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Capitolo | 5 | - Ordine dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri di Rovigo

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Trauma cranico<br />

Arturo Chieregato , Stefano Signoretti<br />

© 2012 Elsevier Srl. Tutti i <strong>di</strong>ritti riservati.<br />

<strong>Capitolo</strong> | 5 |<br />

ASPETTI PATOLOGICI<br />

ED ELEMENTI DI CLASSIFICAZIONE<br />

Il trauma cranico (TBI; Traumatic Brain Injury ) è un insieme<br />

complesso <strong>di</strong> eventi biomeccanici e fi siopatologici in grado <strong>di</strong><br />

dare origine a quadri clinici <strong>di</strong> entità estremamente variabile.<br />

Misurare la gravità <strong>di</strong> un TBI ha sempre presentato enormi<br />

<strong>di</strong>ffi coltà e molti <strong>dei</strong> sistemi usati in passato non sono riproducibili<br />

per il loro carattere soggettivo. La Glasgow Coma Scale<br />

(GCS) [1] , scala <strong>di</strong> valutazione usata universalmente pur con<br />

limitazioni <strong>di</strong> applicabilità nel paziente con <strong>ed</strong>ema facciale,<br />

intubato o s<strong>ed</strong>ato, rappresenta oggi il più utile strumento per<br />

la classifi cazione <strong>dei</strong> TBI su base clinica soprattutto nelle fasi<br />

iniziali, in<strong>di</strong>viduando tre principali categorie: trauma lieve<br />

(GCS 15-14), moderato (GCS 13-9) e grave (GCS 8-3) [2-4] .<br />

Il rapporto tra TBI gravi, moderati e lievi è stimabile in<br />

1:1,5:22. I TBI gravi rappresentano a livello mon<strong>di</strong>ale la<br />

più frequente causa <strong>di</strong> morte e <strong>di</strong> invali<strong>di</strong>tà permanente<br />

nei bambini e negli under-45 e la causa più frequente <strong>di</strong><br />

decesso a seguito <strong>di</strong> qualunque evento traumatico [5] . Fino<br />

a circa <strong>di</strong>eci anni fa, il 50% delle morti conseguenti a TBI<br />

grave avveniva nelle prime 48 ore e <strong>di</strong> queste il 60% circa<br />

entro le prime 24 ore [6] .<br />

Il miglioramento delle tecniche <strong>di</strong> primo soccorso e una<br />

straor<strong>di</strong>naria campagna <strong>di</strong> prevenzione degli incidenti<br />

stradali hanno contribuito a ridurre signifi cativamente il<br />

numero degli incidenti e delle vittime. Tuttavia, il grande<br />

numero <strong>di</strong> pazienti che oggi sopravvive al TBI grave rappresenta<br />

la sfi da scientifi ca e sociale più <strong>di</strong>ffi cile, rivolta a<br />

limitare l’estensione del danno neuronale e a implementare<br />

al massimo le possibilità <strong>di</strong> recupero funzionale delle cellule<br />

nervose traumatizzate.<br />

Le alterazioni anatomiche e funzionali dell’encefalo conseguenti<br />

a ogni TBI hanno un’evoluzione complessa che<br />

può essere <strong>di</strong>stinta schematicamente in tre fasi successive e<br />

ben defi nite dal punto <strong>di</strong> vista anatomopatologico: il danno<br />

primario, le complicanze primarie e il danno secondario.<br />

Il danno primario è <strong>di</strong>rettamente legato all’impatto del<br />

cranio, con applicazione <strong>di</strong> “forze” che possono essere essenzialmente<br />

ridotte a fenomeni <strong>di</strong> contatto (caratterizzati<br />

dalla deformazione della teca cranica nel punto d’impatto,<br />

con minimo coinvolgimento della massa encefalica)<br />

e fenomeni inerziali (legati all’accelerazione che segue ai<br />

bruschi movimenti del capo dopo un trauma) che producono<br />

uno spostamento signifi cativo della massa encefalica,<br />

tale da avere come conseguenza danni molto maggiori<br />

( Fig. 5.1 ) . Per esempio, una forza meccanica applicata per più<br />

<strong>di</strong> 200 msec rappresenta essenzialmente una forza statica,<br />

in grado <strong>di</strong> provocare una compressione “lenta” del cranio.<br />

Per quanto grande possa risultare questo tipo <strong>di</strong> forza, il<br />

paziente riporterà solo lesioni focali e, almeno inizialmente,<br />

non presenterà in genere alterazioni dello stato <strong>di</strong> coscienza.<br />

Più <strong>di</strong> frequente, purtroppo, nei traumi cranici entrano in<br />

gioco forze <strong>di</strong>namiche <strong>di</strong> durata ben inferiore a 200 msec,<br />

in grado <strong>di</strong> produrre uno spostamento reale della massa<br />

encefalica secondo due modalità: traslazione (accelerazione<br />

lineare) e rotazione (accelerazione angolare) [7] . Su queste<br />

elementari considerazioni biomeccaniche si basa una più<br />

avanzata classifi cazione anatomopatologica del TBI, fondata<br />

sulla fondamentale <strong>di</strong>stinzione tra trauma “focale” (quando<br />

è presente una lesione intracranica <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni tali da<br />

poter essere facilmente identifi cata) e trauma “<strong>di</strong>ffuso” (in<br />

genere non associato a lesioni macroscopicamente evidenti<br />

e danno neurologico privo <strong>di</strong> aspetti clinici <strong>di</strong> focalità, ma<br />

caratterizzato da <strong>di</strong>ffusa e generalizzata alterazione delle<br />

funzioni neurologiche). Il meccanismo <strong>di</strong> traslazione è<br />

prevalentemente responsabile degli effetti focali del trauma,<br />

mentre la rotazione lo è <strong>dei</strong> danni <strong>di</strong>ffusi. Tale <strong>di</strong>stinzione<br />

è tuttavia prevalentemente teorica in quanto le due componenti<br />

del movimento sono quasi sempre associate e i<br />

99


Parte | 2 |<br />

100<br />

Statico<br />

>200 msec<br />

Deformazione<br />

cranica<br />

Fratture<br />

Ematomi epidurali<br />

Trattamento sistematico delle lesioni<br />

Forze da<br />

contatto<br />

Trauma cranico<br />

Onda d’urto<br />

(contra-coup)<br />

Con<br />

impatto<br />

Contusioni<br />

Ematomi intracerebrali<br />

movimenti incontrollati del corpo danno luogo a numerosi<br />

e imprev<strong>ed</strong>ibili vettori <strong>di</strong> accelerazione. L’entità del danno<br />

primario <strong>di</strong>pende infi ne dalla progressiva <strong>di</strong>stribuzione<br />

delle forze lesive sopra descritte: questa segue un principio<br />

fi sico ben preciso per il quale gli effetti delle forze capaci <strong>di</strong><br />

produrre la deformazione <strong>di</strong> una massa viscoelastica (come<br />

può essere considerata quella cerebrale) sono massimi in<br />

superfi cie e vanno progressivamente <strong>di</strong>minuendo verso il<br />

centro. Il grado <strong>di</strong> gravità del quadro clinico iniziale è legato<br />

dunque all’estensione del danno che si verifi ca in senso centripeto,<br />

cioè alla progressiva compromissione delle strutture<br />

corticali, sottocorticali, <strong>di</strong>encefaliche, mesencefaliche, pontine<br />

e bulbari. Da un punto <strong>di</strong> vista anatomopatologico, il<br />

danno primario comprende il danno assonale <strong>di</strong>ffuso (DAI;<br />

Diffuse Axonal Injury ), le contusioni cerebrali e l’emorragia<br />

subaracnoidea post-traumatica.<br />

Strettamente legate al danno primario sono le cosiddette<br />

“complicanze primarie”, che comprendono i danni cerebrali<br />

prodotti dalle conseguenze del processo patologico iniziato<br />

al momento del trauma, fra i quali gli ematomi intracranici<br />

(epidurale, subdurale, intracerebrale) e il rigonfi amento<br />

cerebrale ( swelling ). L’ematoma epidurale acuto è in genere<br />

il risultato <strong>di</strong> una lesione da urto (impatto <strong>di</strong> una forza<br />

Dinamico<br />


Figura 5.2 Esempio <strong>di</strong> paziente politraumatizzato, con<br />

trauma cranio-facciale e ingorgo delle vie aeree, intubato<br />

sul luogo dell’incidente prima del trasporto.<br />

a gravissime alterazioni del metabolismo cellulare, innescando<br />

una cascata <strong>di</strong> eventi che conduce alla cosiddetta “via<br />

fi nale comune” del danno cerebrale post-traumatico: uno<br />

stato <strong>di</strong> ischemia grave e irreversibile in grado <strong>di</strong> interessare<br />

qualunque area cerebrale.<br />

Trattare le complicanze primarie e prevenire o limitare<br />

l’instaurarsi del danno secondario è lo scopo principale del<br />

trattamento m<strong>ed</strong>ico e chirurgico del traumatizzato cranico<br />

grave.<br />

DIAGNOSI E TRATTAMENTO<br />

IN URGENZA<br />

Le priorità <strong>di</strong>agnostiche devono focalizzarsi sul rilievo <strong>di</strong><br />

ematomi cerebrali esercitanti effetto massa e secondariamente,<br />

ma contemporaneamente, sull’in<strong>di</strong>viduazione e<br />

minimizzazione delle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> aumento del volume<br />

ematico encefalico e <strong>di</strong> ridotta <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> ossigeno<br />

cerebrale.<br />

Nel contesto del trauma maggiore, la prima <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> TBI<br />

è abbozzata in ambito preosp<strong>ed</strong>aliero attraverso la valutazione<br />

del livello <strong>di</strong> coscienza (GCS) e una semplice valutazione<br />

clinica. La presenza <strong>di</strong> una emiparesi può essere in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> una<br />

massa in evoluzione; l’agitazione psicomotoria a volte si associa<br />

a lesioni evolutive frontali in assenza <strong>di</strong> evidenti sintomi<br />

motori, anche nel caso in cui sia conservata la capacità <strong>di</strong><br />

esecuzione degli or<strong>di</strong>ni semplici. Utile l’osservazione delle<br />

pupille: altamente allarmante è l’anisocoria che, in rari casi,<br />

può essere presente anche con elevati GCS, se associata a<br />

lesioni nella fossa temporale che producano coning prima del<br />

<strong>di</strong>sturbo della coscienza; la midriasi areattiva può far sospettare<br />

quadri <strong>di</strong> swelling <strong>di</strong>ffuso, ematomi sottodurali con shift , ma<br />

anche esiti <strong>di</strong> ipotensione e ipossia gravi. Anche la presenza <strong>di</strong><br />

lesioni del cuoio capelluto o la percezione <strong>di</strong> fratture craniche<br />

avvallate possono rafforzare la <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> TBI.<br />

Trauma cranico <strong>Capitolo</strong> | 5 |<br />

L’accuratezza della valutazione preosp<strong>ed</strong>aliera è rilevante<br />

in quanto a essa segue l’impostazione del management.<br />

In funzione delle capacità dell’operatore, il paziente con<br />

GCS ≤ 8 dovrebbe essere sottoposto a protezione delle<br />

vie aeree e a ventilazione artifi ciale. La ventilazione postintubazione<br />

dovrebbe essere meccanica, con ventilatore<br />

dotato <strong>di</strong> PEEP ( Positive End-Expiratory Pressure ) che eroghi<br />

un volume certo sotto attento monitoraggio della ETCO 2<br />

( End Tidal CO 2 ) [9,10] . Un caso particolare è determinato<br />

dalla presenza <strong>di</strong> anisocoria o midriasi non reagente, dove<br />

è suggerita l’iperventilazione aumentando dapprima la<br />

frequenza ventilatoria e solo successivamente, se necessario,<br />

il volume corrente. La manovra è da condursi fi no a<br />

eventuale reversione del quadro pupillare, ma va sospesa<br />

in presenza <strong>di</strong> ipotensione subentrante. Alternativamente<br />

o contemporaneamente, è consigliata la somministrazione<br />

<strong>di</strong> mannitolo ad alte dosi (1-2 g/kg) e alta velocità (qualche<br />

minuto). Anche l’ipertonica salina può essere usata con<br />

lo stesso obiettivo, in particolare nei pazienti con shock<br />

emorragico [11] .<br />

In presenza <strong>di</strong> TBI è consigliato il mantenimento <strong>di</strong> una<br />

PAS > 110 mmHg, tuttavia in un anziano probabilmente<br />

dovrebbe essere superiore a 130 mmHg mentre valori inferiori<br />

a 110 mmHg potrebbero essere accettabili in adolescenza<br />

e nelle donne in età fertile. Nel bambino valori <strong>di</strong><br />

PAS fra 70 mmHg e 90 mmHg possono essere accettati.<br />

L’accuratezza della <strong>di</strong>agnosi <strong>di</strong> TBI è rilevante per la scelta<br />

della destinazione osp<strong>ed</strong>aliera e il soccorritore è chiamato<br />

a selezionare per la centralizzazione <strong>di</strong>retta il paziente con<br />

sospetto TBI grave o con un GCS in declino.<br />

Nella prima fase osp<strong>ed</strong>aliera, per i pazienti con TBI moderato<br />

o grave la TC cerebrale è sempre in<strong>di</strong>cata, tuttavia il<br />

timing <strong>di</strong> tale esame è sempre da collocare nell’ambito <strong>di</strong> un<br />

percorso basato soprattutto sullo stato emo<strong>di</strong>namico. Va<br />

ricordato, in particolare, che nel paziente con TBI grave emo<strong>di</strong>namicamente<br />

instabile può essere necessaria un’imm<strong>ed</strong>iata<br />

laparotomia rinviando l’effettuazione della TC. Un’eccezione<br />

a questa regola può essere rappresentata dal paziente instabile<br />

e con segni <strong>di</strong> lato o deterioramento neurologico,<br />

purché sussistano situazioni ottimali dal punto <strong>di</strong> vista logistico<br />

(sala TC vicino a shock room ) e organizzativo (capacità<br />

del trauma team <strong>di</strong> eseguire, in rapida successione o ancora<br />

meglio in contemporanea con l’intervento <strong>di</strong> stabilizzazione<br />

emo<strong>di</strong>namica, un intervento <strong>di</strong> craniotomia). In tali casi,<br />

l’accesso alla sala operatoria viene <strong>di</strong>fferito <strong>dei</strong> minuti necessari<br />

a ottenere una TC della testa senza mdc. Posticipare la TC<br />

a intervento <strong>di</strong> stabilizzazione concluso potrebbe peggiorare<br />

l’outcome se fosse presente un sanguinamento cerebrale o uno<br />

swelling , per il prolungarsi <strong>di</strong> una con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> HICP. Nel<br />

contesto degli ematomi questi aumentano in funzione della<br />

normalizzazione pressoria e per eventuale coagulopatia. In<br />

una logica integrata, sebbene esistano <strong>di</strong>ffi coltà operative<br />

e cliniche (coagulopatia), alcuni Centri [12] suggeriscono,<br />

almeno nel caso <strong>di</strong> pazienti con anisocoria <strong>ed</strong> emo<strong>di</strong>namicamente<br />

instabili, <strong>di</strong> posizionare una ICP durante la proc<strong>ed</strong>ura<br />

<strong>di</strong> stabilizzazione emo<strong>di</strong>namica. La misurazione della ICP<br />

101


Parte | 2 |<br />

102<br />

Trattamento sistematico delle lesioni<br />

potrebbe permettere una terapia m<strong>ed</strong>ica e/o una rimodulazione<br />

dell’ iter <strong>di</strong>agnostico e terapeutico, fi no alla possibilità<br />

<strong>di</strong> una craniotomia.<br />

EMATOMI INTRACRANICI<br />

POST-TRAUMATICI<br />

Il TBI grave presenta spesso un quadro clinico rapidamente<br />

evolutivo soprattutto per le possibili complicanze primarie,<br />

quali la formazione <strong>di</strong> masse endocraniche tendenti ad<br />

aumentare progressivamente <strong>di</strong> volume fi no a produrre<br />

compressione e/o <strong>di</strong>slocazione del parenchima cerebrale.<br />

Le “lesioni occupanti spazio” post-traumatiche sono rappresentate<br />

principalmente dalla formazione <strong>di</strong> ematomi<br />

endocranici, essenzialmente sud<strong>di</strong>visi in:<br />

ematomi extracerebrali, che interessano s<strong>ed</strong>i anatomiche<br />

ben defi nite dai piani meningei e sono conseguenti<br />

alla lesione <strong>di</strong> strutture vascolari del tutto<br />

<strong>di</strong>verse tra loro. Gli ematomi epidurali sono compresi<br />

tra la teca cranica interna e la superfi cie esterna della<br />

dura madre; gli ematomi sottodurali si estendono tra<br />

il piano durale interno e l’aracnoide, mentre le emorragie<br />

subaracnoidee sono comprese fra l’aracnoide e<br />

la pia madre;<br />

ematomi intracerebrali, che sono per la maggior parte<br />

il risultato <strong>di</strong> lacerazioni del parenchima cerebrale in<br />

seguito a traumi che provocano la brusca accelerazione/decelerazione<br />

dell’encefalo contro le strutture<br />

ossee e fi brose presenti all’interno del cranio.<br />

Tali lesioni possono essere presenti contemporaneamente.<br />

Un ematoma si comporta come un qualsiasi processo<br />

occupante spazio a rapida evoluzione: comprime l’encefalo.<br />

L’interessamento della corteccia motoria sottostante<br />

l’ematoma provoca rapidamente deficit neuromotori<br />

(emiparesi/emiplegie) controlaterali alla lesione, causa<br />

HICP acuta <strong>ed</strong> ernie cerebrali interne (sindrome da incu-<br />

neamento, il cui primo segno è dato dal defi cit <strong>dei</strong> nervi<br />

endocranici compressi durante il processo <strong>di</strong> <strong>di</strong>slocazione<br />

encefalica).<br />

Diversamente, le ESA (Emorragia Sub-Aracnoidea) non<br />

si presentano con defi cit neuromotori in quanto lo span<strong>di</strong>mento<br />

emorragico non tende a organizzarsi in raccolte ma,<br />

dato il carattere molto lasso delle strutture <strong>di</strong> questo piano<br />

meningeo, si <strong>di</strong>spone a “verniciare” gli emisferi.<br />

Ematoma epidurale acuto<br />

In una percentuale compresa tra l’1 e il 3% <strong>di</strong> tutti i traumi<br />

cranici si sviluppa un ematoma epidurale acuto (EEA) come<br />

conseguenza dell’azione <strong>di</strong> forze statiche da traumi <strong>di</strong>retti<br />

della testa. È più frequente nel sesso maschile, con un picco<br />

<strong>di</strong> incidenza tra i 15 e i 40 anni [13] .<br />

Il sangue che forma la raccolta proviene in genere da un<br />

vaso arterioso interrotto in corrispondenza <strong>di</strong> una linea <strong>di</strong><br />

frattura; talora sono lacerate vene durali satelliti <strong>di</strong> un’arteria<br />

meningea o un seno venoso durale, in altri casi l’emorragia<br />

riguarda vene <strong>di</strong>ploiche in s<strong>ed</strong>e <strong>di</strong> frattura o minuscoli vasi<br />

(sanguinamento a nappo) che connettono la dura madre<br />

all’osso. La raccolta può dunque variare da una piccola falda<br />

<strong>di</strong> pochi cc a un vasto ematoma <strong>di</strong> oltre 50-60 cc <strong>di</strong> volume<br />

[14] ( Fig. 5.3 ). Nella maggioranza <strong>dei</strong> casi la raccolta è<br />

localizzata in s<strong>ed</strong>e temporo-parietale dove decorre l’arteria<br />

meningea m<strong>ed</strong>ia, la quale, subito al <strong>di</strong> sopra dello pterion,<br />

si <strong>di</strong>vide nei suoi due rami anteriore (frontale) e posteriore<br />

(parietale). La patogenesi dell’EEA in questa s<strong>ed</strong>e è inoltre<br />

favorita dal ridotto spessore della squama temporale, frequente<br />

s<strong>ed</strong>e <strong>di</strong> frattura, e dalla scarsa aderenza a essa della<br />

dura madre (zona scollabile <strong>di</strong> Marchant) che permette al<br />

sangue stravasato <strong>di</strong> raccogliersi. L’EEA è dunque <strong>di</strong> solito<br />

localizzato nella regione endocranica sottostante alla zona<br />

dell’impatto traumatico, sovente denunciata da lesioni <strong>dei</strong><br />

tessuti molli. Sono possibili ematomi senza fratture, soprattutto<br />

in età p<strong>ed</strong>iatrica, provocati dallo scollamento della<br />

meninge, da imm<strong>ed</strong>iata introfl essione dell’osso durante<br />

l’impatto e dal successivo strappamento <strong>di</strong> vasi superfi ciali<br />

Figura 5.3 Quadro TC <strong>di</strong> ematoma extradurale acuto temporo-parietale destro. Effetto massa con compressione del ventricolo<br />

laterale destro e deviazione verso sinistra della linea m<strong>ed</strong>iana.


epidurali senza lacerazione <strong>di</strong> grosse arterie o vene meningee.<br />

È invece un’affezione rara negli anziani, dove la dura<br />

madre è tenacemente adesa all’osso.<br />

L’EEA può presentarsi con una classica sequenza <strong>di</strong> segni<br />

clinici. La concussione conseguente al trauma può determinare<br />

un periodo iniziale <strong>di</strong> incoscienza cui segue un intervallo<br />

lucido, durante il quale le funzioni neurofi siologiche<br />

sono relativamente normali; quando la lesione si espande<br />

la coscienza si deteriora rapidamente: tale situazione è<br />

descritta in letteratura come “paziente che parla e muore”.<br />

Stu<strong>di</strong> su larga scala hanno tuttavia <strong>di</strong>mostrato la presenza<br />

dell’intervallo lucido solo in una piccola percentuale <strong>di</strong><br />

pazienti con grave TBI (12-25% <strong>dei</strong> casi) [15,16] .<br />

Una raccolta in s<strong>ed</strong>e temporale determina compressione<br />

del lobo temporale causando erniazione dell’uncus e della<br />

circonvoluzione dell’ippocampo attraverso l’incisura del<br />

tentorio del cervelletto. Farà seguito una <strong>di</strong>minuzione dello<br />

stato <strong>di</strong> coscienza per sofferenza del tronco dell’encefalo e<br />

una precoce midriasi omolaterale per sofferenza delle fi bre<br />

parasimpatiche del III nervo cranico, stirate e compresse.<br />

L’anisocoria dunque è un sintomo tar<strong>di</strong>vo, espressione <strong>di</strong><br />

incuneamento.<br />

L’EEA è una patologia che, se correttamente <strong>di</strong>agnosticata,<br />

può avere una prognosi eccellente. Una mancata<br />

o errata <strong>di</strong>agnosi è l’unica ragione <strong>di</strong> un outcome sfavorevole:<br />

la natura apparentemente banale <strong>di</strong> un trauma che<br />

inizialmente non produce segni o sintomi neurologici<br />

può dare un falso senso <strong>di</strong> sicurezza; sintomi come cefalea<br />

e vomito possono comparire tar<strong>di</strong>vamente; l’intervallo<br />

lucido, che presuppone un’iniziale per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> coscienza,<br />

è un’eccezione e non la regola. Non esistono né un quadro<br />

clinico tipico né una logica sequenza temporale <strong>di</strong><br />

eventi prev<strong>ed</strong>ibili. Ogni paziente che subisce un TBI merita<br />

dunque un’anamnesi approfon<strong>di</strong>ta, anche intervistando<br />

testimoni del fatto. Una per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> coscienza, seppur <strong>di</strong><br />

pochi secon<strong>di</strong>, è espressione sicura <strong>di</strong> danno, anche se solo<br />

funzionale, <strong>ed</strong> è spesso un dato non facile da quantifi care.<br />

Il paziente si rialza prontamente, può presentare cefalea o<br />

un ematoma dello scalpo, giungere al PS vigile e con esame<br />

neurologico negativo.<br />

La mortalità per EEA secondo alcuni Autori è <strong>di</strong>rettamente<br />

correlata al livello <strong>di</strong> coscienza al momento dell’intervento<br />

chirurgico e non <strong>di</strong>pende dalla s<strong>ed</strong>e o dalle <strong>di</strong>mensioni<br />

dell’ematoma [17,18] . Quando il malato arriva con segni<br />

avanzati <strong>di</strong> incuneamento viene riportata una mortalità<br />

fi no al 40% [19] . Altri Autori in<strong>di</strong>cano che la prognosi è<br />

principalmente correlata al GCS e al valore <strong>di</strong> ICP, seguiti<br />

dal grado <strong>di</strong> spostamento della linea m<strong>ed</strong>iana alla TC e<br />

dall’età del paziente, mentre <strong>di</strong>namica del trauma e durata<br />

dell’intervallo lucido non sono fattori pr<strong>ed</strong>ittivi [20-22] .<br />

L’EEA merita un alto in<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> sospetto in tutti i traumi<br />

cranici; una contusione extracranica della regione temporale<br />

con associata frattura (nell’80-90% degli EEA il<br />

cranio è fratturato) dovrebbe sempre essere considerata<br />

a rischio. Una TC del cranio con finestra per osso può<br />

escludere velocemente e con sicurezza fratture <strong>ed</strong> ema-<br />

Trauma cranico <strong>Capitolo</strong> | 5 |<br />

tomi e/o identifi care lesioni coesistenti. La TC offre però<br />

una visione statica e istantanea <strong>di</strong> un fenomeno <strong>di</strong>namico<br />

come la formazione <strong>di</strong> un ematoma, cosìcché un EEA può<br />

non essere visto quando l’esame viene effettuato troppo<br />

precocemente ( ultra-early CT ). Va ricordato infine che i<br />

pazienti affetti da coaugulopatie o in trattamento con terapia<br />

anticoagulante possono sviluppare un EEA anche in<br />

seguito a traumi apparentemente banali. Esiste tuttavia la<br />

possibilità che l’ematoma si sviluppi tar<strong>di</strong>vamente, tanto<br />

che questa evenienza ha assunto una propria <strong>di</strong>mensione<br />

patologica. L’ematoma epidurale “tar<strong>di</strong>vo” ( delay<strong>ed</strong> ) non va<br />

confuso con la variante sub-acuta o cronica; esso si manifesta<br />

clinicamente in forma acuta, ma a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> giorni dal<br />

trauma per meccanismi patogenetici ancora poco chiari. È<br />

un’evenienza rara, ma pericolosa e <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffi cile <strong>di</strong>agnosi. L’incidenza<br />

varia dal 6 all’8% <strong>di</strong> tutti gli ematomi epidurali. Il<br />

termine “tar<strong>di</strong>vo” descrive la <strong>di</strong>namica del sanguinamento:<br />

i pazienti inizialmente possono non avere o avere soltanto<br />

una insignifi cante falda <strong>di</strong> ematoma alla TC e l’ematoma<br />

viene <strong>di</strong>agnosticato soltanto m<strong>ed</strong>iante un follow-up ra<strong>di</strong>ologico<br />

o per documentare un peggioramento clinico. La<br />

patogenesi non sta soltanto nella fonte del sanguinamento,<br />

ma include variazioni <strong>di</strong> ICP, <strong>di</strong> PA e del volume intracranico.<br />

Una <strong>di</strong>minuzione <strong>di</strong> quest’ultimo, spontaneo o a<br />

seguito <strong>di</strong> trattamento farmacologico, e un ritorno della PA<br />

su valori fi siologici dopo lo shock iniziale, giustifi cano una<br />

comparsa tar<strong>di</strong>va dell’ematoma, specialmente laddove esisteva<br />

una rima <strong>di</strong> frattura cranica. Vanno considerati infi ne<br />

gli ematomi epidurali asintomatici.<br />

La presenza alla TC <strong>di</strong> un EEA che comprime il parenchima<br />

cerebrale sottostante impone il trattamento chirurgico<br />

urgente e in<strong>di</strong>fferibile m<strong>ed</strong>iante craniotomia osteoplastica.<br />

Per le altre situazioni, la scelta <strong>di</strong> un trattamento conservativo<br />

o chirurgico è argomento ancora <strong>di</strong>battuto [23] . A sostegno<br />

delle tesi interventistiche, oltre al rischio dell’aumento improvviso<br />

<strong>di</strong> volume, vi sono considerazioni <strong>di</strong> tipo economico<br />

(aumento <strong>dei</strong> tempi <strong>di</strong> osp<strong>ed</strong>alizzazione e del numero<br />

delle TC). Tuttavia, anche se la storia naturale <strong>di</strong> un ematoma<br />

epidurale è ben defi nita, non è prev<strong>ed</strong>ibile con certezza quali<br />

ematomi epidurali si ingran<strong>di</strong>ranno e <strong>di</strong> quanto.<br />

Ematoma sottodurale acuto<br />

I traumi che producono una violenta accelerazione dell’encefalo<br />

all’interno della scatola cranica possono causare<br />

la lacerazione <strong>dei</strong> vasi venosi drenanti il sangue dalla corteccia<br />

cerebrale ai seni venosi durali (vene cortico-durali).<br />

Tale lacerazione avviene in genere in zone <strong>di</strong>ametralmente<br />

opposte alla s<strong>ed</strong>e dell’impatto, principalmente per l’inerzia<br />

presentata dalla massa encefalica durante la rapida accelerazione.<br />

La raccolta ematica che ne consegue costituisce<br />

l’ematoma sottodurale, che si <strong>di</strong>ce acuto (ESDA; Ematoma<br />

Sottodurale Acuto) quando i segni clinici, consistenti in<br />

un rapido deterioramento della coscienza fi no al coma<br />

e a defi cit neuromotori, iniziano entro le 48-72 ore dal<br />

trauma [24] ( Fig. 5.4 ).<br />

103


Parte | 2 |<br />

104<br />

Trattamento sistematico delle lesioni<br />

Figura 5.4 Quadro TC <strong>di</strong> ematoma subdurale acuto emisferico<br />

sinistro. Effetto massa sulle cavità liquorali e deviazione<br />

della linea m<strong>ed</strong>iana a destra.<br />

Il 10-15% <strong>dei</strong> traumatizzati cranici gravi sviluppa un<br />

ESDA; <strong>di</strong> questi, circa il 60% va incontro a rapido deterioramento<br />

delle con<strong>di</strong>zioni neurologiche entro 6 ore dal trauma<br />

e il 10% dopo le prime 24 ore [25] . Stu<strong>di</strong> neuropatologici<br />

hanno <strong>di</strong>mostrato che in seguito a ESDA quasi sempre si<br />

instaura una sofferenza ischemica <strong>di</strong> entrambi gli emisferi<br />

dovuta principalmente all’aumento della ICP e alla ridotta<br />

perfusione cerebrale, essendo però il danno ischemico più<br />

frequente nell’emisfero sottostante l’ESDA. Se si considera<br />

che gli effetti dell’aumentata ICP sono <strong>di</strong>ffusamente <strong>di</strong>stribuiti<br />

nell’encefalo, la pr<strong>ed</strong>ominanza ipsilaterale del danno<br />

ischemico non appare chiara. L’eventuale gra<strong>di</strong>ente <strong>di</strong> pressione<br />

creato dalla raccolta sul parenchima sottostante non<br />

sembra da solo essere suffi ciente a spiegare tale fenomeno,<br />

in quanto anche aree sottostanti a falde <strong>di</strong> ematoma molto<br />

sottili e con effetto massa molto ridotto possono presentare<br />

la stessa entità <strong>di</strong> ischemia [26,27] . Inoltre, è poco chiara<br />

la genesi degli elevati valori <strong>di</strong> ICP in tali soggetti, dato che<br />

sembra poco probabile che ne sia responsabile solo un<br />

sanguinamento a pressione “venosa”.<br />

L’intervento chirurgico <strong>di</strong> ampia craniotomia (frontotemporo-parieto-occipitale)<br />

<strong>ed</strong> evacuazione dell’ESDA va<br />

eseguito con la massima urgenza, non tanto per il fatto <strong>di</strong><br />

evacuare l’ematoma stesso, quanto per garantire la decompressione<br />

osteo-durale del parenchima in grave sofferenza<br />

ischemica. Tuttavia, nonostante il pronto intervento chirurgico,<br />

la prognosi dell’ESDA è spesso infausta: la maggioranza<br />

delle casistiche presenta una mortalità <strong>di</strong> oltre il 50%, una<br />

morbilità prossima all’80% e serie <strong>di</strong>sabilità permanenti per<br />

la maggior parte <strong>dei</strong> pazienti che sopravvivono. Insieme al<br />

GCS, l’età <strong>dei</strong> pazienti è una variabile prognostica in<strong>di</strong>pendente<br />

<strong>di</strong> mortalità (20% sotto i 40 anni, 65% per soggetti<br />

più anziani, praticamente 100% negli ultra ottantenni).<br />

I danni parenchimali associati inficiano ulteriormente<br />

la prognosi: 22% <strong>di</strong> mortalità negli ESDA puri contro il<br />

30-60% negli ESDA associati ad altri ematomi intracerebrali<br />

[28] . L’intervento <strong>di</strong> evacuazione chirurgica è spesso tecnicamente<br />

complesso per la <strong>di</strong>ffi coltà <strong>di</strong> ottenere un’emostasi<br />

sod<strong>di</strong>sfacente <strong>ed</strong> è con<strong>di</strong>zionato dalla possibile insorgenza<br />

del rigonfi amento cerebrale intraoperatorio, complicanza<br />

frequente, acuta, <strong>di</strong>ffi cilmente controllabile con i farmaci e<br />

responsabile <strong>di</strong> alta mortalità perioperatoria.<br />

Le considerazioni esposte portano dunque a considerare<br />

l’ESDA non come una massa occupante spazio, la cui<br />

evacuazione chirurgica rappresenta l’atto principale del<br />

processo curativo, ma quale epifenomeno <strong>ed</strong> espressione <strong>di</strong><br />

un TBI biomeccanicamente gravissimo, tanto che saranno<br />

l’estensione e la gravità del danno primario a determinare<br />

più <strong>di</strong> ogni altro fattore la prognosi fi nale. L’evento meccanico<br />

che provoca il brusco movimento inerziale della<br />

massa encefalica, tanto violento da causare letteralmente<br />

lo “strappamento” delle vene <strong>di</strong> drenaggio cortico-durale,<br />

è lo stesso evento responsabile dell’instaurarsi <strong>di</strong> un gravissimo<br />

danno neuronale, assonale e micro-vascolare <strong>di</strong>ffuso<br />

(è frequente l’associazione tra ESDA e una o più contusioni<br />

cerebrali). Gli scarsi meccanismi <strong>di</strong> compenso dell’omeostasi<br />

<strong>dei</strong> normali volumi intracranici, che in con<strong>di</strong>zioni<br />

fisiologiche prev<strong>ed</strong>ono un aumento massimo <strong>di</strong> circa<br />

20 cc del volume prima <strong>di</strong> causare HICP, vengono aboliti<br />

imm<strong>ed</strong>iatamente dal versamento <strong>di</strong> sangue subdurale, in<br />

genere piuttosto abbondante; anche se alle immagini TC<br />

lo spessore della falda può apparire inferiore al centimetro,<br />

bisogna considerare che, non incontrando resistenze<br />

anatomiche nella lassità dello spazio virtuale sottodurale,<br />

il sangue si estende per l’intero emisfero e risulta <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffi cile<br />

quantificazione. A questo punto l’encefalo, gravemente<br />

danneggiato dall’insulto primario e ulteriormente gravato<br />

dalle possibili sofferenze ipossiche e ipotensive legate alle<br />

con<strong>di</strong>zioni sistemiche, v<strong>ed</strong>e frustrati dal versamento ematico<br />

subdurale tutti i possibili meccanismi <strong>di</strong> compenso pressorio-volumetrico.<br />

L’aumento inesorabile della ICP innesca<br />

infi ne un circolo vizioso devastante. L’intervento chirurgico<br />

<strong>di</strong> craniotomia, decompressione durale <strong>ed</strong> evacuazione dell’ematoma<br />

<strong>di</strong>venta dunque il primo e in<strong>di</strong>spensabile atto per<br />

poter successivamente tentare <strong>di</strong> ripristinare le con<strong>di</strong>zioni<br />

<strong>di</strong> omeostasi intracranica.<br />

Contusioni cerebrali <strong>ed</strong> ematomi<br />

intracerebrali post-traumatici<br />

I meccanismi <strong>di</strong> violenta accelerazione/decelerazione dell’encefalo<br />

all’interno della scatola cranica provocano lesioni cerebrali<br />

per l’impatto del parenchima contro il pavimento delle<br />

fosse craniche anteriore e m<strong>ed</strong>ia. Tali lesioni si presentano<br />

come aree eterogenee e in genere multiple <strong>di</strong> necrosi, infarcimento<br />

<strong>ed</strong> emorragia con <strong>ed</strong>ema perilesionale, interessanti<br />

più frequentemente le regioni fronto-temporo-polari in s<strong>ed</strong>e<br />

cortico-sottocorticale. L’impatto degli emisferi contro la falce<br />

può inoltre causare la formazione <strong>di</strong> focolai contusivi nella<br />

loro parte m<strong>ed</strong>iale e sul corpo calloso. Nella fase iniziale, le<br />

contusioni sono caratterizzate microscopicamente da emorra-


Figura 5.5 Quadro TC <strong>di</strong> voluminoso ematoma intracerebrale<br />

post-traumatico in regione frontale destra, associato<br />

a ematoma subdurale acuto emisferico omolaterale (frecce).<br />

gie perivascolari, picnosi delle cellule nervose, rigonfi amento<br />

degli astrociti e alterazioni delle guaine mieliniche. Quando i<br />

meccanismi <strong>di</strong> questo processo interessano aree più estese <strong>di</strong><br />

parenchima si innescano una serie <strong>di</strong> eventi emo<strong>di</strong>namici e<br />

biochimici, quali il ripristino <strong>dei</strong> normali valori <strong>di</strong> pressione<br />

arteriosa, il persistere della rottura della barriera ematoencefalica,<br />

il rilascio <strong>di</strong> enzimi da parte delle emazie stravasate,<br />

la produzione <strong>di</strong> leucotrieni, prostaglan<strong>di</strong>ne e ra<strong>di</strong>cali liberi<br />

in conseguenza della cascata dell’acido arachidonico, che<br />

vanno ulteriormente a interferire sulla reattività vascolare e<br />

sull’omeostasi <strong>dei</strong> meccanismi coagulativi locali. Il risultato<br />

è che in poche ore si può formare un vero e proprio ematoma<br />

intracerebrale ( Fig. 5.5 ).<br />

Generalmente i focolai contusivi piccoli, con volume<br />

inferiore ai 10 cc, non tendono ad aumentare e raramente<br />

richi<strong>ed</strong>ono l’intervento chirurgico, mentre contusioni superiori<br />

ai 20 cc tendono nel 50% <strong>dei</strong> casi a evolvere entro<br />

le 24 ore successive alla <strong>di</strong>agnosi TC e possono richi<strong>ed</strong>ere<br />

l’evacuazione chirurgica, particolarmente se hanno s<strong>ed</strong>e nei<br />

lobi temporali [29] . Quando al focolaio contusivo si associa<br />

una falda <strong>di</strong> ESDA (anche se molto piccola) o ci si trova in<br />

presenza <strong>di</strong> più focolai <strong>di</strong> scarso volume ma vicini tra loro,<br />

la probabilità che la situazione evolva rapidamente è alta.<br />

I pazienti con gran<strong>di</strong> ematomi cerebrali ( > 30 cc), con<br />

spostamento della linea m<strong>ed</strong>iana evidente alla TC e alterato<br />

stato <strong>di</strong> coscienza richi<strong>ed</strong>ono l’evacuazione urgente<br />

m<strong>ed</strong>iante craniotomia.<br />

I pazienti a rischio <strong>di</strong> evoluzione <strong>di</strong> un’iniziale contusione<br />

dovrebbero essere tenuti in stretta osservazione, sottoposti a<br />

monitoraggio della ICP e a controlli TC qualora tale valore<br />

subisca mo<strong>di</strong>fi cazioni in aumento. L’intervento <strong>di</strong> evacuazione<br />

chirurgica è in<strong>di</strong>cato quando la ICP supera i 20 mmHg<br />

nonostante il trattamento farmacologico, ovvero quando la<br />

massa ha una rapida tendenza evolutiva ai controlli TC<br />

seriati. Gli ematomi interessanti il lobo temporale possono<br />

tuttavia provocare rapide e improvvise erniazioni, per la<br />

Trauma cranico <strong>Capitolo</strong> | 5 |<br />

vicinanza <strong>di</strong> questa struttura all’incisura tentoriale, anche a<br />

valori ICP fi no a quel momento bassi. Va sottolineato che la<br />

scelta del trattamento chirurgico, tecnicamente complesso<br />

per la <strong>di</strong>ffi coltà <strong>di</strong> ottenere un’emostasi sod<strong>di</strong>sfacente, è attualmente<br />

basata su considerazioni opinionistiche e <strong>di</strong>verse<br />

da paziente a paziente, non essendo presenti in letteratura<br />

evidenze superiori alla categoria expert opinion .<br />

Emorragia subaracnoidea<br />

post-traumatica<br />

Si intende con questo termine la presenza <strong>di</strong> sangue fra i<br />

due foglietti (aracnoide e pia madre) delle leptomeningi.<br />

L’emorragia subaracnoidea post-traumatica (tESA) è espressione<br />

<strong>di</strong> TBI grave; il versamento ematico ha origine più<br />

frequentemente dalla rete vascolare piale, in genere in punti<br />

<strong>di</strong>versi. Una volta fuoriuscito, il sangue tende inizialmente<br />

ad accumularsi nelle parti declivi come le cisterne <strong>di</strong> base e<br />

la scissura <strong>di</strong> Silvio, per poi “verniciare” l’encefalo lungo i<br />

solchi e la scissura interemisferica. La presenza <strong>di</strong> sangue in<br />

queste s<strong>ed</strong>i è correlata con una prognosi peggiore rispetto a<br />

un TBI <strong>di</strong> pari gravità senza tESA a causa soprattutto <strong>di</strong> due<br />

fattori: l’aumento della ICP e l’insorgenza, a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> 3-7<br />

giorni, <strong>di</strong> vasospasmo arterioso cui fa seguito inevitabilmente<br />

una situazione <strong>di</strong> ischemia cerebrale [30] . Tale vasospasmo<br />

sarebbe conseguenza <strong>di</strong> fattori <strong>di</strong>versi dalla sola presenza <strong>di</strong><br />

sangue subaracnoideo, come avviene nell’ESA spontanea. Il<br />

massivo rilascio <strong>di</strong> serotonina che si verifi ca nei TBI potrebbe<br />

avere un effetto vasocostrittore così come le forze <strong>di</strong> trazione<br />

esercitate sui vasi durante il trauma potrebbero provocare<br />

una reazione <strong>di</strong> spasmo. Il rischio dell’insorgenza <strong>di</strong> vasospasmo<br />

è presente infatti non solo nelle tESA ma anche negli<br />

ematomi sottodurali, nelle emorragie intraventricolari, nelle<br />

contusioni e nelle emorragie intracerebrali post-traumatiche;<br />

i casi in cui la tESA si associa a raccolte ematiche intra o extraparenchimali<br />

hanno prognosi peggiore per quanto tempestiva<br />

possa essere l’evacuazione dell’ematoma.<br />

La presenza <strong>di</strong> sangue nelle cisterne <strong>di</strong> base in una TC<br />

eseguita al momento del ricovero è segno prognostico sfavorevole<br />

in quanto si ritiene tale situazione più <strong>di</strong> ogni altra<br />

correlata a un aumento imm<strong>ed</strong>iato <strong>dei</strong> valori m<strong>ed</strong>i <strong>di</strong> ICP,<br />

prima dell’instaurarsi del rigonfi amento cerebrale. Oltre alla<br />

s<strong>ed</strong>e ha fondamentale importanza la quantità <strong>di</strong> sangue presente<br />

nello spazio subaracnoideo, tanto che si è osservata una<br />

correlazione quasi <strong>di</strong>retta tra quadro TC e prognosi [31] .<br />

Va infi ne ricordata la tESA che segue i traumi moderati<br />

della base cranica e della regione sub-occipitale conseguenti<br />

ad aggressione o violenza. Proprio in considerazione<br />

della <strong>di</strong>screpanza tra un trauma relativamente lieve (in<br />

genere pugni o calci) e una prognosi nella maggior parte<br />

<strong>dei</strong> casi sfavorevole, molta importanza va data al punto <strong>di</strong><br />

impatto e ai rapporti anatomici locali. Lo stiramento <strong>dei</strong><br />

vasi perforanti <strong>di</strong>retti al tronco encefalico e in particolare<br />

al bulbo, che si associa alla lacerazione <strong>di</strong> quelli <strong>di</strong> calibro<br />

maggiore, spiegherebbe l’alta mortalità gravante su questo<br />

tipo <strong>di</strong> lesione.<br />

105


Parte | 2 |<br />

106<br />

Trattamento sistematico delle lesioni<br />

Emorragia intraventricolare<br />

post-traumatica<br />

L’emorragia intraventricolare post-traumatica (tEIV), versamento<br />

emorragico interno alle cavità ventricolari dell’encefalo,<br />

consegue quasi esclusivamente a TBI gravi e contribuisce<br />

ad aggravarne la prognosi. Prima dell’avvento della TC, la<br />

tEIV era considerata un evento eccezionale e inevitabilmente<br />

fatale; in realtà, la sua incidenza, quando lo stu<strong>di</strong>o neurora<strong>di</strong>ologico<br />

è effettuato entro sei ore dal trauma, varia<br />

dall’1,5 al 3% <strong>di</strong> tutti i TBI non penetranti e si avvicina al<br />

10% <strong>di</strong> tutti i TBI gravi. Il sangue può occupare solo i ventricoli<br />

laterali, limitarsi alle cavità sovratentoriali, al IV ventricolo<br />

o invadere tutto il sistema ventricolare. Tuttavia, la<br />

tEIV è ancora un fenomeno poco stu<strong>di</strong>ato, tanto che la sua<br />

patogenesi rimane incerta e speculativa. Una delle ipotesi<br />

correnti è che la tEIV sia un epifenomeno dello span<strong>di</strong>mento<br />

emorragico <strong>di</strong> un a<strong>di</strong>acente ematoma intracerebrale o focolaio<br />

contusivo-emorragico, sebbene raramente la tEIV possa<br />

presentarsi come fenomeno isolato. Nuove teorie basate<br />

sulla biomeccanica del trauma giustifi cano la patogenesi e le<br />

caratteristiche della localizzazione della tEIV, nonché importanti<br />

implicazioni prognostiche [32] . Un impatto del cranio<br />

lungo l’asse sagittale determinerebbe una deformazione <strong>dei</strong><br />

ventricoli laterali con stiramento e aumento dell’asse trasverso<br />

e conseguente emorragia, inizialmente subepen<strong>di</strong>male e<br />

in seguito intraventricolare, prevalentemente a carico delle<br />

strutture sovratentoriali; queste ipotesi sono avvalorate dal<br />

fatto che la tEIV è frequentemente associata a una raccolta<br />

extra-assiale subdurale. L’altra interessante teoria è quella<br />

secondo cui la tEIV, specialmente tetraventricolare, sia correlata<br />

al DAI, che è più comunemente causato da accelerazioni<br />

angolari della testa o da bruschi movimenti lungo il piano<br />

coronale. Il DAI includerebbe le emorragie del corpo calloso<br />

e del tronco encefalico [33] , alterazioni presenti nel 50%<br />

<strong>dei</strong> pazienti che presentano tEIV tetraventricolare [34] : è<br />

possibile dunque che la <strong>di</strong>versa <strong>di</strong>stribuzione del sangue<br />

all’interno <strong>dei</strong> ventricoli sia determinata dalla <strong>di</strong>rezione<br />

dell’accelerazione applicata al cranio.<br />

La prognosi della tEIV è piuttosto grave, lievemente migliore<br />

nei pazienti più giovani. Fattore prognostico fondamentale<br />

e comune a tutti i TBI è la GCS all’ammissione,<br />

secondo una proporzionalità linearmente inversa. Tutto<br />

ciò in realtà non sembra legato alla presenza del sangue<br />

nei ventricoli, ma alla gravità del danno primario causato<br />

del trauma. L’idrocefalo acuto per esempio, che potrebbe<br />

costituire la prima complicanza ipotizzabile, è infatti<br />

evenienza piuttosto rara, a <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> quanto si verifi ca<br />

nelle EIV non traumatiche; un altro dato è che la quantità<br />

<strong>di</strong> sangue nei ventricoli, in particolare nelle forme tetraventricolari,<br />

non è correlata alla ICP. Questo è forse il dato più<br />

signifi cativo in base al quale la tEIV può essere considerata<br />

un’ulteriore espressione del DAI, che raramente si associa<br />

ad aumento della ICP. Anche per questo la prognosi delle<br />

tEIV che interessano l’intero sistema ventricolare è peggiore<br />

<strong>di</strong> quelle limitate ai soli ventricoli laterali.<br />

DANNO CEREBRALE DIFFUSO<br />

E DANNO ASSONALE DIFFUSO<br />

Ogni trauma in grado <strong>di</strong> produrre alterazioni dello stato<br />

neurologico in assenza <strong>di</strong> evidenti lesioni intracraniche alla<br />

TC viene genericamente classifi cato come trauma “<strong>di</strong>ffuso”,<br />

in antitesi al trauma “focale” dove invece è sempre presente<br />

almeno una lesione <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni tali da poter essere facilmente<br />

identifi cata. Si defi nisce danno cerebrale <strong>di</strong>ffuso<br />

(DCI; Diffuse Cerebral Injury ) l’assenza alla TC <strong>di</strong> lesioni iperdense<br />

superiori a 25 cc <strong>di</strong> volume in un paziente comatoso<br />

a seguito <strong>di</strong> TBI. Tale nomenclatura è dunque strettamente<br />

ra<strong>di</strong>ologica e non va confusa con il danno assonale <strong>di</strong>ffuso<br />

(DAI), concetto istopatologico e pertanto quantifi cabile solo<br />

microscopicamente. Sebbene in presenza <strong>di</strong> un DCI l’unica<br />

spiegazione fi siopatologica per giustifi care lo stato <strong>di</strong> coma<br />

sia quella <strong>di</strong> supporre una sofferenza neuro-assonale <strong>di</strong>ffusa,<br />

i due termini si riferiscono a costrutti completamente <strong>di</strong>versi<br />

e non dovrebbero essere usati in<strong>di</strong>stintamente.<br />

Circa la metà <strong>dei</strong> pazienti che giunge in osp<strong>ed</strong>ale in stato<br />

<strong>di</strong> coma mostra un quadro TC defi nibile come DCI, che<br />

prev<strong>ed</strong>e 4 livelli <strong>di</strong> gravità [35] :<br />

nel DCI <strong>di</strong> grado I non c’è evidenza <strong>di</strong> patologia visibile<br />

alla TC;<br />

nel grado II è presente almeno una lesione iperdensa<br />

<strong>di</strong> volume non superiore ai 25 cc; le cisterne della base<br />

sono ben visibili con possibile shift della linea m<strong>ed</strong>iana<br />

non superiore ai 5 mm ( Fig. 5.6 );<br />

nel grado III è presente swelling e le cisterne non sono<br />

più visibili alla TC;<br />

il grado IV, quello più grave, è sovrapponibile al grado<br />

III con la presenza <strong>di</strong> uno shift della linea m<strong>ed</strong>iana<br />

superiore a 5 mm.<br />

Almeno il 50% <strong>dei</strong> traumatizzati cranici gravi, anche con<br />

evidente danno focale (ematomi, contusioni, emorragie),<br />

presenta un DAI, che è causa <strong>di</strong> morte in circa il 35% <strong>dei</strong><br />

casi e responsabile <strong>di</strong> stato vegetativo persistente e <strong>di</strong> grave<br />

morbilità. Il DAI propriamente detto è caratterizzato da<br />

precise lesioni macro e microscopiche (documentabili solo<br />

con analisi anatomo-istopatologica) <strong>ed</strong> è classifi cato in 3<br />

livelli <strong>di</strong> gravità [33] :<br />

nel grado I è presente evidenza microscopica <strong>di</strong> danno<br />

assonale nella sostanza bianca emisferica;<br />

nel grado II alle lesioni emisferiche si aggiungono le<br />

lesioni del corpo calloso;<br />

nel grado III sono presenti anche lesioni del quadrante<br />

dorsolaterale del tronco encefalico.<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista eziopatogenetico, il DAI viene considerato<br />

conseguenza <strong>di</strong>retta dell’insulto meccanico e viene attribuito<br />

al cosiddetto shearing injury <strong>di</strong> Strich [36] . Evidenze<br />

teoriche e sperimentali hanno chiarito che la <strong>di</strong>fferenza sostanziale<br />

in termini <strong>di</strong> danno post-traumatico tra l’encefalo<br />

e gli altri organi risi<strong>ed</strong>e proprio nella sua peculiare risposta


Figura 5.6 Esempio <strong>di</strong> TC con danno cerebrale <strong>di</strong>ffuso <strong>di</strong> tipo<br />

Marshall II, con piccole lesioni iperdense in corrispondenza<br />

del corpo calloso, del corno frontale, del ventricolo laterale<br />

destro e in s<strong>ed</strong>e temporale sinistra (frecce).<br />

meccanica a una forza d’urto. Un qualunque organo che<br />

subisce un impatto viene compresso e deformato a opera <strong>di</strong><br />

una parte dell’energia cinetica, mentre la parte rimanente lo<br />

costringe a muoversi nella <strong>di</strong>rezione del vettore della forza;<br />

la resistenza maggiore a questo movimento è costituita dalla<br />

forza d’inerzia offerta per lo più dall’apparato muscoloosteo-articolare<br />

circostante. Il parenchima cerebrale è invece<br />

racchiuso in una struttura poco deformabile e immersa in<br />

un fl uido, fattori che imp<strong>ed</strong>iscono il <strong>di</strong>ffondersi delle onde<br />

meccaniche inizialmente generate dall’urto. Quando una<br />

forza colpisce il cranio, tutta l’energia cinetica lo spinge<br />

a muoversi insieme al contenuto encefalico; il tessuto<br />

cerebrale continuerà tuttavia a muoversi con la stessa<br />

energia anche una volta che il capo si sia fermato e subirà<br />

un nuovo urto contro la superfi cie interna del cranio<br />

stesso (c.d. danno da contraccolpo). Inoltre, anche in<br />

caso <strong>di</strong> trauma in<strong>di</strong>retto (cioè senza che il cranio venga<br />

inizialmente colpito), il rachide cervicale agisce come un<br />

fulcro attorno al quale tutte le forze inerziali vengono<br />

facilmente trasmesse sempre e comunque al parenchima<br />

encefalico, con conseguenti danni correlati all’entità <strong>dei</strong><br />

fenomeni <strong>di</strong> compressione, slittamento e soprattutto <strong>di</strong><br />

accelerazione angolare [37] . Le regioni più esposte a tale<br />

danno sono le cosiddette “zone <strong>di</strong> confi ne” tra sostanza<br />

bianca e sostanza grigia degli emisferi cerebrali, il corpo<br />

calloso e alcune strutture del tronco encefalico (p<strong>ed</strong>uncoli<br />

cerebellari superiori), a causa <strong>dei</strong> <strong>di</strong>versi coefficienti <strong>di</strong><br />

elasticità e viscosità: in altre parole, la massa encefalica<br />

sollecitata dalla forza inerziale non si muove tutta insieme,<br />

ma subisce movimenti <strong>di</strong> accelerazione-decelerazione in<br />

tempi <strong>di</strong>versi e questo provoca lacerazione e strappamento<br />

<strong>di</strong> assoni e piccoli vasi. Altre aree interessate dal DAI sono<br />

i nuclei della base e in genere tutte quelle zone del parenchima<br />

encefalico in cui, per i particolari rapporti anatomici,<br />

Trauma cranico <strong>Capitolo</strong> | 5 |<br />

la risposta a un’accelerazione angolare è maggiore. Il DAI è<br />

un fenomeno evolutivo, accertabile solo post-mortem anche<br />

a <strong>di</strong>stanza rilevante dall’evento traumatico. È probabile che<br />

il DAI rappresenti il substrato anatomopatologico del DCI<br />

visibile alla TC, a sua volta comprendente un vasto spettro<br />

<strong>di</strong> situazioni cliniche, dalla sindrome concussiva allo stato<br />

vegetativo persistente [38] .<br />

In termini fi siopatologici, i neuroni <strong>di</strong>mostrano tre stereotipi<br />

<strong>di</strong> risposta funzionale all’evento traumatico. Alcuni<br />

<strong>di</strong> essi muoiono, altri rimangono in uno stato <strong>di</strong>sfunzionale<br />

a incerta evoluzione che comporta un danno soprattutto a<br />

carico degli assoni, possibile causa della prolungata per<strong>di</strong>ta<br />

<strong>di</strong> coscienza che può fare seguito al TBI. In con<strong>di</strong>zioni sperimentali,<br />

già a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> 15 minuti dall’evento traumatico<br />

si è osservato lo sviluppo <strong>dei</strong> cosiddetti nodal blebs (piccoli<br />

rigonfiamenti della membrana assoplasmatica in corrispondenza<br />

<strong>dei</strong> no<strong>di</strong> <strong>di</strong> Ranvier) oltre a danni subcellulari<br />

principalmente a carico del reticolo endoplasmatico e una<br />

profonda <strong>di</strong>sorganizzazione delle geometrie <strong>dei</strong> neurofi lamenti<br />

del citoscheletro assonale, con conseguente blocco del<br />

trasporto assonale, già evidenti dopo 2-6 ore. Se il neurone<br />

non è in grado <strong>di</strong> ovviare a questo danno, per esempio<br />

per una grave alterazione del suo metabolismo energetico,<br />

le lesioni evolvono verso un <strong>ed</strong>ema dell’assone fi no alla<br />

irreversibile assonotomia [39] ( Fig. 5.7 ). Non è noto il<br />

meccanismo per cui tale sequenza <strong>di</strong> eventi si verifi chi in<br />

alcuni neuroni e non in altri. Secondo un’ipotesi recente<br />

gli assoni che mostrano un certo orientamento spaziale<br />

rispetto ai vettori delle forze traumatiche sarebbero quelli<br />

maggiormente danneggiati, teoria supportata dal fatto che<br />

il danno assonale interessa tipicamente “fasci” ben <strong>di</strong>stinti<br />

<strong>di</strong> assoni ( cluster damage ) come quelli che decussano o<br />

cambiano spesso <strong>di</strong>rezione.<br />

La fi siopatologia del DAI comprende una serie complessa<br />

<strong>di</strong> cascate biochimiche innescate <strong>di</strong>rettamente<br />

dall’insulto traumatico, fra le quali la liberazione <strong>di</strong> EAA<br />

( Excitatory Amino Acids , principalmente glutammato e<br />

aspartato), l’alterazione dell’omeostasi del calcio intracel-<br />

Figura 5.7 Aspetto microscopico del danno assonale <strong>di</strong>ffuso<br />

con formazione degli axonal bulbs e <strong>di</strong>sconnessione assonale.<br />

107


Parte | 2 |<br />

108<br />

Trattamento sistematico delle lesioni<br />

lulare e la formazione <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>cali liberi dell’ossigeno (ROS;<br />

Reactive Oxigen Species ). L’istantanea e massiva liberazione<br />

<strong>di</strong> EAA ( excitatory storm ) a seguito dell’insulto traumatico<br />

costituisce la causa iniziale <strong>di</strong> <strong>ed</strong>ema <strong>dei</strong> neuroni (<strong>ed</strong>ema<br />

neurotossico) e <strong>di</strong> successiva apoptosi, principalmente<br />

attraverso il legame con i recettori <strong>di</strong> membrana NMDA<br />

e AMPA (che causa una rapida depolarizzazione <strong>di</strong> membrana<br />

con grave <strong>di</strong>sfunzione dell’omeostasi ionica/elettrochimica)<br />

[40] . A questo fenomeno fa seguito una massiva<br />

entrata <strong>di</strong> ioni Ca 2 + , con imm<strong>ed</strong>iata attivazione <strong>di</strong> fosfolipasi<br />

e nucleasi lisosomiali e <strong>di</strong> proteasi Ca-<strong>di</strong>pendenti, che<br />

a loro volta <strong>di</strong>sgregano alcune proteine del citoscheletro<br />

[41] . Il calcio si accumula anche all’interno <strong>dei</strong> mitocondri<br />

e li danneggia con conseguente defi cit energetico, ulteriore<br />

aggravamento della <strong>di</strong>sfunzione ionica e peggioramento<br />

dell’<strong>ed</strong>ema cellulare. Il cervello è l’ambiente ideale per<br />

la formazione <strong>dei</strong> ROS e il substrato ideale per le loro<br />

reazioni a catena: il neurone si trova così facilmente in<br />

con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> stress ossidativo (quando la produzione <strong>di</strong><br />

ra<strong>di</strong>cali liberi supera le sue capacità antiossidanti). I ROS<br />

sono ritenuti responsabili del danno precoce da perossidazione<br />

lipi<strong>di</strong>ca delle membrane delle cellule nervose e<br />

<strong>dei</strong> loro organelli (in particolare delle membrane mitocondriali),<br />

nonché della <strong>di</strong>struzione del pool <strong>di</strong> coenzimi<br />

nicotinici necessari per la fosforilazione ossidativa e la<br />

sintesi dell’ATP [42-44] .<br />

Di conseguenza, l’iniziale deformazione meccanica della<br />

cellula nervosa, il rilascio <strong>di</strong> EAA, lo squilibrio ionico che<br />

ne deriva, l’accumulo <strong>di</strong> calcio intracellulare, la lisi delle<br />

membrane cellulari e subcellari, il danno del citoscheletro<br />

e la grave <strong>di</strong>sfunzione mitocondriale contribuiscono a una<br />

signifi cativa alterazione del metabolismo cellulare [45] .<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista clinico il DAI grave è caratterizzato<br />

da uno stato <strong>di</strong> coma che insorge imm<strong>ed</strong>iatamente dopo<br />

il trauma e si prolunga per almeno 6 ore, dalla presenza<br />

<strong>di</strong> petecchie emorragiche alla TC, da ICP normale pur in<br />

presenza <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zioni neurologiche scadute. È importante<br />

sottolineare però che in molti pazienti con DAI si assiste a<br />

un progressivo miglioramento clinico, pur con meccanismi<br />

tuttora poco noti; l’ipotesi più accr<strong>ed</strong>itata è che tutto <strong>di</strong>penda<br />

dal grado <strong>di</strong> sofferenza metabolica energetica instauratasi<br />

nel neurone durante le prime ore dal trauma.<br />

FRATTURE DEL CRANIO<br />

Quando la sollecitazione meccanica <strong>di</strong> una forza traumatica<br />

<strong>di</strong>retta supera le capacità elastiche <strong>di</strong> resistenza delle ossa<br />

craniche, queste si fratturano. Lo stesso può verifi carsi per<br />

l’azione <strong>di</strong> una forza in<strong>di</strong>retta (per esempio contraccolpo<br />

trasmesso dal rachide per una caduta sui pi<strong>ed</strong>i o sul bacino),<br />

per compressione o per “azione bipolare” (quando<br />

due forze sincrone agiscono sul cranio deformandone le<br />

naturali curvature fi no a produrre una frattura). Nella genesi<br />

delle fratture craniche prendono parte numerose altre<br />

variabili, quali la forma e le caratteristiche <strong>di</strong> elasticità del<br />

cranio stesso, la regione traumatizzata, il tipo <strong>di</strong> mezzo<br />

contundente (a superfi cie stretta o ampia), l’intensità e la<br />

<strong>di</strong>rezione della forza ecc.<br />

Se la cute e lo strato muscolo-aponevrotico soprastanti<br />

l’impatto appaiono integri, la frattura si <strong>di</strong>ce chiusa, altrimenti<br />

si defi nisce esposta. Se l’azione vulnerante non si<br />

limita a interrompere il tegumento e la parete ossea, ma<br />

penetra all’interno del cranio si parla <strong>di</strong> ferita craniocerebrale<br />

o trauma penetrante.<br />

Una prima fondamentale classifi cazione delle fratture<br />

craniche riguarda la loro <strong>di</strong>stribuzione topografi ca, in<strong>di</strong>viduando<br />

i complessi fratturativi della volta (limitati alla<br />

s<strong>ed</strong>e dell’impatto sulla volta cranica) e della base cranica.<br />

Le due forme isolate <strong>di</strong> frattura vengono anche definite<br />

fratture semplici, in quanto i fenomeni lesionali sono per<br />

lo più circoscritti e localizzati alla s<strong>ed</strong>e d’impatto o <strong>di</strong> contraccolpo.<br />

Tuttavia, quando intervengono forze d’urto <strong>di</strong><br />

elevata entità si possono produrre complessi fratturativi<br />

<strong>di</strong>ffusi, il cui prototipo è costituito da una frattura della<br />

volta irra<strong>di</strong>ata alla base, in genere seguendo il percorso più<br />

breve e le linee <strong>di</strong> forza del cranio [46] .<br />

Non esiste alcun rapporto <strong>di</strong> proporzionalità tra i vari<br />

tipi <strong>di</strong> frattura cranica e quelli <strong>di</strong> una eventuale lesione<br />

encefalica: la frattura può assorbire completamente l’energia<br />

del colpo e accompagnarsi a minime lesioni dell’encefalo,<br />

così come sono piuttosto frequenti lesioni encefaliche gravi<br />

o mortali senza frattura.<br />

Da un punto <strong>di</strong> vista morfologico si <strong>di</strong>stinguono tre tipi<br />

principali <strong>di</strong> fratture craniche: le fratture lineari, che possono<br />

interessare le ossa della volta e della base cranica,<br />

le fratture infossate (o avvallate) e le fratture <strong>di</strong>astasiche;<br />

queste ultime, in cui la rima <strong>di</strong> frattura è rappresentata da<br />

una sutura cranica vera e propria che si amplia notevolmente,<br />

sono certamente le più rare, <strong>di</strong> solito riguardano<br />

i bambini sotto i tre anni <strong>di</strong> età e non verranno prese in<br />

considerazione in questo capitolo.<br />

Fratture lineari della volta<br />

La scatola cranica è dotata <strong>di</strong> un’elasticità tale da sopportare<br />

una depressione <strong>di</strong> circa un centimetro nel punto in cui<br />

viene applicata la forza traumatizzante, deformazione che<br />

può aumentare nel caso vengano applicate forze “bipolari”.<br />

Dato che il cranio poggia sulla colonna vertebrale,<br />

anche nei traumi “unipolari” esso viene compresso tra il<br />

punto <strong>di</strong> applicazione (polo traumatizzante) e quello <strong>di</strong><br />

appoggio sul rachide (polo <strong>di</strong> reazione). Fra i due poli<br />

si <strong>di</strong>partono una serie <strong>di</strong> “meri<strong>di</strong>ani” che, durante la compressione,<br />

si deformano aumentando il raggio <strong>di</strong> curvatura;<br />

superato il limite <strong>di</strong> coesione molecolare dell’osso, la<br />

parete cranica si frattura secondo tali linee (fratture lineari<br />

meri<strong>di</strong>aniche). In base all’intensità della forza traumatica,<br />

tali fratture possono essere semplici, ossia costituite<br />

da una fi ssurazione lineare della volta, o <strong>di</strong>ffuse, costituite<br />

cioè da più linee <strong>di</strong> fissurazione “a stella”. Se la com-


pressione è <strong>di</strong> notevole entità, l’eccessiva deformazione<br />

del meri<strong>di</strong>ano nel suo punto <strong>di</strong> massima curvatura può<br />

generare una seconda rima <strong>di</strong> frattura perpen<strong>di</strong>colare<br />

alla prima (frattura “equatoriale”). Un complesso fratturativo<br />

costituito da una o più fratture meri<strong>di</strong>aniche e da<br />

un’unica frattura equatoriale viene considerato un complesso<br />

fratturativo semplice. Se la forza traumatizzante<br />

prosegue la sua azione, saranno prodotte nuove linee <strong>di</strong><br />

frattura meri<strong>di</strong>aniche e un’altra frattura equatoriale; tale<br />

complesso fratturativo <strong>di</strong>ffuso della volta cranica si defi nisce<br />

a “mappamondo”. Si tratta <strong>di</strong> fratture molto gravi perché<br />

spesso associate a notevole sofferenza encefalica, che si osservano<br />

in generale quando il cranio urta ad alta velocità<br />

contro una superfi cie piana e molto ampia.<br />

Il trattamento delle fratture lineari, sia semplici sia <strong>di</strong>ffuse,<br />

non richi<strong>ed</strong>e intervento chirurgico. Può essere tuttavia<br />

necessario proc<strong>ed</strong>ere a craniotomia se è presente HICP da<br />

sofferenza cerebrale focale o <strong>di</strong>ffusa.<br />

Trauma cranico <strong>Capitolo</strong> | 5 |<br />

Fratture della base cranica<br />

La volta e la base cranica sono separate idealmente da un<br />

piano che passa anteriormente per le arcate orbitarie, lateralmente<br />

per il margine superiore <strong>dei</strong> processi zigomatici,<br />

posteriormente per la protuberanza occipitale esterna. Se<br />

la volta è rappresentata da strutture piuttosto uniformi per<br />

linearità, spessore e consistenza dell’osso, la base cranica,<br />

costituita dall’osso etmoide, dallo sfenoide, dai massicci<br />

petroso-mastoi<strong>dei</strong> e dalla base dell’occipite, è <strong>di</strong>sseminata<br />

<strong>di</strong> asperità, depressioni, fori e fessure. È <strong>di</strong>visa in tre “fosse”,<br />

situate su tre piani <strong>di</strong>versi. Un’energia lesiva, seppure non<br />

in grado <strong>di</strong> provocare una frattura della volta, può invece<br />

produrre una frattura della base cranica (FBC), per esempio<br />

un trauma della volta frontale che provoca frattura del tetto<br />

dell’orbita; tutte le fratture della base si possono sempre<br />

considerare in<strong>di</strong>rette, poiché avvengono lontano dalla zona<br />

<strong>di</strong> applicazione della forza ( Fig. 5.8 a, b, c ).<br />

Figura 5.8 (a) Esempio <strong>di</strong> craniotomia temporo-basale per<br />

il trattamento chirurgico <strong>di</strong> una frattura complessa della<br />

rocca petrosa. (b) Visualizzazione su modello in plastica<br />

della morfologia delle fratture della rocca petrosa classifi cate<br />

in longitu<strong>di</strong>nali o trasversali. Le fratture trasversali sono<br />

molto più rare e molto più gravi in quanto espressione <strong>di</strong><br />

violentissimo trauma cranico. (c) Reperto TC <strong>di</strong> frattura<br />

longitu<strong>di</strong>nale della rocca petrosa (frecce nere)<br />

c<br />

109


Parte | 2 |<br />

110<br />

Trattamento sistematico delle lesioni<br />

Le FBC si producono sempre a seguito <strong>di</strong> traumi cranici<br />

con <strong>di</strong>namica maggiore, espressione cioè <strong>di</strong> applicazione<br />

<strong>di</strong> elevata energia che bisogna immaginare applicata anche<br />

all’encefalo.<br />

Ancor prima che ra<strong>di</strong>ologicamente, il sospetto <strong>di</strong> una FBC<br />

è legato alla presenza <strong>di</strong> rinorragia (in<strong>di</strong>cativa <strong>di</strong> fratture<br />

della fossa cranica anteriore con apertura <strong>dei</strong> seni paranasali<br />

frontali <strong>ed</strong> etmoidali) e/o otorragia (in<strong>di</strong>cativa <strong>di</strong><br />

una frattura della fossa cranica m<strong>ed</strong>ia con interessamento<br />

dell’orecchio m<strong>ed</strong>io e lacerazione della membrana timpanica).<br />

L’aspetto più importante da considerare in questi<br />

casi è la frequente associazione delle FBC con la fuoriuscita<br />

<strong>di</strong> liquor, che nelle prime ore può essere mascherata dal<br />

sangue e soltanto alla fi ne assume i caratteri veri e propri <strong>di</strong><br />

liquorrea, continua o intermittente. Talvolta, tale fenomeno<br />

si presenta piuttosto tar<strong>di</strong>vamente (giorni) per il regr<strong>ed</strong>ire<br />

<strong>di</strong> qualche con<strong>di</strong>zione che ha permesso una temporanea<br />

chiusura della breccia, come la lisi <strong>di</strong> coaguli <strong>di</strong> sangue e il<br />

miglioramento dello swelling . La rino-liquorrea è certamente<br />

più pericolosa dell’oto-liquorrea per la maggiore facilità <strong>di</strong><br />

complicanze infettive e la minore tendenza alla guarigione<br />

spontanea. Pur verifi candosi in circa il 2% <strong>dei</strong> TBI e nel<br />

12-30% delle FBC, la maggior parte delle fi stole liquorali<br />

si risolve spontaneamente entro le prime 24-48 ore (forse<br />

con un meccanismo legato a esiti <strong>di</strong> reazioni infi ammatorie<br />

innescate dai prodotti <strong>di</strong> degradazione del sangue nel sito<br />

della lacerazione durale), passando spesso inosservate. Le<br />

fi stole liquorali che persistono per più <strong>di</strong> sette giorni si<br />

associano a un rischio infettivo rilevante; il 7-30% delle<br />

fi stole liquorali persistenti sviluppano meningite, tasso che<br />

aumenta con il tempo <strong>di</strong> persistenza della fi stola. Il ruolo<br />

della profi lassi antibiotica nelle fi stole liquorali rimane<br />

ancora controverso [47] .<br />

La <strong>di</strong>agnosi ra<strong>di</strong>ologica delle fi stole liquorali prev<strong>ed</strong>e varie<br />

combinazioni <strong>di</strong> TC ad alta risoluzione, cisternografia-TC<br />

con mdc, cisternografia con ra<strong>di</strong>onuclide e cisternografia-<br />

RM, tuttavia la scelta dell’ imaging neurora<strong>di</strong>ologico ottimale<br />

è controversa.<br />

Il trattamento delle fi stole liquorali richi<strong>ed</strong>e fondamentalmente<br />

un’attenta osservazione clinica. Se inizialmente è<br />

sempre accettabile un approccio conservativo con drenaggio<br />

spinale, dopo sette giorni è consigliabile intervenire chirurgicamente<br />

con l’obiettivo <strong>di</strong> visualizzare e chiudere la breccia<br />

durale. L’avvento <strong>di</strong> nuove tecniche ha completamente rivoluzionato<br />

il trattamento chirurgico <strong>di</strong> questa patologia, tanto<br />

che l’approccio endoscopico endonasale va considerato, in<br />

casi ben selezionati (fi stole non complicate, localizzate nella<br />

parte anteriore o posteriore del tetto etmoidale e nel seno sfenoidale),<br />

il trattamento <strong>di</strong> prima scelta per il più alto tasso <strong>di</strong><br />

successo e la minore morbilità postoperatoria. Le fi stole conseguenti<br />

a fratture non complicate, localizzate a livello della<br />

parete posteriore del seno frontale, possono essere riparate per<br />

via extradurale attraverso una sinusotomia osteoplastica. Gli<br />

approcci intracranici classici devono essere riservati a fi stole<br />

legate alla presenza <strong>di</strong> estese soluzioni <strong>di</strong> continuità del basicranio<br />

e/o alla presenza <strong>di</strong> fratture comminute dell’etmoide e<br />

della parete posteriore del seno frontale ( Fig. 5.9 a, b ).<br />

Una fi stola liquorale non costituisce mai una controin<strong>di</strong>cazione<br />

agli interventi <strong>di</strong> riduzione <strong>di</strong> frattura delle ossa facciali,<br />

che invece vanno effettuati prima possibile per favorire<br />

la guarigione spontanea della fi stola per riapprossimazione<br />

<strong>dei</strong> lembi lacerati su struttura ossea. Il timing chirurgico va<br />

scelto quin<strong>di</strong> sempre con grande cura e chiara strategia,<br />

ricordando che gli interventi ritardati sono più complessi<br />

e possono far reci<strong>di</strong>vare una fi stola già chiusa spontaneamente.<br />

La percentuale <strong>di</strong> successo della chiusura chirurgica<br />

Figura 5.9 (a) TC 3D <strong>di</strong> complesso fratturativo <strong>di</strong>ffuso con frattura lineare dell’osso frontale a sinistra, irra<strong>di</strong>ata alla base<br />

cranica, e frattura avvallata fronto-parietale sinistra, pluriframmentaria, complicata da lacerazione del seno longitu<strong>di</strong>nale<br />

superiore e irra<strong>di</strong>ata in temporale. (b, c) Risultati del trattamento chirurgico a <strong>di</strong>stanza, con “cranializzazione” del seno frontale<br />

(sinusectomia frontale). Non essendo stato possibile in prima istanza riposizionare tutti i frammenti ossei, il paziente è rimasto<br />

per circa due mesi con evidente craniolacunia, successivamente trattata con cranioplastica eterologa defi nitiva.


delle fi stole liquorali post-traumatiche e la prognosi relativa<br />

al loro trattamento sono incoraggianti.<br />

Fratture infossate o avvallate<br />

Sono così defi nite le fratture in cui frammenti <strong>di</strong> osso vengono<br />

a trovarsi all’interno della scatola cranica. Si tratta <strong>di</strong><br />

fratture della volta, semplici o <strong>di</strong>ffuse, generalmente pluriframmentarie,<br />

molto spesso esposte, quasi sempre associate<br />

a lacerazioni meningee e della corteccia cerebrale sottostante<br />

(con conseguente associazione <strong>di</strong> fi stole liquorali e contusioni/ematomi<br />

intraprenchimali) ( Fig. 5.10 ).<br />

Una frattura avvallata esposta necessita sempre <strong>di</strong> intervento<br />

chirurgico [48] qualora i frammenti siano penetrati<br />

per più <strong>di</strong> 5 mm; per infossamenti <strong>di</strong> più <strong>di</strong> 1 cm senza<br />

ematomi, segni <strong>di</strong> sofferenza encefalica o rischi infettivi, la<br />

strategia chirurgica è tesa per lo più a criteri estetici, qualora<br />

la deformità prodotta dalla frattura sia considerata inaccettabile<br />

dal paziente [49] .<br />

La complicanza più frequente <strong>di</strong> una frattura avvallata<br />

esposta è quella infettiva (elevato rischio <strong>di</strong> meningite e/o<br />

ascesso cerebrale), legata alla presenza o meno <strong>di</strong> una lacerazione<br />

durale: l’assoluta necessità <strong>di</strong> trattamento chirurgico<br />

<strong>di</strong> tali fratture sta proprio nell’impossibilità <strong>di</strong> stabilire se<br />

tale lacerazione sia presente o meno fi no a che non vengono<br />

sollevati chirurgicamente i frammenti ossei. È essenziale un<br />

approfon<strong>di</strong>to stu<strong>di</strong>o TC per la valutazione del complesso<br />

fratturativo da trattare.<br />

Tuttora irrisolta è la <strong>di</strong>scussione sull’uso o meno <strong>di</strong> una<br />

profi lassi anticomiziale, in genere basata sulla gravità del<br />

danno da lacerazione corticale sottostante la frattura; la<br />

tendenza attuale è <strong>di</strong> non somministrare anticomiziali fi no<br />

alla comparsa <strong>di</strong> una crisi epilettica. L’uso degli antibiotici è<br />

assolutamente necessario per il trattamento delle infezioni<br />

Figura 5.10 Frattura infossata temporale sinistra. Un grosso<br />

frammento <strong>di</strong> osso temporale risulta infossato per oltre 1 cm,<br />

con evidente ematoma epidurale satellite e fuoriuscita <strong>di</strong><br />

liquor per lacerazione <strong>dei</strong> foglietti meningei.<br />

Trauma cranico <strong>Capitolo</strong> | 5 |<br />

accertate, mentre non vi è evidenza dell’effi cacia <strong>di</strong> un loro<br />

utilizzo a scopo profi lattico [50] .<br />

Le fratture avvallate sono a loro volta classifi cabili in<br />

complicate e non complicate. Nelle prime, la dura generalmente<br />

non è lacerata e negli stu<strong>di</strong> preoperatori non<br />

si repertano lesioni emorragiche del parenchima cerebrale<br />

sottostante la frattura. In questo caso l’intervento<br />

si limita alla rimozione <strong>dei</strong> frammenti ossei avvallati e al<br />

loro riposizionamento dopo una toilette extradurale. Se la<br />

dura è lacerata e il parenchima sottostante è s<strong>ed</strong>e <strong>di</strong> lesioni<br />

lacerocontusive, è sempre necessario aprire la meninge, praticare<br />

un’accurata toilette del focolaio, ottenere un’emostasi<br />

perfetta e riposizionare i frammenti ossei. Nel caso in cui<br />

ciò non fosse possibile per la grossolana frammentazione<br />

dell’osso, è raccomandata la cranioplastica con mesh in<br />

titanio o la semplice sutura <strong>dei</strong> tegumenti, in attesa <strong>di</strong> una<br />

futura cranioplastica una volta certi che il sito chirurgico<br />

non abbia sviluppato infezioni.<br />

Ben più grave e problematica è la presenza <strong>di</strong> una frattura<br />

avvallata <strong>di</strong>rettamente soprastante un grosso seno venoso<br />

durale (seno sagittale superiore o uno <strong>dei</strong> due seni trasversi):<br />

se da una parte c’è la sicura necessità <strong>di</strong> operare la frattura, dall’altra<br />

esiste il rischio che il sollevamento <strong>dei</strong> frammenti possa<br />

dare esito a un sanguinamento intraoperatorio <strong>di</strong>ffi cilmente<br />

controllabile. In questi casi, se il seno venoso è pervio e non<br />

compresso, può essere utile una strategia <strong>di</strong> attesa affi nché si<br />

formi una fi brosi sulla lacerazione del seno; è fondamentale<br />

un dettagliato stu<strong>di</strong>o angiografi co della fase venosa, senza<br />

sottrazione della componente ossea, per stabilire la relazione<br />

topografi ca della frattura rispetto al seno e per determinare<br />

quale sia il seno dominante, in modo da evitare <strong>di</strong> legarlo.<br />

Se a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> una settimana il paziente non presenta ulteriori<br />

peggioramenti e le pareti del seno non presentano<br />

irregolarità, si può assumere che il seno non abbia subito<br />

lacerazioni e si può proc<strong>ed</strong>ere all’intervento. Se invece il seno<br />

si è occluso angiografi camente e il paziente sta tollerando<br />

bene la situazione, in caso <strong>di</strong> emorragia intraoperatoria si<br />

potrà proc<strong>ed</strong>ere alla legatura. Quando invece a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong><br />

poche ore dal trauma il paziente mostra un quadro cliniconeurora<strong>di</strong>ologico<br />

<strong>di</strong> occlusione <strong>dei</strong> seni, l’intervento, sebbene<br />

rischiosissimo, <strong>di</strong>venta in<strong>di</strong>fferibile, per cercare <strong>di</strong> ristabilire<br />

la pervietà del fl usso venoso.<br />

MONITORAGGIO<br />

IN TERAPIA INTENSIVA<br />

Obiettivi del trattamento<br />

Superata la prima giornata, è infrequente la comparsa <strong>di</strong><br />

nuovi ematomi o l’ingran<strong>di</strong>mento della quota emorragica<br />

<strong>di</strong> una lesione intraparenchimale [51,52] .<br />

Ematomi e contusioni/lacerazioni con imm<strong>ed</strong>iato effetto<br />

massa sono stati evacuati oppure è stata effettuata<br />

una craniotomia decompressiva primaria [53] . Tuttavia,<br />

111


Parte | 2 |<br />

112<br />

Trattamento sistematico delle lesioni<br />

alcune lesioni continuano a determinare effetti negativi<br />

sull’encefalo:<br />

<strong>ed</strong>ema vasogenico o citotossico nelle aree perilesionali<br />

<strong>di</strong> contusioni/lacerazioni <strong>ed</strong> ematomi sottodurali<br />

evacuati [54-56] ;<br />

processi degenerativi e riparativi nei pazienti con<br />

DCI [57] ;<br />

presenza <strong>di</strong> alterazioni globali del fl usso ematico cerebrale<br />

(CBF; Cerebral Blood Flow ), della permeabilità<br />

capillare della barriera ematoencefalica (BBB; Brain<br />

Blood Barrier ) e aree <strong>di</strong> <strong>ed</strong>ema citotossico nei pazienti<br />

con swelling [58] ;<br />

alterazione del riassorbimento liquorale da parte della<br />

tESA [59] .<br />

Questi processi possono determinare un’espansione del<br />

volume intracranico che, in funzione della compliance , può<br />

produrre un aumento della ICP [60,61] tale da associarsi,<br />

se non controllato, a ernie cerebrali e riduzione della CPP.<br />

La ridotta CPP produce ischemia macrovascolare solo<br />

<strong>di</strong> rado, o negli sta<strong>di</strong> avanzati, ma può determinare un<br />

peggioramento dell’ischemia microvascolare se il fl usso<br />

ematico cerebrale regionale (rCBF; regional Cerebral Blood<br />

Flow ) è già in <strong>di</strong>ffi coltà per autonomo aumento delle resistenze<br />

vascolari o in presenza <strong>di</strong> alterata autoregolazione;<br />

esiste infatti una “zona <strong>di</strong> penombra” nelle aree localmente<br />

malate [62] , che sono più sensibili a riduzioni della CPP<br />

[63] , ipossia, ipertermia, ipoglicemia, ipocapnia [64] e<br />

fl uttuazioni <strong>di</strong> so<strong>di</strong>emia [65] . Inoltre, complessi fenomeni<br />

riparativi e <strong>di</strong> rimaneggiamento (per esempio trascrizioni<br />

geniche <strong>di</strong> molecole protettive contro ischemia, apoptosi,<br />

infi ammazione e plasticità neuronale) si instaurano appena<br />

dopo il trauma e perdurano per settimane/mesi [66] ; contro<br />

tali meccanismi attualmente non vi sono veri trattamenti.<br />

Il trattamento del TBI dopo le prime fasi rimane pertanto<br />

focalizzato essenzialmente sul controllo dell’aumento del<br />

contenuto cerebrale e sul mantenimento della perfusione,<br />

obiettivi che devono essere monitorati nel tempo, possibilmente<br />

in termini quantitativi. Data l’intrinseca instabilità<br />

del paziente critico e l’incompletezza delle conoscenze, è<br />

necessario saper cercare risposte nelle sequenze temporali<br />

delle variabili per identifi care pattern patologici sulla base <strong>di</strong><br />

multiple e convergenti informazioni (monitoraggio multimodale),<br />

perseguendo fi nalità <strong>di</strong> cura <strong>di</strong>pendenti dalle risorse<br />

(per esempio competenza <strong>di</strong> m<strong>ed</strong>ici e infermieri, <strong>di</strong>sponibilità<br />

fi nanziaria) e funzionali a obiettivi che spesso esulano<br />

dall’aspetto clinico-assistenziale (per esempio convinzione<br />

sulla recuperabilità della patologia neurologica, <strong>di</strong>sponibilità<br />

ad accettare l’evento morte piuttosto che la sopravvivenza <strong>dei</strong><br />

pazienti con stato vegetativo persistente e grave <strong>di</strong>sabilità).<br />

Monitoraggio <strong>di</strong> base<br />

La prima variabile da monitorare è l’aumento del volume<br />

cerebrale in relazione alla compliance del sistema intracranico,<br />

misurabile in<strong>di</strong>rettamente attraverso il valore della<br />

ICP, ossia della pressione generata dal volume generale<br />

del cervello e determinata da quella del parenchima, del<br />

CBV ( Cerebral Blood Volume ) e del liquor costretti in un<br />

sistema rigido. La misura della ICP è invasiva e pertanto<br />

la scelta <strong>di</strong> monitorarla deve essere commisurata ai rischi<br />

(per esempio lesività <strong>di</strong>retta <strong>dei</strong> cateteri, danni da monitoring<br />

driven therapy [67] intesa come con<strong>di</strong>zione nella quale la<br />

terapia è comandata dal monitoraggio fi no a perdere <strong>di</strong> vista<br />

gli obiettivi generali <strong>di</strong> cura) e ai benefi ci. Il monitoraggio<br />

della ICP non sembra opportuno in:<br />

pazienti con DCI nei quali vi sia un GCS motorio <strong>di</strong><br />

5 e/o un’apertura degli occhi su stimolo; l’assenza <strong>di</strong><br />

lesioni profonde <strong>di</strong>encefaliche e mesencefaliche supporta<br />

questa in<strong>di</strong>cazione;<br />

pazienti con atrofi a (anziani o con atrofi a acquisita, per<br />

esempio alcolismo cronico) in quanto si ipotizza una<br />

elevata compliance cerebrale e un basso rischio <strong>di</strong> HICP;<br />

pazienti con TBI moderato, che prima della chirurgia<br />

abbiano sofferto <strong>di</strong> un deterioramento clinico senza coning<br />

e nei quali si sia osservato un risolutivo approccio<br />

chirurgico, a volte associato a non riapposizione del<br />

lembo osseo;<br />

pazienti con età e/o comorbilità tali da ritenere la prognosi<br />

a <strong>di</strong>stanza comunque negativa;<br />

pazienti a outcome negativo imm<strong>ed</strong>iato con midriasi<br />

bilaterale areattiva;<br />

pazienti midriatici con swelling e/o arresto car<strong>di</strong>orespiratorio<br />

post-traumatico associato e/o politrauma<br />

con coinvolgimento <strong>di</strong> più organi, emorragie e patologia<br />

della coagulazione; nei pazienti midriatici con<br />

masse, la scelta <strong>di</strong> monitorare la ICP è secondaria alla<br />

riduzione chirurgica della HICP e vincolata alle con<strong>di</strong>zioni<br />

in chiusura del campo operatorio.<br />

In altri pazienti si ritiene che il posizionamento della ICP<br />

sia mandatorio, sebbene non esista nessuna evidenza. Si<br />

tratta principalmente <strong>di</strong> pazienti nei quali sono frequenti<br />

fasi <strong>di</strong> instabilità della ICP (per esempio con lesioni intraparenchimali<br />

non evacuate a rischio <strong>di</strong> <strong>ed</strong>ema perilesionale,<br />

swelling senza alterazione pupillare, DCI e lesioni profonde<br />

mesencefalo-talamiche). L’in<strong>di</strong>cazione è rafforzata dalla<br />

giovane età, che porta a maggior rischio <strong>di</strong> HICP a causa<br />

della più bassa compliance cerebrale e della maggior rappresentazione<br />

del CBV.<br />

La misurazione della ICP sembra ragionevole nei pazienti<br />

che sono o sono stati anisocorici, hanno sofferto<br />

probabilmente <strong>di</strong> elevata HICP, anche se non misurata, e<br />

possono avere aree ischemiche a genesi macro o microvascolare.<br />

Nei TBI moderati il GCS elevato non controin<strong>di</strong>ca<br />

la misura della ICP se sono presenti lesioni potenzialmente<br />

evolutive.<br />

Tutti gli altri pazienti stanno nell’area <strong>di</strong> incertezza.<br />

L’in<strong>di</strong>cazione storica del posizionamento della ICP a<br />

tutti i pazienti con GCS ≤ 8 e in pazienti con TC negativa<br />

[68] non ha trovato riscontro nella realtà. Contrariamente,<br />

nei pazienti con TBI moderato e TC positiva l’osservazione


clinica assieme alla ICP possono ridurre l’utilizzo della TC.<br />

Nel politraumatizzato a maggior rischio <strong>di</strong> complicanze m<strong>ed</strong>iche<br />

e <strong>di</strong> multiple proc<strong>ed</strong>ure chirurgiche, il monitoraggio<br />

della ICP riveste un ulteriore aspetto <strong>di</strong> sicurezza. Coagulopatia<br />

e antiaggregazione controin<strong>di</strong>cano il posizionamento<br />

<strong>di</strong> misuratori <strong>di</strong> ICP ventricolari e parenchimali, ma lasciano<br />

spazio, con le dovute cautele, a cateteri elettronici o idraulici<br />

sottodurali. In assenza <strong>di</strong> prove <strong>di</strong> evidenza a favore della<br />

ICP [69] , è necessario ragionare su un approccio logico teso<br />

a in<strong>di</strong>viduare più gli stati nei quali il monitoraggio della ICP<br />

sia poco utile o sproprozionatamente aggressivo che quelli<br />

nei quali sia in<strong>di</strong>cato.<br />

Di seguito viene schematicamente suggerito un fl usso <strong>di</strong><br />

analisi <strong>dei</strong> fattori che favoriscono o meno il posizionamento<br />

<strong>di</strong> un catetere per misurazione ICP ( Fig. 5.11 ).<br />

Criteri <strong>di</strong> esclusione :<br />

iniziare escludendo i casi nei quali l’utilità del monitoraggio<br />

della ICP è dubbia, a partire dalle situazioni<br />

nelle quali l’incertezza è minore, e quelli in cui è solo<br />

potenzialmente utile;<br />

successivamente, considerare i casi nei quali il monitoraggio<br />

sarebbe eccessivamente aggressivo in relazione<br />

alla gravità del paziente;<br />

se nessuno <strong>di</strong> questi criteri <strong>di</strong> esclusione è presente,<br />

valutare i criteri <strong>di</strong> inclusione.<br />

Criteri <strong>di</strong> inclusione :<br />

considerare i casi nei quali è più alta la convinzione<br />

<strong>di</strong> eseguire il monitoraggio;<br />

considerare dapprima i pattern clinici e TC per i quali<br />

si possa in<strong>di</strong>viduare una forte raccomandazione alla<br />

misurazione della ICP;<br />

successivamente considerare quei pattern nei quali la<br />

raccomandazione sia più debole;<br />

considerare infi ne eventuali casi non altrimenti categorizzabili<br />

nei quali le in<strong>di</strong>cazioni debbano necessariamente<br />

essere in<strong>di</strong>vidualizzate.<br />

La ICP è un proxy del volume cerebrale e fra le componenti<br />

che lo con<strong>di</strong>zionano quella più rapida e instabile è il CBV<br />

[61] , le cui variazioni sono stimabili monitorando alcuni<br />

<strong>dei</strong> seguenti parametri:<br />

PaCO 2 (ETCO 2 ) - Escludendo i casi gravissimi nei quali<br />

l’ischemia è tale da imp<strong>ed</strong>irne la responsività, i vasi<br />

cerebrali risentono moltissimo delle sue variazioni<br />

[70] : aumenti della PaCO 2 inducono <strong>di</strong>latazione e<br />

riduzioni della vasocostrizione, aumenti acuti della<br />

PaCO 2 inducono aumenti della ICP anche prolungati<br />

nei pazienti con bassa compliance cerebrale. La costante<br />

temporale <strong>di</strong> questa variabile si gioca nei minuti e<br />

comunque entro l’ora.<br />

Temperatura - Il suo aumento si associa a vaso<strong>di</strong>latazione<br />

(autoregolazione metabolica) e aumento della<br />

ICP [71,72] ; la costante temporale <strong>di</strong> questa variabile è<br />

usualmente <strong>di</strong> ore.<br />

Trauma cranico <strong>Capitolo</strong> | 5 |<br />

MAP ( Mean Arterial Pressure ) - I vasi cerebrali attivano il<br />

compenso con leggero ritardo e, come per tutti i sistemi<br />

<strong>di</strong> controllo, in modo leggermente inferiore all’entità<br />

della perturbazione: piccoli aumenti iniziali della ICP<br />

possono dunque essere attesi. Tuttavia, se nel paziente<br />

con normale autoregolazione l’aumento della MAP si<br />

associa a vasocostrizione e mantenimento <strong>di</strong> CBF grazie<br />

alla riduzione del CBV (e quin<strong>di</strong> riduzione della ICP),<br />

nei pazienti con alterata autoregolazione la risposta è<br />

contraria: all’aumento della MAP la vasocostrizione autoregolatoria<br />

non si realizza suffi cientemente e il CBF segue<br />

passivamente l’aumento della MAP con conseguente<br />

aumento del CBV. Nei pazienti con autoregolazione<br />

conservata, riduzioni acute della MAP possono indurre<br />

vaso<strong>di</strong>latazione cerebrale, mantenimento del CBF,<br />

aumento del CBV e aumento della ICP. Le variazioni<br />

della MAP e i loro effetti sulla ICP hanno usualmente<br />

costante <strong>di</strong> tempo rapida <strong>ed</strong> entro l’ora. Possono esistere<br />

fenomeni più progressivi, che non riguardano il CBV ma<br />

l’<strong>ed</strong>ema vasogenico, quando aumenti violenti della MAP<br />

oltre la soglia <strong>di</strong> autoregolazione danneggino la BBB [73] .<br />

Contrariamente, esistono livelli <strong>di</strong> CPP così bassi che<br />

producono un progressivo collasso della microvasculatura<br />

per aumento relativo della pressione esterna esercitata sui<br />

vasi a sfavore della pressione transmurale, fi no ad arrivare<br />

alla critical closing pressure e all’assenza <strong>di</strong> CBF [74] .<br />

Emoglobina <strong>ed</strong> ematocrito - L’anemia acuta, specie nei<br />

primi giorni dal trauma, non è tollerata dal cervello<br />

<strong>ed</strong> è associata a vaso<strong>di</strong>latazione cerebrale e HICP. La<br />

prima risposta alla riduzione dell’Ht, ovvero della viscosità,<br />

è una velocizzazione del fl usso con aumento<br />

del CBF cui segue, per autoregolazione metabolica,<br />

vaso<strong>di</strong>latazione con aumento ulteriore del CBF e del<br />

CBV [75,76] . Essendo tuttavia le variazioni <strong>di</strong> Hb lente<br />

dopo il primo giorno, raramente vengono clinicamente<br />

percepiti rapporti causa effetto fra ICP e Hb.<br />

EEG - Le crisi epilettiche, convulsive e non convulsive,<br />

determinando un aumento del consumo <strong>di</strong> O 2 locale,<br />

si associano a vaso<strong>di</strong>latazione, aumento del CBV e<br />

potenziale aumento della ICP. L’EEG, da effettuare su<br />

sospetto o in continuo, è un importante monitoraggio.<br />

La costante <strong>di</strong> tempo delle crisi può essere rapida<br />

ma anche lunga quando è presente uno stato <strong>di</strong> male<br />

non convulsivo.<br />

Fortunatamente, non tutte le variazioni potenzialmente in<br />

grado <strong>di</strong> cambiare il CBV producono un aumento della ICP,<br />

dato che l’effetto <strong>di</strong>pende dal punto nel quale il paziente si<br />

trova nella curva pressione/volume.<br />

La presenza <strong>di</strong> acqua cellulare <strong>ed</strong> extracellulare non è <strong>di</strong>stinguibile<br />

dalla TC, si può tuttavia supporre che negli ematomi<br />

intraparenchimali la quota crescente <strong>di</strong> <strong>ed</strong>ema perilesionale<br />

sia da relazionarsi a <strong>ed</strong>ema vasogenico [77] e che negli swelling<br />

domini la quota citotossica [78] . La misura del Na + sierico,<br />

inteso quale principale fattore governabile dello stato <strong>di</strong> idratazione<br />

della cellula, andrebbe determinata almeno tre volte<br />

113


Parte | 2 |<br />

a<br />

114<br />

Trauma cranico<br />

moderato o grave<br />

Midriasi<br />

bilaterale areattiva 1<br />

NO<br />

Lesioni TC<br />

incurabili 2<br />

NO<br />

Età biologica<br />

avanzata 3<br />

NO<br />

Contusione non evolutiva<br />

e <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensione e s<strong>ed</strong>e<br />

non rischiosa 4<br />

NO<br />

Petecchie senza<br />

swelling<br />

e GCSm≥5 5<br />

NO<br />

tSAH<br />

o piccola lesione 6<br />

NO<br />

Valutare criteri <strong>di</strong><br />

inclusione per<br />

monitoraggio ICP<br />

Trattamento sistematico delle lesioni<br />

SI<br />

SI<br />

SI<br />

SI<br />

SI<br />

SI<br />

Monitoraggio ICP<br />

<strong>di</strong> dubbia utilità<br />

Monitoraggio ICP<br />

<strong>di</strong> dubbia utilità<br />

Monitoraggio ICP<br />

<strong>di</strong> dubbia utilità<br />

Monitoraggio ICP<br />

considerato<br />

eccessivamente<br />

aggressivo<br />

Monitoraggio ICP<br />

considerato<br />

eccessivamente<br />

aggressivo<br />

Monitoraggio ICP<br />

considerato<br />

eccessivamente<br />

aggressivo<br />

1 GCS 3, dopo stabilizzazione, senza fattori confondenti; 2 Lesioni basicranio, lesioni <strong>di</strong> tronco, masse multiple, vasti infarti cerebrali territoriali; 3 Utile buon trattamento<br />

m<strong>ed</strong>ico e/o trattamento limitato chirurgico alle lesioni focali parenchimali; minor rischio <strong>di</strong> alta ICP; 4 Valutazione dopo almeno due TC. La eventuale possibilità <strong>di</strong><br />

valutazione neurologica aiuta questo approccio. Nel giovane considerare che la compliance è più bassa e maggiore il rischio <strong>di</strong> HICP. Da rivalutare la scelta se nei giorni<br />

aumentasse l’<strong>ed</strong>ema perilesionale; 5 Suggerito controllo RM che escluda lesioni <strong>di</strong> tronco e/o <strong>di</strong>encefaliche. La eventuale possibilità <strong>di</strong> valutazione neurologica aiuta<br />

questo approccio; 6 Decisione dopo TC non evolutiva della prima giornata. Favorita da elevati GCS. La eventuale possibilità <strong>di</strong> valutazione neurologica aiuta questo<br />

approccio; 7 In<strong>di</strong>pendentemente dal GCS, sebbene nei pazienti con GCS più alti, che non sono ventilati, si possa valutare il neuroworsening. Sebbene usualmente sia<br />

suggerito 2° controllo TC prima <strong>di</strong> in<strong>di</strong>cazioni ICP, considerare che il monitoraggio della ICP prima della 2 a TC può anticipare fenomeni <strong>di</strong> HICP e <strong>di</strong> coning; 8 Si<br />

escludono pazienti con midriasi bilaterale o coagulopatia da trauma; 9 In<strong>di</strong>cativo <strong>di</strong> HICP pre-misurazione. Rischio <strong>di</strong> infarto cerebrale post-traumatico; 10 Pazienti<br />

operati <strong>di</strong> craniotomia per masse da evacuare nei quali si scelga <strong>di</strong> non riposizionare l’opercolo. La raccomandazione non si applica se la decompressione è obbligata<br />

da un campo operatorio senza speranze e una evoluzione negativa del quadro pupillare; 11 DAI con lesioni profonde talamiche o mesencefaliche e GCS motorio ≤4;<br />

12 Utile per monitorare aumenti ICP per cause extracraniche. Da effettuare in assenza <strong>di</strong> coagulopatie.<br />

Figura 5.11 Flusso <strong>di</strong> analisi <strong>dei</strong> fattori che favoriscono o meno il posizionamento <strong>di</strong> un catetere per misurazione ICP.<br />

b<br />

Non esistono<br />

motivi per escludere<br />

il monitoraggio ICP.<br />

In<strong>di</strong>cata misurazione<br />

ICP?<br />

Lesione potenzialmente<br />

in evoluzione 7<br />

NO<br />

Lesioni <strong>di</strong>ffuse<br />

tipo III o IV 8<br />

NO<br />

Anisocoria 9<br />

NO<br />

Decompressione<br />

primaria 10<br />

NO<br />

DAI tipo II o III 11<br />

NO<br />

Politrauma 12<br />

NO<br />

Altri pattern sindromici,<br />

decisione caso per caso<br />

SI<br />

SI<br />

SI<br />

SI<br />

SI<br />

SI<br />

Forte<br />

raccomandazione<br />

Forte<br />

raccomandazione<br />

Forte<br />

raccomandazione<br />

Forte<br />

raccomandazione<br />

Debole<br />

raccomandazione<br />

Debole<br />

raccomandazione


al giorno nei pazienti con instabilità della ICP: in presenza<br />

<strong>di</strong> bassa compliance cerebrale, variazioni giornaliere <strong>di</strong> poche<br />

mmol/L <strong>di</strong> Na + possono scompensare gravemente la ICP,<br />

in<strong>di</strong>pendentemente dal livello <strong>di</strong> partenza della so<strong>di</strong>emia.<br />

L’obiettivo è mantenere il Na + ai limiti superiori della norma<br />

(145-150 mmol/L) e soprattutto minimizzarne le variazioni,<br />

anche ricercando possibili cause <strong>di</strong> iposo<strong>di</strong>emia.<br />

Oltre al monitoraggio del CBF è <strong>di</strong> interesse la misurazione<br />

della perfusione cerebrale attraverso la CPP, principale proxy<br />

del CBF in un approccio basic poiché, nei pazienti con autoregolazione<br />

preservata e dopo le prime 24 ore, il CBF è stabile in<br />

un ampio range <strong>di</strong> valori <strong>di</strong> CPP (50-90 mmHg) [79,80] , con<br />

variazioni legate a età, PA, sesso. Tali previsioni non sarebbero<br />

però verifi cabili in assenza <strong>di</strong> una misurazione del CBF. Nei<br />

pazienti con alterata autoregolazione, la sola misura della<br />

CPP non è in<strong>di</strong>cativa, dato che vi può essere <strong>di</strong>pendenza del<br />

CBF dalla CPP; in tali casi è possibile stimarne il valore con<br />

altri meto<strong>di</strong> (calcolo computerizzato delle co-registrazioni ad<br />

alta velocità <strong>di</strong> campionamento <strong>di</strong> ICP e CPP).<br />

La stima, <strong>di</strong> per sé incerta, della perfusione cerebrale è<br />

meno rilevante della valutazione <strong>di</strong> quanto questa sia adeguata<br />

al metabolismo cerebrale, che può essere vagamente<br />

stimato tramite il monitoraggio neurologico: pazienti con<br />

GCS più alto hanno un CMRO 2 ( Cerebral Metabolic Rate of<br />

Oxygen ) meno depresso [81] . Nei pazienti meno valutabili,<br />

l’EEG in associazione al livello <strong>di</strong> s<strong>ed</strong>azione o all’uso <strong>di</strong><br />

farmaci metabolico-soppressivi (propofol e barbiturico)<br />

sono idealmente in<strong>di</strong>cativi della riduzione del CMRO 2 .<br />

L’adeguatezza del CBF globale al CMRO 2 globale può essere<br />

inoltre valutata con la misura della SjO 2 ( Jugular Bulb<br />

Venous Oxygen Saturation ); nei pazienti con TBI sono da<br />

considerarsi nella norma valori del 65-75% [82] : valori<br />

più alti in<strong>di</strong>cano una soppressione metabolica primaria<br />

indotta dal trauma, dai farmaci o con l’ipotermia, mentre<br />

valori più bassi possono essere conseguenza <strong>di</strong> anemia,<br />

ipocapnia, bassa CPP [83] o <strong>di</strong> un livello metabolico più<br />

vicino alla norma [84,85] . Valori molto ridotti <strong>di</strong> SjO 2 sono<br />

un segno <strong>di</strong> allarme per l’ossigenazione tissutale (se < 50%<br />

si associano a outcome peggiore [86] ), essendo la SjO 2 in<br />

equilibrio con la pjO 2 ( Jugular Bulb Oxygen Partial Pressure ) e<br />

questa con l’ossigeno interstiziale e cellulare. Rilevante pure<br />

la misurazione della glicemia [87] , dato che l’ipoglicemia<br />

può ridurre il CMRG ( Cerebral Metabolic Rate of Glucose ) e<br />

compromettere la vitalità neuronale e che l’iperglicemia<br />

estrema aumenta l’acidosi tissutale.<br />

La valutazione neurologica è rilevante nel paziente con<br />

GCS alto (nel TBI moderato le sue variazioni possono essere<br />

inequivocabilmente interpretate come peggioramento [88] )<br />

e lo è meno nel paziente in corso <strong>di</strong> s<strong>ed</strong>azione continua.<br />

Il monitoraggio neurologico è meno rilevante anche in<br />

presenza <strong>di</strong> patologia intracranica già evoluta, esaurita compliance<br />

e alto impegno terapeutico, situazioni nelle quali<br />

l’interruzione della s<strong>ed</strong>azione determina instabilità e potenziale<br />

danno secondario [89] . La valutazione neurologica<br />

è potenzialmente utile per ridurre le complicanze a breve<br />

e m<strong>ed</strong>io termine <strong>dei</strong> s<strong>ed</strong>ativi, ma anche per identifi care<br />

Trauma cranico <strong>Capitolo</strong> | 5 |<br />

pazienti nei quali è stata inizialmente sovrastimata la gravità<br />

[90] , quando la rimozione precoce <strong>di</strong> masse si può associare<br />

a un decorso non complicato o, infi ne, in quelli con DCI<br />

meno grave.<br />

Anche la TC viene spesso impiegata isolatamente nel<br />

“monitoraggio” del paziente. Sebbene in acuto sia la prima<br />

guida nel trattamento, la sua capacità <strong>di</strong> prev<strong>ed</strong>ere i livelli <strong>di</strong><br />

ICP è modesta [91-93] . In presenza <strong>di</strong> masse non evacuate,<br />

elementi quali l’evoluzione dell’<strong>ed</strong>ema perilesionale, la<br />

compressione del III ventricolo, la <strong>di</strong>storsione fi no alla compressione<br />

delle cisterne omolaterali alle lesioni forniscono<br />

importanti in<strong>di</strong>cazioni <strong>di</strong> allarme. La TC è utile inoltre, sia<br />

pure dal solo punto <strong>di</strong> vista prognostico, per rilevare lesioni<br />

infartuali post-traumatiche [94] .<br />

Monitoraggio avanzato<br />

Il passaggio a un livello superiore nel monitoraggio dovrebbe<br />

prev<strong>ed</strong>ere la misura continua del CBF regionale,<br />

possibile m<strong>ed</strong>iante un sensore che sfrutta il metodo della<br />

termo<strong>di</strong>luizione [95] (TDrCBF®, Hem<strong>ed</strong>ex) o un elettrodo<br />

(<strong>di</strong> Clark) che rileva la ptiO 2 ( Tissue Oxygen Pressure ) con il<br />

metodo polarografi co [96] (LICOX®). Posizionati in aree<br />

apparentemente sane, queste misurazioni campionano pochi<br />

mm 3 <strong>di</strong> tessuto cerebrale e sembrano correlarsi con valori<br />

<strong>di</strong> CBF più globali [97,98] . Anche se il signifi cato del loro<br />

valore puntuale non è sostanzialmente <strong>di</strong>verso da quello<br />

della SjO 2 [99] , questo monitoraggio permette <strong>di</strong> interpretare<br />

in tempo reale le variabili che infl uiscono sulla <strong>di</strong>sponibilità<br />

<strong>di</strong> O 2 cerebrale. Tali sistemi sembrano in<strong>di</strong>cati nei pazienti<br />

con swelling o nei quali si accettino valori più alti <strong>di</strong> ICP allo<br />

scopo <strong>di</strong> conservare masse e zona perilesionale.<br />

Il neuroimaging funzionale può misurare il CBF globale e<br />

con questo, grazie alle <strong>di</strong>fferenze arterovenose cerebrali, il<br />

CMRO 2 e il CMRG. Nel contesto della valutazione globale<br />

del CBF non si può prescindere da un’accurata misura quantitativa<br />

che attualmente è appannaggio solamente della XeCT<br />

( Xe-enhanc<strong>ed</strong> Comput<strong>ed</strong> Tomography ) [100] e della PET [101] .<br />

Nell’ambito del neuroimaging funzionale, la RM in <strong>di</strong>ffusione<br />

può evidenziare precocemente aree in sofferenza citotossica e<br />

aree <strong>di</strong> <strong>ed</strong>ema vasogenico, potenzialmente reversibile.<br />

TERAPIA<br />

La strategia <strong>di</strong> ogni trattamento è composta <strong>di</strong> due anime. La<br />

più importante consiste nell’applicazione <strong>di</strong> terapie a complessità<br />

crescente in funzione del caso; si basa su esperienza<br />

e buon senso ma a volte non si adegua ai casi più <strong>di</strong>ffi cili e si<br />

cura poco <strong>di</strong> preservare le aree <strong>di</strong> penombra. L’associazione<br />

con una strategia guidata dalla fi siopatologia è in grado <strong>di</strong><br />

compensare l’ampio campo <strong>di</strong> non conoscenza sistematica,<br />

tuttavia è spesso Centro-<strong>di</strong>pendente e a volte espone a rischi<br />

<strong>di</strong> sovrainterpretazione del monitoraggio.<br />

115


Parte | 2 |<br />

Terapia a scalini<br />

116<br />

Trattamento sistematico delle lesioni<br />

La strategia della cura a scalini [102] è essenzialmente pragmatica<br />

e può essere semplifi cata con il principio <strong>di</strong> usare i<br />

meto<strong>di</strong> più aggressivi (e sfortunatamente più legati a complicazioni)<br />

dopo aver applicato i meto<strong>di</strong> più semplici, fi no<br />

a quando possibile. Su questa base è necessario:<br />

mantenere la proporzione tra ciò che si vuole ottenere<br />

e ciò che si è ottenuto;<br />

usare uno strumento per volta per verificarne l’efficacia;<br />

se la strategia utilizzata non raggiunge il risultato<br />

sperato, metterla in dubbio e provare un approccio<br />

magari meno raffi nato ma più effi cace.<br />

Il protocollo <strong>di</strong> trattamento sarà <strong>di</strong> seguito descritto sull’ipotesi<br />

<strong>di</strong> un monitoraggio <strong>di</strong> base (v<strong>ed</strong>i sezione specifi ca),<br />

tenendo conto che la terapia a scalini va integrata dalle<br />

informazioni fi siopatologiche fornite dal livello <strong>di</strong> monitoraggio<br />

in funzione delle potenzialità della struttura in cui<br />

il paziente viene trattato [103] .<br />

Soglie <strong>di</strong> trattamento<br />

Un trattamento specifi co si attiva per lo più sulla base dello<br />

scostamento da soglie pr<strong>ed</strong>efi nite.<br />

1. Soglie ICP<br />

a. Sotto i 6 anni si considera attivabile un trattamento<br />

<strong>di</strong> una ICP sopra i 10 mmHg.<br />

b. Negli adulti, nei primi giorni la soglia <strong>di</strong> trattamento<br />

ICP è <strong>di</strong> 20 mmHg, in seguito può essere trattata una<br />

ICP > 25 mmHg se associata a CPP < 60 mmHg. In<br />

centri con consolidata esperienza si possono tollerare<br />

valori <strong>di</strong> ICP compresi fra 25 e 30 mmHg, se<br />

questa non sia in costante peggioramento, quando<br />

si sia considerato <strong>di</strong> conservare masse focali in<br />

aree eloquenti o in pazienti nei quali non si voglia<br />

prolungare o intensifi care ulteriormente la terapia<br />

m<strong>ed</strong>ica per il timore <strong>di</strong> complicanze.<br />

c. Quando il cranio è decompresso la soglia scende a<br />

15 mmHg.<br />

d. Quando una contusione si trova nella zona sottotentoriale<br />

del lobo temporale, la soglia <strong>di</strong> ICP può<br />

scendere a 15 mmHg e talvolta a 10 mmHg in quanto<br />

sono descritti casi isolati <strong>di</strong> erniazione cerebrale associati<br />

con bassi livelli <strong>di</strong> ICP [104] .<br />

e. Sebbene una ICP più alta del valore soglia per più<br />

<strong>di</strong> 5 minuti sia un’in<strong>di</strong>cazione al trattamento, è opportuno<br />

caratterizzare il comportamento del singolo<br />

paziente e comprendere come si <strong>di</strong>stribuisce nel<br />

tempo il rialzo.<br />

2. Soglie CPP<br />

a. L’obiettivo è <strong>di</strong> mantenere valori > 60 mmHg.<br />

b. Negli anziani con ipertensione arteriosa la CPP dovrebbe<br />

essere mantenuta sopra i 70 mmHg.<br />

c. Nei giovani con DCI tipo I o II senza problemi <strong>di</strong><br />

HICP, la CPP potrebbe essere mantenuta tra 50 e<br />

60 mmHg.<br />

d. Nei bambini sotto gli 8 anni la CPP potrebbe essere<br />

tenuta fra 40 e 50 mmHg [105] .<br />

e. Nei pazienti con ampio <strong>ed</strong>ema perifocale e possibile<br />

ischemia microvascolare mantenere la CPP<br />

> 70 mmHg.<br />

Valutazione imm<strong>ed</strong>iata<br />

dopo un rialzo della ICP sopra soglia<br />

I curanti dovrebbero valutare e prendere provv<strong>ed</strong>imenti in<br />

modo rapido e seguendo l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> seguito defi nito.<br />

1. Escludere peggioramenti neurologici . Se si evidenzia<br />

una <strong>di</strong>latazione pupillare non reagente alla luce è<br />

necessario iniziare una terapia massimale per controllare<br />

l’HICP, attivando una TC <strong>di</strong> emergenza e<br />

verifi cando contemporaneamente la lista al successivo<br />

punto 2. In assenza <strong>di</strong> peggioramento neurologico,<br />

è opportuno verifi care la presenza <strong>di</strong> cause semplici/<br />

intercorrenti <strong>di</strong> aumento <strong>di</strong> ICP.<br />

2. Escludere e correggere le cause facilmente evitabili<br />

<strong>di</strong> HICP.<br />

a. Incremento della pressione venosa giugulare:<br />

– ostacolato defl usso venoso del collo: mantenere<br />

una lieve elevazione del capo associata a lieve anti-<br />

Trendelemburg; evitare che sistemi <strong>di</strong> fi ssazione<br />

della cannula tracheostomica, m<strong>ed</strong>icazioni, collare<br />

cervicale o torsioni comprimano le giugulari;<br />

– ostacolato ritorno venoso: verifi care se presente<br />

versamento pericar<strong>di</strong>co e la tensione delle vene<br />

giugulari;<br />

– aumento della pressione intratoracica: evitare confl<br />

itto col ventilatore; escludere PNX, emotorace,<br />

versamento pleurico; verifi care se sia effettivamente<br />

necessaria una PEEP elevata;<br />

– aumento della pressione intraddominale: misurare<br />

la pressione intraddominale e applicare tecniche<br />

<strong>di</strong> decompressione.<br />

b. Incremento della pressione arteriosa e/o della vaso<strong>di</strong>latazione<br />

cerebrale:<br />

– verifi care la ETCO o la PaCO ;<br />

2 2<br />

– controllare la presenza <strong>di</strong> dolore: somministrare<br />

farmaci analgesici o verifi care il funzionamento<br />

delle pompe infusionali;<br />

– verifi care il livello <strong>di</strong> s<strong>ed</strong>azione: se inadeguato,<br />

somministrare boli estemporanei <strong>di</strong> oppioi<strong>di</strong><br />

(maggiore protezione agli stimoli esterni e migliore<br />

adattamento al ventilatore con minore<br />

impatto sulla PA rispetto ai s<strong>ed</strong>ativi);<br />

– verifi care eventuali incrementi (per esempio dolore,<br />

confl itto con il ventilatore, febbre) o riduzioni<br />

improvvise (per esempio malfunzionamenti o<br />

manovre <strong>di</strong> sostituzione della pompa infusionale<br />

delle amine) della PA;


– verifi care la presenza <strong>di</strong> brivido o incremento della<br />

temperatura (una delle più importanti cause <strong>di</strong><br />

HICP [71,72] ): somministrare in infusione continua<br />

<strong>di</strong>clofenac a basse dosi [106] ; perseguire il<br />

trattamento eziologico dell’infezione;<br />

– verifi care lo stato pupillare e la presenza <strong>di</strong> movimenti<br />

spontanei e <strong>di</strong> convulsioni; nel sospetto<br />

controllare l’EEG;<br />

– verifi care se è presente un’improvvisa riduzione<br />

della SpO 2 .<br />

c. Altre cause:<br />

– verificare un’eventuale iponatriemia assoluta o<br />

relativa: correggere se Na + < 140 mEq/L oppure se<br />

si verifi ca un’improvvisa riduzione rispetto a un<br />

prec<strong>ed</strong>ente valore stabile; in acuto somministrare<br />

boli <strong>di</strong> mannitolo per adeguare l’osmolarità, successivamente<br />

impostare infusione continua <strong>di</strong> NaCl al<br />

2% (non superare la velocità <strong>di</strong> 0,5-1 mEq/ora; se<br />

un’iponatriemia relativa si verifi ca in seguito a una<br />

pregressa ipernatriemia, correggere comunque la<br />

natriemia incrementandola fi no al controllo della<br />

HICP); verifi care almeno 3 volte al giorno la natriemia;<br />

identifi care la causa della iponatriemia;<br />

– escludere una possibile anemia: mantenere l’Hb<br />

≥ 10 g/dL; in presenza <strong>di</strong> ipertensione endocranica,<br />

swelling e/o ampie aree ipodense perilesionali,<br />

mantenere Hb superiore a 10 g/dL per non compromettere<br />

ulteriormente la <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> O 2<br />

regionale. Il timore della complicanza infettiva<br />

legata all’emotrasfusione è rilevante; dati globali<br />

contrari alla trasfusione sono un buon controllo<br />

della ICP e CPP, elevati valori <strong>di</strong> SjO 2 e l’uso <strong>di</strong><br />

farmaci soppressori del metabolismo cerebrale<br />

(tiopentone so<strong>di</strong>co o propofol);<br />

– escludere l’anafi lassi;<br />

– verifi care ogni altro evento in relazione temporale<br />

all’incremento della ICP.<br />

3. Escludere un peggioramento morfologico dovuto<br />

a masse evolutive o swelling . È possibile che lesioni<br />

massa extrassiali (ematoma extra o sottodurale) non<br />

presenti o non rilevanti alla TC delle prime ore possano<br />

manifestarsi successivamente.<br />

– Considerare la ripetizione <strong>di</strong> una TC d’urgenza: se si<br />

conferma la presenza <strong>di</strong> una lesione con effetto massa,<br />

considerare l’intervento chirurgico urgente.<br />

– Nel caso sia nota da una prec<strong>ed</strong>ente TC la presenza<br />

<strong>di</strong> una massa potenzialmente evolutiva, un aumento<br />

della ICP è atteso: effettuare una TC <strong>di</strong> controllo per<br />

rivalutare lo stato evolutivo e la strategia terapeutica,<br />

dato che la rimozione della lesione può controllare<br />

l’HICP ma comportare la rimozione <strong>di</strong> aree potenzialmente<br />

recuperabili <strong>di</strong> tessuto cerebrale. Se la correzione<br />

delle cause potenzialmente evitabili non ha<br />

determinato un controllo sod<strong>di</strong>sfacente della HICP<br />

e se la TC <strong>di</strong>mostra evoluzione dell’effetto massa, la<br />

Trauma cranico <strong>Capitolo</strong> | 5 |<br />

scelta terapeutica sarà basata su numerose variabili:<br />

un ampio core rispetto all’area <strong>di</strong> <strong>ed</strong>ema pericontusionale,<br />

la collocazione nel lobo temporale (rischio<br />

<strong>di</strong> erniazione) o in un’area non legata al linguaggio,<br />

un livello già aggressivo <strong>di</strong> terapia m<strong>ed</strong>ica e complicanze<br />

m<strong>ed</strong>iche pregresse o presenti (per esempio<br />

polmoniti, ARDS) sono con<strong>di</strong>zioni che incoraggiano<br />

la chirurgia.<br />

Piano <strong>di</strong> trattamento m<strong>ed</strong>ico<br />

e scelta <strong>di</strong> terapie specifi che<br />

Una volta escluso che l’aumento della ICP sia dovuto a cause<br />

facilmente evitabili, che non vi siano masse da evacuare<br />

in urgenza e che l’incremento pressorio non sia transiente,<br />

è necessario intraprendere una terapia sistematica della<br />

HICP. L’applicazione della terapia a scalini è sintetizzabile<br />

in terapia standard o <strong>di</strong> base (primo scalino), terapia rinforzata<br />

(secondo scalino), terapia estrema o per HICP refrattaria<br />

(terzo scalino) [107] . Si consideri che molti Centri<br />

in<strong>di</strong>viduano solo due livelli terapeutici, così come terapie<br />

<strong>di</strong>verse per i singoli scalini.<br />

1. Terapia standard (primo scalino)<br />

a. S<strong>ed</strong>azione e analgesia . Sono il punto principale<br />

del trattamento e hanno l’obiettivo <strong>di</strong> ridurre l’incremento<br />

della ICP conseguente agli stimoli, permettendo<br />

un completo adattamento al ventilatore<br />

e una buona tolleranza al brivido. Un’appropriata<br />

s<strong>ed</strong>azione stabilizza i valori <strong>di</strong> ICP e permette la<br />

comprensione delle <strong>di</strong>namiche intracerebrali escludendo<br />

interferenze esterne. La s<strong>ed</strong>azione (sia con<br />

midazolam, sia con <strong>di</strong>azepam, sia con fentanyl)<br />

ha effetti <strong>di</strong>retti sulla ICP in quanto produce una<br />

riduzione del CMRO e del CBF che determina<br />

2<br />

una riduzione del CBV. La terapia con s<strong>ed</strong>ativi si<br />

confi gura inoltre come profi lassi in<strong>di</strong>retta per le<br />

crisi comiziali [108] , riduce la risposta allo stress,<br />

rallenta il metabolismo sistemico e può prevenire<br />

la spasticità muscoloten<strong>di</strong>nea. È necessario considerare<br />

che il propofol, a dosaggio elevato può determinare<br />

ipotensione e rendere necessario l’uso delle<br />

catecolamine, mentre degli oppioi<strong>di</strong> sono noti gli<br />

effetti sulla riduzione del transito intestinale.<br />

Importante la prevenzione delle complicanze polmonari<br />

associate alla s<strong>ed</strong>azione e alla ventilazione<br />

attraverso pratiche quali la tracheotomia precoce,<br />

la mobilizzazione del paziente, le espansioni<br />

polmonari intermittenti. Nei pazienti con terapia<br />

standard della HICP e con un quadro TC non<br />

evolutivo, trascorsi alcuni giorni <strong>di</strong> trattamento si<br />

suggerisce l’interruzione ciclica della s<strong>ed</strong>azione che<br />

permette, a ICP controllata, <strong>di</strong> ridurre l’accumulo<br />

farmacologico; in caso <strong>di</strong> nuova instabilità della<br />

ICP, la s<strong>ed</strong>azione va ripresa raggiungendo la dose<br />

minima effi cace. Un approccio simile è suggerito<br />

anche nei pazienti già sottoposti a terapia rinfor-<br />

117


Parte | 2 |<br />

118<br />

Trattamento sistematico delle lesioni<br />

zata o estrema nei quali sia iniziata una fase <strong>di</strong> deescalation<br />

terapeutica.<br />

b. Drenaggio del liquido cefalorachi<strong>di</strong>ano . Questo<br />

trattamento necessita della misurazione della ICP<br />

attraverso un catetere ventricolare. I casi in cui la<br />

componente liquorale è determinante (per eccessiva<br />

produzione o per <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> riassorbimento) sono<br />

frequenti [61] . Dato che durante la deliquorazione<br />

non è possibile leggere correttamente la ICP, è preferibile<br />

attuare la manovra soltanto per brevi perio<strong>di</strong><br />

e quando la ICP è sopra la soglia, verificandone<br />

rapidamente l’effi cacia: se la ICP aumenta, la manovra<br />

va sospesa. Casi <strong>di</strong> ipotensione liquorale sono<br />

infrequenti e vanno sospettati in presenza <strong>di</strong> bassi o<br />

negativi valori <strong>di</strong> ICP, pneumoencefalo, scomparsa<br />

delle cisterne della base; in questi casi è necessario<br />

sospendere la deliquorazione e in<strong>di</strong>viduare la causa<br />

della per<strong>di</strong>ta liquorale.<br />

2. Terapia rinforzata (secondo scalino)<br />

a. Terapia osmotica . Tranne per i casi <strong>di</strong> iponatriemia<br />

assoluta o relativa, l’effetto del mannitolo, se infuso<br />

lentamente, sulla ICP è limitato (pochi mmHg) e<br />

qualche volta <strong>di</strong>ffi cile da interpretare: per ottenere<br />

l’effetto servono alcune ore durante le quali la ICP<br />

può variare per ragioni <strong>di</strong>verse. Pertanto è suggerita<br />

l’infusione del mannitolo (0,25 g) in pochi minuti,<br />

anche per ottenere un precoce effetto <strong>di</strong> vasocostrizione<br />

[109,110] . Il mannitolo andrebbe usato<br />

durante un rialzo acuto della ICP e non come<br />

terapia programmata. Nei pazienti con ampio<br />

<strong>ed</strong>ema pericontusionale è noto il rischio dell’effetto<br />

paradosso del mannitolo dovuto alla sua <strong>di</strong>spersione,<br />

attraverso la BBB lesionata, all’interno del<br />

tessuto danneggiato, con conseguente incremento<br />

dell’<strong>ed</strong>ema per inversione del gra<strong>di</strong>ente osmotico.<br />

Un persistente incremento osmotico può essere<br />

ottenuto mantenendo i livelli sierici <strong>di</strong> Na + su valori<br />

normali-elevati.<br />

È <strong>di</strong>ffuso l’uso alternativo della salina ipertonica.<br />

Nei reparti con attento monitoraggio della so<strong>di</strong>ema,<br />

pilotata ai limiti superiori della norma, l’uso supplettivo<br />

del mannitolo è preferito a quello della<br />

ipertonica salina. Contrariamente è verosimile che,<br />

nei reparti nei quali non sia usata <strong>di</strong> routine l’infusione<br />

continua <strong>di</strong> salina ipertonica per mantenere<br />

controllati i livelli <strong>di</strong> so<strong>di</strong>emia, l’uso <strong>di</strong> ipertonica<br />

salina sia appropriato. L’uso <strong>di</strong> boli ripetuti deve<br />

porre attenzione all’effetto indotto sulla stabilità<br />

<strong>dei</strong> livelli <strong>di</strong> so<strong>di</strong>emia, con la possibilità che<br />

iposo<strong>di</strong>emie relative, successive al deca<strong>di</strong>mento<br />

dell’effetto del bolo, possano alla lunga peggiorare<br />

i valori m<strong>ed</strong>i <strong>di</strong> ICP. Come per il mannitolo, anche<br />

per l’ipertonica salina è da considerare un effetto<br />

rebound per <strong>di</strong>ffusione del so<strong>di</strong>o in aree a danneggiata<br />

BBB.<br />

b. Ipocapnia temporaneamente indotta . La riduzione<br />

della PaCO 2 come misura terapeutica sembra essere<br />

molto effi cace ma, a causa della tolleranza al cambiamento<br />

del pH nel CSF, è opportuno considerarla solo<br />

per un breve periodo. Nel paziente stabile con ICP<br />

controllata dev’essere fatto ogni sforzo per normalizzare<br />

la PaCO 2 , anche per potersene giovare quando<br />

ne sia richiesta una riduzione terapeutica [111] .<br />

c. Catecolamine. Sono largamente utilizzate come<br />

“supporto” per evitare l’ipotensione dovuta ai farmaci<br />

ipnotici (soprattutto al propofol), tanto che il loro<br />

utilizzo potrebbe essere considerato “standard” in<br />

presenza <strong>di</strong> normali valori <strong>di</strong> ICP (sotto i 20 mmHg)<br />

e con CPP inferiore a 60 mmHg. Il ricorso a questi<br />

farmaci può ritenersi invece terapia rinforzata quando,<br />

in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> HICP nonostante le terapie, siano<br />

somministrate per trattare una ridotta CPP conseguente<br />

a HICP o per ottenere riduzione della ICP tramite<br />

attivazione della cascata vasocostrittiva [112] .<br />

d. S<strong>ed</strong>azione aggiuntiva con propofol . Prima <strong>di</strong> usare<br />

terapie estreme è consigliabile cercare <strong>di</strong> ridurre<br />

ulteriormente il CBV riducendo il CMRO 2 con propofol<br />

in aggiunta alle infusioni base <strong>di</strong> midazolam/<br />

<strong>di</strong>azepam e fentanyl. Il vantaggio consiste nell’ottenere<br />

una “s<strong>ed</strong>azione bilanciata” e, al contempo,<br />

l’effetto specifi co del barbiturico-simile senza effetto<br />

collaterale. Da considerare la possibilità <strong>di</strong> propofol<br />

syndrome , quadro <strong>di</strong> tossicità da propofol aggravato<br />

dalla coincidente infusione <strong>di</strong> amine e letale se non<br />

riconosciuto [113] .<br />

3. Terapia estrema o per HICP refrattaria (terzo scalino).<br />

Prima <strong>di</strong> ricorrere a terapie estreme, è sempre necessario<br />

escludere l’opportunità <strong>di</strong> evacuare masse chirurgiche,<br />

a meno che non sia stato consapevolmente deciso <strong>di</strong><br />

non intervenire in aree eloquenti. Le in<strong>di</strong>cazioni per<br />

una terapia estrema sono legate a due considerazioni<br />

preliminari: che ci sia ancora spazio terapeutico per<br />

bloccare il processo patologico e che ci si attenda un<br />

outcome accettabile.<br />

a. Propofol a dosi soppressive . L’ end point è il controllo<br />

della HICP, tuttavia la velocità <strong>di</strong> infusione<br />

non deve superare livelli che producano all’EEG<br />

quadri oltre la burst suppression . L’uso in corso <strong>di</strong><br />

ipotermia è sconsigliato per un rallentamento del<br />

metabolismo epatico e conseguente rischio <strong>di</strong> sovradosaggio.<br />

b. Barbiturico in infusione continua . Rappresenta con<br />

l’ipotermia la più potente terapia m<strong>ed</strong>ica <strong>di</strong>sponibile.<br />

L’efficacia <strong>di</strong>pende dall’attività neuronale residua<br />

e dalla rilevanza della componente vascolare sulla<br />

HICP. Il bolo iniziale va infuso lentamente (minuti)<br />

per poi iniziare l’infusione continua con una velocità<br />

maggiore nelle prime ore; la dose va successivamente<br />

ridotta, programmando una dose giornaliera <strong>di</strong> circa<br />

2 g e minimizzando la durata della terapia.


Il barbiturico induce ipotermia, ulteriore contrazione<br />

del CMRO 2 , riduzione del metabolismo sistemico<br />

e, <strong>di</strong> conseguenza, della produzione <strong>di</strong> CO 2<br />

(riadattare la ventilazione per evitare ipocapnia).<br />

Prima <strong>di</strong> iniziare la terapia è necessario verifi care<br />

la stabilità emo<strong>di</strong>namica (utile il monitoraggio<br />

invasivo), mantenere il livello <strong>di</strong> benzo<strong>di</strong>azepine<br />

prec<strong>ed</strong>entemente infuso <strong>ed</strong> evitare la burst suppression<br />

(monitoraggio con almeno due EEG al giorno).<br />

Fra le molte complicanze, va ricordato che il barbiturico<br />

riduce la clearance delle secrezioni polmonari<br />

e abolisce la tosse, è immunosoppressore, può<br />

avere un effetto negativo su muscoli, pancreas e<br />

surreni. Fondamentale quin<strong>di</strong> il nursing , migliorando<br />

la cura del polmone con posture automatiche,<br />

adottando sistemi <strong>di</strong> umi<strong>di</strong>fi cazione, monitorando<br />

la <strong>di</strong>uresi per possibile poliuria da ipotermia o<br />

su base endocrinologica (controllo frequente del<br />

bilancio idrico) e verifi cando che la temperatura<br />

non scenda sotto i 36 °C (in tal caso riscaldare il<br />

paziente o ridurre l’infusione); è altresì necessario<br />

adottare un’attenta strategia per la prevenzione<br />

delle lesioni da decubito. Sul piano clinico, va aumentata<br />

la sorveglianza su atelettasie e infezioni<br />

polmonari (leucocitosi e febbre possono essere<br />

aboliti), pr<strong>ed</strong>isposto un piano profondo <strong>di</strong> analgesia<br />

e programmati controlli seriati <strong>di</strong> amilasi e<br />

CPK/mioglobina.<br />

c. Ipotermia terapeutica lieve . Una riduzione controllata<br />

della core temperature tra 34-35,9 °C può<br />

essere usata in alternativa al barbiturico e, per<br />

certi versi, preferita per la più facile reversibilità.<br />

L’induzione prev<strong>ed</strong>e l’infusione <strong>di</strong> cristalloi<strong>di</strong><br />

(1.500-3.000 mL) a 4 °C in 30-120 minuti, con<br />

l’obiettivo <strong>di</strong> superare rapidamente la soglia vasocostrittiva<br />

(36,5 °C) e del brivido (35,5 °C). In<br />

questa fase possono comparire poliuria, ipovolemia,<br />

<strong>di</strong>sturbi elettrolitici (ipokaliemia, ipomagnesemia,<br />

ipofosforemia, iperso<strong>di</strong>emia), iperglicemia,<br />

ipocapnia, brivido, che dovrebbero essere repentinamente<br />

corretti. Nella fase <strong>di</strong> mantenimento<br />

dev’essere massima l’attenzione alla prevenzione e<br />

controllo delle complicanze infettive e delle lesioni<br />

da decubito (soppressione assetto immunitario e<br />

infi ammatorio). Nella fase <strong>di</strong> riscaldamento sono<br />

frequenti <strong>di</strong>sturbi elettrolitici (soprattutto iperkaliemia)<br />

e iperglicemia: la riduzione della velocità<br />

<strong>di</strong> riscaldamento (circa <strong>di</strong> 0,1-0,2 °C/ora) attenua<br />

molte delle perturbazioni e riduce la possibilità <strong>di</strong><br />

rebound della ICP.<br />

d. Decompressione cranica esterna secondaria . La<br />

decompressione chirurgica aumenta la compliance<br />

intracranica. Usualmente trova in<strong>di</strong>cazione dopo<br />

il fallimento del controllo della HICP con terapia<br />

m<strong>ed</strong>ica o alla comparsa/previsione <strong>di</strong> severe complicanze.<br />

In alcuni Centri viene applicata precocemente<br />

Trauma cranico <strong>Capitolo</strong> | 5 |<br />

rispetto alle terapie m<strong>ed</strong>iche, sempre con decisione<br />

con<strong>di</strong>visa fra neurointensivisti e neurochirurghi.<br />

La manovra è maggiormente applicabile nei pazienti<br />

con danno focale, dato che la craniotomia può<br />

essere meno invasiva (monolaterale), la lesione<br />

focale può essere toiletatta <strong>ed</strong> è più probabile che<br />

un cono <strong>di</strong> pressione temporo-mesiale o frontobasale<br />

centrale venga attenuato; inoltre la prognosi<br />

è migliore rispetto a pazienti con lesione <strong>di</strong>ffusa.<br />

Nello swelling emisferico monolaterale o nelle lesioni<br />

focali che non si vogliono evacuare si preferiscono<br />

ampie decompressioni fronto-temporo-parietali<br />

unilaterali fi no alla parte più caudale dell’osso temporale<br />

per proteggere ulteriormente dall’erniazione<br />

temporale mesiale. Nello swelling bilaterale o nelle<br />

lesioni contusive basofrontali bilaterali è preferita<br />

la craniectomia bifrontale. Sebbene la rimozione<br />

dell’osso riduca la ICP, una maggior efficacia è<br />

ottenuta con l’apertura della dura e una successiva<br />

ampia plastica.<br />

Il trattamento m<strong>ed</strong>ico non deve essere imm<strong>ed</strong>iatamente<br />

rallentato poiché, oltre alle lesioni corticali<br />

da bulging , possono persistere gra<strong>di</strong>enti <strong>di</strong> HICP<br />

potenzialmente sottostimati. Il sensore della ICP<br />

dovrebbe essere posizionato controlateralmente<br />

alla decompressione (se unilaterale) o <strong>di</strong>stante;<br />

appena possibile va posizionata una fasciatura<br />

delicata sopra l’opercolo decompresso.<br />

L’impegno verso il paziente è complesso, essendo<br />

da programmare da subito la cranioplastica e il suo<br />

follow-up . Numerose possono essere le complicanze,<br />

sia precoci ( bulging cerebrale, raccolte ematiche<br />

sottodurali, per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> liquor, aumentato <strong>ed</strong>ema<br />

cerebrale, infarcimento emorragico-ischemia delle<br />

zone <strong>di</strong> bordo) sia tar<strong>di</strong>ve (idrocefalo, sunken skin<br />

fl ap syndrome , complicanze da riapposizione dell’osso<br />

o protesi, infezioni, riassorbimento, instabilità)<br />

[114] ; tutti questi aspetti devono essere considerati<br />

nella scelta terapeutica.<br />

e. Ipocapnia moderata o spinta. L’uso persistente<br />

dell’ipocapnia suscita perplessità non tanto per<br />

il poco realistico rischio <strong>di</strong> ischemia cerebrale,<br />

ma per la progressiva tolleranza che si realizza ai<br />

valori ridotti <strong>di</strong> PaCO 2 . Può essere pertanto considerata<br />

come terapia in associazione da usare possibilmente<br />

come manovra a ponte con un attento<br />

monitoraggio della SjO 2 .<br />

f. Catecolamine per indurre ipertensione arteriosa<br />

. Nei pazienti con autoregolazione preservata,<br />

aumentare la MAP con catecolamine induce vasocostrizione<br />

compensatoria e riduce la ICP. Se<br />

nell’imm<strong>ed</strong>iato questo approccio può produrre risultati<br />

brillanti, spesso nel m<strong>ed</strong>io termine possono<br />

dominare complicanze quali sovraccarico idrico,<br />

scompenso miocar<strong>di</strong>co da incremento del postcarico,<br />

effetto vasocostrittivo sulle arterie coronarie,<br />

119


Parte | 2 |<br />

120<br />

Trattamento sistematico delle lesioni<br />

eccesso <strong>di</strong> stimolazione miocar<strong>di</strong>ca, poliuria da<br />

aldosterone escape . Soprattutto nei casi <strong>di</strong>ffi cili, il<br />

rialzo della pressione arteriosa sistemica può produrre<br />

effetti opposti agli attesi (aumento della ICP)<br />

che è possibile provare a contrastare abbassando la<br />

PaCO 2 o somministrando indometacina [115] . In<br />

assenza <strong>di</strong> risposte favorevoli è necessario rinunciare<br />

all’aumento della MAP.<br />

g. Indometacina. In casi selezionati con onde plateau<br />

(tipo A) non suscettibili <strong>di</strong> altre terapia e casi con<br />

anormale capacità <strong>di</strong> autoregolazione può essere<br />

usata l’indometacina [116] in infusione e in bolo,<br />

monitorando la SjO 2 (per intercettare un possibile<br />

eccesso <strong>di</strong> vasocostrizione acuta), il bilancio idrico<br />

e la funzionalità renale.<br />

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Il monitoraggio ICP va interrotto quando i clinici abbiano<br />

raggiunto la sensazione che la patologia abbia iniziato una<br />

fase <strong>di</strong> reversione e il paziente abbia sopportato bene una<br />

fase <strong>di</strong> de-escalation terapeutica. Anche la durata delle perturbazioni<br />

della ICP viene valutata quale in<strong>di</strong>ce della compliance<br />

endocranica. Nella fase <strong>di</strong> “ weaning ” dalla terapia anti-HICP<br />

va abbandonata progressivamente la deliquorazione, recuperata<br />

la normocapnia, sospesa l’infusione continua <strong>di</strong> s<strong>ed</strong>ativi<br />

e analgesici, recuperata la normonatriemia, sospesa l’infusione<br />

<strong>di</strong> catecolamine, controllata la febbre. La rimozione<br />

del catetere va prec<strong>ed</strong>uta da una TC e si deve associare alla<br />

sospensione della somministrazione <strong>di</strong> eparina.<br />

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Per il proprio contributo nella stesura del capitolo, il dott. Arturo Chieregato desidera ringraziare il prof. Nino Stocchetti per gli insegnamenti<br />

ricevuti, che gli hanno permesso <strong>di</strong> <strong>di</strong>segnare le parole qui scritte.


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