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Voci di Moda n.42

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Editoriale

Ma... ve lo ricordate

“Carosello?”

Non so se succede anche

a voi, ma quando non ho

tempo per seguire certe

situazioni in Tv mi piace

mettere in programmazione

il video registratore.

L’ho fatto anche quest’estate

quando ero via per le

vacanze e non ho potuto

seguire alcune puntate di

“Teche Teche tè” su Rai1.

Una volta tornato a casa

ho potuto rivederle con

calma. Sono rimasto letteralmente

affascinato della

Puntata dedicata a “Carosello.”

Il salto temporale è

stato immediato. Mi sono rivisto bambino, seduto a tavola con i

miei genitori. La televisione accesa durante la cena, il telegiornale,

l’attesa spasmodica per quella trasmissione con la sigla così allegra

e divertente che segnava il confine tra la giornata appena trascorsa

ed il momento di andare a dormire (c’era quella frase che diceva

“Dopo Carosello bambini… tutti a nanna!!). Era un momento

importante per la famiglia, di aggregazione. Significava stare tutti

insieme, sia pure per 10 minuti, dopo una dura giornata di lavoro.

Subito dopo gli adulti tornavano a fare gli adulti. Portavano avanti

le questioni di famiglia, si guardavano in santa pace in TV (per chi

ce l’aveva) un film, un dibattito, un quiz o ritrovavano un momento

di piacevole intimità. I bambini non potevano stare alzati oltre “Carosello”:

il giorno dopo si doveva andare a scuola o all’asilo e si doveva

essere “freschi e riposati”. Si poteva stare alzati solo il sabato

sera visto che la Domenica si poteva dormire qualche ora in più. In

quell’occasione tutta la famiglia si riuniva (in alcuni casi chiamando

i parenti) per vedere i varietà dell’epoca, quelli che lanciarono la

Carrà, Mina, Lelio Luttazzi, Alberto Lupo, Don Lurio. Tutti erano

rapiti e affascinati dalla potenza del tubo catodico che ti descriveva

un mondo fatto di paillets e lustrini che era ben diverso da quello

che la gente viveva nella realtà comune di tutti i giorni. Analizzando

a mente fredda oggi “Carosello” con tutta la cultura commerciale

che, volontariamente o involontariamente, abbiamo assorbito in

questi anni, ci si rende conto di come sia stata una perfetta Magic

Box in cui cinema, teatro, prosa e marketing (che all’epoca non

si chiamava ancora in questo modo) siano stati miscelati in modo

perfetto creando dei piccoli cortometraggi di un paio di minuti (in

alcuni casi dei veri e propri capolavori di regia) antenati degli spot

pubblicitari di quest’oggi (che durano al massimo 30 secondi). Chi

di noi non si ricorda L’attore Ernesto Calindri seduto ad un tavolino

in mezzo al traffico che brinda contro il logorio della vita moderna,

o l’uomo in ammollo interpretato dal mitico Franco Cerri? E

i filmati d’animazione? Nacquero personaggi come “Il gigante”,

“Joe Condor”, “Miguel sun semper mì” “L’uomo della linea continua”,

“Carmencita.” Noi, bambini del secolo scorso, impazzivamo

vedendo quelle cose e dire il vero ci emozioniamo ancora oggi visto

che entra in gioco la leva della nostalgia. Già, la nostalgia… non

soltanto per “Carosello” , ma per un periodo in cui era ancora viva

la speranza di un futuro migliore, che la televisione dell’epoca faceva

di tutto per alimentare. Guardate oggi. La pubblicità ha avuto

un’evoluzione incredibile e spettacolare. Vengono studiati i colori

che possano colpire l’acquirente, la velocità del linguaggio affinchè

sia più accattivante, i macchinari ed i computer più sofisticati per

la sua realizzazione, magari un testimonial famoso… ma manca

quello che invece c’era all’epoca: un anima, un’identità, una personalità

che ci faceva sentire parte di un insieme importante. Qualche

anno fa hanno riprovato a riproporre “Carosello” ma non ha avuto

lo stesso impatto sul pubblico di quello che abbiamo conosciuto

quando eravamo bambini.

Tra qualche anno, forse, “Carosello” sarà dimenticato, ma dentro

quelli della mia generazione sono convinto che rimarrà fino alla fine

il senso di meraviglia di quei filmati in bianco e nero e della gioia

per quei momenti di vita passati e condivisi con le persone a cui

abbiamo voluto bene.

di Fabio Villa

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