ANNO XXVIII N 30 11 Settembre 2011.pdf - Webdiocesi
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<strong>ANNO</strong> <strong>XXVIII</strong> N° <strong>30</strong> - <strong>11</strong> <strong>Settembre</strong> 20<strong>11</strong> € 1.00<br />
SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI SAN BENEDETTO DEL TRONTO - RIPATRANSONE - MONTALTO<br />
Abbonamento annuo € <strong>30</strong>,00 - Abbonamento semestrale €15,00 Taxe parcue - Tassa riscossa Ufficio di AP SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - DL 353/2003 (conv.in L.27/02/2004 n.46) art.1 comma 1 commerciale business Ascoli Piceno Associato all’USPI<br />
Il saluto del card. Giovanni Battista Re<br />
inviato dal Papa<br />
“Sono lieto che la mia<br />
prima sosta avvenga in<br />
questa splendida e antica<br />
cattedrale, monumento di<br />
fede e di arte e soprattutto<br />
cuore dell’arcidiocesi e<br />
punto di rife ri mento per<br />
la fede e la vita cristiana<br />
di questa parte della popolazione<br />
cristiana”.<br />
Sono le prime parole pronunciate<br />
dal card. Giovanni<br />
Battista Re, legato<br />
pontificio al XXV Congresso<br />
eucaristico, dopo<br />
l’arrivo nella città sede<br />
dell’evento, raggiunta via<br />
mare in barca da Numana. Dopo il saluto pronunciato<br />
dall’arcivescovo di Ancona-Osimo, mons.<br />
Edoardo Menichelli, nella cattedrale di san Ciriaco<br />
– che ha ospitato la messa di apertura dei lavori,<br />
dedicata ai 700 volontari – il card. Re ha parlato di<br />
una “accoglienza che va ben al di là della mia persona”,<br />
e che è già “un omaggio” a Benedetto XVI,<br />
che concluderà le giornate del Cen con la sua visita<br />
dell’<strong>11</strong> settembre. Il card. Re, dopo aver dichiarato<br />
di aver “seguito con grande interesse, sia pure da<br />
lontano” la preparazione dell’importante appuntamento,<br />
ha espresso “vivo apprezzamento per l’intenso<br />
lavoro di studio, di riflessione e di<br />
organizzazione”, e in particolare “l’intelligente<br />
sforzo di mettere in rapporto la fede, che si esprime<br />
MANOVRA ECONOMICA<br />
Uscire dal pantano<br />
Il territorio ha l’impressione che si proceda a tentoni<br />
nell’Eucaristia, con la nostra società moderna e dinamica,<br />
e con le sue esigenze più profonde”. “Questi<br />
giorni di preghiera, di adorazione e di riflessione<br />
sul mistero eucaristico – la convinzione del cardinale<br />
– rafforzeranno la nostra fede e saranno di<br />
sprone e di sostegno per una ripresa culturale e religiosa<br />
dell’Italia”. “La fiducia in Dio, e nel raggio<br />
di bontà che c’è in ogni cuore umano – l’auspicio<br />
del legato pontificio – ci accompagni nelle giornate<br />
del Congresso eucaristico, e di affrontare le sfide e<br />
le contraddizioni del nostro tempo”. Infine un pensiero<br />
finale a braccio: “Salendo al cielo Cristo non<br />
ci ha lasciato solo verità da credere e precetti da osservare,<br />
ma se stesso, per incontrarlo nell’Eucaristia<br />
e per attingere da Lui la forza per affrontare le nostre<br />
responsabilità”.<br />
Fare e disfare è tutto un lavorare. Sembra ispirata a questo detto<br />
la fase 2 dell’ultima manovra economica predisposta dal governo.<br />
Il 5 agosto scorso la Bce ha ‘imposto’ all’Italia le misure da attuare<br />
per dare segnali concreti ai mercati che stavano andando a picco.<br />
“O intervenite sul serio, oppure qui si va a fondo”, grosso modo è<br />
stato questo il messaggio inviato al nostro Paese. Il 12 agosto è<br />
venuta fuori la ricetta ‘lacrime e sangue’ che ha fatto impallidire<br />
un po’ tutti. Via le province sotto i <strong>30</strong>0mila abitanti, via i piccoli<br />
comuni, quelli con meno di mille persone. Veniva anche istituito<br />
un contributo di solidarietà sulla parte eccedente i redditi superiori<br />
ai 90mila euro. Nei giorni seguenti le polemiche sono state furibonde. Prima di tutto perché non è stata<br />
tenuta in nessuna considerazione la famiglia, la vera tartassata da un sistema fiscale che la ignora del<br />
tutto. Poi per le levate di scudi delle diverse categorie colpite. Ognuno, per quanto ha potuto, ha tentato<br />
di salvare i propri interessi. Tutti sono sembrati privi di una visione più generale che da decenni manca<br />
in chi guida il nostro Stato. Lunedì scorso ad Arcore si è svolto un vertice della maggioranza che ha ridisegnato<br />
gli interventi necessari per sistemare i nostri conti. L’impianto di metà agosto è stato capovolto.<br />
Quello che era vero alla vigilia delle ferie non è stato confermato al rientro dalle vacanze. Non<br />
ci saranno aumenti per l’Iva, via la tassa di solidarietà, sono stati salvati i piccoli comuni. Verranno azzerate<br />
tutte le province e si procederà al dimezzamento del numero dei parlamentari, ma con un intervento<br />
di modifica costituzionale che rimanda i provvedimenti alle calende greche. Davanti a questi<br />
scenari, diversi interrogativi diventano d’obbligo: come è possibile stravolgere tutto nel breve volgere<br />
di 15 giorni? Con quale orizzonte si lavora quando si imbastiscono manovre economiche così importanti?<br />
Quali bisogni vengono tenuti presenti? L’impressione di chi opera sul territorio è che si proceda<br />
a tentoni, senza un orizzonte d’insieme che faccia comprendere ai cittadini-contribuenti che si sta operando<br />
nell’interesse superiore del Paese, con lo sguardo volto alle nuove generazioni. La crisi esiste e<br />
non va nascosta. Ciascuno è chiamato a compiere sacrifici, inutile ignorarlo. Prima che sia troppo tardi<br />
occorre investire sul futuro, con programmi almeno decennali, in una sorta di rilancio nazionale indispensabile<br />
per uscire dal pantano in cui rischiamo di affogare. Francesco Zanotti –“presidente Fisc<br />
Finestra sulla Parola<br />
Niente da fare! Ricomincio ancora da capo, ma oggi non riesco a proseguire<br />
oltre quei tre versetti del 14° capitolo della lettera ai Romani,<br />
che formano la II^ lettura della prossima domenica. Il testo fa parte di<br />
una più lunga esortazione di Paolo sulla necessità di comprensione e<br />
comunione tra coloro che sono forti e coloro che, invece, sono deboli<br />
nella fede, ma costituisce di per se stesso<br />
una confessione sorprendente per la semplicità<br />
e profondissima per la verità rivelata:<br />
«nessuno di noi vive per se stesso e<br />
nessuno muore per se stesso, perché se noi<br />
viviamo, viviamo per il signore, se noi moriamo,<br />
moriamo per il signore». Riesumando<br />
le nozioni scolastiche di analisi<br />
logica, possiamo considerare le espressioni<br />
“per se stesso” e “per il Signore” sia come<br />
complementi di causa, sia come complementi<br />
di fine, trovando che il testo vuole<br />
dirci che l’uomo non é né la causa né il fine<br />
della sua stessa esistenza; né la vita né la<br />
morte sono in suo potere, ma solo il Cristo<br />
ne è il Signore, Lui, il Primo e l’Ultimo,<br />
l’Alfa e l’Omega, il principio e la fine di<br />
ogni cosa. Quanto è tristemente ridicolo l’uomo quando pretende di dominare<br />
la vita e la morte e quanto è dannatamente solo, quando fa di se<br />
stesso il centro di gravità dell’universo, delle sue voglie estemporanee<br />
necessità assolute, dei suoi ristretti interessi norme universali, del suo<br />
minuscolo cuore il metro con cui giudicare il mondo intero! Che pace,<br />
invece, promanano le parole dell’Apostolo, dove la vita e la morte acquistano<br />
un senso, quel “per” che fa uscire l’uomo dalla sua solitudine<br />
per lanciarlo incontro all’altro, al fratello, il cui abbraccio ci difende<br />
dalla più grande delle paure, la paura della morte. «per questo infatti<br />
cristo è morto ed è ritornato alla vita: per essere i signore dei morti e<br />
dei vivi». Nella (analisi) logica di Dio la morte precede la vita ed ogni<br />
gesto che dona la vita è una specie di piccola morte: lo sanno bene le<br />
mamme, lo sa bene Gesù mandato dal Padre a “partorirci” alla sua<br />
stessa Vita, nel dono più grande, il “per-dono”.<br />
Le sorelle Clarisse della Santa Speranza<br />
La vita e le opere<br />
di don Osvaldo Cataldi<br />
ricordate dal Vescovo<br />
durante il rito funebre<br />
Una vera e propria folla ha fatto da cornice alla<br />
liturgia funebre di don Osvaldo Cataldi, presieduta<br />
dal Vescovo Mons. Gervasio Gestori,<br />
con la partecipazione del collegio presbiterale<br />
quasi al completo. Moltissimi i fedeli della Parrocchia<br />
Sacra Famiglia di cui don Osvaldo era<br />
parroco, ma altrettanti dalla Parrocchia S.Pio<br />
X dove è stato collaboratore nei primi 16 anni<br />
di sacerdozio. Sono venuti anche da Montalto<br />
Marche dove lo ricordano ancora con grande<br />
affetto essendo stato parroco per 14 anni. Non<br />
mancavano rappresentanze dell’Azione Cattolica,<br />
associazione che lo ha visto assistente unitario<br />
diocesano e regionale.<br />
La commozione generale era palpabile, resa<br />
più evidente dalle parole pronunciate dal Vescovo<br />
nell’omelia: “Carissimi confratelli nel<br />
sacerdozio, fedeli tutti della Parrocchia della<br />
Sacra Famiglia, fratelli e sorelle nel Signore,<br />
cari familiari di Don Osvaldo.<br />
In questi momenti il dolore è forte e lo sgomento<br />
umano è grande per la terrena inaspet-<br />
tata scomparsa di questo nostro sacerdote. La<br />
commozione mi prende nel profondo dell’animo<br />
e la voce quasi mi si ferma in gola”.<br />
Queste le prime parole pronunciate da Mons.<br />
Gestori, il quale ha così continuato: “Ieri, nel<br />
cuore della notte, improvvisamente, è arrivata<br />
la chiamata del Signore, una chiamata decisiva,<br />
che poneva fine alla vita presente e definiva per<br />
sempre quella futura, una vita sì misteriosa, ma<br />
che crediamo reale”.<br />
Segue a pag. 2
2<br />
PAG<br />
continua dalla prima pagina<br />
La vita e le opere<br />
di don Osvaldo Cataldi<br />
ricordate dal Vescovo<br />
durante il rito funebre<br />
E dopo aver usato le Parole del Vangelo sull’essere<br />
sempre pronti alla chiamata del Signore,<br />
ha aggiunto: “Era un prete apprezzato,<br />
stimato, ascoltato. Era un prete, che aveva<br />
fatto della carità pastorale l’anima della sua<br />
esistenza: esercitare il ministero era la sua<br />
preoccupazione, il suo dovere, il bisogno del<br />
suo spirito, in una parola, la sua vita. Don<br />
Osvaldo voleva mettere in pratica, semplicemente<br />
e concretamente, quanto il beato Giovanni<br />
Paolo II aveva scritto nella Esortazione<br />
Apostolica Pastores dabo vobis: “In quanto<br />
ripresenta Cristo capo, pastore e sposo della<br />
Chiesa, il sacerdote si pone non solo nella<br />
Chiesa ma anche di fronte alla Chiesa…La<br />
sua vita … gli chiede di essere testimone<br />
sponsale dell’amore di Cristo, di essere quindi<br />
capace di amare la gente con cuore nuovo,<br />
grande e puro, con autentico distacco da sé,<br />
con dedizione piena, continua e fedele, e insieme<br />
con una specie di gelosia divina, con<br />
una tenerezza che si riveste persino delle sfumature<br />
dell’affetto materno, capace di farsi<br />
carico dei dolori del parto finchè Cristo non<br />
sia formato nei fedeli” (n. 22). Il Vescovo ha<br />
così concluso: “Fino all’ultimo respiro della<br />
sua vita questo nostro prete ha esercitato la<br />
carità pastorale, ha vissuto il dono di sé, ha<br />
fatto della sua unica esistenza una donazione<br />
umile e generosa per le anime a lui affidate.<br />
Per questo posso affermare che Don Osvaldo<br />
è morto in piedi. La vostra presenza numerosa<br />
e commossa dice che avete capito bene lo<br />
stile di questo prete e che ora vi sentite privi<br />
di una presenza, poveri di un amico, senza<br />
un amato punto di riferimento. Siamo nel dolore.<br />
Il dolore però sia illuminato dalla luce<br />
della fede, che ci invita a pregare, e sia sostenuto<br />
dalla certezza della speranza cristiana,<br />
che afferma come non tutto è finito con la<br />
morte e che il bello per lui è appena iniziato.<br />
Dal Cielo voglia guardare ai suoi amati familiari,<br />
sia vicino ai suoi generosi fedeli e impetri<br />
dal Signore il dono di vocazioni sacerdotali<br />
autentiche per questa nostra Chiesa diocesana”.<br />
VUKOVAR: un ricordo<br />
I giornali del 21 luglio 20<strong>11</strong> hanno riportato<br />
la notizia della cattura del “boia di Vukovar”,<br />
il serbo Goran Hadzic, l’ultimo dei criminali<br />
di guerra nell’ex Jugoslavia che comandò le<br />
formazioni militari serbe negli anni ’90.<br />
Nell’autunno 1991 promosse i massacri nella<br />
città croata di Vukovar, iniziando la “pulizia<br />
etnica” della Krajina, della quale si autoproclamò<br />
presidente.<br />
I massacri di Vukovar, che coinvolsero le famiglie<br />
miste formate da croati e da serbi, uccidendo<br />
la parte croata nonostante la presenza<br />
di figli, sollevarono un’ondata di orrore in Oc-<br />
CRISI E RIPRESA<br />
Le parole non bastano più<br />
È il tempo delle idee chiare e della concretezza<br />
C’era una volta, a settembre, la cosiddetta ripresa delle attività. Piano piano,<br />
con movimenti felpati, ci si metteva al lavoro, cominciando ad affrontare<br />
le questioni rinviate a dopo le vacanze. Oggi i fronti della politica, dell’economia<br />
e della finanza sono sempre aperti. Anche in Italia. Con la consapevolezza<br />
che, tanto nel quadro europeo quanto in quello “globalizzato”,<br />
il nostro Paese deve percorrere due linee parallele: giocare il gioco collettivo,<br />
con i suoi vincoli, e nello stesso tempo essere in grado di sviluppare<br />
e tenere una linea, così da dare, a questo gioco collettivo, il contributo che<br />
pure compete a uno dei G7 e G20, se queste sigle ancora possono indicare<br />
qualcosa. Le analisi più intelligenti sono unanimi nel sottolineare la debolezza<br />
del complessivo quadro della politica e dell’economia euro-occidentale,<br />
ossessionato dal breve o brevissimo periodo. Di qui l’assenza di<br />
visione e la rincorsa delle emergenze, che produce un complessivo effetto<br />
depressivo, sui mercati, ma anche sullo spirito pubblico. È il classico sistema<br />
della retro-alimentazione: la depressione produce effetti depressivi,<br />
che la amplificano. In questo quadro la speculazione morde e prospera,<br />
proprio perché il suo tempo è il presente immediato. I tecnici sono al lavoro<br />
nel merito dei problemi economico-finanziari, così come sul versante<br />
della riforma costituzionale. La giustizia fiscale - che significa famiglia e<br />
lotta all’evasione - sta finalmente diventando un impegno prioritario, una<br />
pre-condizione necessaria per la credibilità del sistema. È però il momento<br />
di agire. Le parole non bastano più. Allo stesso modo è necessaria l’effi-<br />
(Questo articolo a firma di don Osvaldo, mi è stato consegnato il giorno prima della<br />
sua morte. Una bella testimonianza che è giusto sia conosciuta. Ndr)<br />
20 ANNI FA LA TRAGEDIA DELLA CITTA’<br />
CROATA DI VUKOVAR<br />
UNA STORIA CHE HA COINVOLTO LA NOSTRA DIOCESI<br />
Giorni fa, dopo l’arresto del criminale di guerra Goran Hadzic, con gradita<br />
sorpresa ho ricevuto una telefonata da Mons. Giuseppe Chiaretti. Con la sua<br />
consueta affabilità e precisione nella memoria, mi ricordava i giorni in cui a<br />
Montalto Marche, dove ero Parroco, furono ospitati per tre mesi circa 40<br />
profughi della città croata di Vukovar, in massima parte donne e bambini.<br />
Mi chiedeva anche di rievocare sulle pagine del Settimanale diocesano<br />
“l’Ancora” quella esperienza di dolore ma anche di grande solidarietà che<br />
coinvolse non solo la Comunità di Montalto ma moltissime altre persone.<br />
Era il dicembre 1991. Le notizie che giungevano dalla ex-Jugoslavia erano<br />
drammatiche. Le truppe della Serbia avevano attaccato la città di Vukovar,<br />
situata al confine sulle sponde del Danubio. Tante distruzioni, morti, feriti,<br />
violenze, famiglie divise dall’odio etnico. Mons. Chiaretti diede la disponibilità<br />
ad alcune Suore di ospitare un Gruppo di Profughi nel Seminario Vescovile<br />
.<br />
Era la sera del 13 dicembre quando nella piazza di Montalto arrivò un pullman<br />
in pessimo stato: si faceva fatica a credere come fosse riuscito ad arrivare<br />
fino a noi. Scese un gruppo di donne portando pochissime cose con loro<br />
e tanti bambini, un vecchio, Ivan, una maestra, Catiza. Li accogliemmo tutti<br />
con grande affetto nel Seminario. Una grande scritta: DOBRO DOSLI (Benvenuti)<br />
campeggiava nell’atrio . Nei giorni precedenti una attività frenetica<br />
e una generosità senza pari aveva trasformato<br />
i locali quasi abbandonati del grande Edificio<br />
dove molti di noi più anziani abbiamo trascorso<br />
i primi passi della via al Sacerdozio.<br />
Erano stati preparati: la cucina, il refettorio,<br />
le aule dove giocare, le camere con i letti, le<br />
lenzuola nuove e le coperte per affrontare l’inverno<br />
che stava iniziando; ristrutturato l’impianto<br />
di riscaldamento e quello idrico.<br />
Conservo ancora un quaderno dove annotavo<br />
tutte le offerte in denaro e in natura che giunsero<br />
numerose in quei giorni. Fu una vera gara<br />
di solidarietà di privati e Enti pubblici. Ora alcuni<br />
episodi tra i tanti che affollano la mia<br />
memoria e che desidero ricordare. Erano i<br />
giorni che precedevano la fine dell’anno.<br />
cidente, che si aprì ad accogliere le donne<br />
croate con i loro figli. Un gruppo di queste<br />
donne vedove, assistite da suore francescane<br />
di Sarajevo, approdarono anche nelle Marche<br />
e furono ospitate nel seminario di Montalto<br />
insieme ai loro figli e ai vecchi sfuggiti alla<br />
pulizia etnica. Ricordiamo di quei giorni la disponibilità<br />
e la generosità dei Montaltesi guidati<br />
dai loro preti, che non lasciarono mancare<br />
né mezzi di sussistenza né affetto per tutta la<br />
durata del soggiorno. Ricordiamo un particolare<br />
quanto mai significativo: come tradizione<br />
inveterata nelle Marche, nella notte della “venuta”<br />
(della Santa Casa di Loreto, portata<br />
degli angeli, l’<strong>11</strong> dicembre) si accendono<br />
grandi falò e si sparano colpi a salve. Per rispetto<br />
agli ospiti, che di esplosioni di bombe<br />
e di crepitio di mitragliatrici erano espertissimi<br />
e terrorizzati, non si sparò nessun colpo;<br />
e lo stesso si fece a fine d’anno e a capodanno.<br />
Le vedove di Vukovar si incontrarono anche<br />
con il papa Giovanni Paolo II.. In seguito ripartirono<br />
chi per la Croazia chi per la Germania,<br />
dove avevano parenti. Tenne i<br />
Francesco Bonini<br />
Anno <strong>XXVIII</strong><br />
<strong>11</strong> <strong>Settembre</strong> 20<strong>11</strong><br />
cienza e la responsabilità nella<br />
spesa pubblica, a tutti i livelli, così<br />
da assicurare un rendimento adeguato<br />
delle istituzioni.<br />
Occorre agire: l‘unica cosa certa è<br />
che lo status quo altro non nasconde che un processo di decadenza, caratterizzato<br />
dall’aumento delle diseguaglianze e dunque dei privilegi di singoli<br />
o categorie e da un senso di sfiducia, quando non di paura. Accanto alle<br />
misure concrete e operative, che non si possono procrastinare, occorre però<br />
agire anche sul senso di stallo che si avverte. Se ne può uscire, in modo<br />
positivo, su due prospettive. La prima è la moralità, che non ha nulla a che<br />
fare con il moralismo che affligge un dibattito pubblico da troppo tempo<br />
autoreferenziale. Moralità fa rima con libertà e dunque con giustizia e verità.<br />
È il tempo d’idee chiare e di concretezza di comportamenti. La seconda<br />
è l’investimento: significa scommettere sul lavoro, premiare davvero<br />
il merito e l’impegno, prima di tutto dei giovani. Nei prossimi anni ci misureremo<br />
con un quadro demografico ed euro-mediterraneo in cui saranno<br />
esplicite le conseguenze dei cambiamenti avvenuti in questi anni, senza<br />
che ce ne accorgessimo. Ha ragione chi sostiene che ci sono molte risorse<br />
nella nostra società nell’età della crisi. Sarebbe colpevole continuare a mortificarle.<br />
Come in tutte le parti,<br />
anche a Montalto i ragazzi<br />
cominciavano ad<br />
esplodere i petardi che<br />
provocavano paura e ricordi<br />
drammatici soprattutto<br />
ai piccoli<br />
ospiti. Don Peppe Barbizzi<br />
la domenica alla<br />
messa fece una proposta<br />
a tutti i montaltesi: Per<br />
quest’anno evitiamo di sparare i botti per non spaventare i bambini.Tutti accolsero<br />
con gioia la proposta. I giorni trascorrevano tranquilli, turbati solo<br />
dalle notizie che giungevano dalla patria e dalla morte di nonno Ivan. Ogni<br />
giorno il problema del cibo dei vestiti e di tutto ciò che può servire a persone<br />
arrivate senza portare quasi niente con sé. Organizzammo anche diverse feste<br />
(Natale con tanti regali, Carnevale con una bella festa mascherata…) Ma<br />
l’esperienza più bella e indimenticabile fu il viaggio a Roma con l’Udienza<br />
del Papa Giovanni Paolo II nella Sala Nervi. Grande gioia fu per loro quando<br />
il Papa si intrattenne a lungo a parlare con i bambini e con le loro mamme.<br />
Sono sicuro che porteranno questo ricordo per tutta la loro vita. Un altro prezioso<br />
ricordo fu il Battesimo che Mons. Chiaretti amministrò a due fratellini<br />
di 6 e 7 anni, Mario e Dario, nella Cappella del Seminario. Io feci da Padrino<br />
a Dario. E quale emozione quando, cinque anni fa, sono andato a incontrare<br />
la Famiglia di Dario e Mario a Vukovar e a vedere i luoghi segnati dalla<br />
guerra e dalla furia dell’odio etnico. L’ospitalità durò tre mesi fino a metà<br />
marzo. Il Gruppo ripartì lasciando a Montalto un ricordo incancellabile in<br />
tante persone che in quei giorni erano vissute accanto a loro. Naturalmente<br />
ripartirono con il pullman carico di ogni ben di Dio.<br />
Il Seminario però non rimase vuoto. Nel frattempo la guerra si era scatenata<br />
in Bosnia e soprattutto a Sarajevo. Pochi mesi dopo arrivarono a Montalto<br />
le Ancelle di Gesù Bambino guidate da Suor Liberija (Suor Lucia), diverse<br />
Novizie e cinque ragazze postulanti, sfuggite all’assedio della città e al bombardamento<br />
della loro Casa religiosa. Ma questa è un’altra storia di amicizia<br />
e solidarietà che dura ancora fino ad oggi.<br />
Don Osvaldo Cataldi<br />
collegamenti il parroco d. Osvaldo Cataldi,<br />
che andò a trovare i i ragazzi e le suore anche<br />
a Vukovar. Questa singolare ospitalità s’è ripetuta<br />
in occasione della tragedia atomica di<br />
Cernobyl. La diocesi, da Martinsicuro a Ripatransone<br />
a Grottamare, si aprì per più mesi<br />
all’accoglienza di molti ragazzi, ospitati nelle<br />
famiglie con i loro accompagnatori. S’ebbero<br />
anche incontri ufficiali con le autorità locali.<br />
Alla partenza i ragazzi furono ricolmati di<br />
ogni bene di Dio. Era, ed è, il cuore dei marchigiani!<br />
G.C.
Anno <strong>XXVIII</strong><br />
<strong>11</strong> <strong>Settembre</strong> 20<strong>11</strong> PAG<br />
La notte del 31 agosto è morto improvvisamente don Osvaldo Cataldi, parroco della Sacra Famiglia in Porto D’Ascoli;<br />
abbiamo ricevuto molte testimoninze di stima, affetto e gratitudine, ne pubblichiamo alcune.<br />
Così lo ricorda il sindaco<br />
Non vi lascerò orfani…..<br />
Don Osvaldo ci ha lasciato orfani, ha lasciato ammutolita ed<br />
attonita una grande comunità ,quella della Sacra Famiglia ma<br />
anche quella di S.PioX, di Montaldo Marche,di Cossignano, della grande famiglia dell’ACR,<br />
dell’Azione Cattolica “in toto” e di tutta la Diocesi. Conoscevo don Osvaldo da<br />
oltre <strong>30</strong> anni quando, da giovane catechista dell’ACR partecipavo, a fine estate, ai suoi<br />
ritiri di preparazione per l’anno catechistico che iniziava, nel silenzio ameno di Le Foyer.<br />
Decesso per embolia polmonare-recita il certificato di morte-derivante da parziale immobilità<br />
per una ingessatura al piede, conseguenza di una banale caduta in bicicletta,<br />
con rottura del metacarpo. E’ proprio vero il detto popolare: il Signore si riprende i<br />
buoni, i bravi! Don Osvaldo era davvero un sacerdote esemplare! Una persona attiva,<br />
concreta, votata al fare, ad operare sempre e comunque per gli altri ma…in silenzio,<br />
senza apparire, rimanendo doverosamente in seconda fila, senza mai esporsi se non per<br />
lavorare e risolvere.Una persona scrupolosa, riflessiva, attenta verso tutti e tutto. La sua<br />
presenza era impercettibile ma indispensabile. Non solo l’oratorio ,ma anche la sua casa<br />
era sempre aperta ad accogliere grandi e piccoli,come il suo cuore . Un uomo equilibrato,<br />
sereno,gioioso; mai inquieto,mai intollerante ,mai insofferente,mai sopra le righe. Proprio<br />
l’anno scorso ho scritto sul suo quarantesimo di sacerdozio di cui era felicissimo<br />
soprattutto per essere stato ordinato in piazza S.Pietro da S.Santità Paolo VI. Anche in<br />
quella occasione tutta la comunità si strinse amorevolmente intorno a lui per manifestargli<br />
tutto l’apprezzamento, la riconoscenza,il grande affetto che merita un “pastore”<br />
che ama le sue “pecorelle”. Ci fu grande festa,con canti e sketch, nella Chiesa stracolma<br />
di gente, venuta spontaneamente da varie parrocchie ….e pensare che era una festa “a<br />
sorpresa”. Ciao Don, al tuo funerale è accorsa una folla imponente che ha riempito tutti<br />
gli spazi possibili, quanta gente!..gente silenziosa, commossa, veramente colpita ed ancora<br />
incredula. Il 1° settembre,alle quattro del<br />
pomeriggio, la temperatura avvertita si avvicinava<br />
ai quaranta gradi; eppure nessuno è voluto<br />
mancare ,nonostante il giorno lavorativo,per<br />
l’ultimo saluto, l’ultimo appuntamento. Cerano,confuse<br />
tra la gente, anche tante autorità<br />
che, silenziosamente, hanno seguito la tua partenza<br />
verso il paese natio. La sera stessa, la<br />
Chiesa, l’oratorio, tutto sembrava vuoto,<br />
spento, triste, desolato: una comunità, senza il<br />
suo parroco, è davvero orfana. Grazie Don.<br />
Alfiera Carminucci<br />
Don Osvaldo: un prete amato.<br />
La morte di don Osvaldo ha colpito tutta la comunità di<br />
Porto d’Ascoli. Era un prete buono, di animo mite, sempre<br />
pronto al sorriso ed al dialogo. La notizia della sua morte si<br />
è sparsa in un baleno e appena la salma è stata esposta in<br />
parrocchia c’è stato un afflusso continuo di fedeli che si è<br />
protratto anche durante tutta la notte tra mercoledì e giovedì.<br />
Chi entrava in Chiesa si avvicinava anche alla bara, tantissimi<br />
non trattenevano le lacrime, parecchi lo toccavano e,<br />
con la delicatezza propria delle mamme, molte gli carezzavano<br />
il volto. Don Osvaldo amava i bambini e se, in Chiesa,<br />
la loro esuberanza eccedeva un po’ lui non li rimproverava:<br />
il suo sorriso era molto più efficace. E così tutti i bambini<br />
del catechismo sono venuti a vederlo ed anche loro non riuscivano<br />
a trattenere le lacrime. Un piccoletto<br />
piangeva a dirotto, il nostro<br />
diacono don Giovanni lo ha abbracciato<br />
e lui, stringendolo forte al collo,<br />
gli chiedeva: “E adesso chi verrà?”<br />
come per dire che era impossibile sostituire<br />
uno come don Osvaldo. La<br />
cosa sorprendente è stata che anche<br />
persone di altre religioni sono venute<br />
ad onorare la salma. Un giovane dai<br />
chiari tratti somatici del Nord Africa si<br />
è avvinato alla bara, ha assunto la tipica<br />
posizione di preghiera dei musulmani<br />
(le mani aperte davanti al viso), ha recitato<br />
a bassa voce una sua lunga preghiera,<br />
poi ha portate le mani al volto<br />
come per asciugarsi il sudore (altro gesto tipico della preghiera<br />
islamica) ed è uscito. Con la sua bontà, don Osvaldo<br />
aveva conquistato il cuore anche di quelli che professano religioni<br />
che solitamente non sono molto aperte verso la nostra.<br />
Non diceva mai di no a nessuno. Erano tantissimi quelli<br />
che venivano a chiedere offerte. A volte, di fronte a persone<br />
che chiaramente non erano nella necessità, magari con denti<br />
incapsulati in oro, cercava di fare capire che la parrocchia<br />
aveva pochissimi mezzi e che per le loro esigenze potevano<br />
rivolgersi alla Caritas diocesana. Ma alla fine metteva le<br />
mani in tasca e allungava una generosa offerta. Questo era<br />
don Osvaldo e per questo una così grande moltitudine ha<br />
partecipato al suo funerale. In un famoso brano delle Confessioni,<br />
Sant’Agostino scriveva: “Temo il Signore che<br />
passa”. Scrivendo questa frase non intendeva dire di avere<br />
paura del Signore, né del suo passaggio, ma di non essere in<br />
grado di riconoscerLo in chi si incontra o si incrocia sulla<br />
strada e ci accorgiamo di Lui solo dopo, quando ormai è passato.<br />
Ora che don Osvaldo non c’è più ci rendiamo conto<br />
che il Signore è passato e, pur avendolo avuto vicino, forse<br />
non l’abbiamo riconosciuto.<br />
Vincenzo pallotta<br />
3<br />
La scomparsa improvvisa di Don Osvaldo Cataldi,<br />
parroco della Chiesa della Sacra Famiglia<br />
di Ragnola, lascia un vuoto difficile da colmare<br />
nella comunità che, in tanti anni, ha avuto<br />
modo di apprezzarne le doti di grande umanità,<br />
instancabile passione per il bene, desiderio di<br />
aiutare gli altri. Don Osvaldo sapeva lasciare<br />
un segno nel profondo dell’animo di chiunque<br />
lo incontrasse: prima come vice parroco di S.<br />
Pio X, poi dal 2000 come parroco della Sacra<br />
Famiglia, ha sempre dedicato tutto sé stesso<br />
alla collettività, in particolar modo ai giovani<br />
con cui ha sempre intrattenuto un rapporto tutto<br />
speciale, grazie ad una profonda cultura teologica<br />
unita a grande attenzione e rispetto per la<br />
loro esuberante vitalità. Lo ricordiamo apprezzato<br />
docente scolastico, guida spirituale delle<br />
Ragnoliadi, esponente di primo piano dell’Azione<br />
Cattolica in campo regionale e nazionale.<br />
Con l’Amministrazione comunale ha<br />
intessuto rapporti di grande correttezza e cordialità,<br />
svolgendo costantemente un ruolo di riferimento<br />
che è stato molto importante nella<br />
programmazione degli investimenti realizzati<br />
in un quartiere in profonda modificazione sociale<br />
e urbanistica come quello di Ragnola. La<br />
sua figura di sacerdote e parroco aperto alla società,<br />
interessato alla vita dei giovani, attento<br />
ai problemi e alle richieste dei suoi parrocchiani<br />
mancherà molto a tutti noi.<br />
Se n’è andato all’improvviso<br />
don Osvaldo, il professore<br />
di Religione dei nostri figli.<br />
Imprevista quanto dolorosa, per quanti lo conoscevano,<br />
ed erano tanti, la scomparsa di don<br />
Osvaldo, da circa undici anni parroco della<br />
“Sacra Famiglia” di Porto D’Ascoli. Se n’è andato<br />
a seguito di un banale malanno, forse sottovalutato,<br />
impegnato com’era sempre a donarsi<br />
agli altri. I preti, quelli veri, prima pensano agli<br />
altri, poi, se rimane spazio e tempo, a se stessi.<br />
E Lui era fatto così. Prima venivano i suoi parrocchiani,<br />
i giovani dell’azione cattolica, quelli<br />
della Ragnoliade e dell’intera sua Sacra Famiglia.<br />
Poi ha pensato a se stesso. Ma non c’era<br />
più tempo. Il Signore lo ha chiamato a far corona<br />
alla grande famiglia dei santi. La sua<br />
scomparsa ha profondamente turbato la città,<br />
anche noi siamo rimasti scossi dalla triste notizia.<br />
Lo avevamo conosciuto tanti anni fa, all’ombra<br />
di don Filippo (Collini), allorché lo<br />
affiancava come collaboratore nella Parrocchia<br />
di San Pio X, a Marina di Sotto, da poco aperta<br />
al culto. L’amicizia e la stima si erano accresciuti<br />
col passare degli anni frequentandolo<br />
quotidianamente nella Scuola media Curzi dove<br />
insegnava Religione ai ragazzi. E tra questi ci<br />
sono stati anche i nostri tre figli: Maria, Piergiorgio<br />
e Matteo che lo ricordano per la sua<br />
gentilezza, per il suo modo di porgere le cose,<br />
per la sua simpatia. Era il tempo in cui la Religione<br />
Cattolica veniva insegnata dai preti. Che<br />
sembrava essere tutta un’altra cosa. Poi la crescita<br />
come prete e come uomo di chiesa con<br />
l’incarico a parroco di Montalto, dove, rimpianto,<br />
rimase vari anni per approdare alla<br />
“Sacra Famiglia” di Ragnola all’indomani dell’immatura<br />
scomparsa di don Franco Iaconi.<br />
Qui ha espresso tutto il suo carisma di prete e<br />
di uomo del Signore. Grande il tributo di preghiere,<br />
di fiori e di presenze dei suoi parrocchiani<br />
ai solenni funerali, celebrati dal Vescovo<br />
e da tutti i preti della Diocesi.<br />
e.tì.
4 Anno <strong>XXVIII</strong><br />
PAG<br />
<strong>11</strong> <strong>Settembre</strong> 20<strong>11</strong><br />
FIRMES EN LA FE!<br />
Sodi nella fede, sodi nella fede<br />
camminerò in Cristo, il nostro amico, il nostro signore.<br />
gloria a lui per sempre! gloria a lui per sempre!<br />
camminiamo in Cristo, sodi nella fede<br />
La festa della fede<br />
Mentre passano i giorni cerco di rivisitare con la memoria l’indimenticabile esperienza<br />
della GMG di Madrid. Forse i mass-media hanno cercato di leggerla come<br />
una prova di forza dei cattolici nel derby con il mondo laicista, ma in realtà è stata<br />
una grande festa della fede. Nei giovani di tutto il mondo presenti in Spagna, radunati<br />
attorno al Papa e ai loro pastori, si poteva toccare con mano la gioia che<br />
nasce dalla coscienza di non essere soli e soprattutto dall’incontro con Gesù vivo<br />
e presente, grazie all’ascolto della sua Parola, ai segni sacramentali, alla vicinanza<br />
di tanti fratelli e sorelle. Ho visto dei giovani, come affermava l’arcivescovo di<br />
Toledo, ne indignati né rassegnati, ma desiderosi di vivere con allegria la propria<br />
fede, coscienti che le inevitabili asperità della vita siano non un ostacolo fastidioso,<br />
ma un’opportunità per una testimonianza più credibile. Ho capito, guardando<br />
i volti di questa immensa folla di giovani, ascoltando i loro canti, vedendoli<br />
camminare insieme, che quando si è saldi nella fede e radicati in Cristo non si ha<br />
più paura, anche se ci si trova in mezzo alla tempesta, se tutto attorno parla di<br />
crisi economica e morale, se si sperimenta il precariato occupazionale e affettivo.<br />
Quando si è “firmes en la fè” si può fare festa sempre e comunque.<br />
4. Il passaggio della croceL’ultimo atto della GMG è stato il passaggio della<br />
croce dai ragazzi spagnoli a quelli brasiliani. La croce che Giovanni Paolo II nel<br />
1984 ha consegnato ai giovani continua a ricordarci che siamo viandanti, ma non<br />
verso l’abisso, verso il silenzio del nulla o della morte, bensì verso Colui che ci<br />
conosce fin dal principio, che ci ama, poveri come siamo, che ci attende e non ci<br />
fa soccombere. Questo prendere la croce, come dice Ermes Ronchi, vuol dire prendere<br />
su di se tutto l’amore di cui si è capaci, per rimanere saldi nella fede e radicati<br />
in Cristo, in modo da testimoniare al mondo che nessuna avversità, nessuna paura<br />
può paralizzarci e toglierci la speranza.<br />
5. Il segno dello stadio<br />
Partiti lunedì 15 agosto dallo stadio di San Benedetto del Tronto siamo arrivati<br />
allo stadio del Real Madrid solo la sera dopo verso le ore 19.<strong>30</strong>. Forse non è un<br />
caso questa partenza e questo arrivo in un campo di calcio: fa pensare alla necessità<br />
di giocare la partita della vita con entusiasmo e passione, all’essere e fare<br />
squadra, al confronto leale con ‘formazioni’ di nazioni e culture diverse e sopratutto<br />
all’importanza di credere e seguire l’unico e grande ‘ Mister ‘ capace di<br />
farci vincere il ‘campionato’. Credo che sia quanto si possa sognare e realizzare<br />
per questo nuovo anno pastorale, per la nostra chiesa diocesana, per i nostri giovani<br />
che, come diceva don Pierluigi nella cattedrale di Barcellona, citando l’apostolo<br />
Paolo, “ci sono diventati cari”!<br />
stefano<br />
2. La vita come chiamata.<br />
La giornata mondiale della gioventù è stata anche l’occasione per il Papa per un<br />
grande annuncio vocazionale. Benedetto XVI infatti non si è stancato di far risuonare<br />
forte la bellezza della risposta a Dio che chiama. Ha ribadito che la vita<br />
è tanto bella quanto più viene accolta e vissuta come vocazione. Nel testo della<br />
Veglia si legge che ciascuno di noi non è frutto del caso o dell’irrazionalità, ma<br />
all’origine della nostra esistenza c’è un progetto d’amore di Dio. C’è una frase<br />
che mi ha fatto pensare e meditare e cioè che la fede non si oppone agli ideali<br />
umani, al contrario, li eleva e li perfeziona. Ascoltando le preghiere, captando alcune<br />
frasi qua e là, sentendo qualche discorso ho avuto l’impressione che i giovani<br />
abbiano recepito questo messaggio: è bella la vita se donata! Molti hanno riscoperto<br />
il fascino della vocazione familiare vissuta nella fedeltà, nell’amore per sempre<br />
e nell’apertura alla vita; altri forse hanno sentito la chiamata del Signore a<br />
consacrare se stessi per il suo Regno. Anche la presenza dei seminaristi della diocesi<br />
ha testimoniato come Dio chiami ancora ad essere felici dedicandosi totalmente<br />
al servizio del suo popolo.<br />
3. La tempesta che non fa paura.<br />
Come faccio a radicare questa mia fragile vita in Cristo, a stare saldo nella fede<br />
quando tutto attorno sembra remare contro? Questa è la domanda dei giovani,<br />
più o meno espressa, durante le catechesi, gli incontri della GMG. Essa è sorta<br />
anche di fronte alle manifestazioni di contestazione alla Puerta del Sol, di cui<br />
hanno riferito i giornali, segno di mondo che segue un’altra logica.<br />
In molti abbiamo pensato che la tempesta di vento e pioggia del sabato notte non<br />
sia stata un contrattempo del quale rammaricarsi ma, come lo ha interpretato il<br />
Papa, un segno per dire che se si è fermi nella fede, non fa paura nemmeno l’urgano.<br />
Ha detto papa Benedetto XVI: “Come questa notte, con Cristo potrete sempre<br />
affrontare le prove della vita, non lo dimenticate”. Non si distrugge facilmente<br />
la casa costruita sulla roccia!
Anno <strong>XXVIII</strong><br />
<strong>11</strong> <strong>Settembre</strong> 20<strong>11</strong> PAG<br />
Il Discorso della Montagna: continuazione<br />
36. LE ALTRE QUATTRO DOMANDE DEL PATER<br />
Dopo le tre petizioni il Padre<br />
nostro continua e termina con<br />
le seguenti quattro che, sono:<br />
4. <strong>11</strong> Dacci oggi il nostro pane<br />
quotidiano, 5. 12 e rimetti a noi<br />
i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai<br />
nostri debitori, 6. 13 e non abbandonarci alla tentazione,<br />
7. ma liberaci dal male (Mt 6,12-13). Il<br />
brano termina con un commento di Gesù alla<br />
quinta domanda.<br />
1. Il pane quotidiano. Con la quarta richiesta<br />
l’attenzione passa al presente e ai bisogni<br />
umani. Il testo suona: “Dacci oggi il nostro<br />
pane quotidiano (ton epioùsion) (6,<strong>11</strong>). Però Il<br />
termine epioùsios crea grave difficoltà di traduzione.<br />
Presente anche e solo in Lc <strong>11</strong>,3, epioùsios<br />
è assente totalmente dalla lingua greca (o si<br />
legge in modo incerto su un papiro); per cui c’è<br />
da affidarsi al suo valore etimologico. Ma anche<br />
qui, le etimologie possibili sono<br />
almeno due, che richiamiamo in<br />
modo del tutto sommario. La<br />
prima fa derivare oùsion da ousía<br />
e dal verbo einai (eimí, sum), essere;<br />
quindi: dacci il nostro pane<br />
necessario alla nostra sostanza /<br />
esistenza (ousía). Origine (+ 254)<br />
interpretò la frase in riferimento<br />
all’Eucaristia; la stessa cosa fecero<br />
poi i Padri greci. Girolamo (+ 520)<br />
tradusse epioùsion con cotidianum<br />
(quotidiano) in Lc <strong>11</strong>,3; e con superubstantialem<br />
(sovrasostanziale,<br />
eucaristico) in Mt 6,<strong>11</strong>. La seconda<br />
etimologia fa derivare oùsion<br />
dal verbo iènai (eîmi, latino<br />
eo) che significa “venire”; quindi:<br />
dacci il pane per il giorno “che viene”. Cosa<br />
concludere riguardo all’interpretazione eucaristica,<br />
o non? Se ci riportiamo al Gesù storico e<br />
all’inizio addirittura del suo ministero, quando<br />
Gesù non aveva ancora parlato né di Chiesa, né<br />
di Sacramenti, pensiamo che egli si riferiva al<br />
pane materiale, necessario alla nostra vita terrena.<br />
Se ci riportiamo a quando Matteo scrive<br />
(negli anni 70-80,) e all’insieme del suo Vangelo<br />
possiamo vedere nel pane quotidiano anche il<br />
pane eucaristico. Infine, nel nostro contesto liturgico,<br />
di quando recitiamo il Pater prima della<br />
comunione, quel pane è il Pane eucaristico della<br />
comunione che stiamo per ricevere.<br />
2. La remissione dei debiti, Gesù passa<br />
ora alla necessità religiosa del cristiano, ossia i<br />
peccati che egli commette: “e rimetti a noi i nostri<br />
debiti”, peccati presentati – seguendo il par-<br />
lare del giudaismo contemporaneo – come un<br />
debito davanti a Dio, debito impossibile umanamente<br />
da pagarsi; è quanto ci dice la parabola<br />
del debitore insolvente (18,23-35). “come anche<br />
noi li rimettiamo ai nostri debitori” (6,12). Il<br />
“come” non indica qui il “tanto quanto”, ma il<br />
fatto che anche noi, per quanto cattivi e spiritualmente<br />
avari, perdoniamo agli altri.<br />
3. Il tenerci lontani dalla tentazione.<br />
“e non abbandonarci alla tentazione”. Qui la<br />
traduzione letterale non fa problema, e la Vulgata<br />
ha tradotto bene: “Et ne nos inducas in tentationem”.<br />
Il problema è quello di come<br />
presentare il pensiero biblico all’uomo moderno<br />
che ha un modo diverso di parlare; perché la traduzione<br />
letterale può fuorviarlo.<br />
Se riportiamo la frase di Gesù all’originale<br />
semitico viene in questione il verbo bô’, venire,<br />
entrare, che, nella forma causativa (hebî’), significa:<br />
far venire, far entrare. In<br />
concreto chiediamo al Signore<br />
che non ci faccia entrare (accogliere)<br />
nella tentazione, ma che<br />
ci tenga lontani da essa: una metafora<br />
locale! La nuova traduzione<br />
“non abbandonarci” può<br />
far pensare che Dio potrebbe lasciarci<br />
soli nella tentazione. In<br />
ogni caso, la lettera di Giacomo<br />
afferma: “Nessuno, quando è<br />
tentato, dica: ‘Sono tentato da<br />
Dio’; perché Dio non può essere<br />
tentato al male ed egli non tenta<br />
nessuno. Ciascuno piuttosto è<br />
tentato dalle proprie passioni,<br />
che lo attraggono e lo seducono...”<br />
(Gc 2,13-14).<br />
4. Il liberaci dal male. Anche questa è<br />
di natura richiesta spirituale: “. Si può tradurre<br />
“male” anche – e meglio - con “maligno”, satana,<br />
il tentatore per eccellenza: leggere, quindi,<br />
ponerós, al maschile, e non al neutro ponerón.<br />
Questa richiesta è in parallelismo antitetico con<br />
la precedente.<br />
5. Il commento alla quinta petizione.<br />
“Se voi infatti perdonerete agli altri le loro<br />
colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà<br />
anche a voi; 15ma se voi non perdonerete agli<br />
altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre<br />
colpe” (Mt 6,14-15). Dio proprio vuole che lo<br />
imitiamo nel perdono.<br />
Proposito: non facciamo passare un<br />
giorno senza recitare il Padre nostro!<br />
Crocettigiuseppe@yahoo.it<br />
Incontri Pastorali del Vescovo<br />
durante la settimana <strong>11</strong>-18 settembre 20<strong>11</strong><br />
Domenica <strong>11</strong> settembre<br />
Ore 09.<strong>30</strong> Ancona<br />
Congresso Eucaristico Nazionale<br />
Giovedì 15 settembre<br />
Taranto - Convegno Direttori<br />
Diocesani degli Uffici Missionari<br />
dell’Italia Meridionale<br />
Venerdì 16 settembre<br />
Ore 21.00 Force - S. Messa, nel <strong>30</strong>° giorno<br />
morte di Don Antonio Spinelli<br />
Sabato 17 settembre<br />
Ore 15.<strong>30</strong> S. Benedetto Tr.<br />
S. Filippo Neri:<br />
Convegno diocesano Oratori<br />
Ore 17.<strong>30</strong> Comunanza<br />
S. Messa, con S. Cresime<br />
Domenica 18 settembre<br />
Ore 17.<strong>30</strong> Force<br />
S. Messa e Processione,<br />
in onore della<br />
Beata Assunta Pallotta<br />
Annunciato il ritrovamento della tomba di San Filippo apostolo<br />
Il ritrovamento è avvenuto a Pamukkale, l’antica Hierapolis, in Anatolia Occidentale (Turchia),<br />
città in cui Filippo, dopo aver predicato in Grecia e Asia Minore, morì. La scoperta si deve alla<br />
missione archeologica italiana avviata già nel 1957 e composta oggi da un’équipe internazionale<br />
diretta dal 2000 da Francesco D’Andria, docente all’Università del Salento. Un risultato importante<br />
nella ricerca della tomba di San Filippo, ricorda “L’Osservatore Romano”, era già stato raggiunto<br />
nel 2008, quando l’équipe riportò alla luce la strada processionale percorsa dai pellegrini per raggiungere<br />
il sepolcro dell’apostolo, e ora è arrivato questo nuovo e importante traguardo. “Accanto<br />
PAROLA DEL SIGNORE<br />
XXIV DOMENICA TEMPO ORDINARIO <strong>ANNO</strong> A<br />
Dal VANGELO secondo MATTEO<br />
Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: “Signore,<br />
quante volte dovrò perdonare al mio<br />
fratello, se pecca contro di me? Fino a sette<br />
volte?”. E Gesù gli rispose: “Non ti dico fino<br />
a sette, ma fino a settanta volte sette. A questo<br />
proposito, il regno dei cieli è simile a un<br />
re che volle fare<br />
i conti con i suoi servi. Incominciati i conti,<br />
gli fu presentato uno che<br />
gli era debitore di diecimila<br />
talenti. Non avendo<br />
però costui il denaro da<br />
restituire, il padrone ordinò<br />
che fosse venduto lui<br />
cola moglie, con i figli e<br />
con quanto possedeva, e<br />
saldasse così il debito. Allora<br />
quel servo, gettatosi a<br />
terra, lo supplicava: Signore,<br />
abbi pazienza con<br />
me e ti restituirò ogni<br />
cosa. Impietositosi del<br />
servo, il padrone lo lasciò<br />
andare e gli condonò il debito.<br />
Appena uscito, quel servo trovò un<br />
altro servo come lui che gli doveva cento<br />
denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva:<br />
Paga quel che devi! Il suo compagno, gettatosi<br />
a terra, lo supplicava dicendo: Abbi<br />
pazienza con me e ti rifonderò il debito.<br />
Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece<br />
gettare in carcere, fino a che non avesse pagato<br />
il debito. Visto quel che accadeva, gli<br />
altri servi furono addolorati e andarono a<br />
riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora<br />
il padrone fece chiamare quell’uomo e<br />
gli disse: Servo malvagio, io ti ho condonato<br />
tutto il debito perché mi hai pregato. Non<br />
dovevi forse anche tu aver pietà del tuo<br />
compagno, così come io ho avuto pietà di te?<br />
E, sdegnato, il padrone lo diede in mano agli<br />
aguzzini, finché non gli avesse restituito<br />
tutto il dovuto. Così anche il mio Padre celeste<br />
farà a ciascuno di voi, se non perdonerete<br />
di cuore al vostro fratello”.<br />
(Matteo 18,21-35)<br />
Il Signore in questo brano vuole insegnarci<br />
l’importanza del perdono. L’occasione è una<br />
domanda di Pietro, che pratico come sempre,<br />
chiede al Signore di definirgli numericamente<br />
quante volte doveva perdonare qualcuno che<br />
gli facesse del male. Gesù ci dà un’ insegnamento<br />
che rimarrà per sempre definito. Gesù<br />
ci fa capire che la misura del perdono che<br />
dobbiamo riconoscere ad un fratello che ci fa<br />
del male è infinita. Noi dobbiamo perdonare<br />
sempre, come Dio ci perdona sempre. Le due<br />
cose sono così strettamente collegate che nella<br />
preghiera del “Padre Nostro”<br />
Gesù ci fa recitare<br />
“RIMETTI A NOI I NO-<br />
STRI DEBITI COME NOI<br />
LI RIMETTIAMO AI NO-<br />
STRI DEBITORI” come ad<br />
indicare che il perdono che<br />
ci viene concesso dal Padre<br />
celeste è strettamente legato<br />
al perdono che noi concediamo<br />
ai fratelli. Infatti per<br />
far capire meglio questo<br />
concetto Gesù usa una parabola<br />
ben comprensibile<br />
per tutti, e mette in relazione<br />
il perdono che il Re<br />
dona al servo, con quello che il servo avrebbe<br />
dovuto dare al suo compagno. Tenendo presente<br />
la differenza dei due debiti. Il debito che<br />
abbiamo verso Dio, cioè quello che noi dobbiamo<br />
farci perdonare da Lui è infinitamente<br />
più grande di ciò che abbiamo da perdonare ai<br />
fratelli. La misura della grandezza del perdono<br />
che dobbiamo donare ai fratelli è significativamente<br />
espressa nei numeri usati da Gesù. Se<br />
teniamo presente che nel mondo ebraico il numero<br />
sette indicava già una completezza, e<br />
Gesù ci dice che questa completezza (il 7)<br />
deve essere moltiplicata per settanta volte (7<br />
x10 ) riusciamo a capire che traducendo i numeri<br />
di Gesù dovremmo dire: sempre, sempre,<br />
sempre. Chiediamo a Gesù la forza di riconoscere<br />
il grande debito che abbiamo col Padre<br />
celeste e quindi il grande perdono di cui abbiamo<br />
bisogno, per far sì che sia più facile perdonare<br />
il nostro prossimo. riccardo<br />
PILLOLE DI SAGGEZZA:<br />
Nulla abbiamo da perdonare agli altri,<br />
se pensiamo a ciò che il Signore<br />
perdona a noi (G. crisostomo)<br />
Dio perdonerà solo chi avrà perdonato:<br />
è la legge. (Vianney, curato d’ars)<br />
COMUNICATO DELLA CURIA<br />
Il Vescovo Diocesano<br />
S.E. Mons. GERVASIO GESTORI<br />
ha nominato:<br />
Don Renato PEGORARI<br />
Amministratore Parrocchiale delle Parrocchie<br />
S. Cipriano e S. Giovanni Evangelista, nel Comune di Colonnella<br />
(Decreto n. 48/20<strong>11</strong> del 3.9.201)<br />
Don Ulderico CERONI<br />
Amministratore Parrocchiale della Parrocchia Sacra Famiglia,<br />
nel Comune di S. Benedetto del Tronto<br />
(Decreto n. 47/20<strong>11</strong> del 3.9.20<strong>11</strong>)<br />
al Martyrion (edificio di culto ottagonale costruito sul luogo dove forse Filippo fu martirizzato),<br />
abbiamo individuato una basilica del V secolo a tre navate”, ha raccontato telefonicamente al quotidiano<br />
vaticano il direttore della missione. “Questa chiesa fu costruita intorno a una tomba romana<br />
del I secolo che, evidentemente, era tenuta in enorme considerazione se si decise più tardi di edificarvi<br />
attorno una basilica. Si tratta di una tomba non a fossa, ma a sacello, con tanto di frontone<br />
e camera funeraria”. Collegando tra loro questi e molti altri elementi, “siamo giunti alla certezza<br />
di aver individuato la tomba dell’apostolo Filippo, che era al centro di tutto il sistema di pellegrinaggio<br />
a lui legato”, ha affermato D’Andria. Nel IV secolo, Eusebio di Cesarea scrisse che due<br />
stelle brillavano in Asia: Giovanni, sepolto a Efeso, e Filippo, “che riposa a Hierapolis”. Controversa<br />
è tuttavia la questione legata alla morte dell’apostolo. Secondo la tradizione più antica, infatti,<br />
non morì martire, mentre gli apocrifi raccontano che subì il martirio per mano romana.<br />
5
6 Anno <strong>XXVIII</strong><br />
PAG<br />
<strong>11</strong> <strong>Settembre</strong> 20<strong>11</strong><br />
Una scelta ponderata e meditata<br />
Don Lorenzo Bruni: letta nel Duomo di Ripatransone<br />
Quasi trentadue anni fa iniziava la mia storia di Amore con Cristo, ne1 Santo Battesimo,<br />
Storia d’Amore cresciuta nci forti affetti familiari c nelle sane amicizie<br />
fino ai quindici anni, quando per la prima volta il Signore mi fece sentire la Sua<br />
chiamata ad una vita di speciale Consacrazione. Poi la svelta. poco prima dei vent’anni,<br />
della formazione sacerdotale nel Seminario Romano e le Ordinazioni a<br />
Diacono cd a Presbitero appena compiuti i venticinque anni di età. In Obbedienza assoluta<br />
alla Chiesa. nelle mani del Vescovo, ho vissuto questi sei anni e mezzo di ministero<br />
presbiterale. dapprima nel servizio di cooperatore della Chiesa Cattedrale<br />
e dcl1’Abbazia di San Benedetto Martire. poi quale Pastore delle amate quattro<br />
piccole Comunità montaltesi, e, da ormai più di undici mesi, come Parroco delle carissime<br />
due Parrocchie ripane.<br />
Ma da sempre, molto più però negli ultimi tempi, e nell’ultimo anno c mezzo nella<br />
forma di un serio e deciso discernimento. Dio mi ha riproposto. con rinnovata o piena<br />
gioia del cuore, la Sua chiamata ad una vita di più intima Consacrazione a Lui, nel<br />
solco della tradizione della grande Famiglia francescana, il cui fascino ho sempre avvertito<br />
fortemente fin dalla mia infanzia grottammarese. In questi mesi, sotto la guida<br />
del Vescovo, del mio Direttore. nonché Padre spirituale, di un Sacerdote diocesano e di un<br />
Frate minore, entrambi veri amici, ai quali ho affidato la mia vita tutta intera, ho vagliato<br />
nella preghiera ogni cosa, perché fosse di Dio e non mia la scelta della mia vita. Ho vissuto<br />
nell’intima sofferenza e nella paziente attesa le prove che il Vescovo paternamente mi ha<br />
chiesto di accettare, non ultima la venuta a Ripatransone, quale vostra guida, nonostante nel<br />
mio cuore ci fosse già da tempo il desiderio di un indirizzo religioso per la mia esperienza<br />
sacerdotale. Tutto ho offerto ben volentieri al Signore, nell’impegno generoso e disinteressato<br />
alle Comunità parrocchiali affidatemi dal Signore; ecco perché questa esperienza<br />
non si configura assolutamente come una fuga o una crisi o un rigetto di quella realtà,<br />
che é stata invece per me in questi anni e mesi fonte e serbatoio inesauribile di pace, scuola<br />
e palestra di santificazione personale, nonché quotidiano esercizio d’amore alla Chiesa locale<br />
che mi ha generato alla Fede cristiana, e che amo come mia Madre spiritua1e e così mi<br />
è piaciuto e mi piace ancor’oggi servirla, con totale dedizione. Negli ultimi giorni poi, il<br />
Vescovo, che mi aveva sempre ascoltato, ma temporeggiando. valutata nuovamente ed in<br />
profondità la mia richiesta l’ha finalmente accolta con convinzione e mi ha benevolmente<br />
incoraggiato, dopo aver atteso e resistito per lunghi mesi, a perseguire quel fine di mag-<br />
Montelparo, oratorio estivo:<br />
comunichi-amo? di Irene Natali<br />
Credere di comunicare eppure, a volte, non comunicare affatto.<br />
E’ su questo che i ragazzi di Montelparo hanno riflettuto durante<br />
i quattro giorni di oratorio estivo organizzato dalla parrocchia<br />
di San Michele Arcangelo, dal 24 al 27 agosto.<br />
23 i partecipanti; classi frequentate: dalla quarta elementare alla<br />
terza media; il tema: comunichi-amo. Il tema va però completato<br />
con un eventuale punto interrogativo per comprenderne a<br />
pieno il significato; più semplicemente: quando comunichiamo<br />
lo facciamo con amore?<br />
«Che cos’è la comunicazione? Al giorno d’oggi abbiamo molti<br />
strumenti per farlo, basti pensare ai cellulari e ai social network…Eppure<br />
quando ci hanno chiesto cosa vuol dire comunicare<br />
siamo rimasti molto perplessi» hanno scritto i ragazzi<br />
nello Scarabocchio, il giornalino a cui hanno dato vita durante<br />
l’anno scolastico insieme al parroco Don Gianluca Pelliccioni.<br />
«Attraverso le innumerevoli attività dell’oratorio -hanno poi<br />
proseguito- abbiamo però capito il suo significato».<br />
I ragazzi infatti sono stati coinvolti in laboratori che hanno permesso<br />
loro di cimentarsi in diversi campi e potersi così esprimere<br />
con la parola, la gestualità, il canto, il ballo e la pittura.<br />
Non solo: telecamera, bloc-notes e penna alla mano, si sono<br />
calati nei panni del giornalista intervistando le persone del<br />
paese sul loro lavoro, espressione della vita di ogni cittadino.<br />
L’obiettivo finale era un confronto tra i lavori di oggi e quelli<br />
di ieri: il risultato è stato il Tg Oratorio con un’inchiesta<br />
sui mestieri che stanno scomparendo. Per<br />
realizzare i servizi i ragazzi hanno conosciuto, e<br />
soprattutto visto all’opera, un impagliatore e una<br />
tessitrice.<br />
Simulando la vita di una redazione multimediale,<br />
un gruppo si è occupato di scrivere i pezzi per il<br />
cartaceo (lo Scarabocchio sopra menzionato), un<br />
gruppo realizzava il telegiornale con tanto di conduttori<br />
e addetti ai gobbi; il resto dei ragazzi montava<br />
invece un video con i momenti divertenti<br />
dell’oratorio da inserire come ultimo servizio nel<br />
tg.<br />
Il terzo giorno è stato dedicato alla comunicazione<br />
del talento, e quale posto meglio della città del cinema?<br />
In diretta da Cinecittà, passando dai set di<br />
Un medico in famiglia, I Cesaroni e Amici Miei, i<br />
piccoli turisti hanno respirato la magia del grande<br />
e piccolo schermo.<br />
Il passo successivo è stato la Chiesa di S. Agostino,<br />
in cui è custodita -citando dal relativo articolo<br />
dello Scarabocchio- la «tomba del cardinal<br />
Gregorio Petrocchini, un nostro illustre compaesano,<br />
il corpo di S. Monica, la madre di S. Agostino<br />
e l’importantissimo quadro di Caravaggio<br />
che rappresenta la Madonna di Loreto». « Dopo esserci riposati<br />
-prosegue l’articolo- tutti a San Pietro, a visitare la Basilica più<br />
grande del mondo, al cui interno si trovano le tombe di tutti i<br />
papi, in particolare del Beato Giovanni Paolo II che tutti abbiamo<br />
pregato, e di San Pietro, il primo Papa della storia».<br />
Al termine dell’oratorio la scoperta è stata capire che si comunica<br />
tanto attraverso la parola pronunciata quanto quella ascoltata,<br />
grazie ai movimenti del corpo e persino ai silenzi.<br />
Durante l’ultimo giorno comunicare ha significato anche poter<br />
dire liberamente di essere non solo delusi, ma arrabbiati perché,<br />
causa la grande stanchezza mostrata dai ragazzi nei giorni precedenti,<br />
è stato deciso che la cena finale con i genitori non ci<br />
sarà più. Che fare dunque? Sforzarsi per organizzarla da soli<br />
gior Consacrazione che da tempo lo pregavo di concedermi,<br />
per il bene mio, e di tutta la Chiesa. Ecco<br />
allora l’immediata esperienza quasi propedeutica<br />
della Marcia francescana, vissuta a cavallo tra i mesi<br />
di luglio e di agosto, e la decisione di annunciare poi<br />
più chiaramente, con queste semplici parole, avuto<br />
il permesso del Vescovo, la mia volontà di iniziare nei<br />
prossimi mesi autunnali, con riferimento alla data<br />
del quattro ottobre, Festa di San Francesco d’Assisi.<br />
Patrono d’Italia, una esperienza di accoglienza e<br />
di formazione alla vita religiosa nell’Ordine dei<br />
Frati Minori delle Marche, rinunciando nel contempo<br />
agli incarichi pastorali legati alla mia persona<br />
in questa Chiesa diocesana in favore delle sue parrocchie,<br />
rinuncia presentata al Vescovo in data 15<br />
agosto u. s..Continuo a confidare nella vostra preghiera e nel vostro affetto, sempre generosamente<br />
dimostratomi nei mesi e negli anni trascorsi, e vi chiedo di continuare a volermi<br />
bene ed a riferirvi esclusivamente a me nel dialogo dei prossimi giorni, lasciando<br />
così nell’opportuna discrezione e tranquillità i miei familiari, che, com’é normale immaginare,<br />
vivono nella trepidazione e nel delicato accoglimento della Volontà di Dio la mia ulteriore<br />
scelta vocazionale, restando tuttavia come sempre sono stati pienamente aperti ad<br />
essa e rispettosi della mia libertà di uomo e di prete.<br />
Come avevo avuto occasione di dire ai Ripani nel discorso loro rivolto la sera del mio ingresso<br />
quale loro Parroco... cari amici, vogliatemi bene; per il tempo che sarò tra voi, sarò<br />
il collaboratore della vostra gioia... - Spero di non aver fallito questo compito e questa responsabilità,<br />
mentre chiedo scusa per quelle volte che tale collaborazione non ha sempre rifulso<br />
della luce ammirabile di Cristo: ciò che ho fatto per voi e con voi, l’ho fatto unicamente in<br />
Cristo, accecato dal Suo Amore per me, peccatore.<br />
Vi invito ora ad affidarvi con me alla materna Intercessione della Beata Vergine Maria, perché<br />
ci sia Madre premurosa e comune nel cammino che tutti noi, ora ed ogni giorno, siamo<br />
chiamati a ricominciare, nella lode di Dio e nell’ umile servizio dei fratelli di Fede e di Umanità.<br />
dlb<br />
scegliendo di pulire i locali, cercare qualche mamma disposta<br />
a cucinare, fare da camerieri, chiamare tutti i genitori per il contrordine,<br />
tornare a casa a prendere le casse per la musica e poi<br />
selezionare minuziosamente le canzoni per la serata. Tutto<br />
senza adulti, e “solo” per stare insieme un’ultima sera.<br />
La tavolata apparecchiata con i piatti di plastica rossi, i tovaglioli<br />
e i bicchieri gialli, le candele, i vasi di fiori sono diventati<br />
allora anch’essi comunicazione, e potente. Un atto di amore per<br />
chi si sarebbe seduto lì, specie se proprio chi si era mostrato<br />
stanco aveva dato fondo alle sue forze con entusiasmo. Specie<br />
se durante l’oratorio quelle stesse persone avevano apparecchiato<br />
per inerzia.<br />
Torna qui la domanda con cui tutto è iniziato: che cos’è la comunicazione?<br />
Semplice, una tavola ben apparecchiata.
Anno <strong>XXVIII</strong><br />
<strong>11</strong> <strong>Settembre</strong> 20<strong>11</strong> PAG<br />
Da Ripatransone a cura di a.G.<br />
Cinefotoclub: eccellente mostra<br />
A Ripatransone sta avendo un grande successo di pubblico e di critica<br />
la mostra fotografica allestita nella Sala “Condivi” in Piazza XX <strong>Settembre</strong>,<br />
dal locale Cinefotoclub “Alessandro Bruti Liberati”. Due i temi<br />
dell’esposizione: “I colori della primavera” ed “I torrioni di Ripatransone”<br />
(in collaborazione con la sede ripana dell’Archeoclub d’Italia).<br />
Nella prima sezione, con quattro stupende fotografie ciascuno, espongono<br />
i soci: Franco Ricci, Marco Capriotti, Mario Michettoni, Emidio<br />
Crisostomi, Guido Piergallini, Antonio Valianti, Simone Nucci, Vincenzo<br />
Pulcini, Pino Urso, Nerina Michelangeli. Nella seconda sezione,<br />
“i Torrioni”, sono esposte 54 foto (lavoro di gruppo) ripartite per quartiere, e precisamente:<br />
Roflano con 17 fotografie, Monte Antico con 22, Capodimonte con 4, Agello con<br />
<strong>11</strong>; in più vi sono esposte le riproduzioni di 4 mappe antiche della città (fornite dalla Biblioteca<br />
Comunale), dove sono visibili i torrioni, quand’erano integri, della cinta muraria<br />
medievale; le date delle mappe: 1598, 1693, 1781, sec. XIX (Tìp. Jaffej).<br />
I giudizi espressi, sia oralmente sia scritti sul registro delle firme dei visitatori, sono unanimemente<br />
positivi; riferiti ovviamente alle foto, gli aggettivi ricorrenti sono: “belle!”,<br />
“bellissime!”. Un signore di Roma, ha scritto “Qui sì che si respira aria d’arte!!”. Per la<br />
sezione dei torrioni, un altro signore ha scritto: “Lavoro ottimo ed utile”. Una signora di<br />
Fermo ha rivolto un appello scrivendo: “Salvate queste mura!”.<br />
La mostra fotografica del Cinefotoclub, visitata già da circa due mila persone, continua<br />
con il seguente orario: 9.<strong>30</strong>-12.<strong>30</strong>; 16,<strong>30</strong>-19,<strong>30</strong>.<br />
Da S.Benedetto - Parrocchia S.Filippo Neri<br />
Gita-pellegrinaggio a Cipro e Malta<br />
Quest’anno un gruppo di persone, sotto la guida<br />
spirituale del parroco don Gabriele, ha realizzato<br />
una gita–pellegrinaggio a Malta e Cipro dal 16 al<br />
24 agosto per visitare i luoghi toccati dall’apostolo<br />
Paolo nel lungo e difficile cammino che lo<br />
portò dalle terre di Oriente a Roma dove subì il<br />
martirio e morì. L’isola di Cipro fu toccata da<br />
Paolo quando, insieme con Barnaba, vi andò a<br />
predicare, probabilmente tra il 45 e il 48 d.C. Egli<br />
la percorse tutta, da Salamina a Pafo, in circa<br />
quattro mesi e convertì, tra gli altri, anche la massima<br />
autorità dell’isola, il proconsole Sergio e il<br />
“mago” Bra-Iesus, scettico e provocatore che cercava di distogliere il proconsole dalla fede.<br />
Paolo, che ancora si chiamava Saulo, “pieno di Spirito Santo, fissò gli occhi su di lui” (At 13,9)e<br />
questi credette. Diversi anni dopo, circa nel 60 d.C., Paolo, mentre si stava dirigendo a Roma, si<br />
trovò insieme ad altri prigionieri in una nave che fu in balia per più giorni di una terribile tempesta.<br />
I passeggeri, senza né cibo né acqua, disperavano<br />
di salvarsi e stavano per gettarsi in mare quando<br />
Paolo li rassicurò dicendo loro che il Signore gli<br />
aveva promesso che tutti si sarebbero salvati. Successivamente<br />
“prese il pane, rese grazie a Dio davanti<br />
a tutti, lo spezzò e cominciò a mangiare. Tutti<br />
si sentirono rianimati e presero cibo”. Così duecentosettantasei<br />
persone superarono la notte più difficile<br />
della loro vita e quando si fece giorno sbarcarono<br />
nell’isola di Malta (At 27,1-44 e 28,1-16).Ebbene,<br />
come ci siamo posti noi, “pellegrini moderni” di<br />
fronte al viaggio del grande Apostolo? Ci siamo inchinati<br />
davanti alla sua straordinaria forza grazie alla quale superò situazioni di grande difficoltà<br />
e convertì alla fede centinaia di persone; tale forza era determinata dalla fiducia incondizionata<br />
nel Signore. E qual è il messaggio che ne abbiamo ricavato? In estrema sintesi è questo: il Signore,<br />
per chi ha fede in Lui e Gli si affida con cuore sincero, compie miracoli. Quando ci sembra di<br />
toccare il fondo e ci sentiamo disperati, lui interviene in modo discreto e deciso e ci aiuta ad<br />
andare avanti. Ma come Egli si manifesta a noi? Lo fa nell’aiuto concreto di un amico sincero,<br />
nel sorriso inaspettato di una persona mai notata prima, nella solidarietà silenziosa ma efficace<br />
del gruppo, nel perdono gratuito alle offese ricevute. Ecco,una gita-pellegrinaggio permette di<br />
sperimentare tutto ciò. Vivere insieme per quasi dieci giorni non è facile ma è questa la parte migliore<br />
del viaggio: a distanza di tempo negli occhi rimarranno sicuramente “le cartoline” più belle<br />
dei paesi visitati, ma nel cuore resterà indelebile il ricordo dell’amicizia sperimentata, il piacere<br />
della riflessione condivisa, la percezione stupenda dell’affiatamento e della complicità che avremo<br />
vissuto e tutto ciò ci aiuta a crescere come persone e rende unico e insostituibile il valore della<br />
amicizia. Anna Amelia<br />
SETTIMANALE DELLA DIOCESI DI SAN BENEDETTO DEL TRONTO - RIPATRANSONE - MONTALTO<br />
Proprietà: “confraternita SS.mo Sacramento e cristo Morto”<br />
Via Forte - S. Benedetto del Tr. (AP)<br />
REGISTRAZIONE TRIB. DI AScOLI PIcENO<br />
N. 2<strong>11</strong> del 24/5/1984<br />
DIR. RESPONSABILE: Pietro Pompei pompei.pietro@tiscali.it<br />
DIREZIONE REDAZIONE E AMM.NE 6<strong>30</strong>39 S. Benedetto Tr. (AP) Via Forte 16 Tel. 0735 579210<br />
Fax 0735 594833 e-mail: lancorasettimanale@tin.it<br />
C.C.P. n. 14590632, intestato Curia Vescovile - Causale l’Ancora<br />
Impaginazione e stampa: Linea Grafica Srl - Tel. 0735 702910 - centobuchi (AP) - E-mail: info@lineagrafica.info<br />
Il sito della Diocesi www.diocesisbt.it<br />
Samb, mia cara Samb.<br />
La lunga estate calda, la telenovela del calcio scommesse, lo sciopero della serie A, ci hanno<br />
fatto sentire, lancinante, la nostalgia per il calcio di casa nostra. Della nostra cara e indimenticabile<br />
Samb. La nuova linea editoriale del giornale ce l’ha fatta relegare nell’estremo lembo<br />
della memoria dove, però, il lumicino non s’è mai spento, nonostante le tante forzate rinunce<br />
a parlarne coi nostri affezionati lettori. Permetteteci, vi prego, di riaprirne il discorso, magari<br />
per far sapere in giro che, nonostante tutto, la Samb, nel nostro cuore e in quello dei tanti tifosi,c’è<br />
ancora, viva e vitale. Ha sì perduto il suo Presidente Spina, quello che ne aveva raccolto<br />
i cocci per ricomporli alla bell’e meglio in attesa che qualche altro di buona volontà si<br />
facesse avanti per dargli una mano a far sparire le ultime crepe evidenti. Un uomo che ha atteso<br />
invano il salvatore della patria, che per giunta poi è stato sopraffatto dalla delusione dei<br />
risultati che non sono venuti. Sfortuna? improvvide scelte tecniche? Chi può dirlo. Il calcio<br />
non è una scienza esatta. Tanti i fattori che ne influenzano i risultati. E per fortuna che la<br />
Samb, ma questo è il grande merito che gli va riconosciuto, non è stata coinvolta nel calcio<br />
scommesse, per cui l’immagine ne esce pulita, bella come sempre. Almeno questo lasciatecelo<br />
dire con orgoglio.Il nuovo Presidente Pignotti, commercialista, ne ha fatto una “ragionevole”<br />
squadra, sperando che due più due facciano sempre quattro. E anche noi, che non voliamo<br />
pindaricamente, come fanno ancora imperterriti i fratelloni Perotti (Pino e Zarè), ce lo auguriamo<br />
specie dopo la bella prova di Trivento (1 – 1), e in attesa di un’altra, altrettanto positiva,<br />
nel prossimo debutto casalingo di domenica con la Vis Pesaro. Tanti auguri Samb, mia bella<br />
Samb. e.tì.<br />
7
8 Anno <strong>XXVIII</strong><br />
PAG<br />
<strong>11</strong> <strong>Settembre</strong> 20<strong>11</strong><br />
Dai Monti al Mare, il bello dello stare insieme<br />
Diario di bordo dai campi-scuola<br />
Parrocchia S. Benedetto Martire<br />
CAMPOSCUOLA 20<strong>11</strong><br />
Dal 14 a l 21 Agosto 20<strong>11</strong> si è svolto il camposcuola della nostra<br />
parrocchia, San Benedetto Martire, aperto alle classi IV-V elementare<br />
e I-II media. La struttura dove abbiamo trascorso questi<br />
sette giorni era l’Istituto del Sacro Cuore di Gesù, presso Colle<br />
S.Marco. E’ stata un’esperienza bellissima. Non sono mancate le<br />
escursioni, una presso l’Eremo di S.Marco e l’altra, più lunga e faticosa,<br />
presso il lago e la vetta della Montagna dei Fiori . La fatica<br />
è stata rincompensata dal meraviglioso panorama che ci si è aperto<br />
di fronte una volta arrivati in cima. Mi ha stupito ed emozionato<br />
vedere l’aiuto che ci si scambiava lungo il cammino, quando qualche<br />
ragazzo rallentava il passo e credeva di non farcela. E’ stato<br />
un camposcuola in cui si sono saputi combinare i momenti di catechismo<br />
con quelli di svago. Non sono mancate le serate con i<br />
giochi notturni che hanno affascinato i ragazzi sfidandosi nella pineta<br />
dell’istituto e aiutandosi con la propria torcia. Ci sono stati<br />
dei momenti di preghiera prima della buona notte, animati<br />
e pensati dai ragazzi stessi, con canti, riflessioni e<br />
piccoli gesti. La catechesi che abbiamo affrontato è stata<br />
per loro interessante e stimolante perchè univa il cammino<br />
del personaggio di Giuseppe della Genesi, venduto<br />
dai fratelli, con la storia del film di Avatar. Abbiamo confrontato<br />
i tratti importanti di Giuseppe (la sua grande<br />
fede, il suo esempio di perdono, il suo abbandono totale<br />
nelle mani di Dio, il suo conoscere se stesso e i propri talenti<br />
e la capacità di accettare gli altri anche nei loro limiti)<br />
con i temi centrali del film (la lotta tra il bene e il<br />
male, il riconoscimento dell’altro anche se diverso da noi,<br />
il rispetto per la natura quale fonte di vita e la forza della<br />
solidarietà e dell’amore). Tutti i ragazzi hanno partecipato<br />
attivamente e hanno espresso le loro sensazioni e il loro<br />
parere nelle risonanze di gruppo, arricchendosi reciprocamente.<br />
RIPATRANSONE<br />
FOCE DI MONTEMONACO<br />
L’esperienza del campo-scuola di Ripatransone si ripete ormai dal 1990 e, anche quest’anno, nella località<br />
di Foce di Montemonaco, negli edifici che, di proprietà di don Enrico Cerolini, furono restaurati da un<br />
gruppo di volontari parrocchiani ripani e quindi donati alla diocesi. Quella di quest’anno, organizzata sotto<br />
la guida del parroco don Lorenzo Bruni, si è svolta nella prima metà di luglio articolata in due turni ed ha<br />
visto, in qualità di protagonisti, dapprima i ragazzi di II e III media e quindi quelli di V elementare e I<br />
media.<br />
Ancorata alle sue radici, la Colonia Estiva è articolata in tre momenti che si ripetono quotidianamente:<br />
1 – l’escursione in montagna, tutti assieme, per imparare a conoscere i nostri Monti Sibillini, seguendo<br />
l’insegnamento del Beato P.G. Frassati che “amava la montagna e la sentiva una cosa grande, un mezzo<br />
di elevazione dello spirito, un palestra dove si tempra l’anima e il corpo”;<br />
2 – l’attività del campo che, alternando momenti di gioco ad altri di riflessione, vuole costituire un momento<br />
di crescita ed educazione civile e religiosa;<br />
3 – il fuoco, la sera dopocena,<br />
momento collettivo di<br />
socializzazione e condivisione<br />
delle esperienze, ispirato<br />
direttamente ad una<br />
tradizione che affonda le<br />
sue radici nella preistoria.<br />
Per descrivere il “clima”<br />
della Colonia estiva,come<br />
sempre, le parole migliori<br />
sono quelle dei protagonisti;<br />
ogni anno le raccogliamo<br />
sotto forma di<br />
AGENZIA GENERALE DI S. BENEDETTO DEL TRONTO<br />
Agente Generale Cinzia Amabili<br />
Via F. crispi, 107 - Tel. e Fax 0735 582101<br />
I momenti di divertimento e le serate animate dai ragazzi<br />
con “banz”, scenette e giochi sono stati coinvolgenti,<br />
non solo per loro, ma anche per noi<br />
animatori e assistenti. Siamo stati coinvolti attivamente,<br />
anche sfidandoli in tornei di calcio, pallavolo, biliardino e<br />
ping pong. Ci hanno fatto sentire ancora capaci di gioia, vitalità e<br />
passione. Di questo camposcuola mi ha colpito molto l’intesa e la<br />
complicità con cui noi educatori lavoravamo,<br />
insieme con don Gian Luca Rosati,<br />
responsabile del gruppo. Fondamentali<br />
per la riuscita del campo sono state le fantastiche<br />
cuoche Adele e Lucia, che oltre<br />
ad essere molto brave, sono state anche<br />
molto simpatiche. Don Gian Luca ha saputo<br />
coinvolgersi con i bambini partecipando<br />
personalmente ai giochi, ma ha<br />
saputo anche essere vicino agli educatori<br />
condividendo con noi lavoro e tempo libero.<br />
Non sono mancate le celebrazioni<br />
eucaristiche partecipate da adulti e bambini in cui ci nutrivamo del<br />
“pane del cammino” indispensabile per il percorso di ogni membro<br />
del campo. E’ stato un bel giorno anche il martedì, quando ci ha raggiunto<br />
don Romualdo. Dietro suo suggerimento i ragazzi hanno<br />
animato e interpretato la parabola del Padre buono, introducendo<br />
così la liturgia penitenziale e le confessioni. La settimana si è conclusa<br />
con la messa di domenica 21 Agosto alla quale hanno partecipato<br />
anche i genitori dei ragazzi. Dopo la celebrazione i genitori<br />
sono rimasti con noi a pranzo per salutarci poi nel pomeriggio.<br />
Questa esperienza mi ha interrogato molto sia come educatrice che<br />
come mamma. Si è rafforzata ancor di più in me la certezza che<br />
Dio è presente in ognuno di noi; l’ho visto negli occhi dei bambini<br />
e mi auguro che loro lo possano aver visto nei nostri occhi. Siamo<br />
chiamati a testimoniare l’amore di Dio nel mondo, nella vita di<br />
tutti i giorni, sia come educatori che come genitori, così che i nostri<br />
ragazzi imparino a testimoniarlo e trasmetterlo nel loro mondo,<br />
che non è fatto solo di male come spesso crediamo. Desidero<br />
concludere con una frase di Giovanni Paolo II rivolta ai giovani,<br />
che vuole essere un augurio per i ragazzi della nostra parrocchia,<br />
ma anche per gli altri: “ PRENDETE IN MANO LA VOSTRA<br />
VITA E FATENE UN CAPOLAVORO” cristiana<br />
“riflessioni” che, ciascun ragazzo, scrive ed espone nell’ultimo fuoco.<br />
Ecco un florilegio di quelle prodotte quest’anno:<br />
...la mattina tutti freschi, in fila, facciamo colazione e poi tutti frenetici partiamo per le escursioni. Ritornati<br />
stanchi pranziamo a squadre, è fantastico mangiare insieme e divertirsi, il pomeriggio si gioca gareggiando<br />
a squadre, la sera c’é il fuoco e si canta... (Alex).<br />
... l’argomento di quest’anno erano le fiabe e mi è piaciuto perché ogni squadra a metà campeggio ha dovuto<br />
scrivere una piccola fiaba con all’interno tutti i personaggi... Un’escursione fantastica è stata quando<br />
siamo andati al Lago di Pilato dove abbiamo visto il rarissimo chirocefalo del Marchesoni, è stato un momento<br />
emozionante.... (Valeria).<br />
...in questi dieci giorni mi sono divertito molto e ho imparato molte<br />
cose, stare insieme, fare tutto da solo e in gruppo e aiutare gli<br />
amici. ho conosciuto molti nuovi compagni e con loro mi<br />
sono divertito molto... (Francesco).<br />
... se mi ricordassi ogni giorno troverei molti ricordi<br />
e momenti belli, simpatici e divertenti. per esempio<br />
i ricordi più belli e quelli che mi ricordo di più<br />
sono: l’arrivo qui, quando<br />
siamo andati tutti a prendere<br />
la legna. era orribile vedere<br />
mio padre che se ne tornava a<br />
casa nella macchina ma ero eccitata<br />
per quello che doveva ancora avvenire....<br />
(Polly).<br />
... questo campeggio è stato per me indimenticabile anche se è stato il primo ... è stata<br />
una bellissima esperienza grazie alle cuoche che ci hanno preparato pasti molto invitanti<br />
che ci facevano recuperare energie dopo le escursioni... (Lidia).<br />
...la cosa più bella di questo campeggio sono stati gli amici e la loro compagnia. ci<br />
sono anche degli assistenti fantastici che ci hanno aiutato sempre nel momento del<br />
bisogno e che ci hanno fatto ridere e scherzare e per questo li ringrazio... (Federica).<br />
<strong>30</strong> anni di esperienza<br />
organizzando viaggi per le Parrocchie<br />
VIAGGI E TuRISmO - NOLEGGIO BuS<br />
S. Benedetto del Tronto Tel. 0735 594456<br />
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