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Editoriale
Ma... ve lo ricordate
“Carosello?”
Non so se succede anche
a voi, ma quando non ho
tempo per seguire certe
situazioni in Tv mi piace
mettere in programmazione
il video registratore.
L’ho fatto anche quest’estate
quando ero via per le
vacanze e non ho potuto
seguire alcune puntate di
“Teche Teche tè” su Rai1.
Una volta tornato a casa
ho potuto rivederle con
calma. Sono rimasto letteralmente
affascinato della
Puntata dedicata a “Carosello.”
Il salto temporale è
stato immediato. Mi sono rivisto bambino, seduto a tavola con i
miei genitori. La televisione accesa durante la cena, il telegiornale,
l’attesa spasmodica per quella trasmissione con la sigla così allegra
e divertente che segnava il confine tra la giornata appena trascorsa
ed il momento di andare a dormire (c’era quella frase che diceva
“Dopo Carosello bambini… tutti a nanna!!). Era un momento
importante per la famiglia, di aggregazione. Significava stare tutti
insieme, sia pure per 10 minuti, dopo una dura giornata di lavoro.
Subito dopo gli adulti tornavano a fare gli adulti. Portavano avanti
le questioni di famiglia, si guardavano in santa pace in TV (per chi
ce l’aveva) un film, un dibattito, un quiz o ritrovavano un momento
di piacevole intimità. I bambini non potevano stare alzati oltre “Carosello”:
il giorno dopo si doveva andare a scuola o all’asilo e si doveva
essere “freschi e riposati”. Si poteva stare alzati solo il sabato
sera visto che la Domenica si poteva dormire qualche ora in più. In
quell’occasione tutta la famiglia si riuniva (in alcuni casi chiamando
i parenti) per vedere i varietà dell’epoca, quelli che lanciarono la
Carrà, Mina, Lelio Luttazzi, Alberto Lupo, Don Lurio. Tutti erano
rapiti e affascinati dalla potenza del tubo catodico che ti descriveva
un mondo fatto di paillets e lustrini che era ben diverso da quello
che la gente viveva nella realtà comune di tutti i giorni. Analizzando
a mente fredda oggi “Carosello” con tutta la cultura commerciale
che, volontariamente o involontariamente, abbiamo assorbito in
questi anni, ci si rende conto di come sia stata una perfetta Magic
Box in cui cinema, teatro, prosa e marketing (che all’epoca non
si chiamava ancora in questo modo) siano stati miscelati in modo
perfetto creando dei piccoli cortometraggi di un paio di minuti (in
alcuni casi dei veri e propri capolavori di regia) antenati degli spot
pubblicitari di quest’oggi (che durano al massimo 30 secondi). Chi
di noi non si ricorda L’attore Ernesto Calindri seduto ad un tavolino
in mezzo al traffico che brinda contro il logorio della vita moderna,
o l’uomo in ammollo interpretato dal mitico Franco Cerri? E
i filmati d’animazione? Nacquero personaggi come “Il gigante”,
“Joe Condor”, “Miguel sun semper mì” “L’uomo della linea continua”,
“Carmencita.” Noi, bambini del secolo scorso, impazzivamo
vedendo quelle cose e dire il vero ci emozioniamo ancora oggi visto
che entra in gioco la leva della nostalgia. Già, la nostalgia… non
soltanto per “Carosello” , ma per un periodo in cui era ancora viva
la speranza di un futuro migliore, che la televisione dell’epoca faceva
di tutto per alimentare. Guardate oggi. La pubblicità ha avuto
un’evoluzione incredibile e spettacolare. Vengono studiati i colori
che possano colpire l’acquirente, la velocità del linguaggio affinchè
sia più accattivante, i macchinari ed i computer più sofisticati per
la sua realizzazione, magari un testimonial famoso… ma manca
quello che invece c’era all’epoca: un anima, un’identità, una personalità
che ci faceva sentire parte di un insieme importante. Qualche
anno fa hanno riprovato a riproporre “Carosello” ma non ha avuto
lo stesso impatto sul pubblico di quello che abbiamo conosciuto
quando eravamo bambini.
Tra qualche anno, forse, “Carosello” sarà dimenticato, ma dentro
quelli della mia generazione sono convinto che rimarrà fino alla fine
il senso di meraviglia di quei filmati in bianco e nero e della gioia
per quei momenti di vita passati e condivisi con le persone a cui
abbiamo voluto bene.
di Fabio Villa
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