Il caso Catania - Fondazione Nesi
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segreti del clan. <strong>Il</strong> suo pentimento ne avrebbe svelato struttura e<br />
connessioni, messo gli inquirenti sulle tracce dei suoi capitali,<br />
smascherato referenti non sospetti, gettato nel fango funzionari<br />
che favori avessero fatto alla cosca, o favori ne avessero<br />
ricevuto. Coi Laudani, ce l'aveva : ne era stato abbandonato,<br />
“dopo tutto quello che egli aveva fatto per loro”; e anche<br />
imprecava contro un certo bastardo di giudice di Roma, esoso<br />
fornitore, per non meno che centinaia di milioni di lire, di<br />
soffiate circa imminenze di arresti. Solo i capi del clan sapevano<br />
che cosa egli sapesse e potevano fare previsioni circa ciò che<br />
avrebbe detto.<br />
L'eliminazione di lui, necessaria al clan, giovava a molti, affrancandoli<br />
per sempre dalla sua offensiva, ma nello stesso tempo<br />
assoggettava ad un servaggio nuovo e spietato quanti di costoro<br />
fossero uomini delle Istituzioni, chiamati come tali a perseguirne<br />
l'autore.<br />
Perseguito e convinto, il mandante poteva reagire asserendo<br />
d'aver commesso anche per loro il delitto che si voleva punire in<br />
lui solo; e già con questo egli li avrebbe sradicati dalla vita civile.<br />
E se egli trovava intollerabile il pagare, soltanto lui, per un<br />
delitto che era giovato anche a loro, chi poteva proteggerli da altre<br />
sue reazioni, anche fisicamente distruttive? La tremenda potenza<br />
della quale egli era armato poteva suggerire prudenza oltre<br />
che in quella specifica area di inchiesta, nella ricerca dei suoi capitali<br />
e nel perseguire i suoi referenti più qualificati.<br />
CAPITOLO V : Volontà di non sapere e rivincita della verità<br />
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