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scatti nel tempo 1 Associazione Castello Immagini - pubblicazion

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KODAK RETINA<br />

di Papajoannou Konstantinos<br />

E adesso il vero dilemma sta tra un racconto “perso”<br />

<strong>nel</strong>l’ oggettività strumentale del mezzo o tra un tentativo<br />

magari “profano” e poco “esperto” di scoprire le<br />

impressioni di “sognare” e “fare” l’immagine.<br />

E’arrivata da un carissimo amico. Un “amante” della<br />

macchina fotografica e della sua evoluzione <strong>nel</strong> <strong>tempo</strong>.<br />

Spesso mi diceva che la trasformazione dello strumento<br />

fotografico come mezzo di creatività non è altro che<br />

lo “specchio” dell’evoluzione umana, dei suoi bisogni<br />

e orizzonti.<br />

Piccola, maneggevole e saldamente rinchiusa in un<br />

“contenitore” ben rifinito targato “Kodak Retina IIC”.<br />

Una folding estraibile pronta a fermare l’attimo fuggente<br />

trasferendolo su una pellicola 35mm che qualcuno<br />

insiste ancora ad usare malgrado le conquiste dell’era<br />

digitale. Ieri il mondo ignorava questo traguardo.<br />

Oggi questo mondo dei “pixel evoluti” riscopre che<br />

l’idea dello scatto continua a prevalere sull’idea della<br />

sua manipolazione tecnologica. Il calcolatore deve<br />

essere accompagnato da qualcuno per poter andare a<br />

spasso a caccia dei momenti immaginari…<br />

Pensate che questa Retina costruita in Germania<br />

dalla Nagel non aveva bisogno di batterie per funzionare<br />

privando il mondo dal piacere dell’inquinamento<br />

procurato dai distratti e incuranti utilizzatori dell’energia<br />

accumulata. Ma questo era poco di fronte alla totale<br />

assenza dell’esposimetro, di questo meraviglioso<br />

strumento di misurazione della luce magari anche con<br />

“prevalenza al centro”, sistema conosciuto ai “vecchi”<br />

fotografi ormai dimenticato dai cultori dei calcoli zonali<br />

e frammentari della realtà. Questa assenza spingeva<br />

chi fotografava a osservare con cura la dimensione, la<br />

quantità e il “sapore fisico” della luce. Una costrizione<br />

che condannava i fotografi a pensare come la luce disegnava<br />

il reale. Gli imponeva a imparare con l’osservazione<br />

dell’errore perpetuato <strong>nel</strong> <strong>tempo</strong> che la fotografia<br />

non è altro che interpretazione della materia tramite<br />

l’anima della luce.<br />

Ma le privazioni non finivano qui. Pensate che la<br />

leva di carica era situata <strong>nel</strong>la parte inferiore della macchina<br />

provocando, a quel <strong>tempo</strong>, chi sa quante critiche<br />

e dividendo magari il mondo tra i “leicisti” e i “retinomani”<br />

entrambi probabili difensori delle diversità secondarie<br />

che spesso oscurano la sostanza del mezzo<br />

come supporto di ricerca . Tra quelli che privilegiavano<br />

il concetto dell’impugnabilità quasi perfetta di una leva<br />

pronta a rispondere all’impulso tattile e quelli che accettando<br />

qualche spostamento del pollice verso il basso<br />

continuavano allegramente a trascinare il rullino verso<br />

la realizzazione delle loro immaginazioni fotografiche.<br />

In ogni caso di leva si trattava visto che ancora il<br />

trascinamento automatico era destinato ad un futuro<br />

lontano ed incerto. Il “calvario” procurato da questa<br />

macchinetta magra e timida si individuava <strong>nel</strong> meccanismo<br />

dell’impostazione del primo fotogramma per lo<br />

scatto. Inserita la pellicola e chiusa la parte posteriore<br />

il fotografo del <strong>tempo</strong> era costretto a spingere <strong>nel</strong>la<br />

parte superiore un bottone per poi con un altro situato<br />

<strong>nel</strong>la parte alta posteriore trascinare tutto sul primo<br />

fotogramma. Il momento era probabilmente molto laborioso<br />

visto che le mani agivano sul corpo macchina<br />

distraendo la mente dalla riflessione. Non a caso oggi<br />

con l’aiuto dell’elettronica questa “terribile” fase <strong>nel</strong>la<br />

storia della fotografia è felicemente superata.<br />

L’otturatore meccanico era situato tra le alette del<br />

diaframma impedendo il ricambio degli obiettivi problema<br />

che fu risolto con la costruzione di un primo<br />

gruppo ottico fisso e un secondo per il 35 e 80mm intercambiabile.<br />

Il mirino, che per questo motivo si pronunciava<br />

con la C maiuscola, era di grandi dimensioni<br />

con la presenza delle sagome per la delimitazione delle<br />

focali 35, 50 e 80mm.<br />

Infine gli obiettivi erano costruiti dalla celebre ditta<br />

di ottica Schneider Kreuznar con la denomiziazione<br />

Xenon. Il C rosso sul fronte della lente indicava che<br />

l’obiettivo era trattato per il colore.<br />

Impressioni<br />

La Retina IIC si tiene in mano offrendo dal primo<br />

momento una sensazione di compattezza e di solidità.<br />

36 _______________________________________ <strong>scatti</strong> <strong>nel</strong> <strong>tempo</strong>

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