28.05.2013 Views

Febbraio 2009 - Anno 5 - Università degli Studi di Torino

Febbraio 2009 - Anno 5 - Università degli Studi di Torino

Febbraio 2009 - Anno 5 - Università degli Studi di Torino

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

febbraio ‘09<br />

L<br />

L’imperfetto linguaggio<br />

della contemporaneità<br />

Marzia Migliora, artista torinese, racconta la sua concezione dell’arte, il suo rapporto<br />

con la città: “Amo il piacere <strong>di</strong> dar voce ad un pensiero, non conta il mezzo espressivo”<br />

’arte contemporanea è un linguaggio,<br />

è necessario conoscerne l’alfabeto per<br />

comprenderne i contenuti». Marzia Migliora<br />

è uno dei se<strong>di</strong>ci artisti (otto italiani<br />

e otto libanesi) protagonisti <strong>di</strong> “Speranze e dub-<br />

bi. Arte giovane tra Italia e Libano”, in mostra alla<br />

Fondazione Merz fi no al 16 marzo <strong>2009</strong>. Nata<br />

ad Alessandria nel 1972, vive a <strong>Torino</strong> da sette<br />

anni. Abbiamo parlato con lei <strong>di</strong> arte, <strong>di</strong> <strong>Torino</strong>,<br />

<strong>di</strong> una professione “come tante altre”: l’artista.<br />

Alla mostra è presente con 33 “Ground cover”.<br />

Cosa vuol <strong>di</strong>re oggi, per lei, la parola “arte”?<br />

«La parola arte vuol <strong>di</strong>re tutto e niente. Per<br />

quanto mi riguarda mi occupo <strong>di</strong> arte visiva,<br />

anche se non amo “inscatolare” il mio mestiere<br />

in una defi nizione che a sua volta signifi ca tutto<br />

e niente. Per me l’arte è il piacere <strong>di</strong> dar voce ad<br />

un pensiero: i mezzi che uso spaziano dal video,<br />

alle installazioni, ai <strong>di</strong>segni; poi c’è chi scrive, chi<br />

fa cinema, chi compone musica. “Arte” è oggi un<br />

termine abusato, ma mi piace pensare che anche<br />

chi cucina con passione e grande abilità, ad<br />

esempio, possa considerarsi un’artista».<br />

In “Bianca e il suo Contrario” (2007) lei scrive che “il<br />

soggetto si trasforma ra<strong>di</strong>calmente e l’abito come la<br />

pelle della protagonista assorbe il liquido nero come<br />

segno indelebile del passaggio del tempo”: come<br />

concepisce il tempo?<br />

«Il tempo è inesorabile, non perdona; non si torna in<strong>di</strong>etro<br />

se non con il pensiero. Eppure leggiamo ancora<br />

Baudelaire, ad esempio; credo che la forza <strong>di</strong> un pensiero<br />

sia ciò che <strong>di</strong> più vicino si possa immaginare all’immortalità».<br />

Negli anni ha mai avuto qualche dubbio sull’esisten-<br />

“Mummy” è il termine affettuoso con cui i bambini inglesi<br />

chiamano la mamma. Tuttavia, per una bizzarria linguistica,<br />

in inglese in<strong>di</strong>ca anche i corpi umani che, per cause naturali<br />

o grazie a particolari trattamenti artifi ciali, si sono conservati<br />

nei loro tessuti molli: le mummie. A questa ambiguità allude il<br />

titolo della mostra al Museo antropologico ed etnografi co <strong>di</strong><br />

<strong>Torino</strong>, che verrà inaugurata a marzo, de<strong>di</strong>cata ad un reperto<br />

unico: la mummia <strong>di</strong> una donna egiziana, morta 6000 anni fa<br />

<strong>di</strong> parto per una patologia all’utero.<br />

“Mummy” è uno dei tanti pezzi conservati in questo museo<br />

universitario, tra i più importanti in Italia e in Europa, situato<br />

nel seicentesco palazzo San Giovanni, in via Accademia Albertina<br />

(l’entrata è al n. 17). La collezione, istituita nel 1926 per<br />

iniziativa del professor Giovanni Marro – il primo a ricoprire<br />

la cattedra <strong>di</strong> Antropologia all’<strong>Università</strong> <strong>di</strong> <strong>Torino</strong> – è organizzata<br />

in <strong>di</strong>verse sezioni. Quattro <strong>di</strong> esse – primatologica,<br />

antropologica, paletnografi ca, etnografi ca – sono de<strong>di</strong>cate<br />

all’uomo nei suoi <strong>di</strong>versi aspetti evolutivi, biologici e culturali.<br />

La raccolta antropologica egizia, con più <strong>di</strong> 2000 tra reperti<br />

ossei e mummie, è la più importante al mondo de<strong>di</strong>cata alla<br />

popolazione egiziana non aristocratica: data la sua ricchezza,<br />

è tra le poche capaci <strong>di</strong> fornire un campionario adeguato per<br />

stu<strong>di</strong> sulla genetica, la demografi a e le patologie del tempo.<br />

La sezione etnografi ca comprende 18 raccolte <strong>di</strong> reperti <strong>di</strong><br />

quasi tutte le popolazioni del passato e del presente, dall’Africa<br />

all’Asia, dall’America Latina all’Oceania, alle comunità<br />

esquimesi. A queste collezioni si affi ancano poi quella <strong>di</strong> “Art<br />

Brut” – composta da oggetti artistici realizzati da malati men-<br />

Due opere dell’artista Marzia Migliora, artista torinese in questi<br />

giorni presente alla mostra “Speranze e dubbi” alla Fondazione Merz<br />

za stessa <strong>di</strong> quel qualcosa chiamato “arte”?<br />

«Non m’interrogo tantissimo su questo; nella vita faccio<br />

una professione, l’artista, e realizzo delle opere che poi<br />

espongo e lascio guardare agli altri, non mi sono mai<br />

chiesta se l’arte esista realmente oppure no; in ogni caso<br />

sarebbe come negare che esiste la scrittura».<br />

Un opera d’arte può essere perfetta?<br />

«Si, ma non è necessario che lo sia; che un’opera sia per-<br />

Mamma che mummia!<br />

27<br />

tali ricoverati nell’Ospedale psichiatrico<br />

<strong>di</strong> Collegno tra la fi ne dell’800 e l’inizio<br />

del ’900 –, la collezione dei calchi, le<br />

raccolte fotografi che e <strong>di</strong> strumenti antropometrici.<br />

Dopo un lungo periodo<br />

<strong>di</strong> chiusura, dal 1984 al 1995 il Museo<br />

ha conosciuto una nuova rinascita sotto<br />

la <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> Emma Rabino Massa,<br />

docente or<strong>di</strong>nario <strong>di</strong> Antropologia e<br />

Biologia delle popolazioni umane all’<strong>Università</strong><br />

<strong>di</strong> <strong>Torino</strong>. Oltre ad attività <strong>di</strong><br />

ricerca e <strong>di</strong> <strong>di</strong>dattica, a livello scolastico<br />

e universitario, negli ultimi anni sono<br />

state organizzate più <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci esposizioni<br />

temporanee, focalizzate sugli oggetti<br />

più signifi cativi della collezione, «attraverso i<br />

quali – ha spiegato Rabino Massa – cerchiamo <strong>di</strong> avvicinare il<br />

pubblico a temi più generali inerenti l’antropologia». Le visite<br />

si effettuano su prenotazione, hanno durata <strong>di</strong> circa un’ora,<br />

sono guidate da dottoran<strong>di</strong> o dottorati del <strong>di</strong>partimento <strong>di</strong><br />

Antropologia e sono gratuite. Oltre alla già ricordata “Mummy”,<br />

sono in programma, per un ciclo che si concluderà nel<br />

2011, una mostra sulla collezione <strong>di</strong> cervelli, un’esposizione<br />

della collezione “Art Brut” ed una mostra incentrata sullo<br />

Zemi, feticcio precolombiano, unico esempio conosciuto <strong>di</strong><br />

questo tipo <strong>di</strong> oggetto. Info: http://www.museounito.it/antropologia/default.html,<br />

011 6704550 / 011 6704551<br />

Leopoldo Papi<br />

fetta mi interessa poco, perché credo che gli<br />

uomini sbaglino spesso: mi affascina molto<br />

<strong>di</strong> più l’imperfezione. Esistono delle opere<br />

che emotivamente mi arrivano addosso e<br />

avrei voluto averle realizzate io, perché corrispondenti<br />

al mio pensiero, perché me ne<br />

Uno dei <strong>di</strong>pinti della mostra su Galileo Galilei<br />

GALLERY<br />

ARTE<br />

innamoro».<br />

L’arte contemporanea risulta spesso incomprensibile<br />

ai più: perché?<br />

«Credo che molte opere corrispondano a un racconto se<br />

esiste un progetto <strong>di</strong> lavoro: il racconto è qualcosa che<br />

siamo abituati ad ascoltare fi n da piccoli; se io racconto<br />

a mia madre un mio progetto, anche se lei non fa parte<br />

del mondo dell’arte, è in grado <strong>di</strong> comprendere quello<br />

che sto <strong>di</strong>cendo. Penso ci voglia un po’ più <strong>di</strong> coraggio da<br />

parte del pubblico, ma anche la capacità <strong>di</strong> aprirsi a un<br />

<strong>di</strong>alogo nei confronti <strong>di</strong> qualcosa <strong>di</strong> nuovo».<br />

I giovani torinesi: li vede “vivi” artisticamente?<br />

«Non credo siano tantissimi, le occasioni per conoscerli<br />

sono le numerose mostre che la città con altri enti organizza<br />

per la promozione dei giovani talenti. Purtroppo<br />

però dopo queste occasioni non è semplice riuscire ad<br />

immettersi nel circuito nazionale ed internazionale. Comunque<br />

credo che l’accademia in città stia facendo un<br />

buon lavoro».<br />

Come giu<strong>di</strong>ca l’esperienza <strong>di</strong> “Artissima”?<br />

«Le fi ere non mi piacciono mai, a mio avviso non sono<br />

luoghi dove è possibile farsi un’idea reale del lavoro <strong>di</strong><br />

un’artista. Detto questo, credo che Artissima sia un’ottima<br />

fi era, in Italia forse la migliore dal punto <strong>di</strong> vista espositivo».<br />

Le è mai successo, dopo aver esposto un’opera, <strong>di</strong><br />

non sentirla più sua?<br />

«Può capitare dopo tempo che un’opera non ti sembri<br />

più così forte, così fondamentale; però anche gli errori<br />

fanno parte del percorso e del processo creativo e sono<br />

fondamentali per far maturare il lavoro. E’ dal 1996 che<br />

faccio questo mestiere; il mio lavoro è sicuramente cambiato<br />

nel tempo, l’esperienza fa si che maturi ed evolva. I<br />

temi che tocco nella mia ricerca ne rappresentano la costante:<br />

amore, morte, rapporto con l’altro, identità. I progetti<br />

cambiano, ma mantengono un contatto costante<br />

con le loro fondamenta».<br />

Gaetano Veninata<br />

L’invenzione delle stelle<br />

«Le cose sono unite da legami invisibili: non puoi cogliere un fi ore<br />

senza turbare una stella», scriveva Galileo Galilei. Fu così che, attraverso<br />

i suoi occhi puntati al cielo, schiacciati contro la lente <strong>di</strong> un lungo<br />

cannocchiale, Galileo condusse il mondo alla scoperta <strong>di</strong> pianeti e<br />

costellazioni sconosciuti. A quattro secoli dalle sue prime osservazioni<br />

e in occasione del <strong>2009</strong>, eletto dalle Nazioni Unite e dall’Unesco l’<strong>Anno</strong><br />

Mon<strong>di</strong>ale dell’Astronomia, il Museo Regionale <strong>di</strong> Scienze Naturali <strong>di</strong> <strong>Torino</strong><br />

rende omaggio alla fi gura del grande scienziato italiano, attraverso<br />

una mostra intitolata “L’invenzione delle stelle”. L’esposizione, curata<br />

da Daniela Brignone e già ospitata a Roma, comprende trentacinque<br />

opere - tra sculture e <strong>di</strong>pinti - realizzate da tre artisti contemporanei,<br />

accomunati dalla passione per l’arte fi gurativa e per le scienze: Pupino<br />

Samonà, stu<strong>di</strong>oso <strong>di</strong> fi sica e astronomia; Lino Minneci, fi sico nucleare, e<br />

Silvia Pisani, appassionata <strong>di</strong> fi sica quantistica. Le loro opere, tutte ispirate<br />

alla ricerca scientifi ca, interpretano in molti casi le teorie <strong>di</strong> Galileo<br />

- come quelle sulla Via Lattea, sulla Luna o sulle eclissi - e si accompagnano<br />

a citazioni e riferimenti rintracciabili negli scritti dello stu<strong>di</strong>oso.<br />

Partendo poi dalla nascita del metodo scientifi co <strong>di</strong> Galilei, verso la successiva <strong>di</strong>stinzione<br />

tra materia ed energia, la mostra celebra anche teorici importanti come Archimede, Einstein<br />

e Gamov. «L’evento si colloca all’interno <strong>di</strong> una rassegna <strong>di</strong> iniziative internazionali<br />

che mirano alla <strong>di</strong>ffusione della cultura scientifi ca - spiega Daniela Brignone - La parola<br />

“invenzione” si riferisce alla scoperta dei corpi celesti e dei loro moti fatta da Galilei e, nello<br />

stesso tempo, rimanda all’invenzione creativa <strong>di</strong> questi artisti contemporanei. Così come<br />

il contesto scelto per la mostra sottolinea lo stretto connubio tra arte scienza». La mostra<br />

è patrocinata dal Ministero ai Beni Culturali, dalla Regione Piemonte, dalla Provincia e dal<br />

Comune <strong>di</strong> <strong>Torino</strong>, dall’Istituto Nazionale <strong>di</strong> Fisica Nucleare, dall’Enea e dall’Agenzia Spaziale<br />

Italiana. È aperta in via Giolitti 36, tutti i giorni fi no al 1° marzo, dalle 10 alle 19; chiusa<br />

il martedì. Info: 011. 4326354 o numero verde Infomuseo: 800.329.329. g. b.

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!