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Cotrebbia da Curtis a possessione di S. Sisto - Itinerari Medievali

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Anna Zaninoni<br />

<strong>Cotrebbia</strong> <strong>da</strong> <strong>Curtis</strong> a <strong>possessione</strong> <strong>di</strong> S. <strong>Sisto</strong> (secoli IX-XV)<br />

[E<strong>di</strong>to a stampa in «Bollettino Storico Piacentino», XCVI (2001), fasc. 1. ©<br />

Anna Zaninoni. Distribuito in formato <strong>di</strong>gitale <strong>da</strong> <strong>Itinerari</strong> Me<strong>di</strong>evali]<br />

Il più importante e, quasi sicuramente, il più esteso possesso <strong>di</strong> San <strong>Sisto</strong><br />

origina <strong>da</strong>lla concessione imperiale dell'870. Com'è noto in tale anno<br />

Ludovico II confermò ad Angilberga, sua consorte, abbaciam in honore<br />

beati Petri costruita poco <strong>di</strong>stante <strong>da</strong>lla città <strong>di</strong> Piacenza nel luogo detto<br />

Caput Trebie 1 . Nell'877 il generosissimo testamento dell'imperatrice, che il<br />

monastero aveva fon<strong>da</strong>to sottraendolo alla giuris<strong>di</strong>zione vescovile 2 , largiva<br />

ad esso tra i beni siti nel comitato piacentino la cella que vocatur<br />

Monasteriolo, constructa in loco et fundo Caput Trebie, insieme a omnes<br />

case res seu familie 3 . Ad accrescere il patrimonio e i <strong>di</strong>ritti del monastero<br />

seguirono, tra IX e X secolo, altre numerosissime concessioni e conferme <strong>da</strong><br />

parte delle autorità imperiale e pontificia 4 , nelle quali, sovente per<br />

imitazione, l'oggetto concesso o confermato è variamente definito cellula,<br />

monasterium, abbatia, curtis, con il prevalere del primo termine tra 917 e<br />

951 nelle conferme dei re d'Italia, non è chiaro se per decadenza dell'istituto 5<br />

o, come s'è detto <strong>di</strong>anzi, solo per imitazione <strong>da</strong>l testo modello. L'estensione<br />

della corte, come quasi sempre accade, non è mai determinata, case, cose e<br />

uomini siti e <strong>di</strong>moranti per singulis locis et vocabulis ad ea pertinentibus<br />

non sono quantificabili; l'area geografica entro la quale essa si collocava,<br />

ovvero la bassa pianura <strong>di</strong>stesa lungo il corso del Po, nei secoli precedenti al<br />

Mille non era certamente luogo <strong>di</strong> fitto inse<strong>di</strong>amento, che preferiva l'alta<br />

pianura e la me<strong>di</strong>a collina 6 , anche se, in base ad una pur scarsa<br />

documentazione, tale area alluvionale non pare completamente <strong>di</strong>sabitata.<br />

L'organizzazione curtense sembra essersi <strong>di</strong>ffusa nel territorio piacentino<br />

proprio a partire <strong>da</strong>gli ultimi decenni del secolo IX, e non solo nelle zone<br />

pedologicamente più fortunate, ma anche in quelle a ridosso del Po, oltre<br />

che a Cortemaggiore, a Sparavera, Cogullo, Monticelli d'Ongina, Caorso;<br />

1<br />

Pier Maria Campi, Dell'historia ecclesiastica <strong>di</strong> Piacenza, Piacenza, 3 voll., 1651-1662, I,<br />

p. 459; U. Benassi, Co<strong>di</strong>ce Diplomatico parmense, Parma, 1910, n. XIIII.<br />

2<br />

Zaninoni, La proprietà fon<strong>di</strong>aria del monastero <strong>di</strong> S. <strong>Sisto</strong> nell'agro <strong>di</strong> Gossolengo <strong>da</strong>l IX<br />

al XV secolo, in A. Zaninoni, P. Agostinelli, Gossolengo. Percorsi storici, Piacenza, 1999,<br />

pp. 9-10.<br />

3<br />

Benassi, Co<strong>di</strong>ce, n. XXII, marzo 877.<br />

4<br />

Zaninoni, La proprieta', pp. 10-11.<br />

5<br />

P. Galetti, Una campagna e la sua città. Piacenza e territorio nei secoli VIII-X, Bologna,<br />

1994, p. 140.<br />

6<br />

Galetti, Una campagna, pp. 132 ss.<br />

1


mentre alle unità curtensi più organiche e coor<strong>di</strong>nate si affiancavano piccole<br />

aziende gestite <strong>da</strong> livellari e coloni 7 . Iniziava qui, come in altre aree della<br />

bassa pa<strong>da</strong>na, l'azione colonizzatrice non delle sole corti regie, ma degli enti<br />

ecclesiastici locali e non 8 .<br />

I <strong>di</strong>plomi imperiali e regi che confermano alle badesse <strong>di</strong> San <strong>Sisto</strong> in<br />

carica la proprietà <strong>di</strong> <strong>Cotrebbia</strong> costituiscono la sola documentazione ad<br />

essa relativa per i secoli IX e X; un unico livello del 1069 testimonia della<br />

presenza del monastero quale proprietario fon<strong>di</strong>ario 9 , e si deve giungere al<br />

secolo XII per contare su una documentazione, se non ricca, più numerosa,<br />

ma sempre non omogenea 10 .<br />

Ad illuminarci intervengono se<strong>di</strong>ci atti che testimoniano chiaramente il<br />

dominio eminente del monastero, me<strong>di</strong>ato <strong>da</strong>i suoi beneficiari, che<br />

investono, quasi sempre a nome livellarlo, le terre avute a feudo. Terre<br />

clausurate ed arative tra i concessionari delle quali spiccano i gastal<strong>di</strong> del<br />

cenobio, i Ferrari - che, rinunciato al feudo, scompaiono <strong>da</strong>lla<br />

documentazione -, gli Arcelli, e i Niquità. Nella vasta rete feu<strong>da</strong>le del<br />

monastero, testimoniata <strong>da</strong> un elenco <strong>di</strong> vassalli non <strong>da</strong>tato ma attribuibile al<br />

XIII secolo, gli ultimi due nomi appaiono certamente tra i più importanti,<br />

insieme ad altri componenti della aristocrazia laica urbana 11 . Come altrove<br />

ho esaustivamente in<strong>da</strong>gato, le terre tenute a titolo feu<strong>da</strong>le <strong>da</strong>gli Arcelli per<br />

investitura dei conti <strong>di</strong> Lomello erano parte del feudum Ra<strong>da</strong>l<strong>di</strong>, beneficio<br />

che includeva l'area territoriale <strong>di</strong> San Giovanni <strong>di</strong> <strong>Cotrebbia</strong> e che ai<br />

Lomellesi era giunto per concessione del monastero piacentino 12 . A quanto<br />

risulta <strong>da</strong>lla non cospicua documentazione in nostro possesso, i vassi del<br />

ramo fontanese in questa stessa zona tenevano <strong>da</strong>l nostro ente religioso,<br />

ancora a titolo feu<strong>da</strong>le, parte delle acque della Raganella, della Trebbia<br />

vecchia e della Trebbiola, e coltivi, vigne, boschi e prativi, limitrofi, si<br />

suppone, ai predetti corsi d'acqua 13 . Slmilmente i Niquità <strong>di</strong> padre in figlio<br />

erano investiti delle terre che tra<strong>di</strong>zionalmente la famiglia deteneva in<br />

<strong>Cotrebbia</strong> e <strong>di</strong> nuove, come i mezani, che il fiume <strong>di</strong> tempo in tempo<br />

7<br />

Galetti, Una campagna, p. 152.<br />

8<br />

Galetti, Una campagna, loc.cit. e note.<br />

9<br />

G. Drei, Le carte degli archivi parmensi dei sec. X-XI, in «Archivio Storico per le<br />

Province Parmensi», s. II, XXVIII, 1928, pp.121, 1069 aprile 15.<br />

10<br />

Il materiale documentario relativo al monastero benedettino <strong>di</strong> San <strong>Sisto</strong> è quasi<br />

totalmente custo<strong>di</strong>to presso l'Archivio <strong>di</strong> Stato <strong>di</strong> Parma (in seguito ASPr); le pergamene<br />

relative ai secoli IX-XIII ne formano gran parte del Diplomatico, mentre la documentazione<br />

riferita ai secoli successivi è riunita nel fondo Conventi e confraternite, raccolta <strong>di</strong> archivi<br />

<strong>di</strong> enti religiosi soppressi. L'archivio <strong>di</strong> San <strong>Sisto</strong> è il n. LXX ed è composto <strong>di</strong> 74 scatole<br />

contenenti migliaia <strong>di</strong> pezzi non or<strong>di</strong>nati, pregamenacei e cartacei, <strong>da</strong>tabili <strong>da</strong>l XIII al XIX<br />

secolo. Per ulteriori informazioni riguardo al fondo cfr. Synopsis ad invenien<strong>da</strong>: l'Archivio<br />

<strong>di</strong> Stato <strong>di</strong> Parma attraverso gli strumenti della ricerca (1500-1993), a cura <strong>di</strong> Stato <strong>di</strong><br />

Parma, Parma, 1994.<br />

11<br />

Zaninoni, La proprietà, p. 21.<br />

12<br />

Zaninoni, La proprietà, pp. 10-11.<br />

13<br />

Drei, Le carte, n.301, 1163 giugno 26 Piacenza<br />

2


creava 14 . È al finire del secolo, quando le carte suggeriscono una certa<br />

volontà <strong>di</strong> recupero del patrimonio <strong>da</strong> parte dell'ente benedettino 15 , che si<br />

rinvengono le prime, ma non certo ultime, testimonianze <strong>di</strong> contenziosi tra<br />

questo ed i suoi maggiori vassalli, a <strong>da</strong>r prova <strong>di</strong> una giuris<strong>di</strong>zione<br />

contestata, ma altresì della continuità e concretezza dei <strong>di</strong>ritti esercitati. È<br />

del 1187, infatti, la lite tra i benedettini e Pagano e Arnaldo Arcelli in merito<br />

alla camparia della curia <strong>di</strong> <strong>Cotrebbia</strong> L'abate sosteneva la pertinenza della<br />

curia al monastero, insieme al <strong>di</strong>ritto ad essa connesso <strong>di</strong> mittere camparios<br />

e colligere campariciam, ovvero riven<strong>di</strong>cava il controllo e la custo<strong>di</strong>a delle<br />

terre comprese nelle pertinenze giuris<strong>di</strong>zionali della curia 16 ; gli Arcelli, per<br />

contro, oltre a ritenere le proprie terre immuni <strong>da</strong>lla giuris<strong>di</strong>zione abbaziale,<br />

per quanto comprese nei suoi confini, negavano altresì che <strong>Cotrebbia</strong> fosse<br />

curia, o che comunque essa potesse appartenere al monastero.<br />

Le parole degli Arcelli si scontravano però con l'ostensio <strong>di</strong> privilegi e<br />

testi prontamente esibiti <strong>da</strong> San <strong>Sisto</strong>, prove che spinsero i consoli <strong>di</strong><br />

giustizia a deliberare in favore <strong>di</strong> quest'ultimo, asserendo Cotreviam curiam<br />

esse et iam<strong>di</strong>cto monasterio pertinere, come la camparicia, e con<strong>da</strong>nnando<br />

gli Arcelli. La controversia, oltre ad informarci <strong>di</strong> una situazione <strong>di</strong> conflitto<br />

tra vassi e cenobio, cosa non certo rara in questi anni, offre la prima<br />

definizione territoriale della giuris<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> <strong>Cotrebbia</strong>; i limiti erano fissati<br />

<strong>da</strong>lla Trebbia vecchia, <strong>da</strong>l torrente Raganella e <strong>da</strong>l rivo Milierius<br />

(successivamente denominato Nigerius) sino al Po e alla stra<strong>da</strong> Romea.<br />

Testimonianze <strong>di</strong> pochi anni posteriori a questa, e poi tutte le seguenti<br />

sino al Quattrocento, confermano tali confini 17 , aggiungendo qualche<br />

particolare che peraltro non ci aiuta granché nella ricostruzione topografica<br />

della curia, la cui mappa, delimitata quasi esclusivamente <strong>da</strong> termini mobili<br />

come i corsi d'acqua, sarebbe oggi sicuramente ben lontana <strong>da</strong>l rispecchiare<br />

la situazione originaria. Né, a <strong>di</strong>re il vero, siamo interessati <strong>da</strong> tali curiosità.<br />

Ma se non appare proficuo, né ragionevole inseguire la ricostruzione <strong>di</strong><br />

una topografia fantasma, è invece <strong>di</strong> maggior interesse in<strong>da</strong>gare le sorti<br />

della curia, che, ancora nelle mani monasteriali nel 1187, <strong>di</strong> lì a pochi anni<br />

sarebbe passata in quelle dei maggiori vassalli <strong>di</strong> San <strong>Sisto</strong>, i Niquìtà. Nel<br />

maggio 1232 in palacio communis furono prodotti ed esaminati testi super<br />

honore et iuris<strong>di</strong>ctione Capitis Trevie ac fluminibus; le attestazioni<br />

concor<strong>da</strong>vano, con poche e trascurabili varianti, nel ritenere i fratelli Niquità<br />

per acquisizione <strong>da</strong>l monastero titolari della curia 18 , che trenta anni prima<br />

risultava ai convenuti ancora in possesso dell'ente monastico. Honores et<br />

14 Drei, Le carte, n. 627, 1187 giugno 23; n. 778, 1196 maggio 17.<br />

15 Drei, Le carte, n. 209, 1151 luglio 15 Piacenza; n. 677, 1190 luglio 26 Piacenza; n. 678,<br />

1190 luglio 26 Piacenza; n.681, 1190 agosto 10; n. 781, 1196 maggio 17 Piacenza.<br />

16 Drei, Le carte, n. 631, 1187 novembre 6 Piacenza.<br />

17 Zaninoni, Ponti, gua<strong>di</strong>, porti. I <strong>di</strong>ritti d'acqua del monastero <strong>di</strong> S. <strong>Sisto</strong> <strong>di</strong> Piacenza tra<br />

XII e XVI secolo, in «Bollettino Storico Piacentino», XCIV, 1999, pp. 259 e 263-267.<br />

18 ASPr, Diplomatico, n. 1550, 1232 maggio 28 Piacenza.<br />

3


iuris<strong>di</strong>ctiones della curia <strong>di</strong> <strong>Cotrebbia</strong> consistevano nel <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> inviare i<br />

campari nella predetta, <strong>di</strong> raccogliere la camparicia, <strong>da</strong>i milites come <strong>da</strong>i<br />

cives e <strong>da</strong>i rustici; <strong>di</strong> riscuotere la decima; <strong>di</strong> scegliere e imporre consoli e<br />

ferarii. Tra le giuris<strong>di</strong>zioni non potevano poi mancare quelle relative alle<br />

acque; così San <strong>Sisto</strong> godeva del <strong>di</strong>ritto sulle peschiere della Trebbia vetula<br />

e <strong>di</strong> quella iuvenis <strong>da</strong>l ponte della Trebbia sino al Po. Come pure era suo<br />

<strong>di</strong>ritto ripetere ogni res perduta nelle acque predette <strong>da</strong>gli homines<br />

transeuntes vel negantes. Di tutto ciò, ad esclusione dello ius naufragii 19 che<br />

restava al cenobio, erano possessori pro monasterio i Niquità, giusta le<br />

testimonianze, almeno <strong>da</strong> se<strong>di</strong>ci anni. I rapporti tra questi ultimi e il<br />

dominus sino a questo momento erano stati attestati, come s'è detto, <strong>da</strong><br />

manifestazioni <strong>di</strong> <strong>di</strong>pendenza feu<strong>da</strong>le e <strong>da</strong>lle non scarse liti relative sempre<br />

alla proprietà, che il monastero vedeva contesa e messa in <strong>di</strong>scussione <strong>da</strong>gli<br />

interventi agricoli attuati <strong>da</strong>i feu<strong>da</strong>tari - come l'estirpazione o la piantagione<br />

<strong>di</strong> alberi su terre <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto benedettino -, o più palesemente <strong>da</strong>lle invasioni<br />

perpetrate sulle terre abbaziali 20 sino al 1224, quando l'abate Gandolfo<br />

investì a fitto perpetuo i fratelli Folco ed Oberto, figli <strong>di</strong> Niquità<br />

Advocator 21 , della curtis Cotrebie. L'anno precedente, il 27 agosto 1223,<br />

Gandolfo aveva concesso colonario nomine per do<strong>di</strong>ci anni a due soci terra<br />

e corte <strong>di</strong> <strong>Cotrebbia</strong> (ma <strong>di</strong> questo in altro momento); con l'investitura del 3<br />

giugno 1224 terra e giuris<strong>di</strong>zione della corte entravano perpetuamente in<br />

19 Diversamente <strong>da</strong>l <strong>di</strong>ritto romano classico, propenso alla protezione del naufrago contro<br />

l'abuso dell'appropriazione del relitto, il <strong>di</strong>ritto interme<strong>di</strong>o considerò il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> naufragio<br />

una regalia, spettante a chi detenesse il dominio sulla terra presso la quale il naufragio era<br />

avvenuto. La chiesa parificò la pratica <strong>di</strong> chi si appropriava del relitto alla rapina, degna<br />

quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> scomunica (Concilio Lat. I, del 1110). Giusta la nostra documentazione, il<br />

monastero benedettino si mostra ben deciso a godere della regalia <strong>di</strong> sua competenza,<br />

facendo evidentemente prevalere il <strong>di</strong>ritto feu<strong>da</strong>le sulla norma conciliare. Cfr. Enciclope<strong>di</strong>a<br />

del <strong>di</strong>ritto, XXVII, Milano, 1977, voce Naufragio, pp. 547-554.<br />

20 ASPr, Diplomatico, cass. 17, n. 1015, 1212 maggio 21 Piacenza; cass. 15, n. 945, 1209<br />

<strong>di</strong>cembre 31 Piacenza. Per puro gusto aneddotico riferiamo che nel 1235 fu intentato un<br />

processo <strong>da</strong>ll'inquisitore comunale contro Pietro Niquità - poi con<strong>da</strong>nnato ad una multa <strong>di</strong><br />

10 lire - per aver insultato sulla pubblica stra<strong>da</strong> l'abate benedettino Gandolfo cum armis,<br />

lancia, spata et rodella, ma fortunatamente sine effusione sanguinis: ASPr, Diplomatico,<br />

cass. 27, n. 1628, 1235 febbraio 9 Piacenza.<br />

21 I De Iniquitate facevano parte della prima aristocrazia consolare, ma resistettero sulla<br />

scena politica citta<strong>di</strong>na almeno sino alla metà del XIII secolo; verso la metà <strong>di</strong> esso fu un<br />

Niquità, Oberto, ad essere designato quale rettore del popolo, dopo la sollevazione popolare<br />

organizzata contro il podestà Matteo <strong>da</strong> Correggio <strong>da</strong> Antonino Saviagata, capitano della<br />

fazione. La famiglia, membro della grande aristocrazia fon<strong>di</strong>aria, insieme a Fontana,<br />

Vicedomini, Lan<strong>di</strong> assunse sentimenti filopopolari per consoli<strong>da</strong>re la propria potenza, senza<br />

nascondere la fede ghibellina, che la portò a parteggiare, seppur ambiguamente, per<br />

Ubertino Lan<strong>di</strong>. Cfr. P. Racine, La <strong>di</strong>scor<strong>di</strong>a civile, in Storia <strong>di</strong> Piacenza, vol. II, Dal<br />

Vescovo conte alla Signoria, Piacenza, 1984, pp. 237-258; P. Castignoli, Il comune<br />

podestarile, Ibid., pp. 259-276.<br />

4


possesso dei Niquità, che nel territorio trebbiense e limitrofo al Po già<br />

contavano ampi posse<strong>di</strong>menti 22 .<br />

Alle terre tutte - arative, coltive e incolte, vigne, prati, gerbi<strong>di</strong> e boschi -<br />

si aggiungevano le domus, il torchio, le botti e il massaricio tutto con case e<br />

torchi esistenti nella corte stessa. Insieme ad esse erano concesse omnes<br />

iuris<strong>di</strong>ctiones, honores, angarie, perangarie, venatores, i pascoli, il <strong>di</strong>ritto<br />

<strong>di</strong> camparia, <strong>di</strong> elezione dei consoli, dei ferarii, la decima, le peschiere del<br />

Trebbia e della Raganella spettanti al monastero, ogni accrescimento <strong>di</strong> terra<br />

prodotto <strong>da</strong>l Po e <strong>da</strong>lla Trebbia, il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> derivare acqua <strong>da</strong> quest'ultima.<br />

L'investitura perpetua derogava <strong>da</strong>lle clausole tra<strong>di</strong>zionali accor<strong>da</strong>ndo agli<br />

enfiteuti, con un patto specifico, il ius ven<strong>di</strong>tionis sine requisitione abbatis,<br />

rafforzando ancor più la già quasi totale <strong>di</strong>sponibilità della cosa a favore del<br />

concessionario 23 .<br />

Restavano escluse <strong>da</strong>lla cessione la chiesa ed il cimitero, e una pertica <strong>di</strong><br />

terra sita <strong>di</strong>etro il presbiterio dove il monastero avrebbe, a sue spese,<br />

costruito una casa; ma soprattutto l'investitura non comprendeva i vassalli e<br />

quanto <strong>da</strong> essi tenuto per feudo. Il fitto annuo consisteva in 82 moggia <strong>di</strong><br />

frumento raccolto nelle terre de supra stratam inter Nuriam et Trebiam, <strong>da</strong><br />

consegnarsi <strong>di</strong>lazionato tra il 15 agosto e la festa <strong>di</strong> San Michele, nel mese<br />

<strong>di</strong> settembre 24 ; 16 veggiole <strong>di</strong> mosto <strong>di</strong> Ustiliano - dove la famiglia contava<br />

un beneficio, anch'esso ceduto <strong>da</strong> San <strong>Sisto</strong> 25 - e 12 galline; il frumento alla<br />

curia del monastero, sicuramente a <strong>Cotrebbia</strong>, la quarta parte del vino e le<br />

galline a Piacenza. Introducendo nel contratto una clausola atipica, comune<br />

invece in quelli parziari 26 , il cenobio pretendeva la presenza <strong>di</strong> due nunzi<br />

abbaziali al tempo della vendemmia <strong>da</strong> servire honorifice. In caso <strong>di</strong> guerra,<br />

come <strong>di</strong> consueto, sarebbe stato versato il solo donicum, ovvero la parte<br />

dominicale, e la decima delle terre che si sarebbero potute coltivare, e<br />

quanto Rubino de Groppallo e soci, precedenti coloni parziari, erano tenuti<br />

a corrispondere, e cioè un terzo dei grossi, un quarto dei minuti, rape e noci,<br />

un terzo del mosto e del legname. L'investitura iure colonario stipulata solo<br />

22<br />

ASPr, Diplomatico, cass. 21, n. 1263, 1224 giugno 3 Piacenza.<br />

23<br />

La requisitio domini costituiva il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> prelazione <strong>di</strong> chi deteneva il dominio eminente<br />

della res; secondo i dettami statutari citta<strong>di</strong>ni l'alienazione della res de qua red<strong>di</strong>t fictum era<br />

proibita senza la legittima requisitio, pena la devoluzione della cosa al dominus stesso. La<br />

clausola sottintende il <strong>di</strong>ritto del concessionario all'alienazione e quello <strong>di</strong> prelazione del<br />

proprietario; la consuetu<strong>di</strong>ne piacentina imponeva un lasso temporale <strong>di</strong> 15 giorni, termine<br />

entro il quale il dominus poteva, ad un prezzo inferiore, perfezionare il suo <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong><br />

prelazione. Cfr. Statuta antiqua communis Placentiae, in Statuta varia civitatis Placentiae,<br />

in Monumenta historica ad provincias parmensem et placentinam pertinentia, a cura <strong>di</strong> G.<br />

Bonora, Parma, 1860, l. III, r. 10, pp. 294-295.<br />

24<br />

Statuta antiqua communis Placentiae, l. I, r. 8, pp. 261-262, de <strong>di</strong>ebus feriatis.<br />

25<br />

La località non è nota.<br />

26<br />

Zaninoni, Contratti parziari <strong>di</strong> conduzione agraria del territorio piacentino nel XIII<br />

secolo, in « Archivio storico per le province parmensi», s. IV, XXIX, 1977, pp. 166-167.<br />

5


un anno prima era, dunque, o già venuta a mancare, nonostante la durata<br />

dodecennale, o poteva essere stata assorbita <strong>da</strong>ll'investitura perpetua.<br />

Il monastero, forse per rinuncia <strong>da</strong> parte dei coloni, o forse per scelta<br />

gestionale ripiegava verso l'investitura perpetua, garante <strong>di</strong> un fitto certo, se<br />

pur immutabile, legandosi ai suoi maggiori vassalli, con i pericoli che tale<br />

contratto supponeva. Le terre site nella curia ma non comprese nel<br />

patrimonio della corte restavano in <strong>di</strong>retta gestione del monastero, che,<br />

come si vedrà, avrebbe provveduto ad affittarle in piccole porzioni a singoli<br />

concessionari del luogo e della città; o continuavano a far parte dei benefici<br />

feu<strong>da</strong>li dei vassalli monasteriali, ai quali perio<strong>di</strong>camente si richiedevano le<br />

tra<strong>di</strong>zionali manifestationes terrarum. Nel 1261 Obertacius, figlio ed erede<br />

<strong>di</strong> Folco, rinunciò all'investitura per la metà <strong>di</strong> sua appartenenza,<br />

definendosi gravatus <strong>da</strong> un fitto che faticosamente riusciva a corrispondere;<br />

e nel 1276 il rapporto con i Niquità ebbe definitivamente fine, quando<br />

Albertacio, figlio ed erede <strong>di</strong> Ianonus, a sua volta figlio ed erede <strong>di</strong> Oberto<br />

(fratello <strong>di</strong> Folco e concessionario per l'altra metà), insieme alla matrigna<br />

Caracosa, tutrice del figlio avuto <strong>da</strong> Ianonus, e ai tutori dei figli del fu<br />

Ianucinus - figlio a sua volta del quon<strong>da</strong>m Ianonus -, chiesta la risoluzione<br />

del contratto, giacché impossibilitati a lavorare il massaricio concesso, che<br />

versava in forte stato <strong>di</strong> degrado - quia destructum erat propter guerras -,<br />

vennero assolti <strong>da</strong>i monaci pietate commoti 27 .<br />

Non è <strong>da</strong>to sapere come sia stata amministrata la metà spettante a<br />

Obertacio dopo la sua rinuncia nel 1261, certamente non pervenne nelle<br />

mani dei parenti come attesta l'elenco delle terre nella refutatio del 1276; e<br />

<strong>da</strong> questo momento in avanti i Niquità scompaiono <strong>da</strong>lla documentazione 28 ,<br />

che vedrà, invece, attore principale il monastero, tornato in possesso del<br />

patrimonio fon<strong>di</strong>ario e della giuris<strong>di</strong>zione, anche se le refutationes dei<br />

vassalli abbaziali si riferiscono alla sola corte ed honores ad essa connessi, e<br />

non alla curia, che sappiamo <strong>da</strong>l 1232 nelle loro mani. A prova della<br />

riconquistata giuris<strong>di</strong>zione <strong>da</strong> parte dell'abbazia stanno, però, <strong>da</strong> questa <strong>da</strong>ta<br />

in poi, gli atti <strong>di</strong> concessione della camparia <strong>da</strong> parte dei benedettini,<br />

prerogativa, come s'è visto, compresa nel dominatus curie e, sino ad ora,<br />

continuativamente esercitata <strong>da</strong>i Niquità 29 ; nonché le sentenze giu<strong>di</strong>ziali in<br />

merito ad essa a favore dell'ente monastico, che si protraggono sino al XV<br />

secolo 30 .<br />

27<br />

ASPr, Diplomatico, cass. 38, n.2286, 1261 novembre 28 Piacenza; cass. 45, n. 2729,<br />

1276 marzo 30 Piacenza.<br />

28<br />

Non possiamo fare a meno <strong>di</strong> chiederci se la famiglia, nonostante la sua capacità <strong>di</strong><br />

trasformismo, esca, o comunque sia meno presente anche sulla scena politica citta<strong>di</strong>na dopo<br />

gli anni '50 del XIII secolo, come accade a tanti esponenti del ghibellinismo italiano.<br />

29<br />

ASP, Diplomatico, cass. 38, n. 1263 Piacenza; cass. 42, n. 2549, 1271 luglio 18; ASPr,<br />

Conventi e Confraternite, LXX, cass. V, f. 1, n. 137, 1431 aprile 16.<br />

30<br />

ASPr, Diplomatico, cass. 42, n. 2549, 1271 luglio 18 Piacenza; cass. 51, n. 3063, 1282<br />

novembre 24 Piacenza; ASPr, Conventi e confraternite, LXX, cass. V, f. 1, n. 137, 1431<br />

aprile 16 Piacenza.<br />

6


Della gestione fon<strong>di</strong>aria operata <strong>da</strong>i Niquità sulle terre avute<br />

perpetuamente <strong>da</strong>i benedettini non si conosce granché, come abbiano<br />

amministrato tale cospicuo patrimonio agrario è solo possibile supporre;<br />

assai probabilmente tramite ulteriori affitti a lungo o breve termine, parziari<br />

o meno, come era d'uso nel nostro territorio in questi anni 31 ; e certamente in<br />

parte anche grazie al lavoro bracciantile. Le uniche informazioni relative<br />

agli anni nei quali la corte restò in possesso dei vassalli <strong>di</strong> San <strong>Sisto</strong><br />

riguar<strong>da</strong>no le concessioni <strong>di</strong> camparia, <strong>da</strong>lle quali peraltro non sappiamo<br />

quale reale profitto essi potessero trarre. La custo<strong>di</strong>a camparie poteva essere<br />

investita per un tempo determinato <strong>da</strong>i medesimi domini curie, ma altresì<br />

riguar<strong>da</strong>re un terreno o i terreni, comunque compresi nella curia, <strong>di</strong> altri<br />

proprietari o affittuari, ai quali ne era giurata la salvaguar<strong>di</strong>a; in entrambi i<br />

casi ai domini spettava la metà dei banni raccolti, che dovevano essere<br />

consegnati il primo <strong>di</strong> ogni mese, non raramente insieme ad appen<strong>di</strong>tia, ed<br />

era dovere dei camparii <strong>da</strong>r ragione del loro operato, condotto ad usum<br />

curie, né era in loro potere graziare i trasgressori nisi fuerit de man<strong>da</strong>to<br />

dominorum 32 . Oltre a custo<strong>di</strong>re res, bona, fructus terrarum i camparii si<br />

occupavano anche delle acque, riguardo al loro utilizzo nell'irrigazione dei<br />

fon<strong>di</strong> 33 come al <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> pesca e ai red<strong>di</strong>ta piscationum, regalia tra le più<br />

longeve nelle mani delle corti signorili 34 .<br />

La rinunzia dei Niquità motivata <strong>da</strong>lle pessime con<strong>di</strong>zioni del fondo, se<br />

lasciava sicuramente l'abbazia benedettina in una <strong>di</strong>fficile situazione,<br />

significava però anche la ricomposizione dei <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong> proprietà, che le<br />

investiture perpetue minavano alle fon<strong>da</strong>menta, specialmente se detenute <strong>da</strong><br />

personaggi della grande aristocrazia. Tornati nel pieno dominio della corte e<br />

della curia, i benedettini ripresero dunque a gestire i <strong>di</strong>ritti ad esse connessi;<br />

se <strong>da</strong>lla documentazione non ricaviamo notizie relative all'amministrazione<br />

della prima sino al tardo Trecento, cospicue sono invece le attestazioni <strong>di</strong><br />

gestione dei <strong>di</strong>ritti, come, ad esempio, quello connesso alla feraria della<br />

corte; <strong>di</strong>ritto già attestato nel 1215 <strong>da</strong>ll'investitura concessa <strong>da</strong>ll'abate, in<br />

presenza del console del luogo, ad un ferarius della città. Il massaricio<br />

ferarie, della durata <strong>di</strong> un anno, obbligava il fabbro a recarsi nella corte<br />

causa laboran<strong>di</strong> ad fusinam due volte la settimana <strong>da</strong>l primo d'aprile sino ad<br />

Ognissanti, e in seguito, sino alla fine del contratto, una sola volta. Esso fu<br />

31 Sul tema cfr. Zaninoni, Contratti; A. Zaninoni, Il I registro <strong>di</strong> imbreviature <strong>di</strong> Rufino de<br />

Rizardo 1237-1244, Milano, 1983, pp. 14-16; Zaninoni, La proprietà, pp. 26-29.<br />

32 ASPr, Diplomatico, cass. 23, n. 1385, 1228 gennaio 13 Piacenza: cass. 27, n. 1641, 1235<br />

giugno 9 Piacenza; cass. 28, n. 1690, 1237 maggio 25 Piacenza; cass. 28, n. 1701, 1238<br />

aprile 19 Piacenza; cass. 28, n. 1702, 1238 aprile 22 Piacenza; cass. 29, n. 1725, 1239<br />

febbraio 3 Piacenza; cass. 30, n. 1833, 1242 <strong>di</strong>cembre 29 Piacenza.<br />

33 Sul tema cfr. M. C. Cademartiri, Lo sfruttamento delle acque nel Piacentino tra XII e<br />

XIII secolo: l'esempio della proprietà del monastero <strong>di</strong> S. Savino, in «Bollettino Storico<br />

Piacentino», LXXXII, 1987, pp. 72-93.<br />

34 G. Mira, La pesca nel me<strong>di</strong>oevo nelle acque interne italiane, Milano, 1937, p. 12;<br />

Zaninoni, Ponti, gua<strong>di</strong>, porti, pp. 254-255.<br />

7


iba<strong>di</strong>to nel 1297, quando l'abate Benedetto, nomine et vice communis et<br />

hominum loci Cotrevie, ma in forza dell'honor e della iuris<strong>di</strong>ctio che il<br />

monastero deteneva nullo me<strong>di</strong>ante, investì della metà della ferrarezza certo<br />

Obertino Ferarius. L'abbazia, cui spettava il pagamento del fabbro per<br />

l'opera prestata, avrebbe poi ricavato un utile <strong>da</strong> tutti coloro che avessero<br />

usufruito delle prestazioni <strong>di</strong> questi, homines del luogo e vicini 35 .<br />

Ma il <strong>di</strong>ritto più testimoniato è sicuramente quello <strong>di</strong> pascolo, che doveva<br />

rappresentare una non insignificante fonte <strong>di</strong> red<strong>di</strong>to, stante la<br />

conformazione del territorio trebbiense, che si sno<strong>da</strong>va lungo il corso del<br />

Po. L'estensione <strong>di</strong> questo permetteva all'abbazia <strong>di</strong> concedere a più persone<br />

il pascatico, come è esplicitamente specificato nei contratti 36 ; tali licenze - o<br />

locazioni - potevano essere <strong>di</strong>rettamente concesse <strong>da</strong>ll'ente a pastori o<br />

beccai, come pure essere me<strong>di</strong>ate <strong>da</strong> soci concessionari, non raramente<br />

aristocratici o borghesi citta<strong>di</strong>ni, che provvedevano a sublocare il <strong>di</strong>ritto,<br />

oltreché a trarne i debiti gua<strong>da</strong>gni. L'area <strong>di</strong> pascolo comprendeva l'intera<br />

curia, mentre erano precisamente determinati il numero e il genere <strong>di</strong> bestie<br />

pascolanti, solitamente pecore e vacche. Tra i concessionari <strong>di</strong>rettamente<br />

operanti nel settore sono testimoniati pastori, locali e non, e beccai, i quali a<br />

loro volta avevano alle <strong>di</strong>pendenze una propria manovalanza; tutti,<br />

solitamente, <strong>di</strong>moravano in abitazioni site nella curia medesima 37 . I<br />

corrispettivi, commisurati in quantitativi <strong>di</strong> formaggio sino agli inizi del<br />

XIV secolo - probabilmente calcolati sulla produzione me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> latte per<br />

capo -, furono in seguito sostituiti <strong>da</strong> pagamenti in denaro computati sul<br />

numero delle bestie denunciate.<br />

Il pascolo non sembra cadere sotto il regime giuri<strong>di</strong>co dell'affìtto<br />

perpetuo come avviene per il resto delle terre, preferendosi la locazione a<br />

breve termine, anche <strong>di</strong> pochi mesi, legata, com'è evidente, ai tempi delle<br />

transumanze, sino alla scadenza novennale nei casi <strong>di</strong> concessione ad<br />

interme<strong>di</strong>ari.<br />

In quest'ultima circostanza rinveniamo tra i locatari nomi non sconosciuti<br />

della borghesia come dell'aristocrazia locale, sovente accomunati in tali<br />

operazioni, come nel caso del miles Oberto Lan<strong>di</strong> in società con Guglielmo<br />

Paiario e Tommaso Lorio, che ebbero, per un anno, il pascatico della curia<br />

per pascolarvi bestie proprie e <strong>di</strong> altri al prezzo <strong>di</strong> 80 lire piacentine e due<br />

buoni agnelli 38 . La presenza <strong>di</strong> borghesi e aristocratici citta<strong>di</strong>ni testimonia<br />

35 ASPr, Diplomatico, cass. 60, n. 3629, 1297 aprile 10 Piacenza. I prezzi erano<br />

commisurati sulle bestie ferrate e su ogni brazente; erano esclusi due paia <strong>di</strong> buoi del<br />

monastero, che niente per essi doveva pro honore et iuris<strong>di</strong>ctione <strong>di</strong>cti loci.<br />

36 ASPr, Conventi e Confraternite, LXX, cass. V, f. 1, n. 60, 1318 giugno 16 Piacenza:<br />

l'abate riteneva per sé il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> <strong>da</strong>re et concedere aliis pascaticum in <strong>di</strong>cta curia sicut<br />

voluerit; ASPr, Conventi e confraternite, LXX, cass. V, f. 1, n. 89, 1351 giugno 6 Piacenza.<br />

37 ASPr, Diplomatico, cass. 55, n. 3326, 1291 marzo 31; cass. 55, n. 3332, 1291 giugno 9<br />

Piacenza; ASPr, Conventi e confraternite, LXX, cass. V, f. 1, n. 60, 1318 giugno 16<br />

Piacenza; cass. V, n. 101, 1386 giugno 2 Piacenza.<br />

38 ASPr, Conventi e confraternite, LXX, cass. V, f. 1, n. 82, 1351 marzo 26 Piacenza.<br />

8


come l'interesse dei detentori <strong>di</strong> risorse in denaro si in<strong>di</strong>rizzasse anche nel<br />

nostro territorio verso l'allevamento del bestiame, che trovava nelle aree<br />

della bassa pianura - buone possibilità <strong>di</strong> realizzazione 39 . Il 2 giugno 1386<br />

Francesco Ron<strong>da</strong>na - assai probabilmente parente dell'abate allora in carica<br />

Bartolomeo Ron<strong>da</strong>na -, altresì membro della vecchia aristocrazia<br />

fon<strong>di</strong>aria 40 , sublocò a certo Nicolino Ziliano, che <strong>da</strong>l cognome possiamo<br />

supporre piacentino, e ai soci, tutti bergamaschi, le terre gerbide, boschive e<br />

palu<strong>da</strong>te - con specificata eccezione <strong>di</strong> quelle seminate e prative - comprese<br />

nel territorio <strong>di</strong> <strong>Cotrebbia</strong>, sulle quali essi avrebbero potuto pascolare 117<br />

vacche, al prezzo <strong>di</strong> 8 sol<strong>di</strong> piacentini per capo; il numero dei capi avrebbe<br />

potuto accrescersi sino a 200, con l'ovvio aumento della locazione. Tre anni<br />

dopo il Ron<strong>da</strong>na, risultando debitore del monastero per 100 lire, ovvero il<br />

corrispettivo della locazione stipulata con i benedettini il 16 aprile 1386 a<br />

cui aveva fatto seguito la sublocazione del 2 giugno, cedette all'ente i cre<strong>di</strong>ti<br />

detenuti nei confronti dei bergamaschi, che però ammontavano a sole 16 lire<br />

e 10 sol<strong>di</strong> piacentini 41 . Non essendo in possesso dei documenti relativi alle<br />

altre sublocazioni effettuate <strong>da</strong>l piacentino non è purtroppo possibile<br />

determinare il gua<strong>da</strong>gno che egli avrebbe lucrato.<br />

L'attenzione del monastero per le aree pascolive non era dunque inferiore<br />

a quella posta per le terre coltivate; a fine locazione, infatti, era prevista una<br />

perizia sulle con<strong>di</strong>zioni del pascolo, e l'ente si riservava il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> eleggere<br />

il camparo che ne garantisse il buon uso o ne denunciasse l'abuso 42 . Furono,<br />

paradossalmente, proprio i massarii, i laboratores e i pergomaschi del<br />

monastero a <strong>da</strong>nneggiare a tal punto le terre della curia <strong>da</strong> spingere nel 1431<br />

i benedettini a <strong>da</strong>r licenza novennale <strong>di</strong> pascolo ad Antonio Gua<strong>da</strong>gnabene e<br />

ai suoi massari ed enfiteuti per 30 bovini grossi e piccoli, al prezzo <strong>di</strong> 18<br />

denari piacentini per capo. Era fatto <strong>di</strong>vieto al Gua<strong>da</strong>gnabene <strong>di</strong> sublocare il<br />

pascolo ad alcun pergomaschus vel pergaminus, e lo stesso monastero,<br />

contrariamente all'uso tra<strong>di</strong>zionale, si impegnava a non utilizzare l'area 43 . Le<br />

licenze non si interrompono, l'anno successivo ad ottenerla furono un <strong>da</strong><br />

39 G. Chittolini, Avvicen<strong>da</strong>menti e paesaggio agrario nella pianura irrigua lombar<strong>da</strong><br />

(secoli XV-XVI), in Agricoltura e trasformazione dell'ambiente, secoli XIII-XVIII, a cura <strong>di</strong><br />

A. Guarducci, Firenze, 1984, (Atti delle Settimane <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o e altri convegni 11, Istituto<br />

internazionale <strong>di</strong> storia economica "Francesco Datini" <strong>di</strong> Prato) pp. 555-556; E. Rove<strong>da</strong>,<br />

Allevatori e transumanza nella pianura lombar<strong>da</strong>: i Bergamaschi nel Pavese tra '400 e<br />

'500, in «Nuova Rivista Storica», XXIV, 1984, pp. 49-70.<br />

40 P. Racine, Plaisance du Xème à la fin du XIVème siècle. Essai d'histoire urbaine, s.l.,<br />

s.d., IV, p. 1223 nota 167.<br />

41 ASPr, Conventi e confraternite, LXX, cass. V, f. 1, n. 101, 1386 giugno 2 Piacenza; e n.<br />

103, 1389 maggio 5 Piacenza.<br />

42 ASPr, Concenti e confraternite, LXX, cass. V, f. 1, n. 101, 1386 giugno 2 Piacenza; n.<br />

139, 1431 novembre 3 Piacenza.<br />

43 ASPr, Conventi e confraternite, LXX, cass. V, f. 1, n. 139, 1431 novembre 3 Piacenza.<br />

9


Rizzolo, al prezzo <strong>di</strong> 18 denari per bestia grossa vel parva, e Galeazzo<br />

Rayna, civis placentinus, a 19 denari il capo 44 .<br />

Le aree concesse ad uso pascolivo dovevano interessare non il solo<br />

incolto, ma anche il prativo, come s'è visto in alcuni casi specificamente<br />

escluso <strong>da</strong>lle licenze abbaziali, e come si evince <strong>da</strong> un contenzioso tra il<br />

monastero e alcuni concessionari nel quale l'ente riven<strong>di</strong>ca il suo <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong><br />

pascatico in stabiis, pratis (in quel caso sechatis), culturis herbatis et<br />

gerbi<strong>di</strong>s 45 ; nei nostri contratti mai si accenna propriamente all'uso, alla<br />

raccolta o alla ven<strong>di</strong>ta del fieno. Con molta probabilità il piacentino, come il<br />

pavese <strong>di</strong> pianura - limitrofo e assai simile al nostro territorio - non aveva<br />

ancora raggiunto lo sviluppo realizzatosi nel milanese e lo<strong>di</strong>giano, dove la<br />

ricchezza d'acqua e soprattutto le opere irrigatorie avevano incrementato le<br />

coltivazioni foraggere 46 . Se la costante <strong>di</strong>fesa messa in atto <strong>da</strong>i benedettini<br />

verso un <strong>di</strong>ritto la cui materiale <strong>di</strong>spersione ne rendeva <strong>di</strong>fficile il controllo<br />

dà prova dell'ostinazione nella salvaguar<strong>di</strong>a <strong>di</strong> ragioni tra<strong>di</strong>zionalmente<br />

godute e altrettanto continuamente contestate, quando non usurpate<br />

(neppure <strong>da</strong>i soli privati), denuncia pure l'interesse economico sicuramente<br />

palese ai monaci, che ricorsero nel 1431 alla giustizia citta<strong>di</strong>na per far<br />

gri<strong>da</strong>re tale <strong>di</strong>ritto, la cui violazione avrebbe comportato una pena <strong>di</strong> 100<br />

lire 47 .<br />

L'allevamento del bestiame ovino e bovino cominciava evidentemente a<br />

trovare realizzazione, inserendosi nel tra<strong>di</strong>zionale sistema agrario, insieme<br />

alle nuove trasformazioni che le campagne pa<strong>da</strong>ne, lombarde in particolare,<br />

an<strong>da</strong>vano sperimentando. Il monastero medesimo, come ho avuto modo <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>mostrare, tra Tre e Quattrocento pose mano ad una ristrutturazione<br />

fon<strong>di</strong>aria nell'area <strong>di</strong> Gossolengo, allo scopo <strong>di</strong> giungere ad una conduzione<br />

più razionale e articolata, più consona ai nuovi sistemi e tecniche <strong>di</strong><br />

coltivazione, operando appoderamenti anche se non ancora mezzadrili, o<br />

ripiegando sulla gestione tramite affittuari-interme<strong>di</strong>ari che potevano<br />

garantire i necessari capitali alla ristrutturazione 48 .<br />

L'allevamento dovette altresì trovare buon terreno all'interno della società<br />

piacentina, non aliena <strong>da</strong> <strong>di</strong>mestichezza con il contratto <strong>di</strong> socci<strong>da</strong>, «uno dei<br />

mezzi più idonei per investimenti <strong>di</strong> termine non breve nei quali il pericolo<br />

della svalutazione fosse del tutto assente», non ignorato <strong>da</strong>lla chiesa locale<br />

stessa posteriormente al XIII secolo 49 . Le vaste aree trebbiensi e golenali<br />

44<br />

ASPr, Conventi e confraternite, LXX, cass. V, f. 1, n. 240, 1432 febbraio 6 Piacenza.<br />

45<br />

ASPr, Conventi e confraternite, LXX, cass. V, f. 1, n. 115, 1398 agosto 30 Piacenza.<br />

46<br />

Rove<strong>da</strong>, Allevamento, p. 50.<br />

47<br />

ASPr, Conventi e confraternte, LXX, cass. V, f. 1, n. 138, 1431 ottobre 29 Piacenza. La<br />

pena fu comminata il 26 novembre 1440 ad Antoniolus de Rapa trovato a pascolare bestie<br />

nella curia: cfr. ASPr, Conventi e confraternite, LXX, cass. V, f. 1, n. 197, 1440 novembre<br />

16 Piacenza.<br />

48<br />

Zaninoni, La proprietà, pp. 52-55.<br />

49<br />

C. Pecorella, Contratti <strong>di</strong> allevamento del bestiame nella regione piacentina nel XIII<br />

secolo, Milano, 1975, p. 18.<br />

10


limitrofe al Po, che ai benedettini certamente offrivano ampie possibilità <strong>di</strong><br />

sfruttamento e <strong>di</strong> gua<strong>da</strong>gno, erano così percorse <strong>da</strong> fitti armenti condotti<br />

spesso <strong>da</strong> pergomaschi e pergamini, che siamo in evidente imbarazzo ad<br />

identificare. La transumanza <strong>da</strong>l bergamasco verso la pianura è un fatto<br />

accertato, nelle stesse aree pavesi dell'oltrepò confinanti col piacentino 50 ; e<br />

nel nostro territorio la presenza <strong>di</strong> questi lombar<strong>di</strong>, de<strong>di</strong>ti all'agricoltura in<br />

generale, come ho avuto modo <strong>di</strong> accertare, è attestata <strong>da</strong>lla secon<strong>da</strong> metà<br />

del Duecento 51 . Resta <strong>da</strong> capire se il termine pergomaschus in<strong>di</strong>chi sempre e<br />

necessariamente la provenienza, o piuttosto non sottinten<strong>da</strong> il significato <strong>di</strong><br />

allevatore <strong>di</strong> bestiame, come supposto <strong>da</strong> Enrico Rove<strong>da</strong> 52 ; soluzione<br />

quest'ultima che appare accettabile anche per il nostro caso, attesa la<br />

residenza <strong>di</strong> molti <strong>di</strong> essi in vari luoghi della curia, oltre al chiaro uso del<br />

termine ad in<strong>di</strong>care una categoria nel <strong>di</strong>vieto imposto <strong>da</strong>l monastero alla<br />

sublocazione a tal genere <strong>di</strong> persone 53 .<br />

Come già si è detto, la documentazione propriamente relativa alla terra<br />

benedettina nel territorio <strong>di</strong> <strong>Cotrebbia</strong> per il XII secolo sino agli inizi del<br />

XIII è scarsa e frammentaria; i contratti <strong>di</strong> affìtto perpetuo e <strong>di</strong> feudo, le<br />

permute, le restituzioni non permettono la ricostruzione sistematica della<br />

fisionomia della corte. E si deve giungere alla citata concessione colonario<br />

nomine del 1223 per avere un'idea, sempre approssimativa, della consistenza<br />

fon<strong>di</strong>aria della sola curtis, che non comprendeva ovviamente tutte le terre <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>ritto monasteriale incluse invece nella curia. L'investitura a nome<br />

colonario ci priva anche delle misure, poichè in essa si fa solo riferimento ai<br />

luoghi e al tipo <strong>di</strong> terra o <strong>di</strong> coltivo; a campi, braide, vigne, orti che<br />

facevano <strong>di</strong>rettamente capo a quello che doveva esser stato in tempi<br />

precedenti il domocoltile si aggiungevano gli e<strong>di</strong>fici tipici <strong>di</strong> questo: domus<br />

et solarium et caneva et casina et torcular et curtis tota que claudetur in<br />

fossatum et in qua est ecclesia. Con gli e<strong>di</strong>fici erano concessi gli strumenti<br />

agricoli - omnia utensilia -, carra et aratra, con speciale in<strong>di</strong>cazione <strong>di</strong><br />

quelli usati per la vinificazione, vasa torcularis et omnes vegetes.<br />

L'abbazia si riservava l'uso e l'abitazione della caneva e del solaio per<br />

due monaci. Del fitto s'è detto, un terzo dei grossi, un quarto dei minuti,<br />

rape e noci, un terzo del vino com'era consueto, un terzo della legna incisa o<br />

scalvata. Grande attenzione era posta <strong>da</strong>ll'ente religioso proprio nei<br />

confronti <strong>di</strong> quest'ultima, <strong>di</strong> cui il territorio doveva essere ben ricco; per<br />

ogni pianta secca tagliata se ne doveva piantare una <strong>di</strong> rimpiazzo, i tagli<br />

dovevano essere fatti sicut mos est nemorum, sempre per migliorarne le<br />

con<strong>di</strong>zioni senza impoverirli. Era prevista e concessa l'incisione per il<br />

riscal<strong>da</strong>mento e per la riparazione degli utensili e dei manufatti.<br />

50 Rove<strong>da</strong>, Allevamento, pp. 50-59.<br />

51 Zaninoni, Forestieri a Piacenza fra XIII e XIV secolo: una spia della realtà citta<strong>di</strong>na, in<br />

«Bollettino Storico Piacentino» LXXXVI, 1991, p. 59.<br />

52 Rove<strong>da</strong>, Allevamento, p. 59.<br />

53 ASPr, Conventi e confraternite, LXX, cass. V, f. 1, n. 139, 1431 novembre 3 Piacenza.<br />

11


Assolutamente priva <strong>di</strong> in<strong>di</strong>cazioni relative alla conformazione e<br />

funzionamento della corte è l'investitura successiva (1224) ai Niquità, ai<br />

quali certamente non si potevano imporre opere, o porre con<strong>di</strong>zioni. Gli anni<br />

tra il 1224 e il 1376 sono rischiarati <strong>da</strong> qualche rara concessione perpetua <strong>di</strong><br />

appezzamenti <strong>di</strong> varia <strong>di</strong>mensione 54 , che peraltro, oltre a testimoniare la<br />

tra<strong>di</strong>zionale frantumazione della conduzione, non ci illuminano granché;<br />

sino a quest'ultima <strong>da</strong>ta, quando il cenobio piacentino perfeziona una<br />

locazione. Devastata <strong>da</strong>gli stipen<strong>di</strong>arii che avevano alloggiato nelle domus<br />

et casamenta del monastero, domus <strong>di</strong>rupte et molen<strong>di</strong>num destructum, terre<br />

bocive et prata deserta, la possessio <strong>di</strong> <strong>Cotrebbia</strong> era <strong>di</strong>sabitata 55 ; così<br />

pressato <strong>da</strong>lla necessità il monastero titulo locationis cedette per nove anni a<br />

Bassano de Pessola, il solo <strong>di</strong>sposto alla stipula della locazione cum certis<br />

pactis et conventionibus - e quin<strong>di</strong> con evidente utilitas e giusta causa -,<br />

totam curiam Cotrebie, terre, acque e <strong>di</strong>ritti inerenti, compresi nei confini<br />

ormai noti. Il tutto per un fitto annuo <strong>di</strong> 50 lire, ma con un esborso<br />

anticipato <strong>di</strong> tre anni <strong>di</strong> locazione e col patto del pagamento degli altri sei<br />

alla scadenza del terzo. Era prevista la proroga a fine contratto. Restavano<br />

esclusi certi fitti concessi <strong>da</strong>l monastero ad altri, quasi tutti inerenti alla<br />

pesca o gravanti sulle isole del Po <strong>di</strong> pertinenza abbaziale; e le terre della<br />

chiesa <strong>di</strong> San Pietro (130 pertiche <strong>di</strong> prato, coltivo e vigna).<br />

Le spese <strong>di</strong> ristrutturazione anticipate <strong>da</strong>l colono potevano raggiungere la<br />

somma <strong>di</strong> 100 lire, e sarebbero state restituite a fine contratto 56 . Non<br />

<strong>di</strong>versamente <strong>da</strong> quanto avveniva, più o meno negli stessi anni, sulle terre<br />

sansistine nel territorio <strong>di</strong> Gossolengo, il monastero faceva ricorso<br />

all'affittuario-interme<strong>di</strong>ario delegandogli l'opera <strong>di</strong> ristrutturazione delle<br />

<strong>possessione</strong>s e l'onere <strong>di</strong> investimento che ne derivava 57 . Nel contratto<br />

troviamo menzione della possibilità <strong>di</strong> proroga - senza però, il che torna a<br />

salvaguar<strong>di</strong>a del monastero, la specificazione eodem ficto - e dell'obbligo <strong>di</strong><br />

risarcimento delle 100 o più lire a cui ammontava la somma massima <strong>da</strong><br />

spendersi nelle opere <strong>di</strong> ricostruzione concor<strong>da</strong>ta tra le parti, ma nessuna<br />

clausola relativa al mancato indennizzo, che mettesse in pericolo la<br />

proprietà benedettina. La cifra convenuta - due anni <strong>di</strong> affitto - peraltro non<br />

era tale <strong>da</strong> far ipotizzare l'impossibilità <strong>di</strong> liqui<strong>da</strong>zione e il conseguente<br />

spossessamento.<br />

54 ASPr, Diplomatico, cass. 24, n. 1477, 1229 ottobre 24 Piacenza; cass. 56, n. 3348, 1291<br />

novembre 5 Piacenza; cass. 58, n. 3542, 1295 giugno 5 Piacenza.<br />

55 A Piacenza i decenni centrali del XIV secolo e l'ultima parte <strong>di</strong> esso furono politicamente<br />

ed economicamente assai <strong>di</strong>fficili; guerre, epidemie cicliche <strong>di</strong> peste e carestie piegarono<br />

soprattutto il contado, che doveva sopportare la violenza delle compagnie <strong>di</strong> ventura e<br />

l'oleosa fiscalità dei Visconti che non risparmiava nessuno. Sugli avvenimenti relativi a<br />

questi anni cfr. P. Castignoli, Dal governo <strong>di</strong> Azzone all'ascesa a potere <strong>di</strong> Gian Galeazzo<br />

(1336-1385), Piacenza, 1997, pp. 43 ss.<br />

56 ASPr, Conventi e confraternite, LXX, cass. V, f. 1, n. 95 , 1376 <strong>di</strong>cembre 9 Piacenza.<br />

57 Zaninoni, La proprietà, pp. 51-54.<br />

12


Tre anni dopo un affitto novennale, giustificato ancora <strong>da</strong>lla devastazione<br />

della <strong>possessione</strong>, nonché <strong>da</strong>lla fisiologica mancanza <strong>di</strong> liqui<strong>di</strong> del<br />

monastero, testimonia della cessione <strong>di</strong> ben 595 pertiche <strong>di</strong> terra compresa<br />

nella curia, con e<strong>di</strong>fici e <strong>di</strong>ritti ad esse inerenti, che peraltro fruttarono ai<br />

benedettini il pagamento anticipato <strong>di</strong> nove anni <strong>di</strong> locazione 58 . Non è<br />

chiaro a questo punto se la locazione con il de Pessola, che includeva tutta<br />

la curia, <strong>di</strong>ritti e terre, sussistesse ancora. Le stesse concessioni <strong>di</strong> pascolo -<br />

<strong>di</strong>ritto compreso nella locazione del 1376 - che in questi anni si susseguono,<br />

come gli affitti perfezionati <strong>da</strong>l monastero, mettono in dubbio che il<br />

rapporto contrattuale con il de Pessola fosse ancora in essere, senonchè nel<br />

1383 costui risulta ancora concessionario del monastero 59 . Fatto si è che<br />

della possessio <strong>di</strong> <strong>Cotrebbia</strong> le carte per parecchi anni non fanno più<br />

menzione, per testimoniarci, invece, oltre che <strong>di</strong> affìtti, <strong>di</strong> permute e<br />

acquisti, a conferma del mai perduto interesse verso la corte e le sue terre,<br />

sino a tutto il Quattrocento.<br />

Ed è sulla fine del secolo che avviene la locazione della sola possessio,<br />

stipulata ad massaritium per tre anni et ultra a beneplacito dell'abate e dei<br />

monaci 60 . I concessionari, se<strong>di</strong>ci persone variamente imparentate tra loro,<br />

capi <strong>di</strong> famiglie allargate abitanti nella villa, si definiscono tutti massarii<br />

ipsorum domini abbatis et monachorum, denunciando quin<strong>di</strong> un rapporto<br />

già esistente con l'ente monastico. La locazione ha come oggetto totam<br />

<strong>possessione</strong>m de Cotrebia [...] cum omnibus iuribus et honorantiis, e per la<br />

prima volta i documenti ne offrono una descrizione esaustiva, che ci<br />

permette <strong>di</strong> ricostruirne la struttura. Il totale delle terre ammontava a 4.269<br />

pertiche piacentine, 292 tavole, 143 pie<strong>di</strong> e 59 once, ovvero 3.262.682,7<br />

metri quadrati, ma non tutto, come vedremo, entrò nella concessione. Il<br />

nucleo centrale, il curtaricium, era costituito <strong>da</strong> una pecia <strong>di</strong> circa 18<br />

pertiche (mq 14.136,865) sulla quale si trovavano la chiesa murata et<br />

cuppata de<strong>di</strong>cata ai santi Pietro e Paolo, una torre provvista <strong>di</strong> tre casseri,<br />

comprendente un solaio per le biade, sotto la quale era una bora a volta 61 ,<br />

un portico in muratura solato e coppato anch'esso, più una piccola stalla per<br />

i cavalli del monastero confinante con la torre, un pozzo in muratura ad uso<br />

dei monaci e delle persone <strong>da</strong> essi <strong>di</strong>pendenti; una domus murata et cuppata<br />

sita tra la chiesa e la torre, provvista <strong>di</strong> canepa, due camere, una saleta<br />

solerata e un solaio a bla<strong>di</strong>s, anch'esso soleratus; un torchio <strong>di</strong> recente<br />

58<br />

ASPr, Conventi e confraternite, LXX, cass. V, f. 1, n.98, 1379 giugno 8 Piacenza.<br />

59<br />

ASPr, Conventi e confraternite, LXX, cass. V, f. 1, n. 99, 1383 novembre 7 Piacenza.<br />

60<br />

ASPc, Guglieri, Registro del monastero <strong>di</strong> San <strong>Sisto</strong> (d'ora innanzi RSS), c. 240v, 1482<br />

febbraio 7 Piacenza.<br />

61<br />

Il termine in<strong>di</strong>ca nel piacentino la cantina o un annesso alle case urbane prospicente la<br />

via pubblica; cfr. P. Racine, Paysages urbains au Moyen Age: l'exemple de Plaisance au<br />

XIIIème siècle, in Décor urbain et cadre de vie en Italie de l'antiquité à nos jours (actes du<br />

colloque de novembre 1974), Strasbourg 1985, pp. 76-87; F. Aosta, Aspetti <strong>di</strong> vita<br />

materiale a Piacenza tra Due e Trecento, in «Bollettino Storico Piacentino», LXXX, 1985,<br />

p. 147.<br />

13


fattura sito sotto una son<strong>di</strong>ta in pilastri lapidei con coppi limitrofa alla<br />

chiesa; quattro case d'abitazione ad uso dei massari, due delle quali murate<br />

in pietra e solerate, le altre due in pilastri lapidei, in parte sprangate e in<br />

parte murate et solerate; una caseria murata, coppata e solerata sita presso<br />

le due precedenti case; una cassina con cinque casseri in pilastri e coppi atta<br />

a contenere il fieno, <strong>di</strong> 44 braccia <strong>di</strong> lunghezza e 16 <strong>di</strong> larghezza, alta 11 62 ;<br />

una stalla in muratura e coppi presso quest'ultima, <strong>di</strong> 15 braccia <strong>di</strong><br />

lunghezza e larghezza; un'altra stalla murata, cuppata, astra<strong>da</strong>ta ad uso dei<br />

bergamini del monastero, <strong>di</strong> 78 braccia <strong>di</strong> lunghezza e 16 e mezzo <strong>di</strong><br />

larghezza; una terza stalla con cascina ad uso dei massari e delle loro bestie,<br />

in muro, coppi e astra<strong>da</strong>ta, lunga 73 braccia e larga 16. Limitrofa al<br />

descritto curtaricium, posta a nord, stra<strong>da</strong> me<strong>di</strong>ante, era una pezza <strong>di</strong> terra<br />

prativa, ortiva, coltiva, in parte iar<strong>di</strong>nata, e plantata ad filagnos, arricchita<br />

anche <strong>da</strong> piante <strong>da</strong> frutto, <strong>di</strong> 28 pertiche (mq 21.336,28), detta iar<strong>di</strong>nus<br />

novus. Segue alla descrizione del centro della <strong>possessione</strong> l'elenco degli<br />

appezzamenti che la componevano.<br />

Il secondo polo provvisto <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici era attestato nella località detta<br />

Malparla, dove troviamo una pecia clausurata, ortiva e a vigna (10 pertiche<br />

e 12 tavole, pari a mq 8.001,1), provvista <strong>di</strong> una domus murata, con coppi e<br />

solaio, in cui abitavano i tre fratelli de Ferariis - concessionari del<br />

massaricio - con le loro famiglie; una stalla con cascina (<strong>di</strong> 18 braccia <strong>di</strong><br />

lunghezza e 16 <strong>di</strong> larghezza) ad uso dei predetti; una casa gra<strong>di</strong>zata e<br />

coppata dove al momento viveva certo Faxolus brazente del monastero.<br />

Una secon<strong>da</strong> estesa pezza a prato e orto, <strong>di</strong> 127 pertiche e più (arroton<strong>da</strong>to a<br />

mq 955.052,27), fornita <strong>di</strong> una casa in graticcio ad uso dei bergamini<br />

dell'abbazia, vigna e alberi <strong>da</strong> frutto; un terzo appezzamento coltivo e<br />

affilagnato, ovvero misto alla vite, <strong>di</strong> 50 pertiche (mq 38.100,5) dotato <strong>di</strong><br />

una casa pastonata e in paglia, al momento abitata; e una piccola pezza<br />

prativa <strong>di</strong> 6 pertiche (mq 4.572,06). Nella località detta Ramus, confinante<br />

con il Po e il torrente Raganella, un vastissimo appezzamento <strong>di</strong> 546<br />

pertiche e 20 tavole (mq 416.692,46) non coltivo, ma completamente<br />

destinato al pascolo - bocivo e piantato a salici -, era attrezzato con una casa<br />

in graticci, pilastri e coppi, una caseria in muratura, un portico pure in<br />

muratura; al momento della stipulazione del massaricio era già concesso in<br />

affitto <strong>da</strong>i benedettini. L'ultima località abitata era attestata nel Burgus<br />

Cotrebie, dove il monastero cedette ai massari due appezzamenti <strong>di</strong> 15<br />

pertiche l'uno (mq 11430,15), uno provvisto <strong>di</strong> una domuncula in paglia e<br />

graticci, coltivo e a vigna, l'altro prativo. Le pecie concesse nel massaricio,<br />

escludendo quelle site nel curtaricium, ammontano a 38, e sono sud<strong>di</strong>vise in<br />

ventiquattro luoghi detti, con una concentrazione quin<strong>di</strong> quasi nulla.<br />

62 Il braccio comune corrispondeva a m 0,469: cfr. Corpus Statutorum Mercatorum<br />

Placentiae (secoli XIV-XVIII), a cura <strong>di</strong> P. Castignoli e P. Racine, Milano, 1967, p. 577.<br />

14


Per quanto non sia oggi possibile rinvenire l'ubicazione se non <strong>di</strong> pochi <strong>di</strong><br />

esse, si ha, comunque, l'impressione, grazie alle confinanze pre<strong>di</strong>ali, che tali<br />

località fossero tutte, come doveva essere, poco <strong>di</strong>stanti tra loro. Più che la<br />

collocazione, dunque, è interessante in<strong>da</strong>gare il tipo <strong>di</strong> coltivazioni presenti<br />

nella corte. Escluse le pezze casamentate, dove, come <strong>di</strong> consueto, alle<br />

superfici a coltivo si affiancano la vite e l'orto, gli altri appezzamenti<br />

riducono i tipi <strong>di</strong> coltivazione al prato, al coltivo, inteso come seminativo a<br />

granaglie e legumi - frumento, spelta, fave e altre leguminose, come si<br />

evince <strong>da</strong>lle clausole del contratto -, e al pascolo, quasi mai promiscui;<br />

raramente il coltivo si trova affiancato al prato, una sola volta al bosco.<br />

L'estensione dei lotti va <strong>da</strong> un minimo <strong>di</strong> 8 ad un massimo <strong>di</strong> 546<br />

pertiche, ma la maggioranza si colloca tra le 40 e le 80 pertiche. Spiccano,<br />

in un insieme composto <strong>da</strong> pezze <strong>di</strong> me<strong>di</strong>a grandezza, alcuni appezzamenti<br />

<strong>di</strong> vastissima estensione. Nella località Pratum opiorum una pezza<br />

totalmente a prato raggiungeva le 405 pertiche (mq 308.614,05), un'altra<br />

prativa nel luogo detto Mezanus ne misurava 314 (mq 239.271,14); <strong>di</strong><br />

grande ampiezza erano le pecie coltive al Campus de Pado (già Campo dei<br />

Ferarii) - 433 pertiche (mq 329.950,33) -, Ad ronchos - 480 pertiche (mq<br />

365.764,8) -, al Campadono - 366 pertiche (mq 278.895,66), promiscue con<br />

il bosco -. Il pascolo, che troviamo anche <strong>di</strong> me<strong>di</strong>a <strong>di</strong>mensione, in un caso<br />

raggiunge le 546 pertiche (mq 416.057,46). Le terre pascolive erano situate<br />

nelle vicinanze del Po e della Raganella, come si deduce <strong>da</strong>lle confinanze e<br />

<strong>da</strong>i toponimi, Campus de Pado, Ramus, Ad glareas; tutte erano plantate de<br />

salicibus, attesa la commestibilità <strong>di</strong> tale essenza per gli animali, pascolanti<br />

come <strong>da</strong> cortile.<br />

Questi gran<strong>di</strong> appezzamenti, ad esclusione <strong>di</strong> quello pascolivo sito in<br />

località Ramus, non sembrano provvisti <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici d'abitazione o anche solo<br />

<strong>di</strong> rustici ad uso agricolo, mentre la loro vastità sarebbe <strong>di</strong> per sè sufficiente<br />

a <strong>da</strong>r vita ad una possessio. Qui, <strong>di</strong>versamente <strong>da</strong> Gossolengo, che, per<br />

quanto compreso nell'antica riserva, non contava un centro curtense, non si<br />

erano creati appoderamenti; la <strong>possessione</strong> <strong>di</strong>pendeva <strong>da</strong>l curtaricio<br />

curtense, sede abbaziale e polo d'accentramento delle abitazioni, dei rustici,<br />

dei manufatti utili alla conduzione. Come fossero sud<strong>di</strong>vise le colture<br />

nell'enorme pecia sita Ad ronchos, <strong>di</strong> 480 pertiche - talmente vasta <strong>da</strong> essere<br />

antiquitus <strong>di</strong>visa in due <strong>da</strong>lla stra<strong>da</strong> per quam ivi consueverat a Cotrebia ad<br />

Placentiam -, non sappiamo; ma sicuramente si trattava <strong>di</strong> soli campi,<br />

sprovvisti <strong>di</strong> qualsiasi servizio. Il solo grande appezzamento attrezzato è<br />

quello sito nella località detta Ramus, confinante con il Po, a<strong>di</strong>bita<br />

totalmente a pascolo (546 pertiche) e provvista <strong>di</strong> una casa in graticcio, e <strong>di</strong><br />

una caseria per l'evidente uso <strong>di</strong> raccolta del latte e produzione del<br />

formaggio.<br />

Che cosa fosse coltivato nelle terre <strong>di</strong> <strong>Cotrebbia</strong> si evince <strong>da</strong>ll'affitto<br />

richiesto <strong>da</strong>i monaci: biade, fieno, uva; non si avanzano richieste, come<br />

invece altrove, <strong>di</strong> grani o uve prodotti in altre zone del contado.<br />

15


Facevano parte della concessione i <strong>di</strong>ritti delle acque vive e morte pertinenti<br />

al monastero, quin<strong>di</strong> il <strong>di</strong>ritto d'estrazione delle medesime ad uso irrigatorio<br />

e le quin<strong>di</strong>cene inerenti ad esse 63 , nonché il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> pesca nella Raganella<br />

<strong>da</strong>lla stra<strong>da</strong> Romea sino a Po 64 e ogni altro <strong>di</strong>ritto e honorantia spettante al<br />

monastero che già non fosse <strong>da</strong> questo affittato ad altri. I massari si<br />

obbligavano per un fitto annuo della metà delle biade, per ogni tipo <strong>di</strong><br />

cereale raccolto, e del terzo delle biade de sapa (<strong>da</strong> zappa), consegnate a<br />

Piacenza secondo il volere dei monaci o dei fattori, a spese dei<br />

concessionari medesimi; del fieno si doveva la metà, e i due terzi <strong>di</strong> quello<br />

raccolto nella località detta ad Mezanum, consegnato nella corte subtus<br />

casinam monasterii, e<strong>di</strong>ficio riservato all'ente. Anche le uve dovevano<br />

essere condotte nella corte al torchio abbaziale e qui essere pigiate, il vino<br />

sarebbe invece stato portato a Piacenza, sempre a spese dei massari.<br />

I doveri relativi alla coltivazione, come sempre accade nei contratti <strong>di</strong><br />

massaricio, sono numerosi, ben precisati, ma non vanno oltre le regole<br />

generali. All'obbligo generico <strong>di</strong> bene et <strong>di</strong>ligenter colere si aggiungono<br />

operazioni specifiche, quali l'obbligo alle cinque arature per la preparazione<br />

dei terreni alla semina 65 . Per il prato si richiedevano opere <strong>di</strong> concimazione,<br />

innaffiatura e taglio, mentre per le viti si prevedevano potatura, legatura e<br />

due zappature. La mietitura delle biade era a totale carico dei massari, e la<br />

triturazione doveva essere fatta super areis esistenti nella corte. Le sementi<br />

necessarie alla semina del frumento, spelta, fave e altri legumi erano state<br />

anticipate <strong>da</strong>l monastero. Era fatto obbligo ai massari <strong>di</strong> utilizzare nelle<br />

stalle tutta la paglia prodotta <strong>da</strong>i campi, in<strong>di</strong> raccoglierla e ammassarla ad<br />

pilam, perché, una volta matura, fosse sparsa su terre e prati della<br />

<strong>possessione</strong>. Si precisa altresì che, quando in caso <strong>di</strong> siccità fosse stata<br />

acquistata acqua, il prezzo <strong>di</strong> quest'ultima sarebbe stato <strong>di</strong>viso a metà col<br />

monastero; mentre era a totale carico dei concessionari il pagamento <strong>di</strong> colui<br />

qui a<strong>da</strong>quabit prata, ovvero quello che ancor oggi si chiama, nel nostro<br />

<strong>di</strong>aletto, camparo <strong>da</strong> acqua. I campi dovevano essere tenuti chiusi, ed era<br />

compito dei conduttori mantenere le cave<strong>da</strong>gne pulite e ben delimitate.<br />

Veniamo a conoscenza anche <strong>di</strong> una coltivazione non compresa nel<br />

canone d'affitto: i massari infatti si impegnavano a seminare parte delle terre<br />

a lino, ad essi sarebbe spettata soltanto la coltivazione e la conduzione del<br />

prodotto presso chi l'avrebbe lavorato, essendo il ricavato a totale profitto<br />

dei monaci che avrebbero provveduto anche alla semente.<br />

Come <strong>di</strong> consuetu<strong>di</strong>ne nelle locazioni parziarie, ai doveri strettamente<br />

inerenti all'affitto e alle opere agricole facevano seguito sorte <strong>di</strong> appen<strong>di</strong>tia -<br />

oneri <strong>di</strong> sapore altome<strong>di</strong>evale, ma ormai congrua parte del canone attesa la<br />

63<br />

La quin<strong>di</strong>cena era una porzione d'acqua <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto del proprietario del fondo: cfr.<br />

Cademartiri, Lo sfruttamento, p. 73.<br />

64<br />

Zaninoni, Ponti, gua<strong>di</strong>, porti, pp. 253-262.<br />

65<br />

Cortonesi, Avvicen<strong>da</strong>menti colturali e pratiche cerealicole nell'Italia tardome<strong>di</strong>evale, in<br />

«Quaderni Me<strong>di</strong>evali», 48, 1999, pp. 20-23.<br />

16


loro entità -, che in questo caso si concretano nella corresponsione <strong>di</strong> polli e<br />

conigli - 84 polli e 32 conigli -, e in vecture, ovvero i massari avrebbero<br />

dovuto cum plaustro et bobus condurre vino e altre res <strong>da</strong>lle terre del<br />

monastero nei luoghi <strong>di</strong> Castell'Arquato, Corano e <strong>Cotrebbia</strong> stessa, o altra<br />

località <strong>di</strong>stante non più dì 8 miglia, sino a Piacenza. Come <strong>di</strong> regola, la<br />

cattiva conduzione <strong>da</strong> parte dei massari avrebbe segnato la risoluzione della<br />

locazione.<br />

Giusta quanto accennato più sopra, il monastero trattenne per sè parte<br />

della <strong>possessione</strong>: il pontille tra una casa e la chiesa, la chiesa stessa, il<br />

pozzo limitrofo, una piccola stalla, il torchio, la cascina, la stalla per il suo<br />

bergamino, siti nella corte, nonché alcuni appezzamenti ed e<strong>di</strong>fici esterni: la<br />

pecia detta Iar<strong>di</strong>nus novus, a orto, prato, vigna e giar<strong>di</strong>no, e il vicino bosco;<br />

il Iar<strong>di</strong>nus vetus i filagni cum opiis sulla terra detta Labie; l'appezzamento<br />

pascolivo in località Ramus, affittato; la casa pro pergamino alla Malparla;<br />

i salici sull'appezzamento sito Ad glareas e sulle terre in concessione a due<br />

braccianti dell'ente, le case abitate <strong>da</strong> costoro. A ciò si aggiungevano il<br />

<strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> pesca nella Raganella e i <strong>di</strong>ritti piscan<strong>di</strong> et oxelan<strong>di</strong> in ogni altra<br />

acqua spettante al monastero.<br />

Sul finire del Quattrocento le terre della curia Cotrebie <strong>di</strong> proprietà<br />

benedettina comprendevano dunque la possessio Cotrebie e altri più o meno<br />

vasti appezzamenti in<strong>di</strong>pendenti <strong>da</strong> quest'ultima. Tra XIII e XV secolo i<br />

benedettini avevano utilizzato vari sistemi <strong>di</strong> amministrazione per la terra e<br />

per la giuris<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> loro competenza sul territorio, della quale vantavano<br />

privilegi antichissimi e che continuativamente avevano esercitato. La<br />

colonia parziaria, che nel 1223 aveva interessato la sola corte, era stata<br />

presto sostituita <strong>da</strong>ll'investitura perpetua ai Niquità, vassalli abbaziali, che<br />

appaiono altresì detentori a nome del monastero della giuris<strong>di</strong>zione su tutta<br />

la curia; a questa <strong>da</strong>ta, dunque, l'ente benedettino opta per un contratto tanto<br />

tra<strong>di</strong>zionale per la proprietà ecclesiastica quanto rischioso, che lasciava sì<br />

larghi margini <strong>di</strong> profitto ai concessionari garantendo per contro un canone<br />

costante e certo, ma offriva largo spazio alle usurpazioni, specialmente<br />

quando i beneficiari fossero personaggi dell'alta aristocrazia citta<strong>di</strong>na, dotati<br />

<strong>di</strong> forti poteri politici ed economici. E quando tra 1261 e 1276 i vassi del<br />

cenobio rinunciano all'investitura perpetua, rinuncia giustificata <strong>da</strong>lle<br />

pessime con<strong>di</strong>zioni in cui versa la <strong>possessione</strong>, siamo nel dubbio se valutare<br />

positivamente o negativamente tale contingenza, che lasciava la proprietà<br />

scoperta ponendo i presupposti per un <strong>di</strong>fficile affitto, ma liberava il<br />

monastero <strong>da</strong>lla minacciosa presenza dei Niquità. Quando cento anni dopo,<br />

in anni sempre <strong>di</strong>fficili per la proprietà, interviene nella gestione della corte<br />

e della curia l'affittuario-interme<strong>di</strong>ario, i benedettini sembrano ancora<br />

operare una scelta rischiosa, optando per l'affitto novennale rinnovabile,<br />

che, come tutti i contratti ad longum tempus, minava alle ra<strong>di</strong>ci il dominio<br />

17


eminente del proprietario 66 . Ma il de Pessola non risulta personaggio<br />

minaccioso, e il nostro caso, come già s'è detto, non prevedeva un intervento<br />

<strong>di</strong> miglioria così ingente <strong>da</strong> impe<strong>di</strong>rne il rimborso <strong>da</strong> parte dell'ente<br />

ecclesiastico; e se rinnovo ci fu, questo non significò la per<strong>di</strong>ta della<br />

proprietà, che nel 1476 fu concessa ad massaricium ai massari dei<br />

benedettini.<br />

La scarsità della documentazione ci impe<strong>di</strong>sce dì conoscere quali e<br />

quanti interventi migliorativi, nelle strutture e<strong>di</strong>lizie come nelle terre, siano<br />

stati apportati alla corte, che comunque appare assai più attrezzata rispetto<br />

alla sommaria descrizione offerta <strong>da</strong>lle rinunce dei Niquità. Certo è che la<br />

locazione sembra offrire una corte ben strutturata e funzionante, provvista <strong>di</strong><br />

servizi, nè si prevedono iniziative che possano far supporre il cattivo stato<br />

del fondo, o quanto meno la necessità <strong>di</strong> miglioramenti. D'altro canto è<br />

altresì vero che non sappiamo se le potenzialità della corte fossero<br />

pienamente sfruttate, anche se depone a favore <strong>di</strong> una risposta ottimistica in<br />

tal senso l'assoluta mancanza <strong>di</strong> terreni incolti, gerbi<strong>di</strong> o sal<strong>di</strong>vi. Non<br />

ignoriamo peraltro la criticità delle con<strong>di</strong>zioni economiche e sociali <strong>di</strong><br />

Piacenza e del suo contado al volgere del XV secolo, quando si<br />

manifestarono nel modo più virulento gli effetti della crisi demografica del<br />

secolo precedente e degli avvenimenti politici che l'avevano coinvolta;<br />

<strong>di</strong>ssesto politico, economico, sociale che ne avrebbe caratterizzato la storia<br />

sino alla metà del secolo 67 . Tra i più colpiti furono proprio gli enti<br />

ecclesiastici, che agli inizi del Quattrocento all'autorità pubblica<br />

lamentavano, tramite il vicario vescovile, l'impossibilità <strong>di</strong> riscuotere i<br />

fitti 68 . Già precedentemente vessati <strong>da</strong>lla fiscalità viscontea, che nel 1372<br />

impose loro la tassazione, e <strong>da</strong>ll'applicazione <strong>di</strong> una normativa che<br />

prevedeva la prescrizione dei <strong>di</strong>ritti del dominio <strong>di</strong>retto dopo quarant'anni <strong>di</strong><br />

insolvenza dei concessionari <strong>di</strong> beni immobili 69 , gli enti ecclesiastici<br />

piacentini vivevano anni <strong>di</strong>fficili. La generale decadenza dei monasteri<br />

maschili sembra toccare i più importanti cenobi citta<strong>di</strong>ni, in profon<strong>da</strong> crisi<br />

religiosa oltreché economica 70 . Il monastero <strong>di</strong> San <strong>Sisto</strong> non sembra<br />

navigare in acque migliori; pur senza ignorare che le lamentazioni <strong>da</strong> parte<br />

66 Sull'uso del contratto <strong>da</strong> parte della chiesa in età tardo me<strong>di</strong>evale e rinascimentale cfr. G.<br />

Chittolini, Un problema aperto: la crisi della proprietà ecclesiastica tra Quattrocento e<br />

Cinquecento, in «Rivista Storica Italiana», LXXXV, 1973, pp. 353-393.<br />

67 D. Andreozzi, La crisi del Ducato <strong>di</strong> Milano e i suoi riflessi nel Piacentino fino<br />

all'ascesa <strong>di</strong> Filippo Maria Visconti, in Storia <strong>di</strong> Piacenza, vol. III, pp. 96 ss.<br />

68 Andreozzi, La crisi, p. 97.<br />

69 Castignoli, Dal governo <strong>di</strong> Azzone all'ascesa al potere <strong>di</strong> Gian Galeazzo (1336-1385), in<br />

Storia <strong>di</strong> Piacenza, vol. III, pp. 59; Id., Gian Galeazzo Duca <strong>di</strong> Milano e il suo progetto <strong>di</strong><br />

unificazione e vita religiosa, ibid., pp. 79-80.<br />

70 D. Ponzini, Organizzazione ecclesiastica e vita religiosa, ibid., p. 319. Le con<strong>di</strong>zioni<br />

possono definirsi «quasi fallimentari» per tutte le proprietà ecclesiastiche nell'Italia<br />

Settentrionale; per la bibliografia cfr. A. Stella, La proprietà ecclesiastica nella Repubblica<br />

<strong>di</strong> Venezia <strong>da</strong>l secolo XV al XVII, in «Nuova Rivista Storica», LII, 1958, pp. 57 ss.<br />

18


degli enti ecclesiastici furono in ogni età motivo ricorrente, dobbiamo<br />

osservare come sovente nei contratti rogati tra gli anni Settanta e Novanta<br />

del XIV secolo l'abate e il capitolo deplorino la situazione <strong>di</strong> in<strong>di</strong>genza in<br />

cui versa l'abbazia, devastata e inabitabile, carente <strong>di</strong> qualsiasi riserva in<br />

denaro che possa permetterne la riparazione 71 . Ma capita anche <strong>di</strong> dover<br />

biasimare il mallum regimen dell'abate in carica, come nel caso<br />

dell'abbaziato <strong>di</strong> Francesco Terronus, che <strong>di</strong>lapidò il patrimonio dell'ente al<br />

punto che vix aliquid remanserit ad comedendum 72 .<br />

Nonostante tutto, e con estrema cautela suggerita <strong>da</strong> una documentazione<br />

che già più volte ho denunciato lacunosa, è però possibile avanzare l'ipotesi<br />

che la proprietà trebbiense <strong>di</strong> San <strong>Sisto</strong> paia sfuggire - o almeno resistere -<br />

sino a questo momento al più <strong>da</strong>nnoso esito della crisi che tra XIV e XV<br />

secolo investì la proprietà ecclesiastica, e che appunto spesso si concluse<br />

con la per<strong>di</strong>ta definitiva dei beni fon<strong>di</strong>ari. Non va <strong>di</strong>menticato infatti che nel<br />

1425 l'abbazia passò alla Congregazione <strong>di</strong> Santa Giustina 73 , e quanto il<br />

movimento congregazionalista significò in termini <strong>di</strong> ristrutturazione e<br />

rior<strong>di</strong>namento per la chiesa regolare 74 . Ma non è neppur certo che il<br />

monastero sapesse e potesse amministrare le sue terre secondo i nuovi criteri<br />

imposti <strong>da</strong>i ra<strong>di</strong>cali mutamenti che si venivano definendo nell'economia<br />

agraria. Certamente l'aver affrancato l'antica curtis <strong>da</strong>l letale legame della<br />

concessione perpetua (e soprattutto <strong>da</strong>l legame contrattuale con i potenti),<br />

consoli<strong>da</strong>ndo i <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong> piena proprietà che essa minava alle ra<strong>di</strong>ci, e<br />

l'introduzione del contratto a breve termine sembrano testimoniare la<br />

volontà e la capacità dell'ente benedettino <strong>di</strong> salvaguar<strong>da</strong>re il proprio<br />

patrimonio fon<strong>di</strong>ario. Ne fanno fede acquisti e permute perfezionate a<br />

favore del monastero sino agli ultimi decenni del XV secolo, come la<br />

continuità dell'esercizio dei <strong>di</strong>ritti d'acqua e <strong>di</strong> pascolo. Parallelamente negli<br />

stessi anni nelle terre, anch'esse trebbiensi, <strong>di</strong> Gossolengo l'abbazia<br />

ricostruiva, o meglio ristrutturava ed ampliava il suo patrimonio agrario.<br />

Non <strong>di</strong>versamente essa continuava a <strong>di</strong>fendere e a godere dei <strong>di</strong>ritti relativi<br />

alle acque <strong>di</strong> Po, Trebbia e Fodesta, ancora garanti allora <strong>di</strong> sicuri<br />

proventi 75 .<br />

In attesa <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> che ricostruiscano gestione e struttura della <strong>possessione</strong><br />

tra Cinque e Seicento, tali <strong>da</strong> permettere una visione più ampia, se non<br />

71<br />

ASPr, Conventi e confraternite, LXX, cass. J, f. 1, n. 88, 1375 ottobre 3 Piacenza; cass.<br />

V, n. 30, 1379 giugno 8 Piacenza.<br />

72<br />

ASPr, Conventi e confraternite, LXX, cass. J, f. 1, n. 98, 1390 aprile 25 Piacenza.<br />

73<br />

Campi, Dell'historia, III, p. 199. Il Campi addebita la necessità della riforma del cenobio<br />

non tanto alla precaria situazione economica, quanto alla decadenza spirituale.<br />

74<br />

Alla congregazione <strong>di</strong> Santa Giustina <strong>da</strong> Padova, che <strong>da</strong>l 1504 ebbe il nome <strong>di</strong> cassinese,<br />

appartennero molti monasteri della pianura pa<strong>da</strong>na, come San Benedetto <strong>di</strong> Polirone, San<br />

Giovanni Evangelista <strong>di</strong> Parma, San Colombano <strong>di</strong> Bobbio e molti altri. Sulla benefica<br />

influenza della Congregazione nei confronti dei monasteri benedettini veneti cfr. Stella, La<br />

proprietà ecclesiastica, pp. 55-56.<br />

75<br />

Sull'argomento cfr. Zaninoni, Ponti, gua<strong>di</strong>, porti.<br />

19


esaustiva, dell'amministrazione abbaziale, dobbiamo solo rilevare che essa,<br />

risultando ancora la maggiore tra quelle sansistine sparse nel territorio, alla<br />

metà circa del XVII secolo raggiungeva le 5.400 pertiche <strong>di</strong> terra (mq<br />

4.114.854), ancora sud<strong>di</strong>vise, secondo la tra<strong>di</strong>zione, in coltivi, prati e viti 76 ,<br />

peraltro corrosi <strong>da</strong>l Po, gioia e dolore delle genti rivierasche e dei monaci<br />

benedettini, che se non ne ignoravano lo sfruttamento neppur sapevano<br />

arginarne la perio<strong>di</strong>ca violenza.<br />

76 T. Leccisotti, Patrimoni agricoli <strong>di</strong> monasteri cassinesi nella pianura pa<strong>da</strong>na alla metà<br />

del '600, in «Rivista <strong>di</strong> storia dell'agricoltura», XII, 1972, pp. 638-642.<br />

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