Non va in ferie la parrocchia - Chiesa Cattolica Italiana

20 giugno 2009 - n. 24 - anno 57° – Poste Italiane s.p.a. - sped. abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n. 46) art.1, comma 1, DCB Reggio E. – Euro 0,78
ANNO SACERDOTALE
L’eterno paradosso
Fedeltà a Dio e fedeltà all’uomo
Alla vigilia dell'inizio dell'Anno Sacerdotale,
il Papa ha tracciato il
profilo del presbitero, richiamando
la descrizione fatta dal card. Emmanuel
Suhard (1874-1949), arcivescovo
di Parigi durante la Seconda Guerra Mondiale.
Il sacerdote è un eterno paradosso,
“ha in sé i contrari. Concilia, a prezzo della
sua vita, la fedeltà a Dio con la fedeltà all'uomo.
Ha l'aria povera e senza forze...
Non ha in mano né i mezzi politici, né le
risorse finanziarie, né la forza delle armi, di
cui altri si servono per conquistare la terra.
La sua forza è di essere disarmato e di potere
ogni cosa in Colui che lo fortifica”.
Descrizione che, secondo il Papa, evoca
così bene la figura del Santo Curato d'Ars,
San Giovanni Maria Vianney, patrono dei
parroci. In onore del quale Benedetto XVI
ha convocato l'Anno Sacerdotale perché si
celebrano i 150 anni della sua morte. Il Papa
ha anche auspicato che le parole del
card. Suhard possano “risuonare come una
chiamata vocazionale per molti giovani cristiani
di Francia che desiderano una vita
utile e feconda per servire l'amore di Dio”.
Se il sacerdote si percepisce come paradosso,
necessariamente ricorre alla preghiera
per trovare la sua forza. Eppure, talvolta,
questo momento decisivo è vissuto
con stanchezza. Durante l’omelia del “Corpus
Domini” (11 giugno 2009) il Papa ha
messo in guardia dal “rischio di una secolarizzazione
strisciante anche all’interno
della Chiesa, che può tradursi in un culto
eucaristico formale e vuoto, in celebrazioni
prive di quella partecipazione del cuore
che si esprime in venerazione e rispetto per
la liturgia. È sempre forte la tentazione di ridurre
la preghiera a momenti superficiali e
frettolosi, lasciandosi sopraffare dalle attività
e dalle preoccupazioni terrene”. La
preghiera vissuta in questo modo, quasi per
abitudine, non produce nulla.
Invece, una partecipazione generosa ai
misteri che si celebrano trasforma l’esistenza
sacerdotale, donandole la forma
del culto. L’Eucaristia degnamente celebrata
conduce ad un culto spirituale, che
è sacrificio di lode per la salvezza del
mondo. Inoltre, solo dall’unione con Gesù
il sacerdote può trarre quella fecondità
spirituale che è generatrice di speranza nel
ministero pastorale.
Ricorda San Leone Magno che “la nostra
partecipazione al corpo e al sangue di Cristo
non tende a nient’altro che a diventare
ciò che riceviamo”. Ha commentato
Benedetto XVI: “Se questo è vero per ogni
cristiano, lo è a maggior ragione per noi
sacerdoti. Divenire Eucaristia! Sia proprio
questo il nostro costante desiderio e impegno,
perché all’offerta del corpo e del
sangue del Signore che facciamo sull’altare,
si accompagni il sacrificio della nostra
esistenza”. Ogni giorno, i sacerdoti attingono
dal Corpo e Sangue del Signore
quell’amore libero e puro che li rende degni
ministri del Cristo e testimoni della sua
gioia. È ciò che i fedeli attendono da loro.
Marco Doldi
Campi, Grest, soggiorni...
Non va in ferie
la parrocchia
C
ampi estivi, Grest, campi scuola, oratori,
Cres, centri ricreativi...: arriva l’estate, ma
non vanno in ferie le parrocchie, specialmente
quando si tratta di stare accanto ai ragazzi
e ai giovani. Le iniziative non coinvolgono solo
migliaia di bambini e ragazzi, ma attivano
tantissimi giovani e adolescenti nei vari compiti
di animazione ed educazione umana e cristiana.
La foto ritrae la festa di apertura dei diversi Cres
(Campi ricreativi estivi) delle parrocchie e unità
Lutto
Si è spento
il 16 giugno
Camillo Rossi,
figura fra le più
eminenti del
laicato cattolico
reggiano
pag. 3
pag. 5
Caritas
Venerdì 26
giugno, ore 21,
Oratorio
di Santa Croce:
istruzioni sul
fondo “FAMIGLIA
E LAVORO”
pastorali di Guastalla, riuniti nella piazza della
Cattedrale. Non solo nel territorio guastallese,
dove i Cres sono una consolidata tradizione,
ma in tutta la nostra diocesi si moltiplicano
queste iniziative per bambini e ragazzi.
Lungo tutta l’estate, poi, sono numerose le attività
(campi, soggiorni, sagre...) che coinvolgono
giovani, famiglie e anziani, sia nelle parrocchie
che nelle varie località, consentendo intense
esperienze di preghiera, cultura e svago.
Festincontro
Seconda parte del
Festincontro Ac
da venerdì 19
a domenica 21.
Grande successo
nelle serate della
prima parte
pag. 9
Carlo
Castagna
Davide
Rondoni

2
20 giugno 2009
BREVI DIOCESANE
S. Ilario, domenica 21 giugno: S. Messa nel
1° anniversario della morte di mons. Giuseppe Mora
A un anno esatto
dalla morte,
avvenuta il 21
giugno 2008,
mons. Giuseppe
Mora sarà ricordato
a Sant’Ilario
d’Enza con una
S. Messa, domenica
21 giugno,
alle 8.30 del mattino,
presieduta
da mons. Franco
Ruffini.
Nella foto: Basilica
di San Prospero,
il Vescovo Adriano saluta mons. Mora al termine
della Messa Crismale del Giovedì Santo dello scorso
anno (20 marzo 2008), tre mesi prima della sua morte.
Cresime in Cattedrale
Domenica 21 giugno, nella S. Messa delle 18 in
Cattedrale, presieduta da mons. Francesco Marmiroli,
verrà conferita la Cresima a giovani e adulti che devono
completare l’Iniziazione cristiana. I cresimandi devono
presentarsi in Duomo alle 17.30 e devono essere già
iscritti dai propri parroci entro venerdì 19 giugno.
In luglio e agosto non saranno celebrate le Cresime in
Cattedrale: si riprenderà a settembre.
Il Vescovo celebra il 50° di ordinazione sacerdotale
Ricorrono date importanti, per il Vescovo Adriano, in
questi giorni: domenica 28 giugno sarà, infatti, il 50°
anniversario della sua ordinazione sacerdotale, che
egli ricevette, con altri 39 giovani compagni di ordinazione,
dalle mani dell'allora card. Giovan Battista
Montini, Arcivescovo di Milano (poi Paolo VI), il 28 giugno
1959 nel Duomo di Milano. Il giorno dopo, 29 giugno,
festa dei Santi Pietro e Paolo, celebrò la sua prima
Messa solenne a Solbiate Olona, la sua parrocchia di
origine.
Non va inoltre dimenticato che sabato 27 giugno ricorre
l'11° anniversario della sua nomina a Vescovo di
Reggio Emilia - Guastalla (fu comunicata appunto alle
12 del 27 giugno 1998; sarebbe stato poi ordinato
Vescovo il 12 settembre dello stesso anno).
Pellegrinaggio paolino a Roma: sono cambiati
programma (due giorni: 27-28 giugno) e quota
È cambiato il programma (due giorni anziché tre) del
Pellegrinaggio paolino a Roma per il 50° di sacerdozio
del Vescovo Adriano (partenza sabato 27, ore 5.00, da
Reggio, piazzale Cecati; ritorno domenica 28, in tarda
serata). Quota: 115 euro a testa (viaggio e pensione);
supplemento camera singola 32 euro.
Iscrizioni: ufficio Ac, tel. 0522.437773 (caparra 50 euro).
Suffragio della cuoca della Mensa del Povero
Giovedì 2 luglio alle 10.30 in Cattedrale: Messa presieduta
dal Vescovo a suffragio di Anna Miele, cuoca della
Mensa del Povero, scomparsa il 18 maggio scorso.
Festa delle comunità religiose dell’India
Venerdì 3 luglio, festa di san Tommaso apostolo, evangelizzatore
e patrono dell’India, alle 18.30 in Vescovado,
celebrazione eucaristica presieduta dal Vescovo per le
comunità religiose provenienti dall’India.
Incontri in vista del nuovo anno pastorale
• Martedì 30 giugno alle 16, in Vescovado: 2 a riunione di
programmazione con i direttori degli Uffici pastorali.
• Mercoledì 1° luglio alle 9.30, a Villa Minozzo: incontro
di programmazione con i Vicari foranei.
• Giovedì 2 luglio alle 18, in Vescovado: Incontro della
Commissione diocesana di Impegno politico e sociale.
N
on fa mai parlare di sé don
Pietro Pattacini nei media
diocesani. 68 anni, prete da
42, nel breve curriculo scritto nell'annuario
dei preti si legge soltanto
che, giovane prete, è stato collaboratore
prima al Preziosissimo Sangue
per due anni, poi per nove a Ospizio
e che da 31 anni è parroco a Pecorile
(Casola Canossa). Si poteva aggiungere
che ha studiato sociologia all'università
di Trento, e tale materia insegna
tuttora in seminario a Reggio
fin dal sorgere del Triennio Teologico
Teologico Pastorale per laici, diventato
poi Istituto di Scienze Religiose.
Ora don Pietro sta per pubblicare
una sua ricerca sulla presenza dei
cutresi a Reggio, e quindi sulla loro
integrazione nel passaggio da una
generazione all'altra.
Nonostante la sua risoluta riluttan-
za una notizia non la si può nascondere.
Per raggiunti limiti di età
sta per lasciare l'Istituto Secchi per
ragionieri dopo 35 anni di insegnamento
della Religione a orario pieno,
quindi ogni anno 18 classi, che gli
hanno fatto incontrare migliaia di
ragazzi. È nota la sua capacità di
contatto immediato con giovani e
adulti in ambiti di vita non propriamente
ecclesiali, come appunto la
scuola.
P
urtroppo è diventata così rara
la presenza di preti in questo
ambito fondamentale, da
far diventare notizia una presenza
prolungata e incisiva. Incisiva per il
Vita diocesana
CONSIGLIO PASTORALE DIOCESANO
Il discernimento cristiano in campo culturale e socio-politico
Centri culturali cattolici: radicati nel Vangelo,
per rispondere alle diffuse domande di senso
Foto grande: i membri del Consiglio pastorale diocesano, riuniti all'Oratorio Don Bosco martedì
16 giugno, durante la preghiera iniziale. Nel riquadro: al tavolo, da sinistra, la professoressa
Virginia Scardova, segretaria del Consiglio, il Vescovo Adriano e l'Ausiliare Lorenzo.
C
i eravamo lasciati al
termine dello scorso
incontro del Consiglio
pastorale diocesano con
una sfida: proporci come
Diocesi un cammino che ci
faccia crescere verso la maturazione
di un discernimento
cristiano nei diversi ambiti
della cultura e in particolare
in quello socio-politico, sicuramente
uno dei più delicati,
e appunto su questo iter si è
svolto l’incontro del 16 giugno
scorso.
"Purché Cristo
venga annunziato..."
La lectio divina su un
brano della Lettera ai
Filippesi (1,12-20), tenuta
dalla prof. Lavia Di Sabatino,
sottolinea alcune
espressioni di Paolo che sembrano
giungerci quasi a incoraggiamento
ed esortazione
in questo nostro lavoro: nel
dirci la sua esperienza Paolo
ci ricorda che il centro del
suo operare, quel Cristo per il
quale lui è in catene, deve essere
anche il perno su cui far
ruotare la nostra vita, la nostra
riflessione, ogni nostro
sforzo ed è appunto dal cogliere
questa centralità che i
fratelli acquistano coraggio.
Non nega che qualcuno possa
talora operare lasciandosi
muovere da spirito di invidia
o di contesa (una vecchia
subdola storia per l’uomo di
sempre!), ma l’amore di coloro
che agiscono nel nome del
Signore si rende veicolo di
salvezza comune. Per questo,
“purché in ogni maniera, per
ipocrisia o per sincerità, Cristo
venga annunziato, io me
ne rallegro e continuerò a rallegrarmene”
(Fil 1,18).
Centri culturali: esperienze
diverse, stessa finalità
Segue poi la testimonianza
di alcune figure,
espressione di realtà
già operanti sul nostro territorio
o come centri culturali
veri e propri o come associazioni
ecclesiali o come laboratori
vicariali o ancora come
gruppi con attività specifiche.
Emergono dalla loro presentazione
elementi significativi:
innanzitutto il punto di
partenza che le ha fatte muovere
è stato diverso a seconda
dei casi: talora l’iniziativa è
stata sollecitata da sacerdoti,
talaltra è partita per volontà
di laici, ma sempre gli uni e
gli altri hanno trovato terreno
per un lavoro condiviso e
appassionato.
Altro aspetto comune è quello
della motivazione che ha
fatto nascere le diverse realtà,
ovvero una necessità letta sul
territorio non solo ed eclusivamente
in ambito ecclesiale,
ma spesso proprio come
partecipazione viva e appassionata
della Chiesa locale alla
vita dell’umanità in quella
porzione di territorio. Gli am-
biti di questa partecipazione
si diversificano e vanno da
quello politico, evidenziatosi
dal disorientamento emerso
a seguito della scomparsa del
partito di ispirazione cristiana,
a quello sociale, artistico,
morale, lasciando ben cogliere
come il fare cultura abbracci
ogni aspetto del vivere.
Partire dalla Dottrina
sociale della Chiesa
Mettersi in un atteggiamento
di ascolto
nella consapevolezza
di avere molto da imparare
è una dimensione sottolineata
con forza, così come il
desiderio di partire dalla Dottrina
sociale della Chiesa per
fondare il discorso antropo-
La Chiesa collabora al bene comune,
col compito di rendere presente Cristo
in ogni coscienza,ispirandosi alla
Dottrina sociale della Chiesa,che
non è sociologia o politica ma è storia,
vita,studio,preghiera del popolo di Dio
logico e la lettura del reale e
per diffondere la conoscenza
della Dottrina sociale stessa.
Non manca l’evidenziazione
di alcune difficoltà derivate
dal fatto che spesso le idee
intimoriscono e di primo acchito
possono inasprire la
reazione di chi le riceve ma
poi col tempo e la disponibilità
al dialogo fanno maturare
riflessioni e posizioni comuni.
Il dibattito sollecitato da alcune
domande dei presenti
porta ad approfondire alcuni
Dopo 35 anni don Pietro Pattacini lascia l’insegnamento della Religione all’Istituto “Secchi”.
Ha portato centinaia di ragazzi a servire i poveri alla Mensa del Vescovo
DON PIETRO, QUASI UNA VITA FRA GLI STUDENTI
don Pietro Pattacini
dialogo con studenti e colleghi. E per
la capacità di interloquire su problemi
giovanili e di società, oltre che di
fede cristiana. È riuscito a coinvolgere
per anni gruppi di suoi studenti a
servire alla Mensa del Vescovo, dove
lui per primo si impegna nel servizio.
Si vorrebbe porgli qualche domanda
sulla mutata sensibilità dei giovani
nel corso di decenni, in particolare
sul loro approccio alla fede cristiana
e sulla disponibilità ad un dialogo, a
una riflessione, sul senso della vita e
sugli stili di vita e i "riti", a cui molti
sembrano omologarsi senza alcuna
capacità critica. Per ora è riluttante a
rispondere.
Solo una cosa non riesce a nasconde-
aspetti: la difficoltà di cogliere
la ricaduta dell’operato dei
centri culturali, la necessità
di coinvolgere e appassionare
il maggior numero di persone,
il dovere di informarsi
senza eludere temi scottanti
e di formare una coscienza
cristiana che incida sulle
scelte di vita quotidiane.
La proposta di una
settimana sociale reggiana
La conclusione del Vescovo
Adriano si muove
su quattro punti:
soggetti, finalità, destinatari
e modalità del progetto che
stiamo costruendo.
È importante il ruolo della
Chiesa, che non si sostituisce
alle autorità laiche ma collabora
dall’interno della società
al bene dell’umanità e ha
il compito altissimo di rendere
presente Cristo in ogni coscienza
(cultura e culto sono
atti dovuti verso tutti). Nell’operare
questo si ispira alla
Dottrina sociale della Chiesa,
che non è sociologia o politica
ma è storia, vita, studio,
preghiera del popolo di Dio.
Bisogna arrivare alle comunità
che sono sul territorio, sollecitarle,
risvegliare la loro
passione (giovani compresi!)
possibilmente attraverso figure
intermedie, soggetti
culturali fortemente attivi. A
livello di modalità il Vescovo
suggerisce che si possa
giungere ad una settimana
sociale reggiana, condivisa
da tutte le realtà operanti in
Diocesi.
La seduta si chiude dunque
con un impegno
per tutti a portare le riflessioni
nei singoli vicariati
e nelle parrocchie e viene
spontaneo citare le parole di
Papa Bendetto XVI che toccano
nel vivo le nostre riflessioni:
“È decisiva la fondamentale
comunione di volontà
con Dio donata per mezzo di
Gesù. A partire da essa gli uomini
e i popoli sono ora liberi
di riconoscere che cosa, nell'ordinamento
politico e sociale,
corrisponda a questa
comunione di volontà, per
dare poi essi stessi forma agli
ordinamenti giuridici… Gli
ordinamenti politici e sociali
concreti… vengono affidati
alla libertà dell'uomo che, attraverso
Gesù, è radicato nella
volontà del Padre e, partendo
da Lui, impara a discernere
il giusto e il bene”
(Bendetto XVI, Gesù di Nazareth).
Virginia Scardova
re: il timore, il cruccio, per l'eventualità
che il prossimo 1° settembre all'Istituto
Secchi non sia un prete a succedergli.
Certo, non mancano laici
preparati, ma per i ragazzi il prete resta
una figura particolare di riferimento.
Intanto alla Mensa del Vescovo
tutti auspicano che non venga a
mancare la sua preziosa collaborazione
sia per la cucina, che per coordinare
i ragazzi che prestano il servizio.
In seminario la sua abituale
presenza a pranzo è molto desiderata
anche perché vivacizza la tavola
spesso su temi di scottante attualità.
Se non fosse un suggerimento impertinente,
verrebbe da aggiungere: ora è
possibile qualche riguardo in più per
la salute.
e. l.

LUTTO NEL
MONDO CATTOLICO
Primo Piano 20 giugno 2009 3
Èmorto, nelle prime ore di martedì 16 giugno, il Comm.Camillo Rossi, presidente per 15 anni
dell'Azione Cattolica diocesana, a lungo consigliere comunale per la Democrazia Cristiana
Servo fedele della Chiesa e della città
I funerali sono stati il 18 giugno in Ghiara,della cui Fabbriceria era presidente
Si è spento, nella notte
tra lunedì 15 e martedì
16 giugno, dopo una
lunga malattia, all’età di 87
anni, il Comm. Camillo Rossi,
presidente dal 1978 della
Fabbriceria Laica del Tempio
della Beata Vergine della
Ghiara. Durante questo suo
lungo mandato ha dato vita
ad un’intensa opera di recupero
e valorizzazione della
basilica e del complesso monumentale
della Ghiara, culminata
nei grandi restauri in
occasione del IV Centenario
(1996). Inoltre ha promosso
la ripresa della tradizionale
Sagra della Giarèda, promuovendo
sempre un ricchissimo
programma di iniziative.
Nato a Reggio Emilia il
7 giugno 1922, Camillo
Rossi ha vissuto
l’infanzia e la giovinezza nella
parrocchia dei Santi Giacomo
e Filippo, per cui si è sempre
sentito parte del “popol
giost”. Si era diplomato ragioniere
all’Istituto Secchi. Dal
1945 al 1978 era stato Segretario
economo dell'Istituto
professionale statale “G. B.
Sidoli” di Reggio Emilia.
L’impegno in campo ecclesiale,
civile, e scolastico sono
stati gli ambiti in cui Camillo
Rossi ha profuso le sue energie
e il suo servizio.
È stato consigliere comunale
del Partito della Democrazia
Cristiana dal 1951 al 1980 e
capogruppo dal 1960 al 1980,
in Sala del Tricolore, dove è
stato eletto sempre con un altissimo
numero di preferenze
e dove ha esercitato l’opposizione
in modo equilibrato e
costruttivo, ottenendo sempre
la stima e il rispetto di
tutti.
L’
Azione Cattolica è
stato certamente il
grande “amore” di
Camillo Rossi. Ha ricoperto
l’incarico di presidente dio-
Foto 1: Camillo Rossi al microfono durante una delle assemblee annuali dell'Azione Cattolica, che si tenevano in Seminario il 4 novembre
di ogni anno (da sinistra: don Camillo Ruini, Camillo Rossi, un membro della presidenza nazionale Ac, il vescovo Beniamino Socche e
mons. Alistico Riccò. Foto 2: all'inaugurazione di una delle prime edizioni della Giarèda (alle sue spalle si intravede il vescovo Gilberto
Baroni). Foto 3: con la moglie Luciana, scomparsa il 1° novembre 2003. Foto 4: con don Sergio Pignedoli (1951). Foto 5: col Papa Giovanni
Paolo II nel chiostro della Ghiara, a Reggio, durante l’incontro coi rappresentanti del mondo economico reggiano (6 giugno 1988).
cesano dell'Azione Cattolica
dal 1951 al 1966; dell’associazione
è stato delegato regionale
e Consigliere nazionale.
I convegni settembrini della
montagna e l’annuale assemblea
dirigenti del 4 novembre
rappresentavano per lui momenti
di particolare rilievo
nella vita dell’Associazione.
L’attività di propaganda, gli
incontri nelle parrocchie an-
che più lontane, le colonie
estive elioterapiche, le “Peregrinatio
Mariae” lo hanno
sempre visto impegnato con
tanti amici dell’Azione Cattolica,
tra cui Luciana, che poi
divenne la moglie.
Iscritto dal 1° marzo 1951
all'ordine dei Giornalisti
di Bologna quale pubblicista;
ha ricevuto la medaglia
1
3
2 4
5
d'oro dell'Ordine per 40 di
iscrizione. Era stato tra i fondatori
del settimanale diocesano
“La Libertà”, a cui non
ha mai fatto mancare i suoi
articoli; ha collaborato con la
redazione reggiana del quotidiano
cattolico “L’Avvenire
d’Italia”. “Reggio Storia”, “Il
Pescatore Reggiano”, “La
strenna degli Artigianelli”
hanno pubblicato numerosi
suoi contributi su personaggi
– laici e sacerdoti – del mondo
cattolico e su momenti
della nostra storia. Era presidente
onorario dell'Associazione
Provinciale Stampa
Reggiana.
È
stato insignito delle
onorificenze di Commendatore
al merito
della Repubblica Italiana, di
Commendatore dell'Ordine
di San Silvestro Papa, di Cavaliere
dell'ordine di San Gregorio
Magno, e della Croce
“pro Eccelsia et Pontifice”.
Era socio corrispondente della
sezione di Reggio Emilia
della Deputazione di storia
patria per le antiche province
modenesi e aveva promosso
l’annuale seduta di studio in
Ghiara.
Il vescovo Gilberto Baroni lo
volle presidente del Comitato
organizzatore del Pellegrinaggio
diocesano sinodale a
Roma nel 1981 e presidente
del Comitato diocesano organizzatore
della visita pastorale
di Giovanni Paolo II
alla Chiesa di Reggio Emilia -
Guastalla, del 5-6 giugno
1988.
La presenza dei genitori
nella scuola è stato un
settore in cui Camillo
Rossi si è particolarmente
impegnato.
È stato consigliere nazionale
dell'Associazione Genitori
(A.Ge); componente del Consiglio
scolastico provinciale
di Reggio Emilia; presidente
del Comitato scuola-famiglia
della Scuola media “Fermi” e
presidente del Consiglio di
Istituto del Liceo Scientifico
“Spallanzani” di Reggio Emilia.
Nel 1946 fondò e fu il primo
presidente della sezione di
Reggio Emilia dell’Unione
Cattolica Italiana Insegnanti
Medi (Uciim).
È stato fondatore dell’Ucid
(Unione Cattolica Imprenditori
Dirigenti) e cofondatore
dell’Associazione Insigniti
Onorificenze Pontificie e Ordini
Cavallereschi della Santa
Sede.
Lascia i figli Giuseppe
Adriano, Paolo, Roberto,
don Giovanni, Mariagabriella,
Gabriele, oltre
alle nuore, al genero e a tredici
nipoti.
Lo stile del servizio alla Chiesa di Camillo Rossi, storico presidente dell’Azione Cattolica
SEMPRE IN PIENA COMUNIONE CON LA CHIESA E CON I SUOI PASTORI
R
icordare Camillo Rossi vuol
dire innanzitutto ricordare
un’epoca, quella del dopoguerra,
l’epoca delle forti contrapposizioni
e delle grandi lotte ideali,
nella quale ci si sforzava di impostare
la vita individuale e sociale
su una scala precisa di valori.
Erano gli anni in cui prendere posizione
come cristiani richiedeva
una forte dose di coraggio; erano
anni nei quali le difficoltà stesse,
invece di deprimere la comunità
cristiana, la resero più compatta,
generosa ed energica. Così nella nostra
Chiesa, accanto alla dimensione
religiosa ed ideale, ci fu anche
una dimensione concreta e quotidiana,
che la vide presente nella vita
di tutti i giorni e comportò un
grande sforzo organizzativo in tutti
i campi, affinché, ovunque i laici
vivessero, riuscissero a portare il
Vangelo.
Di questo secondo volto della Chiesa
Camillo Rossi fu un protagonista
ed oggi è quasi un simbolo. Fu
presidente dell’Azione Cattolica
quando questa coordinava e quasi
riassumeva in sé tutta la vita dell’associazionismo
cattolico. Anche
successivamente la Gerarchia poté
A sinistra: Camillo Rossi in uno dei suoi innumerevoli interventi pubblici. Al centro: il saluto a mons. Mora, col quale
Camillo fu in stretti rapporti di amicizia e di collaborazione. A destra: un tipico atteggiamento durante un incontro.
sempre contare su di lui, poiché egli
rispondeva sempre con generosità
sia che l’incarico fosse importante,
sia che fosse oscuro o gravoso. Tutti
coloro che hanno collaborato con
lui possono testimoniare che egli
metteva incondizionatamente a
disposizione della Chiesa non solo
le sue doti di organizzatore infati-
cabile, ma anche la sua fede, una
fede forte e vissuta, che vedeva bene
i legami tra Cristo e la sua Chiesa e
serviva Cristo anche negli aspetti
materiali del quotidiano.
C
erte distinzioni che i laici
associati fecero in seguito -
quali:“Obbediamo sì, ma in
piedi, non in ginocchio” - lo avrebbero
lasciato per lo meno incredulo
e smarrito. Per lui obbedire era
vivere le situazioni in comunione
con la Gerarchia e farsi strumento
per il cammino della Chiesa. Così
egli ha avuto una funzione molto
importante per l’unità della nostra
comunità cristiana, o forse meglio:
per la vita unitaria del nostro popolo;
egli infatti riceveva autorevolezza
dal suo rapporto con la Gerarchia
e riusciva a dare un indirizzo
unitario al lavoro dei laici.
Un ricordo di Camillo quindi deve
essere diverso dalle consuete commemorazioni
dei defunti: egli ha
avuto un posto importante nella
vita della Chiesa di Reggio e da oggi
ha un posto preciso nella sua storia.
Anch’io, che gli sono subentrata
quale presidente di Azione Cattolica
in tempi molto diversi, di fronte
alle difficoltà del dopo-Concilio e
del dopo-Sessantotto ho riscoperto
la validità delle sue scelte di fondo
ed oggi a maggior ragione devo dirgli
grazie a nome di tutti.
E
gli si è addormentato per
quel sonno che ha termine
in Dio: da oggi lo avremo
ancora accanto nell’Eucaristia, nella
comunione dei Santi: certamente,
senza che ce ne accorgiamo, continua
a organizzare qualcosa per
questi suoi reggiani attivi e testardi,
generosi e brontoloni.
Paola Mescoli Davoli

4
CASINA
20 giugno 2009
I «BILANCI DI GIUSTIZIA»
PRESENTATI ALL’INCONTRO
DI SABATO 13 GIUGNO
Un meeting missionario
diocesano a due
facce, quello realizzato
sabato 13 giugno nell’accogliente
parrocchia di don
Luciano Iori, a Casina: a tinte
più giovanili la mattinata,
con una cinquantina di partecipanti
ai prossimi campi
estivi in alcuni paesi dell’Africa
e dell’America Latina, in
India e in Europa (Albania,
Kosovo).
Il "vademecum"
dei campi missionari
Ci si aspettava, a dire il
vero, una maggiore
partecipazione, ma
molti giovani erano ancora
impegnati con la scuola e con
i rispettivi gruppi e parrocchie.
I presenti sono stati portati a
riflettere e a confrontarsi sulle
motivazioni, sullo spirito,
sullo stile, sulle responsabilità
di un campo all’estero,
lontano dalle condizioni di
vita abituali, vicino ai nostri
missionari, in mezzo a popolazioni
e comunità molto diverse
dalle nostre per cultura,
religiosità, tenore di vita,
lingua e tradizioni.
È stato loro consegnato, tra
l’altro, il vademecum del
campista responsabile e solidale,
una specie di “credo”
che tutti hanno fatto proprio
durante la Messa, presieduta
da padre Alex, missionario
della Consolata, guida esperta
e “inculturata” già di vari
campi estivi.
Dopo l’ottimo pranzo, preparato
e generosamente offerto
dal gruppo missionario
di Casina, tutti hanno
beneficiato della lunga
pausa per rilassarsi e per
fruttuosi scambi interpersonali,
per consultare libri
e riviste o per seguire la
proiezione di un dvd specifico
sull’animazione missionaria.
Un'«altra card»
per le famiglie
Verso le 16 è iniziata la
seconda parte del
meeting, con l’arrivo
di un bel numero di famiglie
interessate al tema dei “Bilanci
di giustizia”.
L’ha presentato don Gianni
Fazzini, parroco responsabile
della pastorale sociale nella
diocesi di Venezia, ex prete
operaio, testimone appassionato
e avvincente dell’impegno
di un migliaio di famiglie
italiane, tra cui alcune reggiane,
unite in rete dalla consapevolezza
che l’attuale benessere
è ingannevole, ingiusto,
insostenibile: pregiudica
l’ecosistema ambientale, la
giustizia sociale e il futuro
delle prossime generazioni. Il
loro impegno dimostra già
nel micro della vita quotidiana
familiare che la strada è
quella giusta ed è percorribile.
Promossa e sostenuta dal
movimento “Beati costruttori
di pace”, l’operazione bilanci
di giustizia ha presen-
Chiesa e Missione
Quasi un decalogo per nuovi stili di vita
Notizie dal meeting missionario diocesano: "Batti la crisi col cervello!"
Foto 1: al tavolo del meeting missionario, don Gianni Fazzini fra Andrea Bonati ed Elisabetta Angelucci, entrambi del Centro
Missionario Diocesano. Foto 2: don Gianni Fazzini. Foto 3 e 4: alcuni dei partecipanti al meeting, soprattutto giovani e famiglie.
UN CREDO - VADEMECUM PER VACANZE RESPONSABILI E SOLIDALI
Credo che la mia vita sia un dono di Dio,
come la fede, la pace, la verità.
Credo che ogni dono sia un impegno
per la mia libertà:
a riceverlo, a custodirlo, a metterlo a frutto.
Credo che il tempo, anche quello delle vacanze,
sia prezioso per il corpo e per lo spirito.
Mi impegno a vivere con particolare cura
questo tempo, in missione:
è breve, ma può essere unico, decisivo.
Parto per conoscere un paese,
una cultura e delle persone,
ma anche per conoscere me stesso/a.
E anche gli altri impareranno a conoscermi:
dagli atteggiamenti, più che dalle parole,
tato una social card alternativa,
che permette di spendere
meno, di migliorare la qualità
della vita, di rispettare
l’ambiente e di produrre giustizia
e solidarietà.
Seguendo le proposte di questa
ALTRACARD, una famiglia
di quattro persone può risparmiare
al mese dai 120 ai
500 euro.
Tutto dipende dalla disciplina,
cioè dalla fedeltà con cui
la famiglia rispetta i propri
impegni, mettendosi in rete
attiva con altre famiglie e abituandosi
gradualmente ad
uno stile di vita libero dalle
sirene della propaganda mediatica
e consumistica, uno
stile di vita consapevole e responsabile.
7 regole per le famiglie:
meno spese e più relazioni
Camminare insieme e
stare uniti, in rete, per
condividere l’impegno,
le idee, le difficoltà, i
successi, è garanzia di tenuta
e di crescita. “In sostanza – ha
sottolineato don Gianni con
la Bibbia in mano- si tratta di
fare lo stesso cammino di liberazione
degli israeliti du-
rante l’Esodo…”.
Alcuni esempi di proposte alternative:
• registrare e valutare le spese
mensili in famiglia provoca
una maggiore attenzione e
una immediata riduzione degli
acquisti;
Promossa da “Beati costruttori di pace”,
l’operazione “Bilanci di giustizia” presenta una
social card alternativa, che fa spendere meno,
migliora la qualità della vita, fa rispettare
l’ambiente e produce giustizia e solidarietà
dal modo di stare con loro,
più che dalle cose che farò per loro.
Non partirò da solo/a, ma con altri:
condividerò le scoperte, le fatiche, le paure.
Cercherò di essere utile, positivo/a, disponibile.
Cercherò di ascoltare, di riflettere, di dialogare,
custodendo le emozioni piacevoli
come quelle pesanti.
Eviterò lamentele, polemiche, provocazioni.
Veglierò su me stesso/a e sul mio gruppo,
perché nessuno ceda alla stanchezza,
all’egoismo, alla frustrazione.
Pregherò perché questa esperienza mi aiuti
a capire chi sono, e a scoprire,
in profondità, che cosa Dio vuole da me.
• preparare un pasto di legumi
alla settimana, eliminando
la carne, fa risparmiare
6,44 euro mensili pro-capite
e 6 kg di CO2 all’ambiente;
• fare colazione a casa, evitando
il bar, fa risparmiare 50
euro mensili a testa, 6,77 kg
di CO2 all’ambiente e fa iniziare
la giornata con un momento
di calma in famiglia;
• usare i mezzi pubblici in città
al posto della macchina fa
risparmiare 48 euro mensili a
persona, oltre a ridurre l’inquinamento;
• andare al lavoro, se possibile,
in bicicletta, comporta un
grosso evidente risparmio
economico ed ecologico
(meno 4,8 kg di CO2 nell’ambiente)
e fa ritrovare il contatto
con la natura;
• tenere la temperatura a
19°C (anziché a 20 e oltre), fa
risparmiare 7 euro pro-capite
al mese, riduce del 7% le
emissioni annuali di gas nell’ambiente
e mantiene un clima
salubre per l’organismo;
• creare e usare scambi di
ospitalità tra famiglie amiche,
anziché andare in albergo
nei week-end, fa risparmiare
50 euro mensili procapite,
oltre a favorire conoscenza
e relazioni sociali.
Sono solo alcune delle 20
scelte fatte da un migliaio di
famiglie italiane, rilanciate da
don Fazzini e confermate dal
diacono Pietro, della Diocesi
di Parma.
Scelte "eco-risparmiose"
Altre proposte sono
emerse dallo scambio
con e tra i presenti:
dall’uso di riduttori del flusso
d’acqua dei rubinetti alla
moderazione abituale della
velocità in macchina, dalla riduzione
della quantità di detersivi
rispetto alle misure indicate
dalle case produttrici
all’uso di prodotti biologici
ed equo solidali, dall’utilizzo
di borse di stoffa per la spesa
al posto dei sacchetti di plastica,
vero flagello dell’ambiente,
alla scelta abituale
dell’acqua del rubinetto al
posto di quella minerale…
Altre scelte, soprattutto quelle
di natura più strutturale e
politica, legate al territorio,
sono state solo sfiorate. Certo,
alcune domande restano
senza risposta, alcune risposte
possono suscitare obiezioni
e perplessità… Quanto
emerso durante il pomeriggio
del meeting all’insegna
del “Batti la crisi con il cervello”,
ha indotto comunque a
riflettere, a discutere, a confrontarsi,
ad impegnare lo
spirito conoscitivo, creativo e
inventivo, sia personale che
familiare.
Verso il meeting
missionario regionale
Per ulteriori informazioni
e per richieste di
materiale rivolgersi al
Centro Missionario Diocesano
o consultare il sito internet
www.bilancidigiustizia.it.
Gli interventi nelle scuole e
nelle parrocchie del Granello
di Senape, unitamente alla
preparazione del prossimo
Meeting missionario dell’Emilia
Romagna “Diversamente
Vivere” (il 27 settembre
a Cortemaggiore, PC), sono
il segno della comune volontà
di continuare il cammino,
intensificando e condividendo
l’impegno. Così la
consapevolezza e la responsabilità
saranno un fermento
nella scuola, nelle parrocchie,
nella società.
Per terminare, sono aperte al
Cmd le iscrizioni per il meeting
regionale di cui sopra:
anziché andare ognuno per
conto proprio, con la propria
macchina, vorremmo organizzarci
per un trasporto comunitario
e dunque per una
impronta ecologica più leggera
possibile.
don Emanuele Benatti

CARITAS
Dal 1° luglio si potranno compilare le domande per il Fondo diocesano "Famiglia e Lavoro"
La crisi è entrata nella fase più dura
Colpite soprattutto le famiglie.È anche questione di nuovi stili di vita
Ormai ci siamo abituati.
Purtroppo, ci siamo
abituati! A cosa? A ritenere
realtà e verità quanto
ci viene detto dai grandi mezzi
di comunicazione di massa,
in particolare dalle tv. In
un periodo pre-elettorale che
ha visto campagne denigratorie
piuttosto che propositive
(anche su questi temi importanti)
e durante questi ultimi
giorni, dove si sentono e
vengono perpetrate sempre
di più grandi ingiustizie che
gridano vendetta - come la
campagna acquisti dei giocatori
di calcio (pensate che i 90
milioni di euro spesi dal Real
Madrid per acquistare Cristiano
Ronaldo potrebbero
servire a soddisfare bisogni
immediati di circa 15.000 famiglie
colpite dalla crisi economica!)
-, sembra che il problema
della crisi economicofinanziaria
che sta colpendo
il mondo e l’Italia sia sparito,
anzi, risolto.
Qualcuno grida che, in fondo,
sono poche le famiglie veramente
in difficoltà (fosse anche
solo una, non vorremmo
mai fosse la nostra, vero?).
Proclami di buona parte dei
politici dicono che la ripresa
economica e industriale è già
cominciata. Oppure, ci si riempie
la bocca dicendo che
già molto è stato fatto (documentatevi
su quanto fallimentare
sia stata l’idea e la
concretizzazione della social
card).
Ebbene no, la crisi economica
non è assolutamente
finita, e le famiglie
che vivono in situazioni
drammatiche a causa della
perdita del lavoro sono in
continuo aumento, e la disoccupazione
crescerà ancora
e alcune aziende hanno
finito gli ammortizzatori sociali,
e… si potrebbe continuare
su altre questioni altrettanto
preoccupanti.
Queste cose non le dico perché
ritengo di avere la verità
in tasca o per spaventare ulteriormente
il nostro “quieto
vivere”, ma perché è la quotidianità
del lavoro sul territorio
(nella Caritas diocesana,
nelle Caritas parrocchiali,
nelle parrocchie) che ce lo dice
e ce lo conferma.
L’Istat è tornata a misurare la
povertà assoluta (l’ultimo
rapporto è disponibile sul sito
www.istat.it), indicatore
piuttosto attendibile dell’indigenza
in Italia, strumento
utile per valutare anche gli effetti
della crisi. Questo rapporto
permette anche di “dimostrare”
quanto in Italia siano
inadeguate le politiche di
È tradizione che in
estate la comunità degli
albanesi - ormai
da anni qui tra noi - si incontri a condividere
con gli italiani una giornata di festa,
di gioco, di amicizia e di preghiera.
Quest'incontro sarà quest’anno anche
un'opportunità per vedere più da vicino
come la crisi che stiamo attraversando incida
sulle situazioni familiari, di lavoro e di
collaborazione tra italiani e albanesi.
L'appuntamento è domenica 21 giugno
2009, presso la parrocchia di Quattro Castella,
generosamente messa a disposizione
dal parroco, con tutti gli spazi circostanti
destinati ai giochi, agli incontri, al
pranzo assieme… ed anche a un po’ di riposo
prima della Messa del pomeriggio.
Il programma prevede che ci si ritrovi fra
le 9.30 e le 10; poi ci sarà lo spazio per
l'organizzazione delle partite di calcio e
pallavolo e per l'allestimento della banca-
Un supermercato coi carrelli vuoti: può essere l'immagine di questa
crisi, che colpisce le famiglie anche nei consumi necessari.
contrasto alla povertà. Ce lo
ha ricordato anche mons. Pasini
(presidente della Fondazione
Zancan) relazionando
su “Ripartire dai poveri” all’incontro
del 15 giugno nell’ambito
del Festincontro (si
veda alle pagine 9 e 11).
Certo, questi dati vanno
messi insieme ad altri
rapporti (come quello
sulla povertà relativa) e soprattutto
devono essere confrontati
con l’esperienza quotidiana.
È proprio quest’ultima
che ci dice che ai Centri
Ascolto delle Caritas (diocesano
o locali) arrivano fami-
glie disperate perché non riescono
più a pagare il mutuo
della casa rischiando di perdere
tutto, perché non possono
più far fronte alle spese
per le utenze di casa, perché
non riescono a pagare l’affitto
e sono a rischio sfratto,
perché sono in grossa diffi-
Caritas diocesana
Venerdì 26 giugno, ore 21
ORATORIO DON BOSCO
Reggio Emilia, via Adua
Il Comitato di gestione del Fondo di solidarietà
“Famiglia e Lavoro” informerà parrocchie e
privati circa le modalità di accesso al Fondo
e di compilazione delle domande
coltà davanti a spese impreviste
e considerevoli che
spesso sono anche necessarie
(come quelle per la salute).
E di queste famiglie, molte
sono anche italiane, reggiane.
Non sono solo immigrati,
che sicuramente faticano
maggiormente per la
mancanza di supporti e reti
parentali.
Provate a chiedere a loro se la
crisi è passata!
Sicuramente, questo
momento difficile deve
anche dirci (e dirlo a
quelle famiglie abituate a
spendere al di sopra delle
Dobbiamo me tere in discussione il nostro stile di vita,
tornare a maggiore sobrietà e condivisione.
Ma ora è necessario anche offrire risposte immediate
che perme tano a le famiglie di “ga leggiare”, in a tesa
che l’economia riprenda e che si torni a lavorare
proprie risorse anche per cose
superflue) che dobbiamo
mettere seriamente in discussione
il nostro stile di vita,
che dobbiamo tornare a
maggiore sobrietà e condivisione
delle ricchezze e dei beni.
Ma, in questo momento, è
necessario anche offrire ri-
Domenica 21 giugno, a Quattro Castella, festa della comunità albanese
SANTA MESSA IN LINGUA ALBANESE
chiesa di Quattro Castella
rella di prodotti di artigianato tipico albanese.
Ci sarà ampia possibilità di scambiarsi
notizie reciproche, chiacchiere varie
Caritas 20 giugno 2009 5
sposte immediate che permettano
alle famiglie di “galleggiare”,
in attesa che l’economia
riprenda e che si possa
tornare a lavorare.
Per questi motivi (l’aspetto
educativo e l’azione concreta
a favore di chi è in difficoltà e
ha perso il lavoro), la Diocesi
di Reggio Emilia - Guastalla,
per volontà del Vescovo, ha
istituito il Fondo di Solidarietà
“Famiglia e Lavoro”, già
presentato ampiamente su
queste pagine.
Dopo la giornata di sensibilizzazione
del 10 maggio e la
colletta diocesana a favore
del Fondo di domenica 17
maggio, ora tutto è pronto
per la raccolta delle domande.
Dal 1° luglio parrocchie,
Centri di Ascolto Caritas, Caritas
parrocchiali o zonali,
potranno compilare le domande
di richiesta di accesso
al Fondo, che saranno raccolte
dalla segreteria presso la
Caritas diocesana (tel.
0522.922520, Giancarlo Ugoletti)
e valutate dal Comitato
di gestione del Fondo stesso.
Per informare e formare le
parrocchie riguardo le modalità
di accesso al Fondo e la
compilazione della domanda,
il Comitato di gestione ha
organizzato una riunione per
venerdì 26 giugno, alle 21,
presso l’Oratorio “Don Bosco”
a Reggio Emilia (via
Adua).
Infine, il Comitato rende
noto che al 31 maggio le
offerte raccolte a favore
del Fondo (dalla colletta delle
parrocchie e da diversi privati)
ammontano a 45.670
euro (dei quali 31.605,95 dalla
colletta delle parrocchie e
14.065,00 da privati), che si
andranno ad aggiungere agli
80.000 euro messi a disposizione
dalla Diocesi (attraverso
l’8 per mille) e dalla carità
del Vescovo. L’auspicio è che
questo fondo possa aumentare
di consistenza per riuscire
a dare maggiori risposte e
che continui l’intenzione di
destinare altre offerte da parte
di famiglie, gruppi e parrocchie,
che siano frutto di rinunce
e di iniziative tese anche
a continuare il lavoro culturale
ed educativo di messa
in discussione dei nostri stili
di vita, così come ci ha indicato
il Vescovo.
Si ricorda che le offerte possono
essere versate sul c/c intestato
a “Fondo di Solidarietà
– Famiglia e Lavoro” IBAN
IT65C0518812800000000111
111.
Gianmarco Marzocchini
direttore Caritas diocesana
in sana armonia. Poi
si pranzerà insieme a
base di gnocco fritto
e salumi (non mancherà il servizio bar:
caffè, gelati e altro…).
Il momento culminante della giornata sarà
alle 16, nella chiesa parrocchiale di
Quattro Castella, la Santa Messa in lingua
albanese, presieduta dal responsabile della
pastorale per gli albanesi in Italia, don
Pasquale Ferraro.
Alla festa, naturalmente, sono invitati tutti
gli albanesi, vicini e lontani, i componenti
del “Gruppo Albania” e tutti gli amici
che desiderano conoscere meglio la realtà
albanese, approfondire amicizie già
consolidate e favorire l’indispensabile integrazione
tra i popoli.
don Natale, don Erio,
il Centro Missionario,
Antonio per il “Gruppo Albania”
Consiglio nazionale Caritas
La Presidenza e il Consiglio nazionale di Caritas Italiana
si sono riuniti a Roma per una valutazione del lavoro
svolto e per gettare le basi per il comune impegno nel
nuovo anno pastorale, presenti i tre vescovi di presidenza:
mons. Giuseppe Merisi, vescovo di Lodi e presidente
di Caritas Italiana, mons. Mario Paciello, vescovo
di Altamura - Gravina - Acquaviva delle Fonti, mons. Riccardo
Fontana, arcivescovo di Spoleto-Norcia.
mons. Merisi ha ribadito la centralità delle relazioni costanti
tra Caritas diocesana e vescovo, tra Delegazione
regionale Caritas e vescovo incaricato per il servizio della
carità, tra Caritas Italiana e Cei. Tutto questo in una
prospettiva di unità, di lavoro in rete in cui si inserisce
anche l’importanza della Consulta nazionale e delle
Consulte regionali degli organismi socio-assistenziali.
Quell’unità che - come ha sottolineato anche mons. Crociata
segretario generale della Cei intervenendo in Consiglio
nazionale - scaturisce dalla volontà dei Vescovi di
collaborare in tutti quegli ambiti in cui dalla collaborazione
può venire un’azione più ricca e più feconda anche
per le singole Chiese.
In quest’ottica il carattere pastorale di coordinamento e
di raccordo della Cei e dei suoi organismi si colloca in
una reciprocità universale e locale, con la necessità - ha
sottolineato mons. Mariano Crociata - di non trascurare
mai il senso personale e “agapico” della pastorale, che
non può ridursi a mera organizzazione di attività, ma
deve sempre avere “un cuore”. È essenziale dunque l’unità
della carità che tiene insieme cuore e opere, persone
e organizzazione.
Questa testimonianza della carità di tutte le chiese, coordinate
pastoralmente nella Conferenza Episcopale, va
coniugata - ha aggiunto il vescovo - con il compito dell’educazione
che sarà al centro dell’impegno della Chiesa
nei prossimi anni. Proprio in questa prospettiva a Caritas
Italiana è chiesto di contribuire al cammino di elaborazione,
e poi di realizzazione, degli orientamenti pastorali
per il nuovo decennio.
In Consiglio nazionale è proseguito poi il confronto su
altri temi centrali dell’azione delle Caritas: l’impegno
accanto alle persone e alle comunità abruzzesi colpite
dal terremoto, il moltiplicarsi di iniziative - finora sono
117 quelle monitorate - a livello locale in favore delle famiglie
per far fronte alla crisi economico-finanziaria, ma
anche a livello nazionale con l’attivazione del “Prestito
della Speranza”, fondo di solidarietà lanciato dalla Cei
con la colletta dello scorso 31 maggio.
Non sono mancati approfondimenti su altri temi: immigrazione,
pace, servizio civile, volontariato...
33° Convegno nazionale delle Caritas diocesane
L’annuale Convegno nazionale delle Caritas diocesane
costituisce un momento fondamentale per il lavoro di
Caritas Italiana e delle Caritas diocesane. Vedrà la partecipazione
di oltre 600 tra direttori e stretti collaboratori
degli organismi pastorali di tutta Italia.
Quest’anno, da lunedì 22 a giovedì 25 giugno, il Convegno
sarà realizzato a Torino, presso il Centro Congressi
Lingotto. L’evento giungerà al termine di un percorso di
verifica e riflessione sviluppato, a partire dallo scorso
settembre, sul tema Scegliere di animare: percorsi di discernimento
per comunità e territori.
Anche la Caritas diocesana di Reggio Emilia e Guastalla
parteciperà all’evento con una delegazione. Di
particolare rilievo sarà la presenza di Enzo Bianchi,
priore della comunità monastica di Bose, che terrà le
lectiones spirituales. Durante le quattro giornate si assisterà
agli interventi dei tanti relatori e al confronto in
diverse aree tematiche riguardo gli ambiti di attività
delle Caritas. Chiuderà il convegno l’intervento del
cardinale Oscar Andrés Rodriguez Maradiaga, arcivescovo
di Tegucigalpa e presidente di Caritas Internazionalis.
Turni Mensa Caritas
CaritasInforma
Sabato 20 giu. U.P. Pieve Modolena, Cella,
S. Pio X, Roncocesi
Domenica 21 giu. Fogliano
Domenica sera 21 giu. Sant’Antonio
Lunedì 22 giu. Regina Pacis
Martedì 23 giu. Santa Croce e San Paolo
Mercoledì 24 giu. Regina Pacis
Giovedì 25 giu. Quattro Castella
Venerdì 26 giu. Toano
Sabato 27 giu. Cadè
Domenica 28 giu. Arceto
Domenica sera 28 giu. Unità past. Madonna della Neve
Lunedì 29 giu. Bagnolo
Martedì 30 giu. Bagnolo
Mercoledì 1° lug. Bagnolo
Giovedì 2 lug. Pratofontana
Venerdì 3 lug. Volontari vari
Sabato 4 lug. S. Michele de’ Mucchietti

6
20 giugno 2009
Pubblicità

Bibbiano. Sisma, approvato il finanziamento regionale
È in arrivo, dalla Regione Emilia-
Romagna, un contributo di
110.000 euro in favore della chiesa
Santa Maria Assunta di Bibbiano: il
sisma del 23 dicembre 2008 aveva
infatti provocato danni a parte del
transetto lato sud e al campanile
della pieve. Il finanziamento, approvato
con decreto del presidente
della Giunta regionale 146 del 15
maggio '09, coprirà la realizzazione
degli interventi di riparazione e
consolidamento della chiesa. "Oggi
– dichiara il sindaco Sandro Venturelli
– la cifra erogata dalla Regione ci consente di effettuare
un restauro consistente della struttura in tempi brevi, ed
esprimiamo perciò la nostra soddisfazione per la celerità dei
tempi con i quali è stato approvato il decreto".
Fiorano Modenese. Ritiro "paolino" per i Servi di Maria
Per il terzo anno consecutivo le Fraternità secolari dei Servi
di Maria della provincia emiliana hanno partecipato agli
Esercizi spirituali al Santuario mariano di Fiorano modenese,
accompagnati dalle riflessioni di padre G. Iotti – assistente
spirituale –, del parroco del luogo (don Adriano) e di don
Claudio Gonzaga, di Rubiera. Al ritiro – tenutosi dal 31 maggio
al 2 giugno – erano presenti rappresentanti dalle diverse
Fraternità del reggiano e del modenese: la Ghiara, Montecchio,
Rubiera, Modena e Fiorano - Madonna del Castello.
In sintonia con l’Anno Paolino, il tema verteva sulla 2 a lettera
di san Paolo ai Corinti, comparata coi capitoli della Regola
di vita servitana che vi fanno riferimento. A partire dagli
elementi costitutivi della Fraternità – l'Eucaristia e la preghiera
– si sono affrontate varie sfaccettature dell'esperienza
comunitaria, compresa l'autorità, che nella vita di Fraternità
dev'essere esercitata col cuore, proprio come afferma
Paolo a Corinto: "Io vi parlo come a figli". Infine, la Consacrazione
al cuore di Maria, per conformarsi al Suo cuore e per
compiere ogni cosa secondo la volontà del Signore.
Villa Sesso. Taizé, l’incontro di preghiera del Nord Italia
Quest’anno la grazia di ritrovarsi insieme per pregare al modo
di Taizé è stata concessa alla frazione di Sesso, sabato 13
giugno. In quest'occasione sono risuonati nella chiesa parrocchiale
barocca gli antichi Canoni latini che – accompagnati
da lunghi momenti di silenzio – aiutano la meditazione
e l’approfondimento personale della fede; intervallate dai
canti, le letture riguardanti il Corpus Domini ed una riflessione
di frère Alois, abate della congregazione di Taizé. La penombra
scalfita appena dalle tenue luce delle candele, il silenzio
rotto
dalla ripetizione
quasi
ipnotica dei
canti gregoriani,
le antiche
icone venuted’oltralpe,
il clima di
raccoglimento,
hanno
creato quella
atmosfera di
ricerca interiore
tipica
delle preghiere di questa comunità monastica francese ormai
famosa in tutto il mondo, creando in tutti l'unica volontà di
lasciarsi cullare dalla preghiera. Un ringraziamento particolare
va a coloro che hanno reso possibile l’evento: il parroco
don Fortunato Monelli, padre Stefano da Vignola, il coro della
parrocchia e coloro che, venendo da lontano, in treno o auto,
ci hanno arricchiti con la loro presenza. (Mauro Gazzani)
Rubiera. Incontro su Arte e liturgia cattolica e ortodossa
Proseguono, a Rubiera, all'Oratorio della Ss. ma Annunziata
– di fronte alla sede del palazzo comunale – gli incontri del ciclo
Arte, architettura e liturgia: venerdi 19 giugno alle 20.45,
si parlerà del connubio fra arte e liturgia in ambito cattolico
e ortodosso, con mons. Giancarlo Santi e p. Mihail Adrian.
Il 9 giugno scorso, sotto la guida
del suo assistente spirituale
mons. Gianfranco Gazzotti, la
Società San Vincenzo diocesana si
è recata in gita-pellegrinaggio al
Santuario di Monte Allegro a Rapallo, quindi
a Portofino: un gruppo numeroso e affiatato
nel vivere ogni momento, dalle Lodi del mattino
ai canti della sera, in modo intenso e
gioioso. La gita di giugno è sempre stata ed è
ancora, per tutti i nostri aderenti e amici,
un’occasione per vivere e riconfermare assieme
lo spirito di fede e di carità che sta a
fondamento della nostra Associazione.
Lassù al santuario la riflessione è stata
incentrata sulla figura di Maria, Madre
della Consolazione: il sofferente nel corpo
e nello spirito, l’anziano solo, il carcerato,
la famiglia bisognosa, il giovane sfiduciato, il
bambino - italiano o straniero - in difficoltà a
scuola, il povero di cose materiali e ancor più
Vita di Chiesa 20 giugno 2009 7
Brevi di cronaca e appuntamenti ACCADRÀ (Reggio e Diocesi)
Reggio. Incontro di Rtm sul Volontariato internazionale
Giovedì 25 giugno, dalle 14.30 alle 17.30, presso la sede di
Reggio Terzo Mondo (Rtm) in via Mogadiscio 1 a Reggio, si
terrà InformarVI, Incontro informativo sul Volontariato internazionale
nei Paesi poveri, un'occasione per conoscere il
funzionamento e le caratteristiche della cooperazione internazionale
e delle Ong (Organizzazioni non governative).
Nel corso degli incontri verranno presentati e illustrati: l'evoluzione
del concetto di Sviluppo;
cosa sono e come operano
le Ong; la normativa italiana
in materia di cooperazione internazionale
e i relativi progetti;
le opportunità di impegno in tale
contesto (campi di lavoro,
Servizio civile volontario, il programma
delle Nazioni Unite, attività
di solidarietà in Italia, le
campagne di Educazione allo
Sviluppo...); le possibilità concrete
di partenza per un'esperienza
di volontariato internazionale,
in particolare, con Rtm.
L'incontro è gratuito e aperto a
tutti. Per partecipare segnalarsi a Simone Lusuardi (tel.
0522.514205, e-mail info@reggioterzomondo.org).
Rivalta. Arriva la tre-giorni "Vita in festa"
Rivalta si prepara a ospitare la tre-giorni Vita in festa, organizzata
dalla cooperativa sociale Madre Teresa e dalla parrocchia
Sant'Ambrogio; la manifestazione – che si terrà venerdì
26, sabato 27 e domenica 28 giugno presso la Casa di
accoglienza "Sara" in via S. Ambrogio 22 – prevede diversi
momenti d'interesse. Fra questi – sabato 27 alle 21 – la presentazione
del Progetto Giovani e Affettività (con la dott.ssa
Chiara Mistrorigo) e l'intervento della dott.ssa Elsa Bellotti
(psicologa, fondatrice e presidente del centro "Family Hope"
di Brescia) sul tema Innamorati persi...; a seguire, musica
live; domenica 28, alle 18 l'incontro con lo psicoterapeuta
Francesco Zappettini
(esperto di dinamiche educative)
su Genitori di corsa,
alle 21 la presentazione del
Progetto "Ester" e, a seguire,
intrattenimento con La
strana coppia (Sandro Damura
- Enrico Gualdi, foto)
da "Radio Bruno". Tutto su
www.coopmadreteresa.it.
Novellara. Cena solidale pro villaggio di Avuvu (Nigeria)
Quattro volontari, capitanati dal sacerdote diocesano don
Nino Ghisi, partiranno quest'estate per il villaggio di Avuvu,
nella Nigeria del sud (ex Biafra): sono Franco Vivi, Sergio Calzari
e Livio Bartoli, tutti di Novellara. Allo scopo di condividere
i progetti di solidarietà che verranno intrapresi laggiù,
sabato 27 giugno – alle 20, nella piazzetta dell'oratorio di Novellara
(in piazza Cesare Battisti) – si terrà una Cena solidale
sotto le stelle promossa
dal Gruppo missionario
parrocchiale; il
ricavato andrà interamente
in favore dell'iniziativa
"Un pozzo
per la vita", progetto
per la realizzazione di
una cisterna che servirà
acqua a una comunità
di oltre 2.000
persone.
Anno Sacerdotale. Le pubblicazioni di «Città Nuova»
Per accompagnare ogni giorno il cammino di fedeli laici e
presbiteri a comprendere appieno il senso dell’Anno Sacerdotale,
i sacerdoti del movimento dei Focolari propongono
365 pensieri in 4 volumetti editi da «Città Nuova». Variegate
le firme: dal Curato d’Ars (nel cui nome l’Anno Sacerdotale è
indetto), ai Padri della Chiesa (Agostino, Giovanni Crisostomo),
a Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, a eminenti teologi
e importanti fondatori. Info: Carla Cotignoli, 348.8563347.
L’Associazione diocesana, guidata da monsignor Gianfranco Gazzotti, ha vissuto l’annuale
gita-pellegrinaggio trascorrendo una giornata ristoratrice di spiritualità e di amicizia
LA SOCIETÀ SAN VINCENZO AL SANTUARIO DI RAPALLO
di amicizia... Ecco
la specificità
del nostro agire:
sollevare, consolare,
portando la
speranza cristiana
che è in noi,
con l’impegno
di eliminare le
cause di disagio,
condividendo
con rispetto e
secondo le nostre
possibilità le
sofferenze di chi
incontriamo.
L’Associazione S. Vincenzo de’ Paoli è pre-
sente sul territorio
della provincia
ed è costituita
da diversi
gruppi di persone
– chiamati
«conferenze»
(Correggio,
Campagnola,
Rio Saliceto, Pieve
di Guastalla,
Guastalla, Montecchio,
S. Martino
in Rio, Rivalta,S.Prospero
di Reggio, S.
Giovanni Bosco e Conferenza Madre Teresa)
Reggio, Oratorio: Festincontro Ac: 2 a parte
Venerdì 19, sabato 20 e domenica 21 giugno, Oratorio Don
Bosco: seconda parte del Festincontro Ac (si veda a pag. 9).
Nocetolo. Incontro con don Giuseppe Dossetti
Venerdì 19 giugno, ore 20.30, chiesa di Nocetolo: per "Tu sei
l'altro che noi attendiamo", percorso sulla Carità, S. Messa
e incontro con don Giuseppe Dossetti ("Confronto su un'esperienza
di accoglienza"). Giovedì 25 giugno, ore 20.30, S.
Messa e incontro con don Romano Zanni.
Montericco. Ultimo incontro per famiglie
Sabato 20 giugno, ore 18.30, a Montericco (Santuario): per
il ciclo "Uniti nella gioia della Comunione" l'unità pastorale
Albinea-Montericco propone l'incontro con Luigi Montorsi
su "Il dovere della gioia” (cfr. Fil 4,4-9).
Reggio, S. Filippo. Foto di Vannini: sculture in Duomo
Prosegue, nei sabati di giugno (ore 11-13; 16-20), la mostra
fotografica "La scultura nella Cattedrale di Reggio Emilia
nelle fotografie di Carlo Vannini" nella chiesa di S. Filippo.
Quattro Castella. Quattro incontri sulla Carità
Sabato 20 giugno, ore 21, parrocchia di Quattro Castella: 1°
dei quattro incontri sulla Carità (testimonianza della coppia
Bertoli, medici volontari in Africa). Sabato 27 giugno,
ore 20.30, proiezione di "Come eravamo", video con foto
d'epoca e testimonianze degli anni '20-'40 del Novecento.
Vezzano. Pellegrinaggio a Caravaggio e Sotto il Monte
Domenica 21 giugno, partenza ore 5.30 da Vezzano, pellegrinaggio
Anspi al Santuario di Caravaggio, Sotto il Monte
e Bergamo (38 euro; info e prenotazioni: tel. 0522.601361).
Quattro Castella. Giornata della comunità albanese
Domenica 21 giugno, parrocchia di Quattro Castella: giornata
della comunità albanese (ore 16, S. Messa; v. a pag. 5).
Reggio, Rtm. Notizie sul Volontariato internazionale
Giovedì 25 giugno, ore 14.30, sede di Reggio Terzo Mondo
(via Mogadiscio 1 a Reggio): incontro "InformarVI" sul volontariato
internazionale (si veda in questa stessa pagina).
Bagnolo. Danze etniche per "E-state nel cortile"
Giovedì 25 giugno, ore 21, "E-state nel cortile" della parrocchia
di Bagnolo: "Gira e danza il mondo", viaggio nelle
danze etniche della compagnia "Balliamo sul mondo".
Rivalta. Cooperativa Madre Teresa: "Vita in Festa"
Dal 26 al 28 giugno, Casa d'accoglienza "Sara" (Rivalta):
"Vita in Festa", (si veda a sinistra).
Novellara. Gruppo missionario: "Cena sotto le stelle"
Sabato 27 giugno, ore 20, piazza Battisti (piazza Oratorio,
Novellara): "Cena sotto le stelle" pro "Un pozzo per la vita"
(Avuvu, Nigeria). Maggiori notizie qui a sinistra.
Unitalsi. Quattro giorni in Val di Fiemme
L’Unitalsi reggiana propone un soggiorno-pellegrinaggio in
Val di Fiemme (27-30 giugno, 240 euro). Info: 0522.515512.
Guastalla. Pellegrinaggi a Fatima-Santiago e a Lourdes
Pellegrinaggi parrocchia Concattedrale: 26-30 giugno, Fatima-Santiago;
11-14 settembre Lourdes. Info: 0522.838577.
Correggio. Pellegrinaggio in Terra Santa
Parrocchia Madonna di Fatima, Correggio: pellegrinaggio in
Terra Santa, 17-24 settembre. Info-iscrizioni: 0522.692114.
Sassuolo. Pellegrinaggio a La Salette e Lourdes
Parrocchia di S. Antonio (Sassuolo): pellegrinaggio a La Salette
e Lourdes, 26-30 agosto. Info-tel. 0536.881543.
Guastalla. Tre pellegrinaggi fra settembre e ottobre
Il Circolo Anspi della Cattedrale di Guastalla promuove tre
pellegrinaggi: giovedì 3 settembre al Santuario B.V. del Sasso
(Bibbiena, AR); giovedì 1° ottobre a Chiampo (VI), la "piccola
Lourdes"; giovedì 15 ottobre a La Spezia, Santuario di
N.S. di Roverano. Info: Centro Don Bosco, tel. 0522.824243.
Correggio. Pellegrinaggio in Terra Santa
La parrocchia Madonna di Fatima di Correggio organizza
(17-24 settembre), un pellegrinnaggio in Terra Santa; iscrizioni
entro 30 giugno, tel. 0522.692114 (ore 9-12 ; 15,30-19).
– coordinate da un Consiglio centrale
che ha sede in via della Racchetta
a Reggio, dove pure è attivo
un Centro d’ascolto delle povertà.
Èun volontariato che agisce in territori
circoscritti e, nella maggior parte dei
casi, all’interno delle parrocchie. I nostri
campi sono i più diversi, ed è il nostro
rapporto d’amicizia cristiana – sia all’interno
delle «conferenze» che tra di noi tutti – che
ci fa essere concordi nell’operare e attenti, attraverso
le nostre visite, a capire i bisogni e
scoprire povertà nascoste.
Alla gita erano presenti anche rappresentanti
dei gruppi di Volontariato Vincenziano di
Cavriago, che insieme a noi hanno condiviso
lo spirito della proposta ed il gusto di una
giornata trascorsa insieme.
Anna Maria Bazzani
presidente provinciale Società S. Vincenzo de’ Paoli

Corpus Domini
8 20 giugno 2009
Festincontro di Azione Cattolica 20 giugno 2009 9
CORPUS DOMINI
Anticipata a Reggio al giovedì, come si fa dal 2001, la processione ha seguìto un nuovo tragitto. In piazza S. Prospero la benedizione finale
La visibile unità della Chiesa attorno all'Eucaristia
A partire dalla Chiesa Cattedrale e dal Vescovo,al centro della città e della diocesi
Pubblichiamo integralmente
l'omelia del Vescovo alla Celebrazione
eucaristica del Corpus
Domini, in Cattedrale, la
sera di giovedì 11 giugno (si veda
il sito diocesano www.reggioemilia.chiesacattolica.it).
STARE CON IL SIGNORE,
STARE NELLA CHIESA
Ci siamo radunati qui,
provenendo dalle varie
parti della città, dopo
essere usciti di casa questa
mattina, percorso le vie
della città, frequentato uffici
e ambienti di lavoro, visitato
qualche familiare in ospedale.
Quale il significato di questa
solennità tradizionale del
Corpus Domini al termine di
un giorno feriale?
Ce lo dice la celebrazione che
stiamo compiendo, nello
svolgimento dei suoi gesti
fondamentali: prima di tutto
ci siamo radunati intorno all’altare
del Signore, per stare
insieme alla sua presenza e
comunicare al suo dono di
amore; in secondo luogo ci
sarà la processione, cioè il
camminare con il Signore; e,
infine, l’inginocchiarsi davanti
al Signore, l’adorazione
che inizia già nella Messa e
culmina nel momento della
benedizione eucaristica.
Stare con il Signore
Che cosa ci ha proclamato
la pagina del
Vangelo di Marco? “Il
primo giorno degli azzimi,
quando si immolava la Pasqua,
i discepoli dissero a Gesù:
Dove vuoi che andiamo a preparare,
perché tu possa mangiare
la Pasqua? Allora (Gesù)
mandò due dei suoi discepoli,
dicendo loro: Andate in città
e vi verrà incontro un uomo
con una brocca d’acqua, seguitelo…
Egli vi mostrerà al
piano superiore una grande
sala, arredata e già pronta; lì
preparate la cena per noi”
(Mc 14,12-16. 22-26).
L’evangelista Marco è molto
attento ai movimenti di Gesù
e dei suoi discepoli. E così
annota, alla vigilia della festa
di Pasqua, che Gesù manda
in città due discepoli (Pietro e
Giovanni, secondo Luca 22,8)
a cercare un uomo fuori casa,
e a seguirlo fino al suo rientro
in casa per poi chiedere
al padrone di casa un’ultima
occasione di ospitalità.
Marco non lo dice qui espressamente,
ma lascia intendere
che scopo di tutta questa preparazione
è trovare un posto,
dove stare con il Signore Gesù.
Il primo atto, dunque, che
qui ci convoca è quello di
radunarsi alla presenza
del Signore. È ciò che anticamente
si chiamava statio, posto
di guardia per la vita civile
della città, sosta per il raduno
lungo il cammino, “ai
piedi del monte”, da cui Dio
ha parlato al suo popolo, come
ci ricorda la prima lettura
dell’Esodo (24,3-8), il luogo
della assemblea radunata attorno
all’altare del Signore, la
grande sala arredata e già
pronta per la cena, al piano
superiore della domus, della
casa (cf. Mc 14).
“Immaginiamo — spiegava
Papa Benedetto XVI il senso
di questa celebrazione sul sa-
Foto 1: la processione del Corpo e Sangue del Signore, la sera di giovedì 11 giugno, in piazza del Duomo. Foto 2: gli avventori di uno
dei bar di piazza Duomo assistono senza alcuna reazione al passaggio del lungo corteo. Foto 3: la processione in via Toschi, all'altezza
del voltone dei canonici. Foto 4: l'arrivo in piazza S. Prospero. Foto 5: al termine, il Vescovo impartisce la benedizione eucaristica.
La processione del Corpus Domini: nuovo tragitto e benedizione finale in piazza San Prospero
PER LE VIE DELLA CITTÀ, FRA QUALCHE INDIFFERENZA E DIVERSE FINESTRE ADDOBBATE
La processione del Corpus Domini,
svoltasi in città giovedì 11
giugno, presentava qualche novità.
È noto che dal 2001 in città a Reggio
la processione del Corpus Domini
non si fa la domenica, ma il giovedì
precedente, cioè il giorno esatto in cui
la festa ricorre secondo il calendario
della Chiesa universale. Così era anche
in Italia fino al 1977, quando tra le feste
infrasettimanali soppresse vi è stato
anche il Corpus Domini.
Da allora la festa liturgica venne trasferita
alla domenica successiva, consentendo
però a chi lo desiderava di
anticipare la processione alla sera del
giovedì. Così si è fatto in città a Reggio
e così fanno anche alcune parrocchie
della diocesi.
Quanto al luogo di inizio e al percorso
grato della Basilica Lateranense
l’anno scorso — per un
momento che in tutta Roma
non vi sia che quest’unico altare,
e che tutti i cristiani della
città siano invitati a radunarsi
qui, per celebrare il Salvatore
morto e risorto. Questo
ci dà l’idea di che cosa sia stata
alle origini, a Roma e in
tante altre città dove giungeva
il messaggio evangelico, la celebrazione
eucaristica: in ogni
Chiesa particolare vi era un
solo vescovo e intorno a lui,
intorno all’Eucaristia da lui
celebrata, si costituiva la comunità,
unica, perché unico
era il Calice benedetto e uno
il Pane spezzato, come ci ricorda
l'apostolo Paolo” nella
lettera ai Corinzi (1 Cor
10,16-17).
Stare nella Chiesa
Anche qui, questa sera,
non abbiamo scelto noi
con chi incontrarci.
Siamo venuti e ci troviamo gli
della processione cittadina, quest’anno
c’è stata una novità: la celebrazione
eucaristica iniziale non si è svolta in
Ghiara, come è accaduto dal 2001, bensì
nello splendido Duomo restaurato.
Presiedeva la concelebrazione il Vescovo
Adriano con a fianco l’Ausiliare e
numerosi concelebranti.
Per la processione è stato sperimentato
un percorso nuovo: piazza Duomo, via
Toschi, via Guidelli, via Emilia S. Pietro,
poi via Vittorio Veneto e Stradone
del Vescovado, per concludere in piazza
San Prospero.
Quale dei due itinerari è preferibile?
Quello degli anni passati
lungo la via Emilia, con
negozi chiusi e molte case disabitate,
è un percorso nel deserto senza
uni accanto agli altri, accomunati
dalla fede e chiamati
a diventare un unico corpo,
condividendo l’unico Pane
che è Cristo. Siamo uniti al di
là delle nostre differenze di
età, di professione, di ceto sociale,
di idee politiche: ci
apriamo gli uni agli altri per
diventare una cosa sola a
partire da Lui. Questa, fin da-
gli inizi, è stata una caratteristica
del Cristianesimo realizzata
visibilmente intorno all’Eucaristia,
e occorre sempre
vigilare perché le tentazioni
di particolarismo, seppure in
buona fede, non vadano di
fatto in senso opposto.
Mi piace richiamare
qualche aspetto e
conseguenza prati-
ca di questa unità della Chiesa
attorno alla Eucaristia. La
prima è l’unità che l’Eucaristia
realizza e visibilizza nella
città e nel territorio, principalmente
nella chiesa Cattedrale,
nella partecipazione
piena e attiva di tutto il popolo
di Dio alle medesime
celebrazioni, alla medesima
preghiera, soprattutto alla
Il senso de la processione? "Radunarci, camminare,
testimoniare il Signore a torno ai segni de la tradizione
comune: la fede, il senso di appartenenza, il patrimonio
spirituale e culturale de la buona vita ci tadina"
1 2
3 4 5
medesima Eucaristia, al medesimo
altare cui presiede il
vescovo circondato dal suo
presbiterio e dai suoi ministri,
come afferma il Concilio
(SC 41). Non è un caso che
nel Concilio, alla novità della
riscoperta della liturgia come
culmine e fonte della vita della
Chiesa, sia seguita la novità
della riscoperta della dottrina
dell’episcopato e del
una luce, un fiore o una finestra aperta.
Nell’itinerario nuovo si poteva cogliere
qualche segno di vita e qualche
luce, non solo nelle finestre della Curia,
ma anche lungo le vie Toschi, Guidelli,
Vittorio Veneto e nella stessa piazza S.
Prospero.
Un disagio di non facile soluzione è la
presenza di due bar in piazza Duomo e
di altri due in piazza San Prospero: la
gente all’arrivo della processione è rimasta
a sedere senza troppo rumoreggiare.
Si può sperare che qualcuno abbia
avuto un pensiero a quanto avveniva
attorno a lui? Alla Presenza che i
fedeli portavano lungo le piazze e le vie
della città?
In piazza San Prospero il Vescovo
Adriano ha impartito la benedizione
finale con il SS.mo Sacramento.
suo esercizio nella vita liturgica
di una Chiesa particolare.
Ancora, anche in città,
come nel territorio
della Diocesi, il Vescovo
non può presiedere personalmente
sempre e ovunque
l’intero suo gregge; deve necessariamente
costituire
gruppi di fedeli, tra cui hanno
un posto preminente le parrocchie,
sotto la guida di un
pastore mandato dal Vescovo.
Per questo la vita liturgica
della parrocchia e il suo legame
con il Vescovo devono essere
coltivati nell’animo e
nella pratica dei fedeli e del
clero. Anche in città, le parrocchie
hanno una loro identità,
storia, hanno delle tradizioni,
ma non sono “isole felici”,
comunità autoreferenziali
né autosufficienti; sono
chiamate invece a collaborare
al fine di sviluppare quelle
attenzioni e attività pastorali,
che superano di fatto le nor-
mali possibilità di una singola
parrocchia. Non è questo il
significato della Visita pastorale
del Vescovo nelle parrocchie
della città?
Mai come in città, la
vita delle persone
appare dislocata rispetto
al territorio parrocchiale.
Si pensi a momenti
come la scuola, il lavoro, la
festa, la stessa malattia e
morte. Si pensi alla vita economica
e politica, agli ambiti
oggi così importanti della
scuola, della università e della
cultura, e così via. La città,
infatti, costituisce un sistema
unico, nel quale le diverse
componenti si saldano e si
integrano a vicenda. Se si
vuole intrecciare davvero la
vita della città bisogna prenderne
atto e cercare le vie efficaci
per accompagnare la
vita delle persone. Non è
questo il significato della processione
che avvieremo dopo
la santa Messa?
LLa processione del Corpus
Domini ci insegna
che l’Eucaristia ci mette
in cammino con la forza
che Dio ci dà mediante Gesù
Cristo. “Senza il Dio-con-noi,
il Dio vicino — continua il
Papa nell’omelia dello scorso
anno — come possiamo sostenere
il pellegrinaggio dell’esistenza,
sia singolarmente che
in quanto società e famiglia
dei popoli? L’Eucaristia è il sacramento
del Dio che non ci
lascia soli nel cammino, ma si
pone al nostro fianco e ci indica
la direzione. In effetti
non basta andare avanti, bisogna
vedere dove si va. Non
basta il “progresso”, se non ci
sono criteri di riferimento”.
La Chiesa che celebra
l’Eucaristia, ascolta la
Parola, prega e adora il
suo Signore, è la comunità
vera, reale e quotidiana:
• quella che mette al centro
non l’individuo, ma la persona
soggetto di relazioni;
• riconosce alla famiglia fondata
sul matrimonio la sua
piena cittadinanza;
• conserva alla domenica il
suo pieno significato di esperienza
di festa;
• promuove la piena occupazione,
la dignità di ogni lavoro
e la solidarietà con le famiglie
messe in difficoltà dalla
crisi economico-finanziaria;
• si fa attenta ai poveri che
abitano tra le sue case;
• sa accostarsi ad ogni uomo
e fenomeno umano come all’uomo
venuto incontro ai
due discepoli del Vangelo,
aperto al mistero, capace di
dare ospitalità al Signore che
parla al suo cuore.
Ecco perché radunarci, camminare,
testimoniare il Signore
attorno ai segni della
tradizione comune: la fede, il
senso di appartenenza, il patrimonio
spirituale e culturale
della buona vita cittadina.
“Preghiamo per noi e per tutti;
preghiamo per ogni persona
che vive in questa città,
perché possa conoscere Te, o
Padre, e Colui che Tu hai
mandato, Gesù Cristo. E così
avere la vita in abbondanza.
Amen” (Benedetto XVI).
+ Adriano VESCOVO
Cattedrale di Reggio Emilia,
giovedì 11 giugno 2009,
Solennità del Corpus Domini
Le Chiese dell’Asia sono tutte “piccolissime”,
ma si tratta di minoranze
vivaci nell’evangelizzazione,
perché guardano realmente a Gesù
Cristo come l’unico Salvatore dell’uomo
e Redentore della storia. Non a caso,
pur essendo un continente abitato
dall’80% dei non-cristiani del mondo,
i cattolici vi aumentano del 5% l’anno.
Intervenendo il 12 giugno al Festincontro,
padre Bernardo Cervellera, del
Pontificio Istituto Missioni Estere, compie
una rapida panoramica sulla fede a
Est di Roma, riallacciandosi al recente
viaggio del Papa in Terra Santa: “Benedetto
XVI ha chiesto ai cristiani del Medio
Oriente di rimanere, perché essi
rappresentano una possibilità di mediazione
e di pace che sa stare nella
modernità”, a differenza di certo
islam intransigente.
Poi il discorso si stringe – si fa per dire
– sui due maggiori colossi asiatici.
L’
India, anzitutto, dove le caste,
benché ufficialmente abolite
da 60 anni, resistono nella cultura
popolare e il cristianesimo sta di-
Domenica 14 giugno, Festincontro: l’intervento di Carlo Castagna e Davide Rondoni
CARLO CASTAGNA
E IL VANGELO DEL PERDONO
Più di 400 i presenti, che hanno seguito con viva commozione la testimonianza
di colui che, nella strage di Erba, ha perduto moglie, figlia e nipote
" H
o fatto un patto
con Dio: tanto
dolore, tanta forza".
"È preferibile stare dalla
parte dei parenti delle vittime
che da quella dei parenti degli
uccisori". "Sul perdono
non ho avuto alcun dubbio,
fin dal primo istante". "Io ho
avuto la grazia, dopo quella
tragedia, di essere sostenuto,
accolto fra le braccia di Qualcuno
che ancora non mi ha
deposto". Sono solo alcune
delle espressioni che Carlo
Castagna - colui che nella
strage di Erba (11 dicembre
2006) ha perso la moglie Paola,
la figlia Raffaella e il nipotino
Youssef - ha pronunciato,
domenica sera, al Festincontro
dell'Azione Cattolica.
Voce dimessa, volto sereno,
parole pacate: il folto pubblico
(oltre 400 persone) è rimasto
affascinato dall'umiltà e
dalla semplicità della testimonianza
di quest'uomo,
provato da una sofferenza indicibile
per una tragedia immane
e capace di un perdono
immediato, totale, gratuito,
incondizionato.
Accompagnavano la sua testimonianza
gli interventi di
Davide Rondoni, editorialista
di Avvenire, poeta fra i più
profondi oggi in Italia.
Un miracolo il suo perdono?
Castagna lo afferma
con forza.
"Carlo Castagna", dice parlando
di sé, "io lo conosco bene:
lui non era in grado di
perdonare una tragedia simile.
C'è voluto un miracolo per
farmi giungere a questo perdono.
Un dono simile non lo
meritavo: la misericordia di
Dio è esagerata...", conclude
Foto 1-2: 12 giugno,
l’incontro
con p. Cervellera,
direttore di
Asia News (1).
Foto 3-4-5: 14
giugno, la serata
con Carlo Castagna
(4) e Davide
Rondoni (5).
Foto 6: 15 giugno,
da sinistra
Gianmarco Marzocchini,Edoardo
Tincani,
mons. Giuseppe
Pasini e Alberto
Saccani.
Foto 7-8: lo spettacolo
del comico
Max Pisu (8)
Venerdì 12 giugno, serata inaugurale: l’incontro con padre Bernardo Cervellera, direttore di Asia News
CRISTIANI IN ASIA, TESTIMONI DI PACE E DI LIBERTÀ
ventando “una vera
rivoluzione sociale”
per paria e tribali, altrimenti
condannati
da un karma immutabile
ad una vita senza
dignità. Ecco che
anche loro iniziano
a chiedere di avere
un’istruzione, o di
accedere ai servizi
igienici. E l’intuizione
di questo sviluppo
integrale si bagna
di sangue innocente,
come accaduto nel pogrom
dell’Orissa.
Padre Bernardo, che dirige l’agenzia
d’informazione Asia News, porta come
testimone della persecuzione anti-cristiana
padre Thomas Chellan (una delle
prime vittime della furia scatenata dal
Vishva Hindu Parishad dopo l’assassinio
di Swami Laxamananda Saraswati
del 23 agosto scorso), recentemente in-
in un soffio.
"Ora", continua a voce bassa,
"è continua nella mia vita la
presenza dei miei cari, di mia
moglie Paola in particolare: li
ho sempre accanto a me nella
preghiera, nel rapporto spirituale;
è un'esperienza continua".
Ma com'era la sua vita con
sua moglie? gli è stato chiesto.
"Era normalissima: una
coppia di coniugi che si volevano
bene e che condividevano
tutto, compresa la preghiera.
Quasi ogni giorno dicevamo
insieme le Lodi, al
mattino, e la Compieta, la sera.
Qualche settimana prima
della strage", ricorda, "eravamo
fermi sul salmo 83, il passo
che dice «Beato chi abita la
tua casa: sempre canta le tue
lodi! Beato chi trova in te la
sua forza e decide nel suo cuore
il santo viaggio...». Paola
sottolinea il passo con la ma-
signito del premio “defensor fidei”. Sì,
perché padre Chellan, pur avendo sfiorato
il martirio, è stato “liberato” dalla
polizia non prima di averlo lasciato
malmenare, ferire e denudare per le
vie del suo villaggio… E oggi, con addosso
i segni permanenti dell’aggressione,
racconta la personale Via
crucis con gioia e humour, dispiaciuto
solo che l’India stia offuscando
tita. Due giorni dopo la strage
ho tra le mani il suo libro delle
Lodi e trovo scritto, accanto
al testo sottolineato: «Queste
sono le parole che vorrei
fossero scritte sul mio ricordino
funebre»". La voce di
Castagna s'incrina. Poi, una
lunga pausa. C'è un silenzio
irreale, sotto il tendone dell'incontro.
Alla fine, un lungo
applauso scioglie la tensione.
" I
miracoli esistono",
commenta Rondoni.
"Ma miracoli come
questi non s'improvvisano.
Avete visto quale allenamento
di fede ha preceduto,
in Carlo Castagna, il miracolo
del perdono".
E proprio sul perdono - un sacerdote
ha chiesto di spiegare
se è frutto di sentimento o
di ragione... - si è fermata l'analisi
del giornalista poeta. E
l'ha fatta partendo dal Canti-
7 8
1 2
3
4
5
co delle creature di San Francesco,
che, nel contesto del
creato, identifica gli uomini
come "quelli che perdonano
per lo Tuo amore". Il perdono
è quello che caratterizza l'uomo,
come la ragione e la libertà.
Perdonare significa
esprimere un giudizio sull'altro:
tu non vali, per me, per
l'offesa che m’hai fatto, ma
per la grandezza del tuo essere,
che supera ogni offesa.
Ci dica qualcosa della
sua vita con Paola, ha
chiesto a Castagna
una giovane sposa. "Con Paola
c'era un rapporto di confidenza
e di dialogo continuo:
anche a noi capitava, a volte,
di litigare. Allora si teneva il
muso, qualche ora, talvolta
qualche giorno. Ma uno dei
due doveva cedere: e questo
avveniva col riconoscere anzitutto
i propri limiti". "Senza
perdono reciproco", ha concluso,
"non si vive".
Un uomo che non ha avuto
paura ad aprire di nuovo il libro
degli orrori, di ripercorrere
i ricordi più strazianti e di
dare ai presenti il senso di
una vita che prosegue, nonostante
tutto, nel continuo
abbraccio di Dio. Questo è
stato il significato più vero
della serata. Che i partecipanti
hanno vissuto come
un'esperienza fra le più intense.
Di cui portano riconoscenza
al testimone protagonista
e a chi ha fatto la lucida
scelta di chiamarlo.
la sua immagine di
Paese non violento.
P
oi la Cina, di
cui Cervellera
ha descritto
in un libro l’altra
faccia delle Olimpiadi
2008, costate la
cifra record di 30 miliardi
di dollari a
prezzo di una spaccatura
sociale insostenibile,
con una
punta di “ricchezza
vomitevole” e più di 300 milioni di abitanti
sotto i due euro al giorno. Il Paese
che a Pechino ha sottratto la miseria
alle telecamere occultando le baraccopoli
dietro pregevoli pareti bianche
intarsiate, ma anche lo Stato in cui
l’80% della gente lavora priva di un
contratto e il 75% dei contadini muore
senza aver mai visto un medico.
“Vent’anni fa, a piazza Tienanmen, gli
Agostino Menozzi
studenti chiedevano più democrazia e
meno corruzione; è quanto reclamano
oggi operai e contadini, con l’aggravante
che la violenza del regime comunista,
nel frattempo, è peggiorata”,
afferma il missionario, lasciando
presagire scenari di rivolta.
Anche la Chiesa è imbavagliata,
oppressa, controllata dall’Associazione
Patriottica e costretta
alla clandestinità per mantenere la fedeltà
al Papa. Nondimeno, o forse per
questo, si assiste ad una rinascita spirituale
impressionante: i credenti sono almeno
300 milioni e 1/3 dei membri del
Partito hanno iniziato a frequentare comunità
religiose.
Esaurita dal comunismo e da un capitalismo
per pochi, la gente guarda alla
fede per quello che è, “il primo spazio
di libertà della persona”. E la matrice
della libertà è da sempre quella giudaico-cristiana.
Milioni di cinesi se
ne accorgono, dolorosamente, nel
terzo millennio cristiano.
Edoardo Tincani
FESTINCONTRO - SECONDA PARTE
Venerdì 19 giugno
ore 19.00 - S. Messa presieduta da don Gabriele Burani, rettore
del Seminario, e animata dai seminaristi
ore 21.30 - SPUNTALÀ, raccolta di spunti per andare un po’ più
in là: varietà dinamico-riflessivo di e con Gigi Cotichella e gli
Artisti terrestri (animatori di Gmg e Agorà dei giovani)
Sabato 20 giugno
ore 19.00 - S. Messa presieduta dal Vescovo Adriano Caprioli,
ore 21.30 - “Medicina e Salute in Africa: una sfida globale”
Intervento della dottoressa Paola Germano, responsabile del progetto
di lotta all’Aids in Africa, della Comunità di Sant’Egidio
Domenica 21 giugno
ore 21.30 - Cantalavita: “Vivere la vita”, concorso musicale per
gruppi emergenti, presentato da Carlo Pastori, attore comico, fisarmonicista
e autore di canzoni per bambini
ore 23.30 - Grande spettacolo di fuochi artificiali
ore 24.00 - Preghiera di mezzanotte e chiusura della Festa
Lunedì 15 giugno: la relazione di monsignor Pasini
ITALIA: AUMENTANO LE FAMIGLIE POVERE
La serata del 15 giugno, dedicata al tema “Crisi economica
e stato sociale: ripartire dai poveri”, è stata
introdotta da Alberto Saccani,presidente dell’Azione
Cattolica diocesana (co-organizzatrice dell’incontro
insieme al Circolo di cultura “Toniolo” e alla Caritas).
Intervistato da Edoardo Tincani, direttore del settimanale
“La Libertà”, monsignor Giuseppe Pasini,presidente
della Fondazione Emanuela Zancan di Padova, ha
analizzato il contesto generale dell’attuale crisi per poi
soffermarsi sulle cause “permanenti” della povertà in Italia:
l’assenza di un piano organico di lotta al disagio economico,
un cattivo utilizzo delle risorse (troppi trasferimenti
monetari a pioggia e pochi servizi, specie al Sud),
le forti disuguaglianze sociali. Famiglie numerose, non
autosufficienti e immigrati, a suo giudizio, le fasce più
deboli.Fermo restando il ruolo della Chiesa, che conferma
la sua scelta preferenziale per i poveri, il sacerdote ha messo
in discussione la scarsa attenzione della politica, quasi
rassegnata al fatto che nel nostro Paese 13 milioni di persone
debbano vivere con meno di 500 euro al mese, senza contare
altrettanti “quasi-poveri” (si veda anche a pag. 11).
Parlando di “strategie territoriali integrate”, il direttore
della Caritas di Reggio Emilia-Guastalla
Gianmarco Marzocchini ha dato conto dell’attività
del Centro d’Ascolto diocesano, registrando come il
calo di “utenti” degli ultimi due anni (da 1.900 a 1.500)
non sia da ascrivere alle minori domande – ché anzi sono
in crescita, anche tra i reggiani, con sempre più frequenti
casi di disoccupazione e separazioni/divorzi – ma
al miglior utilizzo dei centri Caritas periferici, più vicini
alle situazioni di bisogno.
Dal pubblico sono venuti interventi “veri”, a cominciare da
quello di un giovane di origine napoletana, padre di quattro
figli, che tra 6 mesi vedrà evaporare il lavoro per cui 15 anni
fa era venuto a Reggio Emilia.Un grido d’aiuto (prontamente
raccolto), spia di una crisi di proporzioni spaventose.
6

10
20 giugno 2009
Guastalla. Circolo Fotografico Maldotti, 10 anni di mostre
È ancora visitabile, sabato 20 e domenica
21 giugno (ore 10.30-12.30
e 17-19.30), a Guastalla, presso la
sala espositiva - ex chiesa di San
Francesco, la 10 a edizione della
mostra fotografica del Circolo Fotografico
Maldotti, dal titolo Curiosando
qua e là... particolari da scoprire.
Un appuntamento che si ripete
a completamento dell'attività
annuale del circolo; per l'occasione
sarà presentato anche il volume
Guardare oltre, che raccoglie le immagini
più significative esposte alle
ultime edizioni della mostra. "È
una delle finalità caratteristiche
del CFM", spiega il direttore della Maldotti mons. Giancarlo
Bellani, "quella di condurci scoprire quanto quotidianamente
abbiamo sotto gli occhi... Ogni cosa che il CFM tocca, diventa
foto, racconto scritto con la luce". Info: 349.2978908.
Albinea - Fabbrico - Rolo. "Gli Ori della terra reggiana"
La rassegna "Gli Ori della Terra reggiana" – promossa dalla
Biennale del Paesaggio di Reggio come strumento di valorizzazione
dell'identità locale attraverso la promozione di prodotti
tipici del territorio – compie il suo primo lustro e presenta,
per questa 5 a edizione, un cartellone di appuntamenti
cui parteciperanno ben venti Comuni della provincia.
Il prossimo appuntamento è ad Albinea da giovedì 18 a domenica
21 giugno, con la 39 a Sagra del Lambrusco e degli spiriti
divini (info Pro loco: 339.1154555); sabato 27 e domenica
28 giugno gli "Ori" saranno a Fabbrico, al Castello Guidotti,
per il 9° Palio del Nocino tradizionale ed uno spettacolo fra le
antiche mura (info: 0522.751923); da venerdì 3 a domenica 5
luglio la manifestazione è a Rolo, con BirraRiso, nell'ambito
di Rolo in Festa e Rock in Rolo (info: 327.7384870).
Reggio e provincia. "Mundus": parte la 14 a edizione
Riparte da Correggio – con la prima serata che vede ospite
Mimmo Epifani e i suoi musicisti in piazza Garibaldi nell’ambito
della Notte Bianca – la rassegna di concerti Mundus,
in città e provincia di Reggio; l’edizione 2009 è la 14 a . Dal 27
giugno al 15 agosto, 29 concerti nelle piazze e nei cortili di Boretto,
Casalgrande, Carpi, Correggio, Reggio e Scandiano.Le
esibizioni, a ingresso libero, in caso di pioggia si terranno nei
teatri delle rispettive città ospitanti. Info: www.reteatri.it.
Canossa. Al Castello "Storie Miti e Leggende"
Proseguono, a Canossa, le iniziative di valorizzazione del Castello
di Canossa e del Museo "Campanini", dal marzo scorso
e fino a novembre 2009 proposti ad animare l'antico maniero;
domenica 28 giugno, per la rassegna Storie Miti e Leggende
promossa da Ar/s Archeosistemi società cooperativa,
alle 17 va in scena Il demone di Arianna.Info: 0522.532094.
Società & Cultura
Notizie da Città & Paesi
Guastalla. "La notte ha mille occhi", cinema sotto le stelle
A Guastalla, dal 28 giugno al 28 agosto – per 5 giorni a settimana,
con una breve pausa a ferragosto – torna La notte ha
mille occhi, rassegna di film all’aperto presso l’arena estiva di
via Costa (cortile delle scuole elementari). Il cartellone (visionabile
su www.comune.guastalla.re.it) accontenta tutti gli
appassionati della "quinta arte", ma anche chi, in un'afosa
notte di mezz'estate, voglia trascorrere un paio d'ore all’insegna
dell'evasione. Inizio proiezioni: ore 21.30. Ingresso: intero
6 euro, ridotto (4 euro) per spettatori fino a 10 anni e oltre
i 65, disabili e possessori di tessere Agis e di CartaGiovani.
Albinea. Gli Scrittori Reggiani ricordano Anna Magnani
In occasione del loro annuale incontro,
gli Scrittori Reggiani si sono dati appuntamento,
sabato 13 giugno, presso un noto
ristorante di Albinea per il tradizionale
pranzo. È stata anzitutto l'occasione
per ricordare la scrittrice Anna Magnani,
da poco scomparsa, alla quale prossimamente
– ha detto la presidente Clementina
Santi – verrà dedicata una Giornata,
con iniziative per ricordarne la figura, ancora
molto viva tra colleghi, amici, familiari.
(Domenico Amidati)
Guastalla. Al "Campanón", tra colori e suoni
La Galleria d'arte "Campanón", in piazza Matteotti a Guastalla,
è diventata da alcuni anni vivace luogo d'incontro culturale.
Nella settecentesca Torre Civica trovano spazio, da
primavera alla fine dell'anno, mostre d'arte, momenti narrativi,
musicali, di storia. Fino al 29 giugno sarà aperta (il sabato
e la domenica, in orario 10.30-12.30; 16.30-19.30) un'originale
doppia mostra. Espongono gli artisti-musicisti Tiziana
Pauletti – con Acrilici ed Acquerelli e Mario Santilli con Colore/Non
colore. Ingresso libero. Info www.galleriacampanon.it.
Reggio. Alla Panizzi l’archivio fotografico Lombardini
Una nuova, importante
acquisizione
arricchisce il patrimonio
culturale conservato
alla Panizzi
di Reggio: l'intero archivio
fotografico
dell'azienda Lombardini
Motori (circa
3.000 scatti) è stato
donato alla Biblioteca
e a breve sarà consultabile on-line in versione digitalizzata,
nel catalogo informatizzato, sul sito panizzi.comune.re.it.
Reggio. Il mercato del contadino in piazza Fontanesi
Prodotti alimentari direttamente da coltivatore a consumatore,
in piazza Fontanesi a Reggio, fino al 31 dicembre, per un
periodo di sperimentazione; così i produttori agricoli del reggiano
danno vita al Mercato del contadino, che ha aperto i
battenti il 13 giugno. Il progetto nasce da una proposta dell'amministrazione
comunale in collaborazione con le associazioni
di categoria Coldiretti, Cia e Confagricoltura. Aperto
ogni sabato mattina dalle 7 alle 14, il mercato con prodotti
biologici è riservato ai produttori agricoli iscritti nel registro
di imprese che fanno riferimento a queste associazioni.
Reggio. Marco Piccinini direttore di Banca Reggiana
Avvicendamento alla direzione di
Banca Reggiana. Dal 1° luglio 2009
l'incarico di direttore generale sarà assunto
da Marco Piccinini, 47 anni, già
vicedirettore e responsabile dell'area
commerciale dell'Istituto di credito
cooperativo. Sposato, 2 figli, Piccinini
succede a Carlo Malvolti, al quale il
Consiglio di amministrazione rivolge
un particolare ringraziamento per il
lavoro svolto in questi anni, segnati da
una costante crescita. "La crisi economica
che investe anche i nostri territori
– sottolinea Piccinini – influenzerà
anche i bilanci degli Istituti di credito, ma quel che è certo
è che Banca Reggiana, in continuità col lungo cammino
sin qui compiuto e i valori fondanti la cooperazione di credito,
sarà a fianco di comunità, imprese e famiglie in modo concreto,
efficace e soprattutto solidale".
Reggio. Confcooperative apre lo "Sportello Energia"
Nuovo investimentosull'energia
da parte di
Confcooperative,
che ha aperto
uno specifico
"Sportello" dedicato
alle imprese
alla ricerca di finanziamentispeciali
e delle tariffe
più convenienti
per l'installazione
di impianti che consentano di abbattere i costi di una delle
voci più pesanti sui bilanci di molte aziende. Lo "Sportello
energia" - di cui è responsabile Massimiliano Prato - sarà un
centro di prima consulenza in cui, a ogni richiesta, saranno
offerte risposte tecniche specialistiche; contemporaneamente
offrirà diverse possibilità alle imprese interessate a intraprendere
la strada delle fonti rinnovabili e dell'energia pulita.
Lo Sportello si affianca al Consorzio Power Energia, già attivo
da due anni. Info www.reggioemilia.confcooperative.it.

FEDE E
CULTURA
Porta la figlia con sé a spacciare «coca».
10 giugno, Reggio. La Finanza, durante
un normale controllo, arresta una 38en- sseetttteeggiioorrnnii mati 4 tunisini e una 32enne siciliana.
Da mesi i portici erano luogo di spaccio.
Una cavalla e il suo puledrino tratti in
ne marocchina; sull'auto nasconde un
salvo da un canalone. Villa Minozzo.
etto di polvere bianca; a bordo con lei
Sull'Appennino due quadrupedi scivo-
viaggia anche la figlia, appena 11enne.
lano in un crepaccio innevato sul Cu-
Parto mortale, disposta indagine su 5
sna, a 1.800 metri; dopo 6 ore di lavoro
medici. 11 giugno, Reggio: per mamma
di Vigili del Fuoco e Soccorso alpino, il
e bimbo 9 mesi di gravidanza magnifica,
lieto fine con tenera poppata in quota.
ma le cose si complicarono durante il
Crisi: a Reggiolo la «Dimes srl» cessa la
lungo e doloroso travaglio al S. Maria,
produzione. 13 giugno: siglato a Roma,
nel corso del quale pare rimasero ina-
al Ministero del Lavoro, un accordo che
scoltati i reiterati allarmi della coppia
dispone 2 anni di cassa integrazione
(la risposta era sempre: tutto sotto controllo). Quando final- straordinaria per 25 dipendenti su 35. L'azienda chiude il
mente si decise per il taglio cesareo, la piccola ne uscì con settore produttivo; manterrà commerciale e amministrativo.
gravi menomazioni cerebrali, che la portarono alla morte a Inaugurata a Montecchio una nuova «Sala del Regno». 14
pochi mesi di vita. Cinque i medici indagati.
giugno: è l'8° centro di culto aperto in provincia dai Testi-
Che delinquente! Bandito da guinness dei primati. Daniemoni di Geova, realizzazione totalmente autofinanziata, anle
Villa Ruscelloni, reggiano, a soli 35 anni di vita ha colleche grazie al lavoro di 250 volontari. Ad oggi sono 34 le conzionato
condanne per 30 anni complessivi in carcere e lo atgregazioni che si radunano a turno nelle diverse sedi, 2.000
tende una ventina di processi pendenti; il suo avvocato in- gli evangelizzatori porta a porta, altrettanti i simpatizzanti.
tende ottenere un "cumulo di pena" che riduca la somma Regnano invasa dalle mini-cavallette. 15 giugno: nelle cam-
matematica delle condanne. Ora Villa è rinchiuso a Ferrara. pagne della frazione vianese, vere e proprie nuvole di inset-
Operazione antiterrorismo: l'Fbi segnala Novellara. 12 giuti invadono a sciami aie e stalle, strade, negozi, pareti di cagno:
su input della Procura di Brescia e del famoso corpo se. Tutto ha origine nei campi, dove migliaia di uova si sono
speciale investigativo, la Digos irrompe nel phone center dischiuse. Ora occorre eliminarle chimicamente.
Moon Asia Food; in manette 2 pakistani, fortemente sospet- Il Comune: no al Crocifisso nella piazzetta, meglio l’ulivo.
tati di maxi-frode informatica; con parte dei proventi finan- Novellara: a settembre l'artista Mario Pavesi fu convocato
ziavano azioni di estremismo islamico nel Sud-est asiatico. per la commissione di un imponente crocifisso in bronzo,
Spaccio di eroina, sgominata una banda. Reggio, via Turri: ma al momento dell'installazione l'amministrazione fa die-
la Mobile irrompe in un appartamento al civico 41 trasfortrofront senza addurre motivazioni. Amareggiato l'autore:
mato in laboratorio per produrre e confezionare droga. Fer- se fosse per motivi religiosi, è come negare le proprie radici.
Chiesa & Società 20 giugno 2009 11
Appunti dal terzo incontro del ciclo dedicato all'impegno dei laici per il bene
comune, promosso dal circolo di cultura "Giuseppe Toniolo" con Ac e Caritas
Un welfare con i poveri? Sì, è doveroso
La Chiesa italiana avanza sia denunce che proposte,ma la politica è in ritardo
" S
e si è perso tempo,
in particolare negli
ultimi anni, è anche
perché si è dato credito a una
tesi convincente e seducente:
la povertà potrà essere ridotta
grazie allo sviluppo economico".
È una valutazione di monsignor
Vittorio Nozza, direttore
di Caritas Italiana, sottoscritta
anche da Tiziano Vecchiato, direttore
della Fondazione Emanuela
Zancan di Padova. Come
a dire: la povertà è solo una parentesi
provvisoria, un incidente
di percorso nel radioso cammino
di sviluppo delle società
occidentali.
La storia recente del nostro
Paese smentisce questa tesi: da
ormai quindici anni, e ben prima
che l'attuale crisi facesse
sentire i suoi morsi, in Italia esiste
uno zoccolo duro di poveri
sostanzialmente intatto. Anzi,
in espansione.
Il terzo incontro promosso
dal circolo di cultura "Giuseppe
Toniolo" di Reggio
Emilia per il ciclo "Fede e cultura",
ospitato al Festincontro
di Azione Cattolica, ha permesso
di sfatare questo ed altri luoghi
comuni sulla povertà di casa
nostra. Un'altra errata credenza
è che l'argomento stia a
cuore ai cristiani perché tanto
la Chiesa si deve occupare degli
ultimi per mandato, quasi che
la povertà fosse una questione
confessionale. Invece è in gioco
una missione civile consegnata
all'Italia dalla sua Costituzione,
là dove tra i princìpi fondamentali,
all'articolo 3, viene
stabilito che "è compito della
Repubblica rimuovere gli ostacoli
di ordine economico e sociale
che, limitando di fatto la
libertà e l'eguaglianza dei cittadini,
impediscono il pieno sviluppo
della persona umana e
l'effettiva partecipazione di tutti
i lavoratori all'organizzazione
politica, economica e sociale
del Paese".
Ed è significativo che il
contributo più corposo
alla riflessione, la sera
del 15 giugno, sia venuto da
una voce che ha saputo coniugare
nell'esperienza questa duplice
visione, ecclesiale e sociale,
del fenomeno: monsignor
Giuseppe Pasini, già direttore
di un organismo di natura pastorale
come Caritas Italiana, è
oggi presidente di un centro di
studio, ricerca e sperimentazione
- la Fondazione Zancan
onlus - che opera da oltre quarant'anni
su un piano squisitamente
laico nell'ambito delle
politiche sociali, sanitarie, educative,
dei sistemi di welfare e
dei servizi alla persona.
Piste di lettura ben presenti nel
"Rapporto 2008 sulla povertà e
l'esclusione sociale in Italia",
non a caso presentato congiuntamente,
ormai da diversi
anni, da Caritas Italiana e Fondazione
Zancan.
Certo, in un titolo come
"ripartire dai poveri"
può essere trovata una
vena d'ingenuità e quasi d'ironia,
dal momento che - volgendo
lo sguardo al passato - nessuno
dei governi italiani del dopoguerra
ha mai varato un piano
organico di contrasto alla
povertà. Dai poveri, onesta-
mente parlando, non è mai
"partito" nessuno. Eppure imparare
a tenere il passo di chi è
più lento, per riprendere una
metafora di monsignor Pasini,
tende a un obiettivo di cui la
politica non può non farsi carico,
perché il bene comune è
tale soltanto se "è di tutti e di
ciascuno, perché tutti siamo
veramente responsabili di tutti"
("Sollicitudo rei socialis" n.
38). Ed è appena il caso di ri-
cordare il cammino di riflessione
che il vescovo Caprioli
sta facendo compiere alla Diocesi
proprio sul bene comune
quale nuovo volto della questione
sociale.
Un'altra immagine stereotipata
che è il caso
si cancellare è quella di
una Chiesa brava a fare la carità
ma ferma su posizioni difensive,
anche quando si tratta di
poveri, nei confronti della pubblica
amministrazione. Il "Rapporto"
di Caritas e Fondazione
Zancan non si limita a denunciare
ciò che non va, ma contiene
proposte realistiche. In
primis, chiede alla politica - nazionale,
regionale e comunale
- di rivalutare il principio di
equità sociale, senza utilizzare
le risorse in modo improprio, a
vantaggio di chi non ne ha bisogno.
Si potrebbe poi util-
Se la politica considererà i poveri non semplici
destinatari di assistenza, ma soggetti portatori
di valori e cittadini alla pari,si compirà
un passo importante verso l'attuazione
della democrazia e della giustizia sociale
mente abbandonare l'approccio
"categoriale" ai problemi,
concentrando il sostegno economico
e la solidarietà fiscale
sulle persone non autosufficienti,
sui familiari che se ne
prendono cura e sulle famiglie
con prole numerosa. Piuttosto
che espandere la spesa per assistenza
sociale in Italia - superiore
a 47 miliardi di euro -
occorre riorientarla, trasformando
i contributi monetari in
servizi più capillari sul territorio,
secondo il binomio solidarietà-sussidiarietà.
Da questo punto di vista,
anche il decentramento
delle sedi decisionali
aiuterebbe a togliere qualcosa
a chi ha di più per darlo a chi,
in questo momento, ha assai
meno. Si può dunque pensare
ad un federalismo dal volto più
umano, proprio per i poveri. Il
fatto è che le risorse ci sono, ma
l'Italia è segnata da profonde
disuguaglianze. Ordinando le
famiglie italiane in cinque
gruppi numericamente uguali
- secondo i dati Istat - il quinto
delle famiglie con i redditi più
bassi percepisce solo il 7,0% del
reddito totale; il quinto delle famiglie
con il reddito più alto
percepisce il 40,8% del reddito
totale, vale a dire quasi sei volte
maggiore. "Il problema - ha
spiegato monsignor Pasini - è
quello di ristabilire un equilibrio
organico, che consenta a
tutti di fruire di sufficienti risorse
e di offrire il proprio contributo.
Non si tratta di un'operazione
indolore. Essa comporta
rinunce a privilegi ingiustificati
da parte di tutti, dei citta-
Visto da E. T.
UN CALCIO A REGGIO
Foto 1:
monsignor
Giuseppe Pasini
la sera del
15 giugno al
Festincontro.
Foto 2: una
delle tante
"Mense del
povero" del
nostro Paese,
gestita in questo
caso da un
ordine religioso.
I dati Istat
e Caritas
confermano
che sta
crescendo il
numero delle
famiglie italiane
che chiedono
aiuti materiali.
dini garantiti e anche di quelli
in disagio ma meno sfortunati
di altri; la creazione di nuove
scale di priorità nella spesa
pubblica da parte dello Stato,
come pure da parte delle regioni
e degli enti locali, rinunciando
a scelte forse utili ma non
essenziali, per destinare le risorse
a chi è privo del necessario;
l'assunzione di nuovi stili di
vita improntati alla sobrietà ed
escludenti sprechi ed esibizioni
sfacciate di lusso".
Scelte impopolari, è evidente,
di cui però la politica
deve occuparsi senza
rassegnarsi ai poveri come
una fatalità. Anche dall'attuale
crisi economico-finanziaria,
secondo il presidente della
Fondazione Zancan, si può
trarre una lezione politica: se
essa farà spazio ai poveri, se li
considererà non semplici destinatari
di assistenza ma soggetti
portatori di valori e cittadini
alla pari, si farà un passo
importante verso l'attuazione
della democrazia e la realizzazione
della giustizia sociale.
Crederci è doveroso.
Edoardo Tincani
Vediamo se ho capito il vostro calcio. Avete una squadra che si
chiama Reggiana, mediamente fallosa e una volta sola fallita; poi
avete lo stadio Giglio, fiorente nei Petali e senz'ombra di Foglia.
Nei giorni scorsi, dopo la brutta cinghiata presa dalla Pro Patria ai
play-off, la società cercava una bella cordata che la tirasse un po'
su. E già qui - dato che non si chiama più C1 - si è vista una Prima
Divisione: quella tra le Cooperative, decise a rimanere proprietarie,
e gli Industriali, più desiderosi di vendere. Forse Nino
Spallanzani, piuttosto che guardare Reggiana-Pro Patria, preferisce
seguire Inter-Acciai; la voce di Iniziativa Tricolore ha comunque
lasciato intendere l'eventuale semaforo verde a una delega in
bianco che eviti di tornare in rosso.
Le cordate sono spuntate: una sicura da Modena, con l'avvocato
Alessandro Bitonti e l'amico Beppe Accardi; l'altra teorica da Genova,
con l'imprenditore Enrico Preziosi, quello dei famosi Giochi,
che si occuperebbe dell'area tecnica schierando i Gormiti in
attacco e le Winx sulle ali. Un'altra Divisione. Chissà se la prossima
formazione sarà una bomba (granata) e se produrrà un gioco meno
raffermo degli uomini di Pane. Se il nuovo presidente diventasse
Clar Fiorello, poi, spettacolo e diritti tv sarebbero garantiti, su Clar
Sky. Che i Cooperatori cooperino e gli Industriali s'industrino, allora,
perché a non siglare accordi con Accardi o a fare troppo i Preziosi
si rischia di esser presi due volte per fessi (in gergo Bi-tonti).

12
20 giugno 2009
DETERMINANTE L’INTERVENTO DI BANCA REGGIANA
Asta d'arte benefica:25mila
euro di opere di solidarietà
Con una conferenza stampa pubblica, i promotori dell'esposizione-vendita
benefica «Operazione Aforismi» hanno
voluto rendere noti alla cittadinanza guastallese e al
territorio gli esiti più che positivi di un’iniziativa che ha saputo unire
la bella arte alla buona solidarietà. La mostra – allestita a maggio
presso l’ex Museo civico di Guastalla – in pochi giorni ha visto
centinaia di opere di artisti di fama nazionale e internazionale
tramutarsi in opere di solidarietà. I dipinti messi all’asta – a disposizione
di appassionati e collezionisti – sono serviti infatti a finanziare
una raccolta fondi in favore delle necessità della Caritas
guastallese, dell'Abruzzo e dei restauri alla Biblioteca Maldotti
(anche in considerazione degli spazi recentemente ampliati).
Tutto è partito dall'estro e dall'intraprendenza di mons. Ambrogio
Morani – in arte "Brommo", pittore a sua volta – e si è concretizzato
grazie all’apporto e alla collaborazione di diverse personalità
ed enti della zona. Determinante per la riuscita del progetto si
è rivelata Banca Reggiana; l’Istituto di credito cooperativo, da sempre
molto attento e presente – laddove è insediato – a coinvolgersi
in iniziative a servizio della comunità, ha acquistato ben 131 dei
135 quadri esposti. Ora i 25mila euro raccolti saranno devoluti in
beneficenza secondo questa ripartizione: 40% pro Maldotti, 32%
pro Caritas locale, 28% pro ricostruzione in Abruzzo. (MatG)
Società & Cultura
Pensiero cattolico tra nodi e slanci
Quattro libri per riflettere sul rapporto con la società che cambia
Nelle ultime settimane si
sono affacciate sul
mercato editoriale diverse
novità "reggiane", quanto
all'autore o alla casa editrice,
che segnaliamo di seguito - con
rapide recensioni - sapendo
che l'estate spesso porta con sé
nuove letture.
La prima è un agile volumetto
intitolato "Nodi",
scritto da don Giuseppe
jr. Dossetti (Edizioni Dehoniane
Bologna 2009, 98 pagine,
7,90 euro) per la collana "Cammini
di Chiesa". Vengono affrontate
due questioni oggi
particolarmente spinose, ma
non altrettanto dibattute: il
rapporto tra religione e violenza
e l'ammissione ai sacramenti
dei divorziati risposati. In un
altro breve saggio, "La ricerca
dell'eccesso", don Dossetti interpreta
- alla luce della pluriennale
esperienza di presidente
del CeIS reggiano - il
sempre più vasto fenomeno
della dipendenza da sostanze,
che porta l'uomo dal piacere
all'angoscia.
L'analisi del sacerdote mette in
discussione anche l'approccio
ecclesiale a questi "nodi", evidenziando
come la Chiesa del
terzo millennio, la stessa invitata
al "Duc in altum" ("Vai al
largo") sulla parola rivolta da
Gesù a Pietro (Lc 5, 4), rischi di
farsi imprigionare da dispute
accademico-moralistiche e, alla
fine, da un pervasivo sentimento
d'impotenza.
"Il risultato - si legge nell'introduzione
- non è neppure lo status
quo, la conservazione dell'esistente.
Questo sarebbe il
foto Fausto Franzosi
minor male. In realtà, i problemi
non risolti generano lo
sconforto, l'allontanamento
dalla Chiesa e il nascere di un
essere dei cristiani "fai da te"".
La casa editrice reggiana
Diabasis si presenta in
questi giorni al Festincontro
di Azione Cattolica
(Oratorio di Santa Croce, 19-21
giugno) con almeno due titoli
potenzialmente in grado di stimolare
l'interesse del lettore
cattolico, entrambi per la collana
"I muri bianchi", focalizzata
su temi socio-politici. "Il gioco
dell'oca", di Ruggero Orfei
(Edizioni Diabasis 2009, 274
pagine, 16 euro), tenta di aprire
un "processo di chiarimento"
sulla crisi del movimento
cattolico. L'autore, già direttore
dell'Università Cattolica del Sacro
Cuore, membro della dire-
Guastalla, la conferenza stampa. Da sinistra, seduti:
l'organizzatore e promotore dell'iniziativa benefica, mons.
Ambrogio Morani; l'esperto d'arte on. Giuseppe Amadei e il
responsabile Marketing e Comunicazione di Banca Reggiana
Roberto Bellini; in piedi, da destra: mons. Giancarlo Bellani,
direttore della "Maldotti", il fratello Roberto Bellani, curatore
della mostra, e il presidente di Banca Reggiana Giuseppe Alai.
zione delle Acli e redattore/collaboratore
di diverse riviste,
parte dal presupposto che il
tramonto della Democrazia
Cristiana ha prodotto un "effetto
di trascinamento verso il
basso" di tutta la struttura organizzata
dei cattolici italiani.
Quale presenza "cristiana" nella
vita pubblica, ammessa la liceità
di un movimento cattolico
non unitario, ma "fatto di
parti concorrenti per la promozione
del bene comune"? È
una delle domande di fondo
che percorrono la ricerca di Orfei,
che dichiara di trovare in
Giuseppe Lazzati, di cui si celebra
in questi giorni il centenario
della nascita, l'insegnamento-cardine
in materia di laicità.
"
Ripensare la solidarietà",
a cura di
Franco Riva (Edi-
Un interessante intervento nella prefazione all’ultimo libro di suor Margherita Marchione
"Pio XII? Un santo". Parola di Rabbino
Un ebreo statunitense chiede la canonizzazione di Papa Pacelli
Èun Rabbino statunitense.
Fino al settembre del 2008
aveva sollevato dubbi sull’idoneità
della beatificazione di
Pio XII; ora prega per il Pontefice
e propone di riconoscere Papa
Pacelli come santo.
Nella prefazione all’ultimo libro
di suor Margherita Marchione,
Papa Pio XII. Un antologia di testi
nel 70° anniversario dell’incoronazione,
edito in italiano e
inglese dalla Libreria Editrice
Vaticana, Erich A. Silver del
«Temple Beth David» in Cheshire
(USA), responsabile per il
miglioramento delle relazioni
tra Giudaismo e Chiesa cattolica,
racconta il perchè del suo
cambio di opinione. “Credevo –
scrive Silver nella prefazione al
libro – che avrebbe potuto fare
di più. Volevo sapere, infatti, se
fosse stato un collaboratore, un
antisemita passivo...”.
Poi il Rabbino racconta
come nel mese di settembre
del 2008 venne a
Roma, invitato da Gary Krupp a
partecipare ad un simposio organizzato
dalla Pave The Way
Foundation, in cui si intese
esplorare il ruolo di Pio XII durante
la Shoa. In quell’occasione,
Silver conobbe suor Margherita
Marchione e una cinquantina
tra Rabbini, sacerdoti,
studiosi e giornalisti che avevano
studiato e indagato a fondo
sul tema.
Per Silver, quel simposio fu una
folgorazione: “Le prove che ho
zioni Diabasis 2009, 194 pagine,
17 euro), raccoglie i contributi
di cinque autori: Franco
Riva, filosofo e docente di Etica
Sociale all'Università Cattolica
di Milano; Ivo Lizzola, preside
della Facoltà di Scienze della
Formazione all'Università di
Bergamo; Sandro Antoniazzi,
ex sindacalista oggi impegnato
nel settore non profit; Johnny
Dotti, presidente di Welfare Italia
e dirigente del Consorzio
Cgm per la cooperazione sociale;
monsignor Eros Monti,
vicario episcopale dell'Arcidiocesi
di Milano per la Vita sociale
e per la Famiglia.
La parola solidarietà va di moda,
specie in questi tempi di
crisi, ma anch'essa è inflazionata,
forse abusata. Il libro
mette in guardia da stravolgimenti,
equivoci e strumentalizzazioni
del significato origina-
visto – scrive – mi
hanno convinto
che la sua sola
motivazione (di
Pio XII, ndr) è stata
di salvare tutti gli
ebrei che poteva”.
E
l’immaginenegativa,
la leggenda
nera contro
Pio XII? Secondo
Silver, tutto iniziò
con la pubblicazione
del libro The
Deputy, con la diffusione
di bugie e
l’abitudine a non
indagare i fatti
storici. Così molte
persone sono diventate“strumento
di coloro che
detestano Pio XII
perché fu sempre anticomunista”.
“È da notare – rileva Silver – che,
dopo la fine della guerra, e fino
alla sua morte gli ebrei lo hanno
lodato continuamente riconoscendolo
come salvatore”.
“Io spero – ha auspicato il Rabbino
– che la canonizzazione di
Papa Pio XII possa procedere
speditamente, affinché non solo
i cattolici, ma tutto il mondo
possa conoscere il bene compiuto
da quest’uomo di Dio”.
Nella parte finale della
sua introduzione al libro,
Silver ricorda di
rio della solidarietà, "evitando
nel contempo le tentazioni sorelle
di darle rilievo in modo
settoriale, di consegnarla all'emergenza,
o di dismetterla". Il
segreto della solidarietà, si coglie
tra le righe, "sta nella responsabilità
per l'altro in quanto
altro".
Del medesimo catalogo e
meritevole di attenzione,
anche se più datata,
è infine la raccolta di testi poetici
"Lumen de lumine" di Italo
Podestà (Edizioni Diabasis
2004, 234 pagine, 19 euro), con
la prefazione del cardinale Tarcisio
Bertone. La teologia, nell'opera
del filosofo - che ha trascorso
l'infanzia a Pontremoli
("sgambettando fra Gronchi,
don Sturzo, Meda e Tangorra")
per poi diventare un animatore
della vita culturale cattolica di
aver parlato – nella predica di
Yom Kippur, in occasione del
50° dell’anniverario della morte
di Pio XII – “del bisogno che c’è
di correggere gli sbagli fatti nel
passato. Dopo tutto, Eugenio
Pacelli è un amico speciale di
Dio – un santo. Tocca a noi riconoscere
questo fatto”.
Intervistata dall'agenzia
cattolica internazionale
Zenit, suor Margherita
Marchione – conosciuta come
“Fighting Nun” (la suora che
combatte) e autrice di oltre 15
libri sulla figura di Pio XII – ricorda
di aver conosciuto e in-
Parma -, viene intesa come la
poesia di Dio.
"Ripetendo la sublime concretezza
della formula liturgica, il
titolo (tratto dal Credo, nell'articolo
di fede che attiene alla
persona del Figlio unigenito di
Dio, ndr) allude congiuntamente
all'assolutezza della presenza
divina, dunque ad una
intangibile staticità, ma contemporaneamente
offre testimonianza
di un processo di
movimento", scrive Giorgio
Cusatelli nella presentazione.
Come assaggio, ecco Sulle soglie,
dedicata al ricordo dei defunti:
"Sulle soglie ci aspettano
/ i nostri morti, vegliano / tristezze
addormentate, riconfondono
/ nell'ombra delle case
/ l'implacabile peso delle assenze.
/ Invidiosi di perduta
sorte... / O forse d'altra vita /
messaggeri impazienti".
contrato Papa Pacelli nell’estate
1957, quando venne in Italia per
condurre una serie di ricerche
sul poeta Clemente Rebora. Per
suor Margherita, Pio XII è la più
grande personalità dell’epoca
della Seconda Guerra Mondiale.
“Questo Papa – dichiara a Zenit
la religiosa – nel silenzio e
nella sofferenza, senza armi e
senza eserciti, riuscì a salvare
tante vite umane e ad alleviare
tante pene. È la verità storica”.
Suor Margherita ha dimostrato
che Pio XII fu nemico
acerrimo dei nazisti
e dei comunisti. Come ha scritto
mons. Fulton J. Sheen, “il Vaticano
è stato tacciato di comunismo
dai nazisti, di nazismo
dai comunisti, di antifascismo
dai fascisti, ma in realtà si oppone
a ogni ideologia antireligiosa”.
In merito al rapporto con gli
ebrei, suor Margherita può dimostrare
che “Pio XII ha salvato
più ebrei di qualsiasi altra
persona inclusi Oskar Schindler
e Raoul Wallemberg”.
“Durante la guerra – aggiunge –
Pio XII ha fatto di più di qualsiasi
altro capo di stato come il
presidente americano Franklin
Roosevelt oppure Winston
Churchill i quali potevano servirsi
di mezzi militari. L’unico
capo mondiale che ha salvato
migliaia di ebrei è stato Pio XII, il
quale non aveva mezzi militari”.
Antonio Gaspari

21-22 GIUGNO: REFERENDUM IN PILLOLE
Confermata l’importanza della vita stabile di coppia (uomo e donna uniti in matrimonio) ai fini del bene comune
LA FAMIGLIA, PALESTRA DI BENESSERE E COESIONE SOCIALE
Se l'ideale matrimoniale si sviluppa con
"basso profilo" si impoverisce e, di conseguenza,
la relazione d'amore di coppia si
indebolisce. L'ideale della vita matrimoniale
non dovrebbe essere lasciato a livello "emotivo"
e "sentimentale", perché il bene della famiglia
richiede un impegno di vita "in profondità".
Il presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia,
card. Ennio Antonelli, non esita a parlare
di "famiglia sana" e "famiglia malata", e dei
suoi frutti. Una famiglia sana produce "beni" –
i figli – dai quali dipende il futuro della società.
Viceversa, alla famiglia malata, incompleta o
disgregata sono imputabili danni sociali: il calo
delle nascite, l'emarginazione dei più deboli,
insicurezza, depressione, litigiosità...
Asostegno di queste tesi si citano interessanti
dati statistici emersi nel recente 6°
Incontro mondiale delle Famiglie svoltosi
a Città del Messico. Pur riferite a Paesi diversi
tra loro – Canada, Stati Uniti, Guatemala, Cile
– le percentuali danno indicazioni conver-
Appartamenti in Val di Sole
La Cooperativa Unione Mariana di Guastalla
affitta a prezzi moderati
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genti sul contributo delle famiglie alla società.
Gli studi affermano che, ovunque, la coppia uomo-donna
unita in matrimonio stabile e duraturo
offre vantaggi sociali maggiori rispetto alle
convivenze di fatto e alle madri sole. La coppia
sposata comporta per i figli maggiori possibilità
di educazione, più assidua frequenza alla
scuola, migliore riuscita negli studi e nel lavoro,
minore probabilità di delinquenza, di consumo
di alcool e droghe, minore mortalità infantile,
migliore salute fisica ed equilibrio psichico per
i figli e gli stessi genitori, meno depressione per
le donne, meno suicidi, maggiori aspettative di
vita, di produttività lavorativa e di reddito, minori
probabilità di cadere in povertà; e per lo
Stato, costi sociali ridotti, e promozione di coesione
e sviluppo.
Èdunque interesse pubblico che la famiglia sia
fondata sul matrimonio, e sia stabile, perché è
un bene capace di immettere nella società la logica
dell'amore disinteressato.
Società & Cultura 20 giugno 2009 13
LE FORZE DELL’ORDINE
A REGGIO DAL 1859 A OGGI
I
Gabriele Soliani
Dall’ultima seduta della Deputazione di Storia Patria
n una recente seduta, la
Deputazione reggiana di
Storia Patria ha ricordato il
“1859 reggiano”, invitando
alcuni rappresentanti di organi
dello Stato con sede a Reggio
ad approfondire il tema.
Dopo l’introduzione del presidente
Gino Badini (un inquadramento
del problema
nel più vasto scenario sociopolitico),
ha preso la parola
Roberto Bolognesi, capo di
gabinetto della Prefettura,
trattando dell’evoluzione di
quest’organo istituzionale,
formalmente istituito con Regio
Decreto nel 1861.
È poi intervenuto il commissario
capo della Polizia di Stato,
Emiliano Arcelli, soffermandosi
soprattutto sul necessario
adeguamento che la
pubblica sicurezza dovette
affrontare nel passaggio dall’assolutismo
allo Stato costituzionale.
La relazione del
colonnello Giovanni Fichera,
comandante provinciale dei
Carabinieri, ha ripercorso il
periodo dalla fondazione dell'Arma
all'unificazione del
Regno d'Italia, raccontando
come – nell’arco di pochi
mesi – fu possibile, pressoché
in tutta la provincia reggiana,
l’organizzazione delle prime
stazioni.
Infine il colonnello Alfonso
Di Vito ha illustrato la
presenza dei Finanzieri a
Reggio nel periodo Ducale,
anche sulla base della copiosa
documentazione acquisita
presso l’Archivio di Stato di
Modena. Una presenza antichissima
– ha ricordato Di Vito.
Un primo documento risale
infatti al 1799, quando la
Dogana venne trasferita nell’ex
convento delle Clarisse.
Tuttora la Finanza occupa la
stessa sede; se non la più antica,
certo fra le più antiche
d’Italia.
INFORMANZIANI
Rubrica della F.N.P.
Federazione
Nazionale
Pensionati
CISL
a cura di Pietro Ferri
pietro.ferri@cislreggioemilia.it
60MILA A ROMA
PER SVEGLIARE IL GOVERNO
Grande successo della manifestazione indetta giovedì 11
giugno a Roma da Fnp-Cisl per sollecitare il Governo a
emanare misure concrete a sostegno dei redditi da pensione,
e a rivedere e calendarizzare la legge sulla non autosufficienza.
Gli esperti hanno calcolato che siano convenuti
in piazza del Popolo non meno di 60mila pensionati
da tutta Italia, che con bandiere, cartelli e suppellettili
di vario genere – necessari a dare un tocco folcloristico
alla manifestazione – hanno vivacizzato l’affollatissimo
incontro. Anche da Reggio una folta rappresentanza
ha raggiunto la capitale, partecipando all’iniziativa della
Segreteria nazionale Fnp, che da sola – e senza l’appoggio
di altre confederazioni – si è presentata in piazza per
suonare la sveglia al Governo. Nel discorso rivolto agli intervenuti,
il segretario generale di Fnp-Cisl Antonio Uda
ha polemizzato col sindaco di Roma per il divieto di percorrere
in corteo alcune strade della capitale, contrariamente
a quanto, viceversa, è stato concesso agli 'sbracati'
del Gay pride. C’era, è vero, la presenza in città del colonnello
Gheddafi; tuttavia i primi accordi intercorsi col
Comune prevedevano una sfilata lungo vie marginali che
da piazza Barberini portano
a Villa Borghese e
piazza del Popolo. Su
questo divieto Uda si è
domandato se i pensionati
in corteo con le loro
richieste facciano paura
e – se fanno paura – a chi
e perché... Forse per le richieste
di 8 milioni di
pensionati sulla soglia di
povertà (certificata da
Cancan, Ista, Caritas,
Bankitalia)? E i 12 miliardi
dati alle banche o i 4
erogati alla Cai (Alitalia),
non spaventano? Uda si
è poi chiesto se non faccia paura il Mezzogiorno, coi suoi
minimi storici di sviluppo, la disoccupazione giovanile e
l’evasione contributiva e fiscale. Si è chiesto anche perché
stampa e televisione diano ampi spazi alle veline e non
parlino di milioni di pensionati e dei loro problemi. Potrà
essere plausibile per le reti commerciali ma non per la
Rai, che continua a occuparsi di futilità tacendo – ad
esempio – la precarietà che non garantisce certezze. Uda
ha proseguito con richieste dirette al Governo sulla piattaforma
che da anni attende risposte, e con la conferma
dell’accordo tra sindacati sulla lotta a sprechi, scandali,
baronie, sanità ospedalocentrica.
È stato anche ricordato che milioni di pensionati che vivono
con reddito da fame non attendevano l’elemosina
della social card, ma provvedimenti strutturali e consequenziali
a quelli varati dal precedente Governo. Il dissenso
del sindacato è stato scambiato per populismo e
demagogia. Non è forse demagogica la scelta governativa
che ha creduto di risolvere i problemi dei pensionati
che non arrivano alla 3 a settimana distribuendo la 'tesserina
di plastica', senza mettere in conto le umiliazioni
cui sono stati sottoposti e le conseguenti speculazioni?
Poi è venuta la contestazione al Governo e ai suoi ministri
più chiacchieroni sul costo previdenziale, ammontante
– si dice – al 15,3%, quindi superiore alla media europea;
costo dal quale, (ma questo non viene mai detto),
sottraendo la spesa assistenziale, si scenderebbe però al
di sotto della media stessa. Fa scandalo il 15,3%... e non
stupisce che i fondi per l’assistenza alla famiglia siano in
Italia allo 0,5% mentre in Danimarca sono oltre il 4%.
Al discorso di Uda ha fatto seguito l’intervento di Raffaele
Bonanni, segretario generale Cisl, che ha ribadito la
giustezza delle richieste dei pensionati, sottolineando come
i colpi della crisi si siano abbattuti sui ceti più deboli
e assicurando a questa annosa vertenza l’appoggio convinto
e totale della Confederazione.
QUALCOSA SI MUOVE
Al termine della grande manifestazione una delegazione
Cisl e Fnp capeggiata da Bonanni è stata ricevuta
dal presidente della Camera, on. Gianfranco
Fini, il quale ha garantito che in tempi brevi – e di
concerto con il presidente della Commissione Affari
costituzionali – il disegno di legge d’iniziativa popolare
sul Fondo per la non autosufficienza sarà
rimesso all’ordine del giorno. La stessa delegazione
è stata poi ricevuta dal sottosegretario al Welfare, sen.
Pasquale Viespoli, che ha assicurato l’apertura di tre
tavoli unitari sulle tematiche di fondo per la non
autosufficienza, nonché l’istituzione di una commissione
per definire il paniere Istat tarato sui bisogni e
i consumi degli anziani, la 14 a mensilità e la rivalutazione
delle pensioni. Qualcosa si muove. La nostra
mobilitazione, tuttavia, non si ferma qui.

14
AGENDA DEL VESCOVO
AGENDA DELL’AUSILIARE
20 giugno 2009
Venerdì 19 giugno
Alle 21, nella chiesa parrocchiale di Puianello, il Vescovo
presiede la Veglia di preghiera e consegna alle
Unità pastorali del Vicariato 7 della Collina la
Lettera di mandato dopo la Visita pastorale.
Sabato 20 giugno
Alle 19, presso l'Oratorio Don Bosco a Reggio, nell'ambito
del XXV Festincontro, il Vescovo presiede
la celebrazione eucaristica a conclusione dell'itinerario
annuale dei progetti per fidanzati e sposi.
Domenica 21 giugno
Alle 10.30, nella chiesa di S. Terenziano a Cavriago,
il Vescovo presiede la celebrazione eucaristica unica
in occasione dell'inizio dei festeggiamenti per il
50° di apertura della locale Casa della Carità, intitolata
al patrono di Cavriago, San Giovanni Battista.
Dal 22 al 26 giugno
Mons. Caprioli e mons. Ghizzoni sono presso il
Centro di spiritualità a Marola per il Corso annuale
di Esercizi Spirituali con i Vescovi dell'Emilia Romagna,
guidati da p. Stefano Titta, sj, direttore della
Casa di spiritualità "S. Giuseppe" dei Padri gesuiti
a Bologna, e dal titolo "Il libro di Giuditta. Nella
storia sbagliata, la salvezza di Dio".
Venerdì 26 giugno
Nel pomeriggio, mons. Caprioli e mons. Ghizzoni,
presso il Centro di Spiritualità di Marola, partecipano
alla riunione della Conferenza Episcopale Regionale.
Domenica 21 giugno
Alle 11, nella chiesa parrocchiale di Minozzo, l'Ausiliare
presiede la celebrazione eucaristica domenicale
e conferisce la Cresima ai ragazzi.
Venerdì 26 giugno
Alle 21 presso l'Aula Mater dell'Oratorio Don Bosco
di Reggio, l'Ausiliare insieme al Comitato di gestione
del Fondo di solidarietà FAMIGLIA E LAVO-
RO incontra i parroci della Diocesi e gli operatori
Caritas per la presentazione della fase operativa di
questa iniziativa del Fondo, voluto dal Vescovo
Adriano in aiuto alle famiglie vittime dell'attuale
crisi economica.
Sabato 27 e domenica 28 giugno
Il Vescovo e l'Ausiliare guidano il pellegrinaggio a
Roma a conclusione dell'Anno paolino.
Radio Pace - Redazione Reggiana
Appuntamenti speciali quotidiani
06.50 Diretta mattutina con canto di Lodi
07.30 Messa dalla Cappella della Radio Vaticana
17.00 Notiziario Vaticano
17.10 Canto dei Vespri
17.30 Trasmissioni locali
Appuntamenti speciali settimanali
Notiziario Domenica 12.20 - 17.20 - 20.30
Lunedì 17.30 - 20.30
Voci dal Sud Martedì 17.30
Cronaca Venerdì 17.30
Frequenze - MF 90,50 - MF 91,90 - MF 97,40 - MF 89,70
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Contiene le informazioni sulla Diocesi,
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di Radio Pace Redazione Reggiana
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La Settimana
IL SANTO DELLA SETTIMANA
22 giugno
San Giovanni Fisher
Beverley, Yorkshire (Gran Bretagna), ca. 1469 -
Torre di Londra, 22 giugno 1535
Lo svegliano in cella: "Sono le 5. Alle 10 sarai decapitato".
Risponde: "Bene, posso dormire ancora un
paio d'ore". Questo è Giovanni Fisher, vescovo di
Rochester, nella Torre di Londra, estate del 1535. Un maestro
di coraggio elegante (come il suo amico Tommaso
Moro, già Gran cancelliere del regno, anche lui nella Torre
aspettando la scure). Figlio di un orefice, Giovanni è
stato a Cambridge come studente e poi come promotore
del suo sviluppo, aiutato da Margherita di Beaufort, nonna
di Enrico VIII. Sacerdote nel 1491, nel 1514 lascia Cambridge
perché nominato vescovo di Rochester, e si dedica
solo alla diocesi. Ma la rivoluzione luterana, con i suoi
riflessi inglesi, lo porta in prima fila tra i difensori della
Chiesa di Roma, con i sermoni dottrinali e con i libri, tra
cui il De veritate corporis et sanguinis Christi in Eucharistia,
del 1522, ammirato in tutta Europa per la splendida
forma latina. E fin qui egli si trova accanto a re Enrico,
amante della cultura e "difensore della fede".
Il conflitto scoppia con il divorzio del re da Caterina d'Aragona
per sposare Anna Bolena. E si fa irreparabile con
l'Atto di Supremazia del 1534, che impone sottomissione
completa del clero alla corona. Giovanni Fisher dice no al
divorzio e no alla sottomissione, dopo aver visto fallire
una sua proposta conciliante: giurare fedeltà al re "fin dove
lo consenta la legge di Cristo". Poi un'altra legge, l'Atto
dei Tradimenti,
è approvata da un
Parlamento intimidito,
che ha
tentato invano di
attenuarla: così,
chi rifiuta i riconoscimenti
e le
sottomissioni, è
traditore del re, e
va messo a morte.
Nella primavera
1534 viene portato
alla Torre di
Londra Tommaso
Moro, e poco dopo
lo segue Giovanni
Fisher. Sanno
che cosa li aspetta. E il papa Paolo III immediatamente
nomina Fisher cardinale, sperando così di salvarlo: e invece
peggiora tutto. Re Enrico infatti dice: "Io farò in modo
che non abbia più la testa per metterci sopra quel cappello".
Come previsto, i processi per entrambi, distinti,
finiscono con la condanna a morte. Ma loro due, da cella
a cella e senza potersi vedere, vivono sereni l'antica amicizia
e si scambiano lettere e doni: un mezzo dolce, dell'insalata
verde, del vino francese, un piatto di gelatina...
Sono regali di un loro amico italiano, Antonio Bonvini,
commerciante in Londra e umanista.
Alle 10 del 22 giugno 1535, Giovanni Fisher va al patibolo.
Per tre volte gli promettono la salvezza se accetta l'Atto
di Supremazia. Lui risponde con tre affabili no, e muore
sotto la scure. La sua testa viene esposta in pubblico all'ingresso
del Ponte sul Tamigi. Quindici giorni dopo uno
dei carnefici la butterà nel fiume, per fare posto alla testa
di Tommaso Moro. Nel 1935, in Roma, papa Pio XI li proclamerà
santi insieme. E sempre insieme li ricorda la
Chiesa.
Redazione: Reggio Emilia - Viale Timavo, 93
tel. 0522.452107, fax 0522.434058
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Domenico Agasso
La Libertà
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La testata percepisce contributi statali diretti ex L. 7/8/1990, n. 250.
Chiuso in redazione alle 19.00 di mercoledì 17 giugno 2009
Tiratura del 13 giugno 2009: 5.180 copie
UNO SGUARDO ALLE LETTURE
21 giugno 2009
XII Domenica di Tempo Ordinario
1 a lettura: Gb 38, 1.8-11 - Qui s’infrangerà l’orgoglio
delle tue onde.
Dal salmo 102: Diamo lode al Signore
per i suoi prodigi.
2 a lettura: 2 Cor 5,14-17 - Ecco, sono nate cose nuove.
Vangelo: Mc 4,35-41 - Chi è costui al quale
anche il vento e il mare obbediscono?
" P
erché avete paura? Non avete ancora fede?" -
sono parole chiare con cui il Vangelo di domenica
ci viene a cercare nei diritti che accampiamo
davanti a Dio.
Ecco allora che la Parola di Dio di domenica ci chiede la
disponibilità a fare spazio alla domanda: cosa vuol dire
avere fede?
Possiamo prendere due indicazioni dalle letture; una dal
libro di Giobbe, ed è custodire il senso del mistero. Per
quanto mi sia aperta una strada nella comprensione di
Dio, dell'uomo, del creato, la sapienza divina rimane sempre
più grande: "Chi ha chiuso tra due porte il mare, quando
usciva impetuoso dal seno materno...". L'altra indicazione
è nella lettera di Paolo ed è l'amore del Cristo. Dove
l'amore è quello gratuito di Cristo per gli uomini. Questo
amore è una realtà nuova che Cristo ci ha donato e nel
quale siamo stati collocati: è l'amore che spinge a donarsi
agli altri in maniera generosa, senza attendere contraccambi.
Amore più potente di qualsiasi vento contrario.
Con queste indicazioni entriamo nel Vangelo e proviamo
a prendervi posto individualmente e come
popolo di Dio. Diamo il nome alle tempeste di vento
alle quali siamo esposti (relativismo, indifferenza), alle
onde che si rovesciano nella barca (individualismo, onnipotenza).
Gustiamo come l'aver fede cammina con l'aver paura, con
provare impotenza, senso di precarietà, mancanza di garanzie
e chiediamoci cosa siamo chiamati a vedere, ascoltare,
accogliere da quel Cristo che sta a poppa, sul cuscino,
dormendo. Chiediamoci perché Cristo non si sente in
dovere di placare le nostre ansie. Chiediamoci cos'è quella
fede che non ci toglie le paure, le ansie, il senso di precarietà,
il dolore ma ci rende capaci di attraversarli avendo
come meta il Regno di Dio e la sua giustizia, oggi, lì dove
ci troviamo.
Il tempo che stiamo vivendo è di grandi cambiamenti,
che stanno aggredendo punti fermi consolidati negli
anni, ed è normale che nascano in noi tante domande:
"Maestro, non ti importa che siamo perduti?". Il senso del
mistero che ha sempre fame e sete di Dio e l'amore del
Cristo che ci possiede siano l'imbarcazione sulla quale le
attraversiamo.
don Filippo Capotorto, f. d. C.
LA A LIBERTÀ LIBERTÀ
VIGILATA VIGIL
dalle pagine di 50 anni fa
"È imminente l'arrivo a Reggio Emilia della statua della Madonna
di Fatima, che rimarrà tra noi, in Cattedrale, dalla sera
del 25 giugno, giovedì, fino alla sera del 27 giugno, sabato".
Questa la notizia di apertura su "La Libertà" del 20 giugno
1959, accompagnata da una decina di pagine di storia dedicate
ai pastorelli portoghesi e al messaggio della Bianca Signora.
Di fatto un numero monotematico del settimanale reggiano,
con il programma dettagliato delle manifestazioni mariane.
Nella foto, la freccia indica il punto di piazza Cavour, a
Reggio Emilia (l'attuale piazza Martiri del 7 Luglio), in cui atterrerà
l'elicottero con a bordo la statua della Beata Vergine.
Tra le notizie locali in breve, si annuncia l'inaugurazione
della nuova caserma reggiana dei Vigili del Fuoco, alla Canalina:
i pompieri vi si erano trasferiti, già nel dicembre
1958, dalla precedente sede di via delle Carceri.

FRUTTO DELLA TERRA E DEL LAVORO
Riscopriamo il pane,
simbolo di vita e di fede
Il 13 giugno, in occasione della giornata in cui, in tutte le
chiese Francescane, si è festeggiato S. Antonio da Padova,
oltre alla normale liturgia dedicata al Santo, si è provveduto
a benedire ed a distribuire ai fedeli il pane, in connessione
alla successiva Festività del Corpus Domini. Il pane, il dono più
semplice e più comune alla tavola di tutti. Guadagnato col sudore
della fronte. Il pane è la sintesi dell'universo.
Il filosofo Empedocle diceva che quattro sono gli elementi costitutivi
del cosmo: terra, acqua, aria e fuoco. Nel pane sono
presenti tutti e quattro. È la terra che accoglie il chicco e lo fa
germogliare, prima verde e poi biondo. È l'acqua pura della
fonte che intride la farina e la rende pasta. È l'aria che la gonfia
e la fa lievitare in turgide pagnotte. Ed era la fiamma dei
pruni e dei ginepri che crepitavano nel forno a cuocerle e dare
loro doratura della preziosità.
P
urtroppo
oggi il pane
è diventato
la cenerentola
della tavola, sostituito
dal sussiegoso
grissino fiero
della propria snellezza
e signorilità.
Ma il pane è il frutto
del lavoro e segno
dell'amore.
Non c'è da meravigliarsi
se Dio, nelle prime pagine della Bibbia, ne fa un comandamento
e Gesù, nel Vangelo, lo identifica con se stesso:
"Io sono il pane della vita". Ecco che, anche all'inizio di un
viaggio, era necessario assicurarsi il pane e l'acqua, poche gallette
nel sacco. Quel cibo si chiamava viatico: nutrimento, cioè,
per la via. Il cruccio del pellegrino era il pane. Quando finiva,
bussava alle porte e ne chiedeva una fetta per amor di Dio.
Anche nella vita dello spirito è necessario il viatico. È
quell'ostia bianca che, nella festa del Corpus Domini,
viene portata in trionfo per le vie della città; è una festa
con valenza civica e religiosa. Per dire a tutti la santità del lavoro
e la sacralità del pane nell'esistenza di ogni creatura. È un
richiamo ai più alti valori spirituali perché, oltre che di cibo,
l'uomo ha fame di realtà più sublimi. Ci auguriamo comunque
che il richiamo continuo e pressante del Pontefice, perché il
pane quotidiano non manchi a tutti gli uomini della terra, sia
ascoltato e che, per i credenti, abbia anche il valore di un banchetto
condiviso col Signore.
Marco Fornaciari Chittoni
La pagina dei Lettori 20 giugno 2009 15
In questa pagina ospitiamo opinioni e contributi dei lettori. La pubblicazione non significa condivisione da parte della redazione, ma invito al confronto. Scritti eccedenti le 1.500 battute potrebbero non
trovare spazio o essere tagliati. NON VERRANNO PUBBLICATE LETTERE NON FIRMATE. Recapiti per scriverci: viale Timavo 93, 42100 Reggio Emilia; fax 0522.434058; e-mail laliberta@libero.it
5° ANNIVERSARIO
PAOLO GUIDETTI
“Il tuo amore ci accompagna
nei sentieri della vita.
Vivrai per sempre nei nostri cuori”
Elena, Stefano e Giovanni
Una Santa Messa di suffragio
verrà celebrata domenica 21
giugno, alle 11.30, nella chiesa
parrocchiale di Regnano.
10° ANNIVERSARIO
ALDO SCARAVELLI
Una Santa Messa in suo ricordo
sarà celebrata giovedì 25
giugno alle ore 20.30 nella
Basilica di Pieve di Guastalla.
La moglie e i figli
Anche i cattolici piegati alle logiche di partito
C
aro Direttore,
queste elezioni hanno visto, ancora
una volta, la divisione dei
cattolici nelle più diverse liste, divisione
che continuo a considerare un fatto del
tutto negativo.
Ho assistito poi ad una competizione talvolta
astiosa degli uni contro gli altri e ci
sono stati episodi molto sgradevoli di
qualche candidato che ha strumentalizzato
la sua appartenenza alla Chiesa per
chiedere il consenso. Quasi raramente mi
è capitato di sentire da parte dei cattolici
candidati sollevare le tematiche che più ci
stanno a cuore: anche qui "politichese" o la
frase tremenda di questi tempi "corro per
vincere!".
Debbo concludere che il "voto cattolico"
non esiste più o meglio non c'è nemmeno
in forma di "lobby" positiva e che le tematiche
di partito sono purtroppo prevalenti
sulla esperienza di Fede.
Integrazione spontanea
sul luogo di lavoro
Egregio Direttore,
ora che, finalmente, la campagna
elettorale è finita, sento il
desiderio di scriverLe e di "sfogarmi",
perché il venerdì precedente
le votazioni mi è capitata
una situazione che m'ha fatto
riflettere tantissimo, nonché ripensare
a ciò che scrissi su "La
Libertà" in occasioni recenti:
eravamo - nella ditta dove sono
dipendente - un cinese, una persona
di colore ed io che parlavamo
tranquillamente e scherzavamo
(nonostante la naturale
difficoltà di pronuncia dei miei
interlocutori), come 'amici di
vecchia data' ed è stato quello
che mi ha dato una scossa...
Possiamo rispedire indietro tutte
le imbarcazioni che giungono
nelle nostre spiagge, possiamo
gridare ed inveire contro il diverso,
lo straniero, come se fosse
il male assoluto, la causa dei nostri
problemi e dell'aumento della
criminalità, ma in quel momento
io ho solo visto tre persone
(me compreso), in un minuto
di pausa a sorseggiare un caffè,
CAMILLO ROSSI
PARTECIPAZIONE
U
n esempio pratico
è dato dalla candidatura
del prof.
Gigli alle elezioni europee:
figura di medico di altissima
professionalità e di cattolico
così presente nelle vicende
che riguardano la tutela della
vita. Memorabile il suo lavoro
sulla vicenda "Englaro".
Che importanza doveva
avere il fatto di essere presente
in una lista di partito,
condizione indispensabile
per partecipare alle elezioni?
Avremmo avuto al Parlamento
Europeo un punto di riferimento
assolutamente certo su uno dei temi più
drammatici di questo nostro tempo. Ma
non è stato così: si è preferito seguire la logica
di partito.
In questo modo i cattolici si autocondan-
che si ritrovavano in quel luogo
per un unico scopo: poter lavorare
per guadagnare qualcosa e
permettersi di creare e mantenere
una famiglia ed avere così una
dignità, senza voler disturbare
e/o recar danni ad alcuno.
Tanti km separano i nostri rispettivi
Paesi d'origine, diversissime
ed incomprensibili sono le
lingue degli uni o degli altri, ma
pochissimi metri ci separavano,
uniti però dal reciproco rispetto e
dal sorriso e dalle risate scaturite
da qualche piccola battuta che
la situazione richiedeva.Ed è stato
lì che mi sono chiesto: "Sono
veramente loro il problema? Se
realmente sono così pericolosi,
perché non vengono allontanati?
Sono allora io quindi che ho dei
'disturbi' e riesco a vedere cose
che gli altri non vedono, cioè persone
e non belve assassine, delinquenti
e quant'altro?".
Forse certi quesiti dovremmo
porceli un po' tutti, poi... ai posteri
l'ardua sentenza, ma una
cosa è certa: mai come prima mi
son sentito fiero d'essere non solo
cittadino italiano, ma cittadino
del Mondo!
Mirco Pervilli
Direzione e redazione del
settimanale diocesano “La
Libertà” ricordano con
affetto il commendator
CAMILLO ROSSI, luminosa
figura del laicato cattolico
reggiano, esemplare, per più
di mezzo secolo, nella promozione
della cultura cristiana
e dell’impegno civile.
Esprimono il proprio cordoglio
per la sua scomparsa e
la vicinanza nella preghiera
ai figli Giuseppe Adriano,
Paolo, Roberto, don
Giovanni, Mariagabriella
e Gabriele, al genero e alle
nuore, ai numerosi nipoti e
ai parenti tutti, insieme alla
certezza che la Santissima
Vergine Maria, tanto venerata
in vita, gli fa ora ritrovare
la sposa Luciana ed il
figlio Gabriele nella gioia
della Pasqua eterna.
Congregazione Presbiterale Diocesana di Felina
Comunico agli iscritti il decesso del Confratello:
COMMENDATORE CAMILLO ROSSI
(+ 16 giugno 2009)
con preghiera di celebrare (o far celebrare) quanto prima una Santa Messa di suffragio,
a norma dello Statuto.
La presente comunicazione sostituisce la consueta lettera individuale, secondo
quanto deliberato nell’Assemblea Generale della Congregazione dell’anno 2000.
Il Cancelliere, don Pietro Romagnani
Gianluigi Gigli
Cent'anni fa nasceva
Giuseppe Lazzati
Il 22 giugno si celebra, all'Università
Cattolica di Milano, il
centenario della nascita dell'intellettuale,
docente e deputato
della Dc nonché rettore dell'Università
milanese Giuseppe
Lazzati. Per ricordarlo, oltre alla
Messa presieduta nel Duomo di
Milano dal cardinale Dionigi
Tettamanzi, è uscito il volume di
Luca Frigerio "Lazzati, il maestro,
il testimone, l'amico" (Edizioni
Paoline), in cui raccontano
il "loro" Lazzati, tra gli altri, Carlo
Maria Martini, Bruno Forte,
Gianfranco Ravasi, Oscar Luigi
Scalfaro, Achille Silvestrini, Bartolomeo
Sorge, con la prefazione
di Dionigi Tettamanzi. (...)
Insieme a Giuseppe Dossetti,
ad Amintore Fanfani e a Giorgio
La Pira, Lazzati costituì il gruppo
dei "professorini" che elaborarono
le linee generali di quella
che, nel secondo dopoguerra,
sarebbe stata la 'sinistra' della
Democrazia Cristiana. A proposito
di Lazzati c'è da sottolineare
la sua appassionata, vivace e
costruttiva partecipazione all'Assemblea
Costituente.
Giuseppe Lazzati fu poi tra i
promotori del 'sottopartito' della
Dc, che si espresse nella corrente
di "Cronache Sociali", di
cui naturalmente fecero parte
Dossetti e Fanfani. Tuttavia
Lazzati era estraneo all'attivismo
dei Fanfani e dei Dossetti. Il
suo apporto veniva dato nelle
'riservate' fasi preparatorie delle
decisioni politiche, con una
preoccupazione specifica di collegamento
tra i non pochi ex allievi
della Cattolica arrivati in
Parlamento. (...)
Per le sue grandi doti e qualità
di uomo e di cristiano, io credo
che Giuseppe Lazzati debba
essere annoverato fra i padri della
Patria e fra i principali coadiutori
di Giovanni XXIII e di
Paolo VI, nel Concilio e nel post-
Concilio. Uno dei personaggi che
hanno certamente contribuito a
costituire l'Italia democratica e
cristiana.
Angelo Simonazzi
nano alla marginalità, accettando
nei fatti quella che
è la cultura dominante, dove
la scelta di Fede è un fatto
privato e la vita di una società
è regolamentata da leggi
falsamente "neutre", ma in
realtà ispirate ad una ideologia
precisa e cioè quella del
diritto individuale assoluto.
Ma non dobbiamo perderci
d'animo: è un lavoro immane,
è un lavoro educativo. Riprendiamo
nelle nostre mani
la Dottrina sociale della
Chiesa, impegnamoci nelle
Opere, chiediamo ai nostri Parroci di spendere
tempo a studiare ciò che accade nella
nostra realtà, non facciamo imporre ideologie
o modelli da nessuno. Da nessuno!
Maurizio Rizzolo
Povertà risparmiosa
e benessere sfrontato
Caro direttore,
leggevo poco tempo fa la storia
di una famiglia che vive in
una baraccopoli del Bangladesh
(coniugi con figlio) e che è riuscita
in un anno a risparmiare
34 euro disponendo di un reddito
pro-capite di 50 centesimi
giornalieri. Si potrebbe definire
alta finanza, ottima gestione del
denaro, essendo due dei tre pure
analfabeti; c'è da rimanere increduli
davanti a questi "piccoli
manager".
Sembra invece l'opposto per
benestanti o "nuovi ricchi", che
frequentano hotel dove vengono
coccolati al punto che esiste
una persona deputata per fare
la punta alle matite degli ospiti
(Imperial Tokio), hotel dove
un addetto pulisce gli occhiali
quando si appannano in piscina
(The Beverly Hills) e per ultimo
- ma potrei continuare - al
Carlton di Boston c'è addirittura
un menù che elenca diversi
tipi di legna da ardere nel caminetto
e un maggiordomo
consiglia a seconda dell'appuntamento,
amichevole o di lavoro,
quali oli profumati o petali
di fiori occorre spargere nella vasca
da bagno.
In un hotel sardo, tra le altre
coccole, c'è chi "stira" al mattino
il giornale, così chi lo legge non si
sporcherà d'inchiostro; le tariffe
di questi "paradisi" viaggiano
dai 12 ai 25 mila euro al giorno!
Come il tassista di Dacca o con
un reddito inferiore esistono 2
miliardi e mezzo di persone; di
clienti "nababbi" di alberghi a 5
o 7 stelle pochi milioni...
Trovo abissale e vergognosa
questa disparità, destinata però
a crescere anche in Italia, dove le
famiglie povere aumentano a
scapito del cosiddetto ceto medio
e i ricchi accumulano sempre
più ricchezze. Trovo altamente
condivisibili le indicazioni
di solidarietà e fraternità papali
e sempre attuale il detto per
cui "c'è molto per pochi e poco -
troppo poco - per molti".
Paolo Pagliani
22° ANNIVERSARIO
Né morte, né vita potrà mai
separarci dall’amore di Dio.
Le famiglie Ferrari e Soliani
ricordano i loro cari
MARZIA e LUIGI
nelle Sante Messe di domenica
21 giugno alle ore 11 nella chiesa
di Marmirolo e domenica 28
giugno alle 11 nella chiesa parrocchiale
di Gualtieri.

1950 - celeBRAzoNe del milleNARio di cANoSSA
dall’archivio fotografico di S. e. mons. Beniamino Socche
N. 11
20 giugno 2009
Supplemento al N. 24
20 giugno 2009
del settimanale diocesano reggiano
3clero e vescovo di Guastalla
durante l’occupazione tedesca
(1943-1945)
Bartolomeo in Sassoforte:
cronache di un paese e di una
11San
famiglia
Studi e divulgazione di storia
della Chiesa reggiano-guastallese
1437-1443: chiese , preti e
“popoli” minozzesi nei primi
decenni della dominazione
estense (pag. 8)
l’uccisione di
don Andreoli accrebbe il desi-
13Risorgimento:
derio della rivolta antiestense

In questo numero
Copertina La rocca di Minozzo
2 Red – Ricordando don Ezio
Ferrari - Un cronista alla Salimbene
3 Antonio Setti – Clero e vescovo
di Guastalla durante l’occupazione
tedesca
6 Anselmo Mori – Guastalla.
Episodi di guerra
7 Giuseppe Ligabue – San
Martino di Bazzano località medioevale
di Albinea
8 Giusepe Giovanelli – Clero,
preti e “popoli” minozzesi nei primi
decenni della dominazione estense
8 Ezio Ferrari – San Bartolomeo
di Sasso Forte - Cronache di paese e
di famiglia
12 –– Il libro: sei anni di guerra e
di prigionia di un soldato semplice
13 Mariano Mammi – L’uccisione
di don Andreoli? Non fermò, ma,
anche distanza di decenni, accrebbe
il desiderio della rivolta antiestense
14 – Zingari: una traccia reggiana del
1426
15 – Matilde e la chiesa di Marola: la
contessa ne fu indubitata fondatrice
16 – Dall’archivio fotografico
Socche - 1950, Celebrazione del
Millenario di Canossa
Questo inserto
è un omaggio del
Centro Diocesano Studi Storici
diocesi di Reggio emilia-Guastalla
Direzione:
Giovanni Costi – Giuseppe Giovanelli
Redazione:
Seminario, Via San Donnino 138
42033 Marola (RE)
“Memoria Ecclesiæ”
è parte integrante de “La Libertà” settimanale
della Diocesi di Reggio Emilia,
separatamente dal quale non può essere
ceduto. A garanzia della sua ricezione si
consiglia l’abbonamento al settimanale.
Aveva il piacere della scrittura, don
Ezio Ferrari, e si sarebbe detto che
il suo godimento veniva dal poter
condividere un po’ della sua interiorità con
altri. Non chiedeva e non imponeva di farsi
leggere, ma era veramente contento quando
capiva che l’offerta di un suo scritto procurava
attenzione e interesse.
Scriveva un po’ di
tutto, quindi raccoglieva
in volumi dattiloscritti
che, cinque
anni fa, erano poco
meno di una decina,
in maggior parte
composti di rime. Si
andava da riflessioni
spirituali, o da rivisitazione
di soggetti
biblici fino ad una
riscrittura del Pinocchio
di Collodi. I
temi, poi non avevano
mai una collocazione
temporale, ma
mescolavano passato,
presente e futuro,
come fa chi va alla
ricerca di ciò che è
l’essenziale della vita
e, per riuscirvi, entra
nei fatti per cercarne
le ragioni, le cause,
le dinamiche, le spiegazioni
ultime.
Con questo atteggiamento
è ovvio che
entrasse anche nella
narrazione di eventi passati e tentasse la
monografia storica in due dei suoi “libri”:
“San Bartolomeo di Sassoforte, sua origine
e sviluppo e conduzione” e “Memorie di una
vita semplice in un luogo comune di questo
mondo”. Entrambi sono frutto di ricerche
pluriennali concluse nel 1997 e hanno una
caratteristica comune: i loro soggetti appartengono
alla terra e all’ambiente familiare o
esperienziale dell’Autore.
Don Ezio, infatti sceglieva di scrivere
fatti i quali, più o meno direttamente, erano
entrati nella sua vita, dei quali perciò aveva
testimonianze di prima mano, sue o di persone
a lui vicine. San Bartolomeo di Sassoforte
è la sua parrocchia, che egli impara
a conoscere come chierichetto e della quale
coglie tutte le voci, tutti gli echi, i fatti che
vede e quelli dei quali sente ancora parlare,
come l’uccisione del parroco don Benassi
l’11 giugno 1914. La vita semplice è quella
che lui stesso e la sua famiglia vivono a San
Bartolomeo e che lasciano un’impronta definitiva
nel suo carattere.
Tutto ciò che don Ezio scrive è storia a
tutti gli effetti, anche se la forma il più
delle volte ignora le convenzioni dei “codi-
RicoRdANdo doN ezio FeRRARi
Una cronista alla Salimbene
Don Ezio Ferrari (1917-20099): “Amare la propria
terra è desiderio di conoscerla, di esserle
vicino, sinoa donarsi a lei, quando ella ci dovrà
coprire, per custodirci con amore, come quando,
con amore, ci ha nutriti”
ci redazionali” o delle “metodologie disciplinari”.
Per quanto sembri fatta alla buona,
in realtà è una buona storia. Non ha la
pretesa della esaustività, ma è ricca di una
spinta al voler sapere e al voler capire che
caratterizza la miglior disciplina storica,
disponibile ad ogni nuovo apporto che aiuti
ad avvicinarsi sempre
meglio alla verità.
Non è apodittico
come un cattedratico,
ma umile e dialogico,
quasi a voler sempre
riordare che il suo
racconto ha il limite
della soggettività ma,
nello stesso tempo,
anche l’apertura ad
andare sempre oltre
verso ogni possibile
oggettività.
Per tutto questo
dovremmo ammettere
che le “memorie”
di don Ezio
meriterebbero più
correttamente di essere
definite “cronache”.
E allora avremmo
un cronista a cui
paragonare don Ezio,
senza tema di esagerazioni
o di non credibili
enfatizzazioni:
Salimbene de Adam.
Anche il frate uscito
dalla Parma del
secolo XIII si muove
tra gli eventi del suo tempo, li racconta, li
testimonia come meglio può. Talvolta anche
li giudica con parole taglienti (si pensi,a d
esempio, al giudizio sul vescovo Guglielmo
Fogliani), ma senza mai voler assolutizzare
il suo giudizio, tenendolo sempre nel novero
delle sue reazioni personali.
Altrettanto don Ezio, il quale, però, a
differenza del frate di Parma, non conosce
l’invettiva. Nei non frequenti giudizi sulle
persone mantiene sempre uno stile di distacco
e di generoso rispetto per tutti, a partire
appunto da colui che ritiene “errante”,
nella speranza evangelica (è pur sempre un
prete) di ricavare un po’ di bene anche nel
male. Un autentico “sali- in- bene”.
In un prossimo numero di questo inserto
pubblicheremo la parte centrale del suo
studio su San Bartolomeo in Sassoforte:
l’uccisione del parroco, nel contesto delle
contrapposizioni politiche e sociologiche
del primo Novecento. In questo numero, invece,
diamo spazio ad alcune pagine delle
“Memorie di una vita semplice”. Nella loro
semplicità possono aiutare a capire la complessità
sociale e religiosa di quegli anni
nella terra reggiana.
2 15
La segnalazione di un nostro attento lettore
matilde e la chiesa di marola:
la contessa ne fu indubitata fondatrice
Non ha fondamento storico la pubblicistica recente che lascia
aperto il dubbio sulla fondazione della chiesa da parte di Matilde
“ Ma allora, la chiesa di Marola è
stata o no fondata da Matilde
di Canossa?”. E’ perentorio e
forse anche scocciato il nostro lettore dopo
aver letto sull’ultimo numero del mensile
Medioevo (N. 148, maggio 2009, pagina
108) questa precisa frase: “A Marola ...
sorge una grandiosa abbazia benedettina,
la cui fondazione è localmente attribuita
alla contessa Matilde”. Frase indubbiamente
molto ambigua che lascia supporre una
attribuzione leggendaria, priva di un solido
fondamento basato su
documenti d’archivio.
Essa appare nel contesto
di un bell’articolo
intitolato Appennino,
lungo i passi della storia
firmato da Renata
Salvarani, giornalista
e docente incaricato di
storia locale all’Università
Cattolica di
Brescia.
Che dire? La frase
non fa che rispecchiare
una certa recente pubblicistica
che, forse nel
timore di cadere in una
delle tante esagerazioni
sulle opere locali compiute
da Matilde, finisce
con lo sminuirne meriti
effettivi a lei attribui-
bili con tutta ragione.
In realtà gli studiosi di
Marola non hanno dubbi
sulla precisa attribuzione
matildica di questa
chiesa. Anzi, scriveva
don Francesco Milani,
trattando del solo aspetto storico della chiesa:
“Asserisco senz’altro che, stando ai
documenti di cui finora si è a conoscenza,
quella di Marola è la sola chiesa che Matilde
fece costruire a sue spese”.
Tale attribuzione già era stata riconosciuta
dal Tiraboschi nel suo Dizionario topografico-storico
degli Stati estensi. Tuttavia,
di fronte al persistere di qualche dubbio,
Angelo Mercati ritornava nel 1924 sull’argomento
con una affermazione altrettanto
perentoria: “Solo per Marola abbiamo
indubitata prova che [Matilde] ne fu la
fondatrice e costruttrice”. E su tale tesi
mantenne una fermezza inalterata anche
nel 1951, quando ripubblicò l’articolo su
Marola nel primo volume dei Saggi di storia
e letteratura, edito a Roma dalle Edizioni
di Storia e Letteratura, al quale soprattutto
Matilde fa costruire la chiesa di Marola
nella data “calcolata” del 1093, cioè subito
dopo il consiglio di Carpineti. Particolare
della porta della chiesa di Marola
dello scultore G. Simonini.
rimandiano il nostro lettore per la notorietà
internazionale del Mercati. Qui ci limitiamo
solo alla citazione dei due documenti che il
Mercati definisce “superiori ad ogni eccezione”.
Il primo è l’attestazione del vescovo
reggiano Bonsignore che in un documento
non datato, ma posteriore alla morte di
Matilde (1115) e anteriore, ovviamente, alla
sua (1118) afferma di essere stato invitato
“ad consecrandam heremi ecclesiam quam
venerabilis memoriae comitissa Matildis
in predio suo apud silvam Maraulam pro
remedio animae suae
suorumque parentum
construxerat multisque
beneficiis ditaverat” (...
a consacrare la chiesa
dell’eremo che la contessa
Matilde, di venerata
memoria, aveva costruito
nel suo podere presso
la selva di Marola, a
suffragio dell’anima sua
e dei suoi genitori, e che
aveva dotato di molti
benefici).
Il secondo è un
diploma di Federico I
del 26 marzo 1159 nel
quale si legge che “piis
precibus Ioannis venerabilis
abbatis monasterii
sanctae Mariae
de Maraula benignum
assensum praebuimus,
predictumque monasterium
quod comitissa
Mathildis foelicis memoriae
fundavit .... sub
nostra imperiali tuitione
recepimus” (abbiamo
benignamente accettato la pia supplica di
Giovanni venerabile abate del monastero
di santa Maria di Marola, e abbiamo preso
il detto monastero, fondato dalla contessa
Matilde di felice memoria, sotto la nostra
imperiale protezione).
Aggiungiamo, però, una precisazione di
don Francesco Milani: questa unica fondazione
attribuibile a Matilde si riferisce,
fino ad una eventuale nuova scoperta, ai
soli domìni italiani della contessa. Infatti
essa fondò due altre abbazie: quella di
Orval nei Paesi Bassi attorno al 1070 e, nel
1096, quella di Saint-Pierremont, nell’attuale
dipartimento francese della Mosa. Si
vedano, sull’argomento, le Note matildiche
del Milani in Studi Matildici, Modena,
Aedes Muratoriana, 1971.
(red)
Residui
di una garbata polemica
Le incertezze che qualche studioso può
ancora avere sulla “matildicità” della
chiesa di Marola possono risalire alla
polemica che, negli anni 1923 e 1924, contrappose
due storici reggiani: il canonico
Giovanni Saccani e monsignor Angelo Mercati.
Il primo sosteneva
che la fondazione andava
attribuita all’eremita
Giovanni in forza di un
codice modenese del
secolo XIII nel quale
l’eremita è citato come
“inceptor loci monasterii
de Marola”. Il secon-
do si rifaceva alle due
pergamene maraulensi
degli anni 1115/1118 e
1159 nelle quali appare
esplicito il riferimento
alla volontà e all’opera
fondatrice di Matilde.
Di fronte al testo del
Mercati il canonico Saccani
scrive: “Noi non
abbiamo nulla da opporre
alle prove del nostro
dotto amico”. Ma
in realtà non sembrava
can. G. Saccani
mons. A. mercati
convinto. Dall’andamento delle discussioni
di quei mesi, che appassionarono profondamente
insegnanti e alunni dei due seminari
reggiani, sembra che Saccani riconoscesse a
Matilde soltanto il ruolo di donatrice di beni
alla chiesa, ma non quello di fondatrice. Per
avvalorare la sua argomentazione sosteneva
anche la tesi parallela della consacrazione
(o “riconsacrazione”, concedeva benevolmente)
della chiesa nell’anno 1151, secondo
un’affermazione testimoniale del 1191 e
secondo la data scolpita su un fianco della
mensa in pietra dell’altare. Ricorda il Tondelli
che, durante i festeggiamenti che si tennero
a Marola nel 1924, il canonico Saccani
compose e fece distribuire un sonetto che terminava
con questi versi: “Così Matilde detta
di Canossa, / D’accordo con il nostro Buonseniore,
/ Per qualche donazione fatta a quei
frati / Di fondatrice si buscò l’onore”. Come
dire: si arrendeva formalmente, ma non sostanzialmente,
alla tesi del Mercati.
Per parte sua il Tondelli sosteneva la conciliabilità
dei documenti addotti dalle due
parti: “Giovanni potè otimamente essere
inceptor monasterii in quanto chiamato a
fondare e reggere il nuovo monastero, ... ma
Marola sarebbe rimasto un semplice e povero
romitaggio se non avesse trovato in Matilde
colei che con le proprie sostanze promovesse
il sorgere d’un vero monastero e d’una
chiesa monumentale”.
Il lettore può ripercorre la polemica rileggendo
a) gli interventi del Saccani e del
Mercati nel volume AA.VV. Marola, 1924; b)
la recensione dello stesso nel Bollettino Diocesano
del maggio 1925.

Montanara, tali studenti pisani, rilasciarono
alla famiglia Onfiani un attestato di “Patriota
per l’unità d’Italia”, documento che per
tanto tempo girò per casa Onfiani e che poi
andò malauguratamente perduto.
In memoria di tale avvenimento, il signor
Antonio Onfiani in rappresentanza degli eredi
della famiglia, fece applicare una targa
ricordo sulle vecchie mura della casa situata
in via Reverberi al civico 75/77, che ebbe
l’onore di aprire le proprie porte ad un piccolo
ma forte esercito di eroi.
Questi furono i più famosi tra gli studenti
pisani che parteciparono agli scontri
di Curtatone e Montanara, ma non è dato
sapere chi precisamente di loro diresse la
squadra di universitari che sostò nel nostro
paese alla vigilia di quella storica battaglia.
Di loro, per curiosità del lettore moderno,
ecco ciò che ebbe a scrivere Giuseppe
Montanelli, professore pisano, volontario,
ferito e fatto prigioniero:
«Noi partimmo divisi in due colonne,
una da Pisa e l’altra da Firenze alla volta di
Modena. Oh meravigliose a vedere quelle
legioni improvvisate, nelle quali il medico,
l’avvocato, l’artigiano, il prete, il padrone e
il servo marciavano mescolati in culto d’Italia.La
sera del 27 maggio Radetzky esce da
Verona con 32.000 uomini e 40 pezzi d’artiglieria.Pensava
di disfarsi in quattro e quattr’otto
di noi varcando il Ticino e mettendosi
alle spalle dei piemontesi.
La mattina del 29 tutta la mole nemica
piomba su di noi. Fummo chiamati all’armi
e in men di 10 minuti incomincia il moschettare...
domando a Giovannetti, preposto
colà, perché faceva combattere i bersaglieri
(si tratta dei bersaglieri volontari toscani ) all’aperto.
Egli rispose sorridente: “Gli Italiani
devono mostrare il petto al nemico”. Più
volte gli Austriaci ci assaltarono e più volte
li ributtammo. Una cannonata lì sul ponte ra-
piva al momento questa cima in geologia di
Leopoldo Pilla, che spirò dicendo “non ho
fatto abbastanza per l’Italia”. Ammutolirono
i nostri due pezzi, con i quali il tenente Niccolini
faceva assai danno al nemico. Combattevamo
da più di sei ore. Prolungare la
zuffa era spargere forse inutilmente sangue
prezioso........ »
Salvaterra. La casa dove furono
ospitati gli studenti del Battaglioe
Universitario Pisano, in via
Reverberi.
A lato:
la targa posta dalla famiglia Onfiani
e ricordo dell’evento.
.
BiBlioGrafia
Mario Grevi, Volontari universitari,
rievocazione della battaglia di Curtatone e
Montanara,. Bur Scibis, Roma;
Documenti manoscritti dei discendenti
della famiglia Onfiani.
Archivio Parrocchiale di Salvaterra
q
zingari: una traccia reggiana del 1426
Solitamente si fa risalire al terzo decennio
del 1400 l’arrivo degli zingari in Italia.
Secondo alcuni storici, il loro scopo era
di raggiungere Roma per contattare il papa per
chiederne i favori. Fin dal secolo precedente essi
erano noti ai pellegrini italiani che li avevano
incontrati sulle loro rotte verso la Terra Santa,
particolarmente nel Peloponneso dove dalla località
di Gype avrebbero preso il nome di “gitani”.
Il papa Martino V, in data 15 dicembre 1423,
avrebbe rilasciato loro una bolla nella quale,
rivolgendosi alle autorità religiose e civili del
tempo, chiedeva che fosse consentito ai gitani di
“gioire di una sorte pacifica andando, restando,
tornando e passando ovunque”.
Nel carteggio del Reggimento, nell’Archivio di
Stato di Reggio, c’è una traccia che non può che
riferisi a loro, identificati col nome di “apostoli
del faraone”. E’ un foglietto volante che per collocazione
e somiglianza grafica, sembra doversi
allegare a qualcuna delle tante lettere che nel
1426 il podestà di Felina, Conte dei Constabili,
scriveva ai rettori del governo cittadino. Questo
il testo, peraltro abbastanza misterioso con quel
riferimento ai “riti e appetiti” dei contadini e ai
nobili che voglioni vivere “sine lege et imperio”.
“Io ve recordo che in questa pertinentia sono
la mazore parte de li appostoli de faravono aperti
a zugare al pozzo, a biastemare Dio cum la corte,
a taverzare et rapinare et huiusmodi segondo
lo sua costuma passata, et cusì, come li voglio
correzzere, licet agam plusquam humaniter
per retrali a la vostra obedientia, subito hano a
molesto et subito fazano querella, si che vogliate
primo sapere la veritate de la cossa per omne
genus, et provedere inde contra mi sel bisogna.
Nam nostis quod ritus et appetitus rusticanorum
suppositorum potissime jugo nobilium est votum
eorum pro voto suo, et non pro rationis meta perficere
quia nobiles ipsi sine lege et imperio vivere
nituntur. Vobis etc.”
Nell’incisione a lato: costume di donna zingara
del Cinquecento tratto dall’opera Habiti
Antichi et Moderni di Cesare Vecellio, edita a
Venezia nel 1590.
14
Clero e Vescovo di Guastalla
durante l’occupazione tedesca (1943 - 1945)
Il coraggio e l’intelligente tatto diplomatico di Monsignor Giacomo Zaffrani per evitare deportazioni
e carcerazioni, capace di parlare al cuore degli stessi tedeschi – Seguendo il suo esempio, il Vicario
Generale e altri sacerdoti salvano ebrei, soccorrono coscritti e prigionieri, aiutano la Resistenza
Antonio Setti
Mons. GiacoMo Zaffrani
VescoVo di Guastalla
1943, quando si
sparse la notizia dell’armisti-
settembre
L’8
zio fra l’esercito italiano e gli
Alleati, anche a Guastalla l’occupante
tedesco prese immediati provvedimenti.
La popolazione fu colpita dall’improvvisa
azione messa in atto dalle forze
germaniche.
Presso il palazzo San Carlo e nella
attigua sede della locale scuola di avviamento
professionale, erano dislocati circa
2.500 soldati del Reggimento Pontieri di
Piacenza. Alle prime luci del giorno successivo,
9 settembre, Piazza Garibaldi fu
occupata, senza preavviso e nella massima
segretezza, da alcuni carri armati tedeschi,
piazzati con i cannoni verso il palazzo e la
scuola. Erano comandati da militari della
divisione “SS Göring”. Il primo provvedimento
fu quello di bloccare tutti i militari
italiani nel palazzo San Carlo e nella
scuola, impedendone, con la forza, con la
costituzione di posti di guardia strategici,
qualsiasi libera uscita.
Il vescovo monsignor Giacomo Zaffrani,
informato della situazione, si portò immediatamente
verso il palazzo, accennando
parole di conforto e di aiuto ai militari
che, sporgendosi dalle finestre, invocavano
il suo intervento. Quando si accostò
al portone del palazzo per entrare, venne
sgarbatamente bloccato dalle sentinelle e
gli fu proibito di accedere oltre. Allora,
rivolto ai militari alle finestre, che avevano
assistito alla scena e compreso quanto
era successo, rivolse loro la sua paterna
benedizione, promettendo il suo interessamento.
Commossi, tutti ringraziarono
ad alta voce, tra lo stupore delle sentinelle
tedesche. Subito dopo alcuni giovani, sotto
la guida di monsignor Baratti, vicario del
vescovo, aiutavano i militari a fuggire
attraverso gli orti o i cortili adiacenti.
Ai primi di ottobre, nei locali del seminario,
era stata allestita una sezione dell’ospedale
militare da campo tedesco,
attrezzato per interventi chirurgici alla
testa, che venivano eseguiti da un capitano
medico, specialista e insegnante universitario
in Germania.
Nel frattempo era stata ricostituita
la sezione locale del Partito Fascista
Repubblichino che, come primo intervento,
aveva fatto imprigionare nelle carceri,
adiacenti al palazzo ducale, ventisette
3
Mons. Giacomo Zaffrani, nato a
Casalzuigno (diocesi di Como) nel 1878,
fece brillanti studi a Roma e si addottorò
in filosofia e teologia. Fu insegnante per
30 anni nella sua diocesi di Como. Eletto
Vescovo di Guastalla il 17 settembre 1932,
vi fece solenne ingresso l’8 dicembre. Si
fece amare per la sua vicinanza ai poveri,
agli operai disoccupati, agli alluvionati del
1951. Durante la seconda guerra mondiale,
affrontò coraggiosamente i tedeschi
che occupavano Guastalla, evitando catture
e rappresaglie. Ebbe sempre particolare
cura per il seminario, dove risiedeva e
dove teneva dotte conferenze.
Morì nella sua casa natia il 6 maggio
1960.
guastallesi, rei di non avere mai aderito al
fascismo. Ogni giorno erano assoggettati
a vessazioni ed umiliazioni dai repubblichini,
con l’assenso dei militi tedeschi. I
familiari si erano rivolti al vescovo perché
si facesse promotore, presso il locale
comando tedesco, per ottenere la loro liberazione
ed il ritorno in famiglia.
Monsignor Zaffrani, per mezzo dell’attività
di monsignor Raffaele Baratti, vicario
generale della diocesi, cercava di trovare il
modo o il mezzo per poter intervenire.
Disgrazia o Provvidenza volle, in quel
frattempo, che il sergente maggiore federale,
anestesista all’ospedale, tornando da
Luzzara in motocicletta, cadesse per strada
e si fratturasse una spalla. Il capitano
medico tedesco, per poter operare alcuni
soldati, feriti da proiettili alla testa, aveva
urgentemente bisogno di un anestesista.
Con un ordine imperioso fu comandato
ad assumere tale incarico l’infermiere
Giuseppe Setti che, da anni, assisteva i chirurghi
del nosocomio. L’infermiere abitava
nelle vicinanze di monsignor Baratti ed era
in confidenza politica con lui. Con Gino
Castagnoli, che sarebbe poi diventato il
primo sindaco di Guastalla del dopoguerra,
e con Natale Burlazzi, custode bibliotecario
della Maldotti, di cui monsignor Baratti
era direttore e dove si riunivano clandestinamente
gli antifascisti, monsignor Baratti
venne a conoscenza della situazione favorevole
che si era creata. Immediatamente
informò il vescovo. Fu concordato di invitare
il capitano, che parlava correttamente
l’italiano ed era molto istruito anche sulla
cultura italiana, ad una visita di cortesia,
o meglio “per un caffè” nello studio del
vescovo. Grato dell’onore che il vescovo
gli riservava, il capitano accettò di cuore
l’invito.
Di quell’incontro trapelò soltanto quanto
monsignor Baratti rivelò. Il capitano chiese
al vescovo come giudicasse la situazione
di Guastalla. Monsignor Zaffrani rispose
che lo stato di tensione, che si viveva,
era molto alto, per la presenza dei militari
tedeschi da una parte e di formazioni partigiane,
che percorrevano il guastallese e
le zone limitrofe del reggiano, mantovano
e cremonese, dall’altra. Il vescovo non
mancò di accennare che tale pericolo era
anche causato dall’arresto, ingiusto e con
spirito di rivalsa politica, dei ventisette cittadini
di Guastalla, ancora segregati nelle
carceri. Il capitano, preso atto di quanto
monsignor Zaffrani aveva detto, chiese
cortesemente permesso. Uscito dallo
studio, dopo alcuni minuti era rientrato
dicendo che aveva già provveduto a farli
liberare. Infatti una pattuglia militare tedesca
si recava alle carceri e, nonostante la
resistenza del secondino, che aveva richiesto
l’ordine scritto del segretario politico
fascista, sotto la minaccia del suo arresto,
gli intimarono di liberare immediatamente
i ventisette prigionieri.
Come ringraziamento il capitano venne
invitato ad una visita alla biblioteca
Maldotti, dove fu onorato di un piccolo
rinfresco, cui parteciparono, oltre al vescovo
Zaffrani, monsignor Baratti, alcuni dei
prigionieri liberati, tra i quali il maestro
Marchesi, che suonò, con il violino, alcuni

ani di musica classica tedesca, accompagnato
al pianoforte dal maestro Passerini.
Il servizio era stato curato dallo stesso
Natale Burlazzi che aveva provveduto
allo spumante (vero DOC), donato dal
direttore della Cantina sociale di Guastalla
Mantovani, e al “bisulàn” o ciambella,
fornita dall’allora rinomato forno Gavioli
di Guastalla.
Ancora la notte del 23 dicembre 1944,
in Piazza Mazzini, ai piedi del monumento
a Ferrante Gonzaga, venne fucilato il partigiano
Franco Filippini, catturato da una
pattuglia tedesca sull’argine per Luzzara:
Il cadavere fu lasciato sul posto, per ordine
del comando repubblichino, perché fosse
di monito ai cittadini e a quanti avessero
transitato per la piazza per andare alla
messa in Duomo.
Mons. Zaffrani, come lo seppe, andò a
benedire la salma e si contrappose all’atrocità
fascista affinché il cadavere fosse portato
al cimitero. Verso le 11 della mattinata
il trasporto ebbe luogo, non senza una nota
di biasimo nei confronti di un necroforo
che, vedendo le scarpe del morto in uno
stato ottimale, ne approfittò togliendogliele
e indossandole subito davanti ai
presenti.
Una considerazione va fatta su monsignor
Zaffrani. Il vescovo cercò sempre di
intervenire e, per la sua paziente mediazione,
a Guastalla non vi furono episodi
di violenza o di duri scontri, durante
l’occupazione tedesca, fino al giorno della
liberazione.
Monsignor Zaffrani intervenne anche in
altri momenti post-bellici. Nell’ottobre del
1946, dopo due mesi di sciopero, perché da
parecchi mesi non percepivano alcun sala-
rio e le famiglie vivevano in uno stato di
estremo bisogno, eccettuato per quei pochi
aiuti alimentari che donava loro la P.O.A.
(Pontificia Opera d’Assistenza), diretta
da don Angelo Melegoni, e l’U.N.R.A.
(Unione Nazionale di Ricostruzione
Agraria), i braccianti occuparono gli argini
del cavo Fiuma. Il vescovo, preoccupato
della loro condizione, si recò ad incontrarli.
Salì a fatica sul terrapieno scivoloso
dell’argine fino a raggiungerli e a mescolarsi
con loro; li rincuorò e riconobbe giuste
le loro rivendicazioni e la loro protesta.
Si impegnò con loro per smuovere la burocrazia
romana ed inviò una delegazione
di sacerdoti e laici, guidata da don Guido
Mirotti, a Roma dove ottenne in brevissimo
tempo il finanziamento immediato
dei lavori. Monsignor Zaffrani, per questa
azione, incontrò tanta gratitudine da parte
dei lavoratori e delle famiglie, ma anche
molte prevenzioni politiche che si manifestarono
poi negli anni successivi.
Mons. raffaele Baratti
Vicario Generale della diocesi
Fu un sacerdote di indole liberale
tanto che ebbe vari richiami da
parte delle autorità civili ed anche
religiose.
Il 23 luglio 1943 era alla testa del corteo
che festeggiava la caduta del fascismo
e, dal balcone del palazzo municipale,
rivolse poi un saluto alla folla augurando,
per l’avvenire, libertà, democrazia e pace.
Era facilmente prevedibile che questo non
facesse piacere a più di un gerarca o a
qualche vecchio curiale.
L’8 settembre, dalla biblioteca Maldotti,
organizzava, con il custode Natale Burlazzi,
la fuga di parecchi militari confinati nel
palazzo San Carlo, attraverso il muro confinante
del cortile. Aveva raccolto molti
abiti civili che i fuggitivi indossavano,
prima di uscire dal portone principale,
come tanti studiosi e ricercatori.
Ancora presso la Biblioteca convocò i
componenti dei partiti che collaboravano
alla formazione del C.L.N. (Comitato di
Liberazione Nazionale).
Fu ideatore e coordinatore, in tutti i dettagli,
della squadra che organizzò la fuga
degli ultimi ebrei di Guastalla, la famiglia
Coen, il giorno antecedente il loro arresto
per essere trasferiti a Fossoli e poi in
Germania.
Dai vari appostamenti di facinorosi
repubblichini, nei pressi del negozio
della famiglia ebrea, si era intuito che
l’arresto sarebbe avvenuto al momento
della chiusura serale. Grazioli Rubens,
con la scusa di essere l’infermiere della
famiglia Mossina, proprietaria del palazzo
Gonzaga, e di andare per fare un’iniezione,
avvisava le donne Coen, uniche ebree
della famiglia, di travestirsi e di uscire dal
palazzo, trasformato in parte in tranceria,
dalla porta sul retro del negozio. Quindi di
mescolarsi alle maestranze, al termine del
turno di lavoro, e poi dirigersi sulla strada
che fiancheggiava l’argine maestro del Po.
Qui avrebbero incontrato Castagnoli Gino
che le avrebbe guidate in un posto sicuro.
La signora Coen e le figlie, dopo aver
indossato quattro o cinque capi di vestiario,
per essere meno notate, fecero come
era stato loro suggerito. Appena uscite e
allontanatesi con altre operaie verso l’argine,
Castagnoli le accompagnò presso
Monsignor Giacomo Zaffrani (vescovo di Guastalla dal 1932 al 1960, e il clero guastallese degli anni della seconda guerra mondiale
4 13
Vicende risorgimentali reggiane
l’uccisione di don Andreoli ?
non fermò, ma, anche a distanza di decenni,
accrebbe il desiderio della rivolta antiestense
... e accadde così che nel 1848 parroco e famiglie di Salvaterra
aiutarono gli studenti di Pisa diretti a Curtatone e Montanara
mariano mammi
In pieno periodo risorgimentale, l’Italia
che già comprende la penisola, la Sardegna,
la Sicilia e l’ Elba, è funestata
da moti rivoluzionari e da ribellioni di popolo
che condurranno poi finalmente all’Unità
d’Italia nel 1861.
Il nostro territorio dominato dal Ducato di
Modena, vede come sovrano Francesco IV
d’Austria-Este, di carattere forte e risoluto e
di una smodata ambizione.
Signore del più piccolo stato italiano, egli
desiderava ardentemente di ingrandire i suoi
domini.
Forse guardava a Ferrara, l’antica capitale
dei suoi avi. Nemico acerrimo del liberalismo,
sapendo che nel suo ducato esistevano
Carbonari, e affiliati alla setta della “Spilla
nera”, Francesco IV, adeguandosi alle direttive
di Vienna, con notifica del 20 settembre
1820, minacciò la pena capitale a tutti coloro
che costituivano parte di società segrete, e
l’ergastolo a chi, conoscendoli, non li denunciava.
Fervevano le indagini della polizia, ma
senz’alcun risultato, quando, nel gennaio del
1821, mentre l’esercito austriaco attraversava
il nostro territorio diretto verso Napoli,
tra le file dei soldati ungheresi e la cittadinanza
di Modena furono diffusi volantini e
affissi proclami in lingua latina con i quali si
esortavano i soldati a disertare per non partecipare
a quella guerra ingiusta.
L’utilizzo di quella lingua fece subito pensare
ad una mano ecclesiastica, vista l’ardente
passione di alcuni di loro verso i valori ed
i principi di libertà ed eguaglianza. Francesco
IV ordinò che fossero fatte severissime
ricerche per assicurare alla giustizia gli istigatori,
promise premi, minacciò punizioni e
istituì un tribunale speciale a Rubiera, a sei
chilometri da Salvaterra, che doveva rapidamente
condannare e giudicare tutti i settari
che potevano essere ritenuti i responsabili
della divulgazione dei proclami.
Si sapeva che la Commissione Stataria
di Rubiera era generalmente composta da
ultra monarchici e da personaggi spietati e
senza scrupoli, a tal punto che tra il popolo
era nominata con terrore. A testimonianza
di questo clima basta consultare certi documenti
segreti della polizia austriaca; infatti,
fu con questi sistemi che si ebbero delle
rivelazioni.
Il processo di Rubiera, svoltosi contro
cinquantasette imputati, ebbe termine l’11
settembre del 1822 con una sentenza che
ne condannava quarantasette, riconosciuti
colpevoli di appartenere alla setta dei Carbonari.
Nove furono i condannati a morte, tra i
quali il sacerdote Giuseppe Andreoli di San
Possidonio, giovane poco più che trentenne.
Monsignor Ficarelli, vescovo di Reggio,
prima andò personalmente a Modena, al Palazzo
Ducale, per implorare la grazia della
vita di don Andreoli, poi si rifiutò di sconsacrarlo,
in quanto la riduzione allo stato
laicale avrebbe accelerato i tempi della condanna.
Sebbene non fosse ancora giunto il permesso
da Roma, si prestò alla sconsacrazione
il vescovo di Carpi.
Il 16 ottobre don Giuseppe Andreoli si
sentì leggere la condanna, che ascoltò con
grande tranquillità, poi, avendo saputo che
nessuno dei suoi compagni sarebbe stato
giustiziato, ringraziò il Signore. Riuscì soltanto
a dire: “Cupio dissolvi et esse cum
Cristo”; ma neppure la parola Cristo riuscì
interamente a pronunciare, che la mannaia
era già calata rapida sul condannato.
L ’uccisione di don Andreoli rimase nella
memoria della popolazione locale
tenendola in una atmosfera di terrore che
non cessò neppure con la morte di Francesco
IV nel 1846. Anzi, trovò modo di rinnovarsi
con il governo ancor più dispotico di suo figlio
Francesco V. Gli sbirri ducali in assoluto
anonimato controllavano ogni movimento
sospetto e, ciò nonostante, Salvaterra è stata
teatro di un piccolo ma valoroso gesto nei
confronti di chi non voleva rimanere sottomesso
alle violenze di un regime ormai non
più sostenibile.
Infatti da memorie scritte dagli eredi degli
interessati e da documenti dell’archivio
parrocchiale, si evince un episodio risalente
ai giorni antecedenti lo scoppio della prima
guerra d’Indipendenza.
Siamo nel 1848 quando un piccolo esercito
di volontari studenti universitari pisani
diretti al fronte della battaglia di Curtatone
e Montanara, deve arrivare a Modena per
essere inquadrato dal coordinamento delle
forze ribelli.
lI comandante di questo drappello di volontari,
in transito dal nostro paese, si rivolge
al parroco per chiedere la disponibilità di
un posto dove riposare e rifocillarsi.
Don Luigi Bursi, arciprete a Salvaterra da
soli due anni, proveniente da Rubiera, e memore
dei fatti successi negli anni precedenti
proprio nel tetro forte del suo paese d’origi-
Il duca Francesco IV d’Austria-Este
Don Giuseppe Andreoli
ne, senza pensarci due volte, accompagnò i
ragazzi presso la famiglia Onfiani, che abitava
in una casa colonica in prossimità del
fiume Secchia. La posizione strategica del
fabbricato, nascosto fra altre case e protetto
da una alta recinzione, fece subito pensare
alla possibilità di trascorrere abbastanza
tranquillamente questa fugace pausa.
La famiglia Onfiani era una delle tante
famiglie patriarcali del nostro paese, numerosissima,
dal primo censimento comunale
effettuato nel 1900, vantava ben 40 componenti.
Il capofamiglia era Felice, nato a Salvaterra
il 25 Gennaio 1819; Ercole, fratello di
Felice, anch’egli nato a Salvaterra il 26 Agosto
1824, è il depositario della memoria in
riguardo all’avvenimento su citato.
Al termine della battaglia di Curtatone e

Il libro
Sei anni di guerra
e di prigionia di un soldato
semplice reggiano
Il signor Mario Ferrarini, classe 1920,
nato a San Giovanni Querciola, “origini
contadine con poca scolarizzazione, ma
con una grande passione per la lettura”,
nel 1940 viene chiamato alle armi e inviato
sulla quarta sponta, in Cirenaica e
precisamente sul fronte del deserto di El
Adem. Partecipa all’avanzata in Egitto e
alla successiva ritirata finchè viene fatto
prigioniero degli Inglesi a Bardia, con
tutta la sua divisione.
Inizia allora un lungo viaggio in nave
fino a Bangalore, in India, dove sopporta
una prigionia così dura che diventa
poi difficile, per lui e per i suoi compagni,
credere alle proposte degli inglesi
di arruolarsi al loro fianco. Nel febbraio
1944 viene imbarcato a Bombay per
l’Europa. In Scozia viene trattenuto in
diversi campi di prigionieri. Trova nella
fede la forza per superare tante traversie,
sotto la guida di un padre spirituale
come don Giovanni Reverberi che, scrivendogli
durante la prigionia, terminava
le lettere con l’invito: “Sii forte e abbi
fiducia nel Signore”.
Finalmente, nel luglio 1946, salpa
da Liverpool per Napoli. Dopo sei anni
e sette mesi può finalmente ritornare a
casa.
In questo centinaio di pagine, appena
uscite dalla tipografia, il signor Ferrarini
racconta le vicende della guerra e
della lunga prigionia - sulle quali sarebbe
stato facile intessere anche un lungo
e movimentato romanzo - semplicemente
ricalcando gli appunti presi allora e
fortunosamente salvati da requisizioni o
smarrimenti. Per tanta autenticità, questo
libro sarà prezioso per gli storici.
Mario Ferrarini, Soldati reggiani nel deserto libico-egiziano
nell’uragano della seconda guerra
mondiale, Reggio Emilia, Tipolitohrafia Moderna,
2009
dei passi nel cortile. Era un fatto insolito,
perché di sera, dopo una pesante giornata di
lavoro, la gente restava in casa o al massimo
andava a passare un’ora nelle stalle dove,
recitato il rosario, immancabile ogni sera, le
donne filavano e gli uomini potevano fare un
giro a briscola.
La mamma stette in ascolto, sorpresa
e timorosa. Abitavamo allora vicino alle
Scuole, nella casa della Cedeina. A un certo
momento scorge alla finestra, a pian terreno,
un viso che in atto curioso, si appiccicava al
vetro, premendo il naso e facendo sponda con
le mani alle tempia per vedere meglio.
La mamma si alza, va alla finestra e riconosce
i due carabinieri di ronda che, dalla stazione
di Cavriago, ogni notte facevano il giro
di ispezione a cavallo della loro bicicletta, a
quei tempi unico e privilegiato mezzo di trasporto
personale. Apre la finestra senza paura
perché protetta da una robusta inferriata. I
due carabinieri, già in procinto di andarsene,
ritornano sui loro passi e dicono: “Signora!
Ancora al lavoro così tardi?”
La risposta fu semplice, ma largamente
giustificante: “Abbiamo quattro figli da mantenere!”.
‘”Sa che ore sono?”, disse uno dei
carabinieri,
“No!”, rispose la mamma.
“Sono le ore due dopo mezzanotte!”
“Già?” rispose lei.
Il tempo passa sempre in fretta per colui
che nel lavoro trova amore e responsabilità.
Quel lavoro fatto di notte era frutto di amore
certamente;ma anche di necessità perché non
avrebbe rinunciato al riposo se l’avesse potuto
fare.
Sono sicuro che la mamma, nella sua
eccessiva prudenza, non diceva al papà delle
sue notti insonni per non metterlo a disagio.
Salita in camera e aperta in fessura la finestra,
vide i due allontanarsi lentamente come
due ombre in un mondo senza vita. Nella sua
mente passarono veloci pensieri che andavano
alle loro mogli, che, forse, stavano ansiose
alla finestra nell’attesa del loro ritorno.
Mentre ancora era assorta in questi pensieri
si piegava dolcemente su di noi, dando vita al
suo amore vissuto con sacrificio e dedizione
che solo una donna madre può provare.
Neve provvidenziale
Questo episodio é ambientato in un
contesto sociale in piena confusione.
lo avevo circa nove anni (1926).
La società, di fatto, si divideva in tre gruppi
ben distinti: i padroni terrieri, i contadini che
lavoravano la terra a mezzadria, e gli operai
che abitavano in case prese in affitto e che
venivano chiamati: casanti. I più sprovvisti
erano proprio loro che avevano si e no una
abitazione sufficiente e vivevano del lavoro
giornaliero, quando lo potevano avere.
Questo era il nostro caso. Il papà, che faceva
il muratore, lavorava nove mesi all’anno,
perché i cantieri venivano chiusi nel periodo
invernale. Non esistevano né contributi, né
cassa integrazione, né altro. Se non si lavorava
non c’era paga.
La mamma invece, con il suo mestiere di
sarta, integrava la disoccupazione del papà,
perché durante l’inverno il suo lavoro aumentava.
Infatti le donne dei contadini approfittavano
del periodo invernale per rammendare
vestiti vecchi e attivarne dei nuovi con l’aiuto
della mamma alla quale, per compenso, portavano
sempre generi alimentari.
Anche il papà non stava in ozio, ma si prodigava
per avere qualcosa da fare, riparando
guasti nella case dei contadini o dei padroni
che lo chiamavano perché di lui avevano
molta stima e rispetto. E’ in questa situazione
che avvenne un fatto particolare.
Era una domenica mattina e nevicava
abbondantemente. Io e il papa eravamo alla
finestra di cucina, la mamma era intenta a
preparare il pranzo. ll papà si volge verso
la mamma e dice: “Maria, nevica forte!
Ringraziamo DIO!”.
Io rimasi sorpreso. “Ringraziamo Dio”?!
Come si può ringraziare Dio per tanta neve,
noi che avevamo si e no le scarpe e nemmeno
adatte a uscire con la neve? Allora guardai
il papà e dissi: “Papà, la neve porta guai,
specialmente per chi è povero!”. I1 papà
restò perplesso e sembrava frugare nella
sua mente per trovare la spiegazione delle
sue parole. Guardò fuori di nuovo e disse:
“In città debbono togliere la neve dai tetti,
quando è molta, e cercano i muratori che
sanno come camminare sui tetti e possono
riparare eventuali danni. Per me la neve é
anche lavoro!”
Per il papà era lavoro e fatica, per me
invece era gioia e divertimento, perché pregustavo
pallate, ruzzole e anche il fantoccio
di neve, cui la mamma faceva il cappello
e la cravatta con i ritagli di stoffa e il papà
gli metteva la pipa fatta con uno stecco e un
turacciolo di sughero.
q
12
San Bartolomeo,
4 luglio 1943.
Foto ricordo
della famiglia di
don Ezio
nel giorno
della sua prima
messa
una famiglia dove poterono rabberciare
una valigia con vari abiti, precedentemente
preparati. Da lì, attraverso alcuni orti,
condotte da Antonio Setti, salirono sull’argine
che dalla cinta della città portava al
Crostolo, dove ad attenderle vi era un barcaiolo,
addetto al ponte di barche sul Po.
Una volta imbarcate, seguendo la corrente
del Crostolo, arrivate al Po, il traghettatore
Roberto Bortesi le trasportava sulla
sponda mantovana. Un carrettiere, già
preavvisato, le attendeva per portarle ad
una cascina, dove erano rifugiati altri ebrei
e alcuni partigiani. Una volta completata la
missione, gli incaricati si incontrarono di
nuovo con monsignor Baratti per metterlo
al corrente di ogni azione.
Infine monsignor Baratti si prodigò
anche, dall’8 settembre 1943, a far confluire
vari giovani nelle formazioni patriottiche,
sotto il comando di Mario Benaglia e
Vittorio Bertazzoni.
Questa sua partecipazione alla lotta di liberazione
purtroppo costò cara a monsignor
Baratti, perché, fin dall’inizio favorevole ad
una collaborazione tra cattolici, comunisti e
socialisti, aveva espresso giudizi poco lusinghieri
nei confronti di qualche confratello
o cittadino “perbene”, per cui venne pure
etichettato come prete comunista.
Persistendo con le sue critiche il vescovo
dovette sollevarlo dall’incarico di vicario
generale della diocesi, con suo grande
dispiacere. Al suo posto fu nominato monsignor
Antonino Bresciani.
Mons. antonino Bresciani
canonico della cattedrale
Anche mons. Bresciani collaborò
con il Vescovo per portare aiuto
ai prigionieri italiani.
Dopo l’8 settembre, per parecchi giorni,
sulla strada di circonvallazione di
Guastalla, transitarono colonne di autocarri
provenienti da Reggio e Parma, pieni di
militari italiani destinati a Mantova, dove
sarebbero stati indirizzati nei campi di
concentramento in Germania.
Quando gli autocarri giungevano alle
curve della strada ed erano costretti a
rallentare, quei poveri prigionieri, stipati
in piedi, gettavano dei bigliettini sulla
strada, con il loro indirizzo di casa. I
ragazzi, appena possibile, li raccoglievano
e li portavano a monsignor Bresciani che
li coordinava. Nei giorni successivi poi
scriveva o cercava di recapitare i biglietti
alle rispettive famiglie dei deportati per
informarle della loro situazione e della
loro salute. In una decina di giorni riuscì
ad avvisare, anche tramite i parroci, 318
famiglie, che poterono, in parte, recarsi a
Mantova nella speranza di poter ottenere la
liberazione o per portare loro soccorso.
Anche dopo la liberazione e dopo il
ritorno dai lager, tanti ex internati o le loro
famiglie vennero a ringraziare monsignot
Bresciani, ma egli, nella sua modestia,
diceva che l’aveva fatto con il permesso
del suo vescovo, il quale poi lo nominò suo
vicario generale, succedendo a monsignor
Raffaele Baratti.
5
Guastalla, Piazza Mazzini. Qui, ai piedi
del monumento a Ferrante Gonzaga, il
23 dicembre 1944 venne fucilato il partigiano
Franco Filippini. Appena lo seppe,
monsignor Zaffrani accorse a benedire
la salma e si oppose con energia al dispositivo
dei “repubblichini” che avevano
proibito di rimuoverla affinché fosse di
monito alla popolazione.
Don Natale Cavazzoli, maestro di convivenza
civile e di libertà, varie volte fu
oggetto della violenza fascista, a mcausa
delle sue iniziative che sottraevano i giovani
all’influenza del partito. Alla sua scuola si
formarono i primi politici locali del periodo
partigiano, del Comitato nazionale di
Liberazione e del dopo guerra.
don natale caVaZZoli
il priMo educatore dei GioVani politici
Tanti giovani passarono sotto la sua
attività educativa, indirizzati al
rispetto degli altri e alla libertà.
Cappellano a Novellara, era stato contrastato
dalle locali squadre fasciste.
Osteggiato anche nelle funzioni sacerdotali,
fu anche picchiato, varie volte,
in pubblico in mezzo ai suoi fedeli. Per
questo il vescovo, nel 1925, lo trasferì
a Guastalla, che sembrava più tranquilla.
Gli venne affidata la chiesa di Santa
Croce o della Morte, dove viveva con la
collaborazione della sorella, ma la sua
attività pastorale era svolta nei locali
di quello che poi divenne il Teatrino o
Tartarino, come comunemente veniva
indicato, nei pressi del santuario della
Madonna della Porta.
Riuscì a formare una sezione di scouts,
una compagnia filodrammatica dialettale, la
sala per le proiezioni fonografiche dei film,
onde evitare che i giovani frequentassero il
sabato fascista, organizzato prima dall’O.
N.B. (Opera Nazionale Balilla) poi dalla
G.I.L.. Questa azione fece saltare la mosca
al naso dei dirigenti locali del Fascio, che
adottarono vari provvedimenti, ma che non
riuscirono mai nel loro intento.
Da questa scuola cristiana uscirono anche
i primi politici del periodo partigiano, del
C.L.N. e del dopoguerra: Remo Emilio
Tosi, Jaures Villani, Adolfo Tirabassi,
Giuseppe Amadei.
don JaMes daVoli
un Volontario … per forZa
Cappellano a Pieve di Guastalla
dal 1938 al 1942, abitava nel circolo
dell’oratorio, nei locali della
chiesa del Rosario. Le sue azioni e i suoi
discorsi quotidiani, con i giovani dell’oratorio,
erano di riprovazione e di condanna
dell’idea, che il regime tentava di inculcare
nelle giovani menti, del futuro soldato
d’Italia nel mondo.
In seguito ad una spiata e denuncia di
un sindacalista del regime, abitante poco
distante dall’oratorio dove don Giacomo
intratteneva i suoi giovani, fu incarcerato
e poi portato davanti al Tribunale speciale
di Reggio Emilia. I vescovi di Guastalla e
di Reggio intervennero presso il Segretario
Federale, chiedendo l’assoluzione del curato,
che avrebbe lasciato l’oratorio e sarebbe
andato a fare il cappellano militare. Dopo
un paio di mesi si venne all’accordo e don
Davoli uscì dal carcere e fu incorporato in
un battaglione di bersaglieri.
Essendo l’Italia impegnata su più fronti
di guerra, il contingente, in cui militava
don Giacomo, fu inviato in Russia
(ARMIR), aggregato ad un battaglione di
camicie nere volontari di guerra.
Risale all’inverno del ‘42/43 l’ultima
lettera che don Davoli scrisse a don Mirotti
e dall’8 gennaio del 1943 non si ebbero più
notizie di lui. Vi appare tutto il sentimento
di rassegnazione di un uomo che viveva
quotidianamente la tragedia di quel fronte

di guerra, il senso di umanità nel cercare di
alleviare i dolori suoi e quello dei commilitoni,
la nostalgia di una patria lontana e
l’amarezza dell’abbandono e della dimenticanza
cui erano soggetti, ma una incrollabile
fede in Dio, nella gioiosa speranza
che un giorno avrebbe potuto risentire la
gioia e il calore della propria casa e dei
suoi giovani. La lettera di don Giacomo è
fortunatamente scampata alla distruzione,
raccolta da un cumulo di immondizie,
dopo la morte di don Mirotti.
don Mario Veroni
il Mentore dei GioVani
Nel 1940 fu nominato canonico
della Cattedrale e rettore della
chiesa dell’Annunziata o dei Servi
di Guastalla. Abitava nella piccola canonica
tra la chiesa stessa e il vicino convento
dei Serviti, allora trasformato in minuscoli
appartamenti o monolocali per i più poveri
e disagiati.
Iniziò la sua attività con i ragazzi del
quartiere della piazza dei Servi e dell’Acquedotto
o del Palazzone Mossina, ora 1°
Maggio. Parlava loro di pace, di religione
cristiana ma anche di condanna dell’apologia
fascista che sempre più si faceva
oppressiva, anche se i giovani ormai erano
disincantati e già oppositori della dittatura
mussoliniana.
Guastalla - Episodi di guerra
Dopo l’8 settembre don Mario iniziò a
raccogliere tutto il possibile per la formazione
e l’organizzazione della resistenza.
Quando i tedeschi lasciarono il San
Carlo e la scuola di avviamento, i locali
furono spogliati dai guastallesi che asportarono
tutto quanto era possibile: coperte,
lenzuola, brande, mobiletti. Con alcuni
giovani don Veroni cercò di recuperare
il materiale bellico: una ventina di fucili,
baionette, bombe a mano e pistole. Un
grosso problema era come fare uscire di
nascosto quel materiale, senza che altri
vedessero o denunciassero il fatto. Don
Veroni escogitò di prendere un carretto
a mano con dei materassi, infilandovi in
mezzo le armi raccolte. Lui stesso tirava
il carretto, spinto dai giovani, fino
alla chiesa dei Servi, attraversando la via
principale di Guastalla. Tutto fu fatto, da
quella combriccola, in una sola giornata,
con tanta paura ma anche grande spregio
del pericolo.
Dopo alcuni giorni don Mario disse ai
giovani che si sarebbe assentato per un
paio di giornate. Quando ritornò raccontò
loro di essere stato sull’Appennino reggiano
da un suo confratello, un certo don
Pasquino Borghi. Ma non rivelò altro.
Dopo altri due o tre giorni, al pomeriggio,
davanti alla canonica di don Mario si
fermò un carro con cavallo, condotto dal
carrettiere “Gardilén”, carico di pali per la
INVERNO 1944
La città è sotto il dominio delle S. S. teutoniche. La
popolazione, laboriosa e tranquilla, non dà luogo a
repressioni. Passano le truppe marciando per le vie
della città al canto di tristi canzoni nelle quali par di sentire
la nostalgia profonda del paese lontano, del loro Reno, della
loro Elba, della loro Selva Nera.
Il Vescovo ha ricevuto più volte il Comandante tedesco,
a cui ha raccomandato non invano la sorte della popolazione,
oppressa dalle strettezze di guerra. Ora ha un desiderio
da esprimergli: vuol visitare la caserma. Il militare annuisce
di buon grado.
Si va. Sulla. porta la sentinella si irrigidisce nel saluto.
Il Vescovo ricambia con un sorriso ed una benedizione. Si
sale. Il Pastore è ricevuto in una sala decente, con ogni cortesia.
La conversazione è cordiale. Ma il Vescovo vuol vedere
le truppe e parlare a loro. Un breve, gutturale ordine.
Si sente lo scalpiccio dei militari che, in perfetto ordine,
scendono le scale. Sono tutti schierati in bell’ ordine in cortile.
Il Vescovo parla; illustra brevemente, con appropriate
applicazioni il detto del loro filosofo Kant: «Sognai che la
vita è piacere. Mi risvegliai e conobbi che la vita è dovere».
Il Prof. Nava tradusse da par suo. Il Vescovo termina
con la benedizione.
Più tardi verranno altri tedeschi, tra cui alcuni cattolici e
perfino un sacerdote, che celebrerà poi la Messa in Duomo
nel pomeriggio, con quattro ore di digiuno, nelle ore di libera
uscita. Ma quelli dei primi mesi di occupazione erano
altri tedeschi: più rigidi, più feroci. Le parole del Vescovo
cadono nel silenzio: alla benedizione, nessuno si segna.
Però è abbaglio, o la gentilezza successiva del Comandante
è più spontanea e cordiale? E’ abbaglio o c’è stato in
qualcuno di quei soldati, alle parole e alla benedizione del
Vescovo, uno sbattere frequente di palpebre del tutto significativo?
E’ abbaglio o si è avuto poi un sollecitamento
vite. Dopo averli scaricati in parte furono
di nuovo ricaricati assieme a quei materassi
provenienti dalla scuola di avviamento.
Il tutto si svolse nel modo più semplice
anche se qualche persona aveva osservato
quella strana manovra. Più tardi si seppe
che il tutto era stato portato in montagna.
Don Mario era anche autore di diversi
manifestini, dattiloscritti e stampati con un
duplicatore, che inneggiavano alla libertà e
alla liberazione dal nazifascismo, facendoli
poi collocare dai giovani nei vari punti
del centro di Guastalla.
Dopo la liberazione, nel teatro comunale,
furono organizzati incontri e dibattiti fra le
varie forze politiche. Don Mario ebbe il
coraggio di confrontarsi per alcune ore,
con Fortichiari, uno dei fondatori del P.C.I.
a Livorno, e un certo Gombia, esponente
locale dello stesso partito. Don Veroni
ricevette pochi applausi e molti fischi, dato
il particolare momento, ma questo non lo
infastidì e tutti ne ebbero rispetto. Dopo
questo episodio don Mario venne trasferito
d’autorità e con suo grande rammarico nel
comune di Novellara, prima al santuario
della Beata Vegine della Fossetta, poi alla
nuova parrocchia di San Giuseppe Reatino
detta la Bernolda. Quando i suoi giovani
andarono a trovarlo li pregò di non osare
più di recarsi da lui, perché era sottoposto
a sorveglianza.
q
della disciplina dettata alla città da quelle prime truppe di
occupazione?
Quei soldati ora non ci sono più. Molti saranno morti; altri
tornati alla loro vita borghese. Chissà che in parecchi le
parole del Vescovo non abbia ammansito i sensi di ferocia
che li dominavano nelle ore del conflitto e molte atrocità
non siano state cosi risparmiate! Chissà che in molti non
permanga anche oggi il ricordo di quel Vescovo cattolico,
della paterna figura che aveva loro rivolto affettuose parole
che li benediceva; e chissà che tale ricordo non sia stato per
molti il principio di una vita più onesta e più cristiana!
PRIMAVERA 1945
Sono gli ultimi mesi che precedono la liberazione. Imperversa
la brigata nera più feroce della stessa S. S.
Un giorno un sacerdote, sospettato a torto di relazioni
partigiane, è catturato e malmenato. Il Vescovo lo sa; tosto
esce e va ad affrontare le belve nel loro covo, l’ex convento
dei Francescani. Non osano alla porta respingerlo. Viene
fatto sostare in una improvvisata anticamera: di là grave
trambusto: ma comprendono che non possono rinviarlo. E
allora lo· ricevono nella sala del quartier generale, seduti,
fumando con cipiglio. Qua e là, sui tavoli, occhieggiavano
le bocche di parecchie rivoltelle. Il Vescovo parla, protesta,
urge. Alla burbanza succede un evidente imbarazzo. Si
alzano, balbettano inconsistenti giustificazioni, vaghe promesse.
Alcune ultime fiere e dignitose parole. E’ condotto
come egli ha voluto alla prigione del povero sacerdote a
cui rivolge dallo spioncino, alcune parole di incoraggiamento
paterno.
Il sacerdote è rilasciato in giornata senza altri maltrattamenti.
Ogni commento guasterebbe.
Mons. Anselmo Mori (1951)
6 11
Dagli scritti inediti di don Ezio Ferrari
San Bartolomeo di Sassoforte
cronache di paese e di famiglia
La popolazione rurale:
condizioni e usanze (1850-1950)
I
rapporti con il proprietario sono curati
dal “resdor” (reggitore) che rappresenta
e dirige l’intera famiglia, di solito
oltre i 20 componenti. Anche in età avanzata
egli conserva la sua autorità: così può accadere
che i figli invecchiano in una posizione
subalterna.
Sotto la direzione del reggitore lavorano
tutti. Il figlio maggiore ha cura del bestiame
e viene detto bifolco mentre il secondo ha
la cura del campi. Dalla moglie del resdor
detta resdora dipendono tutte le donne, figlie
e nuore. Queste presiedono alle mansioni
domestiche: filano, tessono la lana, il lino
e la canapa per il fabbisogno famigliare. I
ragazzi stessi vengono impegnati sostenendo
fatiche spesso eccessive per la loro giovane
età. IL parere dei due reggitori ha, spesso,
un peso decisivo nel combinare matrimoni.
Le spose vengono domandate ai genitori da
un parente stretto scelto dall’aspirante innamorato,
secondo modalità tradizionali che
assomigliano ad un rito.
I proprietari terrieri sono sempre attenti
alla demografia della famiglia mezzadrile.
Controllano che il volume di mano d’opera
sia adeguato alle esigenze della coltivazione,
ma si allarmano se cresce il numero dei consumatori
improduttivi quali i bambini, che
vivevano di latte.
La famosa inchiesta agraria del 1881,
curata per la nostra Provincia dal Tanari,
pone, fra le cause della crisi della mezzadria,
anche la speculazione di assottigliare le
famiglie coloniche per diminuire le bocche
improduttive. Tutto ciò spiega il comportamento
dei contadini che, quando i padroni
erano in visita, nascondevano i bambini o li
allontanavano.
La casa colonica é il centro di incontro
abituale della gente di campagna. Durante
le lunghe sere invernali, vicini e amici si
ritrovano nelle calde stalle. Le donne filano,
gli uomini giocano alle carte, discutono degli
avvenimenti del paese, dell’annata agraria
e anche di politica. I giovani incontrano le
loro future spose. Durante l’estate, anche la
mietitura e la spannocchiatura del granoturco
sono occasione di feste con balli e canti nelle
aie (spazi cortilivi).
L’istruzione scolastica nelle campagne
non è per niente curata dallo stato estense, il
quale ne lascia l’incarico ai parroci e sacerdoti.
Nelle campagne reggiane di quel tempo
circa 1’80% della popolazione é analfabeta e
questa piaga riguarda specialmente le donne
che, nove su dieci, non sanno né leggere né
scrivere.
L’Istruzione elementare comincia a diffondersi
nel mondo rurale dopo l’unità d’Italia.
Inizialmente trova difficoltà da parte di quei
contadini che abitano lontano o che hanno
bisogno di braccia da lavoro, specialmente
quando si fanno più urgenti i lavori agricoli.
La mancanza di istruzione pone gli agricoltori
in condizione di netta inferiorità nei
rapporti mezzadri-proprietari.
Dopo la prima guerra mondiale (1914-
1918) l’analfabetismo diminuisce così rapidamente
che nel 1931 solo una esigua minoranza,
di poco superiore al 10%, non sa né
leggere né scrivere, mentre circa il 90% dei
bambini frequenta la Scuola Elementare,
merito del nuovo orientamento politico.
Confrontato però con le altre categorie professionali,
il livello culturale medio del contadino
resta tra i più bassi.
La vita di paese procede ritmata dalle
stagioni e dalle feste religiose. I luoghi tradizionali
dove ci si incontra sono la chiesa,
l’osteria, la cantina, la latteria sociale, il mercato,
la fiera del paese. I valori tradizionali
della famiglia, del lavoro, della solidarietà in
particolare, in una parola, quei principi che
si fondano sulla morale cristiana, rimangono
ancora saldi in questo mondo in evoluzione.
Verso gli anni 1960 le giovani generazioni
non accettano un mondo tanto angusto
Hanno studiato, viaggiato, fatto tante nuove
esperienze che passano presto nell’ambiente
rurale. Questo assimila così le innovazioni
e gli agi portati dalla civiltà industriale, pur
non lasciandosi prendere dalla febbre del
consumismo. Iniziano le contestazioni che il
1968 porta al culmine. Operai della terra si
mescolano agli operai delle fabbriche e dei
cantieri e fanno causa comune, spinti dalle
stesse necessità.
E’ il momento in cui la rivalsa dei diritti
calpesta i doveri famigliari e sociali, La situazione
morale e sociale di oggi ne é la logica
conseguenza.
Una disgrazia che porta benessere
Nel 1911 il papà della nostra mamma
ebbe un incidente sul lavoro. Uno
spruzzo di calce viva gli aveva colpito
un occhio cuocendolo. La calce viva é
un tipo di calce bianca fatta a schegge che
messa in acqua fiorisce, spesso scoppiettando.
Serviva per l’intonaco esterno delle case.
Una di queste schegge colpì l’occhio sinistro
del nonno mentre lui era intento a smuovere
la calce . Non valsero le cure e l’occhio venne
tolto.
Noi ragazzi presi da curiosità chiedevamo
al nonno perché non aveva l’occhio e lui ci
raccontava con ricchezza di particolari l’accaduto,
solo per farci felici. Eravamo i suoi
primi nipotini: Iride, Orfeo ed io.
L’Assicurazione pagò, per la disgrazia,
la somma di lire mille. Mille lire allora, nel
Chiesa parrocchiale di San Bartolomeo
1911, erano un capitale. Ricordo i particolari
della destinazione di quella somma, come
la mamma ci raccontava spesso, da noi provocata.
I bambini e i ragazze allora avevano
pochi diversivi, per cui ogni fatto di rilievo,
era per loro un buon passatempo. Così erano
le fole (racconti immaginari a lieto fine) che
la nonna Caterina ci raccontava mentre era
intenta a filare, raccogliendo attorno a sé una
nuvola di ragazzi. Lei, religiosa com’era,
prendeva dal vangelo, che le prediche domenicali
divulgavano, episodi salienti e li trasformava
in racconti elaborati educandoci
anche cristianamente.
Ebbene la mamma ci diceva che il nonno,
ricevuto il mandato di pagamento dell’assicurazione,
disse alla sua sposa: “Caterina,
questi soldi mettono ordine in famiglia perché
servono a pagare debiti e a vestire la
famiglia. L’inverno é vicino. Che ne dite?”
La nonna, lungimirante e molto più intuitiva
del nonno, diede subito la sua risposta
chiara e decisa: “Antonio, c’é una casa in
vendita a Cà di Bis (Casa dei Bigi) adatta a
noi, compratela. Qui siamo in troppi e poi
siamo ancora in famiglia con i vostri fratelli”.
La nonna vedendo la perplessità del marito
aggiunse: “Non avremo affitto da pagare e per
i figli il lavoro non manca e la Provvidenza
neppure”. La proposta ebbe buon esito e tutta
la famiglia della nostra mamma si trasferì
nella nuova casa che il nonno aveva sistemato
discretamente.
I due carabinieri
è
notte fonda. La mamma è intenta a
lavorare, mentre il papà e noi fratelli
riposiamo beati e felici, come si suol
dire. Era solita, la mamma, dopo le faccende
domestiche, attardarsi la sera nel suo lavoro
di sarta, per finire, più tranquilla, lavori iniziati
e lasciati più volte per badare a noi.
Una sera, mentre era intenta a cucire, sente

stà al facto de quello buono homo, et anche
al suo, ha considerato serìa facile cossa,
perché se poriano ridurre nel campanile
dela pieve, el quale è fortissimo, e lì stare
ascosi quanto volesseno, che mai non se ne
saperia covelle, havendo da mangiare dal
arciprevede et da li soi lì dentro. Et perché
siando loro lì dentro, ne epso podestà può
uscire dal castello, ni el dicto buono homo
di casa, nol vegano. Il che in l’andare o tornare
o etiam in la chiesa a la messa poriano
loro offendere che niuno se moveria, si
perché ut plurimum sono parenti, e sì per
non deservire, et poi se ne andariano a suo
piacere. Et perché questo, et perchè se gli è
facto per altri tempi molte [ri]balderie, che
è logo forte e come una bastia, gli pareria
se havesse ad aprire da uno lato, come sono
li torresini de le guardie, o butarlo zoso.
Questo scrive il detto podestà, et forse lo ha
scripto anchora a vui. Et pertanto volemo
siati insieme et a questo facenda provediati
come vi pare bisognare per obviare
a li pericoli et scandali futuri. Et al dicto
podestà farete dare alturio per li officiali
circumstanti a le bisogne, come per ltre ve
scrivessimo.
Ferrarie die xxiii Jan. mcccxlij
1442 - il caMpanile pendente
Si sa che la rocca non era ben vista
dalla popolazione perchè essa richiamava
la presenza di un governo che
si faceva sentire più che tutto per le esazioni
fiscali e le pesanti corvée imposte alla popolazione.
A nemmeno due tiri di balestra dalla
rocca sorgeva la pieve, un simbolo ben più
amato dalla popolazione perché essa rappresentava
effettivamente la comunità ed era
perciò sentita come cosa propria. Ma la pieve
aveva un campanile pericolosamente inclinato,
forse per quella instabilità del terreno che,
qualche tempo dopo, convincerà a i minozzesi
a ricostruire in luogo più sicuro la pieve.
Accade così che, mentre i podestà lavorano
alacremente per riforzare e ingrandire
la rocca, trasformandola in vero castello
per la propria residenza e per quella degli
altri ufficiali estensi, la popolazione lavora
per raddrizzare il campanile nel modo più
semplice: incamiciandolo entro un nuovo
più grosso campanile. La cosa colpisce
invece il podestà Giacomo Tirimbochi che si
allarma, forse anche in seguito alle vicende
conseguenti all’omicidio del 1441. Secondo
lui, infatti, il campanile sta diventando una
vera e propria bastia contrapposta alla rocca
e potrebbe dunque servire a chi, un domani
sempre possibile, volesse conquistare con
le armi la rocca. Il 13 agosto 1442 scrive
perciò i suoi timori al Capitano di Reggio
suggerendogli di fare cessare i lavori del
campanile e, magari, di informarsi meglio
da Bernardo Manente che conosce molto
bene la situazione per essere – come conosceremno
da un carteggio di qualche anno
dopo – l’ingegnere che segue i lavori della
rocca:
Spectabilis et generose miles maior honorandissime.
Non so se Vui mai siadi stato
qua a Menozo, ma ve aviso che l’è una
giesia dicta la peve presso qui a la rocha
a tanto quanto trarebe uno ballestro in
meno de due fracte, dove è uno campanile
alto como la rocha, el quale piegando li
fui comenzato dal canto de fora uno muro
intorno intorno grossissimo et è menato
suso fine al mezo ed è una cosa molto forte.
Hora questi homini sono in pratica de voler
compire questo campanile et chiavarlo con
lignami, et compito a me pare ch’el debia
essere una bastia a questa rocha e castello.
E’ vero che io non so però pratico de assediare
forteze, ma pur me pare che se una
compagnia venesse qui per obsedio, harebe
la bastia fortificata de la peve e campanile.
Voglio ne siate avisato et parendove possiti
mandare per mastro Bernardo Manente
citadino lì et insignero homo et de questo
campanile ben informato et conferire cum
lui che ve dirà el vero de quanto el domanderete,
et parendove de obviarli a tale opera
avisatemene et in forma non ... habiate aviso
de tale materia a ciò non me meta a le mani
cum questi homini che tuti unanimiter gie
tirano. A Vui me racomando.
Menociij die xiij Augusti 1442
Jacobus de Tirimbochis
I suoi consigli furono sicuramente ascoltati
se la visita Cervini del 1553 ritrova
la torre non coperta “et usque ad medium
desolata”.
1443 - la caMpana
“de Misser sancto salVadore”
Nel 1426, come visto, la rocca di
Piolo è già in mano agli estensi che
vi tengono un castellano con due
compagni. La rocca sorge in luogo davvero
selvaggio, a controllo della viabilità verso il
passo di Pradarena ed è armata con piccole
bombarde. Ma, forse per sentirsi più sicuro,
anni dopo, finisce il che il castellano, d’accordo
col podestà di Minozzo, prende una
campana dalla chiesa del Santo Salvatore in
Cinquecerri e la mette sulla rocca. Contro
di lui e per recuperare la campana fioccano
le denunce del “popolo di Misser Sancto
Salvadore”, cioè della popolazione di quel
territorio parrocchiale che era composto dai
comuni di Cinquecerri, Levaglie, Caprile e
Predare.
Il primo dicembre 1443 esponenti del
comune di Piolo mandano un rappresentante
a Reggio pee esporre quanto di loro
competenza o responsabilità sul fatto della
campana.
Spectabiles et honorandissimi Domini
etc. Mandiamo da Vuy Bertholin da Piolo
aportadore de questa pregando le Vostre
Reverentie vi piacia darge piena fede de zò
dirà per nostra parte sopra el facto de la
campana, pregandovi caramente el comune
de Piolo ne siano recomandati. Non altro
(...). Pioli, el primo de decembre 1443.
Comune et Homines de Piolo Vestri servitores
Cinque giorni dopo esponenti del “popo-
lo di misser Sancto Salvadore” scrivono al
Reggimento di Reggio esponendo i fatti,
ricordando la volontà del marchese d’Este di
restituire la campana, in cambio della quale
essi sono disposti, benchè a malincuore,
a darne un’altra più piccola rimasta sulla
chiesa.
Nell’Andrea Attolini da Ligonchio, che
scrive la lettera, secondo la cronotassi dei
parroci di Cinquecerri, andrebbe identificato
il parroco stesso della località che
va con i suoi uomini a protestare presso il
podestà.
Spectabiles et Egregij Patres nostri singularissimi.
Mandemmo da Vuy Pedrizolo
d’Andriolo da Cinquecerri, portadore della
presente, per caxon d’uno comandamento
chi ne fece el podestà de Menozo a dì ultimo
de novembre, che nuy fusseno presentati
a le Magnificentie Vostre, zoè el prete cum
uno homo del popolo, e similiter de Piolo, a
commettere in vuy della campana de misser
Sancto Salvadore chi è in sulla rocha de
Piolo, per la quale nuy siemmo stati stati
popolo et prete insieme et el podestà, et
habiemo veduto la lettere che ricevetti[mo]
della restitutione della detta campana facta
dal nostro Illustre et Excelso Signore, et
similiter l’altra lettera della commissione,
unde nuj finalmente digaremmo cuxì: se el
deto nostro Signore ha piaxere che misser
Sancto Salvadore habia la sua campana,
nuy lo pregammo divotamente et habiammo
ferma speranza che se ha determinato che
el vorà vada a secutione, anche speriamo
vuy humilmente digarette de consignarla al
decto misser Sancto Salvadore, e se al nostro
decto Illustre et Excelso Signore li piaxerà
l’altra campana che è in sulla nostra ghexia
non digammo quella ma le partene e zò che
havemo in questo mondo è alla soa gratia.
Ben pregamo le Magnificentie Vostre che
misser Sancto Salvadore e quello popolo
ne sia aracommandato, altra comixione
non dighemo de fare perché a nuj pareré de
peccare, ben sapitte le ghexie non hanno a
sminuire, anze a crescere. La campana è in
sulla rocha de Piolo in funxione del Signore
se le piaxe de renderla humilmente pregano
in quelli de Piolo non demandemo covelle.
Non altro digemmo se non che sempre se
raccomandemo a Vuy e similiter ve raccomandemmo
misser San Salvadore e la
ghexia nostra.
Die vj Decembris 1443.
Minimi vestri servidori Comune de
Cinquecerri et de Caprili, da Le Veye e dal
Predare, tuti de popolo de Sancto Salvadore,
et de mi Andrea Attolini de Ligonchis ricercato
da quilli humilemente ve se raccomandemo.
note
I documenti qui pubblicati si trovano,
alle rispettive date, presso il “Carteggio
del Reggimento” nell’Archivio di Stato di
Reggio. Altre informazioni sono desunte
da F. Milani, Minozzo negli sviluppi storici
della Pieve e Podesteria, Reggio Emilia,
Bizzocchi Editopre, 1980 (2 a edizione).
q
Non tutti sanno che il
colle su cui oggi sorge
il santuario della
Madonna di Lourdes anticamente
era chiamato Bazzano.
Qui un tempo viveva una sua
comunità con una sua chiesa
antichissima: San Martino di
Bazzano.
Alla Villa di Bazzano era collegato
un ampio bosco posto a
nord della chiesa stessa, ancora
oggi parzialmente esistente.
Questo fitto bosco rappresenta
un prezioso, in quanto raro,
frammento di quella che nell’alto
medioevo era la selva
che occupava larga parte della
fascia pedecollinare centroemiliana
in cui grandi querce
erano le piante dominanti.
Nel Liber Focorum del 1315
la villa di Bazzano era probabilmente
classificata sotto il
comune di Albinea. In questo
antico documento appaiono
diverse famiglie di Bazzano
(Haeredes Cari de Bazzano,
Rolandellus de Bazzano,
Ventura de Bazzano, Comes
de Bazzano, Muzzonus de
Bazzano) cognomi ancor oggi
radicati nel territorio (Carri,
Venturi, Conti, Mussini….) 1 .
Sul finire dell’Ottocento,
proprio dove venne eretto il
santuario della Beata Vergine
di Lourdes, esisteva un vecchio
oratorio, ormai in rovina,
ma che prima ancora era stato
cappella e ancor più anticamente,
nel medioevo, chiesa
parrocchiale dedicata a San
Martino.
La chiesa forse esisteva già
nel 1144 quando il papa Lucio
II confermò al vescovo di
Reggio “plebem de Albineto
cum suis capellis”. Da un documento
del 1302 sono nominati
un chierico (Dompnus
Ugollinus clericus S. Martini
de Baçanno) ed un rettore
della chiesa di San Martino
di Bazzano (Dompnus Ventura
rector ecclesie de Baçanno)
nel Plebanato di Albinea 2 . Da
un altro documento recentemente
scoperto presso l’archivio
di Stato di Reggio, (Arch.
Turri, filza 180) in un caso giudiziario
è presente, forse come
10 7
Reperti archeologici ne attestano origini romane
San martino di Bazzano
località medioevale di Albinea
GiuSeppe liGABue
Chiesa di Santa Maria dell’Oliveto (Albinea), pala di San Martino,
opera di artista emiliano del XVIII secolo. Probabilmente l’altare di
san Martino, su cui è posta questa icona, fu eretto all’epoca in cui
l’oratorio di Bazzano, ormai in rovina, venne abbandonato e il culto
trasportato nella parrocchiale dell’Oliveto.
Nella foto sotto: la chiesa-santuario della Beata Vergine di Lourdes
edificata nel 1899. Recenti sondaggi sotto il pavimento hanno portato
in luce residui di materiale fittile romano.
testimone, tale Lorenzo Codeluppi, rettore
della chiesa di San Martino di Bazzano.
Nel 1447 la villa e il bosco di Bazzano
vennero ceduti ai Manfredi e nel 1618 il
conte Paolo Manfredi cedette questa parte
del suo feudo al celebre cardinale Toschi3 .
Verosimilmente alla fine del secolo XV
la parrocchia di Bazzano e quella di San
Geminiano vennero unite a quella di Santa
Maria dell’Oliveto: plebanato
(dopo il Concilio di Trento)
dell’Arcipretura di Albinea4 .
Sul finire del Seicento la
cappella di San Martino era
già in rovina e la comunità
della villa di Bazzano faceva
capo a Santa Maria dell’Uliveto
di Montericco così che, già
a fine settecento, il toponimo
Bazzano iniziò a scomparire
confondendosi con quello
di Montericco che un tempo
invece era localizzato esclusivamente
al colle in cui esisteva
il castello e a quello
dell’antica chiesa benedettina
dell’Oliveto, da sempre appartenuta
al potente monastero di
San Prospero di Reggio.
Sull’origine del toponimo
Bazzano, presente in
diverse province italiane, possiamo
affermare che è evidente
la chiara derivazione latina
riconducibile al fitto popolamento
rurale in epoca romana.
Tale derivazione potrebbe
provenire dal nome di famiglia
Badius.
Durante i lavori di restauro
avvenuti nel 2000 a seguito
di un furioso incendio del
Santuario, lavori che comportarono
il rifacimento del pavimento,
chi scrive ha potuto
osservare, fra i materiali di
risulta scavati sotto al vecchio
pavimento, la presenza
di frammenti di manubriati,
tegoloni, e altro materiale fittile
a testimoniare l’esistenza
sul colle di un insediamento di
epoca romana.
NOtE
1 CFr. n. TaColi, Parte
seconda d’alcune MEMORIE
STORICHE della città di
REGGIO DI LOMBARDIA...
Parma, MDCCXLVIII, pag, 27
2 a. MerCaTi, Decime di
Reggio Emilia (1302, 1318),
Tipografia Poliglotta Vaticana,
1931. Analogamente, nelle
decime del 1318 è nominato
Dompnus December rectore
ecclesie S. Martini de Baçano.
3 Archivio Parrocchiale di
Montericco.
4 Bigi 1975 pag. 11.
q

I DocuMEntI Dal carteggio della podesteria di Minozzo negli anni 1437-1443
Chiese, preti e “popoli” minozzesi
nei primi decenni della dominazione estense
Giuseppe Giovanelli
Stando al linguaggio degli atti di dedizione,
si direbbe che anche Minozzo,
liberatosi dalla “tirannide” dei
Fogliani, avesse trovato pace e serenità. Il
passaggio dal dominio dei Fogliani a quello
del marchese di Ferrara era stato segnato
da una certa gradualità. Piolo, Ligonchio
e Gazzano già nel 1426 erano in mano a
Nicolò d’Este che, grazie a un rischioso
lavoro di spie, riesce finalmente a impossessarsi
di Minozzo e della sua Rocca.
Il carteggio degli ufficiali estensi che,
in tal modo, dopo il 1427 sovrintedono al
governo di tutto quel vasto territorio montano,
lascia intendere che i problemi erano
tanti e non facilmente risolvibili. C’era l’impianto
o il reimpianto di strutture indispensabili
al governo quali le rocche: Minozzo,
Piolo, Ligonchio, Le Scalelle (Gazzano).
Principale fra tutte quella di Minozzo che
già nel 1428 pone problemi di ristrutturazione
e di ampliamento, come mostrano
le varie lettere dei podestà descriventi, via
via, i vari lavori che si protraggono per vari
decenni per irrobustire le fortificazioni e
per ricavarvi le abitazioni del podestà, del
notaio e del castellano. C’erano problemi
di ordine pubblico dati da una popolazione
per la quale l’obbedienza non era ancora
una virtù soprattutto in ordine alla esazione
di tributi e di prestazione di servizi quali
la posta del governo, la viabilità e la spalatura
della neve, le guardie alla porta di
Minozzo. E c’erano anche problemi con le
grandi sagre dell’alpe: San Giacomo sopra
Ligonchio, ad esempio, o San Pellegrino
presso l’omonimo santuario nel quale, almeno
fino al 1441, l’ordine era garantito dai
podestà di Felina e di Minozzo e, in seguito,
da quello di Montefiorino. Erano sagre nel
senso religioso della parola, ma anche fiere
nelle quali, quando “il vin zà riscalda el cervello”
la cosa più facile era che spuntassero
armi, liti, risse. E, fra tante carte, emergono
anche notizie riguardanti clero e chiese.
Non molte, ma significative di una varietà
di figure e di situazioni. Vediamo tre casi
con i relativi documenti per la prima volta
pubblicati nella loro integrità.
1437 - don doMenico da carniana
e il ponte di san BartoloMeo
Posto sulla riva destra del Secchia, in
parrocchia di Carniana, nel punto
in cui il fiume riceve il suo affluente
Secchiello, sorgeva ab immemorabili un
ente ospedaliero con la funzione di aiutare
i viandanti a passare il Secchia. Era
noto con il nome del suo santo titolare,
San Bartolomeo, o più semplicemente
come “Ponte della Pioppa”. Su di esso
confluiva una via maestra proveniente da
Modena, Parma e Reggio che, subito dopo,
tra Carniana e Minozzo, si diramava verso i
principali valichi dell’alpe: San Pellegrino,
Pradarena e Cerreto/Ospedalaccio.
Secondo una tradizione raccolta nel 1664
dal podestà di Vologno, il ponte sarebbe
stato costruito dalla serenissima Matilde
d’Este della quale si sa che, vedova del marchese
Guido d’Este nel 1073, era passata a
seconde nozze con il cognato Azzo II d’Este
marchese di Luni e conte d’Italia, morto più
che centenario nel 1097. Costui aveva rivendicazioni
su Nasseta, la “gran corte” benedettina
che, iniziando a pochi chilometri da
San Bartolomeo, controllava la viabilità dell’alta
Val di Secchia. La tradizione, dunque,
potrebbe avere un buon fondamento.
Il ponte, costruito in un punto in cui il
fiume è assai ampio e perciò la corrente
si allarga perdendo molto della sua spinta
dirompente, doveva avere parecchi archi
sullo stile – possiamo immaginare dei ponti
Panorama del centro storico di Minozzo in una fotografia di don Francesco Milani del 1938. Al centro si innalza la rocca della
quale si intravvedono pochi ruderi coperti dalla vegetazione. A nemmeno due tiri di balestra sorgeva la pieve antica che, con il suo
campanile alto e “forte”, sembrava contrapporsi come vera e propria bastìa al potere dei podestà e degli ufficiali estensi.
8 9
di Bobbio o della Maddalena in Garfagnana.
Nel 1427, allorché Nicolò III subentra ai
Fogliani nel dominio della montagna, chiesa
e ponte sono in rovina (non sappiamo da
quanto tempo) e appartengono al comune
e agli uomini di Poiano. Nicolò III, infatti,
gliene concede il governo col patto che vi
costituiscano un massaro che ripari la chiesa
e riedifichi il ponte. Concede loro, anche, di
poter costruire un molino sul fiume Secchia
e questo potrebbe essere proprio il molino
di San Bartolomeo che troviamo negli anni
successivi (10) . Ma non pare che i poianesi
abbiamo fatto alcunché di significativo.
Un punto fermo lo abbiano il 20 giugno
1437 in una lettera del podestà di Minozzo,
Bartolomeo Grassi, al Reggimento di Reggio
ci rivela il tentativo generoso di un prete di
Carniana di procedere alla ricostruzione
degli archi, richiamando comuni e altri enti
di governo alle proprie responsabilità verso
un’opera così fondamentale per l’intero
“episcopato” reggiano:
Magnifici Domini et maiores honorandissimi.
Don Domenigo da Carniana havendo
intention de fare memoria de sé, ha alogato
a reffare et reaptare li archi del ponte de la
Piopa che è strada e via magistra a passare
Sechia, a magistro Anthonio da Sachazo
e dagi et cussì ha promesso de darge Lire
n. XL de la moneta corrente, (…) al dicto
magistro Anthonio per sua manifatura et lo
lavorero aparechiato, e per parte de pagamento
ha ricevuto dicto magistro Anthonio
lire L dal dicto don Domenego, et perché al
dicto don Domenigo serebe deficile cossa
a tanto lavorero suplire, ha electo nove
massari in diversi logi che habiano a solicitare
et exigere da chi fosse ubligati in
alchuna cossa al decto ponte et le raxon
de quelo defensare, e pertanto ve pregho
si come pregato et, considerato la valitade
de decto ponte a questo paexe, Ve dignati
farge fare una letera patente dritiva a li
Officiali sotoposti al Ill.mo S. N. che habiano
ricomandati deti don Domenego cum li
massari, anche nominando per lo aportator
presente in farge raxone summaria, et etiam
in darge quelli altri consigli e conforti che
a loro serà usibile a zò che deto lavorerio
habia principio et fine e che cento moza de
calcina che è facta non se botta via. Vobis
me recommitto.
Minotii die xx Junij 1437. Vester in omnibus
Bartholomeus de Grassis (12) .
Tuttavia lo sforzo del benemerito don
Domenico da Carniana, stando a documenti
del 1474, non sembra essere andato in porto,
nonostante le cento moggia di calce già
preparata e l’anticipo di cinquanta lire al
maestro muratore Antonio da Saccaggio, una
località che, con le sue torri possenti ancora
superstiti, dimostra che vi erano in luogo
maestranze capaci di condurre a termine
l’opera proposta.
1441 - il fiGlio dell’arciprete
I
carteggi del tempo danno come abbastanza
frequente l’omicidio per le più
disparate ragioni. Per frenarlo non vale
la concessione del porto d’armi per difesa
personale che, anzi, sembra piuttosto
incrementarlo. La paura è tanta che trasforma
i borghi minozzesi in “terre murate”.
Nel 1440, il 28 dicembre, l’omicidio di
Tommasino della Sorba scuote la vita paesana
e risulta particolarmente rilevante anche
perché se ne ritengono autori Simonello da
Tizzola e un prete di nome Pellegrino, figlio
dell’arciprete di Minozzo.
Una tale paternità non necessariamente
deve far pensare a comportamenti immorali
di tipo concubinario. Erano frequenti i casi
di uomini sposati che, giunti a un certa età,
soprattutto se vedovi, chiedevano e ottene-
La rocca nello stemma comunale di Minozzo
e, ora, di Villaminozzo
vano l’ordinazione sacerdotale. Secondo la
cronotassi degli arcipreti di Minozzo stilata
da don Francesco Milani, questo arciprete
potrebbe essere Rodolfo da Minozzo, uomo
degno di stima per le operazioni economiche
in favore del beneficio e per essere nominato,
nel 1443, esecutore di una bolla di papa
Eugenio IV in favore di un Melchiorre di
Sologno.
Di questo omicidio abbiamo due lettere
del marchese Nicolò III al Reggimento di
Reggio che, se non permettono di ricostruire
l’intera sequenza dei fatti, prima e
dopo l’omicidio, ci descrivono comunque
la situazione tesa che regna a Minozzo e la
faida che cova sotto la pesante neve dell’inverno.
Il 6 gennaio 1441 il marchese detta ordini
precisi perché venga fatta una giustizia
esemplare che espropri dei loro beni gli
assassini e metta “terrore” fra la popolazione
affinché non si ripetano altri omicidi e
sia pace tra le famiglie degli offesi e degli
offensori:
Nicolò Marchese d’Este. Carisismi nostri.
Vui dovete essere informati dell’homicidio
commesso a die xxviii del passato per
Pelegrino, figliolo del arciprete da Menozo
e Simonello da Tizola in la persona de
Thomaxino da la Sorba loro visino. Et però
non se extendemo altramente in narrare
questo caso. Ma tanto è che per ogni rispecto
ne è da fare non piccolo caso. Et non
ce pare che tale delicto passi impunito, anci
se farà per exemplo d’altri e per la justitia
tali effetti che altri abbiano cagion da simili
excessi abstenersi, e chi è in colpa non si
possa gloriare del suo malfare. Volemo
adunque che voi provediate per ogni modo a
Vui possibile che se proveda per la via de la
ragione contro di malfacturi. E che la pena
che pervene a la Camara nostra, sia scossa
e che liberi loro e li padri che per vigore de
le lettere nostre deno purgare a la Camara
nostra per la pace ropta, siano per quella
tolti et applicati ad epsa. Et cussì tu massaro
per quello che toca et appartene al officio
tuo inzègnate che la Camara habia suo
dovere. Et questo non digemo per la utilità,
ma perché questo acto habia ad rompere le
brace [braccia] a quelli malvasij homini che
sono studiosi de novità. Et s’el podetà là
[di Minozzo] non potesse havere aiuti da li
sottoposti a sè per exequire li comandamenti
vostri, fasìtigelo dare da li officiali circumstanti.
Et provedete se l’è possibile che le
parte che sono rimaste a casa se promettano
insieme de non se offendere. Et che alcuna
persona de le loro famiglie infuori sotto
quella pena ve parerà de imponerli, o per
crida o per comandamento, altramente non
possi overo presuma fare circa ciò sì per
punition di malfaturi e per Justitia, sì per
terrore di altri, fasìtila. Provedando ch’el
figliolo prete de dicto arciprete che se crede
essere colpevole de questo delicto e lo quale
è destenuto per lo podestà de Menozo, sia
conducto lì ad Regio in le mani de Messer
lo Vescovo, overo del suo Vicario, a ciò che
la ragion puossa havere logo in lui, s’el se
troverà in colpa. Et questo è quanto volemo
hora dire in questo facto. Provedeti quanto
ve pare bisognare et segondo la exigentia
del facto menate le mani. Al podestà havemo
scripto faza quanto li scriverite.
(...) Ferrarie die vj Jan. mccccxlj
La pace invocata dal marchese non sembra
così facile. Gli omicidi in realtà non
sono nelle mani della giustizia e possono
ancora minacciare sia i famigliari della vittima,
sia lo stesso podestà, come appare da
una successiva lettera dello stesso Nicolò
d’Este. In questa egli mette anche in risalto
la presenza del “forte” campanile nel quale
gli omicidi potrebbero trovare riparo, aiutati
dall’arciprete stesso, e dall’alto del quale
potrebbero colpire lo stesso podestà essendo
la chiesa vicina alla rocca:
Nicolao Marchio Estensis.
Carissimi nostri. El podestà de Menozo
ce scrive come li homicidiarij de l’altro die
hano dicto che tolta via la neve, se il padre
del morto harà ad andare a la chiesa, che li
sta presso al castello, l’amazaràno che gli
hanno il modo. Il perché pensando el pode-