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LA PAZIENZA

Marzo 2013 N° 116 - Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Torino

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dalla commissione pari opportunità<br />

Il codice deontologico europeo<br />

non offre particolari differenze,<br />

infatti, l’avvocato che compare<br />

innanzi a un giudice o che partecipa<br />

ad un procedimento deve<br />

rispettare le norme deontologiche<br />

applicabili davanti a tale<br />

autorità giudiziaria, deve in ogni<br />

circostanza rispettare il principio<br />

del contraddittorio durante i dibattimenti,<br />

pur comportandosi<br />

sempre con rispetto e lealtà nei<br />

confronti del giudice, deve difendere<br />

il cliente in maniera coscienziosa<br />

e senza timori, senza tenere<br />

conto dei propri interessi o delle<br />

conseguenze per se stesso o per<br />

chiunque altro, non potrà mai<br />

comunicare consapevolmente al<br />

giudice informazioni false o fuorvianti.<br />

Il codice europeo ricorda che la<br />

colleganza impone rapporti di<br />

resse<br />

dei clienti e per evitare procedimenti<br />

inutili e ogni altra condotta<br />

che possa pregiudicare la<br />

reputazione dell’avvocatura; essa<br />

non deve mai far anteporre gli interessi<br />

dell’avvocatura a quelli del<br />

cliente e che il rapporto di colleganza<br />

è tale anche superando le<br />

frontiere.<br />

Ora se abbiamo detto che le regole<br />

di correttezza e lealtà debbono<br />

reggere la condotta degli<br />

avvocati nei confronti delle avvocate<br />

e dei magistrati donne,<br />

dobbiamo chiederci se le donne<br />

a loro volta debbono tenere con-<br />

culiari.<br />

Un’altra osservazione di carattere<br />

generale è l’atteggiamento (che<br />

non è ancora condotta e che potrebbe<br />

non essere del tutto censurabile)<br />

che vogliamo o, piuttosto,<br />

dobbiamo assumere noi<br />

donne nei confronti di tutti gli<br />

uomini che incontriamo nel nostro<br />

lavorare per la giustizia.<br />

La donna ha sempre compiti<br />

estranei alla professione che la<br />

onerano di maggiori incombenze,<br />

e il tempo per loro è prezioso.<br />

Perché non ridare la giusta valutazione<br />

a tale elemento? Perché<br />

non suggerire strumenti idonei<br />

a ridurre i “tempi morti” riacquistando<br />

spazi altrimenti perduti.<br />

Perché non ricordarsi che, come<br />

suggeriva, già Aristotele il lavoro<br />

è quella necessaria fatica per ottenere<br />

il tempo libero da dedicare<br />

agli altri e dedicarci.<br />

Allora chiediamoci quali condotte<br />

le donne assumono nei palazzi<br />

di giustizia. E poniamo mente<br />

soprattutto a abbigliamento,<br />

messaggi subliminali, linguaggio,<br />

approcci.<br />

Quando cerchiamo di “usare” impropriamente<br />

il nostro essere<br />

donna? Quanto tali condotte offendono<br />

noi stesse e le altre donne?<br />

Quanto possono pregiudicare un<br />

ordinato svolgimento della giustizia?<br />

Essere donne è un privilegio che<br />

dobbiamo onorare non dimenticandoci<br />

che se la meta pare lontana<br />

non dobbiamo scoraggiarci<br />

perché insieme il cammino è più<br />

semplice.<br />

“Quanto manca alla vetta?“<br />

“ Tu sali e non pensarci! “<br />

(F. W Nietzsche) <br />

Intervento nell’ambito del Convegno “Le pari opportunità nella professione.<br />

Le esperienze del CPO negli ordini e la discriminazione nelle carriere forensi.<br />

Rapporti di colleganza tra avvocate e avvocati” Svoltosi a Torino presso il<br />

Palazzo di Giustizia il 24 ottobre 2012<br />

la Pazienza N.116 | 33 pagina

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