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scatti nel tempo 1 Associazione Castello Immagini - pubblicazion

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EL ALAMEIN: 23 ottobre 1942, una Leica in guerra<br />

Approfittando della sorpresa del<br />

soldato inglese, che era scivolato in<br />

avanti, Sala ebbe ancora la forza di<br />

estrarre la Beretta d’ordinanza e di<br />

sparare: caddero entrambi dentro la<br />

trincea, mentre sopra di loro decine<br />

di carri e centinaia di uomini dilagavano<br />

oltre le postazioni italiane.<br />

Alcune ore dopo Sala fu raccolto<br />

da un reparto inglese: la battaglia si<br />

era spostata di alcuni chilometri a<br />

ovest e ora gli italiani sopravissuti<br />

venivano rastrellati.<br />

Gli inglesi notarono che Sala era<br />

un ufficiale e, dopo aver controllato<br />

che fosse disarmato, lo misero insieme<br />

con altri ufficiali italiani prigionieri;<br />

tuttavia <strong>nel</strong>la confusione<br />

riuscì a nascondere la piccola Leica<br />

<strong>nel</strong>la tasca interna dei pantaloni.<br />

Il capitano Giuseppe Sala, dopo<br />

essere stato trasferito ad Ismailia,<br />

all’estremità del canale di Suez,<br />

fu imbarcato su un vapore civile<br />

con migliaia d’altri soldati italiani<br />

prigionieri: dopo quasi un mese di<br />

viaggio per nave arrivò finalmente<br />

a Bombay, in India. Dai lì, dopo<br />

tre giorni di treno <strong>nel</strong>l’immensa<br />

pianura gangetica, i prigionieri arrivarono<br />

a Bangalore; da qui, in<br />

altri due giorni, giunsero finalmente<br />

a Dharamsala e al vicino campo<br />

di prigionia di Jol, situato <strong>nel</strong>la<br />

giungla, all’altezza di duemila<br />

metri, alle pendici dell’Himalaya.<br />

Nel campo, dove erano rinchiusi cir-<br />

ca 10.000 ufficiali italiani, infuriava<br />

la malaria e la dissenteria: gli inglesi,<br />

a corto di cibo e di medicinali,<br />

sottoposti agli attacchi dei giapponesi<br />

in Birmania, non avevano né<br />

la voglia né l’intenzione di sprecare<br />

risorse per i prigionieri italiani.<br />

Sala trascorse in India momenti<br />

drammatici, forse più drammatici di<br />

quelli trascorsi in Nord Africa. Molti<br />

compagni morirono di debolezza<br />

di malattia: molti sopravvissuti alla<br />

battaglia di El Alamein finirono miseramente<br />

i loro giorni per banali<br />

infezioni non curate adeguatamente.<br />

Il terribile clima indiano, un caldo<br />

torrido alternato a snervanti piogge<br />

monsoniche, debilitava i già logorati<br />

prigionieri, fiaccati da anni di guerra.<br />

Ma la preziosa Leica venne ancora<br />

in aiuto al capitano Giuseppe Sala:<br />

costui scambiò con le guardie inglesi<br />

l’ambita macchina tedesca e l’ancor<br />

più ricercato obiettivo Zeiss con<br />

diverse scatole di chinino e grazie a<br />

questi medicinali riuscì non solo a<br />

salvare se stesso dalla malaria, ma<br />

anche diversi compagni ammalati.<br />

Sala tornò in Italia solo a metà del<br />

1946, dopo quasi un anno dalla fine<br />

della guerra: gli ufficiali scelsero di<br />

essere gli ultimi ad essere imbarcati<br />

e il viaggio di rientro durò ben tre<br />

mesi. La moglie e la figlia, prive di<br />

notizie da lungo <strong>tempo</strong>, lo credevano<br />

disperso o addirittura morto .<br />

Il capitano Giuseppe Sala, mio<br />

nonno, divenuto poi colon<strong>nel</strong>lo, mi<br />

regalò per il mio dodicesimo compleanno<br />

la bustina gialla con le stel-<br />

20 _______________________________________ <strong>scatti</strong> <strong>nel</strong> <strong>tempo</strong>

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