Caccia - Associazione Cacciatori Bellunesi
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Vallata feltrina e vette dal Monte Tomatico.<br />
interventi penalizzanti per le biocenosi (comunità di organismi,<br />
vegetali e animali, che vivono in un determinato<br />
habitat cartterizzato da simili condizioni ecologiche)<br />
e l’ecosistema (unità funzionale che in ecologia comprende<br />
sia le comunità di esseri viventi che i fattori fisici<br />
e chimici del clima e del suolo). Per raggiungere tale<br />
obiettivo, di solito, questi nuclei primari, possono essere<br />
meglio protetti disegnando attorno ad essi delle aree<br />
con vincoli meno stringenti, ma pur sempre si tratterà<br />
di aree di un certo pregio a naturalità diffusa in cui taluni<br />
interventi, oltre che consentiti, dovrebbero essere incentivati.<br />
Sono le cosiddette “aree tampone” o “Buffer<br />
zone”.<br />
Nel territorio esistono poi, di regola, altre aree, di limitata<br />
estensione, quasi puntiformi, oppure lineari, in<br />
cui vi sono importanti presenze di flora e fauna (i piccoli<br />
biotopi) spesso circondate da zone a elevata antropizzazione.<br />
Per evitare la loro scomparsa, senza penalizzare<br />
le attività umane, anche industriali, o più intensive,<br />
che si svolgono nelle adiacenze, servono norme mirate.<br />
Questi punti o queste fasce formano dei nodi secondari<br />
(cosiddetti stepping stones) che per avere un loro<br />
significato a livello di pianificazione devono essere in<br />
qualche modo collegati tra essi e con le aree nucleo primarie.<br />
Nasce, quindi, la necessità di individuare dei Corridoi<br />
Ecologici che sono fasce più o meno antropizzate<br />
(ma con residui valori ambientali e quanto meno della<br />
naturalità diffusa, assicurata ad esempio da boschetti<br />
ripariali, cedui, sistemi prativi o agricoli non troppo intensivi<br />
con siepi e alberate) sufficientemente permeabili<br />
da consentire sia il movimento di diverse specie animali<br />
che i processi riproduttivi e di naturale espansione<br />
di tutti gli organismi viventi. Gli assi fluviali e torrentizi,<br />
sempre in linea generale, corrispondono spesso a tali<br />
corridoi. Nella pianificazione ecologica si possono individuare<br />
altre fasce e aree con differente significato, ma<br />
di norma esse interessano contesti periurbani o più fortemente<br />
antropizzati in cui anche elementi puntuali o<br />
ambiti artificializzati possono assumere relativa importanza.<br />
In definitiva lo scopo della Rete sarebbe quello di assicurare,<br />
attraverso una normativa di tipo graduale, possibilità<br />
di sopravvivenza alle specie animali e vegetali,<br />
difendendo il territorio da pressioni (incluse quelle turistiche)<br />
che, come constatiamo, sono ancora molto forti,<br />
sulla spinta dei più svariati interessi. Le risorse naturali<br />
sono limitate e non possiamo permetterci, ulteriormente,<br />
di penalizzarle. In sè, quindi, la Rete Ecologica nasce<br />
come strumento di pianificazione a difesa del territorio.<br />
L’esempio a livello economico e del buon padre di<br />
famiglia rende in modo semplice l’idea. Se noi continuiamo<br />
a consumare il capitale (che sono le risorse naturali,<br />
cioè i boschi, le riserve d’acqua, le torbiere, ecc.), ci<br />
troveremo nell’impossibilità di continuare a godere degli<br />
interessi. In una famiglia che si rispetti, oltre tutto,<br />
è sempre stato il Risparmio a garantire future possibilità<br />
di miglioramento e di investimento, e non il Consumo,<br />
come erroneamente continuano a farci credere! Diciamo<br />
la verità: finora sono stati compiuti apprezzabili<br />
progressi nella fase di studio delle reti ecologiche, ma<br />
a livello di realizzazioni concrete si è ancora ai primordi.<br />
Un concetto importante, derivante da decenni di osservazioni<br />
in natura, e non solo da elaborazioni teoriche,<br />
è che non si dovrebbe essere eccessivamente preoccupati<br />
dai vincoli puntuali, pur necessari, specialmente in<br />
casi in cui non vi siano alternative, perché l’obiettivo dovrebbe<br />
essere quello di garantire la funzionalità degli<br />
ecosistemi. Nei fatti, invece, le norme vengono spesso<br />
superate e disattese con pretesti giuridici. In altri casi,<br />
invece, si applicano burocraticamente delle norme con<br />
interpretazioni che non lasciano margine al buon senso.<br />
Un esempio chiarificatore toglierà ogni dubbio. Il singolo<br />
intervento, ad esempio la messa a coltura di un’area<br />
interessante, oppure lo scavo di un canale di drenaggio,<br />
o la costruzione di una strada, potrebbe risultare<br />
sostenibile rispetto all’equilibrio globale, nel senso che<br />
gli impatti potrebbero essere valutabili come limitati e<br />
recuperabili. Ma se si sommano i diversi interventi, tutti<br />
dello stesso tipo, il risultato sarà l’impoverimento, la banalizzazione,<br />
la riduzione delle risorse naturali residue,<br />
ecc. Di qui la necessità di prevedere, a fronte di nuovi interventi<br />
che intacchino aree a residuo valore naturalistico,<br />
misure di mitigazione (ovvie, ma a volte disattese<br />
nei fatti, nonostante le prescrizioni) e, soprattutto,<br />
di compensazione (ove fossero attuabili: se si consuma<br />
del suolo in un sito, si potrebbe riqualificarne un altro).<br />
Si tratta di un tipo di cultura e di prassi che ancora non<br />
trova concrete applicazioni se non in casi molto isolati.<br />
Per le aree montane della nostra provincia il problema<br />
della rete ecologica appare ancora prematuro, considerati<br />
gli spazi prossimo-naturali ancora prevalenti,<br />
ma nella fascia collinare, e a fondovalle (per non parlare<br />
della pianura in cui la Rete, completamente distrutta,<br />
è da ricostruire in toto) degli interventi si rendono<br />
necessari, anche al fine di evitare la perdita totale. Un<br />
paragone odontoiatrico renderà ancora meglio questo<br />
semplice concetto. È preferibile curare subito e salvare<br />
il dente, pur cariato e ammalato, ove possibile, piuttosto<br />
che essere costretti un domani al suo reimpianto<br />
artificiale.<br />
Ne consegue, e qui le associazioni venatorie possono<br />
svolgere un ruolo molto importante, constatato che<br />
spesso hanno un’ottima conoscenza del territorio, anche<br />
nelle sue articolazioni minime, che sfuggono ai pianificatori<br />
di area vasta ed anche a qualche esperto, che<br />
è necessario vigilare per intuire e interpretare l’evoluzione<br />
e la dinamica delle successioni vegetazionali, prestando<br />
particolare attenzione ai numerosi segnali di<br />
“allarme” e alle stranezze che provengono dal mondo<br />
della natura e degli esseri viventi. Serve umiltà e non<br />
presunzione, riconoscendo i nostri limiti rispetto alla<br />
forza espressa dagli elementi e dai fattori che regolano<br />
e governano i cambiamenti del clima.<br />
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