Febbraio 2009 - Anno 5 - Università degli Studi di Torino
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DOSSIER/ DESTRA<br />
O SINISTRA?<br />
Q<br />
uando uno pensa a <strong>Torino</strong><br />
e alla musica vengono<br />
in mente tanti gruppi che<br />
oggi riempiono piazze e<br />
palazzetti in tutta Italia, ma che han-<br />
no iniziato a suonare nei centri sociali<br />
della città. Gruppi come Subsonica,<br />
Linea 77, Mau Mau, Statuto, Africa<br />
Unite sono sempre stati considerati<br />
gruppi “<strong>di</strong> sinistra” e <strong>Torino</strong> una fabbrica<br />
<strong>di</strong> musicisti impegnati politicamente<br />
sullo stesso fronte. Ma la situazione<br />
non è così pacifi ca.<br />
Pensiamo ad una realtà come Ra<strong>di</strong>o<br />
Ban<strong>di</strong>era Nera, legata ai ragazzi <strong>di</strong> Casa<br />
Pound. «Nella nostra ra<strong>di</strong>o cerchiamo<br />
<strong>di</strong> dare spazio a gruppi politicizzati»,<br />
<strong>di</strong>ce Marco Racca, responsabile<br />
della sezione torinese. «La musica<br />
per noi è un modo <strong>di</strong> comunicare le<br />
nostre idee, ed è strettamente legata<br />
all’impegno e all’azione politica».<br />
Non sono quin<strong>di</strong> tutti rossi gli spartiti<br />
<strong>di</strong> <strong>Torino</strong>, e anche i cosiddetti “<strong>di</strong> sinistra”<br />
preferiscono non venire ingabbiati<br />
in facili categorie.<br />
«Nel momento in cui ogni forma<br />
artistica <strong>di</strong>venta strumento <strong>di</strong> una<br />
parte politica, perde un po’ della sua<br />
forma originaria», spiega Emiliano<br />
Au<strong>di</strong>sio, in arte “Emo”, cantante dei<br />
Linea 77. «Io sono per la separazione<br />
dell’arte dalla politica. Anche perché<br />
l’espressione artistica ha a che<br />
fare con l’in<strong>di</strong>viduo, mentre la politica<br />
rappresenta la collettività. Sono<br />
due cose che si possono incontrare,<br />
incrociare, ma che non dovrebbero<br />
coincidere». Lo stesso concetto è<br />
espresso dal leader <strong>degli</strong> Statuto<br />
Oskar Giammarinaro: «Noi non facciamo<br />
politica e non siamo politicizzati.<br />
Semplicemente raccontiamo<br />
la nostra vita e le nostre esperienze.<br />
Abbiamo un’estrazione proletaria,<br />
veniamo dalla strada e questo ci<br />
Cinque, <strong>di</strong>eci euro e ti porti a casa il Che. Lo puoi trovare<br />
sull’accen<strong>di</strong>no che <strong>di</strong>ce “Hasta la victoria siempre”,<br />
oppure sul poster, sulla t-shirt o sul cappellino.<br />
Nei negozietti bazar del centro, dove si affastellano<br />
gadget e cartoline, molti articoli portano l’immagine<br />
porta inevitabilmente ad avere un certo<br />
tipo <strong>di</strong> sguardo sul mondo».<br />
C’è comunque chi non ha problemi a<br />
schierarsi. Bunna, cantante <strong>degli</strong> Africa<br />
Unite, vive in maniera più militante il suo<br />
essere musicista. «Nella nostra esperienza<br />
non c’è confi ne tra impegno sociale<br />
e musica. La nostra arte fa parte <strong>di</strong> una<br />
cultura e <strong>di</strong> un modo <strong>di</strong> vedere le cose<br />
che comprendono in sé l’impegno sociale»,<br />
afferma. Gli Africa Unite suonano<br />
10 febbraio ‘09<br />
Sette note non solo rosse<br />
Dai centri sociali al sound “nero”, viaggio nel panorama musicale torinese. Per scoprire<br />
che l’impegno non si canta soltanto a sinistra. A partire dalla ra<strong>di</strong>o legata a Casa Pound<br />
Sopra: gli Statuto, storico gruppo ska <strong>di</strong> <strong>Torino</strong>. A fi anco: la copertina della prima incisione <strong>di</strong> “Dio è morto”, scritta da Guccini nel ‘65 e cantata nel ‘67 dai Noma<strong>di</strong><br />
reggae, un genere che fa della tolleranza<br />
e del rispetto la base del proprio sentire,<br />
«e questo ci inserisce in un mondo più<br />
collocabile a sinistra».«D’altronde – continua<br />
Bunna, in accordo con Oskar ed Emo<br />
– non conosco musica <strong>di</strong> destra <strong>di</strong> una<br />
certa <strong>di</strong>ffusione. Le uniche esperienze sono<br />
marginali ed underground».<br />
Vero, ma forse non per molto.«Negli ultimi<br />
anni ci sono stati gran<strong>di</strong> cambiamenti<br />
nella scena musicale italiana non confor-<br />
<strong>di</strong> Guevara, un bell’uomo<br />
con lo sguardo intenso e<br />
il basco sui capelli lunghi.<br />
La foto è quasi sempre la<br />
stessa, quella scattata nel<br />
1960 da Alberto Korda. In<br />
una cartoleria tabaccheria<br />
sotto i portici <strong>di</strong> piazza<br />
Castello, la commessa<br />
spiega che «sì, il portasigarette<br />
con il Che lo<br />
puoi vedere in vetrina». Ha mo<strong>di</strong> gentili e un inconfon<strong>di</strong>bile<br />
accento sudamericano che fa pensare alla<br />
revoluciòn. Ma sui ripiani del negozio la revoluciòn<br />
guevarista sembra suffi cientemente addomesticata.<br />
«In questo momento – racconta la ragazza – il Che<br />
me». E’ ancora Marco Racca che parla,<br />
e ci racconta della nascita, anche a <strong>Torino</strong>,<br />
<strong>di</strong> gruppi “<strong>di</strong> destra”. «Ad esempio<br />
Cobra Kai è un gruppo <strong>di</strong> ragazzi che<br />
va in giro per l’Italia a fare serate tipo<br />
djset. Raccolgono fon<strong>di</strong> per i camerati<br />
in prigione: hanno iniziato a settembre/ottobre<br />
2008 e questo giocare con<br />
la musica è una cosa del tutto nuova<br />
per il nostro ambiente».<br />
Valerio Pierantozzi e Matteo Acmè<br />
Se per la Chiesa<br />
“Dio è morto”<br />
Quando l’accen<strong>di</strong>no fa politica<br />
Rivoluzionari, <strong>di</strong>ttatori, attori e cantanti: tutti insieme su gadget <strong>di</strong> ogni genere<br />
è un po’ in crisi. Marilyn va molto <strong>di</strong> più». In<strong>di</strong>ca un<br />
gruppo <strong>di</strong> borse su cui è stampato il viso dell’attrice.<br />
«Piace molto anche alle quin<strong>di</strong>cenni. Forse nemmeno<br />
la conoscono, ma è <strong>di</strong> moda». Messaggio chiaro:<br />
nel para<strong>di</strong>so un po’ globalizzato dei miti-gadget<br />
a buon mercato, ideologia e storia non sembrano<br />
avere molto peso, tanto che un guerrillero e una star<br />
hollywoo<strong>di</strong>ana possono <strong>di</strong>ventare insoliti compagni<br />
<strong>di</strong> destino. Dietro un’altra vetrina, sempre in piazza<br />
Castello, ecco <strong>di</strong> nuovo il Che, in un espositore girevole<br />
per accen<strong>di</strong>ni. Il suo vicino <strong>di</strong> posto (stesso<br />
formato, stesso prezzo) è un ragazzo sorridente con<br />
i dreadlocks che si chiama Bob Marley. Rivoluzione,<br />
musica e musica rivoluzionaria. Alcuni negozi <strong>di</strong> <strong>di</strong>schi<br />
espongono i Beatles in versione matrioska e le<br />
tazze con Elvis che «non passano mai <strong>di</strong> moda» – as-<br />
“Dio è morto” è una canzone scritta<br />
da Francesco Guccini nel 1965 e<br />
incisa per la prima volta dai Noma<strong>di</strong><br />
nel ’67. Il titolo <strong>di</strong> quella prima<br />
incisione aveva anche un punto <strong>di</strong><br />
domanda, un tentativo <strong>di</strong> evitare la<br />
censura. Non servì a nulla perché<br />
la Rai ritenne blasfemo il pezzo e si<br />
rifi utò <strong>di</strong> trasmetterlo.<br />
La Chiesa, invece, colse nelle parole<br />
<strong>di</strong> Guccini, cantautore <strong>di</strong>chiaratamente<br />
<strong>di</strong> sinistra, un richiamo<br />
a valori tutt’altro che offensivi<br />
e anticlericali. Erano gli anni<br />
successivi al Concilio Vaticano II, la<br />
musica leggera veniva considerata<br />
un modo per avvicinare i giovani al<br />
mondo cattolico e Ra<strong>di</strong>o Vaticana<br />
fece quello che il servizio pubblico<br />
non ebbe il coraggio <strong>di</strong> fare, mise<br />
in onda “Dio è morto”. E la canzone<br />
<strong>di</strong>venne uno dei pezzi <strong>di</strong> maggior<br />
successo della musica italiana.<br />
m. a.<br />
sicurano i commessi. Anche in questi casi gli “incontri”<br />
singolari sono garantiti: chi sa se John Lennon si<br />
trova bene con i suoi giovani colleghi <strong>di</strong>rimpettai <strong>di</strong><br />
scaffale, I Tokio hotel, idoli delle teenager?<br />
Negozi veri e negozi on-line: anche la rete pullula <strong>di</strong><br />
miti e simboli gadget. Nel carrello virtuale può fi nire<br />
la maglietta “I’m lovin’ it” con falce e martello oppure<br />
quella <strong>di</strong> James Dean che proclama “I’m a rebel”.<br />
Si trovano oggetti <strong>di</strong> ogni tipo e <strong>di</strong> ogni ideologia,<br />
estrema destra compresa. I gadget fascisti non entrano<br />
nei circuiti <strong>di</strong> ven<strong>di</strong>ta tra<strong>di</strong>zionali, ma esistono<br />
e hanno un <strong>di</strong>screto mercato. Sul sito “ilduce.net” se<br />
ne trova un ampio campionario, dalla spilletta della<br />
X Mas alla sciarpa “Boia chi molla”, 12 Euro più spese<br />
<strong>di</strong> spe<strong>di</strong>zione.<br />
Lorenzo Montanaro