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A mio avviso è scoccata l’ora dell'uomo di valore e dell’uomo autentico.<br />
Credo tuttavia che a ognuno di noi sia capitato di essere trattato in modo non autentico. Oppure a nostra volta di<br />
aver trattato gli altri in modo non autentico. Pensate per un istante, se vi è mai capitato, alla sensazione sgradevole<br />
che vi ha posseduto quando vi siete ritrovati tra le mani una banconota falsa, un capo di abbigliamento falso. Decisamente<br />
poco piacevole, vero? È solo l’esperienza che dimostra con pesante evidenza che esistono parole autentiche e<br />
parole che non lo sono, comportamenti autentici e no, sorrisi che lo sono e altri che non lo sono per nulla; se notate,<br />
infatti, molti ridono a 32 denti, in alcuni casi, nei falsi di professione, a 36 e tutti bianchissimi. Ma gli occhi no. Gli<br />
occhi sono fermi, immobili, impassibili, incapaci di un minimo segno di vita. Si tratta di una forma di comunicazione<br />
umana drammatica, che relega il soggetto a un ruolo che non dovrebbe essere proprio ma che tempo e abitudine lo<br />
fanno assumere come tale. Ma ci sfugge un piccolo particolare: gli altri lo vedono, lo sentono, e spesso reagiscono.<br />
Comincia a esservi più chiaro il tema? Ognuno può vivere come gli pare, certo, e di fatto è così, poi se funziona per<br />
davvero è altro paio di maniche, ma vi sono uomini di fronte ai quali si prova un istintivo senso di ammirazione e di<br />
stima, e altri che suscitano solo pena e disgusto. Quindi il solo fatto di esistere non fa di me una persona autentica e<br />
tantomeno di valore. E di conseguenza, il solo fatto che opero nel settore da anni e svolgo il lavoro in un certo modo,<br />
o nel solito modo, non è di per se fonte di garanzia certa. Ma qual è il criterio per affermare se un uomo è di valore<br />
oppure non lo è. Alcuni episodi nella storia ci possono essere d’aiuto.<br />
La morte di Bruto e Cassio, i cospiratori delle idi di Marzo contro Cesare. La tragedia più famosa di Shakespeare,<br />
Amleto. Nel primo caso Antonio, dopo aver rincorso il cospiratore per mezza Europa e sconfitto a Filippi, vede lo<br />
stesso Bruto gettarsi sulla spada del suo schiavo e togliersi la vita. Alla vista di un gesto così eroico lo stesso Antonio<br />
dirà, “Questo è un uomo”. Nel secondo caso, Orazio dice ad Amleto, parlando del re appena spirato, “Era un vero<br />
re”, al che Amleto lo corregge rispondendogli, “Era un uomo, un uomo vero e non ne vedrò mai più un altro come lui<br />
in terra di Danimarca”. Intendendo un uomo, egli desiderava attribuire un valore di qualità morale elevatissima, con<br />
una peculiare tensione spirituale.<br />
Alle volte per i nostri clienti - che pensiamo dovranno gettarsi sulla spada dell’ordine loro malgrado - riesce difficile<br />
immolarsi al grido: "Sì, ma questo agente è un uomo!". Per molti dei nostri clienti siamo ancora visti come sottrattori<br />
di tempo, di energia, di denaro, per altri ancora scocciatori e inopportuni. Non per tutti sia chiaro. Ma se siamo uomini<br />
di valore la nostra presenza non solo sarà accettata ma bensì attesa desiderata, apprezzata. Sino a diventarne<br />
persino, seppur su sponde diverse (Compratore-Fornitore), alleati nello stesso progetto di sviluppo e crescita. Non<br />
solo economico, ma anche personale. Abbiate cura di voi, eseguite spesso dei tagliandi al vostro motore, non solo a<br />
quello della macchina; abbiate rispetto di voi, della vostra sensibilità e della vostra intelligenza: gli altri lo capiranno<br />
e vi ringrazieranno. Nel caso contrario, in assenza di un uomo vero, e quindi servile, falso, non autentico... facile sarà<br />
per il cliente riandare con la mente alle cinque categorie nella quali Leonardo Sciascia divideva l’umanità nel suo<br />
libro "Il giorno della civetta":<br />
UOMINI - MEZZI UOMINI - OMINICCHI - PIGLIANCULO - QUAQUARAQUÀ.<br />
Non male. Concludendo poi il tutto con una domanda profonda. “Mi chiedo che cosa faccia di un uomo un vero<br />
uomo”. Queste domande non sono rivolte come avrete ben compreso a un approfondimento macistico del concetto,<br />
anche perché per uomo intendo chiaramente e come sempre ambo sessi, ma ad approfondire, sondare, ciò che sempre<br />
più a mio avviso ci viene richiesto non solo nel lavoro ma nella vita di tutti i giorni. Possiamo quindi affermare<br />
che ciò che rende di un uomo un uomo vero sono per lo meno questi tre punti:<br />
1) L’uomo vero e autentico è un uomo libero;<br />
2) L’uomo vero e autentico è un uomo libero anzitutto da se stesso;<br />
3) L’uomo vero e autentico è l’uomo che vive per la giustizia, il bene, la libertà.<br />
Altra breve ma impegnativa riflessione. AUTENTICO deriva dal greco AUTOS, cioè se stessi.<br />
Quindi non si può essere veri e autentici se non si è se stessi, tuttavia è dentro di noi che si nasconde il germe della<br />
inautenticità. Quindi non è facile essere se stessi, essere fedeli a noi, e nello stesso tempo diffidare di noi.<br />
La pigrizia del vivere con noi ci porta a credere che i comportamenti tenuti, in quanto frutto di un nostro proseguire<br />
quasi automatico essendo ciò che siamo, siano in linea comportamentale con l’essere retti, concreti, veri. Si tratta di<br />
fatto di un legame necessario che abbiamo con noi stessi, sul quale tendiamo ad conformarci, adeguarci, plasmarci,<br />
mentre sarebbe necessario e pìù propedeutico tendere al superamento di noi.<br />
In breve "nella libertà la disciplina".<br />
Mi rendo perfettamente conto che in se questa frase può a molti di noi apparire contraddittoria. DISCIPLINA-LIBER-<br />
TÀ. Concordo, sembra quasi un non senso. Anzi, aggiungo di più, spesso per libertà o per disciplina noi pensiamo<br />
a due concetti in forte contrasto tra loro, al punto tale che la vita sembra soffocare all’interno della disciplina e per<br />
contro si liberi in volo nella libertà. Non è cosi, o meglio non sempre è così.<br />
Pensate a quante volte ci siamo detti: "Scelgo di fare un lavoro per conto mio, così farò e mi gestirò come meglio<br />
credo". In buona sostanza, non avere “padroni”. Da noi in Veneto, in casa, ad un alunno poco profittevole, davanti a<br />
una pagella con scarse chance di un futuro positivo, veniva lanciata una specie di condanna... se sarai bocciato ti<br />
mando a lavorare, aggiungendovi in sovraprezzo e… “soto paron”, così saprai da dove viene. Una specie di condanna<br />
a morte.<br />
Qualcuno di noi dentro di se rispondeva: "Chi se ne frega, tanto vado a vendere con il furgone la mozzarella, così<br />
guido tutto il giorno, ascolto musica e non mi comanda nessuno; o faccio l’assicuratore, bello, camicia e cravatta;<br />
o vado a vendere dolciumi e tortine così mangio pure!". Eravamo decisamente lontani dal pensare che se la vita si<br />
presenta come contraddizione, spesso è nelle sue pieghe antitetiche che si nascondono i sacrifici più duri.<br />
LIBERTÀ - DISCIPLINA ; DIRITTI - DOVERI ; IMPEGNO - SVAGO ; GIOIA - DOLORE ; AMORE - ODIO<br />
UNIONE - ABBANDONO ; VITA - MORTE<br />
Provate a pensarci un attimo. Sta proprio nel rispettarne le contraddizioni che la vita ci propone, apprendendo giornalmente<br />
e consentendo a ognuno di noi di approfondire l’esercizio dell'autenticità, che a lungo andare ciò diventa<br />
la via migliore per apprendere il rispetto alla vita, alla stima di se, alla considerazione che gli altri potranno avere<br />
di noi. Il filosofo Kant (1724-1804) era interessato come pochi al viaggio interiore dell’uomo, alle sue contraddizioni.<br />
Spesso l’essere umano a quel tempo veniva visto come una massa di molecole e neutroni, una massa alle volte intelligente,<br />
altre stupida, altre contraddittoria. Alle volte libera, orgogliosa e degradata. Kant si poneva alla fine del suo<br />
percorso filosofico la seguente domanda. CHE COSA È UN UOMO?<br />
Possiamo definire un essere un uomo sino a quando esso sia capace di pensare e agire in libertà.<br />
Sufficiente, esaustivo? No di certo.<br />
Per altri pensatori (Spinoza, filosofo olandese razionalista illuminista, 1632-1677) siamo solo pedine più o meno<br />
consapevoli all’interno di un gioco più grande di noi. Per altri ancora, eletti divini a prescindere dai nostri meriti<br />
(Agostino 354-430). Per Sartre (1905-1980) siamo libertà assoluta, dove il mondo è un teatro dove ognuno recita la<br />
parte che vuole. Come potete notare ce n'è per ogni tasca, come si suol dire. Einstein era un grande lettore di Spinoza,<br />
normale per chi fa del pensiero, dell’illuminismo della razionalità una religione, ascoltare con attenzione le<br />
parole sopra citate: si agisce non solo per un impulso esteriore ma soprattutto per una necessità interiore. Questa<br />
è una condizione del venditore intenso come uomo che mi ha sempre profondamente incuriosito, che spesso mi ha<br />
portato nelle migliaia di affiancamenti, indotto per lunghi tratti a osservare come spettatore il teatro della vendita, il<br />
gioco delle parti, le reazioni dei singoli soggetti, anche quelli che giocano un ruolo esterno, e non solo quelli animati<br />
o dotati di parola. Un vaso che cade, una telefonata che interrompe il flusso comunicazionale, un atteggiamento o<br />
un movimento del corpo inatteso e magari irritante...<br />
Riprendo il pensiero di un altro filosofo, Schopenhauer, il quale in un suo celebre aforisma diceva "È certo che l’uomo<br />
può fare ciò che vuole, ma non può volere se non quel che vuole!". (Quante trattative impostate solo sul desiderio della<br />
vendita, del risultato e non sulla conoscenza del cliente e dei suoi desideri!). Pensiamoci sopra un attimo: sembra<br />
una frase evidente, lapalissiana, quasi stupida, senza via d’uscita, o meglio con una sola via... difficile infatti volere<br />
se non ciò che si desidera. Ma la nostra attività si contraddistingue per la capacità di analizzare i bisogni dell’altro, di<br />
saperli interpretare e soddisfare, non di volere solo ciò che noi vogliamo...<br />
Eclatante la classica affermazione: "Perché sai, a me piacerebbe lavorare con te...". Se poi il cliente risponde in modo<br />
negativo avete notato cosa succede? Succede che con lo spegnersi del desiderio il soggetto sia portato e si incammini<br />
rapidamente verso atteggiamenti svogliati e ripetitivi. Come se il non riuscire a rinnovare dentro e fuori di se<br />
la promessa di mantenimento della tensione spirituale, intellettuale, professionale, conducesse a un rapido impoverimento<br />
delle nostre facoltà rigenerative, portando chi ci è vicino, chi ci ascolta, chi incontriamo ad avere poco interesse<br />
nel vederci. In sintesi, partiti lancia in resta, al primo "no" riproduciamo velocemente atteggiamenti consueti<br />
e stiracchiati. Salvo poi, chiaramente, accusare gli altri di non capire poco o nulla di noi. Quando, viceversa, siamo<br />
noi, con il nostro comportamento, ad avere ingenerato negli altri una noia mortale dovuta alla nostra presenza scarsamente<br />
stimolante. Spesso ho la sensazione che camminiamo senza porci una meta, un traguardo. Il fattore più importante<br />
nel dare forma alla nostra esistenza umana consiste nell’individuare e fissare una meta. Senza meta, senza<br />
obbiettivo, senza traguardo è facile sviluppare atteggiamenti sociali negativi e distruttivi. Forse ora vi può apparire<br />
più chiaro il senso di scarso ottimismo che aleggia nell’aria e nel quale spesso siamo coinvolti quando incontriamo<br />
i nostri colleghi o accendiamo la radio, leggiamo un giornale o peggio se guardiamo la TV. Suggerisco un libro, una<br />
passeggiata, una corsa in bici o altro. Per ricercare la strada al fine di diventare un vero uomo, bene faremo a ricordarci<br />
la parte finale del "Discorso della montagna" di Gesù, quando anche aiutato dall’arte del padre, falegname carpentiere,<br />
dice che se la casa è costruita sulla roccia, quindi posa su fondamenta sicure e solide, può cadere la pioggia,<br />
possono straripare i fiumi, soffiare i venti... ma quella casa non cadrà. Viceversa, se costruita sulla sabbia, indica un<br />
lavoro svolto in assenza di fondamento, privo di cognizione di causa, improntato alla superficialità, (infatti cadde<br />
la pioggia, soffiarono i venti, si abbatterono su quella casa, essa crollò e grande fu la sua rovina). Voi direte… belle<br />
parole! Ma la roccia sulla quale costruire questa benedetta casa la trovo dentro di me o mi devo affidare a qualcuno<br />
o qualcosa che io non vedo e non conosco. Oppure posso vederla, questa roccia, in modo chiaro e distinto da qualche<br />
parte? Le persone nel vostro settore si affideranno a Voi a una sola condizione: se sarete per loro persone in grado di<br />
infondere CERTEZZA, SOLIDITÀ, SICUREZZA.<br />
Come quando acquistate una vettura e osservate ogni parametro: sicurezza, solidità, consumo, comfort, ecc, ecc;<br />
oppure quando scegliete un albergo o un ristorante: spesso il numero di stelle indica con ragionevole certezza la<br />
scelta di ciò che più si avvicina ai nostri standard di esigenza. Vi siete mai chiesti quante stelle avete per i vostri clienti?<br />
Siate, vi suggerisco, il più obbiettivi possibile con Voi? Quante stelle da 1 a 5? Pensate che in Voi vedano Certezza,<br />
Solidità, Sicurezza? Queste domande a mio avviso è bene che tutti noi ce lo poniamo, perché chi cerca di diventare<br />
un vero uomo, deve almeno una volta nella vita dubitare di esserlo davvero. Renè Descartes, meglio noto come Cartesio,<br />
riprendendo il passaggio di Gesù scriveva testualmente:”Batir dans un fonds qui est tout à moi”, ovvero: Costruire<br />
su un fondamento tutto mio. ATTENZIONE, qui "tutto mio" non significa "mio di me", come appropriazione,<br />
ma inteso nel senso che io lì mi sento sicuro, sono certo; che mi posso e che ti puoi fidare, che ho verificato di persona,<br />
che con me su questo argomento sei su una casa costruita sulla roccia e non sulla sabbia. Spero abbiate afferrato<br />
il senso. Esercitare il dubbio per affrontare la strada dell’impegno alla conoscenza, perché io prima di te ho battuto