 1a). Il loro effetto sulle cellule del<br />
sistema immunitario ha portato a una<br />
riduzione di fattori pro-infiammatori<br />
come le citochine, fra cui l’interleuchina<br />
1β e l’interleuchina 1α (Figura 1b).<br />
Una riduzione dell’infiammazione<br />
favorisce il risanamento di ferite e<br />
lacerazioni. Questo risultato suggerisce<br />
che le ADNVs hanno un effetto<br />
immunomodulante su cellule di origine<br />
umana, e possono quindi essere<br />
applicate nella rigenerazione dei tessuti.<br />
FUNZIONE ANTIAGING<br />
Questa proprietà antinfiammatoria può<br />
essere estesa non solo a diversi ambiti<br />
medici ma anche all’ambito cosmetico.<br />
La causa dei segni dell’invecchiamento<br />
è da ricercarsi nel decadimento della<br />
struttura del derma, composto da<br />
fibroblasti e matrice extracellulare. Lo<br />
stress ossidativo è un evento biochimico<br />
fondamentale che induce il degrado<br />
e la disorganizzazione della matrice<br />
extracellulare, provocando anche<br />
infiammazione. Secondo i nostri studi,<br />
una somministrazione di ADNVs su<br />
cellule del derma è in grado di ridurre<br />
lo stress ossidativo, aumentare la<br />
produzione di matrice extracellulare e<br />
dunque di migliorare l’elasticità della<br />
pelle (Figura 1c e 1d). Questo può avere<br />
dei riscontri interessanti nell’ambito<br />
della protezione cutanea da fotoinvecchiamento,<br />
provocato dai raggi UV e<br />
del mantenimento del tono.<br />
Un altro beneficio fondamentale delle<br />
ADNVs è che sono in grado di bypassare<br />
il sistema gastrico e la barriera<br />
ematoencefalica. Quindi:<br />
i) possono essere somministrate per via<br />
orale e assorbite nell’intestino;<br />
ii) tramite il flusso sanguigno hanno<br />
accesso al cervello, cosa che molte<br />
cure per le malattie neurodegenerative<br />
faticano ad ottenere. Questo aspetto,<br />
unito al fatto che il loro contenuto<br />
può essere modificato, risulta<br />
particolarmente utile in ambito<br />
farmaceutico, quando i composti<br />
sono difficilmente assimilabili dal<br />
corpo umano. L’inclusione di molecole<br />
di interesse in vescicole lipidiche<br />
permette il superamento dei problemi<br />
di biodisponibilità del farmaco e gli<br />
effetti off-target. Inoltre, in ambito<br />
nutraceutico la resistenza delle ADNVs ai<br />
succhi gastrici costituisce un vantaggio<br />
notevole per recapitare sostanze<br />
all’intestino, in aggiunta all’intrinseco<br />
potere antinfiammatorio.<br />
Attività svolta nell’ambito del Progetto di Ricerca<br />
‘MeByC’ Accordo di Sviluppo Melinda-MIMIT-<br />
Provincia Autonoma di Trento (CDS001000)<br />
Bibliografia<br />
Scansiona il QR code per lo bibliografia completa:<br />
A B C D<br />
INTERLEUCHINE<br />
ROS<br />
COLLAGENE<br />
Immagine al microscopio di un<br />
macrofago, cellula del sistema<br />
immunitario, evidenziata in verde. In<br />
rosso è possibile vedere le ADNVs<br />
internalizzate dalla cellula, segnalate<br />
in punta a una freccia bianca.<br />
GENE EXPRESSION (2 -ΔΔCT )<br />
1.5<br />
1.0<br />
0.5<br />
40<br />
2.5<br />
*<br />
*** ***<br />
*<br />
2.0<br />
30<br />
1.5<br />
20<br />
1.0<br />
10<br />
0.5<br />
Grafico rappresentante<br />
l’espressione genica di citochine<br />
pro-infiammatorie (IL1α e IL1β) in<br />
cellule trattate con ADNVs rispetto<br />
al controllo.<br />
CONTROL<br />
ROS-POSITIVE CELLS %<br />
0.0 0<br />
0.0<br />
IL1α<br />
IL1β<br />
Percentuale di cellule contenenti<br />
livelli rilevabili di specie reattive<br />
dell’ossigeno (ROS).<br />
+ ADNVs<br />
Control<br />
+ ADNVS<br />
GENE EXPRESSION (2 -ΔΔCT )<br />
COL1<br />
**<br />
COL3<br />
Grafico rappresentante<br />
l’espressione genica di due catene<br />
di collagene (COL1 e COL3).<br />
In ciascun grafico è riportata la<br />
significatività statistica come<br />
p-value: *
Insetti medicinali<br />
le prospettive dell’entomoterapia<br />
ento<br />
L’USO DI INSETTI A SCOPO TERAPEUTICO È UNA PRATICA<br />
TRADIZIONALE IN MOLTI PAESI DEL MONDO CHE STA ORA<br />
SUSCITANDO GRANDE INTERESSE ANCHE NEL SETTORE<br />
FARMACEUTICO<br />
Simone Montonati<br />
38<br />
Sebbene nel mondo vengano utilizzate oltre 2.000 specie di<br />
insetti a scopo alimentare, le conoscenze scientifiche sul loro<br />
impiego in campo medico sono ancora piuttosto limitate. In<br />
letteratura sono riportati esempi di trattamenti medici con<br />
insetti risalenti a oltre 3.000 anni fa, come l’utilizzo dei bachi da<br />
seta in Cina o più recentemente l’impiego dei vermi da parte dei<br />
Maya per curare i tessuti in decomposizione. Sebbene l’avvento<br />
in epoca moderna della medicina di sintesi, soprattutto nei<br />
Paesi occidentali, abbia progressivamente ridotto l’importanza<br />
delle tecniche curative tradizionali, l’entomoterapia – ovvero<br />
l’impiego di insetti a scopi terapeutici – resta una pratica ancora<br />
molto diffusa, particolarmente nelle aree in cui l’accesso alle<br />
soluzioni di medicina moderna è fortemente limitato. Secondo<br />
una recente review, sono stati documentati circa 1.000 insetti<br />
impiegati per le loro proprietà medicinali in diversi Paesi in tutto<br />
il mondo, tra cui Africa, India, Giappone, Corea, Sud America,<br />
Spagna, Tibet e Turchia: api, vespe, formiche, mosche, scarafaggi,<br />
termiti, scarabei, grilli, farfalle e falene, una vasta fonte di<br />
prodotti utilizzati per il trattamento di una gamma di condizioni
mo<br />
(ne sono state descritte almeno 50) che include malattie<br />
infettive e parassitarie, disturbi del sangue e degli organi<br />
ematopoietici, disturbi endocrini, nutrizionali e metabolici,<br />
disturbi mentali e neurologici, malattie oftalmiche,<br />
cardiocircolatorie, dell’apparato respiratorio, digestivo,<br />
della pelle, del sistema scheletrico-muscolare, disturbi<br />
genitali e urinari, patologie in gravidanza, malformazioni<br />
congenite, conseguenze di traumi ed avvelenamenti,<br />
fino alle neoplasie. In Italia, uno spinoff<br />
dell’Università di Firenze fornisce insetti<br />
e i loro prodotti “per la diagnosi e la<br />
terapia di problematiche di tipo<br />
sanitario ed ambientale”.<br />
makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />
DALLA<br />
TRADIZIONE AL<br />
LABORATORIO<br />
Recentemente gli insetti medicinali hanno attirato anche<br />
l’attenzione dei ricercatori farmaceutici attratti dalla varietà<br />
di molecole bioattive potenzialmente impiegabili in campo<br />
farmaceutico, nutraceutico e cosmetico: proteine, lipidi,<br />
carboidrati, acidi nucleici, vitamine, minerali, ma anche enzimi,<br />
ormoni, pigmenti, flavonoidi, alcaloidi fino a parti miste<br />
dell’animale come il microbiota o le sue escrezioni e secrezioni<br />
– miele, propoli o veleni – o perfino altri organismi associati agli<br />
insetti, come lievito, funghi e batteri.<br />
Sulla base di evidenze ottenute in studi preclinici (quelli<br />
sull’uomo sono stati giudicati inattendibili), un team<br />
dell’Università di Teramo ha pubblicato un articolo su “ Nutrition<br />
research review” (della Cambridge University) che mostra come<br />
“gli insetti edibili siano una fonte promettente di composti biofunzionali<br />
in grado di esercitare un’azione antiossidante, antiinfiammatoria<br />
e di modulare il metabolismo lipidico e glicemico”.<br />
Uno studio pubblicato quest’anno sulla rivista scientifica<br />
Heliyon a opera di ricercatori provenienti da istituti di ricerca<br />
in Germania, Cina, Brasile, Russia e Ghana, calcola che in<br />
letteratura vi siano almeno 235 specie di insetti di cui è stata<br />
dimostrata l’efficacia, non solo dalla medicina popolare. Di<br />
queste, il maggior numero (62)<br />
appartiene all’ordine degli imenotteri<br />
(api, vespe e formiche), seguito dai<br />
coleotteri (47 specie), ortotteri (cavallette,<br />
locuste e grilli, 28 specie), lepidotteri (farfalle e<br />
falene, 23 specie) e blattoidei (scarafaggi e affini, 21<br />
specie).<br />
Secondo la review, gli studi si sono finora concentrati sul<br />
potenziale antibatterico (circa il 65% delle ricerche totali), con<br />
risultati promettenti. Almeno 30 specie di batteri patogeni si<br />
sarebbero rivelati sensibili a qualche derivato degli insetti.<br />
Tra queste vi sono batteri molto diffusi come i generi Bacillus,<br />
Staphylococcus, Helicobacter, Escherichia (coli), Salmonella<br />
(enterica), Enterobacter, Enterococcus, Listeria ed Haemophilus<br />
(influenzae). Anche 13 specie di funghi, cinque virus (tra cui<br />
i responsabili dell’epatite A e B, dell’herpes e della febbre<br />
della Rift Valley) e dieci parassiti (come Trypanosoma cruzi,<br />
Leishmania sp. e Plasmodium sp.) potrebbero essere inibiti dai<br />
derivati degli insetti. I principi attivi con attività antimicrobica<br />
isolati dagli insetti sono principalmente peptidi antimicrobici<br />
come coprisin, lebocin, drosocin, pronectin e cecropin ma anche<br />
alcuni acidi grassi insaturi, lectine, lisosomi e terpenoidi hanno<br />
dimostrato effetti antivirali e antibatterici. Anche microrganismi<br />
associati agli insetti, come gli actinomiceti isolati dalle termiti<br />
o la melanina prodotta dai lieviti nei bombi, mostrano attività<br />
antimicrobica.<br />
39
tera<br />
INSETTI<br />
ANTITUMORALI<br />
Un aspetto particolarmente suggestivo è<br />
rappresentato dal possibile contributo degli<br />
insetti alla lotta contro le neoplasie. Secondo gli<br />
autori della ricerca sono stati documentati almeno 15<br />
tipi di proprietà antitumorali da estratti di origine entomologica,<br />
impiegabili contro il cancro al seno, al fegato, al colon, ai<br />
polmoni, alle ovaie, al pancreas, nonché esofageo, cervicale<br />
e leucemico. L’attività antitumorale si esprime da un lato<br />
attraverso un’azione diretta, ad esempio inibendo l’adesione<br />
delle cellule tumorali o rallentandone la migrazione, oppure<br />
interrompendo la proliferazione o inducendo apoptosi; dall’altro<br />
in maniera indiretta, per effetto delle proprietà antiossidanti,<br />
antinfiammatorie e immunomodulanti delle molecole estratte.<br />
Tra i composti che hanno guadagnato particolare attenzione<br />
vi sono cordycepin e cecropin, derivati dai bachi da seta, e<br />
cantharidin, originata dai blister (coleotteri che producono una<br />
sostanza tossica a scopo difensivo,). Per quest’ultima è stata<br />
sviluppata una variante sintetica poiché la versione naturale<br />
presenta alcuni effetti collaterali tossici. Secondo i ricercatori,<br />
anche l’insetto Eupolyphaga sinensis (uno scarafaggio senza ali<br />
dell’area occidentale cinese) è noto come medicina tradizionale<br />
antitumorale. Dagli studi condotti, i principi attivi responsabili<br />
dell’attività antitumorale sono un polisaccaride e una proteina<br />
denominata EPS72. Di recente, anche derivati di chitosano<br />
isolate da scarabeidi e mosche carnivore sono risultati efficaci<br />
contro i tumori.<br />
Non è detto comunque che gli insetti e i derivati indicati siano<br />
necessariamente i migliori nel loro campo. La scelta delle<br />
specie risulta infatti fortemente influenzata dalla tradizione<br />
locale e dalla disponibilità dell’ambiente. In Burkina Faso, ad<br />
esempio, il trattamento di 78 diverse malattie è affidato a soli 19<br />
insetti, mentre nel nord-est dell’India 12 specie di insetti curano<br />
un’ampia gamma di malattie sia negli umani che negli animali<br />
domestici e in Bangladesh il ventaglio di insetti per curare tosse,<br />
febbre, ustioni e malattie gastrointestinali è limitato a nove<br />
specie. Del migliaio di specie complessivamente descritte, 50<br />
sarebbero sufficienti a coprire l’intero ventaglio di condizioni<br />
mediche preso in considerazione.<br />
PRODURRE<br />
INSETTI<br />
SU SCALA<br />
INDUSTRIALE<br />
Sebbene potenzialmente efficace, l’utilizzo degli insetti per scopi<br />
medici su vasta scala è tutt’altro che semplice. Al momento,<br />
più del 90% degli insetti commestibili viene raccolto in natura<br />
mettendo sotto pressione le popolazioni selvatiche fino a metterne<br />
a rischio la sopravvivenza. Lo sfruttamento intensivo delle<br />
larve come risorsa anticancro, ad esempio, ha spinto sull’orlo<br />
dell’estinzione la farfalla fantasma cinese (nota per essere stata<br />
inserita nella dieta delle atlete cinesi detentrici di alcuni record<br />
mondiali) che vive solo in uno specifico altipiano del Tibet, tra i<br />
3.500 e i 5.000 metri. Anche le larve dei bruchi di bambù, come<br />
Omphisa fuscidentalis, sono minacciate dai metodi di raccolta<br />
tradizionale che prevedono l’abbattimento dell’intero cespuglio<br />
della pianta. Va anche considerato che questo fenomeno mette<br />
in pericolo tutte le altre specie legate a quella “medicale”, ad<br />
esempio eventuali predatori o le piante che vi si affidano per<br />
l’impollinazione.<br />
La raccolta degli animali in natura, peraltro, pone una serie di<br />
problematiche importanti, a iniziare dall’estrema variabilità della<br />
loro composizione, un ostacolo non trascurabile alla produzione<br />
standardizzata. A incidere sulle qualità curative degli insetti, oltre<br />
alla naturale variabilità tra individui, vi sono diversi fattori come<br />
40
makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />
la fase del ciclo vitale, il sesso, l’ora e il luogo della raccolta. Ad<br />
esempio, di Bombyx mori (la falena del baco da seta) può essere<br />
utilizzato in medicina solo il maschio adulto appena uscito dal<br />
bozzolo, cui devono essere asportate ali e zampe, mentre il<br />
momento migliore per raccogliere il coleottero Mylabris è il primo<br />
mese d’autunno, tra le spine di piante specifiche. In alcuni casi gli<br />
insetti non sono sempre disponibili. In Repubblica del Congo e in<br />
Uganda le locuste migratrici e le termini si trovano solo in alcuni<br />
mesi dell’anno.<br />
INSECT FARMING<br />
Rispetto all’uso alimentare, l’impiego degli insetti per scopi<br />
medicinali impone anche una serie di attenzioni aggiuntive<br />
che – in un contesto produttivo normato – potrebbero essere<br />
incompatibili con metodi di raccolta naturali. Gli animali raccolti<br />
sul campo, infatti, presentano spesso rischi per la salute perché le<br />
loro condizioni dipendono strettamente dalla qualità dell’ambiente<br />
in cui vivono. In un’area inquinata possono accumulare sostanze<br />
nocive come metalli pesanti, pesticidi, antibiotici e tossine, oppure<br />
possono trasformarsi in vettori di agenti patogeni.<br />
Per ovviare a parte di questi problemi molte specie vengono<br />
appositamente allevate, come le api del miele e i bachi da seta ma<br />
non sempre questo è possibile. Sembra che l’addomesticamento<br />
degli insetti risalga a 7.000 anni fa ma solo per alcune specie<br />
il passaggio alla cattività ha avuto successo: è il caso di grilli,<br />
vermi della farina e scarafaggi (è stato riportato che una fattoria<br />
nello Shandong, in Cina, produce 20 tonnellate di scarafaggi<br />
secchi all’anno). In alcuni casi è possibile ricorrere a un metodo<br />
intermedio: locuste, vespe e libellule vengono cresciute per una<br />
parte del loro ciclo vitale in condizioni controllate e poi liberate. In<br />
prospettiva, un’alternativa interessante potrebbe essere quella di<br />
identificare gli ingredienti attivi contenuti negli insetti e sviluppare<br />
metodi di sintesi industriale. Ad esempio, per ridurre la pressione<br />
sulle larve selvatiche di falena fantasma vengono ora ampiamente<br />
utilizzati gli estratti fermentati dei funghi Cordyceps sinensis.<br />
LINEE DI PRODUZIONE<br />
Tradizionalmente gli insetti medicinali venivano preparati<br />
semplicemente essiccandoli al sole e poi facendoli bollire<br />
o friggere prima dell’uso. Tuttavia questi metodi non<br />
sono sufficientemente igienici ed espongono i prodotti a<br />
contaminazione microbica. Con lo sviluppo dell’industria a scopo<br />
alimentare sono stati introdotti metodi più avanzati come la<br />
liofilizzazione, l’essiccazione in letti fluidi e la cottura in forno<br />
o a microonde. Per ottenere l’estrazione di proteine, lipidi e<br />
chitina vengono poi applicate tecniche di pressatura, estrazione<br />
assistita da ultrasuoni, plasma freddo e frazionamento a secco.<br />
Per ottenere prodotti medicinali, però, è necessaria un’ulteriore<br />
lavorazione per concentrare i componenti attivi. La progettazione<br />
dei flussi di lavoro, inoltre, deve essere estremamente precisa.<br />
Il successo dell’allevamento intensivo come risorsa medicinale<br />
dipende infatti dalla capacità di controllare con precisione le<br />
condizioni ambientali negli impianti di produzione. Aspetti come<br />
il bilancio energetico e di massa, la logistica e il tipo di processo<br />
adottato devono essere attentamente progettati fin dall’inizio<br />
per ottimizzare la resa garantendo nel contempo condizioni<br />
adatte alle esigenze degli insetti. A tal fine possono rivelarsi utili<br />
strumenti come l’analisi del ciclo di vita, i sistemi di modellazione<br />
e simulazione, la risk analysis e un approccio di “agricoltura di<br />
precisione”, basato sulla continua raccolta di dati e il monitoraggio<br />
in real time.<br />
Anche l’imballaggio gioca un ruolo chiave nel garantire qualità e<br />
sicurezza. Gli insetti ricchi di lipidi, infatti, rischiano facilmente di<br />
ossidarsi durante le fasi di lavorazione e stoccaggio, dando vita a<br />
sostanze potenzialmente tossiche. L’impiego di antiossidanti e di<br />
tecniche di confezionamento sottovuoto o in atmosfera protettiva<br />
si sono dimostrate efficaci per prevenire questo fenomeno. Anche<br />
un adeguato controllo dell’umidità può aiutare a inibire la crescita<br />
microbica, mantenendo intatte nel tempo le proprietà e l’attività<br />
degli insetti medicinali.<br />
Sebbene promettenti, prima che gli insetti diventino uno<br />
strumento efficace a disposizione dell’industria farmaceutica<br />
devono dunque essere risolti diversi problemi: sul lato clinico,<br />
con studi su larga scala che confermino efficacia e sicurezza<br />
sull’uomo di questi trattamenti, su quello ecologico, per evitare<br />
pressione sull’ambiente naturale e la competizione con la raccolta<br />
a scopo alimentare, e su quello produttivo, con soluzioni innovative<br />
che soddisfino le esigenze di un livello industriale garantendo la<br />
conformità alle restrittive norme del settore.<br />
pia<br />
41
VERSO L’ERA<br />
DELLA NUTRIZIONE<br />
PERSONALIZZATA<br />
L’era del one size fits all è finita anche in<br />
nutrizione. Grazie alle scienze omiche,<br />
supplementi, integratori, botanicals – ma<br />
anche i regimi alimentari – potranno<br />
essere adattati alle esigenze dei singoli<br />
individui<br />
Valentina Guidi<br />
Hellas Cena, professoressa universitaria, responsabile<br />
del Laboratorio di dietetica e nutrizione clinica presso il<br />
Dipartimento di sanità pubblica, medicina sperimentale<br />
e forense dell’Università degli studi di Pavia, nonché<br />
responsabile dell’Unità di nutrizione clinica ICS<br />
Maugeri (Irccs Pavia)<br />
Salute, benessere, bellezza:<br />
attraverso l’alimentazione<br />
ci prendiamo cura di<br />
molto più che del solo<br />
fabbisogno energetico. Gli<br />
alimenti contengono infatti<br />
molecole di grande valore<br />
che possono entrare a far<br />
parte della formulazione<br />
di farmaci, integratori<br />
e cosmetici o essere<br />
impiegate per fortificare<br />
prodotti alimentari. Oppure<br />
possono diventare il<br />
fulcro di diete specifiche<br />
che si trasformano in<br />
vere e proprie terapie<br />
per particolari condizioni<br />
cliniche. Questi sono solo<br />
alcuni degli argomenti che<br />
abbiamo affrontato con<br />
Hellas Cena, professoressa<br />
universitaria, responsabile<br />
del Laboratorio di dietetica<br />
e nutrizione clinica<br />
presso il Dipartimento di<br />
sanità pubblica, medicina<br />
sperimentale e forense<br />
dell’Università degli studi di<br />
Pavia, nonché responsabile<br />
dell’Unità di nutrizione<br />
clinica ICS Maugeri (Irccs<br />
42
makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />
Pavia) e più volte visiting<br />
professor presso la Harvard<br />
University.<br />
Si parla molto di<br />
nutraceutica e superfood:<br />
quando le molecole<br />
contenute negli alimenti<br />
possono essere definite<br />
funzionali?<br />
L’obiettivo principale<br />
dell’alimentazione è<br />
sopperire al nostro<br />
fabbisogno energetico<br />
e di principi nutritivi<br />
attraverso l’assunzione<br />
di macronutrienti – come<br />
carboidrati, proteine e<br />
lipidi – e di micronutrienti,<br />
cioè vitamine e sali<br />
minerali. Ma negli alimenti<br />
sono contenute anche<br />
molecole che vengono<br />
definite “non nutrienti”.<br />
Pur non contribuendo alla<br />
soddisfazione del nostro<br />
fabbisogno energetico, i<br />
non nutrienti sono molecole<br />
funzionali, svolgono<br />
cioè delle funzioni molto<br />
importanti per la nostra<br />
salute. Pensiamo ad<br />
esempio ai polifenoli o<br />
alla lattoferrina, molecole<br />
dagli effetti antiossidanti e<br />
antinfiammatori ampiamente<br />
dimostrati, la prima di<br />
origine vegetale, la seconda<br />
animale. Il consumo di<br />
alimenti, quindi, garantisce<br />
l’assunzione di più tipologie<br />
di nutrienti e molecole<br />
bioattive che spesso<br />
hanno azioni sinergiche a<br />
favore della nostra salute,<br />
soprattutto se la dieta è<br />
equilibrata.<br />
“<br />
I non nutrienti<br />
sono molecole<br />
funzionali,<br />
svolgono cioè<br />
delle funzioni<br />
molto importanti<br />
per la nostra<br />
salute<br />
In questo senso possono<br />
aiutarci i nutraceutici.<br />
Si tratta di una moda<br />
passeggera oppure è un<br />
nuovo approccio destinato<br />
a entrare nelle nostre<br />
abitudini?<br />
Sicuramente al momento<br />
la nutraceutica è di moda,<br />
ma è molto più di questo. Gli<br />
integratori sono un nuovo<br />
modo per raggiungere<br />
salute e benessere – anche<br />
quando la dieta non è<br />
sufficiente – che prevedo<br />
prenderà sempre più<br />
piede nel prossimo futuro<br />
per diversi motivi. Uno è<br />
certamente economico:<br />
quello dei nutraceutici<br />
è un grande business e<br />
promette di diventarlo<br />
sempre di più. Tuttavia<br />
vi sono anche ragioni<br />
collegate alla sostenibilità<br />
ambientale. I processi di<br />
estrazione di molecole con<br />
valore nutraceutico possono<br />
infatti essere applicati<br />
efficacemente agli scarti,<br />
soprattutto a quelli della<br />
filiera agroalimentare. In<br />
questo modo si possono<br />
estrarre molecole attive<br />
da utilizzare in prodotti<br />
alimentari, cosmetici,<br />
farmaceutici o anche nel<br />
packaging, andando di<br />
pari passo con i principi<br />
dell’economia circolare e<br />
alleggerendo così l’impatto<br />
ambientale di una filiera<br />
che è al primo posto nella<br />
produzione di anidride<br />
carbonica.<br />
Vi è poi una ragione sociale:<br />
la popolazione italiana è<br />
sempre più anziana e, in<br />
quanto tale, ha bisogni<br />
nutrizionali specifici. Questi<br />
bisogni sono spesso difficili<br />
da soddisfare per diversi<br />
motivi, dal costo elevato degli<br />
alimenti con maggiore valore<br />
“<br />
La popolazione<br />
italiana è sempre<br />
più anziana<br />
e, in quanto<br />
tale, ha bisogni<br />
nutrizionali<br />
specifici<br />
nutrizionale, come pesce,<br />
frutta e verdura di qualità,<br />
alla difficoltà nel cambiare<br />
abitudini in età avanzata.<br />
Evitare la malnutrizione in<br />
questa fascia di popolazione<br />
è particolarmente<br />
importante per favorire<br />
un livello di benessere<br />
più elevato e mantenere<br />
uno stato nutrizionale<br />
adeguato. In questo modo<br />
viene anche favorito il<br />
raggiungimento di una<br />
maggiore resilienza che può<br />
ridurre l’impatto di malattie<br />
cronico degenerative ma<br />
anche infettive, come la<br />
pandemia di Covid-19 ha<br />
tristemente dimostrato,<br />
ed evitare il sovraccarico<br />
del Sistema sanitario<br />
nazionale. In generale, le<br />
fasce di popolazione a cui la<br />
nutraceutica può portare un<br />
vero valore aggiunto sono<br />
quelle fragili: pensiamo<br />
quindi anche all’età<br />
evolutiva, sempre più colpita<br />
dal problema dell’obesità<br />
infantile, con pattern dietetici<br />
poco bilanciati e poveri da un<br />
punto di vista nutrizionale.<br />
Infine c’è un’importante<br />
motivazione scientifica: il<br />
mercato degli integratori<br />
oggi è molto, forse troppo<br />
variegato. Si passa dalle<br />
vitamine alle proteine, dai<br />
fitoterapici ai microrganismi,<br />
senza una legislazione<br />
che obblighi a dimostrare<br />
l’efficacia dei preparati o la<br />
presenza di potenziali effetti<br />
avversi. Si rendono quindi<br />
necessari un maggiore<br />
rigore scientifico nel rinnovo<br />
dei metodi estrattivi e nelle<br />
43
icerche sul prodotto e<br />
una maggiore chiarezza<br />
nella classificazione. Ad<br />
esempio sarebbe utile<br />
distinguere più nettamente<br />
tra un supplemento come<br />
il ferro, la cui assunzione è<br />
necessaria in condizioni di<br />
carenza, e un integratore<br />
come un antiossidante, che<br />
mira invece a migliorare<br />
la funzionalità generale<br />
dell’organismo. Senza<br />
dimenticare le molecole<br />
bioattive come i fitoestratti,<br />
in alcuni casi veri e propri<br />
principi attivi con azione<br />
terapeutica.<br />
Le molecole funzionali<br />
possono quindi avere anche<br />
un’azione terapeutica<br />
e rientrare nella<br />
formulazione di farmaci?<br />
Certo. Pensiamo ad<br />
esempio alla melatonina<br />
o alla vitamina D. A bassi<br />
dosaggi questi composti<br />
sono considerati integratori<br />
alimentari che possiamo<br />
acquistare anche al<br />
supermercato, mentre a<br />
dosaggi più elevati sono<br />
farmaci. Il limite del<br />
dosaggio è comunque una<br />
discriminante piuttosto<br />
labile per distinguere tra<br />
ciò che è farmaco e ciò<br />
che non lo è, visto che<br />
varia in base al Paese che<br />
prendiamo in considerazione.<br />
Un confine più marcato<br />
è invece quello stabilito<br />
dagli studi clinici che<br />
valutano la biodisponibilità<br />
di un composto, oltre che<br />
l’efficacia e la comparsa<br />
di effetti avversi in base<br />
al dosaggio e ai tempi di<br />
“<br />
La dieta può<br />
svolgere azioni<br />
terapeutiche o<br />
coadiuvanti la<br />
terapia<br />
somministrazione. È il caso<br />
della curcumina, le cui note<br />
proprietà farmacologiche<br />
faticano a esprimersi<br />
nell’uomo a meno che non<br />
sia coniugata con altre<br />
molecole che le permettono<br />
di arrivare alla cellula e<br />
svolgere la propria azione.<br />
Infine anche la dieta può<br />
svolgere azioni terapeutiche<br />
o coadiuvanti la terapia,<br />
specialmente laddove ci<br />
sia ancora molto da fare<br />
e poco da proporre ai<br />
pazienti affetti da malattie<br />
non trasmissibili, come<br />
quelle neurodegenerative.<br />
Un esempio è la Mind Diet<br />
elaborata da Martha Morris,<br />
ex direttrice della Sezione di<br />
nutrizione ed epidemiologia<br />
nutrizionale presso il<br />
Dipartimento di medicina<br />
interna del Rush University<br />
medical center di Chicago<br />
che, dopo venti anni di studio<br />
sul morbo di Alzheimer, ha<br />
messo a punto una dieta<br />
che fonde alcuni elementi<br />
di quella mediterranea<br />
con altri della dieta Dash<br />
(Dietary approaches to<br />
stop hypertension), con<br />
particolare attenzione ad<br />
alimenti contenenti vitamine<br />
del gruppo B, antiossidanti<br />
di origine vegetale e omega<br />
3. Studi scientifici hanno<br />
dimostrato che questa dieta<br />
permette una importante<br />
riduzione del rischio<br />
di Alzheimer, con una<br />
proporzionalità tra la sua<br />
efficacia e il rigore con cui<br />
viene seguita.<br />
Quali sono gli sviluppi futuri<br />
di una branca promettente<br />
come quella della<br />
nutraceutica?<br />
Il futuro della nutraceutica<br />
è ricco di possibilità. Il suo<br />
processo di diffusione è<br />
stato lento perché ci è voluto<br />
molto tempo per capire che<br />
una dieta davvero bilanciata<br />
è difficile da seguire,<br />
specialmente per alcuni<br />
target. Ora però, in un mondo<br />
“<br />
Vige la necessità<br />
di coniugare la<br />
produzione di<br />
sempre maggiori<br />
quantità di cibo<br />
con la qualità<br />
nutrizionale e<br />
con la riduzione<br />
dell’impatto<br />
ambientale<br />
sempre più popoloso, in cui<br />
vige la necessità di coniugare<br />
la produzione di sempre<br />
maggiori quantità di cibo<br />
con la qualità nutrizionale e<br />
con la riduzione dell’impatto<br />
ambientale della filiera<br />
alimentare, la nutraceutica<br />
diventa una interessante via<br />
da esplorare.<br />
Inoltre, una dieta equilibrata<br />
con l’eventuale aggiunta di<br />
nutraceutici può aiutarci<br />
a combattere una delle<br />
più attuali problematiche<br />
di salute globale:<br />
l’antimicrobicoresistenza.<br />
Alimentarsi correttamente<br />
significa infatti anche<br />
aiutare il nostro sistema<br />
immunitario a contrastare le<br />
infezioni e a ridurre quindi<br />
la necessità di assumere<br />
antibiotici.<br />
Il tutto, infine, va considerato<br />
in un’ottica di medicina e<br />
nutrizione personalizzata,<br />
poiché la regola one fits all<br />
anche in nutrizione è ormai<br />
superata. Il fabbisogno<br />
energetico e di nutrienti di<br />
una persona varia infatti in<br />
base al sesso, all’età, allo<br />
stato di salute, allo stile di<br />
vita, a volte addirittura alla<br />
stagione, e la scelta degli<br />
alimenti è influenzata anche<br />
da fattori culturali, religiosi,<br />
geografici e legati alle<br />
tradizioni. Allo stesso tempo<br />
anche gli integratori saranno<br />
sempre più precisi: grazie<br />
all’ausilio delle cosiddette<br />
scienze omiche sarà infatti<br />
possibile formulare prodotti<br />
di qualità sempre più elevata,<br />
sempre più efficaci e sempre<br />
più mirati a soddisfare<br />
esigenze specifiche.<br />
44
PILOT IS<br />
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24-26 October <strong>2023</strong><br />
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Monica Torriani<br />
QUANDO SI PARLA DI NOVEL<br />
FOOD, LA CRITICITÀ PRINCIPALE<br />
È LA SICUREZZA. NON TUTTI<br />
GLI ALIMENTI DI RECENTE<br />
INTRODUZIONE, COMUNQUE, SONO<br />
NUOVI ALLO STESSO MODO<br />
Il concetto di novel food<br />
è legato all’esigenza di<br />
ottenere cibo nutriente a<br />
basso costo e tenere sotto<br />
controllo aspetti della<br />
salute pubblica messi a<br />
rischio dai fenomeni di<br />
globalizzazione. Da un<br />
lato abbiamo bisogno di<br />
nuovi alimenti, a maggiore<br />
sostenibilità economica e<br />
ambientale, per sfamare<br />
il pianeta. Dall’altro,<br />
dobbiamo monitorare<br />
l’introduzione, frutto<br />
delle sempre più capillari<br />
contaminazioni socioculturali,<br />
di nuove abitudini<br />
alimentari prevenienti da<br />
Paesi extra-UE.<br />
In questo quadro, lo<br />
strumento normativo<br />
assume un ruolo centrale.<br />
Paola Minghetti, docente<br />
di tecnologia e legislazione<br />
farmaceutica presso<br />
l’Università degli Studi di<br />
Milano, ci ha aiutato a fare<br />
luce sugli aspetti regolatori<br />
di un gruppo di prodotti<br />
tanto vasto ed eterogeneo<br />
come quello degli alimenti.<br />
Professoressa Minghetti,<br />
cosa si intende per novel<br />
food?<br />
Rientrano nella categoria<br />
dei novel food tutti quei<br />
Paola Minghetti, docente di tecnologia e legislazione<br />
farmaceutica presso l’Università degli Studi di Milano<br />
prodotti e sostanze<br />
alimentari privi di storia di<br />
consumo “significativo” al<br />
15 maggio 1997 in UE, data<br />
in cui è entrato in vigore<br />
il primo regolamento in<br />
materia, che ha stabilito<br />
con il passato una linea<br />
di demarcazione. L’idea<br />
alla base della normativa<br />
è che gli alimenti debbano<br />
essere sicuri e la sicurezza<br />
è normalmente garantita<br />
dalla tradizione d’uso.<br />
Ne sono esempi tutti gli<br />
alimenti che arrivano<br />
quotidianamente sulla<br />
nostra tavola. Laddove non<br />
c’è una tradizione d’uso<br />
a favore della sicurezza,<br />
bisogna dimostrarla. Qui<br />
nasce il concetto di novel<br />
food: l’alimento nuovo<br />
deve dimostrare di essere<br />
46
makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />
sicuro, cosa tutt’altro che<br />
banale, perché dimostrare<br />
che lo sia significa spesso<br />
effettuare studi ampi e<br />
costosi. Questa è una<br />
delle ragioni per cui<br />
l’introduzione di novel<br />
food è una pratica spesso<br />
costosa, appannaggio di<br />
gruppi industriali dotati di<br />
grande capacità economica.<br />
Perché è così interessante<br />
il novel food?<br />
Perché abbiamo bisogno, a<br />
livello mondiale, di nuove<br />
tipologie di alimenti per<br />
garantire una nutrizione<br />
adeguata a tutte le<br />
popolazioni. Dall’altra parte,<br />
il novel food è interessante<br />
anche dal punto di vista<br />
dell’ottenimento di nuovi<br />
prodotti alimentari con<br />
funzionalità peculiari, ad<br />
esempio alcuni estratti<br />
di piante e frutti, che<br />
possono entrare nella<br />
composizione degli<br />
integratori alimentari. Non<br />
dimentichiamoci, infatti, che<br />
l’integratore alimentare è<br />
una sottospecie di alimento<br />
e, come tale, fra i suoi<br />
ingredienti non è possibile<br />
inserire componenti<br />
che non rientrino nella<br />
tradizione d’uso o nel novel<br />
food.<br />
Quali prodotti sono<br />
compresi nella<br />
macrocategoria del novel<br />
food?<br />
In questo ambito<br />
possiamo distinguere<br />
due macrocategorie: la<br />
prima include i prodotti<br />
destinati alla comune<br />
alimentazione e la seconda,<br />
un po’ più sofisticata e di<br />
nicchia, alla produzione di<br />
integratori. Fra gli elementi<br />
di questo secondo gruppo<br />
mi vengono in mente i<br />
fitosteroli vegetali, che sono<br />
entrati a far parte della<br />
composizione di yogurt<br />
e burri. L’introduzione di<br />
questo secondo genere di<br />
novel food non persegue<br />
lo scopo di fornire<br />
calorie o aumentare la<br />
capacità alimentare della<br />
popolazione che ne fa<br />
uso, piuttosto quello di<br />
ottenere benefici aggiuntivi<br />
per la salute. Dal punto di<br />
vista normativo, i prodotti<br />
vengono categorizzati sulla<br />
base della novità, quale<br />
essa sia: un alimento può<br />
essere novel food perché di<br />
nuova introduzione come<br />
tale (pensiamo ai prodotti<br />
che derivano dalle alghe)<br />
oppure perché ottenuto<br />
attraverso l’applicazione<br />
di tecnologie innovative<br />
(ad esempio, sostanze di<br />
uso comune che vengono<br />
modificate mediante<br />
interventi enzimatici) o con<br />
modalità estrattive diverse<br />
da quelle tradizionali<br />
(che possono portare<br />
all’estrazione di composti<br />
tossici).<br />
A quest’ultima categoria<br />
appartengono alcuni<br />
derivati vegetali, come<br />
il frutto della morinda<br />
[Morinda citrifolia, ndr],<br />
una pianta che in Europa<br />
non aveva tradizione<br />
d’uso ed è pertanto stata<br />
sottoposta all’iter previsto<br />
per i candidati novel food<br />
e in seguito utilizzata nella<br />
produzione di succhi e<br />
integratori. Ricordiamo, poi,<br />
le nuove farine proteiche<br />
non derivanti da fonti<br />
animali classiche come<br />
quelle a cui siamo abituati:<br />
anche in questo caso, non<br />
rientrando nelle categorie<br />
note per tradizione d’uso,<br />
devono essere sottoposte<br />
alla trafila del novel food.<br />
Nella richiesta della<br />
qualifica di novel food pesa<br />
molto il fatto che la fonte<br />
alimentare sia già in uso<br />
in Paesi extra-UE ed esista<br />
quindi uno storico.<br />
In questi casi, la mole<br />
di dati richiesti da<br />
Efsa [European food<br />
safety agency, l’autorità<br />
competente per la<br />
valutazione della sicurezza<br />
alimentare, ndr] ai fini<br />
valutativi sarà inferiore,<br />
mentre sarà superiore se<br />
non è mai stata in uso in<br />
nessun Paese. Il primo<br />
caso è quello degli insetti,<br />
alimento nuovo in Europa<br />
ma con una certa tradizione<br />
d’uso in altri continenti.<br />
Efsa sta progressivamente<br />
effettuando una valutazione<br />
in base alla tipologia; per<br />
alcuni elementi ha già<br />
espresso parere favorevole,<br />
tanto è vero che determinati<br />
alimenti derivati dagli<br />
insetti possono già<br />
essere utilizzati a scopo<br />
alimentare.<br />
La prima normativa, che<br />
risale al 1997, è stata<br />
sostituita e abrogata<br />
dal Regolamento (UE)<br />
2283/2015: quali sono<br />
le novità sostanziali<br />
introdotte?<br />
Efsa nasce come Agenzia<br />
della sicurezza alimentare.<br />
Nel tempo, si è però<br />
cominciato a considerare<br />
l’alimento non solo dal<br />
punto di vista della<br />
sicurezza, ma anche<br />
dell’efficacia nutrizionale,<br />
intendendo come alimento<br />
la categoria più ampia che<br />
comprende gli integratori<br />
alimentari, gli alimenti per<br />
special group, alimenti<br />
addizionati e via dicendo.<br />
Ciò ha comportato che<br />
Efsa estendesse la sua<br />
attività alla valutazione<br />
dell’efficacia nutrizionale,<br />
anche per rispondere<br />
alle aumentate richieste<br />
sociali in merito. E ha<br />
portato a una revisione<br />
del Regolamento vigente.<br />
Va anche detto che la<br />
nuova normativa non è<br />
uno stravolgimento ma<br />
un aggiustamento del<br />
Regolamento precedente,<br />
che ha semplificato alcune<br />
procedure per l’ottenimento<br />
della qualifica di novel<br />
food e chiarito alcuni<br />
aspetti in merito alla tutela<br />
del dato. Quest’ultimo<br />
punto è particolarmente<br />
importante: le aziende<br />
continueranno a investire<br />
nello sviluppo di novel food<br />
solo se potranno contare<br />
sulla protezione dei loro<br />
dati.<br />
47
Le istituzioni hanno un bel<br />
daffare nell’inseguire le<br />
evoluzioni della società,<br />
che è già oltre gli insetti<br />
e va verso le colture<br />
cellulari: a che punto è la<br />
normativa su questo tema?<br />
Il Regolamento sul novel<br />
food è, a mio parere,<br />
sufficiente per permetterci<br />
di affrontare tutte le<br />
possibili novità che possono<br />
emergere in questi campi.<br />
Si tratta, infatti, di un<br />
framework generale che<br />
disciplina tutti gli alimenti<br />
nuovi. Il punto stressato<br />
da queste nuove sfide<br />
scientifiche, invece, riguarda<br />
la tipologia dei dati che<br />
devono essere richiesti in<br />
sede di valutazione.<br />
Ai fini della dimostrazione<br />
di sicurezza occorre che<br />
il regolatore chieda solo e<br />
soltanto quelli necessari,<br />
nulla di più e nulla di meno<br />
di questo. Il legislatore deve<br />
infatti tutelare la sicurezza<br />
del cittadino senza gravare<br />
più di quanto è necessario<br />
sui costi che le aziende<br />
devono sostenere. Costi che,<br />
in definitiva, finirebbero<br />
per ricadere sui cittadini.<br />
Dall’altro lato, se i dati<br />
richiesti da Efsa sono<br />
inferiori a quelli necessari<br />
per definire la sicurezza<br />
del prodotto, potrebbero<br />
nascere problemi di<br />
sicurezza. A mio parere,<br />
quindi, il problema non<br />
riguarda la norma primaria<br />
(ovvero il Regolamento<br />
comunitario) ma aspetti<br />
quali i dati che le aziende<br />
sono tenute a fornire,<br />
i criteri di valutazione<br />
del dossier che devono<br />
presentare per ottenere<br />
la qualifica di novel food.<br />
Da questi punti di vista,<br />
ecco che ogni innovazione<br />
richiede una valutazione<br />
specifica. Come vede,<br />
l’approccio al novel food<br />
implica la necessità di<br />
tenere conto di tanti<br />
fattori: dalla sostenibilità<br />
ambientale a quella<br />
economica, fino al bisogno<br />
di ottenere nuove fonti<br />
proteiche che ci permettano<br />
di ampliare la gamma di<br />
alimenti disponibili.<br />
DEFINIZIONE NORMATIVA DI NOVEL FOOD<br />
In accordo all’art. 3, comma 2 del Regolamento UE 2283/2015, “nuovo alimento è<br />
qualunque alimento non utilizzato in misura significativa per il consumo umano<br />
nell’Unione prima del 15 maggio 1997 a prescindere dalla data di adesione all’Unione<br />
degli Stati membri” che:<br />
abbia una struttura molecolare nuova o volutamente modificata;<br />
sia costituito, isolato o prodotto da microorganismi, funghi, alghe o da materiali di<br />
origine minerale o da piante o parti di piante, o da animali o parti di animali o da<br />
colture cellulari;<br />
risulti da un nuovo processo di produzione che comporti cambiamenti sui valori<br />
nutrizionali, sul metabolismo, sul tenore delle sostanze indesiderabili;<br />
sia costituito da nanomateriali ingegnerizzati;<br />
sia ricompreso nella categoria delle vitamine o dei minerali;<br />
sia utilizzato esclusivamente in integratori alimentari se destinati a uso diverso.<br />
48
SIAMO CIÒ CHE<br />
MANGIAMO<br />
Monica Torriani<br />
Come la nutraceutica può<br />
supportare la prevenzione<br />
e la cura delle malattie<br />
e quali sono i più<br />
interessanti composti di<br />
recente sviluppo<br />
Arrigo Cicero, professore associato presso l’Università Alma Mater Studiorium di Bologna e presidente della Società<br />
italiana di nutrizione (SINut)<br />
I media stanno<br />
dedicando, oggi come<br />
in nessun’altra epoca<br />
passata, grande attenzione<br />
all’alimentazione.<br />
Le ragioni sono numerose<br />
e valide: il sovraffollamento<br />
del Pianeta pone un<br />
tema rilevante di povertà<br />
alimentare, la qualità<br />
della dieta è sempre<br />
più penalizzata dal<br />
deterioramento del<br />
contesto socio-economico,<br />
la produzione del cibo è<br />
strettamente connessa al<br />
tema dell’inquinamento<br />
ambientale.<br />
Dagli alimenti derivano,<br />
tuttavia, molti fondamentali<br />
elementi di salute<br />
e benessere, che la<br />
nutraceutica può aiutarci<br />
a impiegare in maniera<br />
scientifica e sicura e dai<br />
quali possiamo partire per<br />
raddrizzare la rotta.<br />
Ne abbiamo parlato con<br />
Arrigo Cicero, professore<br />
associato presso<br />
l’Università Alma Mater<br />
Studiorium di Bologna e<br />
presidente della Società<br />
italiana di nutrizione<br />
(SINut).<br />
L’esigenza di rendere<br />
l’alimentazione umana<br />
più sostenibile sta<br />
focalizzando l’attenzione<br />
sul novel food: possiamo<br />
aspettarci che possano<br />
anche contribuire a una<br />
maggiore sostenibilità<br />
dell’assistenza sanitaria?<br />
Credo fortemente di sì,<br />
anche se la risposta<br />
alla sua domanda<br />
dipende molto da cosa<br />
intendiamo per novel<br />
food. Se ci limitiamo<br />
all’accezione stretta,<br />
che coincide con quella<br />
regolatoria, dobbiamo<br />
50
makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />
considerare l’esistenza<br />
dei fattori limitanti legati<br />
all’introduzione di nuovi<br />
alimenti sviluppati per<br />
avere delle proprietà<br />
specifiche. Tali alimenti<br />
potranno quindi avere costi<br />
relativamente importanti<br />
per la popolazione generale<br />
ed essere associati ad altri<br />
problemi, non ultimo quello<br />
della palatabilità. Inoltre,<br />
i novel food (soprattutto<br />
quando sono molto “novel”)<br />
richiedono un attento<br />
monitoraggio dal punto<br />
di vista della sicurezza<br />
d’impiego, dell’allergenicità<br />
e di tutti i parametri che<br />
sono tipici del setting di<br />
utilizzo routinario al di là<br />
dell’ambito sperimentale.<br />
In linea di massima,<br />
dunque, i novel food<br />
potranno contribuire ad<br />
aumentare la sostenibilità<br />
delle cure, soprattutto<br />
per quanto riguarda la<br />
componente proteica, ma<br />
ciò richiederà tempo.<br />
Nell’ottica, invece, di<br />
alimentazione funzionale<br />
(mi riferisco ad esempio<br />
agli alimenti arricchiti)<br />
e integrazione specifica,<br />
esistono già evidenze che<br />
supportano interventi<br />
sui fattori di rischio per<br />
malattia o condizioni<br />
patologiche che ne<br />
riducono l’impatto sul<br />
sistema sanitario nazionale.<br />
In questa prospettiva,<br />
potremmo pensare ad<br />
esempio di ottenere una<br />
riduzione maggiore della<br />
“<br />
I novel food<br />
potranno<br />
contribuire anche<br />
ad aumentare<br />
la sostenibilità<br />
delle cure,<br />
soprattutto per<br />
la componente<br />
proteica, ma ciò<br />
richiederà tempo<br />
colesterolemia, così come<br />
la riduzione di qualche<br />
millimetro di mercurio<br />
della pressione arteriosa<br />
nella popolazione generale<br />
utilizzando alimenti<br />
funzionali o integratori.<br />
Spostandoci nell’ambito<br />
della patologia, un<br />
obiettivo potrebbe essere<br />
rappresentato dalla<br />
prevenzione e attenuazione<br />
della sarcopenia, un<br />
fenomeno in forte<br />
diffusione nel nostro Paese<br />
sia a causa dell’aspettativa<br />
di vita molto elevata, sia<br />
per lo scadimento generale<br />
della qualità media della<br />
dieta in funzione anche<br />
della crisi economica e dei<br />
processi di globalizzazione<br />
spinta.<br />
La nutraceutica potrebbe<br />
avere un ruolo di supporto<br />
più incisivo nella gestione<br />
di alcuni unmet needs,<br />
come la patologia<br />
psichiatrica e le malattie<br />
infiammatorie croniche?<br />
In parte. Alcune condizioni<br />
specifiche ben codificate<br />
sono più facilmente<br />
aggredibili con approccio<br />
nutraceutico: un caso tipico<br />
è quello, già citato, dei<br />
parametri cardiometabolici,<br />
relativamente ai quali<br />
esistono marcatori<br />
misurabili. Per quanto<br />
riguarda, invece, la<br />
patologia psichiatrica,<br />
la nutraceutica<br />
può intervenire<br />
prevalentemente<br />
prevenendo le carenze di<br />
micronutrienti e agendo<br />
su alcune componenti<br />
sintomatologiche (come<br />
l’insonnia e l’astenia).<br />
Per quanto riguarda la<br />
componente ansiosodepressiva<br />
in quanto<br />
tale, siamo ancora<br />
abbastanza indietro, se<br />
non per quanto riguarda il<br />
supporto alla gestione della<br />
sintomatologia nelle forme<br />
più lievi.<br />
In merito alle patologie<br />
infiammatorie è possibile<br />
considerare interventi di<br />
tipo nutraceutico, anche<br />
se si tratta di un gruppo<br />
eterogeneo di malattie,<br />
con caratteristiche diverse<br />
e differenti risposte<br />
all’approccio nutraceutico.<br />
Inoltre, la patologia<br />
infiammatoria è fortemente<br />
condizionata dal pattern<br />
dietetico-comportamentale<br />
globale. È possibile inserire<br />
la componente nutraceutica<br />
nel quadro generale<br />
della malattia ma rimane<br />
necessario intervenire<br />
sulle sue basi. Per essere<br />
chiari, se il paziente<br />
assume una dieta proinfiammatoria<br />
(come può<br />
esserlo un’alimentazione<br />
ad alto indice glicemico<br />
e caratterizzata da una<br />
forte presenza di alimenti<br />
ultraprocessati) qualunque<br />
intervento nutraceutico<br />
si compia nella direzione<br />
della riduzione del carico<br />
infiammatorio rischia di<br />
essere inutile. Migliorando<br />
lo standard dieteticocomportamentale<br />
con una<br />
dieta di per sé ricca in<br />
nutraceutici antiossidanti,<br />
antinfiammatori e<br />
caratterizzata da un basso<br />
indice glicemico medio,<br />
allora la supplementazione<br />
con un nutraceutico può<br />
incrementare l’efficacia<br />
dello stile di vita salutare.<br />
Negli ultimi anni la<br />
ricerca ha prodotto dati<br />
interessanti sui peptidi<br />
bioattivi: con quali<br />
prospettive di impiego?<br />
Di recente si sono aperte<br />
molte linee di ricerca sui<br />
peptidi bioattivi, composti<br />
che possono avere diversa<br />
51
origine. Vi sono peptidi<br />
bioattivi di derivazione<br />
vegetale, ittica, derivati<br />
dalla carne rossa, ai quali<br />
sono stati attribuiti diversi<br />
effetti sulla salute umana<br />
che spaziano piuttosto<br />
ampiamente dall’effetto<br />
ipocolesterolemizzante a<br />
quello antinfiammatorio, a<br />
quello immunostimolante e<br />
addirittura alla prevenzione<br />
della genesi di mutazioni<br />
potenzialmente alla base<br />
dello sviluppo di tumori.<br />
Tuttavia, la maggior parte<br />
della letteratura oggi<br />
disponibile è basata su<br />
studi condotti in modelli<br />
sperimentali (in vitro e nel<br />
modello animale); un’esigua<br />
percentuale di ricerche è<br />
stata realizzata nell’uomo<br />
e, soprattutto, sono pochi<br />
gli studi di lunga durata. Un<br />
secondo problema è legato<br />
al fatto che la maggior<br />
parte dei peptidi bioattivi<br />
prevede un processo di<br />
produzione estremamente<br />
costoso. Per giustificarne<br />
l’utilizzo, dunque, occorrerà<br />
supportare la loro<br />
dimostrazione di efficacia<br />
con molta più letteratura<br />
clinica.<br />
Di recente è stato osservato<br />
un certo interesse nei<br />
confronti di botanicals<br />
caratteristici della macchia<br />
mediterranea: si aprono<br />
nuove opportunità per<br />
il mercato italiano degli<br />
integratori?<br />
Potenzialmente sì,<br />
considerando tuttavia<br />
che esistono pro e<br />
“<br />
In tema di<br />
bioattivi, la<br />
maggior parte<br />
della letteratura<br />
oggi disponibile<br />
è basata su<br />
studi condotti<br />
in modelli<br />
sperimentali<br />
contro. Sicuramente, la<br />
letteratura scientifica<br />
supporta l’impiego dei<br />
nutraceutici derivati da<br />
piante quali il bergamotto e<br />
il melograno. In particolare,<br />
a essere supportati da<br />
evidenze scientifiche<br />
sono i nutraceutici<br />
standardizzati in frazione<br />
polifenolica (per quanto<br />
riguarda il bergamotto)<br />
e in acido ellagico (per<br />
il melograno). Tuttavia,<br />
per ottenere un’efficacia<br />
misurabile è necessario<br />
disporre di una capacità<br />
tecnica di estrazione e<br />
standardizzazione molto<br />
importante che impatta<br />
significativamente anche<br />
sui costi del prodotto finale.<br />
Esiste poi un problema di<br />
reperibilità della materia<br />
prima. Sia per quanto<br />
riguarda il bergamotto che<br />
per il melograno, le zone<br />
di coltivazione su terreno<br />
dove tali specie crescono<br />
spontaneamente sono<br />
limitate ad aree piuttosto<br />
ristrette della macchia<br />
mediterranea italiana:<br />
il rischio, già evidente,<br />
è che molta materia<br />
prima provenga da Paesi<br />
mediterranei extra-Italia e<br />
abbia pertanto una diversa<br />
caratterizzazione in principi<br />
attivi. In generale, questi<br />
nutraceutici sono molto<br />
interessanti, a patto di<br />
riuscire a incrementarne la<br />
coltivazione.<br />
A suo parere la<br />
supplementazione<br />
alimentare viene in<br />
generale effettuata<br />
correttamente?<br />
Tendenzialmente no, per<br />
due motivi principali. Il<br />
primo è legato al fatto<br />
che in Italia domina la<br />
tendenza a effettuare cicli<br />
“<br />
Non tutti<br />
gli operatori<br />
sanitari sono<br />
in grado di<br />
distinguere<br />
i prodotti di<br />
elevata qualità<br />
da quelli più<br />
generalisti<br />
di trattamento anche in<br />
presenza di condizioni<br />
croniche anziché ricorrere<br />
a un’assunzione continuata.<br />
L’esempio classico è<br />
costituito dai fleboprotettori,<br />
che tipicamente vengono<br />
assunti al cambio di<br />
stagione o comunque a cicli<br />
di tre mesi. Un fenomeno<br />
analogo si verifica per<br />
i condroprotettori. La<br />
gestione non appropriata<br />
del problema è legata<br />
spesso alla volontà di non<br />
creare un carico economico<br />
eccessivo sul paziente.<br />
Ma così facendo si corre il<br />
rischio che l’investimento<br />
sull’integratore venga<br />
bruciato. Il secondo motivo<br />
dipende dal fatto che non<br />
tutti gli operatori sanitari<br />
sono in grado, anche per<br />
questioni di formazione<br />
culturale, di distinguere<br />
prodotti selezionati per<br />
determinate caratteristiche<br />
(elevata qualità, elevata<br />
titolazione in principio<br />
attivo, lavorazione di tipo<br />
farmaceutico) rispetto a<br />
prodotti più generalisti.<br />
Questo fa sì che anche il<br />
consumatore venga un po’<br />
disorientato dal confronto<br />
con quello che trova nel<br />
mass market oppure online,<br />
contesti dove il criterio<br />
che guida l’acquisto è<br />
più frequentemente la<br />
convenienza economica,<br />
anche a scapito della<br />
qualità. Il professionista<br />
che suggerisce o prescrive<br />
integratori dovrebbe<br />
pertanto essere molto<br />
motivante anche dal punto<br />
di vista della qualità.<br />
52
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agroalimentare,<br />
mito o possibilità?<br />
Siamo pronti a “digerire”<br />
le innovazioni tecnologiche<br />
in campo alimentare e<br />
siamo in grado di farlo<br />
per proteggere il pianeta?<br />
Parlarne è come aprire un<br />
vaso di Pandora che libera<br />
preconcetti, disinformazione<br />
e mancanza di cultura<br />
scientifica<br />
Giulio Divo<br />
54
makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />
Il concetto di sostenibilità<br />
è uno dei più controversi di<br />
questi ultimi anni. La parola<br />
stessa – sostenibilità<br />
– è nobilissima nelle<br />
intenzioni ma anche<br />
gravata da una serie di<br />
equivoci che impediscono<br />
di comprenderne le<br />
implicazioni di carattere<br />
non solo produttivo ed<br />
economico, ma anche<br />
quelle correlate alle<br />
trasformazioni culturali, di<br />
consumo e di approccio alle<br />
innovazioni tecnologiche.<br />
I temi della sostenibilità<br />
riguardano ogni settore<br />
industriale. Dalla<br />
produzione energetica alla<br />
mobilità, fino a toccare<br />
l’alimentazione che, come<br />
sappiamo molto bene noi<br />
in Italia, è anche un fatto<br />
identitario, come testimonia<br />
la dicitura data al nuovo<br />
ministero dell’Agricoltura,<br />
che comprende anche<br />
sovranità alimentare<br />
(e foreste). È in questo<br />
scenario che si inserisce<br />
ogni discorso collegato alle<br />
innovazioni del comparto<br />
agroalimentare. Qui, oltre<br />
alle questioni ambientali,<br />
si inseriscono anche<br />
temi di carattere etico<br />
(un buon indice di ciò è<br />
l’aumento del veganesimo,<br />
passato dal 2,2 al 2,4%<br />
della popolazione italiana)<br />
e sanitario, stanti le più<br />
recenti indagini sulla<br />
correlazione tra abitudini<br />
alimentari e rischio<br />
neoplastico.<br />
Il rapporto tra innovazione<br />
tecnologica e sostenibilità<br />
Cominciamo allora da una<br />
considerazione di carattere<br />
generale: secondo i rapporti<br />
Fao, la curva di crescita<br />
demografica porterà la<br />
popolazione mondiale a<br />
9 miliardi di individui nel<br />
2050. Il consumo di carni<br />
è destinato – parimenti –<br />
a salire da 258 milioni di<br />
tonnellate (dati 2005/2007)<br />
a 455 milioni per l’anno<br />
di metà secolo. Per far<br />
fronte alle necessità delle<br />
industrie del settore, le<br />
attuali linee di tendenza<br />
sono insostenibili: il<br />
fenomeno del landgrabbing<br />
(soprattutto a spese di<br />
Paesi africani), monitorato<br />
dalla piattaforma Land<br />
Matrix, stima in 93 milioni<br />
di ettari di terreno fertile<br />
l’estensione della vendita<br />
di terreni nel solo 2020<br />
(per un totale di 2.300<br />
accordi commerciali). Non<br />
tutti questi sono usati<br />
per colture estensive: lo<br />
sfruttamento del suolo<br />
riguarda anche l’estrazione<br />
mineraria e – fenomeno<br />
poco noto ma non meno<br />
importante – persino la<br />
riforestazione coatta,<br />
eseguita per compensare<br />
le emissioni di anidride<br />
carbonica a spese, però,<br />
delle esigenze delle<br />
comunità che, di fatto, non<br />
sono più padrone dei propri<br />
terreni.<br />
Anche alla luce di questi<br />
“ APPARE ORMAI CHIARO CHE GLI<br />
ATTUALI SISTEMI DI PRODUZIONE<br />
NON SONO IN GRADO DI<br />
SALVAGUARDARE DOMANDA E<br />
AMBIENTE<br />
pochissimi esempi (che<br />
pure potrebbero essere<br />
molti di più, ma per<br />
comprendere i termini del<br />
problema è sufficiente<br />
guardare l’indicatore<br />
globale dell’Earth<br />
Overshoot), appare ormai<br />
chiaro che gli attuali<br />
sistemi di produzione<br />
non sono in grado di<br />
salvaguardare domanda e<br />
ambiente. Di conseguenza<br />
ci sono di fronte a noi due<br />
strade praticabili: quella<br />
cultural-filosofica alla<br />
Serge Latouche (teorico<br />
della “decrescita felice”)<br />
oppure quella legata alla<br />
ricerca tecnologica che,<br />
tuttavia, richiede uno<br />
sforzo non dissimile, in<br />
termini di evoluzione<br />
culturale, alfabetizzazione<br />
tecnologica e<br />
consapevolezza collettiva.<br />
Per provare a chiarire<br />
almeno parte di questo<br />
immenso problema,<br />
abbiamo fatto una lunga<br />
e bella chiacchierata con<br />
Marco Annoni, coordinatore<br />
del comitato etico della<br />
Fondazione Veronesi e<br />
direttore del Future of<br />
science and ethics.<br />
Partiamo dalla “carne<br />
sintetica”, che sembra<br />
essere uno dei paradigmi<br />
per affrontare l’intero<br />
discorso.<br />
Sappiamo che gli attuali<br />
sistemi di allevamento sono<br />
insostenibili ma quando<br />
si parla di innovazione nel<br />
comparto agroalimentare<br />
l’atteggiamento diventa<br />
subito conservatore.<br />
È così. I media approcciano<br />
queste tematiche – e mi<br />
riferisco anche all’uso di<br />
farine a base di insetti e<br />
altre situazioni simili – in<br />
maniera decisamente poco<br />
laica. L’utilizzo di formule<br />
tipo “Frankensteinburger”<br />
riferendosi alla cosiddetta<br />
carne sintetica (che<br />
dovrebbe essere più<br />
correttamente chiamata<br />
“carne coltivata in vitro”)<br />
non è di alcuna utilità<br />
informativa e non fa che<br />
alimentare i preconcetti.<br />
Peraltro non aiuta<br />
55
nemmeno a comprendere<br />
le ipotesi di scenario e<br />
le possibili tendenze del<br />
mercato. Ci fanno sentire<br />
minacciati in quelle<br />
che crediamo essere le<br />
nostre antiche abitudini,<br />
senza nemmeno farci<br />
ragionare sul fatto che<br />
la grande industria ha<br />
già polverizzato, di fatto,<br />
l’autentica tradizione in<br />
nome di un marchio, il<br />
“made in Italy” che ha<br />
una positiva funzione<br />
di marketing ma non si<br />
riferisce a una realtà<br />
storica e fattuale.<br />
Quali sono queste ipotesi<br />
di scenario?<br />
Partiamo da un dato di<br />
fatto: negli ultimi dieci<br />
anni abbiamo assistito a<br />
un crollo del prezzo di un<br />
singolo hamburger coltivato<br />
in vitro. Siamo passati da<br />
una cifra quantificabile<br />
attorno ai 250mila dollari<br />
a una decina di dollari<br />
circa. Tuttavia siamo<br />
ancora molto lontani dal<br />
raggiungere una economia<br />
di scala che sia realmente<br />
competitiva rispetto a<br />
quella garantita dagli<br />
allevamenti intensivi.<br />
Questo perché sono<br />
ancora necessari dei veri<br />
e propri breakthrough<br />
tecnologici e ingegneristici.<br />
Queste colture in vitro<br />
necessitano di standard<br />
altissimi di sicurezza<br />
biotecnologica. Piccoli<br />
reattori di coltura sono<br />
facilmente controllabili.<br />
Grandi reattori, quelli che<br />
dovrebbero consentire<br />
una competizione con<br />
gli allevamenti odierni,<br />
richiedono ancora grandi<br />
“ L’IDEA CHE DALL’OGGI AL DOMANI<br />
I CIBI FRANKENSTEIN SARANNO<br />
IMPOSTI DALL’ALTO SULLE NOSTRE<br />
TAVOLE È SOLO UNA NARRATIVA<br />
COSTRUITA AD ARTE<br />
sforzi e grandi investimenti.<br />
Questo significa che<br />
la carne coltivata in<br />
vitro è poco più di un<br />
esperimento?<br />
Non proprio, ma la sua<br />
affermazione sul mercato<br />
sarà graduale e non è<br />
detto che superi alcuni<br />
“sbarramenti” che ne<br />
impediscono l’affermazione<br />
per soddisfare la richiesta<br />
di massa. Ritengo sia<br />
più probabile che si<br />
proceda per gradi,<br />
attraverso limitate<br />
produzioni gourmet.<br />
Poi, con l’auspicabile<br />
(e storicamente già<br />
sperimentato: basti vedere<br />
le affermazioni di cellulari,<br />
personal computer ecc.)<br />
ulteriore abbassamento<br />
dei costi di produzione,<br />
allora il discorso potrebbe<br />
cambiare. Gli investimenti<br />
sulle startup sono ingenti<br />
ma penso che prima di<br />
dieci anni non si potrà<br />
comprendere con esattezza<br />
quale sia la fetta di mercato<br />
che sapranno ritagliarsi<br />
questi prodotti. L’idea che<br />
dall’oggi al domani i cibi<br />
Frankenstein saranno<br />
imposti dall’alto sulle<br />
nostre tavole è solo una<br />
narrativa costruita ad arte.<br />
Qual è il senso di questa<br />
narrativa?<br />
Spostare i termini del<br />
problema da un piano<br />
razionale a uno irrazionale<br />
e quindi non misurabile<br />
perché basato sull’emotività<br />
e i preconcetti. Invece<br />
basterebbe fare alcuni<br />
ragionamenti per guardare<br />
con minore diffidenza<br />
e maggiore interesse a<br />
questa possibilità.<br />
Non basta il motivo etico<br />
legato alla sofferenza<br />
animale?<br />
Andiamo su dati fattuali:<br />
il 70% degli antibiotici<br />
utilizzati sul pianeta è<br />
usato per l’allevamento<br />
animale, aumentando<br />
esponenzialmente i<br />
fenomeni di resistenza<br />
batterica. La produzione<br />
di un singolo chilogrammo<br />
di carne rossa necessita<br />
dai 15 ai 20mila litri di<br />
acqua, grazie alla quale si<br />
potrebbero invece ottenere<br />
1.000 Kg di frumento. Al<br />
contrario, la carne coltivata<br />
in vitro permetterebbe di<br />
non usare antibiotici, un<br />
risparmio stimato attorno<br />
al 45% delle risorse<br />
energetiche, il 99% in meno<br />
del suolo e una percentuale<br />
compresa tra l’82 e il 96%<br />
in meno di acqua. Avremmo<br />
anche un abbattimento<br />
delle emissioni di gas serra,<br />
quantificabile tra il 78 e il<br />
96%.<br />
Verrebbe facile pensare<br />
che dietro a questa<br />
narrativa ci sia l’industria<br />
agroalimentare, volta a<br />
mantenere una sorta di<br />
status quo. È così?<br />
“ IL 70% DEGLI ANTIBIOTICI<br />
UTILIZZATI SUL PIANETA È USATO<br />
PER L’ALLEVAMENTO ANIMALE,<br />
AUMENTANDO ESPONENZIALMENTE<br />
I FENOMENI DI RESISTENZA<br />
BATTERICA<br />
Anche in questo caso la<br />
risposta è complessa.<br />
Va infatti spiegato che<br />
i primi e i più convinti<br />
finanziatori delle startup<br />
per la carne coltivata in<br />
vitro sono proprio le grandi<br />
56
makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />
“ IN ITALIA, LA COSCIENZA ECOLOGISTA<br />
– CHE PURE È MOLTO DIFFUSA –<br />
GUARDA ALLE INNOVAZIONI CON<br />
SOSPETTO E FINISCE CON L’ESSERE<br />
CONSERVATRICE<br />
industrie del settore, per<br />
un banale meccanismo di<br />
diversificazione del rischio.<br />
Esattamente come le grandi<br />
compagnie petrolifere<br />
sono quelle che investono<br />
maggiormente su fonti<br />
alternative ai combustibili<br />
fossili. Dunque è chiaro<br />
che siamo di fronte a un<br />
fenomeno che ha tante<br />
variabili da prendere in<br />
considerazione.<br />
Non abbiamo però<br />
considerato il ruolo della<br />
politica, in tutto questo.<br />
Più che altro dobbiamo<br />
chiederci se la politica sia in<br />
grado di fare la politica nel<br />
senso più alto del termine.<br />
Il suo ruolo è quello di<br />
predisporre le condizioni<br />
per il benessere delle<br />
generazioni a venire o fare<br />
altro? Da questo punto di<br />
vista, a prescindere dalle<br />
opinioni su questioni altre,<br />
noi abbiamo davanti agli<br />
occhi un laboratorio sociopolitico<br />
interessantissimo<br />
che è Israele. È una<br />
incubatrice mondiale di<br />
startup, tra le giovani<br />
generazioni esiste una<br />
forte coscienza ecologista<br />
e vi è anche una capacità<br />
fuori dall’ordinario di offrire<br />
soluzioni tecnologiche<br />
d’avanguardia a problemi<br />
ambientali. Ciò è possibile<br />
perché è stata formata<br />
una cittadinanza attenta<br />
e consapevole, in grado<br />
di capire che i processi di<br />
ricerca sono orientati verso<br />
la soluzione dei problemi.<br />
Qui, in Italia (e in maniera<br />
non troppo dissimile anche<br />
in Germania), la coscienza<br />
ecologista – che pure è<br />
molto diffusa – guarda alle<br />
innovazioni con sospetto<br />
e finisce con l’essere<br />
conservatrice. Il risultato<br />
pratico è quanto di più<br />
antiecologico possiamo<br />
pensare: la vulgata delle<br />
nostre eccellenze made in<br />
Italy, per esempio, ci porta<br />
a essere il terzo Paese<br />
al mondo per consumo<br />
di antibiotici nella filiera<br />
alimentare (305 mg/kg). In<br />
Germania la svolta green che<br />
ha prodotto la chiusura delle<br />
centrali nucleari ha portato il<br />
Paese ad ampliare le miniere<br />
di carbone.<br />
Parliamo per un attimo del<br />
“made in Italy”. Come si<br />
inserisce la conservazione<br />
della tradizione nelle sfide<br />
dell’innovazione?<br />
Dobbiamo avere ben<br />
chiara una cosa: l’idea<br />
di un’alimentazione<br />
genericamente italiana e<br />
tradizionale è marketing, e<br />
anche piuttosto recente. La<br />
struttura del nostro Paese<br />
ha da sempre comportato un<br />
frazionamento di tradizioni<br />
che rendono il nord e il sud<br />
profondamente diversi.<br />
Quindi l’idea di una autentica<br />
eccellenza nazionale che<br />
si fa strada nel mondo con<br />
numeri da grandissima<br />
industria è un racconto, non<br />
è una realtà. Noi viviamo in<br />
una narrazione per cui la<br />
produzione di eccellenze<br />
locali dovrebbe imporsi su<br />
mercati mondiali. Ma per<br />
fare questo è necessario<br />
avere chiaro che questo<br />
sogno è, in realtà, un incubo<br />
ambientale, territoriale e<br />
anche etico. Oltre il 90% di<br />
ciò che esportiamo come<br />
eccellenza è produzione<br />
industriale ultraintensiva,<br />
finalizzata alla massima resa<br />
con il minimo investimento.<br />
E con costi esternalizzati su<br />
comunità, ambiente e diritti<br />
dei lavoratori.<br />
Per creare una opinione<br />
informata non possiamo<br />
evitare l’impatto dei<br />
media. Come ci possiamo<br />
difendere da una cattiva<br />
informazione?<br />
Rimediare ai danni provocati<br />
da una informazione<br />
fortemente ideologicizzata<br />
non è semplice ma è<br />
comunque possibile. Io<br />
personalmente ho un mio<br />
sistema che suggerisco<br />
sempre. Se leggo un titolo<br />
di un giornale che mi<br />
colpisce, vedo una foto<br />
che ha un grande potere<br />
evocativo, mi chiedo: “che<br />
emozioni vuole suscitare?”<br />
Se queste sono di rabbia,<br />
indignazione e disgusto (e<br />
nel caso del cibo ciò è molto<br />
facile, se non tipico), direi<br />
di sospendere il giudizio<br />
e approfondire partendo<br />
da fonti che non diano<br />
titoli a effetto o giudicanti.<br />
Se dall’informazione<br />
cerchiamo una conferma ai<br />
pregiudizi, non metteremo<br />
in discussione le nostre<br />
convinzioni e non avremo<br />
mai una opinione realmente<br />
informata.<br />
È una pratica lecita, quella<br />
di dare all’ascoltatore o al<br />
“ SE DALL’INFORMAZIONE<br />
CERCHIAMO UNA CONFERMA<br />
AI PREGIUDIZI, NON METTEREMO<br />
IN DISCUSSIONE LE NOSTRE<br />
CONVINZIONI E NON AVREMO<br />
MAI UNA OPINIONE REALMENTE<br />
INFORMATA<br />
lettore ciò che vuole sentirsi<br />
dire, ma è un veicolo per la<br />
vendita di spazi pubblicitari<br />
e non informazione.<br />
Dunque non svolge alcun<br />
ruolo positivo rispetto al<br />
progresso del dibattito<br />
pubblico.<br />
57
ITALIA, REGINA EUROPEA<br />
DEGLI INTEGRATORI<br />
IL NOSTRO PAESE È DI GRAN LUNGA IL PRIMO IN EUROPA<br />
IN UN MERCATO CHE HA PREVISIONI DI CRESCITA PIÙ CHE<br />
OTTIMISTICHE, GUIDATO DA MOLTI FATTORI SOCIALI E<br />
DEMOGRAFICI, NON SEMPRE POSITIVI<br />
Simone Montonati<br />
58
makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />
L’Italia è il primo mercato europeo<br />
degli integratori con 4,5 miliardi di<br />
euro di fatturato e una quota in volume<br />
che sfiora il 29%. Anche in termini di<br />
fatturato i dati sono lusinghieri: nel<br />
2020, quando si stimava un mercato<br />
europeo di 14,6 miliardi di euro, l’Italia<br />
ne deteneva oltre un quarto con 3,8<br />
miliardi di euro (dati Mediobanca).<br />
Dietro, ben staccati, c’erano Germania<br />
– accreditata per 2,7 miliardi (18,8%<br />
del mercato complessivo) – Francia<br />
(2,1 miliardi per 14,7%), Russia (1,6<br />
miliardi e 11%) e Regno Unito (1,4<br />
miliardi al 9,5%). Secondo le proiezioni,<br />
il nostro Paese è destinato a mantenere<br />
19<br />
MLD DI EURO<br />
La proiezione del<br />
mercato europeo di<br />
integratori nel 2025<br />
questa leadership anche in futuro: in<br />
un mercato comunitario in crescita del<br />
6% annuo e proiezioni a 19 miliardi di<br />
euro complessivi entro il 2025, l’Italia<br />
potrebbe sfiorare quota 5 miliardi<br />
mantenendo un’ampia superiorità<br />
nei confronti dei concorrenti tedesco<br />
(3,6 miliardi) e francese (3,1 miliardi).<br />
A guidare la crescita è soprattutto<br />
l’innovazione di prodotto: nel 2020, a<br />
fronte di un calo dello 0,8% dei prodotti<br />
più maturi, i nuovi lanci hanno registrato<br />
un promettente +3,7%.<br />
LEADERSHIP<br />
ITALIANA<br />
Il divario con gli altri mercati europei<br />
appare ancora più evidente se<br />
confrontiamo la spesa pro-capite, che<br />
nel nostro Paese è doppia rispetto a<br />
quella di Germania e Francia e tre volte<br />
quella del Regno Unito. Ogni italiano<br />
spende infatti 63,60 euro all’anno<br />
per integrare la propria dieta contro i<br />
32,90 euro di un tedesco, i 31,70 di un<br />
francese e i 20,60 euro di un cittadino<br />
britannico. Questa differenza deriva da<br />
diversi fattori. Innanzitutto un’elevata<br />
penetrazione di questa categoria sul<br />
mercato nostrano. Secondo un’indagine<br />
del Censis, già nel 2019 il 54% della<br />
popolazione italiana faceva uso di<br />
integratori (il 65%, se consideriamo solo<br />
gli adulti) soprattutto nella cosiddetta<br />
fascia attiva: tra i 35 e i 64 anni era<br />
il 63%. Per 18 milioni di persone<br />
gli integratori rappresentavano un<br />
compagno abituale cui ricorrevano<br />
più volte alla settimana (se non<br />
quotidianamente). Non stupisce dunque<br />
che adesso gli integratori rappresentino<br />
la categoria di prodotto più richiesta<br />
dopo i farmaci a prescrizione medica.<br />
Vi sono altri due elementi che<br />
contribuiscono a distanziarci dagli<br />
altri Paesi: un uso più frequente del<br />
prodotto e un maggior costo medio<br />
delle confezioni. I cittadini italiani<br />
consumano mediamente 4,1 confezioni<br />
di integratori a testa (ma sarebbero 8<br />
se considerassimo solo i consumatori<br />
attivi) mentre i tedeschi, ad esempio,<br />
si fermano a 3,2. Si tratta peraltro di<br />
un numero che negli anni continua ad<br />
aumentare: in dieci anni in Italia è quasi<br />
raddoppiato (era 2,1 nel 2010). Anche<br />
il costo unitario, però, incide in modo<br />
considerevole dato che una confezione<br />
in Germania ha un prezzo medio di 9,7<br />
euro mentre in Italia costa il 60% in più<br />
(15,60 euro).<br />
PROBIOTICI E<br />
DISTURBI INTESTINALI<br />
I dati di vendita fino a dicembre 2022<br />
provenienti dalle farmacie – che vendono<br />
quasi l’80% di tutti gli integratori in<br />
Italia – mostrano che al primo posto<br />
tra le preferenze degli italiani ci sono<br />
i probiotici, con 398 milioni di euro<br />
di fatturato e una crescita superiore<br />
all’11% rispetto all’anno precedente<br />
(dati Centro Studi Integratori & Salute).<br />
A seguire vi sono i sali minerali con 234<br />
milioni di euro (+7,9%), le vitamine e i<br />
tonici con circa 200 milioni ciascuno (ma<br />
con crescite diverse, rispettivamente<br />
al 10 e al 18%) e gli integratori per il<br />
controllo della lipidemia con 172 milioni<br />
di euro (in flessione del 7,1%). Tra gli altri<br />
prodotti vanno segnalati, per il loro trend<br />
5<br />
MLD DI EURO<br />
La proiezione del<br />
mercato italiano di<br />
integratori nel 2025<br />
di crescita, i prodotti contro la tosse<br />
(+61%), gli integratori per le funzioni<br />
immunitarie (+20%) e gli antiacidi e antireflusso<br />
(+18,4%).<br />
Per quanto riguarda gli obiettivi di<br />
acquisto, la categoria più gettonata<br />
sembra essere quella dei prodotti per<br />
il benessere intestinale e dell’apparato<br />
digerente che nel 2022 hanno registrato<br />
vendite a ridosso dei 92 milioni di<br />
pezzi (quasi il 30% del totale). In<br />
termini di fatturato, questi prodotti<br />
hanno raggiunto nel 2020 vendite per<br />
413 milioni (circa l’11% del totale),<br />
posizionandosi davanti ai supplementi<br />
per l’apparato circolatorio con 292<br />
milioni (7,7%), quelli per il sistema<br />
urinario e riproduttivo con 256 milioni<br />
(6,8%), le soluzioni tonificanti, stimolanti<br />
e per lo sport pari a 236 milioni (6,2%), e<br />
quelle per il sistema respiratorio a 219<br />
milioni (5,8%).<br />
59
60<br />
BUONE INTENZIONI<br />
E CATTIVE ABITUDINI<br />
Vi sono diversi fattori sociali e<br />
demografici che hanno sostenuto<br />
la crescita del mercato degli<br />
integratori alimentari in questi<br />
anni, ma non tutti positivi. Da un<br />
lato i consumatori, sempre più<br />
consapevoli della correlazione tra<br />
alimentazione e benessere, hanno<br />
assunto un atteggiamento più<br />
proattivo verso il trattamento delle<br />
malattie e la prevenzione. Anche le<br />
attività sportive e di fitness vengono<br />
ora sistematicamente associate<br />
all’assunzione di nutrienti utili<br />
al raggiungimento degli obiettivi<br />
prestazionali o estetici. Inoltre, anche<br />
l’estendersi dell’aspettativa di vita<br />
sta contribuendo alla diffusione<br />
di questo mercato. Il costante<br />
invecchiamento della popolazione,<br />
infatti, incide sui costi sanitari<br />
inducendo le autorità a promuovere<br />
campagne tra i cittadini per<br />
stimolare stili di vita più salutari.<br />
D’altra parte, però, uno dei principali<br />
driver del mercato è costituito dalla<br />
necessità di controbilanciare gli<br />
squilibri di un’alimentazione che nei<br />
Paesi più benestanti ha raggiunto<br />
situazioni paradossali: diete<br />
ipercaloriche e iperlipidiche che,<br />
però, non forniscono una sufficiente<br />
quantità di nutrienti essenziali.<br />
Secondo l’Organizzazione mondiale<br />
della sanità, il 39% degli adulti nel<br />
mondo è sovrappeso, un valore<br />
doppio rispetto al 1975. Fondazione<br />
Veronesi stima che in Italia ci siano<br />
25 milioni di persone sovrappeso,<br />
di cui 6 milioni di obesi. “Stiamo<br />
parlando di più del 46% di tutti gli<br />
italiani maggiorenni”. Stando all’ISS,<br />
le ultime stime disponibili (2019)<br />
indicano che l’eccesso di peso causa<br />
oltre 5 milioni di decessi in tutto<br />
il mondo (pari al 9% del totale) e<br />
oltre 40 milioni di anni vissuti con<br />
disabilità. La percentuale in Italia<br />
è analoga con oltre 64.000 decessi<br />
e più di 571.000 anni vissuti con<br />
disabilità. I costi diretti e indiretti<br />
legati ai disordini alimentari<br />
costerebbero a livello globale circa<br />
4.800 miliardi di dollari all’anno,<br />
quasi il 3,5% del Pil del mondo.<br />
In Europa questo valore si attesta<br />
intorno ai 900 miliardi, oltre il 3% del<br />
suo Pil.<br />
Tutta questa opulenza, peraltro, non<br />
garantisce un apporto adeguato<br />
dei nutrienti necessari. Una parte<br />
significativa della popolazione segue<br />
4.800<br />
MLD DI DOLLARI<br />
ALL’ANNO<br />
I costi a livello<br />
globale legati<br />
ai disordini<br />
alimentari diretti e<br />
indirietti<br />
una dieta carente di componenti<br />
nutrizionali essenziali anche quando<br />
supera ogni record in termini calorici.<br />
Per fare qualche esempio, frutta e<br />
verdura coprono solo il 17% della<br />
dieta degli adolescenti europei ma<br />
dovrebbero rappresentare almeno il<br />
50%. Gli adulti non fanno meglio: il<br />
55% dei cittadini in Europa assume<br />
meno vitamina D di quanto dovrebbe<br />
(e di questi il 15% presenta uno<br />
stato di deficienza clinica per questo<br />
fattore). È stato anche calcolato che<br />
in questi anni il consumo regolare<br />
di un grammo al giorno di Omega-3<br />
avrebbe ridotto del 5% il rischio<br />
di malattia cardiaca in UE con un<br />
conseguente risparmio di 370mila<br />
ospedalizzazioni e 64,5 miliardi di<br />
euro ogni anno.<br />
IL RUOLO DEGLI<br />
OPERATORI SANITARI<br />
In questo quadro non stupisce che<br />
molti professionisti clinici ricorrano<br />
anche agli integratori alimentari per<br />
riequilibrare situazioni sbilanciate<br />
o compensare piccoli problemi di<br />
salute. Si tratta di una tendenza<br />
in crescita: secondo uno studio di<br />
PricewaterhouseCoopers, nel solo<br />
2018-19 il numero di prescrizioni<br />
di integratori è aumentato del 28%.<br />
PWG sottolinea il fatto che medici e<br />
farmacisti giocano un ruolo decisivo<br />
nel mercato italiano, considerato che in<br />
tema di integratori i pazienti seguono il<br />
loro consiglio 8 volte su 10.<br />
Esiste infine una questione culturale:<br />
al di là di una generale tendenza al<br />
ritorno ai prodotti naturali – o che<br />
tali sembrano essere – c’è anche<br />
una componente ideologica: come<br />
suggerisce l’analisi di Mediobanca,<br />
“una non trascurabile fascia della<br />
popolazione mondiale nutre un<br />
atteggiamento di diffidenza verso i<br />
farmaci, paventandone l’assuefazione<br />
e gli effetti collaterali. […] Tutto ciò<br />
tende, da un lato, ad accrescere gli<br />
atteggiamenti preventivi e, dall’altro, a<br />
favorire una sostituzione – peraltro non<br />
sempre appropriata – dell’approccio<br />
farmacologico con quello basato su<br />
rimedi a base alimentare”.<br />
Riferimenti<br />
4Area Studi Mediobanca, “Il mercato italiano<br />
degli integratori alimentari: dimensioni, tendenze<br />
e opportunità”; 2022.<br />
4Centro Studi Integratori & Salute,<br />
“Aggiornamenti sull’impatto della pandemia da<br />
Covid-19 sul mercato”; 2021<br />
4Censis, «Il valore sociale dell’integratore<br />
alimentare»; 2019<br />
4Italiaimballaggio.it (dati Quintile multichannel<br />
view nutraceutica), “Focus sui prodotti<br />
nutraceutici”; <strong>2023</strong><br />
4PwC Analysis, “Vitamins & Dietary Supplements<br />
Market trends Overview”, per Federsalus; 2019.
makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />
INTEGRATORI<br />
ancora molti nodi<br />
da sciogliere<br />
INTERVISTA CON LA PRESIDENTE<br />
DELLA NEONATA ASSOINTEGRATORI,<br />
ASSOCIAZIONE CHE RIUNISCE LE AZIENDE<br />
DELLA FILIERA DEGLI INTEGRATORI<br />
ALIMENTARI<br />
degli esperti del settore,<br />
un costante e dinamico<br />
dialogo con le istituzioni<br />
per garantire sicurezza e<br />
sorveglianza dei prodotti,<br />
tutela delle aziende italiane<br />
ed europee sul territorio UE<br />
e supporto all’export.<br />
muoversi correttamente<br />
e comprendere gli aspetti<br />
regolatori.<br />
Quali sono le azioni<br />
concrete a cui state<br />
lavorando?<br />
Assointegratori è una nuova<br />
associazione, dedicata a tutti<br />
i rappresentati della filiera<br />
degli integratori alimentari<br />
dai produttori di materie<br />
prime ai distributori, che<br />
ha compiuto un anno a<br />
giugno <strong>2023</strong> ma ha già da<br />
raccontare diverse azioni<br />
messe in campo, oltre che<br />
molti progetti per il futuro.<br />
Ne abbiamo parlato con la<br />
presidente Daniela Giuriati.<br />
Partiamo dalle<br />
origini, perché nasce<br />
Assointegratori?<br />
Assointegratori vede la luce<br />
il 17 giugno dello scorso<br />
anno. Nasce in un momento<br />
di cambiamento, in cui molti<br />
associati della precedente<br />
Federsalus non riuscivano<br />
più a sentirsi rappresentati,<br />
tutelati e ascoltati.<br />
Il consiglio direttivo sposa<br />
una filosofia pratica,<br />
concreta, operativa e<br />
dinamica a tutela della<br />
Caterina Lucchini<br />
salute, della sicurezza e<br />
degli obiettivi comuni. In<br />
pochi mesi siamo riusciti<br />
a diventare una realtà<br />
associativa che conta già 50<br />
iscritti.<br />
Quali sono gli obiettivi<br />
dell’associazione?<br />
Il mercato degli integratori<br />
alimentari continua a<br />
crescere a due cifre, per un<br />
valore attuale di 4,5 miliardi<br />
di euro e quasi 200.000<br />
lavoratori impiegati. In<br />
Europa il mercato italiano<br />
è il primo per volumi<br />
(28,6% del totale) davanti a<br />
Germania (18,8%) e Francia<br />
(12%). Addirittura il termine<br />
integratore è stato inserito<br />
nel paniere Istat. Numeri di<br />
questo tipo possono attirare<br />
realtà che vantano soli scopi<br />
di lucro, a scapito della<br />
sicurezza dei consumatori<br />
e dell’aderenza alle norme.<br />
Per questo è dirimente che<br />
sia messo in atto, da parte<br />
Quali sono i principali<br />
problemi del settore?<br />
Gli obiettivi della nostra<br />
associazione nascono<br />
dall’analisi delle<br />
problematiche attuali. Ad<br />
esempio, la sorveglianza<br />
verso i Paesi extra europei<br />
che possono immettere nei<br />
nostri mercati sostanze non<br />
verificate e potenzialmente<br />
tossiche.<br />
Manca infatti un registro<br />
degli integratori e una<br />
corretta sorveglianza<br />
sui prodotti immessi<br />
in commercio. Inoltre,<br />
diversamente dai dispositivi<br />
medici e dai cosmetici, per<br />
gli integratori alimentari<br />
manca la possibilità di<br />
richiedere un certificato<br />
di libera vendita. In molti<br />
altri Paesi europei ciò<br />
è in essere, ma non da<br />
noi. Questo si ripercuote<br />
negativamente sulle aziende<br />
italiane che vogliono<br />
accedere ai mercati extraeuropei<br />
che faticano mesi<br />
in lungaggini burocratiche<br />
per sopperire alla mancanza<br />
del documento. Infine,<br />
per le aziende nascenti<br />
non è sempre semplice<br />
Assointegratori è stata la<br />
prima associazione a sedersi<br />
al tavolo con il ministero<br />
della Salute: abbiamo<br />
delineato ai rappresentanti<br />
istituzionali la nostra<br />
missione e abbiamo<br />
illustrato le tematiche più<br />
urgenti prospettando alcune<br />
iniziative per migliorare la<br />
sicurezza e la competitività<br />
delle aziende esportatrici. Un<br />
altro importante e ambizioso<br />
obiettivo è quello di creare<br />
un marchio, Assoquality,<br />
per certificare – su base<br />
volontaria – la qualità e<br />
l’etica delle aziende. Oltre<br />
agli aspetti di sorveglianza<br />
e sicurezza, Assointegratori<br />
è anche molto sensibile al<br />
benessere dei consumatori<br />
e crede fermamente che<br />
esso passi da una corretta<br />
informazione degli operatori<br />
sanitari e della popolazione.<br />
Per questo motivo stiamo<br />
partendo con diversi progetti<br />
sulla comunicazione, come<br />
quello che vedrà istituzioni,<br />
medici sportivi e personaggi<br />
dello sport riuniti per<br />
dialogare sul valore degli<br />
integratori e sulla cattiva<br />
e distorta informazione in<br />
questo campo.<br />
61
INTEGRATORI<br />
La lunga strada verso<br />
l’armonizzazione europea<br />
UNO DEI MAGGIORI OSTACOLI ALL’ESPORTAZIONE DEGLI<br />
INTEGRATORI NEI PAESI EUROPEI È RAPPRESENTATO DALLE<br />
DIVERSE NORMATIVE NAZIONALI CHE NE REGOLANO IL<br />
COMMERCIO. ORA LA COMMISSIONE UE HA INIZIATO UN<br />
COMPLICATO PERCORSO VERSO UN’UNICA NORMATIVA<br />
Alberto Bobadilla<br />
62
makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />
«Nell’Unione europea, gli integratori<br />
alimentari sono regolamentati come<br />
alimenti. La legislazione armonizzata<br />
disciplina le vitamine e i minerali e le<br />
sostanze utilizzate come loro fonte,<br />
che possono essere utilizzate nella<br />
produzione di integratori alimentari.<br />
Per gli ingredienti diversi da vitamine<br />
e minerali, la Commissione europea<br />
ha stabilito norme armonizzate<br />
per proteggere i consumatori da<br />
potenziali rischi per la salute e<br />
mantiene un elenco di sostanze che<br />
si sa o si sospetta abbiano effetti<br />
nocivi sulla salute e il cui uso è<br />
pertanto controllato».<br />
Lo afferma l’Autorità europea per la<br />
sicurezza alimentare (Efsa) che, fin<br />
dalla sua istituzione nel 2002, si è<br />
occupata di indagare sulla sicurezza<br />
e sui possibili effetti avversi di<br />
prodotti che caratterizzano un<br />
mercato in continua crescita.<br />
E sempre al 2002 risale il principale<br />
documento di riferimento, la<br />
Direttiva europea sugli integratori<br />
alimentari (2002/46/CE), con l’elenco<br />
armonizzato di vitamine e minerali<br />
che possono essere aggiunti a fini<br />
nutrizionali e l’elenco delle fonti<br />
consentite da cui le vitamine e i<br />
minerali stessi possono essere<br />
ricavati.<br />
SOGLIE VARIABILI<br />
Eppure, vent’anni dopo, l’attuale<br />
struttura normativa in atto sugli<br />
integratori alimentari nell’Unione<br />
e nello Spazio economico europeo,<br />
interamente armonizzata non lo<br />
è ancora. Lo sottolinea la “Linea<br />
guida sulla qualità degli integratori<br />
alimentari” emessa lo scorso anno<br />
dalla Federazione Ehpm (European<br />
federation of associations of health<br />
product manufacturers) che riunisce<br />
14 associazioni nazionali, di cui<br />
fanno parte circa 1.600 aziende<br />
che producono e distribuiscono<br />
integratori alimentari. «Le soglie di<br />
assunzione giornaliera stabilite come<br />
sicure, delle vitamine e dei minerali<br />
che possono essere utilizzati negli<br />
integratori, variano a seconda degli<br />
Stati membri dell’Ue e risultano<br />
in vigore anche norme nazionali<br />
divergenti riguardo a quali altre<br />
sostanze possono essere utilizzate<br />
negli alimenti e alle loro soglie di<br />
sicurezza. Per esempio – riporta la<br />
guida – in Italia la melatonina può<br />
essere utilizzata negli integratori<br />
alimentari, mentre in Irlanda può<br />
entrare a far parte solo di farmaci».<br />
ETICHETTATURE<br />
E PROCEDURE<br />
NAZIONALI<br />
La Direttiva 2002/46/CE stabilisce<br />
un certo livello di armonizzazione<br />
anche relativamente ai requisiti di<br />
etichettatura, oltre a elencare le<br />
vitamine, i minerali e loro forme<br />
chimiche utilizzabili negli integratori<br />
alimentari. Tuttavia, i livelli a cui<br />
possono essere utilizzati sono<br />
regolamentati a livello nazionale<br />
e resteranno tali fino a quando la<br />
Commissione europea emetterà una<br />
proposta per adottare gli stessi livelli<br />
in tutti i Paesi dell’Unione.<br />
Anche le procedure richieste per<br />
l’immissione sul mercato di questi<br />
prodotti, pur essendo regolamentati<br />
dalla Direttiva 2002/46/CE, vengono<br />
implementate in modo molto<br />
differente tra uno Stato e l’altro.<br />
La guida Ehpm fa notare che in<br />
alcuni Stati membri basta una<br />
semplice notifica dell’etichetta<br />
del prodotto alla relativa autorità<br />
nazionale, in altri la notifica non<br />
è neppure necessaria, mentre in<br />
altri ancora il processo di notifica<br />
prevede una serie di passaggi, come<br />
la presentazione di un fascicolo<br />
relativo al prodotto e il pagamento<br />
di una tassa amministrativa. In<br />
altri contesti, per alcuni ingredienti<br />
contenuti negli integratori potrebbe<br />
essere necessaria una forma di<br />
autorizzazione prima che un prodotto<br />
possa essere posizionato sul<br />
mercato. Per complicare le cose c’è<br />
anche chi adotta un sistema misto,<br />
richiedendo solo un’autorizzazione<br />
per vitamine e minerali e un<br />
processo di autorizzazione per altre<br />
sostanze.<br />
MUTUO<br />
RICONOSCIMENTO<br />
Tutto questo rischierebbe di<br />
rendere estremamente complicata<br />
l’esportazione dei prodotti per le<br />
aziende produttrici, se non fosse per<br />
il principio di mutuo riconoscimento.<br />
Il Regolamento (UE) 2019/515,<br />
entrato in vigore nel 2020, è stato<br />
redatto con l’obiettivo di rafforzare<br />
il funzionamento del mercato<br />
interno all’Unione migliorando,<br />
appunto, l’applicazione del principio<br />
del reciproco riconoscimento e<br />
rimuovendo gli ostacoli ingiustificati<br />
al commercio. Il Regolamento si<br />
applica a quei prodotti che non sono<br />
63
coperti da una legislazione europea<br />
armonizzata, che sono legalmente<br />
commercializzati in uno Stato<br />
membro e che sono compatibili con<br />
la regolamentazione tecnica degli<br />
altri Stati membri: è proprio il caso<br />
degli integratori alimentari, la cui<br />
armonizzazione è solo parziale.<br />
In Italia, già con un decreto del<br />
2018, la Gazzetta Ufficiale ricorda<br />
che «la commercializzazione di<br />
integratori alimentari non conformi<br />
a quanto previsto dal presente<br />
decreto è consentita secondo il<br />
principio del mutuo riconoscimento<br />
per prodotti legalmente fabbricati e<br />
commercializzati in un altro Stato<br />
membro dell’Unione europea o in<br />
Turchia, o per prodotti legalmente<br />
fabbricati in uno Stato dell’Efta, parte<br />
contraente dell’Accordo sullo Spazio<br />
economico europeo».<br />
VERSO<br />
L’ARMONIZZAZIONE?<br />
La direzione verso una completa<br />
armonizzazione delle regole<br />
applicabili agli integratori alimentari<br />
nell’Unione è ormai tracciata, ma la<br />
strada non è né breve né semplice.<br />
Per esempio, sono in corso<br />
valutazioni riguardo alle soglie<br />
superiori di tollerabilità delle<br />
vitamine A, B6, B9, D, E, ferro,<br />
manganese e beta-carotene (i limiti<br />
del selenio sono stati aggiornati a<br />
gennaio di quest’anno). Il processo<br />
è in corso da almeno due anni, con<br />
la raccolta di pareri scientifici e la<br />
messa a punto di una metodologia<br />
generale, che è stata pubblicata nel<br />
2022.<br />
Bisognerà aspettare almeno il<br />
2024 perché venga formalizzata<br />
una proposta di legge che,<br />
successivamente, dovrà essere<br />
approvata dal Parlamento e dal<br />
Consiglio europeo per entrare<br />
finalmente in vigore.<br />
Tabella 1. Differenze tra Stati membri nelle<br />
procedure richieste per l’immissione di<br />
integratori sul mercato<br />
Stato membro<br />
Austria<br />
Tassa<br />
amministrativa<br />
Fonte: EHPM quality guide, 2022<br />
Nessun obbligo<br />
pre-marketing<br />
√<br />
Sistema di<br />
notifica<br />
Belgio √ √<br />
Bulgaria<br />
Croazia<br />
Cipro<br />
Repubblica<br />
Ceca<br />
Danimarca<br />
Estonia<br />
Finlandia<br />
Francia<br />
Germania<br />
√<br />
√<br />
Grecia √ √<br />
Ungheria<br />
Irlanda<br />
Italia √ √<br />
Lettonia<br />
Lituania √ √<br />
Lussemburgo<br />
Malta √ √<br />
Paesi Bassi<br />
Polonia<br />
Portogallo<br />
Romania √ √<br />
Slovacchia<br />
Slovenia<br />
Spagna √ √<br />
Svezia<br />
Regno Unito<br />
√<br />
√<br />
√<br />
√<br />
√<br />
√<br />
√<br />
√<br />
√<br />
√<br />
√<br />
√<br />
√<br />
√<br />
√<br />
√<br />
√<br />
64
makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />
65
Pharma&LifeSciences<br />
Legal view<br />
La proposta di revisione<br />
della legislazione<br />
farmaceutica e profili IP<br />
coperti dal brevetto europeo con<br />
effetto unitario.<br />
Avv. Diego Gerbino – Deloitte legal<br />
Cosa prevede la riforma<br />
proposta dalla CE dal<br />
punto di vista della<br />
tutela della proprietà<br />
intellettuale dei<br />
farmaci?<br />
Il 26-27 aprile <strong>2023</strong> la<br />
Commissione europea ha<br />
pubblicato alcune proposte di<br />
revisione che – se approvate in<br />
modo definitivo – emenderanno<br />
e/o integreranno l’attuale<br />
legislazione farmaceutica<br />
europea in materia di (i) prodotti<br />
farmaceutici, (ii) certificati<br />
complementari di protezione<br />
(CCP), (iii) standard essential<br />
patents (SEP) e (iv) licenze<br />
obbligatorie di brevetti in caso di<br />
gestione delle emergenze<br />
Prodotti farmaceutici<br />
La proposta ridisegna la legislazione<br />
farmaceutica dell’UE nell’intento<br />
di rendere i farmaci più accessibili<br />
e convenienti. Viene prevista una<br />
riduzione – a determinate condizioni<br />
– del periodo di protezione dei dati<br />
sui farmaci protetti da brevetto, con<br />
l’obiettivo di consentire ai produttori<br />
generici di iniziare a commercializzare<br />
i loro farmaci immediatamente dopo<br />
la scadenza dei diritti di esclusiva.<br />
Certificati di<br />
protezione<br />
complementare (CCP)<br />
Con l’entrata in vigore del brevetto<br />
unitario dal 1° giugno <strong>2023</strong>, la<br />
Commissione europea ha proposto<br />
il rilascio di un CCP unitario,<br />
introducendo una procedura e un<br />
esame unici a cura dell’Euipo per la<br />
concessione di un CCP nazionale per<br />
ogni Stato designato nella domanda<br />
di brevetto, o di un CCP unitario con<br />
validità uniforme in tutti gli Stati<br />
Licenze obbligatorie<br />
per la gestione delle<br />
crisi<br />
Le licenze obbligatorie consentono<br />
alle autorità nazionali – a determinate<br />
condizioni – di legittimare l’uso di un<br />
brevetto senza l’autorizzazione del<br />
titolare della privativa. Attualmente gli<br />
Stati membri applicano le proprie leggi<br />
nazionali in materia. La proposta ha<br />
come obiettivi: (i) creare uno strumento<br />
a livello europeo da utilizzare in caso<br />
di crisi (ad esempio in caso di una<br />
nuova pandemia) per autorizzare l’uso<br />
di trovati brevettuali nel caso in cui<br />
la concessione di licenze volontarie<br />
risulti impossibile e (ii) determinare<br />
condizioni uniformi per il calcolo di<br />
un’equa remunerazione concessa al<br />
titolare del brevetto soggetto a licenza<br />
obbligatoria.<br />
Più nel dettaglio, tra gli obiettivi<br />
della riforma possono annoverarsi i<br />
seguenti:<br />
1. Migliorare l’efficienza delle licenze<br />
obbligatorie nell’UE in caso di crisi.<br />
2. Ridurre la frammentazione e<br />
migliorare il coordinamento dei<br />
meccanismi di licenza obbligatoria<br />
nell’UE, anche per garantire che siano<br />
66
makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />
adatti allo scopo in caso di crisi in tutta<br />
l’UE e che siano pienamente coerenti<br />
e complementari con altre iniziative<br />
dell’UE (si vedano ad esempio, nel<br />
settore sanitario, la strategia UE<br />
Covid-19 per i vaccini, l’HERA e la<br />
strategia farmaceutica per l’Europa).<br />
3. Garantire un’efficace procedura di<br />
licenza obbligatoria per le esportazioni<br />
(Regolamento europeo n. 816/2006<br />
sulle misure di protezione contro<br />
alcune malattie degli animali, tra cui<br />
l’influenza aviaria ad alta patogenicità)<br />
in linea con l’articolo 31-bis<br />
dell’Accordo Trips.<br />
Standard Essential<br />
Patents<br />
I brevetti che coprono una<br />
tecnologia dichiarata essenziale per<br />
l’implementazione di uno standard<br />
tecnico (ad esempio 5G, Bluetooth, Wi-<br />
Fi) sono noti come “standard essential<br />
patents” (SEP).<br />
Poiché i produttori di dispositivi<br />
conformi agli standard tecnici<br />
devono necessariamente utilizzare la<br />
tecnologia considerata essenziale per<br />
l’innovazione, esistono accordi per la<br />
concessione di licenze a condizioni<br />
eque, ragionevoli e non discriminatorie<br />
(c.d. “Frand”). Tuttavia, alcuni utenti<br />
hanno riscontrato che il sistema<br />
di licenza dei SEP non sarebbe<br />
trasparente, prevedibile o efficiente.<br />
In quest’ottica, la proposta vuole<br />
creare un sistema equilibrato al fine<br />
di rendere più trasparente ed equo<br />
il meccanismo di concessione delle<br />
licenze legate ai SEP con l’obiettivo di<br />
ridurre anche le controversie sul tema.<br />
In particolare, tra i vantaggi della<br />
riforma si possono elencare i seguenti:<br />
(i) migliorare la competitività delle<br />
imprese dell’UE, comprese le startup<br />
e le PMI, (ii) facilitare lo sviluppo<br />
di tecnologie critiche e l’adozione di<br />
tecnologie digitali, (iii) promuovere<br />
la transizione dell’UE verso<br />
l’economia verde, (iv) ridurre i costi<br />
di transazione per la concessione di<br />
licenze SEP grazie a una maggiore<br />
trasparenza.<br />
Qual è il giusto<br />
equilibrio tra i diritti<br />
in gioco?<br />
Secondo Marcello Cattani, presidente<br />
di Farmindustria, “la proposta della<br />
Commissione UE di introdurre<br />
un nuovo strumento di licenza<br />
obbligatoria per usare un farmaco<br />
brevettato senza il consenso del<br />
titolare del brevetto in caso di<br />
emergenze vanifica gli investimenti in<br />
ricerca e mette a rischio la salute dei<br />
cittadini in Europa”. Cattani prosegue<br />
rilevando che la conseguenza di<br />
una riforma del genere sarebbe lo<br />
“spostamento degli investimenti in<br />
R&S verso i Paesi extra-Ue”.<br />
Le associazioni rappresentative del<br />
comparto dei farmaci generici e<br />
biosimilari hanno invece evidenziato<br />
come “il ruolo centrale dell’industria<br />
dei medicinali fuori brevetto per il<br />
paziente si riflette chiaramente nelle<br />
intenzioni della proposta di revisione<br />
della legislazione farmaceutica”.<br />
Nel mettere in luce la giustificata<br />
necessità di un libero accesso a<br />
determinati medicinali, in particolar<br />
modo in periodi di crisi, non può<br />
non tenersi in considerazione che, a<br />
monte, senza i dovuti investimenti in<br />
R&S, non vi sarebbe alcun medicinale<br />
cui poter accedere. Ciò vuol dire che,<br />
nella versione definitiva del corpo<br />
normativo, andranno soppesati nel<br />
miglior modo possibile gli interventi<br />
affinché si tenga in debito conto<br />
l’importanza dello sviluppo come<br />
base su cui fondare tutte le ulteriori<br />
giustificate istanze dei vari portatori<br />
di interessi, in primis l’accesso<br />
tempestivo ed equo in ciascuno Stato<br />
membro a medicinali sicuri, efficaci e a<br />
prezzi ragionevoli.<br />
Pertanto, vista la cruciale importanza<br />
dei temi in esame, consigliamo di<br />
monitorare costantemente i prossimi<br />
sviluppi normativi che potrebbero<br />
incidere considerevolmente sui<br />
business model e sugli interessi in<br />
gioco delle associazioni di categoria<br />
attive nel settore e delle imprese<br />
aderenti.<br />
In conclusione<br />
In definitiva, se confermata, la<br />
proposta in esame rappresenterebbe<br />
la più grande riforma del settore<br />
farmaceutico degli ultimi 20 anni, in<br />
quanto determinerebbe l’adozione<br />
di una nuova Direttiva e di un<br />
nuovo Regolamento che andranno<br />
ad abrogare le fonti legislative<br />
attualmente in vigore, ivi compresi<br />
la Direttiva sui medicinali (Direttiva<br />
2001/83/CE) e il Regolamento<br />
sui medicinali (Regolamento (CE)<br />
726/2004).<br />
Sul piano delle tempistiche, occorre<br />
adesso attendere il vaglio del<br />
Parlamento europeo e del Consiglio. In<br />
caso di esito positivo, la riforma verrà<br />
probabilmente approvata soltanto nel<br />
2025 e diverrà applicabile non prima<br />
del 2027.<br />
67
REQUISITI NORMATIVI<br />
E DI QUALITÀ NELLA<br />
PRODUZIONE DI<br />
INGREDIENTI VEGETALI<br />
PER GLI INTEGRATORI<br />
Per realizzare un integratore<br />
alimentare di qualità da una<br />
sostanza vegetale, è necessario<br />
poter garantire la qualità<br />
del materiale di partenza, un<br />
processo di fabbricazione<br />
costante e adeguate specifiche<br />
del prodotto finale<br />
R. Pace, E.M. Martinelli | Indena SpA<br />
68
makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />
Le sostanze di origine vegetale<br />
rappresentano oggi uno degli<br />
ingredienti più diffusamente impiegati<br />
nella preparazione degli integratori<br />
alimentari. Occorre sottolineare che<br />
un prodotto finito non può essere di<br />
qualità accettabile, e quindi sicuro, se<br />
la qualità dei suoi ingredienti non è<br />
garantita. Per realizzare un prodotto<br />
sicuro è quindi necessario conoscere<br />
non solo le normative ma anche i<br />
criteri specifici di qualità che regolano<br />
i prodotti di origine botanica, che<br />
devono essere conosciuti e seguiti dal<br />
suo produttore.<br />
TRE CATEGORIE<br />
DI PRODOTTI<br />
I prodotti di origine botanica si<br />
suddividono in tre categorie principali:<br />
1. Sostanze vegetali<br />
2. Preparati vegetali<br />
3. Altre sostanze di origine vegetale<br />
La normativa che regola in Italia le<br />
sostanze e i preparati vegetali fa<br />
riferimento al Decreto del 10 agosto<br />
2018 e contiene una lista di piante/<br />
parti delle piante ammesse all’uso.<br />
Per “Sostanza vegetale” si intende un<br />
ingrediente vegetale, ovvero la “droga<br />
vegetale”, ovvero la pianta in toto o<br />
sue parti (intere, a pezzi o tagliate)<br />
in forma non trattata, generalmente<br />
essiccata. Questa classe di sostanze<br />
comprende anche le alghe, i licheni ed<br />
essudati (es. resine). Per “preparato<br />
vegetale” si intende il prodotto<br />
ottenuto sottoponendo la sostanza<br />
vegetale a vari trattamenti quali<br />
estrazione, distillazione, spremitura,<br />
frazionamento, purificazione,<br />
concentrazione, fermentazione,<br />
triturazione e polverizzazione. Per<br />
“Altre sostanze di origine vegetale”<br />
si intendono quelle che vengono<br />
isolate con l’obiettivo di produrre<br />
una sostanza singola o comunque<br />
purificate a un grado tale da alterane<br />
sostanzialmente la composizione<br />
rispetto al loro rapporto originale nel<br />
materiale vegetale di partenza.<br />
Le Sostanze e i Preparati vegetali<br />
sono caratterizzati dalla loro<br />
complessità essendo miscele<br />
multicomponenti. Esse devono<br />
tuttavia intendersi come principi<br />
attivi nella loro interezza in quanto<br />
la loro azione fisiologica dipende<br />
dal contenuto/composizione dei<br />
loro costituenti nella loro variabilità<br />
naturale. Generalmente non è<br />
possibile identificare un singolo<br />
costituente come responsabile<br />
dell’effetto fisiologico: tutti i<br />
costituenti della sostanza o<br />
dell’estratto possono contribuire,<br />
anche per via sinergica, all’attività<br />
del complesso o a mitigare eventuali<br />
effetti tossici di alcuni costituenti.<br />
Infatti, i singoli costituenti, come<br />
sostanze isolate, spesso si<br />
comportano in modo differente dal<br />
punto di vista dell’attività biologica.<br />
La qualità di un Preparato vegetale<br />
dipende da tre fattori principali:<br />
1. Qualità della sostanza vegetale di<br />
partenza<br />
2. Processo di fabbricazione<br />
3. Specifiche del prodotto finale<br />
QUALITÀ DEL<br />
MATERIALE<br />
DI PARTENZA<br />
La qualità della sostanza vegetale<br />
di partenza, sia essa impiegata per<br />
realizzare preparati costituiti da<br />
sostanze triturate o polverizzate per la<br />
preparazione di tisane e infusi, o per la<br />
preparazione di estratti con l’impiego<br />
dei solventi, è di primaria importanza<br />
in quanto la composizione del prodotto<br />
finale dipenderà principalmente dalla<br />
composizione del materiale vegetale<br />
usato.<br />
Come il Decreto sopra citato recita,<br />
la documentazione a supporto della<br />
qualità del prodotto dovrà riportare<br />
tutte le informazioni sulla pianta, come<br />
la denominazione botanica completa<br />
comprendente famiglia, genere, specie,<br />
eventuali varietà e/o chemotipo e nome<br />
dell’autore di riferimento (es. Linnaeus).<br />
Inoltre dovrà essere indicata la parte<br />
utilizzata della pianta (es. radici, rizoma,<br />
foglie, sommità fiorite etc.), le condizioni<br />
di conservazione e periodo di raccolta;<br />
occorrerà indicare se si tratta di<br />
materiale fresco o essiccato, se si tratta<br />
di pianta coltivata o spontanea. Anche<br />
l’origine geografica può avere impatto<br />
sulla composizione dei costituenti in<br />
quanto le piante sono organismi viventi<br />
e le condizioni ambientali possono<br />
avere effetto sull’espressione dei geni<br />
che regolano la produzione dei suoi<br />
metaboliti in modo da resistere agli<br />
stress ambientali.<br />
Il controllo del materiale vegetale<br />
di partenza è inoltre essenziale per<br />
garantire qualità e sicurezza del<br />
69
prodotto finale. In particolare, un<br />
adeguato controllo dell’identificazione<br />
botanica della sostanza vegetale<br />
di partenza, macroscopico e/o<br />
microscopico, unitamente al profilo<br />
cromatografico (HPTLC, HPLC, GLC<br />
etc.) costituisce la garanzia della<br />
sua genuinità a salvaguardia di<br />
possibili errori di classificazione del<br />
vegetale con potenziali rischi per<br />
la salute del consumatore. Infatti i<br />
profili cromatografici rappresentano<br />
una “fingerprint” importantissima<br />
e specifica per distinguere le<br />
sostanze vegetali da quelle simili<br />
magari potenzialmente tossiche<br />
con le quali potrebbero essere<br />
confuse. Altro aspetto critico è il<br />
contenuto di acqua residua di una<br />
sostanza vegetale essiccata che<br />
deve essere inferiore al 10-12% (p/p)<br />
(Farmacopea europea) per evitare<br />
proliferazione di microrganismi con<br />
potenziale formazione di micotossine<br />
cancerogene, soprattutto durante il<br />
suo stoccaggio a magazzino.<br />
PROCESSO DI<br />
FABBRICAZIONE<br />
La costanza del processo di<br />
fabbricazione di una preparato<br />
vegetale (es. estratto vegetale),<br />
rappresenta il secondo criterio di<br />
garanzia di qualità del prodotto.<br />
Infatti il processo di fabbricazione<br />
del Preparato vegetale deve essere<br />
descritto con gli elementi indicati nel<br />
decreto del 10 agosto 2018 in modo<br />
da comprendere anche le fasi di<br />
coltivazione, raccolta, essiccamento,<br />
macinazione, eventuali trattamenti<br />
ante e post raccolta con pesticidi etc.<br />
Indicazione dei criteri di coltivazione<br />
sono riportati nelle “Good agricultural<br />
and collection practice for starting<br />
material of herbal origin” (GACP;<br />
EMEA/HPMC/246816/2005). Inoltre,<br />
il processo di fabbricazione dovrà<br />
indicare i solventi impiegati nel<br />
processo, che devono essere ammessi<br />
all’uso nel campo alimentare<br />
(Direttiva 2009/32/CE e Decreto<br />
158 del 4/08/2011). Il solvente di<br />
estrazione e le relative condizioni<br />
operative, soprattutto se eseguite in<br />
modo da esaurire le sostanze estratte<br />
dalla sostanza vegetale, garantiscono<br />
una costanza della composizione<br />
dell’estratto finale in quanto pilotate<br />
dalla solubilità delle sostanze stesse<br />
nel solvente. Inoltre, le operazioni<br />
di standardizzazione, effettuate<br />
miscelando intermedi dello stesso<br />
estratto o diversi lotti della sostanza<br />
vegetale di partenza, permettono di<br />
compensare la variabilità naturale<br />
intrinseca per ottenere un prodotto<br />
con una variabilità estremamente<br />
ridotta dei suoi costituenti al fine<br />
di ottemperare alle specifiche<br />
predefinite. Sono possibili fasi<br />
di purificazione dell’estratto con<br />
l’obiettivo di concentrare specifiche<br />
classi di sostanze (es. polifenoli,<br />
triterpeni etc.) mantenendo la loro<br />
variabilità naturale oppure per<br />
eliminare sostanze indesiderate (es.<br />
acidi ginkgolici della Ginkgo biloba,<br />
allergizzanti).<br />
SPECIFICHE DEL<br />
PRODOTTO FINALE<br />
Le specifiche del prodotto finale<br />
sono rappresentate principalmente,<br />
oltre che dai saggi di identificazione<br />
come descritto per le sostanze<br />
vegetali, dai caratteri fisici,<br />
dal dosaggio dei costituenti<br />
che contribuiscono all’attività<br />
fisiologica, o dei marker analitici,<br />
ma soprattutto dai contaminanti.<br />
Questi ultimi comprendono<br />
pesticidi (Regolamento 396/2005),<br />
metalli tossici come Pb, Hg, Cd,<br />
As (Regolamento CE 1881/2006),<br />
micotossine (Regolamento CE<br />
1881/2006), solventi residui, controllo<br />
microbiologico (Decreto 10 agosto<br />
2018, Codex Herbarum), idrocarburi<br />
policiclici aromatici (Regolamento CE<br />
1881/2006), alcaloidi pirrolizidinici<br />
e tropanici (Regolamento CE<br />
1881/2006), diossine (Regolamento<br />
1881/2006), radioattività (Controllata<br />
solo per prodotti provenienti da<br />
zone accidentalmente irraggiate),<br />
irraggiamento (Direttiva 1999/2/<br />
CE, Dir. 1999/3/CE, D.Lgs 94 del<br />
30/01/2001). Tali controlli possono<br />
essere effettuati sulle materie prime<br />
di partenza in modo da garantire la<br />
loro ottemperanza nell’estratto finale<br />
anche sulla base di un’analisi del<br />
rischio.<br />
Le altre sostanze di origine vegetale<br />
ottenute attraverso processi di<br />
isolamento con l’intento di separare<br />
sostanze pure appartengono a<br />
una categoria separata e non sono<br />
considerate nell’Unione europea<br />
preparati o estratti vegetali –<br />
cosiddetti “botanicals” – ma sono<br />
considerate alla stregua di sostanze<br />
isolate o miscele di sostanze<br />
isolate da fonte vegetale. Tuttavia,<br />
derivando da matrici vegetali,<br />
conservano gli aspetti critici della<br />
loro origine vegetale, che deve essere<br />
documentata, come l’identificazione<br />
della pianta da cui derivano e il<br />
controllo dei contaminanti. Una lista<br />
di queste sostanze è contenuta nel<br />
documento del ministero della Salute<br />
“Altre sostanze ad effetto nutritivo o<br />
fisiologico”.<br />
Riferimenti<br />
Un riferimento esaustivo sulle norme di<br />
qualità delle Sostanze e Preparati vegetali è<br />
riportato sul documento UNI/PdR 112:2021<br />
“Requisiti per buone pratiche di fabbricazione<br />
nella produzione di integratori alimentari”<br />
(Appendice B – Sostanze e Preparati Vegetali).<br />
70
Per faconi di qualsiasi dimensione<br />
Rivoluziona il tuo processo di<br />
liofilizzazione con i data logger<br />
TRACKSENSE LYOPRO DI ELLAB<br />
Software di gestione Valsuite Pro<br />
Dati in tempo reale<br />
Datalogger con memoria a bordo<br />
Termocoppie sostituibili<br />
Sistema portatile<br />
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<strong>2023</strong>
makinglife | settembre <strong>2023</strong> | numero quattro<br />
PRODUCTION<br />
Pharma Telling & Industry
per<br />
LOGISTICA SMART<br />
Il sistema RFID implementato da Inge SpA per gestire logistica e produzione con tecnologia<br />
digitale è un esempio di come l’innovazione dell’industria 4.0 possa contribuire a migliorare<br />
l’efficienza, la qualità e la sicurezza dei prodotti<br />
Federico Berto<br />
74<br />
Inge è un punto di riferimento<br />
nel packaging primario di<br />
materie plastiche per l’industria<br />
farmaceutica, nutraceutica,<br />
cosmetica, diagnostica,<br />
alimentare e per la casa, anche<br />
in materiale green. I numerosi<br />
prodotti brevettati dimostrano la<br />
volontà dell’azienda di migliorare<br />
costantemente i propri prodotti e lo<br />
studio di nuove soluzioni. L’Ufficio<br />
Tecnico interno elabora lo studio<br />
di nuovi prodotti, personalizzabili<br />
secondo le esigenze del cliente,<br />
realizza gli stampi prototipo e gli<br />
stampi di produzione, procede alla<br />
fase di produzione e finitura, se<br />
richiesta, con confezionamento,<br />
serigrafia e decorazione.<br />
Internamente all’azienda è presente<br />
anche un ufficio Ricerca e Sviluppo<br />
dotato delle più ampie conoscenze<br />
nel settore della plastica e di<br />
tecnologie di elaborazione di<br />
ultima generazione, che sviluppa<br />
in continuazione nuove soluzioni di<br />
packaging per poter prontamente<br />
soddisfare qualsiasi richiesta<br />
sottoposta. L’amministratore<br />
di Inge SpA, il dott. Alessio<br />
Nobbio, esercita una funzione di<br />
indirizzo e controllo dell’azienda<br />
assicurandone l’efficacia (il<br />
raggiungimento degli obiettivi)<br />
e l’efficienza (l’ottimale impiego<br />
delle risorse), oltre che comunicare<br />
in modo trasparente gli impegni<br />
presi, motivando il personale a<br />
partecipare al miglioramento<br />
continuo.<br />
INGE E IL MONDO<br />
DI INDUSTRIA 4.0<br />
Lo spirito innovativo dell’azienda non<br />
è rivolto solo a sviluppare i prodotti<br />
migliori da offrire al mercato ma<br />
guida anche l’evoluzione dei modelli<br />
di gestione dei processi aziendali.<br />
Ne è un esempio il rinnovamento<br />
del sistema per la logistica integrata<br />
che è stato installato presso la<br />
produzione e il magazzino in piena<br />
ottica di industria 4.0.<br />
L’industria 4.0 – che prevede<br />
l’integrazione tra il mondo fisico<br />
della produzione e quello digitale<br />
– sta rivoluzionando anche il<br />
settore farmaceutico, introducendo<br />
tecnologie innovative per migliorare<br />
l’efficienza produttiva, la qualità dei<br />
prodotti, la sicurezza dei pazienti e<br />
la tracciabilità delle materie prime<br />
e dei prodotti finiti lungo tutta la<br />
catena di distribuzione. Tra i pilastri<br />
dell’industria 4.0 vi è anche l’Internet<br />
of Things, reti di sensori e dispositivi<br />
connessi che raccolgono una<br />
enorme quantità di dati in tempo<br />
reale. Grazie ai sensori collegati in<br />
rete e ai dati in real time, è possibile<br />
monitorare e gestire processi e asset<br />
in modo dinamico, ottimizzando<br />
il loro rendimento e individuando<br />
in anticipo eventuali anomalie.<br />
Questo si traduce in risparmi, minori<br />
sprechi e tempi di inattività ridotti.<br />
Inoltre, grazie a questa tecnologia,<br />
molti processi possono essere<br />
automatizzati, riducendo la necessità<br />
di interventi manuali e aumentando<br />
la produttività del lavoro.<br />
In questo contesto, la tecnologia<br />
RFID (Radio Frequency Identification)<br />
sta assumendo un ruolo sempre<br />
più importante, consentendo<br />
di monitorare in tempo reale la<br />
posizione e lo stato dei prodotti, di<br />
automatizzare i processi di gestione<br />
delle scorte e di migliorare la<br />
precisione delle informazioni.<br />
La RFID, che sta per identificazione<br />
in radiofrequenza, è una tecnologia<br />
basata sull’utilizzo di etichette<br />
elettroniche applicate agli oggetti<br />
che si vogliono identificare e<br />
tracciare. Quando vengono attivate<br />
da un segnale radio, queste<br />
etichette possono inviare a un lettore<br />
le informazioni relative al prodotto.<br />
I tag RFID possono essere attivi o<br />
passivi a seconda che possiedano o<br />
meno una batteria.<br />
Anche Inge sta implementando un<br />
sistema di gestione dei prodotti<br />
basato sulla tecnologia RFID. La<br />
soluzione per la logistica integrata<br />
che è stata installata presso la<br />
produzione e il magazzino utilizza<br />
la tecnologia RFID passiva UHF ISO<br />
18006-C sotto forma di etichette<br />
applicate sui prodotti finalizzata<br />
all’identificazione, localizzazione<br />
e spedizione della merce in modo<br />
più rapido ed efficiente, in un’ottica<br />
evolutiva dei processi aziendali<br />
verso un’industria 4.0. La soluzione<br />
verte sull’installazione di un sistema
makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />
HIGHLIGHT I SEMESTRE <strong>2023</strong><br />
Il sistema RFID per la logistica integrata non è l’unico progetto innovativo in programma. L’azienda, infatti, si sta<br />
preoccupando anche di accrescere la propria capacità produttiva integrando nel contempo tutte le tecnologie<br />
necessarie per monitorare e ridurre i consumi energetici all’interno dei propri stabilimenti.<br />
Progetto RFID<br />
Seconda camera pulita con<br />
macchine robotizzate per la<br />
produzione di dispositivi medici<br />
Installazione Power Quality,<br />
volta all’ottimizzazione<br />
dell’uso dell’energia elettrica<br />
Nuovi macchinari per<br />
aumento la capacità<br />
produttiva e ridurre i<br />
consumi energetici<br />
Installazione di software e<br />
hardware per il monitoraggio<br />
del consumo energetico dello<br />
stabilimento produttivo<br />
Rendicontazione ESG<br />
software integrato con il gestionale<br />
AS400 che permette di<br />
conoscere in tempo reale – tramite<br />
l’applicazione delle etichette RFID<br />
passive sui bancali utilizzati da<br />
Inge SpA – tutte le informazioni<br />
necessarie per la movimentazione,<br />
la tracciabilità e la gestione dei<br />
prodotti. Il progetto prevede<br />
l’installazione di lettori RFID sulle<br />
baie di carico sia per<br />
l’ingresso che per l’uscita<br />
della merce e sui carrelli per la<br />
movimentazione dei prodotti. Su<br />
ogni carrello, inoltre, è installato un<br />
PC tablet touch screen che permette<br />
all’operatore di visualizzare tutte le<br />
informazioni relative alla posizione<br />
dei prodotti, alle liste di carico e<br />
di scarico del magazzino e, più in<br />
generale, di poter interagire con<br />
la piattaforma software durante<br />
il proprio lavoro. Il monitoraggio<br />
continuo e in tempo reale tramite la<br />
tecnologia RFID permette di avere<br />
informazioni sempre aggiornate<br />
sulla produzione, sugli stock a<br />
magazzino e sull’evasione degli<br />
ordini, consentendo a Inge SpA<br />
di migliorare il flusso del proprio<br />
processo.<br />
Inge SpA<br />
Inge, storica azienda italiana fondata<br />
nel 1947, è un punto di riferimento<br />
nel packaging primario di materie<br />
plastiche per l’industria farmaceutica,<br />
nutraceutica, cosmetica, diagnostica,<br />
alimentare e per la casa, anche in<br />
materiale green. L’azienda, che ha sede<br />
vicino a Milano (Garbagnate Milanese),<br />
in oltre 75 anni di esperienza nel<br />
settore ha maturato e consolidato un<br />
notevole know-how, con un costante<br />
sviluppo, qualitativo e quantitativo<br />
delle proprie potenzialità produttive<br />
e tecniche. La clientela di Inge SpA<br />
comprende i più grandi gruppi industriali,<br />
italiani ed esteri, che operano nei<br />
diversi settori. Inge è certificata ISO<br />
9001 dal 1996 e produce dispositivi<br />
medici di Classe 1 e 1M con Marchio<br />
CE, conformi alla Normativa Europea<br />
93/42 e UE 2017/745. Inoltre, per<br />
favorire le esportazioni internazionali,<br />
l’Azienda è Registrata presso l’FDA per la<br />
produzione di dispositivi medici.<br />
Inge SpA<br />
Via Giuseppe Garibaldi, 190,<br />
20024 Garbagnate Milanese MI<br />
Telefono: 02 9902 7171<br />
info@inge.it<br />
www.inge.it<br />
75
per<br />
RISK ASSESSMENT<br />
IL MIGLIOR ALLEATO<br />
PER LA COMPLIANCE GXP<br />
Nicolas Livraghi, Senior Validation Manager di PVS<br />
Per gestire le attività in modo<br />
efficiente e razionale e poter<br />
rispondere prontamente e con<br />
efficacia agli enti regolatori, è<br />
fondamentale disporre di un solido<br />
sistema di Risk Assessment<br />
La conformità alle norme GxP è un<br />
requisito basilare per le aziende<br />
farmaceutiche ma spesso si rivela molto<br />
complessa e richiede un notevole<br />
investimento di risorse da parte delle<br />
realtà coinvolte. Nel corso delle<br />
attività di consulenza che effettuiamo<br />
in PVS, emergono spesso diverse<br />
problematiche, alcune delle quali si<br />
rivelano particolarmente rilevanti e<br />
complesse da gestire.<br />
UNA GESTIONE<br />
COMPLESSA<br />
Una delle principali criticità è senz’altro<br />
il mantenimento della Data Integrity<br />
nelle operazioni di gestione dei sistemi<br />
di controllo. Le aziende farmaceutiche,<br />
in particolare i produttori di principi<br />
attivi, dispongono di impianti installati<br />
lungo un arco di tempo prolungato<br />
e, se i requisiti normativi a livello<br />
impiantistico non sono radicalmente<br />
cambiati, la tecnologia dei sistemi di<br />
controllo e gestione dati si è invece<br />
evoluta significativamente. Le autorità<br />
regolatorie richiedono spesso di<br />
illustrare le metodologie per la gestione<br />
di questi dati e non di rado vengono<br />
richieste attività di gap assessment per<br />
individuare le principali lacune in questo<br />
ambito. Tali mancanze non richiedono<br />
necessariamente nuovi investimenti per<br />
aggiornare i sistemi di controllo, ma<br />
possono essere colmate anche grazie<br />
all’ottimizzazione delle procedure, che<br />
permette di ridurre i rischi di perdita dei<br />
dati o della loro non conformità.<br />
76
makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />
Un’altra problematica rilevante che<br />
sovente ci troviamo ad affrontare è<br />
legata alla corretta gestione delle utility<br />
di processo a impatto GMP, come<br />
acqua, azoto e gas, soggetta a un<br />
controllo sempre più stringente da parte<br />
degli enti regolatori. La qualità di queste<br />
utility, infatti, impatta direttamente sulla<br />
qualità del prodotto finale. Si tratta di<br />
sistemi impiegati in maniera estesa in<br />
tutto lo stabilimento, che subiscono<br />
spesso diverse modifiche nel corso<br />
degli anni. Gli aggiornamenti degli<br />
impianti, però, non vengono sempre<br />
eseguiti – e documentati – in maniera<br />
corretta, seguendo le migliori pratiche<br />
per garantirne il corretto funzionamento<br />
e il mantenimento della qualità nel<br />
tempo e questo genera problemi anche<br />
in fase di verifica da parte degli enti.<br />
Anche la giustificazione delle attività di<br />
mappatura, taratura, manutenzione e<br />
riqualifica degli impianti sta accrescendo<br />
la sua importanza, con le autorità che<br />
avanzano richieste sempre più stringenti.<br />
Anche in questo caso, però, le attività<br />
eseguite dalle aziende non sono<br />
sempre svolte con una metodologia e<br />
un razionale sufficientemente solidi in<br />
termini di tempi, procedure e attività.<br />
INTERVENIRE<br />
PRECOCEMENTE<br />
Come in molti altri casi, l’ottimizzazione<br />
dei sistemi si rivela più efficace ed<br />
economica se viene condotta fin dalle<br />
prime fasi di progettazione. Questo<br />
ovviamente è più facilmente applicabile<br />
ai nuovi progetti. In questi casi, il<br />
coinvolgimento di società specializzate<br />
come PVS già nelle prime fasi di<br />
progettazione consente di ottimizzare<br />
le attività di qualifica evitando inutili<br />
duplicazioni e riducendo tempi e costi<br />
di intervento. Eseguire le attività del<br />
FAT (Factory Acceptance Test) presso i<br />
fornitori ci consente spesso di eseguire<br />
alcuni specifici test in modo più efficiente<br />
e di individuare eventuali problematiche<br />
quando gli impianti sono ancora nuovi e<br />
le modifiche possono essere apportate<br />
in modo più immediato ed efficace.<br />
IL RUOLO DEL<br />
RISK ASSESSMENT<br />
In questo contesto così complesso esiste<br />
però uno strumento particolarmente<br />
efficace per aiutare le aziende a gestire<br />
le richieste sempre più numerose e<br />
complesse delle autorità regolatorie.<br />
Si tratta del “risk assessment” o analisi<br />
del rischio, la valutazione sistematica e<br />
metodica mirata a identificare i potenziali<br />
rischi, valutare la probabilità che<br />
accadano, e definire eventuali misure<br />
preventive e di mitigazione. Proprio per<br />
sostenere le imprese nelle sfide sempre<br />
più complesse che devono affrontare,<br />
la linea guida di riferimento (ICH Q9) è<br />
stata recentemente aggiornata.<br />
Nel tempo, una delle principali<br />
criticità emerse nell’analisi del rischio<br />
riguarda l’incidenza della componente<br />
soggettiva nel processo di valutazione.<br />
Per garantire una stima affidabile è<br />
infatti fondamentale che si adotti un<br />
approccio più oggettivo possibile<br />
riducendo al minimo il ricorso a<br />
valutazioni discrezionali. Per raggiungere<br />
questo obiettivo è necessario definire<br />
una procedura solidamente strutturata<br />
che specifichi con chiarezza quali sono<br />
i fattori da considerare per definire<br />
il rischio in modo oggettivo e senza<br />
incorrere in valutazioni personali.<br />
Tipicamente, i fattori da analizzare<br />
per identificare il rischio e le eventuali<br />
priorità sono:<br />
la severità di impatto sul prodotto<br />
la probabilità che il rischio si verifichi<br />
la capacità del sistema di rilevare una<br />
failure<br />
I VANTAGGI DELLA<br />
MULTIDISCIPLINARIETÀ<br />
Un elemento che può contribuire<br />
in modo sostanziale ad ottenere<br />
una valutazione oggettiva è il<br />
coinvolgimento di diverse figure<br />
professionali, con competenze<br />
complementari. In questi casi, infatti, la<br />
presenza di un team multidisciplinare si<br />
rivela un fattore cruciale per la riuscita<br />
ottimale dell’attività. Spesso PVS viene<br />
coinvolta per portare una visione<br />
esterna rispetto a chi lavora all’interno<br />
della struttura e potrebbe affidarsi a<br />
una prospettiva limitata alla tipologia<br />
di impianto che gestisce e conosce. In<br />
queste situazioni, il miglior risultato nelle<br />
attività di analisi del rischio si ottiene<br />
proprio quando riusciamo a coinvolgere<br />
diversi dipartimenti come ingegneria,<br />
manutenzione, produzione, qualità<br />
e talvolta anche la parte di controllo<br />
qualità.<br />
PVS<br />
Nata come spin off di una società di<br />
ingegneria del settore farmaceutico,<br />
PVS Srl – società specializzata in servizi<br />
di convalida e qualifica a carattere<br />
GxP – festeggia quest’anno i suoi primi<br />
dieci anni di vita con un bilancio più che<br />
soddisfacente: dai 4 soci fondatori, il<br />
numero di operatori è passato agli attuali<br />
45 collaboratori, mentre il parco clienti ha<br />
superato quota 90. L’attività di PVS spazia<br />
dalla consulenza ai servizi di convalida<br />
e qualifica a carattere GxP, nonché la<br />
consulenza, assistenza e convalida per<br />
gli analizzatori di carbonio organico totale<br />
(TOC) a uso farmaceutico ed elettronico.<br />
Elemento chiave per poter mitigare le<br />
criticità e garantire la migliore qualità<br />
di prodotto è considerata l’attività di<br />
Risk Assessment (ICH Q9) che PVS è in<br />
grado di sviluppare attraverso differenti<br />
metodologie, integrando ove necessario<br />
strumenti per la preventiva mappatura dei<br />
processi.<br />
PVS Srl – Process Validation Service<br />
Via Varese 6/B, 20037<br />
Paderno Dugnano (MI)<br />
Tel 02 83595688<br />
e-mail info@pvsgroup.it<br />
77
per<br />
PRINCIPI ATTIVI ED ECCIPIENTI<br />
FARAVELLI PARTECIPA A CPHI<br />
Dopo il successo del salone Making Pharmaceuticals di Milano, Faravelli Pharma<br />
Division e Deltapharma parteciperanno anche alla kermesse di Barcellona, una<br />
delle principali manifestazioni internazionali dell’industria farmaceutica<br />
Faravelli Pharma Division e<br />
Deltapharma – dal 2021 parte<br />
del Gruppo – confermano la<br />
partecipazione alla prossima<br />
edizione di CPhI (Convention on<br />
Pharmaceutical Ingredients) in<br />
programma a Barcellona dal 24 al<br />
26 ottobre.<br />
CPhI sarà un palcoscenico di<br />
grande valore per presentare<br />
la gamma di principi attivi ed<br />
eccipienti e stabilire nuove<br />
connessioni significative con<br />
professionisti e aziende del<br />
farmaceutico, industria in cui<br />
Faravelli opera oramai da diversi<br />
decenni con successo.<br />
Oltre alla qualità delle materie<br />
prime, le aziende del settore hanno<br />
sempre apprezzato il servizio<br />
messo a disposizione per garantire<br />
soluzioni complete, continuative e<br />
su misura.<br />
La vicinanza e il confronto con<br />
i clienti hanno fatto emergere<br />
l’esigenza condivisa di<br />
un’estensione della gamma di<br />
prodotti offerti, che accanto agli<br />
eccipienti, cavallo di battaglia sin<br />
dagli esordi e per lungo tempo il<br />
cuore dell’offerta merceologica,<br />
comprendesse finalmente anche i<br />
principi attivi (APIs).<br />
UN SETTORE IN<br />
TRASFORMAZIONE<br />
Negli ultimi anni il settore dei<br />
principi attivi sta vivendo una fase<br />
di rapida crescita e cambiamento,<br />
con un focus crescente sulla<br />
qualità, la conformità normativa,<br />
l’innovazione tecnologica e la<br />
personalizzazione dei trattamenti.<br />
Le normative e le esigenze di<br />
mercato stanno plasmando<br />
l’industria in tutto il mondo.<br />
Negli ultimi decenni il settore<br />
ha registrato un progressivo<br />
trasferimento delle attività<br />
di produzione di APIs dai<br />
mercati occidentali – altamente<br />
regolamentati – verso Paesi a basso<br />
costo, in particolare Cina e India<br />
che nel tempo di sono imposti<br />
come i principali fornitori mondiali<br />
di APIs e intermedi. Sebbene<br />
abbia portato indubbi vantaggi<br />
in termini economici, questo<br />
fenomeno ha anche comportato<br />
una crescente dipendenza della<br />
78
makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />
catena di approvvigionamento<br />
globale da questi Paesi i cui rischi<br />
sono emersi con evidenza nel<br />
periodo dell’emergenza Covid-19.<br />
Il Parlamento europeo ha lanciato<br />
l’allarme segnalando che dal 60<br />
all’80% dei principi chimici attivi dei<br />
farmaci vengono prodotti al di fuori<br />
dell’UE, principalmente in Cina e<br />
in India, rispetto al 20% di 30 anni<br />
fa. Proprio la crisi per la carenza<br />
di materie prime ha indotto molte<br />
aziende occidentali a intraprendere<br />
azioni di reshoring.<br />
L’ACQUISIZIONE<br />
DI DELTAPHARMA<br />
Secondo il Global active<br />
pharmaceutical ingredients (API)<br />
market report del 2021, il mercato<br />
degli APIs raggiungerà un valore di<br />
$265,3 miliardi entro il 2026. Questo<br />
dato suggerisce una proiezione di<br />
sviluppo significativa nel settore<br />
dei principi attivi farmaceutici nei<br />
prossimi anni.<br />
In continuità con una politica di<br />
“diversificazione” che l’azienda ha<br />
sempre messo in atto sia in ambito<br />
merceologico che geografico,<br />
Faravelli ha deciso di investire<br />
in questo ambito e nel 2021 ha<br />
acquisito la spagnola Deltapharma<br />
S.L., specializzata nella<br />
distribuzione di APIs e autorizzata<br />
all’importazione da Paesi extra UE.<br />
L’ingresso di Deltpharma ha<br />
consentito a Faravelli di rafforzarsi<br />
in Spagna e di creare importanti<br />
sinergie a livello globale.<br />
Faravelli ha potenziato l’attività<br />
di scouting di fornitori e investito<br />
in personale specializzato,<br />
coinvolgendo tutte le sedi estere<br />
del gruppo per dare vita a una<br />
rete commerciale competitiva e<br />
capillare.<br />
Sebbene il settore farmaceutico<br />
rimanga abbastanza tradizionalista,<br />
il progetto ha suscitato sin<br />
da subito un certo interesse,<br />
come evidenziato dalla recente<br />
partecipazione di Faravelli al salone<br />
Making Pharmaceuticals, svoltosi a<br />
fine marzo a Milano.<br />
Ora l’azienda si prepara per<br />
CPhI Barcellona, evento di<br />
grande rilevanza per l’industria<br />
farmaceutica, che fornisce un<br />
ambiente stimolante per esplorare<br />
nuove opportunità di business,<br />
condividere conoscenze e scoprire<br />
le ultime tendenze e innovazioni<br />
nel settore delle materie prime<br />
farmaceutiche.<br />
Faravelli e Deltapharma vi<br />
aspettano quindi a Barcellona<br />
dal 24 al 26 ottobre, stand 7A20.<br />
Faravelli Pharma<br />
Faravelli Pharma è la divisione di<br />
Giusto Faravelli SpA specializzata<br />
nella distribuzione di eccipienti<br />
e materie prime per l’industria<br />
farmaceutica, un settore è di<br />
fondamentale importanza per<br />
garantire la produzione di farmaci<br />
sicuri ed efficaci. Faravelli si<br />
impegna a fornire prodotti di alta<br />
qualità, provenienti dai maggiori<br />
produttori a livello mondiale. In<br />
particolare, l’azienda è specializzata<br />
nell’eccipientistica per forme solide,<br />
semi-solide e liquide, ingredienti<br />
utilizzati per favorire la stabilità, la<br />
conservazione, la somministrazione<br />
e l’assorbimento delle preparazioni<br />
farmaceutiche: diluenti, leganti,<br />
disgreganti, lubrificanti, glidanti,<br />
amidi e derivati, polialcoli, zuccheri,<br />
dolcificanti, viscosizzanti, conservanti,<br />
correttori di ph, plasticizzanti,<br />
opacizzanti, agenti filmanti, coloranti,<br />
principi attivi.<br />
Giusto Faravelli S.p.A.<br />
via Medardo Rosso 8, 20159 Milano (MI)<br />
Tel. +39 02 697171<br />
pharma@faravelli.it<br />
79
EIPG<br />
European Industrial<br />
Pharmacists Group<br />
STRATEGIE CONTRO L’AMR<br />
Flessibilità regolatoria<br />
Un report di Icmra offre una<br />
panoramica sui nuovi approcci<br />
sperimentati dalle agenzie<br />
regolatorie per affrontare<br />
efficacemente la minaccia<br />
dell’antimicrobico-resistenza<br />
La resistenza antimicrobica (AMR) è la conseguenza delle<br />
mutazioni che permettono ai batteri di sopravvivere ai<br />
trattamenti farmacologici. I ceppi resistenti spesso possono<br />
essere affrontati solo con un limitato numero di opzioni<br />
terapeutiche: secondo un’analisi statistica pubblicata da<br />
The Lancet sono state circa 1,27 milioni le morti nel 2019<br />
causate da una mancata risposta terapeutica ai trattamenti<br />
disponibili.<br />
Come parte dei suoi sforzi contro l’AMR, l’International<br />
coalition of medicines regulatory authorities (Icmra) ha<br />
pubblicato un report che include diversi casi studio che<br />
discutono le pratiche migliori nel campo della resistenza<br />
antimicrobica, sia normative che non normative. Il report<br />
è stato redatto dal gruppo di lavoro Icmra guidato da<br />
Health Canada che coinvolge anche L’Agenzia europea<br />
per i medicinali (Ema), la Medicines and healthcare<br />
products regulatory agency (Mhra) inglese e numerose<br />
altre agenzie regolatorie in tutto il mondo, quella svedese<br />
particolarmente presente. Di seguito vengono presentati<br />
alcuni tra i casi più interessanti.<br />
La Biomedical advanced research and development<br />
authority (Barda) americana è leader nell’innovazione<br />
e nella promozione dello sviluppo di nuove terapie<br />
antimicrobiche, affiancata dalla partnership con le industrie<br />
farmaceutiche. Servono infatti approcci innovativi per<br />
sviluppare i database necessari per la revisione regolatoria<br />
che possano essere applicati ad alcune terapie non<br />
tradizionali. L’obiettivo principale di Barda è lo sviluppo di<br />
nuovi antimicrobici capaci di curare infezioni batteriche<br />
secondarie resistenti agli antibiotici e di contrastare<br />
infezioni da bioterrorismo. Secondo lo studio, l’unione di<br />
forze pubbliche e private è il metodo migliore per gestire<br />
i progetti di ricerca e sviluppo e arrivare all’approvazione<br />
della normativa da parte della Food and drugs<br />
administration (Fda).<br />
Cosa ci ha insegnato Covid-19<br />
sulle semplificazioni regolatorie<br />
La pandemia da Covid-19 ha creato l’urgenza, mai<br />
verificatasi prima, di accedere alle cure in una modalità<br />
improvvisamente accelerata che non sarebbe stata<br />
compatibile con le normative allora vigenti. In risposta,<br />
le autorità di regolamentazione internazionali si sono<br />
adattate a questa crescente pressione applicando una<br />
flessibilità normativa che soddisfacesse le esigenze<br />
emergenti e le criticità causate dalla pandemia. Nel 2020,<br />
quindi, è stata introdotta una normativa temporanea e<br />
nuove misure di transizione sono state approvate nel 2021.<br />
Come è noto, in quella fase sono stati velocizzati e facilitati<br />
diversi studi clinici per la sperimentazione di vaccini anti<br />
80
makinglife | settembre <strong>2023</strong><br />
Covid-19, gettando le basi per ridurre dle tempistiche di<br />
approvazione.<br />
Antimicrobici a uso veterinario<br />
Per più di dieci anni, l’analisi dei dati relativi alle vendite<br />
ha mostrato che una significativa quantità di antibiotici<br />
veniva somministrata ad animali destinati alla produzione<br />
alimentare; tra questi, molti sono anche a uso umano<br />
e, anzi, alcuni di essi sono essenziali nel trattamento di<br />
infezioni estremamente pericolose. L’importanza di questi<br />
farmaci per la cura di malattie umane rinforza la necessità<br />
di promuovere un uso responsabile in ambito veterinario<br />
per limitare la diffusione di microrganismi patogeni<br />
resistenti sia nell’uomo che negli animali. Nel 2018 il<br />
Canada ha imposto la rendicontazione dei volumi di vendita<br />
annuali di antimicrobici importanti per la medicina umana<br />
venduti per uso animale e i dati ottenuti sono conservati e<br />
analizzati dal Veterinary drugs dictatorate.<br />
causa. Questa azione, al di là dell’esito positivo auspicabile<br />
nei confronti della tirotricina, sta avendo un impatto più che<br />
positivo sull’educazione del grande pubblico, che viene così<br />
sensibilizzato a un utilizzo responsabile degli antibiotici.<br />
Antibiogrammi selettivi<br />
Generalmente, la scelta dell’antimicrobico più appropriato<br />
si basa su un antibiogramma, un test di laboratorio usato<br />
per valutare la sensibilità e la resistenza di batteri isolati<br />
sottoposti a diverse sostanze antimicrobiche. Il report<br />
della Icmra presenta il caso studio della Swedish medical<br />
products agency (Smpa), che si sta occupando dell’uso e<br />
della refertazione selettiva di antibiogrammi applicati alle<br />
colture urinarie di Enterobacteraceae da pazienti con i<br />
sintomi da cistite, descrivendo come i tassi di prescrizione<br />
di alcuni tipi di antibiotici siano cambiati nel tempo.<br />
Restrizioni sugli antibiotici<br />
senza prescrizione<br />
Quando si affronta la questione della resistenza<br />
antimicrobica è fondamentale non trascurare la<br />
movimentazione di composti contenenti antibiotici<br />
acquistabili senza prescrizione medica. La loro disponibilità<br />
andrebbe monitorata e aggiornata per garantire che rifletta<br />
accuratamente eventuali aggiornamenti clinici e, cosa<br />
ancor più importante, per evitarne l’abuso in gran parte<br />
responsabile del fenomeno di resistenza a cui stiamo<br />
assistendo.<br />
Un esempio di intervento è l’azione svolta dalla britannica<br />
Medicines and healthcare products regulatory agency<br />
(Mhra) che si è concentrata sul caso di un medicinale in<br />
pastiglie contenente tirotricina, un prodotto disponibile nelle<br />
farmacie dal 1968. Già nel 2018 questo farmaco era stato<br />
sottoposto a una restrizione in seguito all’uscita di una<br />
guida da parte del National health service sulle prescrizioni<br />
consigliate per il trattamento di forti mal di gola che<br />
invitava a non offrire questo principio attivo come primo<br />
trattamento. La commissione britannica sulla medicina<br />
umana sta considerando la richiesta di Mhra di rimuovere<br />
del tutto questo prodotto dal mercato, o quanto meno di<br />
riformularlo escludendo il principio attivo antibiotico in<br />
Feedback sui dati del medico<br />
prescrittore<br />
Smpa ha anche richiesto i feedback dai medici per quanto<br />
riguarda le loro prescrizioni antibiotiche. Questo strumento<br />
di raccolta delle prescrizioni è stato implementato a<br />
diversi livelli: oltre che nazionale, anche regionale, locale<br />
e persino individuale, in modo da ottenere il maggior<br />
numero di informazioni e cercare di influenzare le abitudini<br />
di prescrizione. Le informazioni dei medici sono definite<br />
ad alta risoluzione (attraverso dei codici identificativi del<br />
medico prescrittore) e vengono usate per elaborare i trend<br />
più rilevanti. Le statistiche sull’uso degli antibiotici a livello<br />
nazionale e regionale sono accessibili gratuitamente presso<br />
il sito del National board of health and welfare.<br />
Riferimenti<br />
4Icmra, “Antimicrobial resistance best practices working<br />
group report and case studies”, 2022<br />
4The Lancet, “Global burden of bacterial antimicrobial<br />
resistance in 2019, a systematic analysis”, 2022<br />
4National Board of Health and Welfare (Socialstyrelsen) –<br />
Government.se<br />
81
NUMERO 4 - SETTEMBRE <strong>2023</strong><br />
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