4. la nuova sistematizzazione del sapere dopo hegel: le ... - STOQ

4. LA NUOVA SISTEMATIZZAZIONE DEL
SAPERE DOPO HEGEL: LE SCIENZE
DELLA NATURA E LA DIFFICILE IDENTITÀ
DELLA FILOSOFIA
4.1 Il Positivismo e A. Comte [SF, v.III, c.14, §§1-3; c.15, §§1-3]
4.1.1 Il positivismo ottocentesco
Non si tratta di una corrente o scuola filosofica, ma piuttosto di un movimento
di cultura e di costume in reazione alla filosofia idealista imperante.
Capovolgimento dell'ideale di conoscenza e preminenza delle scienze
positive fondate sul principio della verificazione empirica e sul rigore del
formalismo matematico rispetto alle costruzioni sistematiche arbitrarie.

Ideale della scienza unificata e nuovo materialismo non-meccanicista legato
all'applicazione del metodo scientifico anche alle scienze biologiche,
psicologiche e sociologiche.
Nuovo concetto di progresso legato non più all'ottimismo illuminista bensì alla
lotta per la sopravvivenza (teoria evoluzionista) ed alla fiducia nel sapere
scientifico di tipo naturalistico.
Nuovo concetto di filosofia come riflessione metodologica sulla scienza.
Trasformazione di fatto del positivismo in una nuova metafisica scientista
(Cfr. la "teoria dei tre stadi della società" di A.Comte (1798-1857);
l'"evoluzionismo" di Ch.Darwin (1809-1882); l'"evoluzionismo metafisico" di
H.Spencer (1820-1903).
Crisi di questa metafisica scientista con la nascita della “nuova fisica”
(termodinamica, quantistica e relatività) e crisi dei fondamenti della logica e
della matematica, intaccano l'ideale unitario della scienza positivista e

svelano il carattere metafisico-ingenuo del suo progetto di fondo [Cfr. SF,
v.III, cap. 20].
4.2 Il neo-positivismo: L. Wittengstein ed il Circolo di Vienna
[SF, v.III, c.36, §§1-3; c.37, §§1-6]
4.2.1 La nascita della logica simbolica
Sviluppo della logica simbolica o logistica porta all'invenzione del calcolo
proposizionale (G. Frege, 1838-1925) ovvero all’estensione del calcolo
matematico moderno (calcolo delle funzioni) al calcolo logico mediante il
concetto di funzione proposizionale (espressione che contiene delle variabili),
realizzando così il sogno leibniziano della Characteristica universalis, almeno
per quanto riguarda il calcolo estensionale deduttivo: l’ars iudicandi di Leibniz
e/o il sillogismo dimostrativo aristotelico e non il calcolo intensionale
induttivo: l’ars inveniendi di Leibniz e/o il sillogismo induttivo aristotelico.
Nascita della logica matematica o logica simbolica (logistica).
Definizione del concetto di classe (= insieme degli elementi che posseggono

una certa (congiunzione di) proprietà) intesa come estensione (= insieme degli
elementi che rendono vero) un certo predicato, p.es., l'"esser rosso"), ovvero
come dominio di una funzione intesa come relazione fra i valori di verità (1/0)
e quel dominio di elementi (1 per tutti gli elementi che appartengono, 0 per tutti
gli elementi che non appartengono a quel dominio).
Duplice risultato:
1. (Parziale) unificazione della logica formale stoica (= logica delle
proposizioni, teoria della dimostrazione) e aristotelica (= logica delle classi),
in forma, rispettivamente, di
a. calcolo delle proposizioni, dove la funzione proposizionale è costituita
da un predicato proposizionale — tipo “non”, “et”, “vel”, “aut”, “se…allora”,
“se e solo se” — e da una variabile proposizionale (p.es., “pq” sta per “p
e q”, “pvq” sta per “p e/o q”, etc.).
b. calcolo dei predicati, dove la funzione proposizionale è costituita da un
predicato terminale e da una variabile terminale (p.es., il predicato “esser
rosso” che ha per argomento tutti i nomi di oggetti rossi come “sangue”,

“fuoco”, etc.), attraverso i due quantificatori, universale x A(x) ("per
tutti gli x vale la proprietà A") ed esistenziale x A(x) ("esiste almeno un
x tale che vale la proprietà A").
2. Grazie alla logistica, la logica, da disciplina filosofica legata all'analisi del
pensiero pensato finisce di trasformarsi in analisi dei linguaggi nei loro
diversi gradi di formalità. In particolare:
a. La logica simbolica può applicarsi anche alla formalizzazione e all’analisi
del linguaggio scientifico, tanto nella sua componente di asserti universali
che sperimentali, così da liberarlo completamente dalle
ambiguità del linguaggio ordinario. Di qui la seconda conseguenza
ovvero:
b. La logica simbolica può applicarsi al tentativo di fondare l'aritmetica
sulla logica delle classi dopo il fallimento del tentativo di fondazione
della matematica sulla logica degli insiemi di Cantor.

Tale tentativo è fallito con la scoperta fatta da Poincaré e da Russell stesso del
carattere impredicativo (si suppone già l'esistenza e quindi la definizione del
predicato che definisce la classe) della definizione del concetto di numero su
quello di classe (“classe di tutte le classi di uno, due, tre, ... elementi”)
antinomia della nozione di classe totale di classi normali (ovvero di classi, quali
appunto le classi numeriche, che non sono membre di se stesse: ): la classe
totale di tutte le classe normali appartiene o no a se stessa?
Antinomia trattata nei monumentali Principia Mathematica (1910-12) di
A.N.Whitehead e B.Russell, e risolta assiomatizzando la logica formale,
ovvero supponendo il carattere non-costruttivo della (supponendo cioè per
assioma la) esistenza degli oggetti la cui costruzione (dimostrazione di
esistenza) portava ad antinomia (p.es., la nozione di classe totale, di insieme
universale).
I Principia costituiscono così la riprova che attraverso la logica simbolica è
possibile formalizzare in maniera rigorosa praticamente la totalità del pensiero

scientifico moderno (matematico e fisico-matematico) da allora in poi i testi
scientifici si scrivono esclusivamente in linguaggio simbolico.
Nascita del movimento neo-positivista indirettamente in seguito all'opera di
L.Wittengstein che riconosce alla filosofia la funzione di analisi del linguaggio
nelle sue varie forme, applicando allo studio del linguaggio nelle sue varie
forme l’analisi logico-simbolica sviluppata nei Principia.
Ruolo essenziale del Circolo di Vienna nato dai seminari filosofici di
M.Schlick (1881-1934) a cavallo degli anni '30, dove il programma analitico di
Wittengstein in filosofia fu sistematicamente sviluppato, e per il quale passarono
non solo matematici del valore di un K. Gödel, ma anche tutti i massimi
esponenti del movimento neo-positivista da H. Feigl e O.Neurath, a R.Carnap e
allo stesso K.R.Popper culla della moderna filosofia della scienza.
4.2.2 L.Wittengstein (1889-1951)
Pur se non fece mai parte del Circolo di Vienna ebbe strette contatti con esso e
lo influenzò grandemente.

La sua attività di ricerca può dividersi in due parti:
1. Il “Primo Wittengstein. La parte originaria dell’opera di W. Legata alla
stesura del Tractatus logico-philosophicus (1921), tutto centrato sul
problema dell’uso della logica dei Principia per lo studio del senso
(consistenza con le regole della logica (grammatica) di quel linguaggio) degli
asserti come pre-condizione dell’analisi dell’eventuale verità/falsità di quegli
asserti. Filosofia come terapia linguistica = nascita della filosofia
analitica. Punti salienti dell’analisi del Tractatus:
a. Studio del linguaggio come studio del pensiero oggettivato in asserti
estensione della logica dei Principia allo studio analitico anche del
linguaggio filosofico e non solo scientifico = limite dell’approccio: uso
della logica estensionale della logica matematica ad usi non-estensionali
(intensionali) del linguaggio.
b. Problema del senso degli asserti linguistici: distinzione fra
proposizioni atomiche che asseriscono l'esistenza di fatti atomici che

costituiscono il mondo; e proposizioni molecolari composte dalle prime
e ordinate secondo regole logiche (principio empirista).
c. Senso della proposizione composta dipende dal senso delle proposizioni
atomiche costituenti (principio di vero-funzionalità delle logiche
estensionali).
d. Verità della proposizione atomica dipende dall'esistenza dei fatti atomici
che essa asserisce. Possibilità di verità di una proposizione
Condizioni di verità delle sue proposizioni atomiche.
e. Senso di una proposizione condizioni di verità per cui esso si
identifica con l'esplicitazione delle condizioni della sua verificabilità
f. Solo le proposizioni scientifiche empiriche (atomiche e molecolari)
sono dotate di senso non-senso delle proposizioni metafisiche
(= tautologiche) funzione della filosofia analisi del senso delle
proposizioni: "la filosofia non è una teoria, ma è un'attività". "Di ciò di
cui non si può parlare (perché non verificabile) è meglio tacere".

Grande influenza del Tractatus, sebbene W. non lo abbia mai pubblicato,
perché partì per la I Guerra Mondiale e al suo ritorno si ritirò sulle montagne
della Carinzia (Nord Tirolo) in preda ad una grave crisi morale e religiosa.
Il Tractatus fu pubblicato nel ’21 con un’introduzione di B. Russell all’edizione
inglese del ’22 e ricevette per questo un’immediata risonanza di cui W. non era
consapevole.
L’influenza enorme delle idee del Tractaus fu legata all’uso che di quelle idee
ne fece M. Schlick nei suoi seminari per dottorandi all’Università di Vienna, culla
del futuro Circolo di Vienna.
2. Il “Secondo Wittengstein”. Dopo la sua profonda crisi intellettuale e
morale, al ritorno della Prima Guerra Mondiale, nel 1929 Russell convinse
W. a laurearsi in filosofia e a salire sulla cattedra di Peirce a Cambridge
dove insegnò fino al ’47. Il cosiddetto secondo Wittengstein è quello
legato al suo insegnamento a Cambridge il cui frutto sono le diverse raccolte
di saggi (Quaderni) pubblicate postume sotto il titolo collettivo di Ricerche
filosofiche. Caratteristiche principali:

a. Permane l'idea di filosofia come terapia linguistica, ma senza più la
pretesa riduzionista di identificare nel linguaggio empirico della scienza il
riferimento assoluto per le altre forme di linguaggio e le loro regole.
b. Concetto di linguaggio come pluralità di giuochi linguistici nati e
sviluppatisi come libere creazioni in diversi contesti e forme di vita.
c. Estensione dell'analisi del linguaggio allo studio del linguaggio
ordinario all’interno anche delle varie metafisiche e teologie.
d. Significato di un termine o di una proposizione legata al suo uso in
un determinato giuoco o dall'insieme dei suoi usi in diversi giuochi.
e. Estensione indebita di un termine dall' uno all'altro giuoco pseudoproblemi
della filosofia.

5. STORICISMO E FILOSOFIA DEI VALORI
5.1 Scienze dello spirito ed il problema del metodo nelle
scienze storiche: W.Dilthey e M.Weber [SF, v.III, c.26, §1; c.27,
§§ 1-3]
5.1.1 W.Dilthey ( 1833-1911)
Problema del metodo delle scienze storiche irriducibile al metodo delle scienze
positive contrapposzione fra comprendere (verstehen) il singolo fatto storico
irripetibile in se stesso e spiegare (erklären) il fatto sperimentale ripetibile in riferimento
a leggi e principi universali.
Contrapposizione fra scienze storiche o dello spirito (storia, filosofia, critica artistica,
teologia, etc.) e scienze della natura.
Tentativo di Dilthey di sviluppare una critica della ragione storica simile a quella
kantiana per la ragione scientifica delle scienze matematiche e naturali.

Concetto di comprensione dei documenti storici legato alla nozione di Erlebnis,
esperienza vissuta, di ciò che si è verificato in maniera irripetibile nelle diverse
epoche storiche.
La comprensione storica è dunque legata ad un atteggiamento simpatetico verso
i soggetti umani autori di quei fatti e quindi di quei documenti collegamento con
le analisi di Schleiermacher circa il concetto di interpretazione e dunque di
analisi ermeneutica.
Problema di un eccessiva vicinanza del metodo storico con quello artistico nella
comprensione di realtà storiche e sociali. Poblema dell' oggettività dell'analisi
storico-sociale.
Concetto di filosofia e di metafisica come weltanschauung, "visione del
mondo", legata a determinate scelte di valore e quindi caratterizzata da
un'intrinseca storicità. Non esiste un'unica metafisica, ma diverse visioni del
mondo legate a contingenze storico-culturali.

5.1.2 M.Weber (1864-1920)
Sforzo di fornire un metodo rigoroso alle scienze storico-sociali, superando i problemi
legati all' Erlebnis di Dilthey.
Il problema è quello di definire il senso dell'avalutatività di queste scienze.
Come cioè, pur trattando un oggetto che si riferisce sempre a scelte di valore
(politiche, economiche, storiche, culturali) da parte degli uomini, pur tuttavia non
possono decidere mai su questi valori, ovvero circa le ragioni di queste
scelte.
Funzione delle scienze storico-sociali, in quanto scienze empiriche, non
suggerire all'uomo ciò che deve fare, ma solo ciò che può realisticamente fare,
in base ai mezzi che le situazioni storico-sociali gli consentono di disporre.
L'avaluttatività delle scienze sociali, dunque, non dipende dal fatto che siano
prive di presupposti di scelte di valore (etici, politici, religiosi, etc.), perché
epistemologicamente non possono prescinderne. Il loro ruolo è dimostrare la
realtà e la coerenza dei mezzi scelti, o disponibili alla scelta, con i fini da
perseguire.

Scopo delle scienze storico-sociali è dunque quello di identificare delle uniformità
di comportamenti e di relazioni nei diversi contesti e situazioni, per evidenziarne
connessioni e regolarità e derivarne delle leggi utili a comprendere
l'agire sociale di uomini e gruppi.
Tale esigenza di consapevolezza dei metodi e dei limiti dell'agire sociale, legata
alle esigenze del mondo contemporaneo identificato come epoca del
disincanto e della razionalizzazione del mondo, legata alla struttura del
mondo capitalistico.
Definizione del concetto di tipo ideale (p.es., concetto di capitalismo, socialismo,
cristianesimo, etc.) come schema razionale per connettere razionalmente un insieme
di fatti e processi storico-sociali. Carattere puramente ideale di tali
schemi, perché sono dei puri modelli razionali di comprensione di una realtà
inesauribile.
Critica al processo di razionalizzazione capitalista e socialista del mondo
contemporaneo esso è divenuto una gabbia irrazionale alla libertà e dignità
dell'uomo, poiché, nato da un'esigenza di razionalizzazione, ha portato ad un

processo di burocratizzazione della società che sosituisce irrazionalmente il
mezzo (l'organizzazione sociale) al fine del servizio alla società ed al singolo.

6. LA FENOMENOLOGIA E LA NUOVA
FONDAZIONE ETICA
6.1 La fenomenologia da F.Brentano a E.Husserl e M. Scheler
[SF, v.III, c.32, §§ 1-8]
6.1.1 L'inizio del movimento fenomenologico nell'opera di Franz
Brentano (1838-1917)
Centralità della critica di Franz Brentano al formalismo del pensiero kantiano
fondata sull’evidenza introspettiva di tipo psicologico del carattere
intenzionale (diretto ad oggetto) di ogni atto psichico di pensiero e/o di volontà.
Non il cogito o l’Ich denke überhaupt è l’evidenza originaria, ma il cogito aliquid
o l’Ich denke etwas.
Ogni atto di pensiero (ma anche ogni atto di volontà, come ogni atto percettivo
e ogni sentimento) è sempre riferito a un contenuto. Non esiste alcun "io

penso puro", esiste sempre e soltanto un "io penso qualcosa". Né esiste alcun
“io voglio” o “io desidero puro”, esiste sempre e soltanto un “io desidero
qualcosa”. In altri termini, "dentro" ogni atto psichico in-esiste, "esiste-in", un
contenuto. Il fondamento del pensiero e della logica allora è semantico, non
puramente formale o sintattico!
Ogni fenomeno psichico è caratterizzato da quella che la Scolastica Medievale
definisce l'in-esistenza intenzionale (o anche mentale) di un oggetto, ciò che noi
chiameremo relazione ad un contenuto, la direzione verso un oggetto (il quale
non va qui inteso senz'altro come realtà) od anche oggettività immanente. Ogni
(fenomeno psichico) contiene in sé qualcosa come oggetto, benché non sempre
allo stesso modo. Nella rappresentazione è rappresentato qualcosa, nel giudizio
è ammesso o rigettato qualcosa, nell'amore è amato, nell'odio odiato, nel
desiderio desiderato qualcosa. Questa inesistenza intenzionale è propria in modo
esclusivo dei fenomeni vitali e nessun fenomeno fisico mostra qualcosa di simile.
E per questo possiamo definire i fenomeni psichici dicendo che essi sono quei tali
fenomeni che contengono in sé un oggetto intenzionale [Brentano 1874, 123].

Con Edmund Husserl (1895-1938) l'analisi brentaniana dell'intenzionalità varca i
limiti della psicologia introspettiva per entrare nella vasta e complessa regione
dello studio dei fondamenti della logica e della matematica in cui a tutt'oggi
la ritroviamo.
6.1.2 Lo sviluppo del metodo fenomenologico nell'opera di
Edmund Husserl (1859-1938)
Husserl usa per la prima volta il concetto brentaniano di intenzionalità nella
prima delle sueopere giovanili, quella Philosophie der Aritmetik (1891)
preceduta soltanto dalla sua tesi di laurea in matematica sul calcolo
variazionale, rimasta inedita, e dalla tesi di abilitazione sul concetto di numero
pubblicata ad Halle nel 1897.
Attraverso l'intenzionalità Husserl cerca di trovare un fondamento, che sia
diverso da quello puramente formalista che conduceva inevitabilmente ad
antinomie, alla nozione aritmetica elementare di "aggregato" (Inbegriff), posta
dal suo maestro a Berlino, il matematico Karl Weierstrass, a fondamento, tanto

del concetto di "infinito" (=aggregato indeterminato), quanto di quello di
"numero" (=aggregato determinato) e di "classe" (=aggregato omogeneo).
Husserl si muove cioè nel contesto della cosiddetta Inhaltlogik (logica del
contenuto) che si oppone alla tendenza formalista di considerare un approccio
puramente sintattico alla logica e ai suoi fondamenti linguistici.
Husserl crede così di trovare il fondamento della nozione di "aggregato" in
un'operazione psicologica di "collegamento collettivo" (kollektive Verbindung),
relativa ad un "interesse" (Interess) di unitarietà del soggetto "diretto a"
"relativo a" contenuti diversi. In altri termini, l'aggregato è il contenuto di una
particolare attività intenzionale, volontaristicamente intesa, del soggetto.
Contro l'accusa di psicologismo che sia G.Frege in una recensione durissima,
sia più tardi Husserl stesso, rivolsero a questa impostazione del problema, nelle
Ricerche Logiche (1900ss.) Husserl rivendicò il carattere ideale, universale e
necessario, degli oggetti logico-matematici, svincolando l’analisi intenzionale
dai limiti della psicologia introspettiva.

Sviluppo del metodo fenomenologico come analisi della coscienza intesa
trascendentalmente e dunque meta-individualmente come costitutrice
dell’universalità dell’ente logico-matematico, dal momento che la scoperta
delle antinomie evidenzia come tale fondamento non può esser trovato
all’interno della logica formale.
La relazione fra l'approccio husserliano alla teoria dell'intenzionalità nei
fondamenti della logica e della matematica dipende dal fatto che la conversione
di Husserl dall'originale psicologismo non fu influenzato solo dalla critica di
Frege, ma sopratutto dalla posizione di D.Hilbert nella sua polemica contro lo
stesso Frege sui fondamenti della logica formale e della matematica,
concernente l'assenza della distinzione essenziale fra logica e metalogica
nell'approccio logicista fregeano.
Husserl venne a conoscenza della posizione di Hilbert ed in particolare della
sua nozione di completezza dei sistemi formali in una conferenza tenuta nel
1901 dal matematico tedesco nella stessa Gottinga dove ambedue operavano.
Husserl commentò questa conferenza in tre suoi manoscritti dello stesso anno,

a testimonianza della grande impressione che ne ricevette e che condizionò il
resto della sua opera.
Distinzione fra: consistenza (assenza di enunciati contraddittori) completezza
(tutti gli enunciati della teoria che non siano assiomi (= teoremi) devono poter
essere dimostrabili come veri o falsi all’interno della teoria) di un sistema
formale e decidibilità dei suoi enunciati (dimostrabili mediante procedure
algoritmiche finite).
Programma formalista di Hilbert: dimostrare la completezza della
matematica formalizzata mediante procedure decidibili mediante metodi
finitari, senza far ricorso all’evidenza, ovvero a procedure non-finitiste di
dimostrazione (con l’evidenza infatti non puoi essere mai sicuro che la
dimostrazione dei teoremi derivi effettivamente dal numero finito di assiomi
esplicitati nelle premesse o da quelli non-esplicitati di numero
indeterminato).
Originalità della posizione di Hilbert: non solo l'esistenza in matematica
implica consistenza e verità, ma anche l'inverso è vero. Cioè, se gli assiomi

sono consistenti (non-contraddittori e la loro non-contraddittorietà può esser
provata in un numero finito di passi), "allora sono veri e le cose definite da
questi assiomi esistono".
Vi sono dunque molti punti di contatto fra il programma di Hilbert e quello di
Husserl: il ruolo costitutivo dell’ente logico che Husserl affidava alla coscienza,
Hilbert lo attribuisce all’assiomatica e ai suoi metodi finitari
1. Dal punto di vista di Hilbert, egli afferma esplicitamente che il suo
approccio non va contro il principio di coscienza, perché:
procedere assiomaticamente significa semplicemente pensare con
consapevolezza piena su quanto si sta operando. Nell'antichità, quando gli
uomini non usavano il metodo assiomatico, essi assentivano (believed) in vari
modi con ingenuo dogmatismo. L'assiomatica rimuove l'ingenuità, ma ci lascia
ancora con tutti i vantaggi dell'assenso consapevole".
2. Dal punto di vista di Husserl, c'è prima di tutto l'accettazione piena del
metodo assiomatico all'interno della logica formale. Così nella sua ultima

opera sistematica sulla logica formale Erfahrung und Urteil (1939) Husserl
definisce la logica formale come:
logica apofantica, dottrina del giudizio predicativo e delle sue forme (...) inclusa la
matematica formale e (...) l'ontologia formale" (p.2)
In tale contesto, Husserl può definire l' analisi dell'evidenza come il compito
proprio della fenomenologia rispetto alla logica formale e dunque della
Filosofia come scienza rigorosa (1911), rispetto alle scienze naturali e
storiche e agli eccesdi del naturalismo e dello storicismo che hanno condotto la
filosofia al relativismo.
Il principio di evidenza è inteso da Husserl come la controparte
fenomenologica contenutistica (intensionale) dell'interpretazione hilbertiana
formalista (estensionale) del principio di completezza, per garantire
l'universalità logica. Come la consistenza e la sua provabilità interna al sistema
prova anche l'esistenza e la verità dell'ente logico, così la coscienza
trascendentale ha funzione costitutrice dell'esistenza e della verità che la logica
dimostra.

Così il proprio dell'accettazione husserliana dell'assioma di completezza, è reso
esplicito in un'altra delle sue precedenti opere sistematiche sulla logica,
Formale und transzendentale Logik (1929). In questo libro Husserl
rivendicava che Hilbert,
sebbene non fosse guidato dalle stesse considerazioni filosofiche che informano i
miei studi, (...) nondimeno tende nella stessa direzione che ha determinato la
formulazione del concetto di molteplicità definita (varietà).
Le considerazioni filosofiche che Hilbert non condivideva erano ovviamente
quelle relative al valore costitutivo per la logica formale della nozione di
intenzionalità. Cioè, come nell'approccio di Hilbert un insieme consistente di
assiomi determina un sistema formale auto-contenuto di elementi la cui
esistenza dipende dalla loro deucibilità dagli assiomi, così secondo Husserl,
L'intenzione di questo concetto di 'molteplicità definita' include un senso
intenzionale nascosto. Molteplicità significa propriamente l'idea-forma di una
'provincia-oggetto infinita per la quale esiste l'unità di una spiegazione
teoretica' o, in altre parole, l'unità di una scienza nomologica. Dove, le idee-

forma di: 'provincia teoretica esplicabile' (provincia di una scienza deduttiva) e
'sistema definito di assiomi' sono equivalenti.
In tal modo, l'idea brentaniana di "inesistenza intenzionale" è coniugata con
l'approccio formalista hilbertiano in una maniera che ci fornisce le coordinate
essenziali per comprendere il progetto husserliano di una logica intensionale
fondata sul principio di intenzionalità. Citando una famosa espressione di
Wang, l'analisi husserliana della completezza di sistemi formali come la
geometria euclidea dev'essere intesa nel senso che tali sistemi sono
"intenzionalmente completi".
Ogni contenuto di pensiero è dunque per Husserl legato alla funzione
costitutrice della coscienza intenzionale.
1. Definizione del metodo fenomenologico come analisi dei contenuti di
coscienza fondata sull’epoché fenomenologica, ovvero sulla sospensione
del giudizio sulla corrispondenza alla realtà naturale “fuori” della mente del
contenuto dell’atto intenzionale.

2. Centro dell’analisi fenomenologica è l’individuazione per ogni contenuto di
coscienza della sua struttura noematica. Ovvero, ogni atto di pensiero
universale è legato all’intuizione di un’essenza immutabile che è al
fondamento dell’universalità-necessità del relativo concetto e/o simbolo
formale.
3. Tale atto intuitivo-costitutivo della coscienza è definito da Husserl noesi così
che un contenuto di coscienza appare come l’oggetto interno di un noema
costituito dalla relazione intenzionale fra soggetto (autocosapevolezza di sé
della coscienza nel suo porre l’oggetto della sua noesi) ed oggetto
(consapevolezza dell’altro da sé della coscienza nella sua noesi).
4. Ogni atto noetico intenzionale della coscienza costituisce così un oggetto
e/o una molteplicità di oggetti della medesima specie o “provincia di oggetti”,
all’interno di una “regione” costituita da una determinata “apertura di senso”.
Ovviamente, ciascuno di questi atti noetici singoli si inserisce all’interno di
un orizzonte infinito di senso che si fonda sull’intenzionalità universale
della coscienza all’interno del quale si iscrive ogni particolare atto noetico.

Vediamo ora come sulle basi di queste premesse la fenomenologia cerca di
risolvere il problema cognitivo del contenuto infinito di un simbolo così da
rendere possibile il riconoscimento del medesimo oggetto in diversi
contesti.
Questo problema nell'approccio husserliano viene affrontato con la teoria dei
cosiddetti qualia. La soluzione proposta da Husserl nelle Meditazioni
Cartesiane.
Ovvero, Husserl afferma che mediante la stessa operazione per mezzo della
quale la coscienza individua l'appropriata caratteristica qualitativa (= un quale),
che specifica uno stato mentale, individua anche il contesto appropriato
rispetto alla quale definirla. Rispetto alla quale, cioé, definire tutte le relazioni
che la determinano in confronto alla totalità dell'esperienza possibile passata ed
attuale. In altri termini, ogni operazione di riconoscimento suppone la
disponibilità attuale di tutti i possibili contesti, definiti da Husserl l'"orizzonte
interno ed esterno" di ogni possibile esperienza.

Dove, ciò che Husserl definisce come "orizzonte interno" o "induzione verso
questa esperienza" è l'insieme di tutti i possibili contenuti "diretti
intenzionalmente" verso quest'esperienza.
Invece, "l'orizzonte esterno indefinitamente aperto" di una data esperienza è
l'insieme di tutti gli altri possibili contenuti che possono seguire a
quest'esperienza, anch'essi dati in anticipo in quell'apertura di senso
intenzionale che costituisce il sostrato fisso ultimo di ogni conoscenza.
Come il riferimento husserliano al problema dell'induzione evidenzia, Husserl
affida praticamente all'atto intenzionale in forma predicativa fino ad n ed
impredicativa o atematica fino a (impredicatività della relazione tutto–
parte) quella condizione dell'enumerazione completa della classe che, laddove
fosse predicativamente intesa, conduce a delle antinomie.
E’ chiaro che gli orizzonti esterno ed interno di un’esperienza, proprio per la loro
infinità non possono essere dati al singolo “io empirico” della coscienza
individuale di un singolo uomo, ma sono proprio dell’io fenomenologico, entità
trascendentale, meta–individuale che costituisce il soggetto proprio di tutte le

intuizioni noematiche e quindi dell’universalità degli stati di coscienza e delle
sue leggi.
Così, vista dal punto di vista del tentativo hilbertiano, la teoria dell'intenzionalità
husserliana costituisce una sorta di controparte cognitivista di quella sorta di
"rappresentazione prospettica" dell'infinito nel finito che la supposizione
hilbertiana di completezza di un sistema formale consente e che uno strumento
analitico come lo "spazio di Hilbert" esemplifica in campo applicativo nel calcolo.
Husserl, da parte sua, definisce questo sostrato stratificato della struttura
intensionale o noema percettivo di ogni esperienza come componente
materiale o hyle di quell'esperienza, in quanto distinto dall'altra componente
del noema percettivo, la componente formale o morphé, che definisce la
novità, la "differenza" il quale, di quella singola esperienza rispetto allo "sfondo"
potenzialmente infinito di esperienze possibili da cui emerge.
In un altro scritto, inedito, Teleologia universale, Husserl afferma così che l’unità
trascendentale dell’esperienza o “io fenomenologico” è una sorta di nozione
asintotica cui i singoli “io empirici” universalmente tendono per l’impulso

affettivo a superare il proprio solipsismo — che ha nell’istinto sessuale la sua
controparte biologica —, ma che sarà raggiunto all’infinito solo al termine della
storia e delle cultura.
In ogni caso la pubblicazione dell'opera Logica Formale e Trascendentale
(1929) costituisce l'apice del tentativo di una fondazione intensionale della
logica formale. La pubblicazione due anni dopo dei risultati di Gödel che
vanificarono il programma formalista di Hilbert e, soprattutto, il successo
dell'opera di Heidegger Essere e tempo decretarono l'abbandono del
programma logico-formale di Husserl di cui è testimonianza la Crisi delle
scienze europee.
o Crisi europea deriva da una deviazione razionalista del pensiero occidentale
che identifica erroneamente la verità con l’oggetto della conoscenza
scientifica deviazione naturalista e oggettivista della ragione.
o In questo non si tiene conto che la soggettività umana da cui la scienza
stessa deriva è irriducibile a una qualsiasi forma di analisi oggettivista e
naturalista.

o L’Europa è a un bivio: o decadere nella barbarie dell’irrazionalismo o
recuperare un’analisi razionale basata sulla soggettività con un definitivo
superamento del naturalismo.
Applicazione del metodo fenomenologico nell’ estetica, nell’etica e nella
psicologia.
6.1.3 La filosofia dei valori in M.Scheler (1874-1928)
Nell’opera fondamentale d. Max Scheler Il formalismo dell’etica e l’etica
materiale dei valori (1911-1916) egli applica un suo particolare sviluppo del
metodo fenomenologico husserliano al problema etico.
Tale sviluppo consiste nel sottolineare il carattere contemplativo ed insieme
disinteressato dell’intuizione fenoenologica contro il carattere utilitaristico
della scienza finalizzata alla tecnica (distinzione fra Welt e Umwelt).
Critica del fondamento legalista dell’etica formale kantiana che pecca:
1. Arbitrarietà: perché il principio del “dovere per il dovere” necessita a sua
volta di essere fondato;

2. Risentimento: l’opposizione assoluta fra piacere e dovere implica che l’etica
guarda con sospetto a tutto ciò che è piacere e identifica l’etica col sacrificio.
L’errore fondamentale di Kant è non aver distinto fra bene e valore: bene è un
oggetto concreto, termine di un desiderio della volontà, è un puro e semplice
fatto. Il valore è ciò che rende un oggetto un bene, non è fatto, ma essenza
oggetto di intuizione.
Contro la falsa dicotomia kantiana fra:
1. Agire per il piacere che il conseguimento di un dato oggetto reca con sé;
2. Agire per dovere che necessita a conseguire un dato oggetto desiderato
(via della scolastica);
Scheler individua una terza possibilità
3. Agire per il valore che intrinsecamente quell’oggetto ha a prescindere dalla
sua utilità o ineluttibilità.
Intuizione del valore non è teoretica, ma sentimentale. Il sentimento non è
puro fatto emozionale sensibile che si oppone alla ragione. Il sentimento è una

facoltà spirituale legata ad un’intenzionalità che coglie il valore negativo o
positivo di un oggetto. Ogni intuizione di valori si pone all’interno di una
polarità che costituisce lo spazio del dispiegarsi dell’atto intenzionale
emozionale.
Distinzione fra:
a. Valori sensibili (piacevole-spiacevole)
b. Valori vitali (nobille-volgare)
c. Valori spirituali (bello-brutto; giusto-ingiusto; vero-falso)
d. Valori religiosi (santo-profano).
Su questa base è possibile costruire un etica non-formalista basata su
un’assiologia derivata dall’intuizione dei contenuti morali (valori) associati
intrinsecamente al perseguimento di determinati oggetti o beni.