Meminisse Iuvabit - Sarà bene ricordare - descrittiva
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Capitolo 3*<br />
Fumo, splendore e strepito. Quello che più odio di questa città illimitata e mutevole è il chiasso.<br />
Ero arrivato dentro le mura da poco e già la testa aveva cominciato a pulsare ed a farmi male.<br />
Anche dopo che Cesare aveva proibito il traffico di bighe e carri il rumore inquinava l'aria come lo<br />
sterco la fonte. E' impossibile viverci in pace a qualsiasi ora del giorno.<br />
Entrare nella Suburra è poi un sacrificio nel sacrificio: un formicolio di gente di ogni razza e<br />
condizione ti stringe, ti palpa, cerca di derubarti, attacca discorso e tutti urlano, si chiamano,<br />
litigano, battono i metalli, cantano, danzano, suonano, fanno richiami.<br />
Facce bieche, sfregiate, tumefatte, abbruttite occhieggiavano da ogni angolo. Espressioni tirate,<br />
sofferte, corpi deformati, ventri mostruosi e braccine da bambola si intravedevano nel buio di<br />
cantine e sottoscala.<br />
Un capomastro trafelato che trafficava con muli e manovali stava urlando a squarciagola parole<br />
sconnesse in una lingua appena comprensibile.<br />
Più avanti una macchina sollevava una trave immensa, con pericolo per tutti gli astanti. Una<br />
vecchia malvissuta, con una gabbia di polli variopinti, assassinava le povere bestie con una<br />
bipenne degna d'altra funzione. La sorpassai affascinato e una lettiga per poco non mi travolse,<br />
le cortine abbassate ed una mano inanellata penzolante con finta trascuratezza, per ostentar<br />
ricchezza e nobile dispregio della plebe.<br />
Per un attimo il mal di testa si acuì martellandomi le tempie, poi l'ira lentamente defluì<br />
lasciandomi solo col solito malessere da moltitudine. Il mio pedinatore era invisibile tra la folla, ma<br />
sapevo che non poteva aver perso le mie tracce.<br />
Sgusciavo tra i cavalletti e i banconi volanti che ingombravano la carreggiata con la sgradevole<br />
sensazione di mani esperte che mi urtavano soppesandomi, tastandomi ovunque con le più<br />
diverse intenzioni. Vecchie matrone in rovina, logore, truccatissime, adescavano i ragazzi<br />
implacate d'amore, infoiate, insaziabili. Mi dava fastidio solo vederle.<br />
Dappertutto era uno svolazzare di tela rossa, gialla e verde, ricordo dei tendoni offerti dalla<br />
magnificenza di Marcello per ripararci dal sole ai combattimenti di gladiatori e delle corse delle<br />
bighe che aveva organizzato. Dopo la fine di quegli spettacoli le tende erano state tagliate e<br />
regalate al popolo, sicché ancora per anni i più poveri se le sarebbero messe addosso o ci<br />
avrebbero dormito in mezzo. Poco male, in fondo: avrebbero contribuito a dar colore alla gente ed<br />
a coprire le sue tristezze.<br />
C'era una folla formicolante di schiavi, liberti ed ingenui, ugualmente orrendi in effetti, lineamenti<br />
vagamente familiari, sguardi pietrificati che avevo già visto. L'unico occhio in cui potei<br />
riconoscermi era quello liquido, stanco e pacifico d'un somaro che portava in blocco spropositato<br />
di marmo, umile strumento dell'arte, di cui era stato designato a sopportare il peso.<br />
Il coltello che avevo messo alla maniera dei pirati della Cilicia dietro la schiena, sotto la toga mi<br />
rassicurava a tratti con una leggera pressione. Non mi girai a controllare se era in vista.<br />
Un corteo di operai che trasportavano travi e travicelli bloccò il passeggio nel vicolo Iugurio e mi<br />
consentì di osservare dei sedicenti sacerdoti di Cibele che si tagliuzzavano le braccia e le spalle<br />
fustigandosi e uggiolando per raccogliere le monete che i cittadini romani lanciavano loro, non so<br />
se per devozione o come premio per lo spettacolo. Un giovane imberbe in toga virile si esprimeva<br />
sputando in terra ad intervalli regolari, durante la cerimonia.<br />
Non potevo , naturalmente raggiungere l'amico di Sestio con "Caliga" alle spalle che mi<br />
sorvegliava.<br />
Un lieve sudor freddo mi imperlò la fronte. Sciocca congiura quella dei veterani in cui il mio amico<br />
s'era fatto implicare, sempre pronto a caricare come un toro infuriato, a farsi carico di tutte le<br />
cause sbagliate, avrebbe potuto rovinarmi definitivamente. Tentare di uccidere il Principe,<br />
figuriamoci, l'unica garanzia di ordine e pace che temperava la tristezza dei nostri tempi.<br />
Una puttanella giovanissima e insistente, adocchiato anche lei il massiccio anello che avevo al<br />
medio, mi si dedicò per qualche tempo sciorinandomi le particolari attenzioni che aveva in animo<br />
di prestarmi, attenzioni per cui non avevo testa e che comunque sembravano richiedere una<br />
adeguata preparazione atletica.<br />
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