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Periodico di matematiche - Mathesis

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42 <strong>Perio<strong>di</strong>co</strong> <strong>di</strong> <strong>matematiche</strong> 1/2011<br />

42 <strong>Perio<strong>di</strong>co</strong> <strong>di</strong> <strong>matematiche</strong> 1/2011<br />

“Achille, simbolo <strong>di</strong> rapi<strong>di</strong>tà, deve raggiungere la tartaruga, simbolo <strong>di</strong><br />

lentezza. Achille corre <strong>di</strong>eci volte più veloce della tartaruga e le concede<br />

<strong>di</strong>eci metri <strong>di</strong> vantaggio. Achille corre quei <strong>di</strong>eci metri e la tartaruga<br />

percorre un metro; Achille percorre quel metro, la tartaruga percorre un<br />

decimetro; Achille percorre quel decimetro, la tartaruga un centimetro;<br />

Achille percorre quel centimetro, la tartaruga un millimetro; Achille il<br />

millimetro, la tartaruga un decimo <strong>di</strong> millimetro, e così all’infinito; <strong>di</strong><br />

modo che Achille può correre per sempre senza raggiungerla”.<br />

Ancora Borges richiama altrove nella sua opera, per la precisione nei Prologhi, il<br />

primo paradosso <strong>di</strong> Zenone, quello dell’impossibilità del movimento; parla infatti<br />

dell’itinerario ipotetico che da un punto <strong>di</strong> partenza A dovrebbe condurre il “mobile”<br />

protagonista a un traguardo B, e tuttavia si rivela impercorribile perché “prima <strong>di</strong><br />

arrivare a B si deve attraversare il punto interme<strong>di</strong>o C, ma prima <strong>di</strong> arrivare a C sarà<br />

necessario attraversare il punto interme<strong>di</strong>o D, ma prima <strong>di</strong> arrivare a D . . . ” e via<br />

<strong>di</strong>cendo.<br />

Come detto, nel corso dei millenni, miria<strong>di</strong> <strong>di</strong> pensatori si sono affannati a contestare<br />

i quattro paradossi, a cominciare proprio da Aristotele, la cui confutazione<br />

è, per <strong>di</strong>rla ancora con Borges, <strong>di</strong> “brevità quasi sdegnosa”, o dalla critica altrettanto<br />

stringata che Kierkegaard attribuisce a Diogene e sottoscrive all’inizio de La<br />

ripetizione:<br />

“Visto che gli Eleati negavano il movimento, intervenne Diogene nel<br />

ruolo <strong>di</strong> oppositore; intervenne davvero, in quanto come noto non <strong>di</strong>sse<br />

una parola, ma camminò semplicemente avanti e in<strong>di</strong>etro due tre volte,<br />

col che stimò <strong>di</strong> averli confutati a sufficienza”.<br />

Obiezione senza dubbio incisiva, e assai più profonda e penetrante <strong>di</strong> quel che possa<br />

apparire. Ma gli argomenti <strong>di</strong> Zenone sembrano resistere a questo e altri assalti, perché<br />

coinvolgono il tema insi<strong>di</strong>oso dell’infinito, il quale sembra sottrarsi per sua stessa<br />

natura a ogni seria misurazione scientifica. È per questo motivo che la critica <strong>di</strong><br />

quei ragionamenti riesce tutt’altro che agevole e anzi espone a sua volta il fianco a<br />

giustificate obiezioni. Per esempio, si ha un bel <strong>di</strong>re che, come la <strong>di</strong>stanza percorsa da<br />

Achille o dalla tartaruga, così anche il tempo impiegato a descriverla si sud<strong>di</strong>vide in<br />

infinite parti; si ha un bell’affermare che in nessuno dei due casi, né per la <strong>di</strong>stanza<br />

né per il tempo, questa infinita <strong>di</strong>visibilità equivale all’infinità, in altre parole si può<br />

benissimo essere infinitamente <strong>di</strong>visibili e contemporaneamente finiti. Di fronte a<br />

queste considerazioni resistono i dubbi e le perplessità che nascono, appunto, dal<br />

mancato sostegno <strong>di</strong> una salda teoria scientifica, che sappia estendere i suoi calcoli<br />

e i suoi controlli pure all’infinito. Come osserva infatti Bertrand Russell ne La<br />

matematica e i metafisici — uno dei saggi che compongono Misticismo e logica —<br />

“Zenone affrontava in realtà tre problemi più astratti del moto”, e cioè quelli “degli<br />

infinitesimi, dell’infinito e della continuità”.<br />

✐<br />

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