LivingSettembre2015
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DESIGN TOUR<br />
Lo scouter Andreas<br />
Murkudis (in alto,<br />
a destra) segnala tra i<br />
posti preferiti di Berlino<br />
l’antica profumeria<br />
Harry Lehmann (sopra)<br />
e l’hotel Das Stue con<br />
interior della designer<br />
Patricia Urquiola<br />
(sopra, a destra)<br />
05<br />
LA BERLINO DI MURKUDIS<br />
Entrare nello showroom di Andreas<br />
Murkudis in Potsdamer Strasse è<br />
un’esperienza concettuale. «Per mostrare<br />
la bellezza di un oggetto servono spazio<br />
e respiro. Ciascun pezzo ha una storia da<br />
rispettare, ma anche i miei clienti meritano<br />
il giusto ambiente per lasciarsi ispirare e<br />
avere la libertà di immaginare», commenta<br />
Murkudis. Il concept store che ha fondato<br />
nel 2003 propone un’impeccabile selezione<br />
di fashion brand di ricerca e manifatture<br />
di nicchia, e da subito si è imposto come<br />
punto di riferimento internazionale. Abiti,<br />
arredamento, libri, accessori, le scelte sono<br />
tutte sue. «Per esempio, la porcellana di<br />
Nymphenburg è ancora prodotta in un<br />
piccolo stabilimento in Baviera e ogni pezzo<br />
è fatto a mano». Nato a Dresda nell’allora<br />
Repubblica democratica tedesca, Murkudis<br />
136<br />
si trasferisce a Berlino ovest con la famiglia<br />
negli anni Settanta. Dopo gli studi in storia<br />
dell’arte diventa direttore esecutivo del<br />
Museum der Dinge, dedicato al design.<br />
«Sono legato a Berlino. Qui ho visto<br />
crescere e cambiare tutto. Questo posto ha<br />
il potere di stupirmi sempre». Nonostante<br />
i numerosi viaggi alla ricerca del meglio<br />
del design e della moda mondiale, Berlino<br />
è il luogo dove tornare per scoprire ogni<br />
volta qualcosa di nuovo o apprezzare<br />
le mille eredità del passato. Tra mastri<br />
profumieri d’inizio secolo, come Harry<br />
Lehmann, e eleganti gallerie come quella<br />
di Esther Schipper. Accanto al concept<br />
store di Murkudis, c’è chi vende oggetti<br />
religiosi nel negozio Ave Maria: «Ci vado<br />
spesso e lo adoro. Ho studiato storia<br />
dell’arte e il link con le icone lo sento ancora<br />
forte». Un’altra esperienza concettuale.