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Tre secoli di manifattura serica a Palazzolo - 2 - Ti Racconto Palazzolo

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TRE SECOLI DI MANIFATTURA SERICA A PALAZZOLO<br />

<strong>di</strong> Francesco Ghidotti (2)<br />

Capitolo 3° L’ ottocento<br />

1 - Il Catasto Napoleonico<br />

La fine del sec. XVIII° e l’inizio del nuovo sono caratterizzati da<br />

avvenimenti politico-militari e sociali che fanno passare in secondo<br />

piano l’attenzione per i fenomeni legati alla produzione. In un periodo<br />

<strong>di</strong> rivoluzioni, contro rivoluzioni e restaurazioni, i sistemi <strong>di</strong><br />

lavorazione rimangono immutati, così come restano fermi il settore<br />

artigiano ed il lavoro domestico, ancora molto <strong>di</strong>ffuso. Pochi sono<br />

i passi compiuti verso l’impresa organizzata intorno all’opificio.<br />

Mentre fuori d’Italia si era operata una vera rivoluzione tecnica, le<br />

innovazioni giungevano a noi lentamente, attraverso qualche pioniere;<br />

mancava inoltre una qualsiasi formazione delle maestranze<br />

ed era ignorato ogni sistema <strong>di</strong> cre<strong>di</strong>to<br />

Col decreto 12 gennaio 1807 veniva dato l’avvio alle operazioni<br />

per la stesura <strong>di</strong> un nuovo catasto generale. Con questo provve<strong>di</strong>mento<br />

il governo si proponeva <strong>di</strong> togliere i gravi <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni e abusi<br />

causati dall’antico che datava dalla metà del XVII° secolo. Dopo tre<br />

anni <strong>di</strong> lavoro il documento definitivo viene pubblicato nel 1810.<br />

Passò alla storia come “catasto napoleonico” 1 .<br />

Esso consta <strong>di</strong> due planimetrie: una relativa al centro urbano e<br />

l’altra a tutto il territorio. Ogni fabbricato o terreno è contrad<strong>di</strong>stinto<br />

da un numero <strong>di</strong> mappa, in or<strong>di</strong>ne progressivo. Questo numero è<br />

trascritto su un registro detto “Sommarione” dove, a seguire , sulla<br />

stessa riga, viene in<strong>di</strong>cato il possessore, la denominazione, la qualità<br />

e la quantità. L’assetto delle proprietà è quello esistente fra la fine<br />

della Repubblica Veneta e la Repubblica Cisalpina.<br />

1 Brescia, Arch. Stato, Catasto Napoleonico, reg. 1924, Sommarione con due mappe.


Nel “Sommarione” relativo al nostro Comune sono elencati 2355<br />

possessori; su un foglio suppletivo ci sono le correzioni del 1812, seguite<br />

da altre variazioni al 1818, data che figura sul frontespizio del<br />

registro.<br />

Dalla lettura del “Sommarione” ricaviamo in<strong>di</strong>cazioni precise<br />

circa la localizzazione dei 12 filatoi esistenti:<br />

- due sono in contrada del Carvasaglio: al n. 56 Fenaroli Luigi fu<br />

Bartolomeo, a due piante, d’affitto; al n. 95 Muzio Giovanni, Giuseppe,<br />

Girolamo e Cedonio fratelli, in casa propria, a tre piante;<br />

- uno in contrada della Vecchia Parrocchiale al n. 102 Tedol<strong>di</strong> Carlo<br />

Antonio, in casa propria, <strong>di</strong> due piante;<br />

- due in contrada della rosta <strong>di</strong> Riva al n. 1043 Duranti Alfonso,<br />

porzione <strong>di</strong> casa d’affitto con filatoio a 2 piante ;al n. 1044 ancora il<br />

Duranti, filatoio d’affitto a quattro piante;<br />

- due in contrada dei Molini al n. 1047 Omboni G. Battista proprio a<br />

tre piante 2 ; al n. 1058 Paganini Antonio, proprio a tre piante;<br />

2 Brescia, Arch. Stato, Architetti ed Ingegneri, C.A.Manna, b. 409<br />

Stima filatoio Pietro Omboni 22-12-1817<br />

Oggi per or<strong>di</strong>ne del sig. Carlo Antonio Manna e Gioan Conti, mi sono portato a fare<br />

l’estimo del filatoglio <strong>di</strong> lavoro seta <strong>di</strong> ragione del sig. Pietro Omboni.<br />

Qual filatoglio è composto <strong>di</strong> tre piante una <strong>di</strong> torto e due <strong>di</strong> filato con due gran<strong>di</strong><br />

rote a secchioni, una che agita la pianta del torto e l’altra le due piante <strong>di</strong> filato con<br />

li suoi rudesemi e canali <strong>di</strong> legno e giochi <strong>di</strong> ferro per mandare e levare l’acqua<br />

sopra dette rote et esaminato tutto a capo per capo del esere in lui trovasi e sono:<br />

Primo - La rota della pianta <strong>di</strong> torto in buon esere come nuova con suo rudesimo al<br />

arbore e lanterna alla pianta tutto buono in bon stato stimato <strong>di</strong> milanesi L. 930<br />

Secondo - La rota del filato quasi consumata e con li suoi rudesi lanterna e menarolo<br />

che agita prima e seconda pianta tutti buoni in bon esere stimato in tutto L. 650<br />

Terzo - La pianta del torto <strong>di</strong> posti sei consistenti valeghi n. 12 in venti che in tutti<br />

mi danno aspe n. 240 quali valeghi sono del tutto vestiti delli suoi capi ocorenti al<br />

andamento per il lavoro seta e tuto <strong>di</strong> buon essere a riserva <strong>di</strong> alcuni capi che per<br />

poco tempo possa esser servibili da rimetersi in seguito che sono <strong>di</strong>strutti da estimo<br />

resta per cadaun valego L. 270 che in tutto n. 12 valeghi fanno L. 3240<br />

Quarto - Le due piante del filato parimenti <strong>di</strong> posti sei compreso la sopra gionta <strong>di</strong><br />

due posti <strong>di</strong> piantelle che in tutti contiene n.12 valeghi per cadauna pianta che in<br />

detta pianta sono n. 24 in tutti e n. 18 bachetti per cadaun valego che fanno in tutti<br />

bachetti n. 432 e sono del tutto vestiti per l’andamento <strong>di</strong> lavoro seta con rochele dopie<br />

e tutto in buon esere a riserva <strong>di</strong> alcuni capi da rimetersi in seguito già <strong>di</strong>strutti<br />

dal importar sopra de cadaun valego che viene stimato L. 240 che in tutti L. 5760


<strong>Palazzolo</strong>, mappa 1810. Ubicazione dei filatoi all’inizio del secolo XIX°


- uno in contrada delle Teze al n. 2133 Cicogna Pietro fu Francesco,<br />

<strong>di</strong> due piante;<br />

- tre in contrada del Maglio al n. 2146 Cicogna Giuseppe fu Francesco,<br />

<strong>di</strong> due piante; al n. 2151 Ere<strong>di</strong> Cavalleri Bernar<strong>di</strong>no, a tre piante<br />

d’affitto; al n. 2156 Camorelli Girolamo fu Domenico, <strong>di</strong> tre piante;<br />

- uno in contrada del Cortivasso, al n. 2170 Piccioli Girolamo e Felice<br />

fu Bartolomeo, <strong>di</strong> una pianta.<br />

Dei 66 filatoi esistenti nel Dipartimento del Mella, 12 erano attivi<br />

a <strong>Palazzolo</strong> , il 18% del totale. Rispetto ai 42 filatoi del 1762, ora sono<br />

saliti <strong>di</strong> 24 unità con un aumento <strong>di</strong> oltre il 50%. A <strong>Palazzolo</strong> sono<br />

cresciuti solo del 20%.<br />

Il Sabatti, 3 nel suo “Quadro statistico” del 1807 in<strong>di</strong>ca per <strong>Palazzolo</strong><br />

3.026 abitanti, <strong>di</strong> cui 1589 maschi e 1437 femmine.<br />

A proposito delle manifatture del Dipartimento scrive che “ i fornelli<br />

attivi sono 3000 con un prodotto <strong>di</strong> 400.000 pesi. I filatoi sono 66<br />

e lavorano 133.333 pesi. Nella parte attiva del “Quadro” allegato al<br />

documento ,sono in<strong>di</strong>cati, tra i prodotti della terra, i bozzoli in pesi<br />

240.000, <strong>di</strong> cui 200.000 consumati in or<strong>di</strong>nario, con sopravanzo <strong>di</strong><br />

40.000 che al prezzo <strong>di</strong> lire 40 al peso danno un valore <strong>di</strong> 1.600.000<br />

lire bresciane. La seta greggia prodotta è <strong>di</strong> 400.000 libre piccole con<br />

un consumo or<strong>di</strong>nario <strong>di</strong> 14.000 ed un avanzo esportabile <strong>di</strong> 386.000<br />

Quinto - n. 55000 milla rocchelli per l’incannatura oltre il numero per il vestito delle<br />

piante e sono tutti buoni al lavorerio a L. 25 ogni milla fanno L. 1375<br />

Sesto - Tutti li attrezzi serventi a detto filatoio quali sono :una livera grande et una<br />

massa che in tutto pesi 4 ferro importa L. 30<br />

n. 10 binatoij per le rochelle in tutti L. 35, un cavadore con due casete L. 22, una<br />

cassa paghera in filatoglio L. 6,<br />

In fon<strong>di</strong>co: un vestargio grande <strong>di</strong> paghera per la seta <strong>di</strong>mezato con 8 ante <strong>di</strong> facciata<br />

e quatro in testa scantonato con seralgio nel cornisone e tutto come novo con<br />

chiavi stimato L. 200 - due fasiate <strong>di</strong> scansioni per l’incannatura con altri sopra ussi<br />

e in stanza arente in tutti L. 180 - un vestario piccolo per la seta L. 20 - una tavola<br />

grande con n. 6 caseti e suo sentato L. 42 - un bancho per il trabacho con un casone<br />

per li rocheli voti in tutto L. 48 - il trabucco <strong>di</strong> ferro ben lavorato con fon<strong>di</strong> <strong>di</strong> rame<br />

e campioni <strong>di</strong> fero consistenti L. 55 fero L. 180<br />

in stanza: - un tavolino con casetto L. 5.10 - delli scansioti con mensole L. 28<br />

totale soma milanesi L. 12.751,10<br />

3 A. Sabatti, Quadro statistico del Dipartimento del Mella, Brescia, 1807


che a lire 30 la libra fanno il valore <strong>di</strong> 11.580.000 lire bresciane. Gli<br />

organzini lavorati sono libre piccole 133.000, consumati qui 14.000,<br />

ne sopravanzano 119.000 che a lire 5 la libra fanno lire 595.000.<br />

2 - Le acque a servizio delle attività manifatturiere<br />

In un documento del 1818 sull’ uso delle acque4 si legge: “Il fiume<br />

Oglio in questo comune serve all’andamento <strong>di</strong> n. 5 e<strong>di</strong>fici <strong>di</strong><br />

molino, d’una macina dell’olio e <strong>di</strong> un e<strong>di</strong>ficio <strong>di</strong> maglio. Il vaso<br />

Fusia, che esce <strong>di</strong>rettamente dal lago d’Iseo, con il Terzo <strong>di</strong> <strong>Palazzolo</strong>,<br />

anima un e<strong>di</strong>ficio da molino, due macine dell’olio, una pesta pel<br />

riso e sei e<strong>di</strong>fici <strong>di</strong> filatoio <strong>di</strong> seta e serve ad irrigare vari fon<strong>di</strong> sul<br />

territorio comunale ed in quello <strong>di</strong> Pontoglio”.<br />

I sei filatoi sono Duranti Alfonso (2+4 piante), Cicogna Pietro<br />

(2 piante), Cicogna Giuseppe (2 piante), Ere<strong>di</strong> Cavalleri (3 piante),<br />

Camorelli (3 piante), Piccioli (1 pianta), in tutto 17 piante.<br />

“Il vaso della seriola Vecchia <strong>di</strong> Chiari, che esce dall’Oglio, anima<br />

altri n. 5 e<strong>di</strong>fici <strong>di</strong> filatoio da seta e serve anco ad irrigare alcuni<br />

pochi fon<strong>di</strong> su questo territorio col mezzo <strong>di</strong> bocchetti perenni me<strong>di</strong>ante<br />

canone ai compatroni del vaso”. I cinque filatoi sono Fenaroli<br />

(2 piante), Muzio (3 piante), Tedol<strong>di</strong> (2 piante), Omboni (3 piante) e<br />

Paganini (3 piante), in totale 13 piante.<br />

3 - La macchina del filatoio <strong>di</strong> Domenico Rossini<br />

Domenico Rossini, <strong>di</strong> Andrea nato nel 1787, abitava in contrada<br />

<strong>di</strong> Mura al numero civico 256, proprio accanto alla Porta <strong>di</strong> Mura<br />

e faceva il filatore. Nel 1832 i periti ingegneri Omboni Francesco<br />

e Luigi, effettuano, per or<strong>di</strong>ne della Sottoprefettura <strong>di</strong> Chiari, una<br />

stima degli immobili e della macchina del filatoio su richiesta della<br />

<strong>di</strong>tta Delacchi <strong>di</strong> Milano. La casa e la macchina erano stati pignorati<br />

su richiesta della <strong>di</strong>tta fornitrice del filatoio. Il Rossini aveva<br />

acquistato e piantato il filatoio nello spazio già occupato da un altro<br />

filatoio, ormai <strong>di</strong>strutto. Probabilmente al momento <strong>di</strong> mettere in<br />

4 <strong>Palazzolo</strong>, Arch. Comunale, cart. 11, f. n. 73, Indagine sul lago d’Iseo per la deviazione<br />

<strong>di</strong> rogge ad uso d’irrigazione<br />

7


Garlate, Museo della seta Abegg, pianta in tondo o molino a torcere<br />

funzione il nuovo , che era mosso dalla forza umana, mancava qualche<br />

pezzo “per essere la macchina non perfettamente compiuta”.<br />

Da qui il mancato pagamento e le azioni della <strong>di</strong>tta fornitrice contro<br />

il Rossini. Nei documenti <strong>di</strong> stima 5 , accanto alla descrizione della<br />

casa, figura quella dettagliata della macchina che è del seguente tenore<br />

e <strong>di</strong> estremo interesse.<br />

“Descrizione della macchina del filatoglio che è composta da un albero verticale<br />

della lunghezza <strong>di</strong> m. 8, grosso cm. 29 in quadro con perni e viene<br />

<strong>di</strong> ferro alle estremità, il quale síinnalza verticalmente dal pianterreno (n.<br />

5 Brescia, Arch. Stato, Architetti ed Ingegneri, busta 425. Ve<strong>di</strong> anche l’illustrazione<br />

del Torcitoio circolare esistente nei Musei Civici <strong>di</strong> Gorizia,” Memorie Illustri <strong>di</strong> <strong>Palazzolo</strong><br />

sull’Oglio”, gennaio 2007, p. 28


6) alla sommità del tetto della stanza (n. 19) unite all’albero tanto inferiormente<br />

che superiormente sonovi due ruote dentate del <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> m.<br />

1,50 <strong>di</strong> legno rovere e quella inferiore con reggia ferro alla periferia e queste<br />

servono per dar movimento all’albero, vi sono pure due altre ruote simili<br />

del <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> cm. 30 a cui vi sono unite due aste <strong>di</strong> legno in lunghezza m.<br />

4 unite in grossezza <strong>di</strong> cm. 4 in quadro con perni e <strong>di</strong> ferro alle estremità<br />

delle medesime. All’albero vi sono unite orizzontalmente delle aste <strong>di</strong> legno<br />

paghera a guisa <strong>di</strong> raggi della lunghezza <strong>di</strong> m. 1.60 <strong>di</strong> grossezza <strong>di</strong> cm. 8<br />

per 5 in n. 12 formanti due crociere una inferiore l’altra superiore che dal<br />

centro dell’albero vanno alla periferia della macchina dette crociere sono<br />

formate da otto spranghe ossia catene <strong>di</strong> legno simile ciascuna ai raggi delle<br />

dette crociere inferiore e superiore, vi sono verticalmente appoggiate n. 12<br />

spranghette <strong>di</strong> legno paghera <strong>di</strong> lunghezza m. 4,70 per cm. 5 per ciascuna,<br />

le quali formano il tornello della pianta a cui sono unite le cosiddette serpe<br />

<strong>di</strong> legno noce in n. <strong>di</strong> 8 che danno moto alle ruote delle colonnelle pure in<br />

numero <strong>di</strong> 8 <strong>di</strong> legno noce comunicano colle ruotelle dentate dei bacchetti<br />

contenenti n. 6 rocchelle ciascuno. La periferia esterna della macchina è<br />

costituita da n. 16 colonette <strong>di</strong> legno paghera della lunghezza <strong>di</strong> m. 4,40..<br />

cm. 10; queste.... ciascuna delle colonette vi esistono n. 6 parti <strong>di</strong> volte e<br />

sottovolte coi relativi fusi impiombati in n. 6 per singola parte, formanti in<br />

tutto n.6 giri detti valec, che servono per il solo filato”.<br />

Risulta così che anche a Mura, dove non esistevano canali d’acqua<br />

capaci <strong>di</strong> fornire forza idraulica per muovere i filatoi, c’erano, oltre alle<br />

caldaie per la trattura della seta, filatoi mossi dalla forza umana. Una macchina<br />

<strong>di</strong> questo tipo è conservata nel museo <strong>di</strong> Gorizia<br />

4 - Gli ultimi anni del Lombardo Veneto<br />

Nel 1841 6 il fiume Oglio “serve per l’andamento d’una fabbrica<br />

<strong>di</strong> pellami d’una sola ruota,un e<strong>di</strong>ficio <strong>di</strong> maglio <strong>di</strong> una ruota e <strong>di</strong> n.<br />

5 mulini pel numero complessivo <strong>di</strong> 13 ruote, un e<strong>di</strong>ficio <strong>di</strong> macina<br />

dell’olio ed una pista pel riso ; tutti questi e<strong>di</strong>fici rendonsi inoperosi<br />

nelle alture del fiume e <strong>di</strong> pochissimo esercizio nelle scarsezze d’acqua....<br />

La seriola vecchia e nuova <strong>di</strong> Chiari anima cinque e<strong>di</strong>fici <strong>di</strong><br />

6 <strong>Palazzolo</strong>, Fond. Cicogna Rampana, racc. Maza Brescianini, cart. D/8, “ Memorie<br />

illustri <strong>di</strong> <strong>Palazzolo</strong> sull’Oglio” giugno 2003, p. 43


filatoio da seta pel complessivo <strong>di</strong> n. 8 ruote.. La seriola Fusia, cioè<br />

il solo 3° <strong>di</strong> <strong>Palazzolo</strong>, serve all’andamento <strong>di</strong> n. 6 e<strong>di</strong>fici <strong>di</strong> filatoio<br />

pel complessivo <strong>di</strong> ruote n. 8…<br />

Gli avvenimenti politici, i cambiamenti <strong>di</strong> governi, alti e bassi<br />

nella produzione susseguitisi dalla fine del ‘700 ai primi dell’800,<br />

non impe<strong>di</strong>rono il crescere del numero degli opifici nei quali veniva<br />

lavorata la seta.<br />

Negli anni 1846-47 erano in attività a <strong>Palazzolo</strong> otto filande<br />

importanti, un<strong>di</strong>ci a <strong>di</strong>mensione familiare e do<strong>di</strong>ci filatoi, insieme<br />

impiegavano oltre cinquecento persone. La più importante era la<br />

filanda <strong>di</strong> Antonio Cicogna e fratelli, in quadra <strong>di</strong> Riva, dotata <strong>di</strong><br />

60 caldaie, che occupava 132 persone e aveva aspi mossi da forza<br />

umana. Seguiva quella <strong>di</strong> Giuseppe Omboni e fratelli con 30 caldaie<br />

riscaldate a legna che aveva 65 operai, poi quelle <strong>di</strong> Gerolamo Camorelli,<br />

<strong>di</strong> Giovanni Cicogna, <strong>di</strong> Benedetto Tedol<strong>di</strong>, ciascuna con<br />

20 caldaie e 46 operai, <strong>di</strong> Angelo Muzio e G. Maria Omboni con 16<br />

caldaie e 36 operai, <strong>di</strong> Luigi Consoli con 6 caldaie e 14 operai.<br />

Le filande piccole, avevano da una a quattro caldaie ed erano<br />

organizzate su base familiare , quasi tutte in mano degli stessi proprietari<br />

delle gran<strong>di</strong>. In totale funzionavano 203 caldaie con una<br />

manodopera occupata che si aggirava sulle 500 unità, per la quasi<br />

totalità donne e ragazze.<br />

I do<strong>di</strong>ci filatoi, quasi tutti nelle mani dei proprietari delle filande,<br />

erano dotati <strong>di</strong> 23.000 fusi per il filato e 17.700 per il torto con<br />

una produzione annua <strong>di</strong> 29.600 kg. <strong>di</strong> trame e 81.500 kg. <strong>di</strong> organzini,<br />

ottenuta me<strong>di</strong>ante l’impiego <strong>di</strong> 118 uomini e 102 donne, oltre<br />

mille erano quelle impiegate al <strong>di</strong> fuori dell’opificio, per l’incannatura<br />

domestica.<br />

Nel decennio 1857 - 67 l’industria <strong>serica</strong> fu fortemente con<strong>di</strong>zionata<br />

dall’incerta situazione politica e subì una scossa per la crisi<br />

commerciale <strong>di</strong> quegli anni. I filatoi, che <strong>di</strong>eci anni prima fornivano<br />

un prodotto annuo <strong>di</strong> circa 100.000 chilogrammi, prima ri<strong>di</strong>mensionati,<br />

si avviavano alla chiusura” 7 .<br />

7 F. Ghidotti, Sviluppo storico dell’economia palazzolese, in Centenario <strong>di</strong> fondazione<br />

della Banca M.P.A. <strong>di</strong> <strong>Palazzolo</strong> sull’Oglio, 1872-1972, p. 21, id. <strong>Palazzolo</strong> sull’Oglio.<br />

Le tappe dello sviluppo industriale, 2007, pp. 5-53<br />

10


5 - Un quadro dell’uso delle acque nel 1867<br />

“A monte del ponte ferroviario, in sponda destra del fiume<br />

Oglio, ha origine un canale <strong>di</strong> recente costruzione della lunghezza<br />

<strong>di</strong> circa 300 metri la cui acqua muove la grande ruota <strong>di</strong> ghisa che<br />

trasmette una forza <strong>di</strong> 80 cavalli me<strong>di</strong>ante una corda metallica che<br />

fa muovere le macchine che occorrono all’officina calci idrauliche,<br />

posta sulla sponda sinistra del fiume. Nel centro <strong>di</strong> <strong>Palazzolo</strong> forma<br />

un’isola dove si trovano sei mulini dei quali tre a 3 macine, due e 2<br />

macine ed uno a una macina. Inoltre muove tre opifici: un maglio<br />

per il ferro, una pestatoia del riso e una macina per l’olio.<br />

Il terzo Fusia (serioletto) si <strong>di</strong>vide in quattro vasi minori <strong>di</strong> circa<br />

mc. 0.52 ciascuno e precisamente Carvasaglio, Gardale, Ceresa<br />

e Nuovo. L’acqua del vaso Carvasaglio viene utilizzata per l’irrigazione,<br />

meno una piccola quantità che va a scaricarsi nella Vetra.<br />

Nel vaso si trova una ruota da molino a due macine e l’acqua del<br />

canale muove quattro opifici. Di essi uno serve al lavoro della seta<br />

ed è mosso da una turbina, il secondo alla lavorazione della seta ed<br />

è mosso da una ruota pescante nell’alveo, il terzo serviva anch’esso<br />

al lavoro delle sete, ora è stato trasformato in un tornio del ferro<br />

ed officina <strong>di</strong> falegname, esso pure è mosso da una ruota pescante<br />

nell’alveo, per il quarto ad uso <strong>di</strong> lavoro della seta si estrae dal vaso<br />

una determinata quantità <strong>di</strong> acqua che dopo aver servito da motore<br />

e all’irrigazione <strong>di</strong> alcune piccole pezze <strong>di</strong> terreno va a scaricarsi<br />

nella Vetra. Il vaso Gardale ha la stessa portata del precedente e<br />

l’acqua viene utilizzata, oltre che per l’irrigazione, per muovere un<br />

mulino a due macine e due opifici per la seta. Tutte le ruote pescano<br />

nell’alveo. I vasi Ceresa e Nuovo servono solo per l’irrigazione.<br />

La Vetra ha origine a circa quattro chilometri dalla bocca dell’Oglio,<br />

ha la portata <strong>di</strong> mc. 10 e serve oltre che per l’irrigazione, per<br />

sette e<strong>di</strong>fici e l’acqua viene estratta dalla sponda destra me<strong>di</strong>ante<br />

bocche circolari o quadrate della portata <strong>di</strong> circa mc. 0.10 ciascuna. I<br />

sei opifici servono per la lavorazione della seta (tre dei quali ora non<br />

in attività) e il settimo serve per la concia delle pelli” 8 .<br />

8 <strong>Palazzolo</strong>, Arch. Comunale, cart. 23, f. n. 5, Quadro descrittivo dei vasi d’acqua che<br />

attraversano il Comune <strong>di</strong> <strong>Palazzolo</strong>, 1867, “Voce <strong>di</strong> <strong>Palazzolo</strong>”, 21-7-1978. Ve<strong>di</strong> anche<br />

11


6 - I Camorelli, per un secolo, filatoglieri al Maglio<br />

La famiglia Camorelli, proveniente da Pontoglio, viene ad abitare<br />

a <strong>Palazzolo</strong> dopo la peste del 1630. Domenico <strong>di</strong> Girolamo<br />

(1697-1765), ha otto figli fra cui Gerolamo (1729-1808) filatogliere<br />

in contrada del Maglio. Dei sette figli, proseguono l’attività paterna<br />

Domenico e Lorenzo.<br />

Domenico, nato nel 1759, nel 1785 è soldato al presi<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Cremona<br />

e l’anno dopo è ferito da un’archibugiata sparatagli da Arcangelo<br />

Cominassi. Sposa nel 1797 Maddalena Paganini, non ha figli.<br />

Diventa però tutore <strong>di</strong> quattro femmine ed un maschio orfani del<br />

fratello Lorenzo, scomparso a 44 anni nel 1805.<br />

Insieme al padre ed al fratello aveva acquistato da Antonio<br />

Gorini nel 1804 gli immobili, già Nazari, in contrada del Maglio,<br />

a<strong>di</strong>biti a filatoio <strong>di</strong> seta, a mulino ed a macina dell’olio, con annesse<br />

case ed orto. Queste macchine erano mosse dall’acqua del<br />

canale Gardale ed il Camorelli nel 1822 costruito una una nuova<br />

ruota per garantire maggiore energia al suo filatoio. L’operazione<br />

era fatta all’insaputa dei deputati della Fusia che , accertato il<br />

fatto, il 26 <strong>di</strong>cembre ottennero dall’autorità comunale un decreto<br />

che ingiungeva al Camorelli la sospensione dell’opera iniziata. La<br />

ruota è terminata il 27 <strong>di</strong>cembre e comincia a funzionare regolarmente.<br />

I responsabili della Fusia chiedono allora alla Deputazione<br />

Provinciale <strong>di</strong> or<strong>di</strong>nare la demolizione, ma il Camorelli <strong>di</strong>mostra<br />

“d’essere nel legale e reale possesso del libero uso dell’acqua del<br />

dugale Gardale per l’andamento dei suoi e<strong>di</strong>fici”, mentre la Fusia<br />

non può fare altrettanto per provare che esistessero restrizioni<br />

all’uso <strong>di</strong> tale <strong>di</strong>ritto. Il 30 aprile 1823 la Delegazione Provinciale<br />

rigetta l’istanza della Fusia, rimproverando il Camorelli che “pri-<br />

F. Ghidotti. La lavorazione delle pelli <strong>di</strong> animali. ”Voce <strong>di</strong> <strong>Palazzolo</strong>”, 25-11-2005<br />

A. Amati, nel Dizionario corografico dell’Italia, Milano, Vallar<strong>di</strong>, 1867 a pag. 850 scrive:<br />

Il suo territorio è molto fertile <strong>di</strong> cereali ed abbonda <strong>di</strong> piantagioni <strong>di</strong> gelsi, per<br />

cui molto considerevole è l’allevamento del baco da seta. E’ irrigato da varii canali<br />

derivati dall’Oglio, tra i quali il Fusia che è navigabile. Questi servono inoltre a dar<br />

moto a non pochi opificii, tra cui una gran<strong>di</strong>osa conceria <strong>di</strong> pelli, un maglio, numerosi<br />

molini, un<strong>di</strong>ci filatoi da seta, quasi tutti a tre piante, e nei quali si impiega un<br />

migliaio <strong>di</strong> persone, e varie filande, una <strong>di</strong> 60 e più fornelli, due <strong>di</strong> 40.<br />

12


Brescia, Arch. Stato, Architetti-ingegneri, b. 416, 1838 ing. F. Omboni, filanda <strong>di</strong> Gerolamo Camorelli<br />

ma <strong>di</strong> immettere la nuova ruota avrebbe dovuto darne parte alla<br />

Deputazione da cui, come utente, <strong>di</strong>pendeva’ 9 .<br />

Nel 1815 è fra i maggiori possidenti con un red<strong>di</strong>to stimato in<br />

1.642 lire. Muore <strong>di</strong> colera nel 1836 a quasi ottant’anni. Alla figlia<br />

Marta, sposata nel 1804 a Pietro Taparelli, lascia in ere<strong>di</strong>tà filatoio e<br />

casamento. Nel suo testamento del 1831, aveva scritto che trovandosi<br />

“per grazia del cielo in situazione <strong>di</strong> qualche possidenza”, lasciava<br />

9000 lire austriache a ciascuna delle quattro nipoti. Ai lavoranti<br />

del suo filatoio, donava per loro ricompensa “ mezzo sacco <strong>di</strong><br />

melgotto”. E li elenca tutti : Giovanni e Bortolo e Giovanni, Antonio<br />

Corioni, Francesco Bonomelli, Giovanni Cuminetti, Antonio Bertossi,<br />

Battista Urgnani fachinetto, Angelo Cropelli, Giuseppe Marcan-<br />

9 <strong>Palazzolo</strong>, Arch. Fusia, Vicinie, vol. I°, Arch. Comunale, cart. 15, f. 1, Acque pubbliche,<br />

terzo Fusia<br />

1


delli, Giacomo Signorone. 10 E’ la prima volta che mi capita <strong>di</strong> trovare<br />

la lista dei <strong>di</strong>pendenti maschi <strong>di</strong> un opificio palazzolese.<br />

Lorenzo (1761-1805), nel 1786 è soldato, si sposa nel 1794 con<br />

Paganini Elisabetta, sorella <strong>di</strong> Maddalena, moglie del fratello Domenico.<br />

Anche lui filatogliere, come il padre ed il fratello, muore a<br />

44 anni nel 1805. Delle quattro figlie, l’unica rimasta nubile è Maria<br />

(1794-1853), le altre tre si maritarono coi tre fratelli Cicogna: Caterina<br />

con Angelo, Francesca con Paolo e Teresa con Prospero.<br />

L’unico maschio Girolamo (1802 -1866), sposa nel 1829 Persevalli<br />

Caterina. Anche lui ere<strong>di</strong>ta dallo zio Domenico. Ha due figlie<br />

e due figli. Lorenzo, nato nel 1831, continua l’attività <strong>di</strong> filatoliere.<br />

10 Testamento Camorelli del 24 marzo 1831<br />

Brescia, Arch. Stato, Architetti ed Ingegneri , b. 426 con Inventari e stime del filatoio<br />

Camorelli redatti nel 1835 dall’ing. Luigi Omboni e nel 1838 dall’ing. Francesco<br />

Omboni, con <strong>di</strong>segni dell’e<strong>di</strong>ficio.<br />

1<br />

Partitori del Serioletto e inizio dei canali Carvasaglio, Gardale, Ceresa e Nuovo


Nel 1858 egli vende a Giorgio Seuffereld <strong>di</strong> Milano gli e<strong>di</strong>fici sulla<br />

Via Brescia e allo svizzero Abramo Suller la casa ed i terreni che i<br />

Camorelli possedevano a Mura, successivamente passati nelle mani<br />

del sig. Ernesto Niggeler.<br />

Con lui si estingue la famiglia Camorelli, l’azienda ormai chiusa,<br />

viene ceduta nel 1876 a Federico Richembach che la rimetterà poi in<br />

attività.<br />

7 - I Cicogna filatori e commercianti <strong>di</strong> seta<br />

Francesco <strong>di</strong> Antonio (1734-1817) sposa nel 1754 Caterina Scaramuzzetti<br />

ed ha nove figli. Esercita l’attività <strong>di</strong> filatogliere prima<br />

del 1788, anno in cui è tassato per il dazio sete. Rispondendo ad<br />

una richiesta del Podestà <strong>di</strong> Brescia così scrive il 15 gennaio 178911 :<br />

“espongo io infrascritto sì come nel mio filatoglio fabbricato in questa<br />

terra, già privilegiato, <strong>di</strong> valeghi n. 10 <strong>di</strong> filato e n. 5 <strong>di</strong> torto, si<br />

impiegano uomini n. 9, donne n. 12 binatrici, n. 50 donne alla quali<br />

viene <strong>di</strong>stribuita la seta per l’incannaggio nelle loro case e paesi<br />

vicini. Se vi fossero nella provincia richieste competenti per tutto<br />

l’anno, sarebbe capace il filatoio al lavoro <strong>di</strong> n. 380... per valego <strong>di</strong><br />

filato, la qual robba viene poi trasformata e torta in organzino, ma<br />

stante la mancanza <strong>di</strong> essa seta anche nelli anni ubertosi e la grande<br />

quantità <strong>di</strong> seta greggia che si estrae fori del nostro Stato e le troppe<br />

quantità <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fizi che vi sono, si calcola il mio lavoro, un anno per<br />

l’altro <strong>di</strong> sol<strong>di</strong> n. 110 per valego. Il prezzo che si ricava per solito<br />

dalla torsidura e filatura consistente in organzino è in £.3,5/3,10 la<br />

liretta, da cui detraendo le spese delle maestranze, mantenimento<br />

del filatoio e sgravi comuni, ne risultano al proprio <strong>di</strong> netto sol<strong>di</strong> 3<br />

la libra <strong>di</strong> organzino lavorato...”<br />

Francesco è, con tutta probabilità, l’iniziatore dell’attività che<br />

darà prosperità alle famiglie Cicogna. Dal 1755 al 1776 ha nove figli<br />

fra i quali: Antonio (n. 1755); Giuseppe (n. 1757) Giovanni, prete<br />

(1760-1809); Pietro (n. 1765).<br />

Giuseppe <strong>di</strong> Francesco (1757-1823) nel 1791 gestisce 5 fornelli<br />

da seta in casa propria. Nel 1810 fa lavorare un filatoio <strong>di</strong> due piante<br />

11 Brescia, Arch. Stato, Canc. Pref. Sup. busta 42<br />

1


in contrada del Maglio. Il figlio Giovanni Battista (1793- 1870 ) sposa<br />

intorno al 1838 Giulia Dotti <strong>di</strong> Erbusco ed ha nove figli fra i quali<br />

Luigi, (n. 1839), Teresa (1840), Giacomo (1844), Lucia (1846) Pietro<br />

(1848) e Gerolamo (1851).<br />

Per finanziare le nuove campane della Torre, come scrive il Lanfranchi,<br />

12 “non vi era che ricorrere ad un altro deputato abbiente: al<br />

Giovanni Battista Cicogna. A calcoli fatti occorrevano subito lire austriache<br />

9000 che la <strong>di</strong>tta Luigi Cicogna e fratelli, negozianti, dopo<br />

alcune trattative col rettore Torazza si <strong>di</strong>chiarò pronta a versare. La<br />

fabbriceria come garanzia, s’impegnò a cedere ai Cicogna per duetre<br />

anni il prodotto delle “galette” offerte alla chiesa” per essere trasformate<br />

in seta.<br />

Nel 1829 Luigi ed i fratelli Cicogna avevano in progetto una<br />

nuova fabbrica da costruire nel locale una volta occupato dal filatoio<br />

Cavalleri, che il nonno Francesco aveva gestito prima del 1788.<br />

Luigi <strong>di</strong> Gio. Battista ( 1839-1909), filatogliere, sposa Zemira<br />

Messeri <strong>di</strong> Brescia, dove vive ed ha successo come stu<strong>di</strong>oso.<br />

Pietro <strong>di</strong> Francesco (1765/1842) sposa nel 1793 Elisabetta Foglia,<br />

dal 1797 al 1813 hanno nove figli fra cui Paolo (1798-1830) che sposa<br />

nel 1818 Camorelli Francesca; Don Prospero (1803-1875); Angelo<br />

(1805) che nel 1824 sposa Camorelli Caterina e Patrizio (1807-1869)<br />

che sposa nel 1835 Camorelli Teresa. <strong>Tre</strong> fratelli che sposano tre sorelle,<br />

fatto non infrequente in quegli anni. Nel 1819 compra l’ex filatoio<br />

Nassini, poi Piccioli al Cortevazzo; nel frattempo aveva anche<br />

il filatoio <strong>di</strong> due piante ex Piccinelli in via Teze. La fraterna Cicogna<br />

nel 1849, dopo la morte del padre Pietro, <strong>di</strong>vide la proprietà paterna<br />

valutata 49.860 lire austriache: a don Prospero tocca una casa e<br />

il filatoio alle Teze, ad Angelo altro filatoio al Maglio, a Patrizio il<br />

filatoio del Cortevazzo.<br />

Paolo <strong>di</strong> Pietro, dal 1820 al 1826 ha quattro figli fra i quali Lorenzo<br />

e Giuseppe. Quando muore a soli 32 anni i due figli hanno<br />

rispettivamente 10 e 4 anni, si ritirano colla loro madre presso lo zio<br />

Girolamo Camorelli, loro tutore. Muore nel 1886.<br />

12 G.U. Lanfranchi, La Torre del Popolo <strong>di</strong> <strong>Palazzolo</strong>, Bergamo, 1966, p. 50<br />

1


Lorenzo <strong>di</strong> Paolo (1820-1905) come scrive il Mainetti 13 , “compiuti<br />

gli stu<strong>di</strong> ginnasiali nel collegio <strong>di</strong> Martinengo, si specializzava<br />

presso gli zii paterni Cicogna e materni Camorelli nel commercio<br />

e nella lavorazione della seta e verso il 1850 dava vita a Chiari a<br />

un grande opificio, potendo quivi <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> maggiore forza d ‘acqua”.<br />

Qui fece evidenti progressi nella produzione commercio della<br />

seta, avendo incorporato l’ere<strong>di</strong>tà degli zii don Prospero, Angelo e<br />

Patrizio, dei Persevalli e Camorelli <strong>di</strong>venne possessore <strong>di</strong> una cospicua<br />

fortuna .Aveva sposato nel 1862 Annunciata Sioli, che moriva<br />

nel 1863 nel dare alla luce la prima figlia Annunciata che, <strong>di</strong>ventata<br />

maestra, sposa Antonio Rampana, rimasta vedova si risposa con<br />

Eduino Damioli e muore nel 1921. Il Damioli con testamento del<br />

1930 destina i suoi beni alla costituzione della fondazione intitolata<br />

alle famiglie Cicogna-Rampana.<br />

8 - La seta nel Bresciano a metà dell’Ottocento<br />

“L’agro bresciano può calcolarsi che approssimativamente possegga<br />

6 milioni <strong>di</strong> gelsi, il che dà quasi un quinto <strong>di</strong> quelli che annovera<br />

la Francia intera: questo numero <strong>di</strong> gelsi della nostra provincia<br />

costituirebbe la me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> 20 gelsi per ettaro… Quando viene<br />

la stagione, in cui essi devono colla lor foglia nutrire e crescere in<br />

sua breve vita l’industre insetto, le campagne si animano <strong>di</strong> vita<br />

insolita e fervente: cucine, logge, talami sono <strong>di</strong>sertati e ceduti all’ospite<br />

<strong>di</strong>letto e benefico. Non ha più ora pel sonno o pel pasto la<br />

famigliola, intenta solo ad ammannirgli il letto ed il cibo: il filugello<br />

occupa tutti i pensieri, tutti i <strong>di</strong>scorsi, tutta l’attività del paese…. I<br />

prodotti in bozzoli, che l’educazione dei bachi frutta alla Bresciana,<br />

provincia, negli anni or<strong>di</strong>narii può calcolarsi <strong>di</strong> 3.200.000 kg. i quali<br />

al prezzo <strong>di</strong> 4 franchi, rappresentano la somma <strong>di</strong> 12.800.000 franchi…<br />

Il bresciano conta adunque 1011 filande con 6820 aspe, sovra<br />

le quali in 4 filande, aventi complessivamente 299 aspe, si fa uso del<br />

vapore… I filatoi sono 87 che complessivamente annoverano 12.291<br />

fusi, e quin<strong>di</strong> occorrendo ogni trenta fusi l’opera <strong>di</strong> un adulto e <strong>di</strong><br />

un fanciullo, si può calcolare ch’essi tengano occupati oltre ottocen-<br />

13 I. Mainetti, Miscellanea, vol. I, Brescia, 1966, p. 207<br />

17


to in<strong>di</strong>vidui: Questi stabilimenti sono situati quasi tutti nei <strong>di</strong>stretti<br />

<strong>di</strong> Brescia, Montechiaro, Salò e Chiari, e centro principale ne è anzi<br />

<strong>Palazzolo</strong> che trovasi nell’ultimo dei suaccennati <strong>di</strong>stretti 14 .<br />

9 - La seta a <strong>Palazzolo</strong> nel 1872<br />

Sul quoti<strong>di</strong>ano La Provincia <strong>di</strong> Brescia del novembre 1872, Gabriele<br />

Rosa scriveva: “E per far risorgere Chiari e <strong>Palazzolo</strong> vi favorisce<br />

l’industria della seta che vi si sviluppò si ratto che Chiari nel 1800<br />

contava ventidue piccoli filatoi, e cinquecento bacinelle temporarie<br />

<strong>di</strong> filanda. Poscia seguì decadenza continua dell’arte della seta, che<br />

precipitò dopo il 1850 per l’invasione dell’atrofia nei bachi.<br />

Colle libertà si mise in Italia <strong>di</strong> nuovo moto d’industrie e <strong>di</strong> com-<br />

14 G. Zanardelli, Lettere sulla esposizione bresciana , Milano, 1857, pp. 107 segg.<br />

1<br />

Gli ultimi gelsi esistenti a <strong>Palazzolo</strong>


merci e l’arte della seta a Chiari ed a <strong>Palazzolo</strong> prese a sorgere più<br />

altamente.<br />

A <strong>Palazzolo</strong> era rimasto attivo il solo filatoio Seuferheld, che ridotto<br />

sino al 1866 a forma moderna, ora si ingran<strong>di</strong>sce così da poter<br />

dare 130 kil. <strong>di</strong> organzino la settimana. A quelli si aggiunsero due<br />

filatoi del benemerito Cramer da Milano, uno de’ Fratelli Cicogna,<br />

uno <strong>di</strong> Raineri, e le filande Cramer, Fratelli Cicogna, Raineri.<br />

I filatoi Cramer e Cicogna sono mossi da forze miste idrauliche<br />

ed a vapore, non altrimenti che le filande. Ognuno dei filatoi <strong>di</strong><br />

Cramer e quello de’ Cicogna ponno produrre oltre a duecento kilogrammi<br />

d’organzino per settimana. Cramer ci manda le sue aspe da<br />

32 centimetri <strong>di</strong> <strong>di</strong>ametro agevolatevi con il lavoro che fanciulle da<br />

12 anni attendono ognuna a 33 aspe all’incannatoio ed a 20 rocchetti<br />

stracannando. Simili aspe ora prepara anche nella filanda che prese<br />

a porre in azione quest’anno sorgente nel culmine <strong>di</strong> <strong>Palazzolo</strong>.<br />

Dove in grande sala superiore <strong>di</strong>spose per ottanta bacinelle, delle<br />

quali già si usano quaranta con scopatura meccanica.<br />

La filanda Cicogna ha ora 65 bacinelle ed è notevole perché<br />

raccomanda la seta ai rocchetti <strong>di</strong>rettamente, superando gli scogli<br />

dell’umi<strong>di</strong>tà con riscaldamento nella incannatura, e con rocchetti<br />

<strong>di</strong> latta vuoti e leggeri, così che riescono poi assai bene a stracannare.<br />

Non ha scopatura meccanica, ma con leggerissimo spazzolino<br />

d’erica della Francia meri<strong>di</strong>onale, scopa sotto acqua. I motori della<br />

filanda e del filatoio Cicogna sono costruiti da Galli a Bergamo e da<br />

Consonni a <strong>Palazzolo</strong>, con <strong>di</strong>segni dell’ingegner Milesi <strong>di</strong> Bergamo<br />

e ciò <strong>di</strong>nota progresso notevole nella meccanica nostrale, giacché<br />

ancora <strong>di</strong>eci anni sono per tali congegni era mestieri ricorrere all’estero.<br />

Raineri da Brescia 15 che da molti anni già prepara a <strong>Palazzolo</strong><br />

tortiglie blande, binate, triplicate per arabeschi sugli abiti degli<br />

Orientali, e sete cucirine da doppioni e che con sottili <strong>di</strong>segni lucida<br />

anche sete cucirine altrui, ora fila doppioni con parecchie innovazioni<br />

sue in 48 bacinelle, e ridusse a 40 centimetri le aspe per ottenere<br />

15 Eugenio Raineri <strong>di</strong> Pietro, nasce a Brescia nel 1832; sposa Camilla Albertini <strong>di</strong><br />

Giuseppe e muore nel 1874.<br />

1


G. Capra (1875-1915), Locan<strong>di</strong>na pubblicitaria <strong>di</strong> una bacinella per la trattura della seta<br />

20


lavoro più <strong>di</strong>ligente. Inventò, ed applicò utilmente uno strumento<br />

semplicissimo per marcare i ricotti, e raccoglie con molta <strong>di</strong>ligenza<br />

ogni sostanza concimante dello stabilimento. I <strong>di</strong> lui prodotti sono<br />

ricercati all’estero, e ne spe<strong>di</strong>sce a Lione, a Vienna, a Berlino, oltre<br />

che nell’Oriente. Seppe ridurre la filatura dei doppioni a molte semplicità<br />

ed economia.<br />

Questi filatoi e queste filande danno lavoro ad oltre mille persone,<br />

delle quali otto decimi tra donne e fanciulle scendenti sino<br />

alli <strong>di</strong>eci anni. Per le quali si rende urgente anche un po’ <strong>di</strong> pane<br />

spirituale d’istruzione elementare, almeno due volte la settimana<br />

alla sera, come già <strong>di</strong> pratica dai Zuppingher a Bergamo. A ciò già<br />

intendono provvedere i filatori <strong>di</strong> <strong>Palazzolo</strong>, e forse, imitando Rossi<br />

da Schio, apriranno anche asilo e scuola infantile pei bambini degli<br />

operai.”<br />

10 - La <strong>di</strong>tta Enrico Cramer<br />

Nel 1867 la <strong>di</strong>tta Enrico Cramer & C <strong>di</strong> Milano, che aveva altri<br />

stabilimenti sul Milanese, si installava a <strong>Palazzolo</strong> acquistando<br />

l’opificio <strong>di</strong> Bortolo Brescianini, situato alle porte del paese sulla<br />

strada per Brescia in posizione ottimamente fornita <strong>di</strong> energia idrica.<br />

In seguito, vista la felice ripresa dell’attività <strong>serica</strong>, comprò la<br />

proprietà a<strong>di</strong>acente con filanda e filatoio, formando così un ambiente<br />

vastissimo. Nel 1872 conduceva una filanda e due filatoi, avendo<br />

nel frattempo acquistato il filatoio Persevalli nella quadra <strong>di</strong> Piazza,<br />

lungo la via Molini.<br />

Nello stabilimento <strong>di</strong> Riva funzionavano una filanda capace <strong>di</strong><br />

80 bacinelle, <strong>di</strong> cui 14 a fuoco <strong>di</strong>retto, che occupava un centinaio <strong>di</strong><br />

persone, e un filatoio con 8.000 fusi e 64 addetti. In quello <strong>di</strong> Piazza<br />

erano attivi 6.400 fusi ed erano occupate 60 persone. La forza motrice<br />

era quella idraulica, ma la <strong>di</strong>tta <strong>di</strong>sponeva pure <strong>di</strong> motori a<br />

vapore, che venivano usati nei casi <strong>di</strong> rottura delle ruote idrauliche<br />

o durante il tempo in cui si effettuavano le perio<strong>di</strong>che pulizie delle<br />

rogge. Nel 1876 la <strong>di</strong>tta prelevava anche lo stabilimento Raineri sempre<br />

in Piazza e lo trasformava. Così aveva in funzione tre complessi:<br />

quello <strong>di</strong> Riva con filanda e, filatoio, e i due <strong>di</strong> Piazza con filatoio e<br />

torcitoio. Gli impianti vennero gradualmente ammodernati ed ac-<br />

21


cresciuta la <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> forza motrice a vapore. Le bacinelle a<br />

fuoco continuo restarono man mano inattive e salirono a 160 quelle<br />

a vapore. Anche le maestranze della filanda raggiunsero le 260 unità.<br />

I fusi attivi del torcitoio erano 7.000 e gli addetti 400. I prodotti,<br />

esportati in Svizzera ed Austria, incontrarono la concorrenza delle<br />

sete asiatiche, soprattutto giapponesi; un ostacolo all’esportazione<br />

verso la Francia fu rappresentato dal dazio d’entrata e dall’inconcepibile<br />

dazio d’uscita dall’Italia.<br />

Lo stabilimento <strong>di</strong> Riva nel 1887 veniva ampliato ulteriormente<br />

con l’aggiunta <strong>di</strong> una seconda filanda e col relativo aumento <strong>di</strong> impiego<br />

<strong>di</strong> manodopera, che nel 1892 era <strong>di</strong> 700 femmine e 34 maschi<br />

che lavoravano per 12 ore al giorno con un breve periodo <strong>di</strong> interruzione<br />

interme<strong>di</strong>a. Nel 1895 le bacinelle delle filande erano 162 ed i<br />

fusi attivi 7.648 per il torto e 11.900 per il filato. Nel 1903 la filatura e<br />

torcitura <strong>di</strong> Riva aveva 654 addetti ed erano stati introdotti 3 motori<br />

elettrici; la torcitura <strong>di</strong> Piazza aveva 166 addetti. Nel 1908 la <strong>di</strong>tta<br />

Cramer apriva nel territorio <strong>di</strong> Adro una filanda capace <strong>di</strong> 8- bacinelle;<br />

<strong>di</strong>sponeva <strong>di</strong> un motore a vapore <strong>di</strong> 10 HP e <strong>di</strong> uno elettrico <strong>di</strong><br />

3 HP ed occupava oltre un centinaio <strong>di</strong> operai. L’attività della <strong>di</strong>tta<br />

terminò nel 1911, allorché gli stabilimenti <strong>di</strong> <strong>Palazzolo</strong> passarono<br />

alla Cugini Guzzi.<br />

11 - Altre aziende del settore<br />

Anche operatori economici stranieri si interessarono alle nostre<br />

industrie. A questi che preferivano collocare le loro imprese nei luoghi<br />

<strong>di</strong> più agevole comunicazione coi paesi d’origine e dove esistevano<br />

riserve <strong>di</strong> energia idrica, <strong>Palazzolo</strong> offriva due felici con<strong>di</strong>zioni:<br />

collegamento del nostro comune ai maggiori centri dell’alta<br />

Italia tramite la ferrovia, inaugurata nel 1857, ed abbondante forza<br />

motrice idrica.<br />

Così la <strong>di</strong>tta CC. Seuferheld <strong>di</strong> Francoforte sul Meno, con procuratore<br />

a Milano, subentrò nel 1862 nella filanda e filatoio Camorelli,<br />

situati <strong>di</strong> fronte all’opificio Brescianini sulla Via Brescia e li condusse<br />

fino a 11875. Nel 1872 occupava 180 donne e 18 uomini, 30 donne<br />

risiedevano nello stabilimento per tutto l’anno, e da giugno ad<br />

ottobre 80 ragazze della filanda mangiavano e dormivano al piano<br />

22


Foto aerea del setificio Guzzi<br />

Lavoratrici del setificio Guzzi che nel tempo libero vengono istruite sui lavori domestici<br />

2


superiore dell’opificio. Nel 1876 la <strong>di</strong>tta Federico Richembach acquistò<br />

l’e<strong>di</strong>ficio colla filanda e filatoio Seuferheld. La filanda, situata<br />

sotto un portico chiuso da invetriate, era ancora secondo il vecchio<br />

sistema del fuoco <strong>di</strong>retto e veniva attivata per tre o quattro mesi all’anno,<br />

da giugno a settembre. Lorenzo Camorelli ne era il <strong>di</strong>rettore;<br />

la maestranza proveniva tutta dai paesi vicini, e veniva alloggiata e<br />

vettovagliata in filanda. Nel filatoio, invece, era occupata maestranza<br />

tutta locale; i fusi attivi erano circa 2.000, saliti a 6-7.000 intorno<br />

al 1888-90. La forza motrice era fornita dall’acqua e così <strong>di</strong>stribuita:<br />

8 HP per la filanda, 4 HP per la trattura e 10 HP per la torcitura e le<br />

operazioni accessorie. Per il riscaldamento dell’acqua nelle bacinelle<br />

<strong>di</strong> trattura era usata una caldaia a vapore <strong>di</strong> 6 HP. La manodopera<br />

assommava a 150 unità. L’8 ottobre 1895 l’opificio venne chiuso, ma<br />

riprese poi la sua attività fino al 1905, quando la <strong>di</strong>tta cessò definitivamente.<br />

Non possiamo <strong>di</strong>menticare altre due imprese in mano a capitale<br />

straniero e precisamente la <strong>di</strong>tta Guerin e Fils, che verso il 1880<br />

esercitò attività <strong>di</strong> filanda e filatoio in locali <strong>di</strong> proprietà dei fratelli<br />

Cicogna fu Giovanni (impegnava quasi 200 operai tra maschi e<br />

femmine, e nel 1882 aveva in funzione 76 bacinelle e 5.400 fusi), e<br />

quella <strong>di</strong> Puech e Vedovelli, fondata nel 1870, che aveva, oltre allo<br />

stabilimento <strong>di</strong> <strong>Palazzolo</strong>, quelli <strong>di</strong> Mornico e <strong>di</strong> Brescia. La filanda<br />

occupava 84 operaie ed il filatoio 234 fra maschi e femmine.<br />

I fusi del filatoio in funzione erano 2.092 e quelli dell’incannatoio<br />

776. Nel 1877 lo stabilimento rimase inattivo.<br />

Accanto alle grosse industrie che si erano andate perfezionando<br />

e ristrutturando, esisteva ancora a <strong>Palazzolo</strong> un’attività familiare <strong>di</strong><br />

lavorazione della seta che sfuggiva alle statistiche ufficiali e che veniva<br />

esercitata con meto<strong>di</strong> ormai superati.<br />

Delle numerose filande e filatoi menzionati all’inizio del secolo<br />

non ne rimanevano in funzione che due: la Cramer e la Richemback<br />

che, stante le loro <strong>di</strong>mensioni, potevano reggere il confronto della<br />

concorrenza e seguire i progressi della tecnologia.<br />

12 - Le manifatture seriche a <strong>Palazzolo</strong> nel 1890<br />

Scrive lo Strafforello che “L’industria <strong>serica</strong> è rappresentata da 2<br />

2


1844 - Planimetria del fabbricato sede del filatoio e filanda Tedol<strong>di</strong>/Zamara<br />

2


opifici per la trattura a vapore con 200 bacinelle attive; da 2 opifici<br />

per la torcitura e l’incannaggio con 13.968 fusi attivi: questi 4 opifici<br />

impiegano motori idraulici ed a vapore ed una mano d’opera complessiva<br />

<strong>di</strong> 834 operai. L’industria del cotone è rappresentata da uno<br />

stabilimento per la filatura e tessitura insieme, con una forza motrice<br />

idraulica <strong>di</strong> 180 cavalli <strong>di</strong>namici, 8000 fusi attivi e 227 telai attivi.<br />

Vi lavorano giornalmente in me<strong>di</strong>a da 360 operai 16 ”.<br />

In un documento inviato nello stesso anno dal sindaco Ricci alla<br />

Prefettura <strong>di</strong> Brescia si legge che “a <strong>Palazzolo</strong> ci sono tre gran<strong>di</strong> filande<br />

e cinque filatoi e torcitoi. 17<br />

“La <strong>di</strong>tta Enrico Cramer e compagni 18 che ha in amenissima,<br />

soleggiata e salubre posizione della borgata un gran<strong>di</strong>oso stabilimento<br />

<strong>di</strong> filatura e torcitura <strong>di</strong> seta, ha sede principale in Milano<br />

come centro dei <strong>di</strong>versi altri importanti opifici sul milanese che essa<br />

possiede.<br />

Nel tempo in cui l’industria <strong>serica</strong> (1857-67) colpita dalla sempre<br />

incerta posizione politica subì la scossa prodotta dalla crisi commerciale,<br />

<strong>Palazzolo</strong> contava ben 12 filatoi più o meno importanti<br />

relativamente alla produzione possibile <strong>di</strong> quei giorni, e complessivamente<br />

potevano lavorare nel corso <strong>di</strong> un anno circa Kg. 100.000<br />

<strong>di</strong> seta.<br />

La scossa subita dai gran<strong>di</strong> negozianti fu <strong>di</strong>sastrosa pei piccoli<br />

industriali, <strong>di</strong> modo che appunto verso gli anni 1866-67 quando la<br />

<strong>di</strong>tta Cramer e C. fece acquisto dello stabilimento che in oggi sorge<br />

16 G. Strafforello, La Patria, geografia dell’Italia, Torino, 1894, p. 446<br />

17 F. Ghidotti, <strong>Palazzolo</strong> 1890. Notizie sull’agricoltura, l’industria e il commercio e sulle<br />

con<strong>di</strong>zioni fisiche, morali , intellettuali, economiche della popolazione, <strong>Palazzolo</strong>, Soc.<br />

Storica Palazzolese, 1970, pp. 19-21<br />

18 Nel 1867 la <strong>di</strong>tta Cramer acquistava lo stabilimento <strong>di</strong> P. Brescianini (poi Guzzi)<br />

dove mise in attività due filatoi, nel 1869, per congiungere il proprio opificio con<br />

la casa comprata dalla sig.ra Adelaide Gorini, chiuse la strada che separava le due<br />

proprietà. Nel 1871 cominciò a funzionare la filanda acquistata da Persevalli e nel<br />

1876 il filatoio comprato da Raineri. Cosicché nel 1882 aveva in attività una filanda<br />

e tre filatoi, nel 1888 due filande e tre filatoi. La <strong>di</strong>tta nel 1911 cedette i propri locali<br />

alla Cugini Guzzi. Va ricordato che Enrico Guzzi era stato <strong>di</strong>rettore del setificio<br />

Cramer.<br />

2


sì maestoso, l’industria <strong>serica</strong> in questa borgata era ridotta ai minimi<br />

termini. In seguito la <strong>di</strong>tta ampliò in paese la sua industria, fece<br />

acquisto <strong>di</strong> un’importante filanda e <strong>di</strong> un filatoio a<strong>di</strong>acenti al suo<br />

stabilimento, formandone un locale vastissimo; acquistò e ridusse<br />

molto bene <strong>di</strong>versi filatoi nella parte basse del paese, verso l’Oglio, e<br />

attualmente in un anno la sua industria in <strong>Palazzolo</strong> produce circa:<br />

Kg. 15.000 <strong>di</strong> seta greggia, Kg. 50.000 <strong>di</strong> seta lavorata.<br />

Vi lavorano giornalmente 750 operai, presso a poco così <strong>di</strong>visi:<br />

maschi adulti 35, fanciulli 0, femmine adulte 560, fanciulle 155.<br />

Circa 375 donne sono dei <strong>di</strong>ntorni e vengono in luogo alloggiate<br />

e vettovagliate. Calcolato che il lavoro continua tutto l’anno senza<br />

interruzione, la classe operaia della borgata e circonvicine ne sente<br />

non lieve vantaggio.<br />

A dar vita a tale industria vi concorrono 5 motori, cioè quattro<br />

ruote ad una turbina della potenza complessiva <strong>di</strong> 25 cavalli <strong>di</strong>namici,<br />

ed in caso <strong>di</strong> avarie alle medesime e <strong>di</strong> mancanza d’acqua vi<br />

funzionano 3 motori a vapore. Nelle filande s’incontrano 174 bacinelle<br />

a vapore, 160 delle quali sono sempre attive e 14 non lavorano<br />

che nel tempo dei così detti provini. Nei filatoi sono continuamente<br />

attivi 6968 fusi <strong>di</strong> torcitura per trame ed organzini e fusi 11.900 <strong>di</strong><br />

filato. Il numero me<strong>di</strong>o dei giorni <strong>di</strong> lavoro in un anno è <strong>di</strong> circa<br />

280. La Ditta, non risparmiando sacrifici, seguì con passione tutte le<br />

esigenze volute dalla concorrenza sia nazionale che estera ottenendo<br />

così nella sua produzione articoli benevisi tanto sulla piazza <strong>di</strong><br />

Milano che all’estero”.<br />

“Filanda e Torcitoio Ditta Richembach Federico 19<br />

La filanda è situata sotto un portico chiuso da invetriate ; conta<br />

4 bacinelle a 22 batteuses. La materia prima, bozzoli, si compera per<br />

la maggior parte in luogo, nelle proporzioni <strong>di</strong> 1/4 giallo nostrale,<br />

1/2 giallo crociato e 1/4 bianco e bianco-verde giapponese, gli altri<br />

bozzoli vengono importati dal Piemonte, dove la Ditta tiene altre<br />

filande e fa forti ammassi.<br />

19 Nel 1876 il Richembach acquistò la filanda a sistema vecchio del Camorelli<br />

(poi Maifre<strong>di</strong> e Bissolotti) e la riattivò. Il 9 ottobre 1885 l’opificio venne chiuso. Riprese<br />

poi l’attività fino al 1905, anno in cui la <strong>di</strong>tta cessò definitivamente<br />

27


La seta reale viene filata in titolo fino, cioè da 8 a 11 denari; gli<br />

scarti invece si filano in titolo tondo, cioè 11-13, 12-14, 13-15. L’ammaestranza<br />

tutta proviene dal paesl clrcon vicini e viene alloggiata<br />

e vettovagliata. La mercede giornaliera è per le filere <strong>di</strong> cent. 70 e<br />

per le strusere (batteuseres) <strong>di</strong> L. 0,45 oltre il vitto. La durata delle<br />

filature si calcola <strong>di</strong> giorni 220 all’anno; avvi un caldaio a vapore<br />

della potenza <strong>di</strong> 6 cavalli <strong>di</strong>namici destinato al riscaldamento dell’acqua<br />

nelle bacinelle. Avvi pure la forza motrice idraulica della<br />

potenza <strong>di</strong> 4 cavalli <strong>di</strong>namici. Le bacinelle <strong>di</strong> trattura in attività consueta<br />

sono 40 tutte a vapore. Vi lavorano 70 donne circa, fra cui 20<br />

ragazze (<strong>di</strong> sopra dei 12 anni). Filatoio e torcitoio, annessi incannatoio,<br />

stracannatoio, binatoio, innaspatoio; il tutto mosso da ruote ad<br />

acqua costrutte nello stabilimento meccanico dei Fratelli Gottar<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> qui. Esso conta 6.000 fusi tra filato e torto. La materia prima, seta<br />

greggia, proviene in parte dalla filanda sopradescritta, ed in parte<br />

d’acquisto e dalla filanda del Piemonte. Si producono organzini,<br />

strafilati e trame che vengono poi spe<strong>di</strong>ti a Milano.<br />

La maestranza è tutta <strong>di</strong> <strong>Palazzolo</strong>; la mercede giornaliera varia<br />

dai cent. 75 ai 90 per le donne oltre i 18 anni e dai cent. 20 a 60 per le<br />

ragazze dai 10 ai 18 anni. Gli uomini guadagnano da L. 1,75 a L. 2 al<br />

giorno lavorando a fattura. Questo stabilimento potrebbe prendere<br />

molto maggiore sviluppo sia per l’abbondante forza d’acqua <strong>di</strong> cui<br />

può usare, sia per le macchine numerose, sia, infine, per la quantità<br />

e vastità dei locali ed aree fabbricabili, ma ne è impe<strong>di</strong>to dalla troppa<br />

meschina <strong>di</strong>fferenza che passa tra il prezzo della materia prima e<br />

la lavorata, la prima delle quali in forza dei telai meccanici introdotti<br />

nelle fabbriche <strong>di</strong> stoffe, sostituisce in gran parte agli organzini e<br />

le trame. Il filatoio-torcitoio è animato da un motore idraulico della<br />

potenza <strong>di</strong> cavalli <strong>di</strong>namici 10 <strong>di</strong> cui 6 per la torcitura e 4 per le operazioni<br />

accessorie. Vi lavorano circa 90 operai <strong>di</strong> cui 1/5 uomini, 3/5<br />

donne adulte e 1/5 fanciulle dagli 11 ai 14 anni. Il numero me<strong>di</strong>o dei<br />

giorni d’esercizio è <strong>di</strong> 280 circa 20 .<br />

20 Sul tema delle ore <strong>di</strong> lavoro delle donne, la <strong>di</strong>tta Cramer nel 1887 scriveva al<br />

Ministero che nelle sue filande”ad ogni bacinella evvi assegnata una filatrice che<br />

supera sempre il 15° anno d’età, e per ogni due filatrici avvi la cosiddetta spazza-<br />

2


13 - L’ultima filanda<br />

Per chiudere il ciclo iniziato tre <strong>secoli</strong> fa, è necessario parlare<br />

dell’ultima filanda palazzolese la Cugini Guzzi.<br />

Enrico Guzzi, 21 come abbiamo visto, era <strong>di</strong>rettore del setificio<br />

Cramer. Il figlio Cesare aveva iniziato nel 1900 la sua attività <strong>di</strong><br />

industriale affittando la filanda Almici <strong>di</strong> Coccaglio, che ampliò<br />

assicurando lavoro a 200 persone. Nel 1909 si associò col cugino<br />

Antonio 22 e nasceva la Cugini Guzzi, società per l’industria ed il<br />

commercio della seta.<br />

Nel 1911 la società acquisiva la <strong>di</strong>tta Cramer l’azienda che oc-<br />

trice che sta alla batteus ed è una ragazza dai 12 ai 14 anni e molte volte anche dai<br />

10 ai 12. Orbene nelle filande il lavoro suol essere sempre superiore alla 10 ore, se<br />

quin<strong>di</strong> per obbe<strong>di</strong>re alla legge sul lavoro delle fanciulle dovesse essere limitato il<br />

lavoro delle ragazze a sole 8 ore ne deriverebbe che le adulte filatrici dovrebbero<br />

esse medesime lavorare solamente 8 ore, con grave danno evidente dell’industriale<br />

e delle filatrici stesse le quali vedrebbero ridotta la loro paga giornaliera. Si aggiunge<br />

che per le filatrici del paese col sacrificio <strong>di</strong> cui sopra si potrebbe ancora ottemperare<br />

alla legge, ma per le donne forestiere, le quali restano nello stabilimento a<br />

mangiare e a dormire non sarebbe possibile limitare l’esercizio della filanda a sole<br />

8 ore al giorno”.<br />

21 Enrico Guzzi <strong>di</strong> Antonio nasce a Milano nel 1837, sposa Maria Rusca e arriva a<br />

<strong>Palazzolo</strong> nel 1867 come impiegato della <strong>di</strong>tta Cramer. Ha già un figlio, Luigi nato<br />

a Boffalora nel 1866. Va ad abitare nei locali a<strong>di</strong>acenti al setificio <strong>di</strong> cui <strong>di</strong>venta poi<br />

<strong>di</strong>rettore. Dal 1869 al 1881 ha sei figli dei quali sopravvivono Giulio Cesare (1876)<br />

e Maria Luigia. Muore nel 1901. Il figlio Cesare, come si può leggere in “Doverosi<br />

ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong> riconoscenza”, oltre che come principale industriale <strong>di</strong> Coccaglio, viene<br />

ricordato come benefattore del paese. Colla sua intraprendenza <strong>di</strong>ede un contributo<br />

decisivo alla soluzione dei problemi della <strong>di</strong>soccupazione e della mancanza <strong>di</strong><br />

alloggi. Con la moglie Anna Baseggio sostenne la colonia elioterapica e, attraverso<br />

la San Vincenzo, le famiglie più povere del paese. Fu vice presidente nell’Associazione<br />

filan<strong>di</strong>eri italiani.<br />

22 Antonio Guzzi <strong>di</strong> Innocente, nasce a Milano nel 1881, ragioniere, nel 1907 sposa<br />

a Coccaglio la cugina Maria Luigia Guzzi <strong>di</strong> Enrico dalla quale ha tre figli Luigi<br />

(1909), Enrico (1911) e Giulio (1919). È presente nella vita economico-sociale della<br />

nostra città interessandosi della viabilità della zona. Sindaco dal 1921 al 23, gli è attribuito<br />

il merito dell’accordo fra le provincie <strong>di</strong> Bergamo e Brescia chiamato “pace<br />

dell’Oglio”. Membro del Collegio Sindacale dal 1910 è poi Presidente della Banca<br />

Mutua Popolare Agricola dal 1934 all’anno della sua morte 1950. Gli succede nella<br />

conduzione dell’azienda il figlio Giulio.<br />

2


cupava circa 500 <strong>di</strong>pendenti. Nel 1913 chiudeva il setificio <strong>di</strong> via<br />

XX Settembre, trasformato in Palazzo Comunale, per concentrare le<br />

attività al Maglio dove con 635 <strong>di</strong>pendenti forniva una produzione<br />

<strong>di</strong> seta greggia e lavorata particolarmente apprezzata dalla tessitura<br />

svizzera, francese e comasca.<br />

Negli anni venti la produzione dei bozzoli venne stimolata dalle<br />

richieste <strong>di</strong> materia prima da parte della Cugini Guzzi e la provincia<br />

<strong>di</strong> Brescia salì fra le prime per qualità e qualità del prodotto. Nella<br />

crisi del 1932-34, allorché la maggior parte delle filande chiuse i battenti,<br />

la Guzzi riuscì a superarla riducendo la produzione. Per un<br />

certo tempo tenne in esercizio anche le filande <strong>di</strong> Calcinato, Chiari,<br />

Sale Marasino e Carpenedolo, trasformando le gran<strong>di</strong> rimanenze <strong>di</strong><br />

bozzoli del Consorzio Agrario Bresciano in seta, per la quasi totalità<br />

esportata negli Stati Uniti.<br />

La <strong>manifattura</strong> <strong>serica</strong> legata al ciclo agricolo, venne man mano<br />

sostituita dalle fibre artificiali e la Guzzi gradatamente ridusse la<br />

sua attività che cessava del tutto nel maggio 1948. Le ultime bacinelle<br />

vennero demolite nel 1951.<br />

0


Reparti trattura del setificio Guzzi<br />

1


Nota bibliografica<br />

Battistini F.<br />

L’industria della seta in Italia nell’età moderna, Bologna, Il Mulino,<br />

2003<br />

BelFanti M.C.<br />

Ferro e lana, seta e cotone. Manifatture e industrie lungo il corso dell’Oglio<br />

(<strong>secoli</strong> XVI-XIX), in “Rive e rivali-Il fiume Oglio e il suo territorio”,<br />

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Bettelli BergaMasChi M.<br />

Seta e colori nell’Alto Me<strong>di</strong>oevo, Bologna, 1994<br />

Crippa F.<br />

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E<strong>di</strong>z. della Laguna, 1993, pp. 45-52<br />

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Gli “inutili sforzi per regolar Bergamo”e la crescita del setificio nel Settecento,<br />

in “ Il tempo della Serenissima. Settecento, età del cambiamento”,<br />

Bergamo, Fondaz. per la storia economica e sociale, 2006,<br />

pp. 105-145<br />

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Tecnologia e industria della seta tra la fine dell’età veneta e gli anni postunitari,<br />

in “Dalla fine del Settecento all’avvio dello stato unitario”,<br />

Bergamo, Fondaz. per la storia economica e sociale, 1994, pp. 137-<br />

176<br />

2


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La macchina come strumento <strong>di</strong> produzione: il filatoio alla bolognese, in<br />

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Schizzo si storia del setificio italiano nell’età <strong>di</strong> Antico Regime. Riflessioni<br />

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All’origine del sistema <strong>di</strong> fabbrica: tecnologia e organizzazione produttiva<br />

dei mulini da seta nell’Italia settentrionale (secc. XVII-XVIII), in “Rivista<br />

storica Italiana”, 1976, pp. 217-265


Dormitorio setificio Guzzi<br />

Refettorio setificio Guzzi


INDICE DEI CAPITOLI<br />

Capitolo 1 - Il Seicento<br />

1 - Gli inizi<br />

2 - L’allevamento del baco da seta<br />

3 - La trattura domestica della seta<br />

4 - I fornelli per la trattura<br />

5 - Le fabbriche per uso filatoio<br />

6 - Il filatoio Asperti in Carvasaglio<br />

7 - Il molino da seta Faglia al Maglio<br />

8 - Il filatoio Bonomi in contrada dei Molini<br />

9 - Il filatoio Nassini al Cartevazzo<br />

10 - Lite Duranti-Nazari per l’acqua del vaso Gardale<br />

Capitolo 2 - Il settecento<br />

1 - Si avviano nuovi filatoi<br />

2 - Il filatoio del conte Pietro Duranti a Riva<br />

3 - Il piccolo filatoio dei Palazzoli<br />

4 - I Cavalleri, filatori e commercianti <strong>di</strong> seta<br />

5 - I Nazari dalla fucina al filatoio<br />

6 - I Muzio commercianti <strong>di</strong> seta<br />

7 - I Piccinelli una famiglia <strong>di</strong> filatoglieri<br />

8 - Gli Omboni setaioli e tintori<br />

9 - Conflitti <strong>di</strong> lavoro<br />

10 - La situazione nel 1744<br />

11 - Il contributo dell’attività <strong>serica</strong> per la costruzione della nuova<br />

parrocchiale<br />

12 - I Paganini marengoni e filatoglieri in Piazza<br />

13 - La famiglia dei setaioli Tedol<strong>di</strong><br />

14 - Dopo il 1788


Capitolo 3 - L’Ottocento<br />

1 - Il catasto napoleonico<br />

2 - Le acque a servizio delle attività manifatturiere<br />

3 - La macchina del filatoio <strong>di</strong> Domenico Rossini<br />

4 - Gli ultimi anni del Lombardo-Veneto<br />

5 - Un quadro dell’uso delle acque nel 1867<br />

6 - I Camorelli,per un secolo,filatoglieri al Maglio<br />

7 - I Cicogna, filatori e commercianti <strong>di</strong> seta<br />

8 - La seta nel Bresciano a metà dell’Ottocento<br />

9 - La seta a <strong>Palazzolo</strong> nel 1872<br />

10 - La <strong>di</strong>tta Enrico Cramer<br />

11 - Le altre aziende del settore<br />

12 - Le manifatture seriche nel 1890<br />

13 - L’ultima filanda

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