NO TIZIARIO TRIMESTRALE DEL COMUNE DI RABBI

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<strong>RABBI</strong>nforma Alla famiglia dell’Albergo Stella Nel ricevere oggi la comunicazione di chiusura dell’Albergo Stella, storica insegna di buona accoglienza del nostro Comune, provo una sensazione di personale rammarico di cui desidero parteciparvi, non certo per chiedere un cambiamento delle vostre decisioni che sono sicuramente comprensibili e legittime, ma per esprimere un pensiero di riconoscenza per il servizio effettuato nel pubblico interesse da parte della vostra famiglia. Agli atti del 1969, ho trovato, infatti, il passaggio delle licenze della Signora Mengon Penasa Domenica, al Sig. Antonio Penasa. Non posso quindi non ricordare il lungo periodo nel quale molti passaggi significativi della vita pubblica (incontri ufficiali, cerimonie, ricorrenze) e della vita privata (battesimi, prime comunioni, nozze, anniversari, feste dei coscritti, ecc.), sono passati dal “Toni di Poli”, come confidenzialmente era indicato il bar ristornate Albergo Stella. Tutti questi incontri sempre contraddistinti da un ottimo servizio, con complimenti particolari per una cucina curata, dai sapori genuini, che ha sempre mantenuto alta la qualità anche quando questa non era scritta nei manuali. Per questo un grande e affettuoso ringraziamento va alla Signora Raffaella, vera regina della cucina. Molti ospiti della valle di Rabbi hanno beneficiato della vostra ospitalità, e fra questi in particolare, desidero ricordare il pianista Arturo Benedetti Michelangeli che citava “Lo Stella”, per la qualità del ristorante ed anche per l’amicizia che sempre la famiglia Penasa gli aveva dimostrato durante la sua lunga permanenza in Val di Rabbi. Sono solo piccoli ricordi, con grandi omissioni, di cui mi scuso ma con i quali desidero testimoniarvi personalmente e a nome dell’Amministrazione, la gratitudine e la riconoscenza per il lavoro svolto e per la qualità del servizio offerto ai nostri valligiani e a tutti gli ospiti della nostra valle. Penasa Franca Sindaco di Rabbi Foto fine anni ‘800, con la depandance e il “Gloriet”, a quel tempo molto di moda.
Parlar (e scriver) Rabies Parte l’ambizioso progetto per creare un dizionario della nostra parlata Ogni anno nel mondo scompaiono, si estinguono, moltissime lingue e dialetti. Ed è un grande peccato, una grande perdita, perché la lingua che si parla è un fondamentale elemento della propria identità, del proprio modo di essere. E quando una lingua scompare vuol dire che insieme ad essa è scomparsa la cultura, la civiltà, nella quale tale lingua è nata e si è sviluppata. Globalizzazione è una parola fin troppo sfruttata, ma nel caso della scomparsa di lingue e civiltà minoritarie è proprio il caso di usarla: di fronte al potere economico e al bombardamento dei mezzi di comunicazione si tende a diventare tutti uguali, ad omologarsi a un modello molto semplice e basato sul consumo. Persino nei villaggi sperduti, fra la gente più povera del pianeta, arrivano le parabole tv, arriva la pubblicità… e alla fine scompaiono le culture più deboli. Per fortuna il nostro rabies non corre ovviamente questo rischio, visto che da noi lo usano regolarmente… pressoché tutti: giovani e anziani, donne e uomini, genitori e figli, anche piccoli, molto più dell’italiano. Il fatto che il rabies sia la prima lingua della nostra comunità non lo preserva però da tutti i “rischi”. Nessuna lingua viva è immobile, ma tende invece a trasformarsi nel tempo e questo è un fenomeno normale al quale sarebbe assurdo opporsi. Ma se i cambiamenti significano solo veloce impoverimento e semplice adesione ad altri modi di parlare… sarà forse il caso di fermarsi a riflettere. Il rabies che si parla oggi è già molto diverso e meno caratterizzato di quello che si parlava due o tre decenni fa. La tendenza è a renderlo sempre più simile al solandro o al trentino, da cui si importano pronuncia, sintassi, espressioni e vocaboli. A volte si fa ricorso anche all’italiano. Il risultato è che il rabies va perdendo, costantemente e velocemente, le proprie peculiarità e la propria ricchezza. Per questo ci siamo dati da fare per sviluppare, come peraltro avevamo promesso nel programma elettorale, una ricerca sul rabies che porti prima di tutto a raccogliere, fra quanto è stato registrato in passato (in vocabolari, tesi di laurea re studi) e direttamente sul territorio, il materiale che servirà a produrre un dizionario, anche digitale, ed eventualmente altre pubblicazioni. L’idea è quella di attivare un progetto che coinvolga più persone possibile, per farle partecipare ad un vivace gruppo di lavoro. Prima ancora di raccogliere ed “immagazzinare” la prima parola, dovremo però affrontare il problema di come scrivere il rabies, che non ha una propria ortografia. Bene, insieme la creeremo, con l’aiuto di un gruppo di studiosi che abbiamo già individuato. Poi ci sono le differenze tre le frazioni, a volte molto significative, e anche di queste bisognerà tenere conto. Fondamentale sarà infine la collaborazione degli anziani, in particolare le donne, perché proprio loro sono le naturali custodi dei vocaboli e dei modi di dire più “puri”. A fornire indicazioni tecniche e aiuto organizzativo sarà un gruppo di specialisti davvero molto qualificati ed esperti. È prevista infatti la costante supervisione da parte di docenti di linguistica dell’Università di Milano-Bicocca, di Vaasa (Finlandia), di ricercatori del progetto SPELL (Servisc de Planificazion y Elaborazion dl Lingaz Ladin) di Ortisei e di ingegneri informatici della società OpenLab di Firenze. Il supporto degli studiosi è una garanzia affinché le energie che i rabiesi metteranno in campo producano qualcosa di concreto, serio e ben fatto anche dal punto di vista scientifico. In pratica a breve, dopo aver definito con i tecnici le linee guida del progetto almeno nella sua fase iniziale, organizzeremo una prima riunione pubblica alla quale tutti saranno invitati. Ci auguriamo che questo progetto, aperto al contributo ed alle idee di tutti, stimoli l’interesse delle persone, così come della scuola e delle associazioni. È scontato che le giovani generazioni, per potersi realizzare pienamente nel lavoro e nella vita, debbano saper comunicare perfettamente in italiano e sarà opportuno che abbiano anche ottime capacità di esprimersi in inglese e in tedesco. Ma questo non vuol dire che debbano dimenticarsi il rabies. Anzi! Secondo noi la nostra parlata è un grande patrimonio, una ricchezza che va difesa e conservata. E proprio questo è l’obbiettivo del progetto che porteremo avanti insieme. Ettore Zanon <strong>RABBI</strong>nforma
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