Ormai è passato quasi un - Innovare
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L’editoriale<br />
<strong>Ormai</strong> <strong>è</strong> <strong>passato</strong> <strong>quasi</strong> <strong>un</strong><br />
anno dall’inizio “ufficiale”<br />
della crisi, ma gli imprenditori<br />
fanno ancora i conti<br />
con i suoi effetti più destabilizzanti.<br />
La maggioranza di loro den<strong>un</strong>cia<br />
cali di ordini e fatturato<br />
che si aggirano tra il 30 e i 70% e anche l’accesso al<br />
credito <strong>è</strong> diventato più difficile per <strong>un</strong> imprenditore su<br />
tre. Questa situazione di sofferenza crea scompensi all’intero<br />
Sistema Italia, perché la nostra economia si<br />
fonda sulla piccola e media impresa. Si pensi che nel<br />
nostro Paese le aziende manifatturiere che superano i<br />
500 addetti sono poco più di 500, a fronte di <strong>un</strong> tessuto<br />
industriale composto da oltre 640 mila imprese.<br />
Le pmi costituiscono quindi più del 99% dell’industria<br />
nazionale, con <strong>un</strong>a superiorità numerica che non può<br />
essere trascurata.<br />
Il clima <strong>è</strong> di emergenza, soprattutto per ciò che riguarda<br />
l’occupazione. Già nei primi quattro mesi dell’anno<br />
abbiamo superato il monte ore di cassa integrazione<br />
di tutto il 2008 e il trend non accenna a diminuire,<br />
anzi. Senza contare che la cassa integrazione<br />
così com’<strong>è</strong> rappresenta <strong>un</strong> palliativo che offre però poche<br />
prospettive. Sarebbe saggio impiegare le ore di Cig<br />
in formazione. Infatti, lasciando il personale a casa<br />
senza permettergli di accrescere il suo bagaglio professionale<br />
e culturale si rischia tra qualche tempo, a crisi<br />
passata, di non essere più in grado di aggredire il<br />
mercato. Perché crescita tecnologica e l’innovazione<br />
passano necessariamente dalla formazione.<br />
Purtroppo, se non cambia qualcosa nelle prossime settimane<br />
<strong>è</strong> probabile che molte imprese saranno costrette<br />
a ricorrere a licenziamenti. Una nostra ricerca tra<br />
gli associati Confapi rileva che dai 150 ai 400 mila lavoratori<br />
rischiano la disoccupazione. La strada quindi<br />
resta in salita. Il 2009 metterà a dura prova la solidità<br />
delle pmi italiane, e anche sul fronte occupazionale<br />
resterà lo stato di allerta. Anche se nelle ultime<br />
settimane c’<strong>è</strong> stato qualche tiepido segnale di stabilizzazione,<br />
per uscire dal periodo buio si dovrà aspettare<br />
ancora.<br />
Il problema com<strong>un</strong>que non <strong>è</strong> tanto quando finirà la<br />
fase nera, ma soprattutto come ne uscirà il tessuto<br />
produttivo nazionale e se saremo in grado di ritornare<br />
alla competitività di <strong>un</strong> tempo, integrandoci coi<br />
nuovi scenari di mercato che si apriranno nell’era post<br />
crisi.<br />
Finora si <strong>è</strong> pensato a salvare le banche e le grandi<br />
aziende. Quando toccherà alle piccole e medie imprese?<br />
Di sicuro non saranno le parole rassicuranti a salvarle.<br />
Non ci stancheremo mai di ripeterlo: dal Governo<br />
devono arrivare provvedimenti semplici, che diano<br />
<strong>un</strong>a boccata di ossigeno immediata alle imprese,<br />
prima che sia davvero troppo tardi. Non si deve trattare<br />
di aiuti a pioggia, devono essere legati al merito e<br />
riservati a quelle aziende che si sforzano di mantenere<br />
la manodopera e la produzione in Italia. Gli imprenditori<br />
non chiedono soldi, vogliono solo conservare<br />
i loro. Tra le misure auspicabili, avevamo proposto ai<br />
tavoli istituzionali l’esonero dell’acconto fiscale che le<br />
aziende sono tenute a pagare nel mese di giugno perché<br />
<strong>è</strong> davvero assurdo che le imprese in crisi si trovino<br />
a finanziare lo Stato. Ma bisogna intervenire anche<br />
sugli anticipi d’Iva, che chiediamo di versare per cassa<br />
fino a 50 milioni di ricavi, e non più in acconto. Infine,<br />
urge <strong>un</strong> provvedimento che obblighi la Pubblica<br />
Amministrazione a saldare le fatture delle aziende in<br />
tempi ragionevoli.<br />
Serve <strong>un</strong>a veloce inversione di rotta, perché la crisi non<br />
ammette ritardi. E l’Europa <strong>è</strong> già <strong>un</strong> passo avanti rispetto<br />
a noi. La Spagna ad esempio, nonostante si<br />
preveda <strong>un</strong> calo del Pil inferiore al nostro, attuerà<br />
quello che Confapi reclama in Italia da tempo: politiche<br />
di sostegno concreto per le piccole e medie imprese,<br />
legate ad <strong>un</strong> principio di premialità. Aiuti non per<br />
tutti, quindi, ma solo a chi si impegna a non licenziare.<br />
Ma anche la Francia farà <strong>un</strong> passo importante a<br />
favore delle imprese, sopprimendo la tassa professionale<br />
(l’Irap francese).<br />
Ora tocca a noi. La crisi ha permesso a tutto il mondo<br />
politico ed economico di riconoscere il valore strategico<br />
della pmi per la solidità di <strong>un</strong>a nazione. È tempo<br />
che questa consapevolezza si tramuti in <strong>un</strong> supporto<br />
concreto, nella vera volontà di proteggere il patrimonio<br />
economico e sociale di cui le piccole e medie imprese<br />
sono il volto, la voce e la speranza .<br />
Altrimenti la ripresa rappresenterà soltanto <strong>un</strong>’altra<br />
occasione persa.<br />
Paolo Galassi<br />
Presidente Confapi<br />
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