Crash - James G. Ballard.pdf - Autistici/Inventati
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alla macchina, poi si accomodò sul sedile anteriore del passeggero, ad assaporare il profumo acuto del<br />
vinile fresco di fabbrica.<br />
«Non sto affatto pensando all'incidente.»<br />
«Però, con questo tizio, questo Vaughan, ti stai legando sempre più, visto che non smetti mai di<br />
parlarne» ribatté Catherine, lo sguardo fisso oltre il parabrezza immacolato, le cosce aperte in una<br />
posizione stilizzata.<br />
A dir la verità, stavo proprio pensando al contrasto fra la sua posa generosa e le vetrate degli edifici<br />
aeroportuali, lo splendore della macchina fresca di fabbrica. Seduto nella replica esatta del veicolo in cui<br />
avevo mancato solo per poco di ammazzarmi, visualizzavo l'accartocciamento del paraurti e della griglia<br />
del radiatore, la deformazione precisa della finitura del cofano, l'angolo di spiazzamento dei bordi del<br />
parabrezza. Il triangolo pubico di Catherine mi ricordò che il primo atto sessuale nella macchina nuova<br />
era ancora da compiere.<br />
Al deposito-auto della polizia di Northolt mostrai il mio lasciapassare alla guardia, custode di quel museo<br />
di rottami. Entrato, ebbi un'esitazione, come un marito venuto a prendere la moglie nel deposito d'un<br />
sogno bizzarro e perverso. Contro la parete posteriore di un cinema abbandonato stavano, parcheggiati<br />
al sole, una ventina di veicoli sfasciati. All'estremità del cortile asfaltato c'era un camion dalla cabina di<br />
guida completamente schiacciata, come per una repentina contrazione delle dimensioni spaziali attorno<br />
al corpo dell'autista.<br />
Snervato da queste deformazioni, mi spostavo da un'auto all'altra. Il primo veicolo, un tassi blu, era<br />
stato colpito alla sede dell'abbagliante sinistro: da una parte, la carrozzeria era intatta, dall'altra la ruota<br />
anteriore era arretrata sfondando il lato del passeggero. Accanto al tassi c'era una berlina bianca di serie<br />
finita sotto un veicolo enorme: impronte di pneumatici giganteschi le solcavano il tetto schiacciato,<br />
costretto al livello del tunnel di trasmissione fra i sedili.<br />
Riconobbi la mia macchina. Il paraurti anteriore presentava ancora resti del cavo di traino, e la<br />
carrozzeria era macchiata di olio. Osservai l'interno attraverso i finestrini, pulendo con la mano il vetro<br />
infangato. Senza riflettere, m'inginocchiai di fronte alla macchina e rimasi a fissare i paraurti e la griglia<br />
del radiatore accartocciati.<br />
Restai così svariati minuti, sforzandomi di riassemblare l'identità di quel rottame. Eventi tremendi mi si<br />
snodarono nella mente su quei pneumatici sgonfi. Ciò che più mi sorprendeva era l'entità del danno.<br />
Durante l'incidente, il cofano, inarcandosi sopra il vano-motore me l'aveva nascosta. Entrambe le ruote<br />
anteriori erano state proiettate, insieme con il motore, nella sezione di guida, causando l'inarcatura del<br />
pianale. Il cofano era ancora macchiato di sangue, che s'allungava in strie di merletto nero verso le<br />
scanalature del tergicristallo. Schizzati di goccioline erano anche il sedile e il volante. Pensai al morto<br />
steso sul cofano. Il sangue ruscellante attraverso la cellulosa ammaccata era fluido più potente del seme<br />
raffreddantesi nei suoi testicoli.<br />
Due poliziotti attraversarono il cortile con un alsaziano nero al guinzaglio, osservando con vago<br />
risentimento quel mio indugiare a toccare la macchina. Quando si furono allontanati, disserrai la<br />
portiera del guidatore e, facendo forza, la aprii.<br />
Mi sedetti sul sedile vinilico impolverato, che l'inarcamento del pianale aveva spinto indietro. La<br />
colonna-sterzo era arretrata di quindici centimetri verso il mio petto. Sollevai le gambe nervose sino a<br />
farle entrare nell'abitacolo e posai i piedi sulla gomma dei pedali, che, espulsi dal vano-motore,<br />
facevano ora sì che mi trovassi con le ginocchia premute contro il torace. Il pannello di strumentazione<br />
dinanzi a me, attorto su se stesso, aveva orologio e tachimetro infranti. Seduto nell'abitacolo deformato,<br />
tra polvere e tappezzeria umida, cercai di visualizzarmi nell'istante della collisione, di rivedere il<br />
fallimento del rapporto tecnico fra il mio corpo, le presunzioni della pelle e la struttura meccanica a ciò<br />
sottesa. Ricordai la visita fatta, insieme a un amico intimo, al Museo Imperiale della Guerra, e il pathos<br />
che ammantava una sezione di cabina di un caccia giapponese Zero della seconda guerra mondiale. Il<br />
groviglio di cavi elettrici e di cinghie e cordami sparsi sul pavimento esprimeva tutto l'isolamento della<br />
guerra. Il perspex affumicato della calotta conteneva un piccolo segmento di cielo del Pacifico, e il<br />
rombo del motore in riscaldamento, trent'anni addietro, sul ponte d'una portaerei.<br />
Osservai i due poliziotti esercitare il loro cane nel cortile. Aprii il cassetto del cruscotto e, forzando, lo<br />
abbassai. All'interno, coperte di polvere e di plastica sfaldata, c'erano varie cose che Catherine non era<br />
stata in grado di farsi restituire: una serie di carte stradali, un romanzo leggermente pornografico<br />
prestatomi da Renata in uno sfoggio di ironica spavalderia, e una foto polaroid di lei seduta, nella mia