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Poste italiane spa - spedizione in a. p. d.l. 353/03 (conv. l. 46/04) art. 1 comma 1, ne/Vr anno 18 | numero 36 | 12 settembre 2012 | 2,00<br />

settimanale diretto da luigi amicone<br />

Il vero potere<br />

delle donne<br />

Gloria Pelizzo e altre custodi del mondo<br />

comune. Altro che quote rosa


IL PROFETA GESUITA<br />

Il cardinale di Ancien Régime per cui la<br />

Chiesa era «indietro di duecento anni»<br />

Aveva un gran bel portamento. E non amava schermirsi agli occhi della bella gente.<br />

Carlo Maria Martini è salito in Paradiso tra gli onori e <strong>il</strong> saluto beatificante<br />

dei giornali di establishment. Con un d<strong>il</strong>uvio di salamelecchi. Senza nemmeno<br />

un chiaroscuro. Come nemmeno a Madre Teresa di Calcutta capitò. Era un “profeta”.<br />

Dicono. E perciò nessuno ha voluto ricordare un’attitudine, così tipica del clericalismo<br />

e del “cardinale del dialogo”, secondo la quale lo Spirito soffia dove vuole,<br />

ma se non soffia dove vuole colui che evoca la libertà dello Spirito, lo Spirito non soffia.<br />

Nella sua ultima intervista, quella resa al confratello gesuita Georg Sporsch<strong>il</strong>l e<br />

che «voleva fosse inserita nel testamento», sembra avesse completamente rovesciato<br />

quell’attitudine. E si fosse arreso al riconoscimento di «liberare la brace dalla cenere»<br />

– metafora cucita su una chiesa giudicata «stanca» – cioè al bisogno di «uomini che ardono<br />

in modo che lo Spirito possa diffondersi ovunque». Sapeva amministrare con cura<br />

<strong>il</strong> proprio ruolo e patrimonio di dissenziente ecclesiastico. Ed era perfetto, nei tempi<br />

e nei modi mediatici, nel far sentire la propria voce dissonante rispetto alla lezione<br />

petrina. Non condivideva <strong>il</strong> punto di vista di Giovanni Paolo II in materia “eticamente<br />

sensib<strong>il</strong>e” (dalla morale sessuale al fine vita ha sempre cordialmente dissentito dalla<br />

lezione della Chiesa cattolica, come ha testè<br />

ricordato <strong>il</strong> cardinale Ruini alla Corradi su<br />

Avvenire). E si fece in quattro per tentare di<br />

convincere Benedetto XVI a deporre <strong>il</strong> tema<br />

dei cosiddetti “valori non negoziab<strong>il</strong>i”. In realtà<br />

Martini era un gran negoziatore. Più incline,<br />

per temperamento e inquietudine interiore,<br />

a rappresentare i dubbi della “zona<br />

EDITORIALI<br />

Non è stato infatti un Vescovo<br />

aristocratico, influente sulla politica<br />

del Sovrano, tenutario di una parola<br />

e di un’autorità che hanno pesato<br />

anche più di quella di un Principe?<br />

grigia” e i sofismi della doxa, l’opinione corrente, ben formata sui giornali di establishment,<br />

che ad affermare certe verità impopolari in faccia al potere.<br />

Adorato dai suoi seminaristi, all’epoca in cui i seminari diocesani lombardi si<br />

svuotavano, non trovò che i movimenti fossero nelle sue corde spirituali. In generale,<br />

non ebbe fam<strong>il</strong>iarità con spiritualità che non promanassero dal suo stesso carisma.<br />

Che, ha scritto bene Alberto Melloni, si riassumeva in quell’auspicio reiterato di<br />

un Conc<strong>il</strong>io Vaticano III: Martini voleva <strong>il</strong> “collegialismo” e, sebbene non risulti abbia<br />

mai messo formalmente in discussione <strong>il</strong> primato di Pietro, voleva “modernizzare” la<br />

Chiesa anche attraverso la sua “democratizzazione”. Che poi tale spinta “modernizzatrice”<br />

coincidesse di fatto con <strong>il</strong> depotenziamento dell’idea di “Cristo Re” e, quindi<br />

del Papa Vicario del Re dei Re, e la diminutio di Pietro a primus inter pares, secondo<br />

una versione di “collegialismo” molto pericolosamente vicina all’idea di “conc<strong>il</strong>iarismo”<br />

– superiorità del collegio dei vescovi e cardinali sul Papa, affermazione già discussa<br />

ed espunta dalla dottrina cattolica fin dal Conc<strong>il</strong>io di Bas<strong>il</strong>ea, Ferrara e Firenze<br />

del 1431 – ciò sembra non abbia intaccato minimamente le convinzioni del creatore<br />

di cattedre “dei non credenti” e scuole “della Parola”.<br />

Biblista sofisticato, Martini è stato tuttavia un pensatore poco originale. D’altra<br />

parte, come ci rivelò un suo <strong>il</strong>lustre confratello, <strong>il</strong> gesuita Ignace de la Potterie, a Martini<br />

è mancata la preparazione f<strong>il</strong>osofica. Quanto ai suoi metodi di conduzione del<br />

popolo di Dio, si possono non condividere i toni di Antonio Socci, ma è un fatto che<br />

Martini è stato protagonista dell’unico caso postconc<strong>il</strong>iare (la “Rosa bianca” di Lazzati<br />

e curia di M<strong>il</strong>ano versus Il Sabato) di istruzione di un processo ecclesiastico contro<br />

due giornalisti o, come lo chiama Socci, di «deferimento di laici cattolici all’Inquisizione<br />

per semplici tesi storiografiche». In effetti, contrariamente a quello che i giornali<br />

di establishment hanno scritto di lui e indipendentemente dalle sue idee molto<br />

conformi al mainstream, la stessa persona che nella sua ultima intervista ha accusato<br />

la Chiesa di essere «rimasta indietro di duecento anni» ha incarnato plasticamente<br />

quell’accusa. Non è stato infatti Martini un chierico di Ancien Régime, Vescovo aristocratico,<br />

influente sulla politica del Sovrano e, sia nell’ambito dell’amministrazione<br />

dei beni ecclesiastici, sia in quelli mondani, tenutario di una parola e di<br />

un’autorità che hanno pesato anche più di quella di un Principe?<br />

FOGLIETTO<br />

L’arena di Teheran.<br />

Il ritorno dei paesi non<br />

allineati, la propaganda<br />

iraniana, l’inquietante<br />

s<strong>il</strong>enzio di Usa e Nato<br />

Il 30 agosto si è tenuto a Teheran<br />

<strong>il</strong> vertice dei paesi non allineati a<br />

cui ha partecipato anche <strong>il</strong> segretario<br />

dell’Onu Ban Ki Moon nonostante<br />

la contrarietà di Washington. Nell’occasione<br />

gli iraniani non hanno rinunciato<br />

né a reclamare i piani per <strong>il</strong> nucleare<br />

né a parlare di distruzione di Israele.<br />

Certo, l’egiziano Mohamed Morsi<br />

attaccando – per conto dei sauditi – la<br />

Siria ha aperto una contraddizione al<br />

regime degli ayatollah: ma la possib<strong>il</strong>ità<br />

di un compromesso “islamico” tra<br />

arabi e persiani è scritta nella storia e<br />

le conseguenze sarebbero immediate<br />

per tutto l’Occidente. Alla fine si tratta<br />

di sperare nell’influenza degli islamici<br />

moderati turchi che apra un qualche<br />

spazio alla democratizzazione più o<br />

meno avviata nel Nord Africa. Comunque<br />

questa situazione desta molta<br />

preoccupazione, e così la debolezza<br />

della leadership americana, <strong>il</strong> semiegemonismo<br />

mascherato di Pechino,<br />

l’affermarsi della mentalità bottegaia di<br />

Berlino, l’affanno di Parigi. E Roma? Le<br />

regole della politica insegnano che una<br />

nazione commissariata non è in grado<br />

di esprimere una posizione in campo<br />

internazionale. Persino a Washington<br />

iniziano a rendersi di conto di ciò e di<br />

certi errori nella destab<strong>il</strong>izzazione del<br />

nostro paese nelle epoche più recenti.<br />

Ps. Sono onorato dalle parole care che<br />

mi rivolge Antonio Simone. Conosco<br />

<strong>il</strong> feroce commento di Georges<br />

Clemenceau su chi a una certa età si<br />

lascia andare in pubblico:<br />

«Ah se potessi pisciare<br />

come lui piange».<br />

Nonostante questa<br />

osservazione non priva<br />

di un cinico buon<br />

senso, sono orgoglioso<br />

di essermi<br />

commosso.<br />

Lodovico Festa<br />

| | 12 settembre 2012 | 3


Poste italiane spa - spedizione in a. p. d.l. 353/03 (conv. l. 46/04) art. 1 comma 1, ne/Vr anno 18 | numero 36 | 12 settembre 2012 | 2,00<br />

La vita in trincea del<br />

chirurgo pediatrico Gloria<br />

Pelizzo e di altre donne come<br />

lei. Capaci di vere rivoluzioni<br />

16<br />

interni professione spy-doctor<br />

Autentiche<br />

falsità<br />

te in nome della giustizia o pubblicate in<br />

nome della verità? «Quando potremo raccontare<br />

la verità non la ricorderemo più»,<br />

predica Marco Travaglio dando voce a tutti<br />

i colleghi auto-investitesi del ruolo di<br />

sacerdoti del vero in nome del mantra<br />

«noi-facciamo-solo-i-giornalisti» e «raccontiamo-solo-i-fatti».<br />

Il giornalismo della verità<br />

contro <strong>il</strong> giornalismo del potere?<br />

«Avendo io detto che l’aborto è un’omicidio,<br />

non ho alcun problema che qualcu-<br />

Le intercettazioni delle telefonate di napolitano. no mi rimproveri, in senso laico e non confessionale,<br />

sul tema della verità. Anzi, lo<br />

Verità, trasparenza, indipendenza, giustizia.<br />

sfido». Il direttore del Foglio, Giuliano Fer-<br />

Gli slogan fac<strong>il</strong>i del giornalismo manettaro.<br />

rara, non si tira indietro: «Parliamone, ma<br />

facciamolo nel merito. Nel caso della trat-<br />

ferrara, polito, ostellino e Vian ne mostrano<br />

tativa Stato-mafia c’è un’ampollosa d<strong>il</strong>ata-<br />

i limiti, le insincerità, le bugie e i pericoli<br />

zione di una leggenda nera per cui normali,<br />

e dunque riservati e dunque necessaria-<br />

Gli inquirenti che le hanno autorizzate e mente indiretti e dunque necessariamen-<br />

di Ubaldo Casotto<br />

ascoltate ma (pare) non trascritte, dicono te sospettab<strong>il</strong>i, movimenti di un corpo<br />

lettori, o forse i giornalisti, sono in cri- che non hanno r<strong>il</strong>ievo penale e che sono repressivo che si chiama Stato nei confronsi<br />

da astinenza: da troppi mesi non si ininfluenti ai fini dell’indagine (quella sulti di un altro corpo criminale che si chia-<br />

I pubblicano intercettazioni di peso. le presunta trattativa tra Stato e mafia), ma anti-Stato, in nome di un controllo di<br />

Ce ne sono sul mercato di eccellenti, quel- non aiutano cioè a capire se come e per- legalità imbizzarrito e formalistico e che<br />

le tra <strong>il</strong> Capo dello Stato e un ex ministro ché quella trattativa ci sia stata. Ora, quel- ha un sfondo nettamente politico, sono<br />

«<strong>il</strong> giornalismo cosiddetto indipendente è <strong>il</strong> le spalle responsab<strong>il</strong>ità sto-<br />

veicolo di una esasperazione dei compromessi. riche notevoli, ma dipingere<br />

Napolitano e Maca-<br />

Chi si presenta sempre in una posizione<br />

luso come subdoli e atti-<br />

di contro-potere vive una bugia di fondo» vi agenti di una copertura<br />

della trattativa Stato-mafia<br />

non è possib<strong>il</strong>e, ci si spinge oltre i limiti<br />

del risib<strong>il</strong>e».<br />

Sotto, <strong>il</strong> vicedirettore del Fatto<br />

Citare le sentenze è un argomento di<br />

Quotidiano Marco travaglio,<br />

<strong>il</strong> leader dell’idv Antonio Di Pietro una certa presa, anche se, fa notare Anto-<br />

e quello del Movimento 5 Stelle nio Polito, editorialista del Corriere della<br />

Beppe Gr<strong>il</strong>lo. in basso, <strong>il</strong> presidente Sera, «una sentenza definitiva sull’assas-<br />

della repubblica Giorgio napolitano sinio di Borsellino ha preso per buono <strong>il</strong><br />

pentimento di Scarantino e sappiamo che<br />

non è vero. Non si può ricostruire la storia<br />

di un paese con le disposizioni di un tribunale,<br />

oltretutto in un paese in cui gli errori<br />

giudiziari non mancano». Secondo Polito<br />

«in questione c’è qualcosa di più profondo<br />

della semplice lotta politica nei confronti<br />

di Napolitano, che si può spiegare anche<br />

con <strong>il</strong> fatto che, perso Berlusconi, c’è chi<br />

ha bisogno come <strong>il</strong> pane di un nemico».<br />

In questione, dice l’ex direttore del Riformista,<br />

«oltre al ruolo dell’informazione c’è<br />

<strong>il</strong> progetto ambizioso di una democrazia<br />

diretta, non rappresentativa e totalmente<br />

“trasparente”, Gr<strong>il</strong>lo lo dice chiaro».<br />

Il buco della serratura<br />

Cosa c’è di male nel desiderio di trasparenza?<br />

«Nulla e tutto – risponde Polito –. È<br />

un concetto fondamentale in democrazia.<br />

La casa del potere deve essere trasparente,<br />

bisogna poterci guardare dentro. Ma con<br />

ti surreali: chi ha arrestato Riina va sotto<br />

che strumenti e da che punto di vista? Io<br />

processo, le classi dirigenti dello Stato che<br />

ho fatto l’esempio del grande fratello con<br />

hanno contribuito a distruggere la cupola<br />

<strong>il</strong> telecomando in mano alle procure. Inter-<br />

mafiosa arrestando centinaia di boss, colcettiamo<br />

tutti quelli che se lo meritano, e<br />

pendo i loro patrimoni e poi prendendo<br />

poi c’è qualcuno che decide se ci sono com-<br />

anche Provenzano vengono indicati come<br />

portamenti amorali o immorali da denun-<br />

i complici dell’assassinio di Borsellino che<br />

ciare portandoli all’attenzione dell’opinio-<br />

presuntivamente sapeva della trattativa ed<br />

ne pubblica. La domanda è: chi mette in<br />

era contrario. Naturalmente <strong>il</strong> tutto è sta-<br />

onda? Chi apre <strong>il</strong> microfono? Chi accende<br />

to la grande preparazione dell’avvento di<br />

la luce?». Polito fa un esempio per assur-<br />

Berlusconi al governo. Siccome questa è<br />

do: «Bertolaso ha protestato: perché ave-<br />

propaganda e ricerca di una piattaforma<br />

te dato ai giornali soltanto una parte del-<br />

per la carriera di magistrati spregiudicati,<br />

le mie intercettazioni e non quelle nelle<br />

io non mi faccio mettere l’anello al naso,<br />

quali faccio bella figura? Se volete giudi-<br />

e questo è <strong>il</strong> presupposto della ricerca delcare<br />

non i miei reati, ma la mia dignità,<br />

la verità, e chiedo a Travaglio: come mai lo<br />

serietà e probità trasmettete tutta la mia<br />

Stato che trattava con la mafia ha demoli-<br />

vita... Questa trasparenza, per essere corto<br />

la mafia? Non ha saputo rispondere. Ha<br />

retta, non dovrebbe essere selezionata, tan-<br />

detto: io non ho una mia risposta, le proto<br />

meno dai magistrati, cui viene delegato<br />

cure dicono che Riina forse è stato conse-<br />

“<strong>il</strong> controllo di legalità”, che spetta invece<br />

gnato da Provenzano, che è stato poi arre-<br />

agli elettori. È un atteggiamento pericolostato<br />

quindici anni dopo solo perché era<br />

so perché modifica l’equ<strong>il</strong>ibrio dei poteri,<br />

vecchio e malato… È una risposta? La veri-<br />

dà al giudiziario ciò che non gli compete».<br />

tà e la logica hanno una stretta correlazio-<br />

Ma c’è di peggio del grande fratello<br />

ne, cercare la verità è fare domande logi-<br />

con telecomando in mano alle procure e<br />

che sui processi che riguardano la realtà<br />

ai loro referenti giornalistici (al riguardo<br />

Ferrara fa notare <strong>il</strong> cortocircuito per cui<br />

dell’Interno, ex vicepresidente del Csm. le registrazioni ininfluenti vanno distrut- stati trasformati in “trattativa”. Con esi-<br />

e sui fatti. Noi ex comunisti portiamo sul-<br />

16 | 12 settembre 2012 | |<br />

| | 12 settembre 2012 | 17<br />

30<br />

ESTERI AVEVAMO UN ALLEATO<br />

Quando ci<br />

siamo persi<br />

l’Albania<br />

Prima che i comunisti ne cancellassero la storia,<br />

la sua identità cristiana ed europea si è sempre<br />

Il comunismo albanese di Enver Hoxha<br />

salvata nel rapporto con l’Occidente. E nella<br />

(a destra nella foto sotto, con Nikita<br />

Krusciov, 1959) nel suo totalitarismo<br />

resistenza all’invasore ottomano. Com’è che<br />

ateo mostrava di unire in sé l’eredità<br />

del dispotismo ottomano con la<br />

l’abbiamo svenduta alla Conferenza islamica?<br />

“barbarie bolscevica” di stampo<br />

leninista. Non a caso <strong>il</strong> regime si accanì<br />

L’AUTORE<br />

specialmente contro la Chiesa cattolica.<br />

di Ardian Ndreca<br />

Tra Tirana e <strong>il</strong> Vaticano<br />

In alto, Sali Berisha, attuale premier,<br />

ex presidente della Repubblica e leader<br />

AlbAniA festeggiA quest’Anno <strong>il</strong> suo Ardian Ndreca è docente di Storia<br />

in carica del Partito democratico<br />

della f<strong>il</strong>osofia moderna presso la<br />

centenario dell’indipendenza<br />

Pontificia Università Urbaniana,<br />

L’ dall’Impero ottomano e questa dove dirige l’Istituto di ricerca<br />

è l’occasione giusta per fare un b<strong>il</strong>ancio della non credenza e delle culture<br />

del percorso plurisecolare del paese delle (Isa). È inoltre editore della rivista<br />

cattolica albanese Hylli i Dritës,<br />

aqu<strong>il</strong>e verso la libertà.<br />

fondata nel 1913 dal poeta nazio-<br />

Nel Quattrocento fu Giorgio Castrionale padre Giorgio Fishta.<br />

ta detto Scanderbeg (1405-1468), a guida- Tra le opere di Ndreca pubblire<br />

per 25 anni la lotta dei principi albanecate in lingua italiana ricordiamo<br />

Mediazione o paradosso?<br />

si contro gli ottomani di Murad II e poi di<br />

Kierkegaard contra Hegel (Bonomi,<br />

Maometto II <strong>il</strong> Conquistatore. La sua fama Pavia 2000), La soggettività in<br />

di condottiero valente e di diplomatico Kierkegaard (UUP 2005), Lessico<br />

ab<strong>il</strong>e varcò i confini dell’Albania e ben di f<strong>il</strong>osofia della storia (UUP 2012).<br />

presto <strong>il</strong> Regno di Napoli lo sostenne energicamente.<br />

Anche la Serenissima gli venmano, ma la resistenza continuò tra le mo documento scritto in albanese è la for-<br />

cescano Francesco Maria da Lecce. Altri pero sulle popolazioni cristiane dei terri- Nel 1703, la Chiesa, allora guidata da<br />

ne in aiuto, rimanendo però cauta affin- montagne impervie dove i suoi connaziomula del battesimo (1462), <strong>il</strong> primo libro<br />

contributi notevoli per la cultura albanese tori della Sublime Porta e più tardi gli esi- Clemente XI, pontefice di origine albaneché<br />

egli non diventasse troppo potennali mantenevano vive la fede, la lingua stampato è <strong>il</strong> Messale (1555) del prete Gio-<br />

li troviamo tra gli esuli che ormai si erano ti della pace di Passarowitz (1718) agevolase, avvertì la necessità di indire un conc<strong>il</strong>io<br />

te da ostacolare gli interessi commercia- e le tradizioni etniche. Mentre l’Europa vanni Buzuku, <strong>il</strong> libro successivo è la Dot-<br />

stab<strong>il</strong>iti nell’Italia meridionale.<br />

rono la sopravvivenza dello spirito nazio- nazionale per rafforzare i fondamenti delli<br />

della Repubblica. Un appoggio pater- usciva dal Medioevo, l’Albania occupata trina cristiana (1618) del sacerdote Pietro<br />

nalistico e aiutarono la preservazione della fede cristiana e per rimediare alle necesno<br />

e incondizionato gli fu dato dai ponte- era condannata a rimanerci fino agli ini- Budi, che nel 1621 organizzerà un’insurre-<br />

La cura della cristianità<br />

la fede cristiana. La strada verso la salvezza sità del popolo cristiano in Albania.<br />

fici che regnarono in quel quarto di secozi del XX secolo.<br />

zione armata contro gli ottomani. Anche<br />

Dal Seicento la Chiesa di Roma, preoccu- passava attraverso la formazione dell’iden- Un elemento molto importante che<br />

lo. Eugenio IV, Niccolò V, Callisto III e Pio Uno dei fattori che svolsero un ruolo <strong>il</strong> primo dizionario latino-albanese (1635)<br />

pata dal terrore crescente e dalla pressiotità nazionale e religiosa degli albanesi e contribuì a fermare l’islamizzazione del<br />

II lo aiutarono sia direttamente con dena- fondamentale nel forgiare l’identità alba- è opera di un sacerdote, Frang Bardhi.<br />

ne delle tasse che l’amministrazione otto- dipendeva dalla loro capacità di mantene- paese fu <strong>il</strong> diritto consuetudinario albaro,<br />

sia cercando si sensib<strong>il</strong>izzare le corti nese fu la Chiesa cattolica. Infatti, <strong>il</strong> pri- Dopo di lui abbiamo <strong>il</strong> Cuneus Prophetamana<br />

esercitava sui cristiani albanesi con re sempre accesa la fiamma della libertà. nese, noto anche come <strong>il</strong> Kanun del prin-<br />

italiane ed europee sull’importanza delrum<br />

(1685) del vescovo Pie-<br />

l’intento di convertirli all’islam, affidò alla<br />

cipe Lek Dukagini III (1459la<br />

difesa di quel baluardo di cristianità I dati che riportano l’islam al 70 per cento tro Bodgani. La prima gram-<br />

Propaganda Fide <strong>il</strong> compito di curare i Nel 2011, su insistenza dell’Europa, si è svolto 1479). Il Kanun, con i suoi<br />

che era l’Albania. Callisto III usò nei suoi<br />

matica della lingua albane-<br />

destini della cristianità in quel lembo lace-<br />

tratti fortemente repub-<br />

confronti gli appellativi “defensor fidei”<br />

della popolazione, seguito da ortodossi e<br />

se (1716) e un dizionario itarato<br />

dei Balcani. L’opera immane della Pro-<br />

un censimento che prevedeva la dichiarazione<br />

blicani di matrice roma-<br />

e “athleta Christi”. Con la morte di Scan- cattolici rispettivamente al 20 e al 10 per liano-albanese (1702) sono<br />

AP/LaPresse<br />

paganda Fide in Albania, gli effetti del Kul- della propria fede. La r<strong>il</strong>evazione, compiuta da na, ebbe un influsso deterderbeg<br />

<strong>il</strong> paese cadde sotto <strong>il</strong> giogo otto- cento, risalgono alla fine degli anni Trenta opera del missionario fran-<br />

Foto:<br />

tusprotektorat esercitato da parte dell’Im- un’agenzia governativa, non è ancora pubblica minante nella vita della<br />

30 | 12 settembre 2012 | |<br />

| | 12 settembre 2012 | 31<br />

34<br />

ROSSOPORPORA<br />

Choc di civ<strong>il</strong>tà?<br />

No, grazie<br />

Si battono per la libertà dei credenti contro<br />

ghiera nazionale per la festa dell’Assunsi<br />

batte con energia contro quell’aspet- da talune parti se n’è arguita una palese ney, a testimoniare, più che un intento di<br />

zione, hanno voluto scuotere la cosciento<br />

liberticida della nuova legge sanitaria preferenza della Chiesa statunitense per schierarsi, la volontà di essere ascoltato e<br />

i soprusi del potere. Difendono la legge<br />

za dei fedeli (e non solo), mentre in Italia<br />

obamiana che obbligherà dal primo ago- una vittoria repubblicana alle presiden- ascoltare senza mediazioni i protagonisti<br />

naturale dal far west dei diritti. Dall’America<br />

le parole della presidenza della Conferensto<br />

del 2013 anche gli enti di ispirazioziali. Il che potrà anche corrispondere a della politica statunitense.<br />

za episcopale a difesa di vita e famiglia<br />

ne religiosa a pagare ai dipendenti i costi verità in questo momento (considerata in<br />

all’Europa s’avanza un fronte cardinalizio che<br />

risuonano inequivocab<strong>il</strong>i.<br />

dei contraccettivi e dell’aborto, senza aggiunta l’“ammirazione” del porporato GIOCO DURO IN SCOZIA. Intanto in<br />

non si arrende alla deriva sociale zapateriana<br />

poter far valere <strong>il</strong> diritto all’obiezione di per <strong>il</strong> candidato repubblicano a vicepresi- Scozia prosegue la sua battaglia anche<br />

TRA MITT E BARACK. È oggi <strong>il</strong> cardina-<br />

coscienza. Tra le ultime mosse in materia, dente Paul Ryan); in ogni caso <strong>il</strong> cardina- <strong>il</strong> cardinale Keith O’Brien (vedi gli ult<strong>il</strong>e<br />

Timothy Dolan a rappresentare davan-<br />

oltre alla presentazione da parte di molte le ha fatto sapere di aver accettato pure mi “Rossoporpora”). Da una parte <strong>il</strong> 19<br />

ta allo stravolgimento dei cardini della ti all’opinione pubblica <strong>il</strong> “movimenti-<br />

istituzioni non solo cattoliche di decine l’invito per la preghiera alla Convention agosto ha comunicato la sospensione di<br />

di Giuseppe Rusconi<br />

legge naturale (e non certo solo cattolismo” di buona parte del cattolicesimo a<br />

di ricorsi contro tale legge, anche la mes- democratica di Charlotte, North Caroli- ogni dialogo ufficiale con <strong>il</strong> primo mini-<br />

n Occidente <strong>il</strong> mOndO cattOlicO è alle ca) in materia di vita e di famiglia. La rea- stelle e strisce. L’arcivescovo di New York<br />

sa in atto di una strategia presenzialista na, in programma <strong>il</strong> 6 settembre. Non stro scozzese Alex Salmond, capo di un<br />

prese con frequenza crescente con zione delle gerarchie cattoliche naziona- non pretende evidentemente di dettare le<br />

di tutto r<strong>il</strong>ievo: <strong>il</strong> 30 agosto <strong>il</strong> cardinale solo: per <strong>il</strong> 18 ottobre ha invitato alla tra- governo che a luglio aveva approvato<br />

I uno Stato che in non pochi casi li appare, come abbiamo già registrato regole della convivenza civ<strong>il</strong>e, ma chiede<br />

Dolan, ha guidato la preghiera conclusidizionale cena di beneficenza della Fon- un progetto di legge per la legalizzazio-<br />

ormai tende a perseguire un modello di nelle ultime edizioni di “Rossoporpora”, prima di tutto che la voce della Chiesa sia<br />

va della Convention repubblicana di Tamdazione Al Smith sia Obama che Romne entro <strong>il</strong> 2015 delle “unioni omoses-<br />

laicità “negativa” (ovvero noncurante dei assai variegata. Se ad esempio nell’ambito ascoltata e rispettata in un paese che nel<br />

pa in Florida. Una presenza questa che<br />

suali”. Dall’altra, insieme<br />

rapporti con la religione, da ritenersi fat- germanofono si levano voci cardinalizie libero esercizio della religione trova uno<br />

ha sollevato polemiche anche in campo Timothy Dolan ha invitato all’annuale cena con la Conferenza episcoto<br />

privato e di nessuna r<strong>il</strong>evanza socia- piuttosto conc<strong>il</strong>ianti, in quello anglofono dei propri princìpi fondativi, conferma-<br />

cattolico, pur se non è certo una novità<br />

pale scozzese, ha promosle).<br />

Sempre più tale tipo di Stato, appel- prevalgono <strong>il</strong> “sì sì, no no” e l’attivismo to anche in tempi recenti con <strong>il</strong> Religious<br />

nell’ambito di tali kermesse (già nel 1948 di beneficenza della Fondazione Al Smith so <strong>il</strong> 25 agosto una “domelandosi<br />

all’“autonomia del giudizio” indi- sociale a tutto campo. In Francia le gerar- Freedom Restoration Act del 1993. È per<br />

<strong>il</strong> cardinale di F<strong>il</strong>adelfia Dennis Dougher- sia Obama che Romney: vuole parlare senza nica nazionale per <strong>il</strong> matrividuale<br />

e con un ritmo accelerato, punchie, con la reintroduzione della pre- questo che <strong>il</strong> sessantaduenne porporato<br />

ty pregò nelle Convention di quell’anno): mediazioni con i big della politica statunitense monio”, accompagnando<br />

34 | 12 settembre 2012 | |<br />

| | 12 settembre 2012 | 35<br />

SOCIETÀ <strong>il</strong> prezzo di un sì<br />

È<br />

SOMMARIO<br />

40<br />

settimanale diretto da luigi amicone<br />

Il vero potere<br />

delle donne<br />

Gloria Pelizzo e altre custodi del mondo<br />

comune. Altro che quote rosa<br />

40<br />

Gloria<br />

Pelizzo<br />

opera feti affetti da spina bifida, usa la robotica coi<br />

lattanti, mette i carcerati al servizio dei bambini. donna,<br />

madre e pioniera della professione. parla <strong>il</strong> direttore<br />

di chirurgia pediatrica del san Matteo di pavia<br />

La dottoressa che ha sconvolto la sua vita<br />

per rivoluzionare la medicina moderna<br />

alta, bionda, di una classe riservata. Il<br />

ta<strong>il</strong>leur rosa e gli orecchini di perle<br />

stonano con i lividi sugli avambracci,<br />

«dovevo portare a tutti i costi <strong>il</strong> comodino<br />

in camera di mia figlia. Siamo a<br />

Pavia da due anni e volevo che finalmente<br />

ne avesse uno suo. Era una promessa».<br />

A parlare è Gloria Pelizzo, l’unico chirurgo<br />

a fare alcuni interventi in Italia. Che<br />

combatte per rivoluzionare <strong>il</strong> concetto di<br />

chirurgia pediatrica, che insegna diversamente<br />

da come vuole la medicina moderna,<br />

che mette insieme carcerati e neonati<br />

e che «mangio, pulisco casa, vado al cinema<br />

allo stesso modo in cui opero. Vivo<br />

ogni giornata come fosse l’ultima». Così<br />

lei fa ogni cosa. «Perché nella vita bisogna<br />

rispondere. Tutto è fatto per essere incontrato<br />

e valorizzato da noi. Anche quando<br />

non capiamo».<br />

bini. Fino a battezzarli e a chiamarci per<br />

fare da testimoni in sala operatoria prima<br />

dell’intervento chirurgico». Poi Pelizzo<br />

vola in Francia. E a Lione incontra quello<br />

che resterà <strong>il</strong> suo mentore. «Mi chiedeva:<br />

“Cosa mi dice di questo paziente?”.<br />

E io: “È affetto da...”. E Lui: “Ma lei lo ha<br />

sentito?”. Io: “Sì lo ho auscultato”. “No! –<br />

si infuriava – lei lo deve prendere su di sé<br />

per sentirlo e quando lui si abbandona<br />

allora siete in sintonia totale e così può<br />

procedere”. L’immagine di quell’uomo<br />

che ascoltava i bambini tenendoli in braccio<br />

mi ha scavato dentro. Oggi cerco di<br />

insegnare questo ai miei collaboratori e<br />

agli studenti». Ma poi Pelizzo vola all’estero<br />

per approfondire gli studi e ci rimane<br />

fino a quando, appena trentacinquenne,<br />

viene nominata primario responsab<strong>il</strong>e<br />

del dipartimento delle urgenze chirurgi-<br />

foto: Ap/Lapresse<br />

Foto: AP/LaPresse<br />

Impegnato in prima linea<br />

contro la riforma di Obama che<br />

impone anche agli enti cattolici<br />

di pagare ai dipendenti polizze<br />

sanitarie comprensive di aborto<br />

e contraccettivi, <strong>il</strong> capo della<br />

Conferenza episcopale Usa<br />

Timothy Dolan ha accettato<br />

l’invito alla preghiera conclusiva<br />

di entrambe le convention<br />

repubblicana e democratica in<br />

vista delle elezioni presidenziali<br />

La forza della donna che ha operache<br />

e dei trapianti pediatrici nell’ospedato<br />

bambini affetti da spina bifida quan- In queste pagine, Gloria Pelizzo, direttore di le universitario di Lione: «Il mio maestro<br />

do erano ancora in grembo, tra i pochi Chirurgia Pediatrica al San Matteo di Pavia venne da me felicissimo: “Vado in pensio-<br />

ad effettuare alcuni interventi di chirurne<br />

in pace”, mi disse. Il giorno dopo fatti<br />

gia robotica su lattanti e bambini di basso ta. Un susseguirsi di chiamate di cui non legati alla mia vita privata mi convinsero<br />

peso, è sicuramente nella particolare pre- ho ancora capito pienamente <strong>il</strong> senso». però a rientrare in Italia».<br />

disposizione fisica aiutata da un tempera- Pelizzo nasce e cresce in Friuli, quan- Così la donna dopo un anno a Trenmento<br />

tenace. Ma a sentire parlare <strong>il</strong> chido decide di andare a studiare medicito ne passa un altro all’Ospedale di Ferrurgo<br />

trapela una vulnerab<strong>il</strong>ità che semna a Ferrara, dove incontra chi le fa capirara e successivamente sei presso l’ospebra<br />

fare a pugni con l’eccezionalità del re che nelle cose che accadono c’è più di dale pediatrico di Trieste. Presto altre dif-<br />

suo vissuto. «Non ho fatto nulla se non quanto sembra. «Era <strong>il</strong> mio primo maeficoltà inducono Pelizzo a lasciare <strong>il</strong> suo<br />

dire di sì. La mia vita si costruisce su contistro, un chirurgo di religione ortodossa lavoro e a cercarne uno che le conceda<br />

nue risposte e cedimenti a quello che capi- che si coinvolgeva totalmente con i bam- più tempo libero. «Andai da un respon-<br />

40 | 12 settembre 2012 | |<br />

| | 12 settembre 2012 | 41<br />

Carlo Maria Martini. L’uomo e <strong>il</strong> pastore<br />

«La morte mi spaventa, ma mi rendo conto che è l’unica<br />

possib<strong>il</strong>ità di abbandonarsi nelle mani del Padre». L’um<strong>il</strong>tà<br />

e i tormenti del cardinale che sognava un terzo Conc<strong>il</strong>io<br />

Giancarlo Giojelli, Benedetta Frigerio ................................................................................................................................6<br />

INTERNI<br />

Disinformazione. Tra omelie e sacerdoti di carta<br />

Ferrara, Polito, Ostellino e Vian su giornalismo e verità<br />

Ubaldo Casotto ........................................................................................................................................................................................................16<br />

Scuola. Il girone degli aspiranti professori<br />

Foschi (Diesse) invoca una riforma coraggiosa ................................20<br />

Tagli. Lucera piange <strong>il</strong> suo Tribunale .................................................................24<br />

ESTERI<br />

Albania. Avevamo un alleato<br />

Il crollo dello Stato nel 1997, la vocazione totalitaria di<br />

Sali Berisha, la partecipazione alla Conferenza islamica.<br />

Così abbiamo perso un paese che ha sempre lottato<br />

per la sua identità cristiana ed europea contro l’invasore<br />

Ardian Ndreca ..........................................................................................................................................................................................................30<br />

ROSSOPORPORA<br />

Chiesa. In guerra contro la deriva laicista<br />

Dal movimentismo di Timothy Dolan al gioco duro di<br />

Keith O’Brien, dalla preghiera di André Vingt-Trois al<br />

decreto sul martirio in odium fidei di Angelo Amato,<br />

s’avanza <strong>il</strong> fronte cardinalizio della legge naturale<br />

Giuseppe Rusconi ..............................................................................................................................................................................................34<br />

SOCIETà<br />

Foto: AP/LaPresse<br />

L’UOMO E IL PASTORE<br />

Carlo Maria<br />

Martini<br />

Quel giorno, quei giorni, tra la vita e l’eterno.<br />

Le confidenze personalissime di un’anima<br />

inquieta ma capace di grandi gesti di bontà<br />

e um<strong>il</strong>tà. «La morte mi spaventa, ma mi rendo<br />

conto che è l’unica possib<strong>il</strong>ità di abbandonarsi<br />

completamente al Padre, nelle Sue mani»<br />

| | 12 settembre 2012 | 7<br />

Copertina. Donne che salvano <strong>il</strong> mondo<br />

Dal San Matteo di Pavia, ai centri squassati dal sisma,<br />

all’Egitto dei Fratelli Musulmani. Storie di Gloria Pelizzo,<br />

delle imprenditrici di Em<strong>il</strong>iAMO e di Marianne Malak<br />

Benedetta Frigerio, Linda Stroppa, Rodolfo Casadei .............................................40<br />

LA SETTIMANA<br />

Foglietto<br />

Lodovico Festa ...................................3<br />

Non sono d’accordo<br />

Oscar Giannino ..............................15<br />

Boris Godunov<br />

Renato Farina .................................29<br />

Le nuove lettere di<br />

Berlicche ....................................................39<br />

Mamma Oca<br />

Annalena Valenti ....................55<br />

Post Apocalypto<br />

Aldo Trento .........................................58<br />

Sport über alles<br />

Fred Perri ................................................60<br />

Cartolina dal Paradiso<br />

Pippo Corigliano .......................63<br />

Diario<br />

Marina Corradi ............................66<br />

RUBRICHE<br />

L’Italia che lavora .....................52<br />

Green Estate ........................................54<br />

Mob<strong>il</strong>ità 2000 ..................................57<br />

Lettere al direttore ...............60<br />

Taz&Bao .....................................................64<br />

Reg. del Trib. di M<strong>il</strong>ano n. 332 dell’11/6/1994<br />

settimanale di cronaca, giudizio,<br />

libera circolazione di idee<br />

Anno 18 – N. 36 dal 6 al 12 settembre 2012<br />

DIRETTORE RESPONSABILE:<br />

LUIGI AMICONE<br />

REDAZIONE: Emanuele Boffi, Laura Borselli,<br />

Mariapia Bruno, Rodolfo Casadei (inviato<br />

speciale), Benedetta Frigerio, Massimo<br />

Giardina, Caterina Giojelli, Daniele Guarneri,<br />

Elisabetta Longo, Pietro Piccinini, Chiara<br />

Rizzo, Chiara Sirianni<br />

SEGRETERIA DI REDAZIONE:<br />

Elisabetta Iuliano<br />

DIRETTORE EDITORIALE: Samuele Sanvito<br />

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L’UOMO E IL PASTORE<br />

Carlo Maria<br />

Martini<br />

Quel giorno, quei giorni, tra la vita e l’eterno.<br />

Le confidenze personalissime di un’anima<br />

inquieta ma capace di grandi gesti di bontà<br />

e um<strong>il</strong>tà. «La morte mi spaventa, ma mi rendo<br />

conto che è l’unica possib<strong>il</strong>ità di abbandonarsi<br />

completamente al Padre, nelle Sue mani»<br />

| | 12 settembre 2012 | 7


di Giancarlo Giojelli<br />

Il sole entrava tracciando lunghi raggi<br />

di luce sul pavimento a losanghe del<br />

grande istituto dei gesuiti a Gallarate,<br />

dove da tempo viveva <strong>il</strong> cardinal Carlo<br />

Maria Martini, padre Martini come voleva<br />

essere chiamato da quando aveva lasciato<br />

la cattedra di arcivescovo di M<strong>il</strong>ano. Il Parkinson<br />

non aveva ancora leso del tutto la<br />

capacità di parlare (di lì a poco gli avrebbe<br />

tolto quella Parola che per lui era stato<br />

<strong>il</strong> grande metodo di incontro e di comunicazione<br />

con le persone e con <strong>il</strong> Mistero).<br />

C’eravamo incontrati molte altre volte,<br />

ma quel giorno gli avevo chiesto un<br />

coloquio per parlare di qualcosa di molto<br />

intimo, personale, personalissimo: di<br />

quel momento che, lo sapevamo bene tutti<br />

e due, ben presto avrebbe avvolto la sua<br />

vita. Dovevamo parlare della Morte.<br />

8 | 12 settembre 2012 | |<br />

«Mi trovo a riflettere – aveva detto –<br />

nel contesto di una morte imminente». La<br />

voce era un sussurro, gli occhi più azzurri<br />

e penetranti guardavano seguendo attenti<br />

l’interlocutore. Ora qualcuno scrive delle<br />

sue “aperture” alla morte assistita, ma<br />

ricordo bene, e l’ho registrato, che in quel<br />

colloquio era stato ben chiaro, padre Martini,<br />

nel porre dei punti fermi: «Tanti problemi<br />

si pongono perché la medicina ha<br />

avuto uno sv<strong>il</strong>uppo tecnologico immenso:<br />

può far quasi tutto, la gente pensa che<br />

possa far miracoli. Quindi ci si ritrova di<br />

fronte a una nuova coscienza del malato<br />

e della morte. Ma ci sono dei punti fermi.<br />

In questo coloquio parliamo di qualcosa di<br />

intimo, personale: di quel momento che, lo<br />

sapevamo bene tutti e due, presto avrebbe<br />

avvolto la sua vita. Parliamo della Morte<br />

C’è un punto fermo che riguarda naturalmente<br />

la dignità della vita fisica e la sua<br />

primarietà. Però nel cristianesimo non<br />

c’è solo questo, perché la vera dignità che<br />

<strong>il</strong> cristiano intravede nella persona è la<br />

sua dignità eterna, è <strong>il</strong> suo essere chiamato<br />

alla Comunione con Dio, perciò Gesù<br />

nel Vangelo dice: “Non abbiate paura di<br />

quelli che uccidono <strong>il</strong> corpo ma di quelli<br />

che possono mandare corpo e anima<br />

all’Inferno”. E poi del resto <strong>il</strong> martirio è<br />

proprio questo, non badare alla propria<br />

vita fisica quando c’è in gioco un valore<br />

superiore. Tenendo fermo questo, la vita<br />

fisica ha comunque un valore grande e<br />

quindi va difesa e promos-<br />

sa in tutti i modi. Certo un<br />

tempo era più fac<strong>il</strong>e distinguere<br />

i mezzi ordinari e i<br />

mezzi straordinari, perché<br />

la teologia ha sempre detto


Foto: AP/LaPresse<br />

che uno è obbligato ad assumere i mezzi<br />

ordinari mentre di fronte a quelli straordinari<br />

può tirarsi indietro. Insomma,<br />

bisogna difendere la vita, pensandola<br />

però in relazione alla vita eterna».<br />

La possib<strong>il</strong>ità di una scelta totale<br />

Il colloquio si era fatto più personale, più<br />

diffic<strong>il</strong>e forse per me che per lui portarlo<br />

a parlare esplicitamente della morte,<br />

dell’istante dove si incrociano la domanda<br />

ultima e l’estrema possib<strong>il</strong>ità di una<br />

scelta totale: «Chi non ha una speranza<br />

cristiana, se soffre molto, penso che si<br />

ponga la domanda sul valore di questa<br />

esistenza, l’ho visto più volte». Cioè, gli<br />

avevo chiesto, <strong>il</strong> grido a Dio viene prima<br />

della risposta e della dottrina? «Si, questo<br />

sì! E la domanda e la preghiera, “se ci sei<br />

mostrati”, viene già prima». Poi <strong>il</strong> vecchio<br />

cardinale aveva raccontato di un mala-<br />

Lunedì 3 settembre si sono<br />

svolti nel duomo di M<strong>il</strong>ano<br />

i funerali del cardinale Carlo<br />

Maria Martini, già<br />

arcivescovo della città di<br />

Ambrogio dal 1980 al 2002.<br />

Le esequie sono state<br />

celebrate dall’arcivescovo<br />

Angelo Scola. Alla Messa<br />

hanno partecipato numerosi<br />

esponenti della vita politica<br />

e civ<strong>il</strong>e del nostro paese<br />

to terminale, delle sue atroci sofferenze,<br />

dei suoi ultimi momenti, del dolore<br />

di chi gli stava accanto e gli voleva bene.<br />

Parlò soppesando le parole, parole sulle<br />

quali mi chiese di essere discreto e riservato.<br />

Mi autorizzò a riportare solo l’ultima<br />

parte del discorso, quando aveva parlato<br />

di sé stesso.<br />

Gli avevo chiesto: lei dice «sono in lista<br />

di attesa». Aveva avuto un sobbalzo: «Vorrà<br />

dire: in lista di chiamata!». La domanda<br />

successiva era stata spontanea come<br />

immediata era stata la risposta. Essere<br />

sacerdote, vescovo, aiuta o siamo tutti<br />

sulla stessa barca? «Ci si trova senza capa-<br />

In un’altra intervista mi disse: «La Pasqua<br />

è un fatto, la Resurrezione è un fatto.<br />

Un evento che dà significato a tutto.<br />

Dobbiamo guardare al fatto, all’Evento»<br />

L’UOMO E IL PASTORE PRIMALINEA<br />

cità». Lo aveva ripetuto due volte: «Senza<br />

capacità. Nudi e crudi di fronte alla morte.<br />

Così si trova ciascuno e non si possono<br />

invocare azioni passate. E debbo dire che<br />

<strong>il</strong> pensiero della morte un po’ mi spaventa.<br />

Sì, mi spaventa perché lo vedo come<br />

un passaggio oscuro… Poco fa ho assistito<br />

un confratello che stava molto, molto<br />

male. Soffriva, non riusciva a respirare.<br />

Questo sì, mi spaventa. Però mi dà speranza<br />

la certezza che c’è una Resurrezione,<br />

che c’è una vita promessa, ma questo<br />

non toglie la paura».<br />

Il rimprovero al Signore<br />

Ricordo che tanti anni prima, durante<br />

un’intervista televisiva nel giorno di<br />

Pasqua, <strong>il</strong> Cardinale aveva parlato della<br />

Resurrezione e alle mie domande aveva<br />

risposto con grande fermezza: «La Pasqua<br />

è un fatto, la Resurrezione è un fatto. Un<br />

evento che dà significato a tutto. Dobbiamo<br />

guardare al fatto, all’Evento». (Parole,<br />

ricordo, che fecero sobbalzare di gioia<br />

don Luigi Giussani). Ma in quel momento,<br />

nell’imminenza dell’appello della<br />

lista di chiamata, per usare la sua espressione,<br />

<strong>il</strong> cardinal Martini aveva voluto<br />

parlare ancor più a fondo<br />

di sé, fino a una confidenza<br />

personalissima: «Io ho spesso<br />

rimproverato al Signore<br />

questo in passato – aveva<br />

sussurrato –. Gli dice-<br />

| | 12 settembre 2012 | 9


Foto: AP/LaPresse<br />

vo: perché Tu che sei morto hai lasciato<br />

a noi la necessità di morire? Potevi<br />

morire Tu e poi dire: “Basta, passiamo<br />

tutti sul Ponte d’oro verso…”. Ma poi ho<br />

capito. Ho capito che se non fosse così<br />

non avrei mai l’occasione di fare un atto<br />

di completo abbandono a Dio. Perché in<br />

tutte le altre forme di fiducia c’è sempre<br />

una uscita di sicurezza. Invece qui non<br />

c’è e si può solo abbandonarsi completamente<br />

al Padre, nelle Sue mani, e credere<br />

nella Resurrezione di Gesù. La morte<br />

ci obbliga a fidarci totalmente di Dio.<br />

Desideriamo essere con Gesù e questo<br />

DON GEROLAMO CASTIGLIONI<br />

I tormenti<br />

di un vescovo<br />

un uomo inquieto. La sua<br />

ricerca mossa dal dubbio lo<br />

«Era<br />

portava in certi momenti sulla<br />

vertigine di un precipizio. Credo che,<br />

alla fine, abbia sofferto molto anche per<br />

questo». Così don Gerolamo Castiglioni (in<br />

alto con Martini), assistente ecclesiastico<br />

della Fraternità di Comunione e Liberazione<br />

in diocesi di M<strong>il</strong>ano dal 1985 al 2000,<br />

ricorda <strong>il</strong> cardinale Carlo Maria Martini,<br />

con cui «ho collaborato per vent’anni e<br />

con cui ho avuto 23 udienze private». Mentre<br />

apre la porta dell’ufficio a <strong>Tempi</strong> Casti-<br />

nostro desiderio lo esprimiamo a occhi<br />

chiusi, alla cieca, mettendoci totalmente<br />

nelle sue mani».<br />

Ora ricordo un’altra giornata trascorsa<br />

con lui, una visita al carcere di San Vittore.<br />

Avrei voluto avere <strong>il</strong> tempo di portargli<br />

le lettere di Antonio Simone, magari<br />

soprattutto quella in cui aiuta un altro<br />

detenuto a scrivere alla sua ragazza, e<br />

ne vengono fuori tre righe: «Scusa, sono<br />

un pirla, ti amo». Mi è sembrata, sia pur<br />

nella crudezza dell’aggettivo, una formula<br />

straordinaria di confessione: “Scusa”,<br />

la richiesta di una grande Misericor-<br />

«La sua ricerca mossa dal dubbio lo portava<br />

sull’orlo di un precipizio». Parla <strong>il</strong> sacerdote che<br />

per quindici anni fu assistente di Cl in diocesi<br />

di Benedetta Frigerio<br />

glioni incontra sulla soglia uno straniero<br />

con la mano aperta. Gli mette in mano<br />

i pochi euro che ha in tasca: «Il cardinal<br />

Martini ai poveri li dava sempre».<br />

Oltre che di questo aspetto, tutti i media<br />

hanno parlato del cardinale Carlo<br />

Maria Martini come del portavoce di<br />

nuove istanze nella Chiesa. Una strumentalizzazione?<br />

Disse che nella Bibbia non c’era un divieto<br />

al sacerdozio femmin<strong>il</strong>e e Repubblica titolò:<br />

“Martini apre al sacerdozio femmin<strong>il</strong>e”. Per<br />

questo auspicava un Conc<strong>il</strong>io Vaticano III<br />

L’UOMO E IL PASTORE PRIMALINEA<br />

dia; “sono un pirla”, la consapevolezza<br />

del proprio essere nulla; “ti amo”, <strong>il</strong> riconoscimento<br />

di un grande Amore, di un<br />

affetto che dà consistenza alla vita. Chissà<br />

come avrebbe reagito padre Martini. Non<br />

c’è stato <strong>il</strong> tempo. Resta invece la memoria<br />

di quell’ultima giornata e del suo saluto,<br />

forse un po’ profetico. Si era alzato a<br />

fatica mormorando: «Quel ponte d’oro…<br />

Il diffic<strong>il</strong>e è avviarsi, poi si va!».<br />

E lo avevo visto incamminarsi nel lungo<br />

corridoio dove dalle finestre <strong>il</strong> sole<br />

d’autunno lanciava grandi chiazze di<br />

luce sul pavimento. n<br />

Quello che lo faceva pensare di più<br />

erano i problemi posti dalla modernità,<br />

voleva che fossero discussi dalla Chiesa.<br />

Il suo riferimento era la Bibbia, che conosceva<br />

a memoria. Ricordo, ad esempio,<br />

quando disse che nella Bibbia non c’era<br />

un divieto esplicito al sacerdozio femmin<strong>il</strong>e<br />

e che quindi se ne poteva parlare.<br />

Repubblica titolò: “Martini apre al sacerdozio<br />

femmin<strong>il</strong>e”. Ovvio che veniva strumentalizzato.<br />

Gli dissi che la stampa di<br />

sinistra gli dava ragione su tutto. Lui, che<br />

aveva un’ironia non indifferente, rispose:<br />

«Ah sì, don Gerolamo? Non mi ero accorto…».<br />

Voleva che la Chiesa discutesse di<br />

certi problemi e pensava non lo facesse<br />

per evitare lo scontro. Per questo auspicava<br />

un Conc<strong>il</strong>io Vaticano III. La risposta da<br />

Roma fu chiara: bisognava riprendere in<br />

mano <strong>il</strong> catechismo. Lui dichiarò che era<br />

troppo voluminoso. Aveva ragione. Così<br />

fu fatto un compendio, come a ricordare<br />

che la verità si rivela in due modi da tenere<br />

sempre insieme: la Bibbia non può essere<br />

interpretata contrariamente al magistero.<br />

Detto questo, quando leggo gli ultimi<br />

scritti a sua firma non mi sembrano<br />

tutta farina del suo sacco.<br />

Il magistero è considerato dalla Chiesa<br />

verità rivelata da Cristo tramite di essa.<br />

Perché allora tanti dubbi?<br />

Per Martini la parola di Dio era centrale.<br />

In questo senso ha avuto <strong>il</strong> grande<br />

merito di insistere sulla conoscenza della<br />

Bibbia, che molti cristiani non leggono<br />

più. Mi ricordo che diceva che bisognava<br />

essere come Maria, e non agitarsi<br />

come Marta. Bisognava contemplare Cristo<br />

e mettere in pratica i dieci comandamenti.<br />

Questo richiamo è sacrosanto,<br />

ma deve sempre avere come riferimento<br />

<strong>il</strong> magistero e la persona<br />

vivente di Cristo, nuova origine<br />

dell’etica. Altrimenti<br />

ci si perde, interpretando o<br />

riducendo <strong>il</strong> cristianesimo<br />

a uno sforzo umano.<br />

| | 12 settembre 2012 | 11


Al centro dei discorsi del cardinale Martini<br />

c’era la “parola”.<br />

Il suo metodo era la sequela alla parola<br />

di Cristo da declinare nella vita personale.<br />

Don Luigi Giussani parlava dell’avvenimento<br />

di Dio fatto uomo, presente<br />

nel segno della vita comunionale che<br />

genera una presenza missionaria. Il cardinale<br />

era colpito da questa continua sottolineatura.<br />

Nonostante ciò in quegli anni di collaborazione<br />

non sono mancate polemiche.<br />

Sarebbe falso dire che si è arrivati<br />

a un’unità visib<strong>il</strong>e. Ma tutti siamo stati<br />

accolti dal cardinale. Il coordinamento<br />

fra le varie realtà ecclesiali non era però<br />

direttamente gestito dal cardinal Martini.<br />

Ascoltava i nostri interventi, ma purtroppo<br />

i lavori procedevano senza di lui.<br />

Spesso valorizzava chi indicava come<br />

unico punto d’unione <strong>il</strong> battesimo, ossia<br />

l’appartenenza a Cristo nella Chiesa. Ma<br />

quando se ne andava lui si finiva spesso<br />

per porre l’accento sul fare: si pensava<br />

di unire i movimenti e le associazioni<br />

partendo dal proporre iniziative comuni,<br />

anziché educare al riconoscimento<br />

dell’unico punto reale di unità, che<br />

è <strong>il</strong> battesimo appunto. Per questo motivo,<br />

nonostante l’obbedienza al vescovo,<br />

a volte si faceva fatica a<br />

incontrarsi e ci si concentrava<br />

più sulle differenze<br />

che sull’origine comune<br />

che tiene unito tutto <strong>il</strong><br />

popolo cristiano.<br />

12 | 12 settembre 2012 | |<br />

Molti sostengono che Martini non stimasse<br />

don Luigi Giussani.<br />

Non è così. Ricordo quando disse a<br />

un raduno di suore che don Giussani era<br />

un santo. O quando contro <strong>il</strong> rischio della<br />

solitudine dei preti citava realtà come<br />

lo Studium Christi, un gruppo di sacerdoti<br />

del movimento a cui lui fece anche<br />

visita. Stimava l’esperienza dei Memores<br />

Domini. Insomma, non lo sentii mai criticare<br />

don Giussani, anche se non capiva<br />

certe opere o le comunità d’ambiente.<br />

Ne vedeva i rischi. Come quello di un’assenza<br />

di contemplazione di Cristo nelle<br />

comunità o come l’ignoranza delle scritture.<br />

Ma, senza negare gli errori che ogni<br />

cristiano fa, spesso si preoccupava anche<br />

perché gli sbagli venivano davanti a lui<br />

amplificati se non travisati.<br />

Erano rischi reali?<br />

Questi ci sono sempre: <strong>il</strong> cardinale ci<br />

ricordava che se nell’amicizia cristiana<br />

non si prega insieme, non si riconosce<br />

Cristo presente e non si segue l’autorità,<br />

questa diventa una compagnia mondana.<br />

Il rischio opposto è di un Cristo senza<br />

Chiesa. Anche don Luigi Giussani sapeva<br />

di questi pericoli opposti su cui vig<strong>il</strong>ava<br />

richiamandoli insieme.<br />

Il cardinale aveva una grande tensione<br />

«Martini disse che don Giussani era un<br />

santo. Contro <strong>il</strong> rischio della solitudine dei<br />

preti citava realtà come lo Studium Christi.<br />

Stimava l’esperienza dei Memores Domini»<br />

LA LETTERA AL CORRIERE DELLA SERA<br />

Il dolore di Carrón per la<br />

inadeguata collaborazione<br />

Don Julián Carrón, sacerdote spagnolo, è dal<br />

2005 <strong>il</strong> successore di don Luigi Giussani alla<br />

presidenza della Fraternità di Comunione e Liberazione.<br />

In una lettera al Corriere della Sera,<br />

pubblicata a pagina 5 lo scorso 4 settembre, <strong>il</strong><br />

giorno dopo i funerali di Carlo Maria Martini,<br />

don Carrón (nella foto) ha espresso «rincrescimento»<br />

e «dolore» per una certa mancata<br />

collaborazione del movimento di Cl con l’ex<br />

vescovo di M<strong>il</strong>ano e cardinale. «Ci rincresce e ci<br />

addolora – ha scritto al Corriere don Carrón –<br />

se non abbiamo trovato<br />

sempre <strong>il</strong> modo più adeguato<br />

di collaborare alla<br />

sua ardua missione e se<br />

possiamo aver dato pretesto<br />

per interpretazioni<br />

equivoche del nostro<br />

rapporto con lui, a cominciare<br />

da me stesso».<br />

alla pace. Per questo ha sempre ricercato<br />

<strong>il</strong> dialogo ecumenico. Spesso, però,<br />

si sente dire che pur di dialogare con<br />

tutte le altre religioni rinunciava a parlare<br />

di Cristo.<br />

Non è così. Solo che, anche giustamente,<br />

non ne parlava subito: cominciava<br />

valorizzando i vari tentativi fatti<br />

da ogni religione per trovare un punto<br />

di incontro, infine introduceva l’ipotesi<br />

della rivelazione. Ma non ne sottolineava<br />

troppo la pretesa. Ossia <strong>il</strong> fatto<br />

che Cristo ha detto: io sono la risposta,<br />

«io sono la via, la verità e la vita». Questo<br />

perché <strong>il</strong> suo dialogo, più che la missione,<br />

aveva come fine la concordia. Motivo<br />

per cui spesso è passato <strong>il</strong> messaggio che<br />

tutte le religioni sono uguali. Mentre la<br />

Chiesa indica <strong>il</strong> dialogo come strumento<br />

dell’annuncio cristiano.<br />

Il cardinale Martini ha sempre avuto a<br />

cuore gli ultimi.<br />

Lui, di temperamento timido e dalla<br />

fama di intellettuale poco paterno,<br />

era capace di gesti totali nei confronti<br />

dei bisognosi. Spesso andava da qualche<br />

famiglia povera a mangiare. Alla<br />

fine puliva i piatti e lasciava una busta<br />

per pagare la cena. Lo faceva di nascosto,<br />

senza vantarsene. Non riuscì mai a farne<br />

a meno, nonostante i tanti impegni<br />

di un vescovo. Come tormentato dal non<br />

riuscire a fare abbastanza per i più poveri.<br />

Anche questo faceva parte di quell’inquietudine<br />

che lo caratterizzava e a cui<br />

cercava sempre una risposta. n<br />

Foto: AP/LaPresse


Foto: AP/LaPresse<br />

fermare <strong>il</strong> DeClino<br />

Una Macroregione Nord perché<br />

rinasca dal basso uno Stato sussidiario<br />

di oscar Giannino<br />

Cari lettori di tempi, mi auguro<br />

che la Macroregione Nord di<br />

cui si è iniziato a parlare nelle<br />

ultime settimane sia un tema destinato<br />

a prendere sempre più corpo<br />

nel dibattito pubblico. Di qui a<br />

fine mese saranno i presidenti di<br />

Lombardia, Veneto, Piemonte, e<br />

Friuli a discuterne pubblicamente.<br />

Ma bisogna nutrire la speranza che<br />

l’invito venga accettato anche dai<br />

presidenti di Liguria ed Em<strong>il</strong>ia Romagna.<br />

Non è questione di divisio-<br />

non Sono<br />

D’aCCorDo<br />

ne tra giunte del vecchio centrodestra e del vecchio centrosinistra.<br />

Vederla così significherebbe non cogliere <strong>il</strong><br />

vero dato di fondo. E cioè che la proposta configura insieme<br />

sia l’occasione sia la necessità di trarre una sorta<br />

di b<strong>il</strong>ancio di 18 anni alle nostre spalle, sul tema del<br />

federalismo, della sussidiarietà e dei rapporti tra Stato<br />

centrale e autonomie. So che in un prossimo numero<br />

di <strong>Tempi</strong> sarà approfondito proprio<br />

questo tema, quindi io qui mi limito<br />

solo ad anticipare alcune considerazioni.<br />

A mio giudizio, la Macroregione<br />

ha in sé la possib<strong>il</strong>ità di offrire tre<br />

chances concomitanti.<br />

È ovvio che sul b<strong>il</strong>ancio dei 18<br />

anni amministratori e cittadini tenderanno<br />

a dividersi a seconda della<br />

collocazione che ciascuno ha avuto<br />

rispetto a come <strong>il</strong> federalismo è stato<br />

affrontato nel mutamento del Titolo<br />

Quinto della Costituzione, nei<br />

provvedimenti di governo dedicati<br />

al tema, come nel concreto comportamento tenuto poi<br />

dai governi e dallo Stato centrale. La materia è disomogenea,<br />

visto che l’impegno programmatico che era prioritario<br />

per la Lega si è scontrato con annacquamenti nei<br />

testi alla ricerca di consensi troppo ampi – ad esempio<br />

per i costi standard sanitari –, e dall’altra parte lo Stato<br />

centrale con le sue manovre di rientro della finanza<br />

pubblica ha sempre finito per imporre una visione ferreamente<br />

centralista. Il primo punto dunque potrebbe<br />

rapidamente deludere se i partiti ripetessero <strong>il</strong> vecchio<br />

copione. Cosa del tutto diversa è se la Lega inizia a svi-<br />

Può essere un orizzonte nuovo vero, su cui<br />

confrontare e mob<strong>il</strong>itare <strong>il</strong> meglio delle esperienze<br />

del mondo accademico, della rappresentanza<br />

d’impresa, della società civ<strong>il</strong>e. Da replicare al Sud<br />

l’oBieTTore<br />

luppare concretamente la linea che Bobo Maroni per primo<br />

ha proposto all’assunzione della sua leadership. E<br />

cioè prendere atto che la lunga collaborazione Bossi-Berlusconi<br />

è di fatto finita col tramonto inglorioso dei due<br />

leader, e che occorre ricentrare le priorità mettendo la<br />

concretezza della questione Nord avanti, rispetto ai vecchi<br />

slogan secessionisti che hanno avuto un esito oggettivamente<br />

cattivo e contrario.<br />

La seconda questione è quella centrale. Non si tratta<br />

di considerare la Macroregione Nord come un’idea<br />

“prendere o lasciare”, ma come un cantiere aperto. La<br />

sua essenziale importanza è quella di cogliere e r<strong>il</strong>anciare<br />

l’importanza rivestita ai fini nazionali dall’assecondamento<br />

invece che dall’ostacolo delle vocazioni produttive,<br />

di export, di innovazione e valore aggiunto che si<br />

annidano nel Nord italiano. Quanto più gli amministratori<br />

attuali sapranno articolare questo nuovo orizzonte<br />

aprendolo alle lezioni, alle sofferenze e alle passioni che<br />

ribollono nel tessuto d’impresa e nella società del Nord<br />

tanto duramente colpiti dalla crisi, ma insieme capaci<br />

di una straordinaria tenuta, tanto più la proposta, i suoi<br />

meccanismi partecipativi per definirne le caratteristiche<br />

prima ancora di farla divenire una compiuta proposta,<br />

potrebbero rappresentare la vera risposta alla stereotipata<br />

rappresentazione delle vane lamentele di Regioni e<br />

Comuni del Nord a ogni manovra finanziaria. Può essere<br />

un orizzonte nuovo vero, su cui confrontare e mob<strong>il</strong>itare<br />

<strong>il</strong> meglio delle esperienze del mondo accademico, della<br />

rappresentanza d’impresa, della società civ<strong>il</strong>e. Da replicare<br />

al Sud, tale e quale ma con la diversa declinazione<br />

di un’economia da rendere autoportante rispetto ai guasti<br />

decennali rappresentati da trasferimenti pubblici improduttivi,<br />

oltre che assai gravosi.<br />

C’è infine anche un terzo orizzonte. Che riguarda<br />

l’intero mondo della rappresentanza. Quella politica: ed<br />

è evidente che <strong>il</strong> vecchio centrodestra dovrebbe capirlo<br />

per primo, solo se cieco può <strong>il</strong>ludersi che non incasserà<br />

al Nord una sconfitta storica destinata a renderlo comunque<br />

altro e diverso, tra poco. Ma riguarda anche <strong>il</strong><br />

Pd, visto lo zero seguito che quella forza ha riservato negli<br />

ultimi anni a chi come Cacciari e Chiamparino proponeva<br />

una via di rappresentanza nordista. Ma riguarda<br />

poi anche la rappresentanza d’impresa: leggete <strong>il</strong> libro<br />

appena uscito di Antonio Costato (Round Trip, ndr), ex<br />

vicepresidente nazionale di Confindustria, per averne<br />

conferma. Pezzi interi di società civ<strong>il</strong>e sono maturi per<br />

abbracciare una prospettiva di riradicamento territoriale<br />

per dare risposte nazionali che lo Stato attuale non è<br />

più in grado di fare. Lo Stato attuale, inefficiente e predone,<br />

va smontato e ricostruito, rendendolo più snello e<br />

più sussidiario. O questa via la si costruisce dal basso, oppure<br />

l’alternativa è tra <strong>il</strong> default e un lungo e amaro declino.<br />

È uno dei dieci punti del manifesto che abbiamo<br />

lanciato come Fermare <strong>il</strong> Declino, e io ci credo davvero.<br />

| | 12 settembre 2012 | 15


interni<br />

Autentiche<br />

falsità<br />

16 | 12 settembre 2012 | |<br />

professione spy-doctor<br />

Le intercettazioni delle telefonate di napolitano.<br />

Verità, trasparenza, indipendenza, giustizia.<br />

Gli slogan fac<strong>il</strong>i del giornalismo manettaro.<br />

ferrara, polito, ostellino e Vian ne mostrano<br />

i limiti, le insincerità, le bugie e i pericoli<br />

di Ubaldo Casotto<br />

I<br />

lettori,<br />

o forse i giornalisti, sono in crisi<br />

da astinenza: da troppi mesi non si<br />

pubblicano intercettazioni di peso.<br />

Ce ne sono sul mercato di eccellenti, quelle<br />

tra <strong>il</strong> Capo dello Stato e un ex ministro<br />

dell’Interno, ex vicepresidente del Csm.<br />

Gli inquirenti che le hanno autorizzate e<br />

ascoltate ma (pare) non trascritte, dicono<br />

che non hanno r<strong>il</strong>ievo penale e che sono<br />

ininfluenti ai fini dell’indagine (quella sulle<br />

presunta trattativa tra Stato e mafia),<br />

non aiutano cioè a capire se come e perché<br />

quella trattativa ci sia stata. Ora, quelle<br />

registrazioni ininfluenti vanno distrut-<br />

te in nome della giustizia o pubblicate in<br />

nome della verità? «Quando potremo raccontare<br />

la verità non la ricorderemo più»,<br />

predica Marco Travaglio dando voce a tutti<br />

i colleghi auto-investitisi del ruolo di sacerdoti<br />

del vero in nome del mantra «noifacciamo-solo-i-giornalisti»<br />

e «raccontiamosolo-i-fatti».<br />

Il giornalismo della verità contro<br />

<strong>il</strong> giornalismo del potere?<br />

«Avendo io detto che l’aborto è un’omicidio,<br />

non ho alcun problema che qualcuno<br />

mi rimproveri, in senso laico e non confessionale,<br />

sul tema della verità. Anzi, lo<br />

sfido». Il direttore del Foglio, Giuliano Ferrara,<br />

non si tira indietro: «Parliamone, ma<br />

facciamolo nel merito. Nel caso della trattativa<br />

Stato-mafia c’è un’ampollosa d<strong>il</strong>atazione<br />

di una leggenda nera per cui normali,<br />

e dunque riservati e dunque necessariamente<br />

indiretti e dunque necessariamente<br />

sospettab<strong>il</strong>i, movimenti di un corpo<br />

repressivo che si chiama Stato nei confronti<br />

di un altro corpo criminale che si chiama<br />

anti-Stato, in nome di un controllo di<br />

legalità imbizzarrito e formalistico e che<br />

ha un sfondo nettamente politico, sono<br />

stati trasformati in “trattativa”. Con esi


Foto: AP/LaPresse<br />

ti surreali: chi ha arrestato Riina va sotto<br />

processo, le classi dirigenti dello Stato che<br />

hanno contribuito a distruggere la cupola<br />

mafiosa arrestando centinaia di boss, colpendo<br />

i loro patrimoni e poi prendendo<br />

anche Provenzano vengono indicati come<br />

i complici dell’assassinio di Borsellino che<br />

presuntivamente sapeva della trattativa ed<br />

era contrario. Naturalmente <strong>il</strong> tutto è stato<br />

la grande preparazione dell’avvento di<br />

Berlusconi al governo. Siccome questa è<br />

propaganda e ricerca di una piattaforma<br />

per la carriera di magistrati spregiudicati,<br />

io non mi faccio mettere l’anello al naso,<br />

e questo è <strong>il</strong> presupposto della ricerca della<br />

verità, e chiedo a Travaglio: come mai lo<br />

Stato che trattava con la mafia ha demolito<br />

la mafia? Non ha saputo rispondere. Ha<br />

detto: io non ho una mia risposta, le procure<br />

dicono che Riina forse è stato consegnato<br />

da Provenzano, che è stato poi arrestato<br />

quindici anni dopo solo perché era<br />

vecchio e malato… È una risposta? La verità<br />

e la logica hanno una stretta correlazione,<br />

cercare la verità è fare domande logiche<br />

sui processi che riguardano la realtà<br />

e sui fatti. Noi ex comunisti portiamo sul-<br />

«Il giornalismo cosiddetto indipendente è <strong>il</strong><br />

veicolo di una esasperazione dei compromessi.<br />

Chi si presenta sempre in una posizione<br />

di contro-potere vive una bugia di fondo»<br />

Sotto, <strong>il</strong> vicedirettore del Fatto<br />

Quotidiano Marco Travaglio,<br />

<strong>il</strong> leader dell’Idv Antonio Di Pietro<br />

e quello del Movimento 5 Stelle<br />

Beppe Gr<strong>il</strong>lo. In basso, <strong>il</strong> presidente<br />

della Repubblica Giorgio Napolitano<br />

le spalle responsab<strong>il</strong>ità storiche<br />

notevoli, ma dipingere<br />

Napolitano e Macaluso<br />

come subdoli e attivi<br />

agenti di una copertura<br />

della trattativa Stato-mafia<br />

non è possib<strong>il</strong>e, ci si spinge oltre i limiti<br />

del risib<strong>il</strong>e».<br />

Citare le sentenze è un argomento di<br />

una certa presa, anche se, fa notare Antonio<br />

Polito, editorialista del Corriere della<br />

Sera, «una sentenza definitiva sull’assassinio<br />

di Borsellino ha preso per buono <strong>il</strong><br />

pentimento di Scarantino e sappiamo che<br />

non è vero. Non si può ricostruire la storia<br />

di un paese con le disposizioni di un tribunale,<br />

oltretutto in un paese in cui gli errori<br />

giudiziari non mancano». Secondo Polito<br />

«in questione c’è qualcosa di più profondo<br />

della semplice lotta politica nei confronti<br />

di Napolitano, che si può spiegare anche<br />

con <strong>il</strong> fatto che, perso Berlusconi, c’è chi<br />

ha bisogno come <strong>il</strong> pane di un nemico».<br />

In questione, dice l’ex direttore del Riformista,<br />

«oltre al ruolo dell’informazione c’è<br />

<strong>il</strong> progetto ambizioso di una democrazia<br />

diretta, non rappresentativa e totalmente<br />

“trasparente”, Gr<strong>il</strong>lo lo dice chiaro».<br />

Il buco della serratura<br />

Cosa c’è di male nel desiderio di trasparenza?<br />

«Nulla e tutto – risponde Polito –. È<br />

un concetto fondamentale in democrazia.<br />

La casa del potere deve essere trasparente,<br />

bisogna poterci guardare dentro. Ma con<br />

che strumenti e da che punto di vista? Io<br />

ho fatto l’esempio del grande fratello con<br />

<strong>il</strong> telecomando in mano alle procure. Intercettiamo<br />

tutti quelli che se lo meritano, e<br />

poi c’è qualcuno che decide se ci sono comportamenti<br />

amorali o immorali da denunciare<br />

portandoli all’attenzione dell’opinione<br />

pubblica. La domanda è: chi mette in<br />

onda? Chi apre <strong>il</strong> microfono? Chi accende<br />

la luce?». Polito fa un esempio per assurdo:<br />

«Bertolaso ha protestato: perché avete<br />

dato ai giornali soltanto una parte delle<br />

mie intercettazioni e non quelle nelle<br />

quali faccio bella figura? Se volete giudicare<br />

non i miei reati, ma la mia dignità,<br />

serietà e probità trasmettete tutta la mia<br />

vita... Questa trasparenza, per essere corretta,<br />

non dovrebbe essere selezionata, tanto<br />

meno dai magistrati, cui viene delegato<br />

“<strong>il</strong> controllo di legalità”, che spetta invece<br />

agli elettori. È un atteggiamento pericoloso<br />

perché modifica l’equ<strong>il</strong>ibrio dei poteri,<br />

dà al giudiziario ciò che non gli compete».<br />

Ma c’è di peggio del grande fratello<br />

con telecomando in mano alle procure e<br />

ai loro referenti giornalistici (al riguardo<br />

Ferrara fa notare <strong>il</strong> cortocircuito per cui<br />

| | 12 settembre 2012 | 17


interni professione spy-doctor<br />

«ciò che nasce dall’iniziativa di una parte<br />

della procura di Palermo non potrebbe<br />

aver tutta questa efficacia se non avesse<br />

eco mediatica, anzi a volte è stimolata dal<br />

fronte mediatico»), ed è “<strong>il</strong> buco della serratura”.<br />

Assodata, per ammissione degli<br />

stessi inquirenti, l’irr<strong>il</strong>evanza penale e giudiziaria<br />

delle telefonate Napolitano-Mancino,<br />

qual è la loro r<strong>il</strong>evanza? Dice Polito: «La<br />

loro r<strong>il</strong>evanza, per chi vuole che vengano<br />

rese note, è esclusivamente sapere che cosa<br />

dice in privato <strong>il</strong> capo dello Stato a un suo<br />

amico. Dal dettaglio intravisto dal buco<br />

della serratura si vuol dedurre <strong>il</strong> tutto della<br />

politica italiana». Questa forma di “giornalismo-verità”<br />

in realtà, più che informare<br />

deforma, e disinforma. «Un fatto separato<br />

dal suo contesto – spiega Polito – non<br />

vuole dire nulla, può essere letto in diecim<strong>il</strong>a<br />

modi diversi e non dà un vero contributo<br />

informativo al comprendere quello<br />

che mi sta succedendo intorno. L’idea<br />

dell’informazione come trasparenza assoluta<br />

è un errore, anzi, una finzione di chi<br />

ut<strong>il</strong>izza i fatti per una battaglia politica».<br />

Cronache anti-potere<br />

Ferrara ci tiene a essere esplicito: «Se <strong>il</strong><br />

giornalismo è oratorio e tribunizio, realizza<br />

<strong>il</strong> presupposto di una democrazia:<br />

intorno ai fatti, attraverso i fatti, giudicando<br />

i fatti. Quando la piattaforma è pluralista,<br />

per cui ci sono vere diversità culturali<br />

intellettuali e identitarie a confronto,<br />

veri interessi che si scontrano sulla piazza<br />

democratica, la situazione è buona. Il giornalismo<br />

come professionismo e deontologia<br />

secondo me è la falsa regola per cui i<br />

giornalisti sono indipendenti “in quanto”<br />

giornalisti, <strong>il</strong> giornalismo cosiddetto indipendente<br />

è invece <strong>il</strong> veicolo di una esasperazione<br />

dei compromessi, come in tutte le<br />

altre attività della vita. Il giornalista che<br />

si presenta sempre in una posizione apparente<br />

di contro-potere vive un’insincerità e<br />

una bugia di fondo che non può che emergere,<br />

perché è invece evidente a tutti, dal<br />

suo agire, dalla sua logica, dalla sua iniziativa<br />

pubblica, che asseconda dei poteri e<br />

ne danneggia altri».<br />

Il giornalista anti-potere è sempre alla<br />

ricerca della grande verità, quella con la V<br />

maiuscola; Piero Ostellino, editorialista e<br />

già direttore del Corriere della Sera, lo invita<br />

a scendere tra i mortali: «La nostra è sempre<br />

una verità con la v minuscola, parziale,<br />

in prospettiva, all’orizzonte. C’è un’etica<br />

dei princìpi che deve essere cosciente<br />

di questa parzialità, e delle responsab<strong>il</strong>ità<br />

che <strong>il</strong> nostro ruolo comporta. A chi ci<br />

critica non si può rispondere: questi sono<br />

i miei princìpi e crolli <strong>il</strong> mondo, ma si<br />

risponde tenendo conto delle conseguenze<br />

18 | 12 settembre 2012 | |<br />

A lato, <strong>il</strong> direttore<br />

dell’Osservatore<br />

Romano Gian Maria<br />

Vian; gli editorialisti<br />

del Corriere della Sera<br />

Piero Ostellino (già<br />

direttore della testata<br />

di via Solferino)<br />

e Antonio Polito<br />

(ex direttore del<br />

Riformista); <strong>il</strong><br />

direttore del Foglio<br />

Giuliano Ferrara<br />

che ciò che io scrivo finisce con<br />

l’avere sull’opinione pubblica,<br />

sugli equ<strong>il</strong>ibri politici e sociali<br />

del paese. Il giornalista non<br />

è <strong>il</strong> depositario della verità, è<br />

solo un signore che racconta le<br />

verità che crede di aver capito»<br />

All’obiezione che la considerazione<br />

delle conseguenze<br />

di ciò che si scrive potrebbe<br />

essere interpretata come autocensura<br />

Ostellino ribatte: «Nessuna<br />

autocensura, tutto ciò<br />

che noi facciamo, in particolare<br />

l’uomo pubblico, e <strong>il</strong> giornalista<br />

lo è, ha delle conseguenze<br />

sugli altri e sono conseguenze<br />

di cui l’intellettuale, ammesso<br />

che <strong>il</strong> giornalista possa essere<br />

considerato tale, è responsab<strong>il</strong>e,<br />

non giuridicamente, moralmente e<br />

politicamente. L’idea che <strong>il</strong> giornalista, in<br />

nome di questa trasparenza, non subisca<br />

gli schizzi di fango della storia è un’idea<br />

elitaria e presuntuosa. Ciò che noi scriviamo<br />

e diciamo muove valori, princìpi, convinzioni<br />

e aspettative. Esercitare la critica<br />

nei confronti delle istituzioni non può prescindere<br />

dal fatto che ciò che <strong>il</strong> giornalista<br />

scrive delle istituzioni e del mondo in cui<br />

vive non è estraneo al mondo stesso. Si può<br />

anche essere faziosi, è una forma di esercizio<br />

della libertà, ma coscienti che ogni<br />

manifestazione di pensiero ha degli effetti.<br />

Siamo immersi nella storia, <strong>il</strong> giornalista<br />

non è mai innocente».<br />

Una censura grazie ai giornali<br />

«Quid est veritas? Io – ci dice <strong>il</strong> direttore<br />

dell’Osservatore Romano Gian Maria Vian<br />

– ripartirei dalla domanda di P<strong>il</strong>ato. Per<br />

molti era una domanda irridente nei confronti<br />

dell’imputato che aveva davanti, per<br />

me è una domanda drammatica. Quanta<br />

volontà di informazione c’è in un siste-<br />

«Si può anche essere faziosi, è una forma<br />

di esercizio della libertà, ma coscienti che<br />

ogni manifestazione di pensiero ha degli<br />

effetti. Il giornalista non è mai innocente»<br />

ma sempre più urlato e veloce?<br />

Ormai i giornali non vengono<br />

letti ma ascoltati via radio<br />

nelle infinite rassegne stampa:<br />

un titolo, un sommario e<br />

via. La brevità richiede ulteriore<br />

responsab<strong>il</strong>ità. Dopo certe<br />

“notizie” esco più informato<br />

o più confuso? Siamo certi che<br />

la verità si limiti alla supposta<br />

rivelazione di fatti che <strong>il</strong> più<br />

delle volte è decontestualizzata<br />

e finalizzata a una tesi precostituita?<br />

Sono domande che<br />

faccio a me stesso, perché ho<br />

nostalgia delle grandi inchieste<br />

degli anni Sessanta e Settanta<br />

che hanno contribuito a<br />

una crescita del paese. Oggi mi<br />

sembra prevalere una volontà<br />

malevola di denigrazione – <strong>il</strong><br />

Vaticano ne sa qualcosa, anche<br />

se non voglio minimizzare problemi<br />

che sono sotto gli occhi<br />

di tutti – che non aiuta a capire.<br />

Per dirla con Chesterton,<br />

a volte penso che “non abbiamo<br />

bisogno di una censura sui<br />

giornali perché abbiamo quotidianamente<br />

una censura grazie<br />

ai giornali”».<br />

Quale sia la verità con la V<br />

maiuscola che <strong>il</strong> giornalista deve denunciare,<br />

per Polito è una vulgata sin troppo<br />

fac<strong>il</strong>e: «Il potere è corrotto». Per Ferrara,<br />

«dire che lo Stato ha trattato e ancora tratta<br />

con la mafia è un modo fac<strong>il</strong>e di fare<br />

propaganda e giornalismo manettaro». In<br />

nome della Grande Verità, poi si omettono<br />

le tante piccole verità di cui invece è fatta<br />

la vita comunitaria. Polito fa un esempio:<br />

«Leggi che tizio è amico di caio, che conosce<br />

sempronio che ha un fratello indagato<br />

per mafia. Perché dicono “indagato”?<br />

Se fosse stato riconosciuto colpevole direbbero<br />

“condannato”, evidentemente è stato<br />

assolto. Ma così <strong>il</strong> castello crollerebbe.<br />

Quindi, in nome della Grande Verità omettono<br />

tante piccole verità». Disinformano.<br />

«Dall’estero» Vian osserva che «nella<br />

situazione italiana c’è una debolezza della<br />

politica, un vuoto che i giornali, cambiando<br />

ruolo, cercano di riempire. Si fanno<br />

parte politica, ma si presentano come<br />

l’amico della verità». A questo punto ha un<br />

ricordo fulminante: «Il giornale che dirigo<br />

avrebbe dovuto chiamarsi L’amico della<br />

verità, <strong>il</strong> progetto del 1861 è<br />

conservato nell’archivio; qualcuno<br />

provvidenzialmente tirò<br />

un frego su questa testata e propose<br />

più prudentemente L’Os-<br />

servatore Romano».<br />

n<br />

foto: Ap/Lapresse


INTERNI TFA E ALTRE FOLLIE<br />

«Se vogliamo<br />

che tutto rimanga<br />

com’è, bisogna che tutto<br />

cambi». Sulla saggezza del-<br />

la gattopardesca citazione di Giuseppe<br />

Tomasi di Lampedusa, nessuno ha da<br />

metter bocca. Nemmeno le frotte di aspiranti<br />

che, a luglio, si sono trovati alle<br />

prese con la prova di preselezione del<br />

Tfa, <strong>il</strong> percorso di formazione che sfocia<br />

nell’ab<strong>il</strong>itazione all’insegnamento.<br />

Un bel passo avanti, quello dettato dal<br />

ministro dell’Istruzione Francesco Profumo,<br />

poiché la chiusura delle vecchie<br />

Ssis (Scuole di specializzazione all’insegnamento<br />

secondario) aveva bruciato le<br />

speranze della generazione successiva al<br />

2008. Che fortuna, direte voi.<br />

Ma la prova preselettiva – un test a<br />

crocette con sessanta quesiti multidisciplinari<br />

suddivisi oculatamente per classi<br />

di insegnamento (ad esempio: materie letterarie<br />

e latino nei licei, educazione tecnica<br />

nella scuola media, eccetera) – si è rivelata<br />

più sim<strong>il</strong>e a un fuoco di f<strong>il</strong>a, e le vittime<br />

erano proprio gli ingenui concorrenti.<br />

La mitragliata nozionistica scaraventata<br />

sui candidati ha lasciato dietro di<br />

sé una scia di morti da riempirci cimiteri<br />

su cimiteri. Oddio, non che ci si aspettasse<br />

quesiti per alunni dell’as<strong>il</strong>o Mariuccia,<br />

ma neanche inut<strong>il</strong>i rebus come: quali<br />

sono i confini del Colorado? Qual è l’opera<br />

principale di Anton Francesco Grazzini<br />

detto <strong>il</strong> Lasca? A saperlo, si potevano organizzare<br />

corsi di preparazione con i redattori<br />

della Settimana Enigmistica.<br />

Strafalcioni e copiaincolla<br />

Per non parlare, poi, degli errori. Non<br />

di rado tra i quesiti sono state segnalate<br />

ambiguità, quando non veri e propri<br />

pasticci. Un esempio su tutti: chi ha scritto<br />

Qualcosa era accaduto? Tra<br />

le possib<strong>il</strong>i opzioni, Dino Buzzati<br />

era quella corretta, benché<br />

<strong>il</strong> bellunese avesse compo-<br />

sto Qualcosa era successo. Un<br />

caso di sinonimia che ha mandato<br />

in bamba gli spauriti partecipanti.<br />

Oppure: chi scrisse<br />

i Discorsi sulla Batracomiomachia?<br />

Risposta: nessuno. Se<br />

Giacomo Leopardi li ha chiamati<br />

Paralipomeni una ragione<br />

ci sarà. È r<strong>il</strong>evante, poi, l’incredib<strong>il</strong>e<br />

somiglianza di un<br />

quesito della classe di f<strong>il</strong>osofia<br />

(«Quale f<strong>il</strong>osofo, prima seguace<br />

di Zenone di Cizio, si distaccò<br />

in seguito dallo stoicismo<br />

per fondare una scuola propria<br />

nel Cinosarge?») con una<br />

definizione di Wikipedia («Si<br />

20 | 12 settembre 2012 | |<br />

Una crocetta<br />

sopra<br />

L’assurda telenovela del test a risposta multipla<br />

per l’ab<strong>il</strong>itazione degli aspiranti prof è l’ultima<br />

beffa di un sistema dell’istruzione in cui tutto,<br />

dai tagli alle nuove assunzioni, è sempre troppo<br />

e troppo poco. Pregasi riformare con coraggio


sa che fu un seguace di Zenone di Cizio<br />

e dello Stoicismo dal quale però in parte<br />

si distaccò per fondare una propria scuola,<br />

detta degli Aristonei, nel Cinosarge»).<br />

Trattasi di coincidenze, per carità.<br />

Vietato l’accesso al concorso<br />

Si chiude una porta, si spalanca un portone.<br />

La commissione che ha comp<strong>il</strong>ato<br />

<strong>il</strong> suddetto test ha imbarazzato <strong>il</strong> Miur <strong>il</strong><br />

quale, per una volontà di “trasparenza”,<br />

non ha esitato a pubblicare sul proprio<br />

sito i nomi dei responsab<strong>il</strong>i del misfatto:<br />

145 esperti, interni al ministero, coadiuvati<br />

dal direttore generale del personale<br />

scolastico Luciano Chiappetta. Il caprio<br />

espiatorio è così servito.<br />

Il ministro, da parte sua, ha accettato<br />

la valanga di ricorsi sporti dai b<strong>il</strong>iosi<br />

concorrenti bocciati. La sanatoria, for-<br />

ANNULLATO IL CONCORSO<br />

mata da una nuova équipe di esperti,<br />

ha abbuonato parecchi quesiti. L’ulteriore<br />

correzione ha ingrossato, e di molto,<br />

le f<strong>il</strong>a dei fortunati vincitori. In media, <strong>il</strong><br />

18,87 per cento dei quiz, per vizi di forma,<br />

è stato condonato a tutti i partecipanti,<br />

con picchi che arrivano al 41,67<br />

per cento (25 domande su 60) per le classi<br />

di insegnamento di scienze naturali e di<br />

elettrotecnica. Di conseguenza, una pioggia<br />

di lamentele si è scatenata, per mano<br />

di chi, passata la prova, si è visto superato<br />

in punteggio da altri dapprima neppure<br />

ammessi. Finito sulla graticola, France-<br />

E grazie ai giudici la Lombardia<br />

comincia l’anno senza presidi<br />

La carestia di presidi che ha colpito la Lombardia è<br />

destinata a durare. Gli istituti padani rischiano di iniziare le<br />

lezioni senza avere un direttore fisso ma, nel migliore dei casi,<br />

soltanto a mezzo servizio. Il 18 luglio <strong>il</strong> Tar della Lombardia,<br />

a seguito della richiesta di alcuni candidati che lamentavano<br />

irregolarità nello svolgimento della prova, ha sospeso <strong>il</strong> concorso<br />

per dirigenti scolastici, congelando l’assunzione di 406<br />

nuovi impiegati. Il ministero dell’Istruzione ha fatto ricorso<br />

al Consiglio di Stato, ma questo lo ha respinto, confermando<br />

la sentenza del tribunale amministrativo. Ma «<strong>il</strong> ricorso non<br />

aveva ragion d’essere», protesta Elena Centemero, deputata<br />

del Pdl e docente di lungo corso, tra quelli che, avendo<br />

superata la prova, si aspettavano una cattedra di presidenza.<br />

«Quella delle buste, che secondo i ricorrenti avrebbero<br />

invalidato l’anonimato perché trasparenti, è una scusa bella<br />

e buona. Innanzitutto, le buste erano di carta, e soltanto in<br />

controluce poteva leggersi <strong>il</strong> nome del candidato. Inoltre <strong>il</strong><br />

cartellino con i dati anagrafici dei candidati era separato<br />

rispetto ai fogli del test, e i due si ricongiungevano soltanto<br />

a fine correzione. Di fatto non c’è dolo. La commissione<br />

collegiale ha agito nella massima professionalità». Dai palazzi<br />

della Regione giungono voci amiche: «Sia <strong>il</strong> governatore<br />

Roberto Formigoni che l’assessore all’Istruzione Valentina<br />

Aprea sono dalla nostra parte», sostiene Centemero. Ciononostante<br />

per <strong>il</strong> 2012-2013 quasi m<strong>il</strong>le scuole della Lombardia<br />

dovranno accontentarsi di un preside peripatetico, in<br />

perpetuo pellegrinaggio da un istituto a un altro. «L’avvocatura<br />

di Stato chiederà una perizia per le buste. Intanto si sta<br />

lavorando con <strong>il</strong> ministero affinché sia indetta una procedura<br />

d’urgenza». Magari che consenta a chi ha passato l’esame di<br />

prendere possesso di una cattedra sguarnita. «Sono arrivati<br />

dal Trentino-Alto Adige dodici dirigenti scolastici a colmare<br />

<strong>il</strong> vuoto», prosegue Centemero. «Si capisce la necessità, ma<br />

permettere la mob<strong>il</strong>ità interregionale limita i posti del personale<br />

locale». Tirando le somme, però, <strong>il</strong> problema è sempre lo<br />

stesso: «L’Italia fa fatica a valorizzare <strong>il</strong> merito». [dc]<br />

Fortunatamente le paritarie possono offrire<br />

posti ai candidati in attesa di ab<strong>il</strong>itazione.<br />

Peccato che lo Stato abbia stanziato per loro<br />

appena 242 m<strong>il</strong>ioni, a fronte dei 511 del 2011<br />

sco Profumo ha optato per una soluzione<br />

che salvasse capra e cavoli. Al Consiglio<br />

dei ministri del 24 agosto ha proposto un<br />

piano di assunzioni per <strong>il</strong> comparto scuola:<br />

si accolgono 21.112 insegnanti, di cui<br />

circa 10 m<strong>il</strong>a sfoltiranno le graduatorie;<br />

per gli altri, è istituito un pubblico concorso.<br />

Un plauso al ministro, che ha deciso<br />

di riaprire le assunzioni dopo 13 anni<br />

che l’istruzione pubblica vagava in una<br />

lacrimarum valle. Tuttavia, tale prova è<br />

limitata al solo personale ab<strong>il</strong>itato, quello<br />

che dal 2000 al 2008 ha partecipato alle<br />

Ssis. Per i rampolli del Tfa che completeranno<br />

l’iter a fine anno sco-<br />

lastico – dopo aver superato<br />

una seconda prova scritta,<br />

una prova orale, un anno di<br />

tirocinio negli istituti e di<br />

corsi di pedagogia presso<br />

| | 12 settembre 2012 | 21


INTERNI TFA E ALTRE FOLLIE<br />

gli atenei, <strong>il</strong> tutto a un prezzo che s’aggira<br />

tra i 2 m<strong>il</strong>a e i 3.500 euro – non è previsto<br />

alcun posto. Pare un controsenso,<br />

eppure le parole del comunicato redatto<br />

da viale Trastevere lasciano pochi dubbi:<br />

si intende premiare gli «insegnanti giovani,<br />

capaci e meritevoli». Mah.<br />

Un modo per risparmiare c’è<br />

Fortunatamente esistono le paritarie, che<br />

possono ancora offrire opportunità agli<br />

aspiranti che attendono l’ab<strong>il</strong>itazione e<br />

intanto si fanno le ossa tra banchi, lavagne<br />

e gessetti. Ma le già carenti possib<strong>il</strong>ità<br />

economiche di questo ramo rischiano<br />

di essere ulteriormente assottigliate.<br />

La spending review ha dimezzato l’apporto<br />

dello Stato agli istituti parificati:<br />

per <strong>il</strong> 2012 sono stati stanziati 242 m<strong>il</strong>ioni<br />

di euro, a fronte dei 511 del precedente<br />

anno scolastico. Alla faccia di chi, dalle<br />

colonne dei propri raffinati quotidiani,<br />

urla allo scandalo per una scuola privata<br />

satolla di denaro pubblico e risparmiata<br />

dalla scure della revisione contab<strong>il</strong>e.<br />

E intanto le paritarie vanno a ramengo.<br />

Per non contare l’economicità che<br />

consegue alla precisa organizzazione della<br />

scuola paritetica: per ogni allievo di<br />

questa, la spesa dello Stato è pari a 661<br />

euro all’anno, contro i 6.635 ut<strong>il</strong>izzati<br />

per ciascuno studente degli istituti statali.<br />

Moltiplicando la differenza dei costi<br />

(5.974 euro) per <strong>il</strong> numero degli iscritti<br />

alle scuole paritarie (1.060.332) si ottiene<br />

per i contribuenti un risparmio annuo di<br />

6 m<strong>il</strong>iardi e 334 m<strong>il</strong>ioni. Mica male. Con<br />

un cifra sim<strong>il</strong>e a disposizione, <strong>il</strong> M<strong>il</strong>an<br />

potrebbe evitare di schierare in difesa<br />

Bonera e Antonini. E lo Stato potrebbe<br />

abbattere non di poco <strong>il</strong> fagocitante debito<br />

pubblico, magari per abbassare la pressione<br />

fiscale. Ma <strong>il</strong> primo scenario è fantacalcio,<br />

<strong>il</strong> secondo è fantapolitica.<br />

Tra concorsi e ricorsi, tra contenti e<br />

scontenti, tra ab<strong>il</strong>itati e disab<strong>il</strong>itati, si può<br />

ben dire che Giuseppe Tomasi di Lampedusa<br />

avesse compreso lo stato delle cose<br />

con largo anticipo. D’altronde è innegab<strong>il</strong>e<br />

che <strong>il</strong> posto fisso a scuola ormai è una<br />

concezione antiquata, da secolo scorso<br />

(non è un caso che l’ultima tranche impiegatizia<br />

risalga al 1999). Nell’attesa che un<br />

coraggioso cambiamento di sistema possa<br />

oliare i cardini arrugginiti della burocrazia<br />

nazionale, ci si accorda su cav<strong>il</strong>li e<br />

misure che, nel migliore dei casi, curano<br />

i sintomi ma non <strong>il</strong> malanno. E allora, più<br />

che un tecnico, forse è <strong>il</strong> caso di convocare<br />

<strong>il</strong> dottor House, almeno per somministrare<br />

<strong>il</strong> Vicodin ai reduci dell’empia selezione,<br />

in piena crisi nevrotica.<br />

Daniele Ciacci<br />

22 | 12 settembre 2012 | |<br />

L’AGENDA 2012-2013 DI FABRIZIO FOSCHI (DIESSE)<br />

È suonata l’ora<br />

dell’autonomia<br />

Reclutamento diretto e valutazione dei docenti.<br />

Autentica parità. Integrazione con <strong>il</strong> lavoro. Quanta<br />

emergenza educativa si risolverebbe con meno Stato<br />

Fabrizio Foschi non riesce ad accettare<br />

la condizione kafkiana in cui versa<br />

la scuola. «Gli insegnanti non vanno<br />

solo formati, ma accompagnati». Mentre<br />

si prepara a inaugurare una grande<br />

convention a Bologna pensata proprio<br />

come luogo di incontro per i docenti italiani<br />

(vedi box a pagina 37), <strong>il</strong> presidente<br />

nazionale dell’associazione Diesse – soggetto<br />

riconosciuto dal ministero dell’Istruzione<br />

per la formazione del personale scolastico,<br />

che valorizza <strong>il</strong> pluralismo educativo<br />

e promuove <strong>il</strong> continuo aggiornamento<br />

didattico – getta uno sguardo oltre <strong>il</strong><br />

muro della burocrazia e delinea, per l’anno<br />

venturo, gli snodi problematici che <strong>il</strong><br />

sistema educativo si troverà ad affrontare.<br />

Quali sono i punti caldi che l’Istruzione<br />

affronterà in questo anno scolastico?<br />

Innanzitutto <strong>il</strong> Tfa attuale deve essere<br />

terminato. Nonostante la tragica prova di<br />

preselezione e <strong>il</strong> conseguente rimpinguamento<br />

delle graduatorie di accesso, bisogna<br />

portare l’iter alla sua conclusione,<br />

con un’altra prova scritta, stavolta a cura<br />

delle diverse università, e una prova orale,<br />

per poi accedere all’anno di tirocinio<br />

negli istituti. Quindi ci aspettiamo che <strong>il</strong><br />

ministero ci dica quando ha intenzione di<br />

avviare un secondo Tfa transitorio. Ricordo<br />

che <strong>il</strong> Tfa è una soluzione temporanea<br />

che durerà fino a quando entreranno in<br />

vigore le nuove lauree ab<strong>il</strong>itanti.<br />

Bisogna capire cosa ne sarà dei docenti<br />

che, avendo maturato tre anni di insegnamento,<br />

possono usufruire di un percorso<br />

preferenziale per l’ab<strong>il</strong>itazione.<br />

Già. Il ministro Profumo ha assicurato,<br />

in diverse occasioni, che sta studiando<br />

una rettifica al regolamento: chi si<br />

è impegnato per tre anni nella docenza<br />

può accedere direttamente al tirocinio<br />

senza doversi sottomettere alla prova<br />

preselettiva. Purtroppo questa bozza di<br />

modifica giace presso <strong>il</strong> Consiglio universitario<br />

nazionale, in attesa che qualcuno<br />

se ne interessi nuovamente.<br />

Intanto si prospetta un nuovo concorso<br />

per <strong>il</strong> reclutamento di 12 m<strong>il</strong>a docenti.<br />

Il ministro ha deciso che <strong>il</strong> bando sarà


Foto: Marka<br />

pubblicato entro <strong>il</strong> 24 settembre. In realtà,<br />

la richiesta avanzata al Consiglio dei<br />

ministri del 24 agosto prevede l’entrata in<br />

ruolo di più di 21 m<strong>il</strong>a docenti. Di questi,<br />

la metà verrà coperta dai precari presenti<br />

nelle graduatorie, mentre gli altri saranno<br />

distribuiti, previo concorso, ad aspiranti<br />

insegnanti già ab<strong>il</strong>itati all’insegnamento.<br />

Noi di Diesse sosteniamo la possib<strong>il</strong>ità<br />

di accedere all’esame – con riserva –<br />

anche a chi sta svolgendo in questi mesi <strong>il</strong><br />

Tfa. Altrimenti si rischia di incappare in<br />

un errore antico: lasciare fuori dal ruolo<br />

un’intera generazione di giovani<br />

aspiranti. Poiché <strong>il</strong> bando<br />

non è ancora uscito, chiediamo<br />

al ministro di intervenire<br />

lasciando una fetta di cattedre<br />

a coloro che, superate le prove<br />

di accesso al tirocinio formativo,<br />

si ab<strong>il</strong>iteranno entro l’anno<br />

scolastico.<br />

È possib<strong>il</strong>e valutare oggettivamente<br />

<strong>il</strong> merito degli<br />

insegnanti di ruolo?<br />

Anche questa è una novità<br />

calda dell’ultimo Consiglio<br />

dei ministri. Uno dei quattro decreti emanati<br />

<strong>il</strong> 24 agosto prevede l’instaurazione<br />

di un nuovo sistema nazionale di valutazione<br />

delle scuole, che unirà Invalsi<br />

(l’Istituto nazionale per la valutazione del<br />

sistema di istruzione e formazione), Indire<br />

(l’Istituto nazionale di documentazione,<br />

innovazione e ricerca educativa) e un<br />

corpo di ispettori che collaboreranno nella<br />

fase di valutazione esterna delle scuole.<br />

È previsto che gli insegnanti vengano<br />

vagliati secondo diversi metodi: attraver-<br />

Fabrizio Foschi,<br />

presidente Diesse<br />

APPUNTAMENTO A BOLOGNA, 13-14 OTTOBRE<br />

In bottega per imparare a insegnare<br />

Per insegnare non basta conoscere a menadito una materia.<br />

Bisogna avere uno sguardo complessivo e totale sulla realtà. Per questo<br />

l’associazione Diesse (Didattica e innovazione scolastica) invita i docenti<br />

alla Convention Scuola 2012, che si terrà <strong>il</strong> 13 e <strong>il</strong> 14 ottobre al Savory<br />

Hotel Regency, in via del P<strong>il</strong>astro 2, a Bologna. Uno spazio comune dove<br />

i professori possono incontrarsi, condividere le proprie esperienze e<br />

scoprire che l’educazione è una passione comune. Insieme ad assemblee<br />

plenarie, i partecipanti potranno scegliere tra diciassette “botteghe” in<br />

cui approfondire le diverse discipline, le tematiche e le proprie modalità<br />

didattiche, con l’aiuto di esperti d’eccezione tra cui i f<strong>il</strong>osofi Costantino<br />

Esposito e Carmine Di Martino. La compagnia della “bottega”, però, non<br />

terminerà la sera di domenica 14 ottobre: continuerà durante l’anno<br />

attraverso la condivisione online di documenti e la realizzazione di web<br />

conference. Le iscrizioni alla Convention Scuola 2012 chiudono <strong>il</strong> 30<br />

settembre, ma per chi si iscriverà entro <strong>il</strong> 9 settembre è previsto uno<br />

sconto. Chiunque desideri partecipare all’evento è invitato a visitare <strong>il</strong><br />

sito dell’associazione Diesse (convegni.diesse.org).<br />

so un proprio portfolio professionale, che<br />

valorizzi la carriera formativa, gli spostamenti,<br />

se si è lavorato in ambienti di difficoltà;<br />

attraverso i titoli che l’insegnante<br />

ha ottenuto oltre la laurea e l’ab<strong>il</strong>itazione;<br />

infine attraverso i risultati conseguiti<br />

dagli alunni con cui ha operato. Un criterio<br />

esiste. Il problema è che fino ad ora, e<br />

in qualche modo anche adesso, la formazione<br />

degli insegnanti è in mano allo Stato,<br />

che non mette le singole scuole nella<br />

condizione di potersi giudicare, ma inter-<br />

viene dall’alto, arrogandosi brutalmente<br />

<strong>il</strong> diritto di stimare <strong>il</strong> valore<br />

di un istituto attraverso esperti<br />

propri, da esso stesso formati,<br />

che non danno riscontri<br />

oggettivi.<br />

Questo problema non si potrebbe<br />

scavalcare attraverso<br />

<strong>il</strong> reclutamento diretto<br />

degli insegnanti da parte<br />

dei singoli istituti?<br />

Certamente. Noi di Diesse<br />

abbiamo combattuto fin da<br />

subito la divisione tra ab<strong>il</strong>itazione<br />

e reclutamento, che<br />

negli anni ha generato un’enorme massa<br />

di precari. Che l’ab<strong>il</strong>itazione sia necessaria<br />

mi pare evidente, ma non che a questa<br />

consegua, per diritto, una cattedra fissa.<br />

Il reclutamento deve essere fondato sulle<br />

effettive necessità delle scuole.<br />

Che anno scolastico si prospetta, invece,<br />

per le paritarie?<br />

Estremamente diffic<strong>il</strong>e. Tante scuole<br />

rischiano di chiudere, soprattutto per<br />

l’impossib<strong>il</strong>ità di aumentare le rette già<br />

stab<strong>il</strong>ite. Mi preme dire una cosa: è una<br />

vergogna <strong>il</strong> modo con cui lo Stato tratta<br />

la scuola paritetica, quasi fosse l’ultima<br />

ruota del sistema formativo pubblico<br />

(è bene ricordare che la scuola paritaria<br />

è parte di quella pubblica) quando, invece,<br />

potrebbe essere una risorsa sia in termini<br />

di qualità dell’insegnamento che di<br />

risparmio economico.<br />

E per gli istituti professionali?<br />

Anche con loro si gioca una sfida<br />

molto importante. Da quando l’ex ministro<br />

dell’Istruzione Giuseppe Fioroni li<br />

ha quinquennalizzati senza concedere<br />

la possib<strong>il</strong>ità di ottenere una qualifica,<br />

la scuola professionale in Italia si è indebolita.<br />

Anche a causa di una mentalità<br />

comune che marchia questi istituti come<br />

la serie B della nostra scuola. In Lombardia,<br />

Veneto ed Em<strong>il</strong>ia Romagna è invece<br />

possib<strong>il</strong>e integrare la propria istruzione<br />

con due anni di formazione professionale<br />

in apposite strutture atte a consegnare<br />

la qualifica. Questo è <strong>il</strong> miglior canale per<br />

unire scuola e lavoro.<br />

Un’altra piaga dell’istruzione italiana<br />

è l’alta percentuale di abbandono. Un<br />

giovane su quattro, tra i 16 e i 24 anni,<br />

non consegue <strong>il</strong> diploma. Come superare<br />

questa difficoltà?<br />

Con un recupero forte dell’educazione,<br />

ma anche con un sistema scolastico<br />

più flessib<strong>il</strong>e, che preveda, ad esempio,<br />

l’introduzione in tutte le regioni della qualifica<br />

lavorativa per i professionali. In generale,<br />

però, l’unica via per recuperare gli<br />

studenti “dispersi” passa dalla costruzione<br />

di un corpo docenti che sia all’altezza delle<br />

nuove sfide che le prossime generazioni<br />

di alunni propongono. [dc]<br />

| | 12 settembre 2012 | 23


interni CRONACHE DALLA PUGLIA<br />

i funerali<br />

della<br />

Capitanata<br />

Il vescovo suona le campane a morto, Repubblica<br />

si commuove, i cittadini rendono la tessera<br />

elettorale, i magistrati minacciano le dimissioni.<br />

Così Lucera piange la dipartita del suo tribunale,<br />

vittima di una spending review senza pietà<br />

Lucera (Fg)<br />

Lucera è l’orgoglio della capitanata, <strong>il</strong><br />

luogo che Federico II scelse come<br />

sua dimora imperiale nel 1233. Una<br />

cittadina pugliese di circa 34 m<strong>il</strong>a abitanti,<br />

nel Tavoliere delle Puglie, che da<br />

qualche mese è al centro di un’attenzione<br />

mediatica senza precedenti. Perché<br />

in questo angolo di soleggiato Sud, sembra<br />

che lo Stato stia battendo in ritirata.<br />

È tempo di tagli e per evitare gli sprechi<br />

Lucera dà l’addio all’Agenzia delle entrate,<br />

ai Carabinieri, al catasto e ad alcuni<br />

tra i più funzionali reparti dell’ospedale.<br />

I cittadini scalpitano ma sopportano in<br />

24 | 12 settembre 2012 | |<br />

s<strong>il</strong>enzio, rassegnandosi a fare molti ch<strong>il</strong>ometri<br />

in più per andare a lavorare o per<br />

una visita medica. Quando però <strong>il</strong> simbolo<br />

della legalità, della storia e della cultura<br />

lucerina finisce sotto la scure di una<br />

riforma volta alla revisione della geografia<br />

giudiziaria italiana, qualcosa nell’atteggiamento<br />

della città cambia.<br />

Il Palazzo di giustizia, costruito tra <strong>il</strong><br />

1795 e <strong>il</strong> 1808 grazie al materiale saccheggiato<br />

dal vicino Castello svevo, è la storica<br />

sede del tribunale della circoscrizione di<br />

Lucera (fino al 1923 ospitò anche la Corte<br />

d’assise). Un tribunale che è un vanto per<br />

i cittadini e per gli addetti ai lavori, <strong>il</strong> 4°<br />

Palazzo di giustizia più efficiente d’Italia,<br />

con circa 13 m<strong>il</strong>a processi annuali. Eppure<br />

la riforma della geografia giudiziaria,<br />

che ha iniziato <strong>il</strong> suo iter nel 2011 per<br />

decisione dell’allora ministro della Giustizia<br />

Nitto Palma, ha deciso che Lucera,<br />

assieme ad altri 20 tribunali subprovinciali<br />

(non collocati cioè in un capoluogo<br />

di provincia), debba chiudere i battenti.<br />

Il 14 settembre 2011 con la legge<br />

148/2011, denominata legge delega, <strong>il</strong> Parlamento<br />

conferì all’allora governo Berlusconi<br />

l’incarico di procedere alla revisione<br />

delle circoscrizioni giudiziarie, tenendo<br />

conto di alcuni fondamentali parametri:<br />

l’impossib<strong>il</strong>ità di cancellare tribunali<br />

capoluoghi di provincia, fare in modo che<br />

in ogni Corte di appello si conservassero<br />

almeno tre tribunali e procedere alla riduzione<br />

degli uffici tenendo conto dei criteri<br />

di estensione territoriale, popolazione,<br />

organico dei magistrati, carico processuale,<br />

orografia e infrastrutture e impatto della<br />

criminalità organizzata sul territorio.


Intanto, già prima che la riforma<br />

diventasse legge, qualcuno aveva cominciato<br />

a non dormire la notte. Giuseppe<br />

Agnusdei, presidente dell’Ordine degli<br />

avvocati di Lucera dal 2004: «La mia vita<br />

è cambiata <strong>il</strong> 13 agosto 2011. Mi trovavo<br />

in vacanza quando sentii alla radio<br />

dell’intenzione dell’allora ministro della<br />

Giustizia Nitto Palma di mettere mano<br />

all’obsoleta geografia giudiziaria italiana.<br />

Nel giro di due giorni decisi di tornare<br />

a Lucera e mi misi subito in contatto<br />

con <strong>il</strong> consiglio dell’Ordine degli avvocati<br />

e con <strong>il</strong> Coordinamento dei fori non provinciali.<br />

Tenemmo un paio di riunioni a<br />

Roma cercando di frenare l’iter di conversione<br />

in legge della seconda finanziaria<br />

che <strong>il</strong> governo Berlusconi stava adottando.<br />

Non volevamo che rientrasse la materia<br />

della geografia giudiziaria». Lo sforzo<br />

si rivela però vano perché quasi un anno<br />

dopo, <strong>il</strong> 6 luglio 2012, <strong>il</strong> governo presenta<br />

<strong>il</strong> progetto di decreto legislativo, all’interno<br />

del quale si apprende che <strong>il</strong> tribu-<br />

<strong>il</strong> 10 agosto 2012 <strong>il</strong> decreto legislativo viene adottato dal Consiglio<br />

dei ministri. la soppressione del tribunale di lucera è confermata<br />

l’enigma<br />

i buoni numeri del palazzo<br />

Quarto posto nella classifica di governo<br />

Il ministero della Giustizia ha ut<strong>il</strong>izzato<br />

quattro parametri per procedere alla revisione<br />

della geografia giudiziaria: le sopravvenienze<br />

medie (cioè <strong>il</strong> carico processuale)<br />

nel quadriennio 2006-2010, l’organico dei<br />

magistrati, la popolazione e l’estensione<br />

territoriale. La media tra i criteri colloca <strong>il</strong><br />

tribunale di Lucera al 4° posto su 58 totali.<br />

1. S. Maria Capua Vetere (3-1-1-1 totale<br />

6) (salvato) (parametri raggiunti: tutti)<br />

2. Tivoli (5-11-6-8 totale 30) (salvato)<br />

(parametri raggiunti: sopravvenienze<br />

medie, popolazione)<br />

3. Termini Imerese (17-10-7-1 totale 35)<br />

(salvato) (parametri raggiunti: estensione)<br />

4. LuCera (9-15-15-2 totale 41)<br />

(SoppreSSo) (paraMeTrI raggIun-<br />

nale di Lucera è stato inserito tra i 37 tribunali<br />

da sopprimere. Questo nonostante<br />

sia, rispetto a tutti i 58 tribunali subprovinciali<br />

d’Italia, al 15° per popolazione,<br />

al 2° per estensione, al 15° per organico<br />

di magistrati e al 9° per sopravvenienze<br />

medie (cioè <strong>il</strong> carico processuale) nel<br />

quadriennio 2006/2010. I numeri parlano<br />

chiaro, ma a quanto pare i buoni piazzamenti<br />

ottenuti in tutte le classifiche non<br />

bastano a garantirne la sopravvivenza.<br />

In città la preoccupazione sale e non<br />

solo tra gli addetti ai lavori. Il 12 luglio<br />

nasce <strong>il</strong> Comitato per la difesa della legalità<br />

in Capitanata, un comitato quasi in<br />

seduta permanente che discute, si anima,<br />

cerca una soluzione che possa far indietreggiare<br />

<strong>il</strong> governo. L’Ordine e <strong>il</strong> Comitato<br />

continuano a farsi sentire con gli organi<br />

istituzionali e ad agosto arriva una<br />

buona notizia: le Commissioni Giustizia<br />

della Camera dei Deputati e del Senato, a<br />

cui è stato sottoposto <strong>il</strong> progetto di decreto,<br />

esprimono parere favorevole (ma non<br />

TI: eSTenSIone, Ma uguaLMenTe<br />

SoppreSSo)<br />

5. Cassino (11-13-11-7 totale 42) (salvato)<br />

(parametri raggiunti: nessuno; salvato per<br />

la presenza di criminalità organizzata)<br />

6. Velletri (3-4-3-35 totale 45) (salvato)<br />

(parametri raggiunti: sopravvenienze<br />

medie, magistrati, popolazione)<br />

7. Civitavecchia (12-12-9-13 totale 46)<br />

(salvato) (parametri raggiunti: nessuno;<br />

salvato ugualmente)<br />

8. Marsala (16-9-10-19 totale 54) (salvato)<br />

(parametri raggiunti: nessuno; salvato<br />

ugualmente)<br />

9. Torre annunziata (2-2-4-57 totale 65)<br />

(salvato) (parametri raggiunti: sopravvenienze<br />

medie, magistrati, popolazione)<br />

10. nola (4-3-2-56 totale 65) (salvato)<br />

(parametri raggiunti: sopravvenienze<br />

medie, magistrati, popolazione)<br />

vincolante) per quanto riguarda la salvezza<br />

del tribunale di Lucera, inserendolo al<br />

primo posto tra i tribunali da non sopprimere<br />

e suggerendo l’accorpamento della<br />

sezione distaccata della vicina città di San<br />

Severo, che attualmente fa parte della circoscrizione<br />

del tribunale di Foggia. Peccato<br />

che i “vicini” non abbiano intenzione<br />

di collaborare: l’Ordine degli avvocati<br />

di Foggia, infatti, si solleva contro i pareri<br />

delle due Camere, dichiarando di non<br />

avere alcuna intenzione di privarsi della<br />

sezione distaccata di San Severo.<br />

Con l’amaro in bocca si arriva al 10<br />

agosto, giorno in cui <strong>il</strong> decreto legislativo<br />

viene adottato dal Consiglio dei ministri.<br />

La soppressione del tribunale di Lucera è<br />

confermata, mentre vengono salvati altri<br />

sei tribunali, tra cui alcuni con standard<br />

molto bassi, come i tre tribunali molisani<br />

di Larino, Isernia e Campobasso, che<br />

in tutte le classifiche del ministero si collocano<br />

sempre ben al di sotto degli standard<br />

ottenuti dal tribunale pugliese.<br />

| | 12 settembre 2012 | 25


interni CRONACHE DALLA PUGLIA<br />

La conferma della soppressione è un<br />

colpo per tutta la cittadinanza, che vede<br />

avvicinarsi lo spettro della chiusura. È arrivato<br />

<strong>il</strong> momento di una movimentazione<br />

generale. Il sindaco Pasquale Dotoli, l’Ordine<br />

degli avvocati di Lucera e <strong>il</strong> Comitato<br />

per la difesa della legalità in Capitanata<br />

invitano la popolazione a restituire le tessere<br />

elettorali in segno di protesta nei confronti<br />

della decisione del Governo. In pochi<br />

giorni vengono ritirate circa 2.500 tessere,<br />

molte in occasione della festa patronale<br />

di Santa Maria Assunta, <strong>il</strong> 16 agosto. Quel<br />

giorno in piazza Duomo c’è anche <strong>il</strong> vescovo,<br />

monsignor Domenico Cornacchia, che<br />

davanti a diecim<strong>il</strong>a persone suona le campane<br />

a morto per commemorare la dipartita<br />

del tribunale e dell’ospedale di Lucera,<br />

zittendo tutti i presenti. Grazie a quel<br />

gesto plateale la stampa nazionale comincia<br />

a interessarsi alla storia.<br />

Arriva anche la De Gregorio<br />

Persino Concita De Gregorio si prende la<br />

briga di arrivare a Lucera, con tutte le difficoltà<br />

del caso, perché qui non arriva nemmeno<br />

<strong>il</strong> treno, e racconta sulle pagine di<br />

Repubblica la resistenza di una città che<br />

ha paura di rimanere da sola a combattere<br />

la malavita locale: «Certo – commenta<br />

Agnusdei – forse <strong>il</strong> tono usato dalla giornalista<br />

è stato un po’ troppo sensazionalistico,<br />

ma non si può negare che sul territorio<br />

appartenente alla circoscrizione del tribunale<br />

di Lucera vi sia una forte presenza di<br />

associazioni a delinquere di stampo mafioso,<br />

riconosciuta anche dalla Corte suprema<br />

di cassazione in almeno sei sentenze».<br />

Ma come, la presenza di criminalità organizzata<br />

non è uno dei parametri ut<strong>il</strong>izzati<br />

per stab<strong>il</strong>ire la sopravvivenza di un tribunale?<br />

«Si – commenta <strong>il</strong> sindaco Dotoli –<br />

ma evidentemente <strong>il</strong> ministero della Giustizia<br />

non riconosce un dato evidenziato<br />

e riconosciuto dal ministero dell’Interno».<br />

Tutto sembra remare contro <strong>il</strong> tribunale<br />

di Lucera e la sensazione è che a questa<br />

città ricca di arte e cultura manchi<br />

qualcosa o meglio qualcuno, un “santo<br />

in Paradiso”, come lascia intendere tra le<br />

righe <strong>il</strong> presidente dell’Ordine degli avvocati:<br />

«Rappresento un’istituzione e come<br />

tale non voglio lasciare spazio a <strong>il</strong>lazioni<br />

di alcun tipo. Le dirò solo una cosa: sono<br />

troppe le stranezze guardando quelle classifiche».<br />

Ma una spiegazione ci dovrà pur<br />

essere: «Forse paghiamo la vicinanza a Foggia,<br />

da cui Lucera dista solo 18 ch<strong>il</strong>ometri.<br />

Il punto è che <strong>il</strong> tribunale di Foggia non<br />

può da solo occuparsi della giustizia intera<br />

della seconda provincia più estesa d’Italia<br />

(la prima è Bolzano, occupata però in<br />

gran parte dalle montagne). Se tutti i pro-<br />

26 | 12 settembre 2012 | |<br />

cessi e le cause civ<strong>il</strong>i del tribunale di Lucera<br />

e di tutte le sedi distaccate – che <strong>il</strong> governo<br />

ha intenzione di chiudere su tutto <strong>il</strong><br />

territorio italiano senza alcuna eccezione<br />

– fossero convogliati su Foggia, <strong>il</strong> sistema<br />

giustizia collasserebbe». Dati alla mano,<br />

è diffic<strong>il</strong>e non essere d’accordo: <strong>il</strong> Palazzo<br />

di giustizia di Foggia attualmente ha 23<br />

m<strong>il</strong>a processi penali e 150 m<strong>il</strong>a cause civ<strong>il</strong>i<br />

(record regionale). Con l’accorpamento<br />

di Lucera e delle sedi distaccate si potreb-<br />

Luigi Birritteri è <strong>il</strong> capo del Dipartimento<br />

dell’organizzazione giudiziaria,<br />

del personale e dei servizi<br />

del ministero della Giustizia. Si è occupato<br />

in prima persona di rivedere la geografia<br />

giudiziaria italiana.<br />

Avrà sicuramente avuto modo di apprendere<br />

la mob<strong>il</strong>itazione generale della<br />

popolazione di Lucera a seguito della<br />

decisione del governo di chiudere lo storico<br />

tribunale della città pugliese.<br />

Abbiamo elaborato criteri oggettivi<br />

e omogenei – come ci imponeva la leg-<br />

bero raggiungere cifre da brividi, arrivando<br />

a sfiorare le 200 m<strong>il</strong>a cause penali e le<br />

400 m<strong>il</strong>a cause civ<strong>il</strong>i: «Sarebbe <strong>il</strong> De Profundis<br />

della giustizia» ammette Agnusdei<br />

a cui fa eco <strong>il</strong> sindaco Dotoli: «Senza contare<br />

che Foggia, per stessa ammissione della<br />

sua amministrazione locale, non ha strutture<br />

adatte a ospitare nuovo personale e<br />

un’utenza praticamente raddoppiata. Molto<br />

probab<strong>il</strong>mente sarà costretta a costruire<br />

nuove strutture per ospitare tutti, allora<br />

IL DIRIGENTE chE hA DEcISO LA SOPPRESSIONE<br />

«Ma quei numeri<br />

non sono i nostri»<br />

Luigi Birritteri respinge le accuse: «Le proteste<br />

non collimano coi dati del ministero, la sede<br />

è al di sotto degli standard». Allarme mafia?<br />

«La misura rafforza la lotta alla criminalità»<br />

Luigi Birritteri, capo dipartimento<br />

al ministero della Giustizia


dove sta <strong>il</strong> risparmio così voluto dal governo?».<br />

Il sindaco è convinto che <strong>il</strong> tempo e<br />

i numeri daranno ragione alla sua città,<br />

intanto è pronto anche a un gesto estremo:<br />

«Aspettiamo di vedere se <strong>il</strong> Capo dello Stato<br />

apporrà la sua firma sulla legge delega.<br />

In caso positivo io e i miei colleghi dei 32<br />

comuni della circoscrizione del tribunale<br />

di Lucera siamo pronti a dimetterci: come<br />

fa <strong>il</strong> prefetto a nominare così tanti commissari<br />

prefettizi?». Anche l’Ordine degli<br />

ge delega e la giurisprudenza della Corte<br />

costituzionale – sulla base dei quali si<br />

sono operate le scelte finali approvate nel<br />

consiglio dei ministri del 10 agosto scorso.<br />

Per quanto riguarda <strong>il</strong> tribunale di<br />

Lucera posso affermare che i dati oggettivi<br />

e ufficiali dimostrano che si tratta di<br />

un tribunale nettamente sotto gli standard<br />

oggettivi selezionati per operare<br />

l’intervento sugli uffici giudiziari che la<br />

legge consentiva di sopprimere. A ciò si<br />

aggiunga la distanza minima (meno di<br />

20 ch<strong>il</strong>ometri) tra <strong>il</strong> tribunale di Lucera<br />

e quello accorpante di Foggia. Nessun tribunale<br />

sopprimib<strong>il</strong>e con questa particolare<br />

caratteristica è stato mantenuto in vita.<br />

Il lavoro svolto da Lucera sarà convogliato<br />

sul già sovraccarico tribunale di<br />

Foggia che non ha spazi sufficienti per<br />

accogliere altro personale e utenza. Si<br />

renderà quindi necessaria la locazione<br />

di altri immob<strong>il</strong>i. Dov’è <strong>il</strong> risparmio?<br />

Riteniamo che la domanda del tribunale<br />

di Lucera possa essere adeguatamente<br />

assorbita dal tribunale di Foggia, che<br />

sta gradualmente risolvendo <strong>il</strong> congestionamento<br />

dei contenziosi. Quanto ai problemi<br />

di ed<strong>il</strong>izia giudiziaria, basta ricordare<br />

che proprio la vicinanza delle due strutture<br />

giudiziarie consentirà – se necessario<br />

– di ut<strong>il</strong>izzare la norma che prevede l’uti-<br />

avvocati si dice pronto alla battaglia: «Faremo<br />

tutto ciò che è in nostro potere per non<br />

dire addio al tribunale», chiosa Agnusdei.<br />

«Non dimentichiamoci che una struttura<br />

di questo genere è di grande aiuto anche<br />

agli esercizi commerciali della zona. Se<br />

venisse smantellata sarebbe un colpo gravissimo<br />

per l’intera economia locale. Noi<br />

non stiamo lottando solo per <strong>il</strong> tribunale,<br />

stiamo lottando per la nostra città».<br />

Paola D’Antuono<br />

lizzo delle strutture dei tribunali soppressi<br />

per i prossimi 5 anni senza alcun aggravio<br />

di costi per i contribuenti.<br />

Nel territorio che circonda <strong>il</strong> tribunale<br />

di Lucera c’è una forte presenza di criminalità<br />

organizzata. La chiusura del<br />

presidio di giustizia è stata percepita<br />

dalla cittadinanza come un abbandono<br />

da parte dello Stato.<br />

Sono stato per oltre 22 anni magistrato<br />

sia giudicante che requirente nella Sic<strong>il</strong>ia<br />

occidentale, occupandomi pressoché<br />

esclusivamente di processi di mafia. Forte<br />

anche di questa esperienza posso affermare<br />

che con questa riforma non soltanto<br />

non si arretra di un m<strong>il</strong>limetro, in ambito<br />

giudiziario, nell’attività di contrasto alle<br />

organizzazioni criminali ma anzi, se ne<br />

rafforza l’efficienza attraverso una migliore<br />

dislocazione dei magistrati e del personale<br />

amministrativo sul territorio e una<br />

più accentuata specializzazione delle funzioni.<br />

Altra questione è invece quella della<br />

misurazione imposta dalla legge del<br />

tasso d’impatto della criminalità organiz-<br />

«Sono stato per oltre 22 anni magistrato<br />

in Sic<strong>il</strong>ia occupandomi di processi di mafia.<br />

Questa riforma non solo non arretra, bensì<br />

rafforza la lotta alle organizzazioni criminali»<br />

Sopra, proteste contro i tagli<br />

del governo che a Lucera investono<br />

anche ospedale, carabinieri, catasto<br />

e agenzia delle entrate. A sinistra,<br />

la conferenza stampa dell’Ordine<br />

degli avvocati di Lucera presieduto<br />

da Giuseppe Agnusdei<br />

zata nel singolo circondario, nell’ambito<br />

della quale ancora una volta i numeri e i<br />

dati oggettivi non collimano con le proteste.<br />

Dalla documentazione acquisita non<br />

emergono – a differenza degli altri tribunali<br />

recuperati su indicazione del Parlamento<br />

a causa del tasso d’impatto della<br />

criminalità organizzata – dati che possono<br />

giustificare <strong>il</strong> mantenimento del tribunale<br />

sotto questo prof<strong>il</strong>o.<br />

Eppure sia la Commissione Giustizia<br />

della Camera dei deputati, sia la Commissione<br />

Giustizia del Senato, hanno<br />

espresso parere positivo (anche se non<br />

vincolante) sulla conservazione del tribunale<br />

di Lucera.<br />

Numerose indicazioni provenienti<br />

dalle Commissioni sono state vagliate<br />

e accolte dal governo, specialmente in<br />

materia di mantenimento dei cosiddetti<br />

presidi antimafia. Ma gli approfondimenti<br />

effettuati anche per <strong>il</strong> tribunale<br />

di Lucera si sono conclusi negativamente<br />

sulla sola base dei parametri oggettivi<br />

che ho sopra ricordato. Mi permetta<br />

di aggiungere che esiste<br />

anche <strong>il</strong> parere del Consiglio<br />

superiore della magistratura,<br />

che ha apprezzato<br />

la riforma e le scelte operate<br />

dal governo. [pda]<br />

| | 12 settembre 2012 | 27


PERCHÉ INVESTIRE SULLE OPERE EDUCATIVE IN CARCERE<br />

Il contrario della libertà<br />

non è una cella ma la solitudine<br />

di Renato Farina<br />

Qui esibisco una perla. non lasciate che la prendano a martellate, o che la nascondano.<br />

Ho un po’ paura, scrivendone, di sciuparla, maneggiandola con le mie<br />

mani da pregiudicato e da deputato (l’incrocio peggiore secondo la Bibbia<br />

Universale in Voga). Ma guardatela, veneratela, pregate Dio che la moltiplichi, non<br />

solo nelle galere ma fuori. Le case circondariali talvolta circondano dei tesori.<br />

Ho resistito per un po’, ma ora – l’avete capito – torno a rompere le scatole al<br />

mondo sulle carceri. Non so, forse ci vedo una profezia del mio futuro. Oppure vedo<br />

lì, sperimento in quel posto, <strong>il</strong> triplo concentrato di pomodoro, l’acqua di colonia<br />

purissima della nostra vita oggi in Italia. Disperazione e speranza.<br />

Di recente con Boris Godunov (nota per i pm: non si tratta di autocalunnia, egli<br />

esiste veramente, ma attraversa le porte come Gesù) sono stato in visita alla prigione<br />

di Como. Problemi? Quelli soliti. Celle per due occupate da quattro,<br />

palestra che non c’è, mancanza di agenti. Il pane pesante e malcotto,<br />

immangiab<strong>il</strong>e, come quello delle carceri russe. Dico al comandante<br />

Maria Cristina Cobetto, un commissario competente e sensib<strong>il</strong>e:<br />

«Noi ci occupiamo di lavoro in prigione. C’è una mia legge che<br />

aspetta invano dal governo l’ok per <strong>il</strong> finanziamento». Spieghiamo<br />

come al solito la rava e la fava, e cioè che conviene a tutti ampliare<br />

gli spazi di lavoro vero, perché se uno lavora mentre è detenuto, e<br />

poi quello stesso lavoro perdura anche dopo la fine della pena, non si delinque più.<br />

Statistiche universali. Così <strong>il</strong> comandante ci accompagna in una sala piena di computer.<br />

Una dozzina di persone sono radunate intorno a un tavolo. Sono quelli del<br />

Centro Stampa Homo Faber. Lavorano nel campo della grafica. Si predispongono<br />

manifesti pubblicitari o artistici. Roba bella è esposta. Boris è fulminato dalla riflessione<br />

di un ragazzo albanese di nome Zef, 580 euro al mese di paga part time: «Non<br />

è importante uscire dal carcere o stare dentro». Ehi, la libertà, tu scherzi… «No, non<br />

scherzo. Lo so bene cos’è la libertà. Il contrario della libertà non è stare in carcere. Il<br />

contrario della libertà è la solitudine disperata, è essere soli. E questa vale dentro e<br />

fuori». Me lo confessava anche un vecchio, sdraiato sulla brandina, nel settore “protetti”<br />

(quelli che se si mescolano ai detenuti comuni finiscono male: sono sex offender<br />

oppure “infami”). «Esco a novembre. Non ho nessuno, non ho un tetto, non ho<br />

chi mi vuol bene». La comandante commenta: «Uscire ed essere solo, non avere una<br />

casa, è una disperazione tale per molti che compiono poi reati per rientrare».<br />

Nel Centro Stampa Homo Faber vedo, palpo qualcosa di più di un modo per<br />

sfangarsela. È <strong>il</strong> cuore di una vita nuova. Una cellula rivoluzionaria risorta da morte.<br />

Non so spiegarmi meglio. Boris dice: «Una fontana nel giardino dello zar». Apprendo<br />

che questa esperienza è a rischio. Questioni di ministeri, di regolamenti.<br />

Zef: «Ciò che cambia nel profondo è se esci da solo, e sei solo, oppure se sei legato a<br />

un’esperienza di verità, amore e lavoro». Gli altri intorno, brianzoli o lecchesi, confermano.<br />

Tutto nasce da una maestra d’as<strong>il</strong>o, fondatrice di scuole, Patrizia Colombo.<br />

Io porterei gite scolastiche a incontrare realtà così, speranze di un futuro per<br />

tutti. Invece di investire denari solo in carceri nuove, si dia la possib<strong>il</strong>ità ad esperienze<br />

educative di crescere. Lo dico qui e ora: guai a chi tocca l’Homo Faber.<br />

BORIS<br />

GODUNOV<br />

IL NOSTRO UOMO<br />

A PALAZZO<br />

Nel Centro Stampa Homo Faber<br />

della prigione di Como si fa grafica.<br />

E si vede, si palpa qualcosa di più di<br />

un modo per sfangarla. Una cellula<br />

rivoluzionaria risorta da morte<br />

| | 12 settembre 2012 | 29


ESTERI<br />

AVEVAMO UN ALLEATO<br />

Quando ci<br />

siamo persi<br />

l’Albania<br />

Prima che i comunisti ne cancellassero la storia,<br />

la sua identità cristiana ed europea si è sempre<br />

salvata nel rapporto con l’Occidente. E nella<br />

resistenza all’invasore ottomano. Com’è che<br />

l’abbiamo svenduta alla Conferenza islamica?<br />

di Ardian Ndreca<br />

L’<br />

AlbAniA festeggiA quest’Anno <strong>il</strong> suo<br />

centenario dell’indipendenza<br />

dall’Impero ottomano e questa<br />

è l’occasione giusta per fare un b<strong>il</strong>ancio<br />

del percorso plurisecolare del paese delle<br />

aqu<strong>il</strong>e verso la libertà.<br />

Nel Quattrocento fu Giorgio Castriota<br />

detto Scanderbeg (1405-1468), a guidare<br />

per 25 anni la lotta dei principi albanesi<br />

contro gli ottomani di Murad II e poi di<br />

Maometto II <strong>il</strong> Conquistatore. La sua fama<br />

di condottiero valente e di diplomatico<br />

ab<strong>il</strong>e varcò i confini dell’Albania e ben<br />

presto <strong>il</strong> Regno di Napoli lo sostenne energicamente.<br />

Anche la Serenissima gli venne<br />

in aiuto, rimanendo però cauta affinché<br />

egli non diventasse troppo potente<br />

da ostacolare gli interessi commerciali<br />

della Repubblica. Un appoggio paterno<br />

e incondizionato gli fu dato dai pontefici<br />

che regnarono in quel quarto di secolo.<br />

Eugenio IV, Niccolò V, Callisto III e Pio<br />

II lo aiutarono sia direttamente con denaro,<br />

sia cercando si sensib<strong>il</strong>izzare le corti<br />

italiane ed europee sull’importanza della<br />

difesa di quel baluardo di cristianità<br />

che era l’Albania. Callisto III usò nei suoi<br />

confronti gli appellativi “defensor fidei”<br />

e “athleta Christi”. Con la morte di Scanderbeg<br />

<strong>il</strong> paese cadde sotto <strong>il</strong> giogo otto-<br />

30 | 12 settembre 2012 | |<br />

L’AUTORE<br />

Tra Tirana e <strong>il</strong> Vaticano<br />

Ardian Ndreca è docente di Storia<br />

della f<strong>il</strong>osofia moderna presso la<br />

Pontificia Università Urbaniana,<br />

dove dirige l’Istituto di ricerca<br />

della non credenza e delle culture<br />

(Isa). È inoltre editore della rivista<br />

cattolica albanese Hylli i Dritës,<br />

fondata nel 1913 dal poeta nazionale<br />

padre Giorgio Fishta.<br />

Tra le opere di Ndreca pubblicate<br />

in lingua italiana ricordiamo<br />

Mediazione o paradosso?<br />

Kierkegaard contra Hegel (Bonomi,<br />

Pavia 2000), La soggettività in<br />

Kierkegaard (UUP 2005), Lessico<br />

di f<strong>il</strong>osofia della storia (UUP 2012).<br />

mano, ma la resistenza continuò tra le<br />

montagne impervie dove i suoi connazionali<br />

mantenevano vive la fede, la lingua<br />

e le tradizioni etniche. Mentre l’Europa<br />

usciva dal Medioevo, l’Albania occupata<br />

era condannata a rimanerci fino agli inizi<br />

del XX secolo.<br />

Uno dei fattori che svolsero un ruolo<br />

fondamentale nel forgiare l’identità albanese<br />

fu la Chiesa cattolica. Infatti, <strong>il</strong> pri-<br />

I dati che riportano l’islam al 70 per cento<br />

della popolazione, seguito da ortodossi e<br />

cattolici rispettivamente al 20 e al 10 per<br />

cento, risalgono alla fine degli anni Trenta<br />

mo documento scritto in albanese è la formula<br />

del battesimo (1462), <strong>il</strong> primo libro<br />

stampato è <strong>il</strong> Messale (1555) del prete Giovanni<br />

Buzuku, <strong>il</strong> libro successivo è la Dottrina<br />

cristiana (1618) del sacerdote Pietro<br />

Budi, che nel 1621 organizzerà un’insurrezione<br />

armata contro gli ottomani. Anche<br />

<strong>il</strong> primo dizionario latino-albanese (1635)<br />

è opera di un sacerdote, Frang Bardhi.<br />

Dopo di lui abbiamo <strong>il</strong> Cuneus Prophetarum<br />

(1685) del vescovo Pie-<br />

tro Bodgani. La prima grammatica<br />

della lingua albanese<br />

(1716) e un dizionario italiano-albanese<br />

(1702) sono<br />

opera del missionario fran-


Foto: AP/LaPresse<br />

cescano Francesco Maria da Lecce. Altri<br />

contributi notevoli per la cultura albanese<br />

li troviamo tra gli esuli che ormai si erano<br />

stab<strong>il</strong>iti nell’Italia meridionale.<br />

La cura della cristianità<br />

Dal Seicento la Chiesa di Roma, preoccupata<br />

dal terrore crescente e dalla pressione<br />

delle tasse che l’amministrazione ottomana<br />

esercitava sui cristiani albanesi con<br />

l’intento di convertirli all’islam, affidò alla<br />

Propaganda Fide <strong>il</strong> compito di curare i<br />

destini della cristianità in quel lembo lacerato<br />

dei Balcani. L’opera immane della Propaganda<br />

Fide in Albania, gli effetti del Kultusprotektorat<br />

esercitato da parte dell’Im-<br />

pero sulle popolazioni cristiane dei territori<br />

della Sublime Porta e più tardi gli esiti<br />

della pace di Passarowitz (1718) agevolarono<br />

la sopravvivenza dello spirito nazionalistico<br />

e aiutarono la preservazione della<br />

fede cristiana. La strada verso la salvezza<br />

passava attraverso la formazione dell’identità<br />

nazionale e religiosa degli albanesi e<br />

dipendeva dalla loro capacità di mantenere<br />

sempre accesa la fiamma della libertà.<br />

Nel 2011, su insistenza dell’Europa, si è svolto<br />

un censimento che prevedeva la dichiarazione<br />

della propria fede. La r<strong>il</strong>evazione, compiuta da<br />

un’agenzia governativa, non è ancora pubblica<br />

Il comunismo albanese di Enver Hoxha<br />

(a destra nella foto sotto, con Nikita<br />

Krusciov, 1959) nel suo totalitarismo<br />

ateo mostrava di unire in sé l’eredità<br />

del dispotismo ottomano con la<br />

“barbarie bolscevica” di stampo<br />

leninista. Non a caso <strong>il</strong> regime si accanì<br />

specialmente contro la Chiesa cattolica.<br />

In alto, Sali Berisha, attuale premier,<br />

ex presidente della Repubblica e leader<br />

in carica del Partito democratico<br />

Nel 1703, la Chiesa, allora guidata da<br />

Clemente XI, pontefice di origine albanese,<br />

avvertì la necessità di indire un conc<strong>il</strong>io<br />

nazionale per rafforzare i fondamenti della<br />

fede cristiana e per rimediare alle necessità<br />

del popolo cristiano in Albania.<br />

Un elemento molto importante che<br />

contribuì a fermare l’islamizzazione del<br />

paese fu <strong>il</strong> diritto consuetudinario albanese,<br />

noto anche come <strong>il</strong> Kanun del principe<br />

Lek Dukagini III (1459-<br />

1479). Il Kanun, con i suoi<br />

tratti fortemente repubblicani<br />

di matrice romana,<br />

ebbe un influsso determinante<br />

nella vita della<br />

| | 12 settembre 2012 | 31


Foto: AP/LaPresse<br />

comunità cattolica del nord, che respinse<br />

la sharia islamica non riconoscendo<br />

così <strong>il</strong> potere giuridico degli occupanti<br />

sulla propria patria. Inoltre là dove vigeva<br />

<strong>il</strong> Kanun si mantenevano<br />

in uso i costumi tradizionali<br />

popolari e non<br />

si usava <strong>il</strong> velo islamico<br />

anche tra coloro che nel<br />

frattempo si erano convertiti<br />

all’islam.<br />

Dopo la Seconda Guerra<br />

mondiale, mentre l’Occidente<br />

che aveva trionfato<br />

sul nazi-fascismo si godeva<br />

i frutti della vittoria,<br />

l’Albania insieme al campo<br />

sovietico cadeva in uno dei<br />

peggiori incubi della sua<br />

storia. Il comunismo albanese<br />

di Enver Hoxha nel<br />

suo astio profondo contro<br />

la religione cristiana e nel suo totalitarismo<br />

privo di qualsiasi spiritualità, mostrava<br />

di unire in sé l’eredità del dispotismo<br />

ottomano con la “barbarie bolscevica” di<br />

stampo leninista. Che <strong>il</strong> comunismo albanese<br />

sia stato di matrice islamica lo dimostra<br />

l’accanimento speciale nei confronti<br />

della Chiesa cattolica e dei suoi membri.<br />

Ciò che suona molto strano per un leader<br />

comunista come Hoxha, per quarant’anni<br />

alla guida del primo paese nel mondo<br />

ateo per costituzione, è che nell’ultima<br />

sua opera, intitolata Appunti sul Medio<br />

Oriente, egli inneggi apertamente alla<br />

civ<strong>il</strong>tà arabo-musulmana e alla presunta<br />

superiorità del Corano sulla Bibbia.<br />

Gli effetti della secolarizzazione<br />

Da due decadi <strong>il</strong> regime comunista è caduto<br />

e con esso sembrava tramontasse un’era<br />

di miserie morali e materiali, ma purtroppo<br />

gli albanesi dall’inizio hanno avuto un<br />

malinteso con la libertà, la quale si confondeva<br />

con la possib<strong>il</strong>ità di spostarsi nello<br />

spazio e con <strong>il</strong> fare ciò che pare e piace.<br />

Il crollo dello Stato nel 1997, la vocazione<br />

totalitaria di Sali Berisha, la mancata rotazione<br />

dei politici albanesi e la non attuazione<br />

delle riforme richieste da Bruxelles<br />

hanno fatto sì che <strong>il</strong> piccolo paese balcanico<br />

rimanesse in una posizione incerta<br />

riguardo ai tempi necessari per entrare<br />

nella Comunità europea.<br />

Possiamo dire che l’Albania è inseguita<br />

da un “passato che non vuole passare”;<br />

alla sua testa si trova ancora un ex membro<br />

del partito comunista di Enver Hoxha<br />

che non ha mai avuto buoni rapporti con<br />

<strong>il</strong> pluralismo politico. La tanto conclamata<br />

amicizia con gli Stati Uniti e la bramata<br />

entrata nella Nato non hanno impedito a<br />

La conclamata amicizia con gli<br />

Stati Uniti e <strong>il</strong> bramato ingresso<br />

nella Nato non hanno impedito a<br />

Berisha di mantenere l’Albania<br />

all’interno della Conferenza<br />

Berisha di continuare a mantenere l’Albania<br />

all’interno della Conferenza islamica,<br />

ai lavori della quale i suoi ministri partecipano<br />

approvando risoluzioni e documenti<br />

contro lo Stato di Israele e contro gli Stati<br />

Uniti d’America. La partecipazione a tale<br />

organismo non è giustificata né dalla storia<br />

del paese, sempre in lotta con l’Impero<br />

ottomano, né dalla società multireligiosa<br />

albanese dove l’islam non è più religione<br />

di maggioranza assoluta.<br />

I dati che riportano l’islam al 70 per<br />

cento della popolazione, seguito da ortodossi<br />

e cattolici rispettivamente al 20 e al<br />

10 per cento, risalgono alla fine degli anni<br />

Trenta. Non dobbiamo dimenticare che,<br />

oltre alle dinamiche dello sv<strong>il</strong>uppo demografico,<br />

in Albania ha avuto un forte influsso<br />

sulla composizione religiosa del paese<br />

la politica dell’ateismo di Stato degli anni<br />

della dittatura. In quasi cinquant’anni in<br />

Albania si è verificato <strong>il</strong> fenomeno della<br />

Noi, sostiene <strong>il</strong> più<br />

grande scrittore<br />

albanese, Isma<strong>il</strong><br />

Kadare, entriamo<br />

di diritto nella<br />

famiglia europea<br />

dei popoli, grazie<br />

alla nostra<br />

tradizione cattolica<br />

e alla nostra<br />

identità europea.<br />

Tutto ciò che ci<br />

divide dall’Europa<br />

è contro i nostri<br />

interessi nazionali<br />

AVEVAMO UN ALLEATO ESTERI<br />

islamica (foto qui sotto), alla<br />

quale i suoi ministri partecipano<br />

approvando risoluzioni contro<br />

lo Stato di Israele e l’America.<br />

In basso, Isma<strong>il</strong> Kadare<br />

non credenza e dell’indifferenza religiosa<br />

che secondo gli studi sociologici ha toccato<br />

più da vicino la società musulmana.<br />

Inoltre, nell’ultimo periodo abbiamo l’opera<br />

di proselitismo dei protestanti e di sette<br />

religiose che hanno fatto molti adepti.<br />

L’anno scorso, su insistenza della Comunità<br />

europea, dopo parecchi tentennamenti,<br />

ha avuto luogo un censimento generale<br />

della popolazione che comprendeva anche<br />

la dichiarazione volontaria della propria<br />

appartenenza religiosa. Il risultato di tale<br />

censimento, compiuto da un’agenzia controllata<br />

dal governo, a distanza di quasi un<br />

anno non viene ancora reso pubblico.<br />

I cattolici messi da parte<br />

Oggi i cattolici non sono rappresentati nella<br />

vita pubblica e politica del paese, mentre<br />

dal 2005, anno della vittoria del Partito<br />

democratico, è aumentata notevolmen-<br />

te la pressione dell’integralismo islamico<br />

sia nel Kosovo sia in Albania.<br />

Il più grande scrittore<br />

albanese, Isma<strong>il</strong> Kadare,<br />

candidato al premio Nobel<br />

da diversi anni, continua<br />

a ribadire con forza l’appartenenza<br />

del suo popolo<br />

alla migliore tradizione<br />

europea e soprattutto<br />

all’umanesimo cristiano.<br />

Noi, scrive Kadare, entriamo<br />

di diritto nella famiglia<br />

europea dei popoli, grazie<br />

alla nostra tradizione cattolica<br />

e alla nostra identità<br />

europea. Tutto ciò che ci<br />

divide dall’Europa è contro<br />

i nostri interessi nazionali<br />

e contro <strong>il</strong> nostro futuro. n<br />

| | 12 settembre 2012 | 33


ROSSOPORPORA<br />

Choc di civ<strong>il</strong>tà?<br />

No, grazie<br />

Si battono per la libertà dei credenti contro<br />

i soprusi del potere. Difendono la legge<br />

naturale dal far west dei diritti. Dall’America<br />

all’Europa s’avanza un fronte cardinalizio che<br />

non si arrende alla deriva sociale zapateriana<br />

di Giuseppe Rusconi<br />

In Occidente <strong>il</strong> mOndO cattOlicO è alle<br />

prese con frequenza crescente con<br />

uno Stato che in non pochi casi<br />

ormai tende a perseguire un modello di<br />

laicità “negativa” (ovvero noncurante dei<br />

rapporti con la religione, da ritenersi fatto<br />

privato e di nessuna r<strong>il</strong>evanza sociale).<br />

Sempre più tale tipo di Stato, appellandosi<br />

all’“autonomia del giudizio” individuale<br />

e con un ritmo accelerato, pun-<br />

34 | 12 settembre 2012 | |<br />

ta allo stravolgimento dei cardini della<br />

legge naturale (e non certo solo cattolica)<br />

in materia di vita e di famiglia. La reazione<br />

delle gerarchie cattoliche nazionali<br />

appare, come abbiamo già registrato<br />

nelle ultime edizioni di “Rossoporpora”,<br />

assai variegata. Se ad esempio nell’ambito<br />

germanofono si levano voci cardinalizie<br />

piuttosto conc<strong>il</strong>ianti, in quello anglofono<br />

prevalgono <strong>il</strong> “sì sì, no no” e l’attivismo<br />

sociale a tutto campo. In Francia le gerarchie,<br />

con la reintroduzione della pre-<br />

ghiera nazionale per la festa dell’Assunzione,<br />

hanno voluto scuotere la coscienza<br />

dei fedeli (e non solo), mentre in Italia<br />

le parole della presidenza della Conferenza<br />

episcopale a difesa di vita e famiglia<br />

risuonano inequivocab<strong>il</strong>i.<br />

TRA MITT E BARACK. È oggi <strong>il</strong> cardinale<br />

Timothy Dolan a rappresentare davanti<br />

all’opinione pubblica <strong>il</strong> “movimentismo”<br />

di buona parte del cattolicesimo a<br />

stelle e strisce. L’arcivescovo di New York<br />

non pretende evidentemente di dettare le<br />

regole della convivenza civ<strong>il</strong>e, ma chiede<br />

prima di tutto che la voce della Chiesa sia<br />

ascoltata e rispettata in un paese che nel<br />

libero esercizio della religione trova uno<br />

dei propri princìpi fondativi, confermato<br />

anche in tempi recenti con <strong>il</strong> Religious<br />

Freedom Restoration Act del 1993. È per<br />

questo che <strong>il</strong> sessantaduenne porporato


Foto: AP/LaPresse<br />

si batte con energia contro quell’aspetto<br />

liberticida della nuova legge sanitaria<br />

obamiana che obbligherà dal primo agosto<br />

del 2013 anche gli enti di ispirazione<br />

religiosa a pagare ai dipendenti i costi<br />

dei contraccettivi e dell’aborto, senza<br />

poter far valere <strong>il</strong> diritto all’obiezione di<br />

coscienza. Tra le ultime mosse in materia,<br />

oltre alla presentazione da parte di molte<br />

istituzioni non solo cattoliche di decine<br />

di ricorsi contro tale legge, anche la messa<br />

in atto di una strategia presenzialista<br />

di tutto r<strong>il</strong>ievo: <strong>il</strong> 30 agosto <strong>il</strong> cardinale<br />

Dolan, ha guidato la preghiera conclusiva<br />

della Convention repubblicana di Tampa<br />

in Florida. Una presenza questa che<br />

ha sollevato polemiche anche in campo<br />

cattolico, pur se non è certo una novità<br />

nell’ambito di tali kermesse (già nel 1948<br />

<strong>il</strong> cardinale di F<strong>il</strong>adelfia Dennis Dougherty<br />

pregò nelle Convention di quell’anno):<br />

da talune parti se n’è arguita una palese<br />

preferenza della Chiesa statunitense per<br />

una vittoria repubblicana alle presidenziali.<br />

Il che potrà anche corrispondere a<br />

verità in questo momento (considerata in<br />

aggiunta l’“ammirazione” del porporato<br />

per <strong>il</strong> candidato repubblicano a vicepresidente<br />

Paul Ryan); in ogni caso <strong>il</strong> cardinale<br />

ha fatto sapere di aver accettato pure<br />

l’invito per la preghiera alla Convention<br />

democratica di Charlotte, North Carolina,<br />

in programma <strong>il</strong> 6 settembre. Non<br />

solo: per <strong>il</strong> 18 ottobre ha invitato alla tradizionale<br />

cena di beneficenza della Fondazione<br />

Al Smith sia Obama che Rom-<br />

Timothy Dolan ha invitato all’annuale cena<br />

di beneficenza della Fondazione Al Smith<br />

sia Obama che Romney: vuole parlare senza<br />

mediazioni con i big della politica statunitense<br />

Impegnato in prima linea<br />

contro la riforma di Obama che<br />

impone anche agli enti cattolici<br />

di pagare ai dipendenti polizze<br />

sanitarie comprensive di aborto<br />

e contraccettivi, <strong>il</strong> capo della<br />

Conferenza episcopale Usa<br />

Timothy Dolan ha accettato<br />

l’invito alla preghiera conclusiva<br />

di entrambe le convention<br />

repubblicana e democratica in<br />

vista delle elezioni presidenziali<br />

ney, a testimoniare, più che un intento di<br />

schierarsi, la volontà di essere ascoltato e<br />

ascoltare senza mediazioni i protagonisti<br />

della politica statunitense.<br />

GIOCO DURO IN SCOZIA. Intanto in<br />

Scozia prosegue la sua battaglia anche<br />

<strong>il</strong> cardinale Keith O’Brien (vedi gli ultimi<br />

“Rossoporpora”). Da una parte <strong>il</strong> 19<br />

agosto ha comunicato la sospensione di<br />

ogni dialogo ufficiale con <strong>il</strong> primo ministro<br />

scozzese Alex Salmond, capo di un<br />

governo che a luglio aveva approvato<br />

un progetto di legge per la legalizzazione<br />

entro <strong>il</strong> 2015 delle “unioni omosessuali”.<br />

Dall’altra, insieme<br />

con la Conferenza episcopale<br />

scozzese, ha promosso<br />

<strong>il</strong> 25 agosto una “domenica<br />

nazionale per <strong>il</strong> matrimonio”,<br />

accompagnando<br />

| | 12 settembre 2012 | 35


ROSSOPORPORA<br />

l’iniziativa con una lettera da lui firmata<br />

in cui si ribadisce <strong>il</strong> «profondo disappunto<br />

per <strong>il</strong> fatto che l’esecutivo ha deciso<br />

di ridefinire <strong>il</strong> matrimonio e di legalizzare<br />

le unioni tra persone dello stesso<br />

sesso». Chiede l’arcivescovo di Edimburgo<br />

che «i politici sostengano <strong>il</strong> matrimonio,<br />

invece di sovvertirlo, di alterarlo,<br />

di distruggerlo»; e invita i fedeli a «continuare<br />

nei loro sforzi contro i tentativi di<br />

ridefinire l’unione coniugale».<br />

UNA PRECE PER HOLLANDE. In Francia<br />

invece acque agitate tra i laicisti per<br />

l’iniziativa del cardinale André Vingt-<br />

Trois, presidente della Conferenza episcopale<br />

transalpina, di ripristinare in tutte<br />

le chiese la preghiera nazionale per la<br />

festa dell’Assunzione. Promossa da Luigi<br />

XIII nel 1638 come ringraziamento alla<br />

Madonna per la nascita del futuro Roi<br />

Sole<strong>il</strong>, caduta in disuso dopo la Seconda<br />

Guerra mondiale, ha conosciuto quest’anno<br />

nuova vita in ragione, come ha spiegato<br />

lo stesso arcivescovo di Parigi, «dei probab<strong>il</strong>i<br />

progetti legislativi del governo sulla<br />

famiglia». Il riferimento è alla volontà<br />

del neo-presidente francese François<br />

Hollande di seguire le orme zapateriche,<br />

introducendo tra l’altro <strong>il</strong> “matrimonio<br />

omosessuale” entro <strong>il</strong><br />

primo semestre del 2013,<br />

come ha confermato <strong>il</strong><br />

2 agosto ai microfoni di<br />

Europe 1 Dominique Bertinotti,<br />

ministro delegato<br />

alla Famiglia (!). La preghiera<br />

scritta dal porporato conta quattro<br />

punti, che riguardano coloro che sono<br />

colpiti dalla crisi economica, poi i legislatori<br />

(«Il loro senso del bene comune vinca<br />

sulle richieste particolari; abbiano la<br />

forza di far prevalere le indicazioni della<br />

loro coscienza»), le famiglie («La loro attesa<br />

legittima di un sostegno da parte della<br />

società non vada delusa»). Nel quarto<br />

punto si chiede che «i bambini e i ragazzi<br />

cessino di essere l’oggetto dei desideri<br />

e dei conflitti degli adulti per beneficiare<br />

pienamente dell’amore di un padre e<br />

di una madre». Tale ultimo passo contenuto<br />

nella preghiera (tanto garbato quanto<br />

chiaro, condivisib<strong>il</strong>e da ogni persona<br />

dotata di raziocinio anche se miscredente)<br />

ha dato fuoco alle polveri dell’anticlericalismo<br />

più vieto. Se <strong>il</strong> cardinale Vingt-<br />

Trois non ha più r<strong>il</strong>asciato dichiarazioni<br />

particolari, ci ha pensato <strong>il</strong> confratello<br />

di Lione, Ph<strong>il</strong>ippe Barbarin, a concedere<br />

alcune interviste di st<strong>il</strong>e “americano”.<br />

Il 13 agosto <strong>il</strong> sessantaduenne porporato<br />

ha detto al quotidiano Le Figaro che<br />

«l’ora è grave, poiché siamo a un punto di<br />

36 | 12 settembre 2012 | |<br />

Il capo dei vescovi francesi André Vingt-Trois<br />

ha deciso di ripristinare la preghiera nazionale<br />

per la festa dell’Assunzione anche in ragione<br />

dei «progetti del governo sulla famiglia»<br />

rottura della civ<strong>il</strong>tà quando si pretende di<br />

snaturare <strong>il</strong> matrimonio, da sempre realtà<br />

meravigliosa e frag<strong>il</strong>e». È una manovra<br />

in qualche modo diversiva: «La tentazione,<br />

in una crisi come quella in cui siamo<br />

immersi e che lascia ai governi uno scarso<br />

margine di manovra, è quella di cambiare<br />

<strong>il</strong> matrimonio, la famiglia, visto<br />

che non si riesce a riassorbire la disoccupazione».<br />

Il giorno dopo ecco l’intervista<br />

al Progrès di Lione: «L’abbiamo già ribadito<br />

nel febbraio 2007 con <strong>il</strong> grande rabbino<br />

di Lione e <strong>il</strong> rettore della moschea di<br />

V<strong>il</strong>leurbanne: <strong>il</strong> matrimonio è l’unione di<br />

un uomo e di una donna. Tutto sta scritto<br />

sulla prima pagina della Bibbia». Sarebbe<br />

meglio, sostiene ancora <strong>il</strong> cardinale, che i<br />

legislativi non invadano ambiti che superano<br />

la loro competenza: «Un parlamento<br />

è costituito per trovare lavoro per tutti,<br />

per occuparsi di sicurezza, sanità, pace.<br />

Ma un parlamento non è Dio-Padre».<br />

MATRIMONIO ALL’ITALIANA. Interpellato<br />

a Genova, a margine dei Vespri<br />

dell’Assunzione, <strong>il</strong> cardinale Angelo<br />

Bagnasco ha condiviso la “preghiera”<br />

francese: «È una tradizione antica. Evidentemente<br />

i vescovi, conoscendo la situazione<br />

della politica e della società francese,<br />

hanno pensato bene di richiamare l’attenzione<br />

della società cristiana e anche globalmente<br />

di quella civ<strong>il</strong>e, perché i valori<br />

fondanti della convivenza di una società<br />

solidale e coesa, come la famiglia, non<br />

vengano in alcun modo oscurati». Inequivocab<strong>il</strong>e<br />

anche <strong>il</strong> neo-presidente del Pontificio<br />

Consiglio della Famiglia, monsignor<br />

Vincenzo Paglia, che ha pronunciato<br />

parole significative per un uomo di dialogo<br />

qual è ritenuto: «Ha ragione <strong>il</strong> cardinale<br />

Barbarin nel dire che parlare di “matrimonio<br />

gay” vuol dire uno choc di civ<strong>il</strong>tà».<br />

IL MARTIRIO INFINITO. In un’ampia<br />

intervista apparsa sull’Osservatore Romano<br />

del 4 luglio <strong>il</strong> cardinale Angelo Amato<br />

ha commentato tra l’altro <strong>il</strong> decreto<br />

del 28 giugno con cui viene riconosciuto<br />

<strong>il</strong> martirio di don Giuseppe (Pino) Puglisi,<br />

assassinato dalla mafia a Palermo nel<br />

1993: «Si tratta di una causa di martirio<br />

– ha r<strong>il</strong>evato <strong>il</strong> prefetto della Congregazione<br />

delle Cause dei Santi – dato che <strong>il</strong><br />

sacerdote è stato ucciso in odium fidei».<br />

La motivazione potrebbe stupire, dato<br />

che «la mafia viene descritta spesso come<br />

una realtà “religiosa”, una realtà i cui


Foto: AP/LaPresse<br />

membri sembrano apparentemente molto<br />

devoti». I fatti però parlano una lingua<br />

diversa: «Noi abbiamo approfondito questo<br />

aspetto e abbiamo visto come abbiamo<br />

un’organizzazione che, più che “religiosa”,<br />

è essenzialmente “idolatrica”».<br />

Del resto, evidenzia <strong>il</strong> porporato pugliese,<br />

«anche <strong>il</strong> paganesimo antico era “religioso”,<br />

ma la sua religiosità era rivolta<br />

agli idoli». Che per la mafia «sono <strong>il</strong> potere,<br />

<strong>il</strong> denaro e la prevaricazione». Come<br />

non considerarla quindi «una società che,<br />

con un involucro pseudo-religioso, veicola<br />

un’etica antievangelica»? Cosa Nostra<br />

è insomma «una realtà intrinsecamente<br />

anticristiana» (tale affermazione del cardinale<br />

si ritrova sostanzialmente nel titolo<br />

dell’articolo: “Se <strong>il</strong> prete dà fastidio alla<br />

cultura mafiosa anticristiana”, ndr). Allora<br />

si comprende bene l’assassinio di don<br />

Puglisi, «ucciso in quanto sacerdote, non<br />

perché immerso in attività socio-politiche<br />

particolari». Il prefetto settantaquattrenne<br />

ci tiene a sottolinearlo: «Ucciso in<br />

quanto predicava la dottrina cristiana ed<br />

educava i giovani a vivere con coerenza <strong>il</strong><br />

loro battesimo. Non per altro. Non andava<br />

contro nessuno», ma «sottraeva le nuove<br />

generazioni alla nefasta influenza della<br />

malavita». Nell’intervista <strong>il</strong> cardinale<br />

Amato fa altre puntualizzazioni assai<br />

interessanti sui decreti del 28 giugno. Ad<br />

«L’ora è grave, siamo<br />

a un punto di rottura<br />

della civ<strong>il</strong>tà quando si<br />

pretende di snaturare <strong>il</strong><br />

matrimonio», ha detto <strong>il</strong><br />

cardinale arcivescovo di<br />

Lione Ph<strong>il</strong>ippe Barbarin<br />

(foto sopra) in relazione<br />

alla legalizzazione delle<br />

nozze omosessuali<br />

annunciata dal governo<br />

di François Hollande.<br />

A lato, <strong>il</strong> capo della<br />

Conferenza episcopale<br />

francese, l’arcivescovo<br />

di Parigi cardinale<br />

André Vingt-Trois<br />

esempio ricorda che «c’è un gruppo consistente<br />

di martiri della Guerra civ<strong>il</strong>e spagnola,<br />

morti tra <strong>il</strong> 1936 e <strong>il</strong> 1937». Sono <strong>il</strong><br />

vescovo aus<strong>il</strong>iare di Tarragona Emanuele<br />

Borràs Ferré (arrestato dai “rossi” cinque<br />

giorni dopo l’Alzamiento nazionalista,<br />

poi fuc<strong>il</strong>ato e bruciato) e altri 146 sacerdoti<br />

del clero secolare e regolare, assassinati<br />

nello stesso periodo. Osserva <strong>il</strong> prefetto:<br />

«Quella guerra ha inciso profondamente<br />

nella vita della Chiesa in Spagna.<br />

È stato un conflitto molto cruento.<br />

Dodici vescovi sono stati uccisi, a volte in<br />

una maniera crudele. Nemmeno sotto gli<br />

imperatori romani si era arrivati a tanto!».<br />

Un altro decreto sul martirio riguarda<br />

<strong>il</strong> laico indiano Devasahayam P<strong>il</strong>lai,<br />

ucciso nel proprio paese nel 1752. La sua<br />

storia ha molto impressionato <strong>il</strong> presule<br />

salesiano: «Era un indù di una casta alta,<br />

quella dei guerrieri. Quando si convertì<br />

al cristianesimo, ricevette critiche e persecuzioni<br />

da parte dei suoi connazionali<br />

indù, ma non solo. Fu imprigionato e torturato<br />

con ogni specie di supplizio, ma<br />

persistette eroicamente fino alla fine per<br />

Il cardinale Amato ha ricordato che durante<br />

la Guerra civ<strong>il</strong>e spagnola «dodici vescovi sono<br />

stati uccisi» dai “rossi”. «Nemmeno sotto gli<br />

imperatori romani si era arrivati a tanto!»<br />

non rinunciare mai alla sua fede battesimale».<br />

Puntuale l’attualizzazione del cardinale:<br />

«Quindi è una bellissima e grande<br />

figura di testimone per l’India di oggi,<br />

perché anche in questo tempo la Chiesa<br />

indiana è sottoposta a persecuzione, ma<br />

mantiene alta la fede in Cristo».<br />

UN COMMIATO EMINENTE. Mentre<br />

scriviamo, giunge la notizia della morte<br />

del cardinale Carlo Maria Martini, che<br />

<strong>il</strong> 2 giugno scorso aveva avuto un ultimo<br />

incontro con papa Benedetto XVI. Lo<br />

ricordiamo riandando al suo commiato<br />

dal Corriere della Sera. Domenica 24<br />

giugno l’arcivescovo emerito di M<strong>il</strong>ano<br />

ha concluso la sua collaborazione triennale<br />

con <strong>il</strong> quotidiano, che si esprimeva<br />

in una pagina mens<strong>il</strong>e (ultima domenica<br />

del mese) posta sotto <strong>il</strong> titolo “Lettere<br />

al cardinale Martini”. Un appuntamento<br />

atteso da molti, perché le considerazioni<br />

del porporato gesuita non sempre erano<br />

condivise da tutti, ma da tutti erano lette<br />

con attenzione rispettosa della sua caratura<br />

spirituale e culturale. La rubrica era<br />

“lanciata” in prima pagina, con ogni volta<br />

un’introduzione che dava <strong>il</strong> la a quanto<br />

stava scritto all’interno. Titolo di prima<br />

del 24 giugno: “Il dialogo con <strong>il</strong> cuore<br />

resiste al tempo”. Subito sotto l’ottantacinquenne<br />

arcivescovo emerito di M<strong>il</strong>ano<br />

palesava senza giri di parole <strong>il</strong> suo<br />

intendimento: «Viene <strong>il</strong> tempo in cui l’età<br />

e la malattia mi danno un chiaro segnale<br />

che è <strong>il</strong> momento di ritirarsi maggiormente<br />

dalle cose terrene per prepararsi<br />

al prossimo avvento del Regno. Assicuro<br />

della mia preghiera per tutte le domande<br />

rimaste inevase nella rubrica che ho tenuto<br />

per tre anni sul Corriere. Il dialogo con<br />

<strong>il</strong> cuore resiste al tempo». In pagina <strong>il</strong> presule<br />

torinese risponde ad alcune domande<br />

sulla storia di Giuseppe (figlio di Giacobbe)<br />

e a un lettore «sempre più allibito<br />

da ciò che succede nella (nostra?) Chiesa».<br />

In quest’ultimo caso l’esperto biblista<br />

ha risposto: «Lei sa che la mia risposta<br />

procede dalla risposta data da Gesù a<br />

Pietro: “E le porte degli inferi non prevarranno<br />

contro di essa” (Mt 16,18) riferendosi<br />

alla Chiesa. Questa parola darà a Pietro<br />

la certezza che se da un lato le “porte<br />

degli inferi” le sono addosso da sempre,<br />

dall’altro non saranno mai in grado di<br />

chiudersi dietro di essa». Nel taglio basso<br />

della pagina <strong>il</strong> porporato affronta invece<br />

<strong>il</strong> tema della perdita di un<br />

figlio bambino: «È <strong>il</strong> dolore<br />

più grande» e «solo la forza<br />

che viene dalla speranza<br />

può aiutarci a ritrovare<br />

<strong>il</strong> coraggio di vivere». n<br />

| | 12 settembre 2012 | 37


LA RETROMARCIA DI UN GRANDE GIORNALE<br />

Diabolico chapeau per uno scoop<br />

“fuori linea” su Tangentopoli<br />

Mio caro Malacoda, ci sono episodi indubitab<strong>il</strong>Mente favorevoli ai nostri progetti,<br />

e di cui non possiamo non gioire, ma, essendo un diavolo, mi piace sfruculiare<br />

ovunque, anche là dove, per convenienza, dovrei astenermi. Un costume<br />

curioso del giornalismo italiano è la retromarcia dei grandi giornali quando<br />

incappano in uno scoop fuori linea. La scorsa settimana la Stampa ha pubblicato<br />

due interessanti interviste. La prima, postuma, all’ambasciatore americano negli anni<br />

di Tangentopoli, Reginald Bartholomew. Il diplomatico diceva in buona sostanza<br />

che l’allora pm Tonino Di Pietro se la intendeva un po’ troppo con <strong>il</strong> console americano<br />

a M<strong>il</strong>ano, che l’uso disinvolto della carcerazione preventiva non gli piaceva,<br />

e che una destab<strong>il</strong>izzazione dell’Italia per via giudiziaria non era cosa che lasciasse<br />

tranqu<strong>il</strong>li gli alleati. La seconda, al console Peter Sembler, confermava i fatti: con Di<br />

Pietro ci vedemmo nel novembre 1991, mi disse delle indagini, che ci sarebbero stati<br />

arresti e che puntava a Craxi e alla Dc, aveva ben chiaro dove l’inchiesta l’avrebbe<br />

portato, ci vedevamo spesso, eravamo molto informati, lo feci invitare dal Diparti-<br />

mento di Stato, era un personaggio straordinario,<br />

cambiò l’Italia.<br />

Che Tangentopoli non fosse <strong>il</strong> rotolare a<br />

valle di una valanga, causata dall’accidentale<br />

arresto di un “mariuolo”, che si ingrossa<br />

strada facendo, ma <strong>il</strong> risultato dell’azione<br />

di un gruppo di magistrati che voleva<br />

“rivoltare l’Italia come un calzino”, qualcuno<br />

l’aveva già pensato. Avere la conferma che questa azione “politica” godeva del favore<br />

del console americano e di alcuni suoi amici di Washington non è storicamente<br />

secondario. Ma «alla storia non servono ultrà», avverte la Stampa, dopo aver visto <strong>il</strong><br />

cancan sollevato dalle sue interviste. L’accusa agli ultrà è fac<strong>il</strong>e: la storia non si legge<br />

come una sequela di complotti, parola magica che mette a disagio chi cerca di capire<br />

se e come e perché un console, ex consigliere m<strong>il</strong>itare, con addentellati nella Cia e<br />

nell’Fbi abbia in qualche modo favorito l’unico vero cambiamento politico ed economico<br />

italiano dopo la Seconda Guerra mondiale. Si può usare la parola interessi?<br />

Nella ricostruzione che fa di Tangentopoli quasi una necessità storica scopriamo<br />

anche che gli imprenditori, stufi di pagare i politici, si misero spontaneamente in f<strong>il</strong>a<br />

davanti alla procura di M<strong>il</strong>ano. Come se all’epoca, oltre a chi “chiedeva” non ci fosse<br />

nessuno che “offriva”. In merito, un noto avvocato di sinistra della capitale confidò<br />

un giorno a un giornalista che a Roma chiamavano i colleghi m<strong>il</strong>anesi “l’ambulanza<br />

della procura”: i pm minacciavano arresti anche tra gli imprenditori e un noto studio<br />

escogitò la teoria della concussione, dietro lauti compensi (pardon parcelle) gli avvocati<br />

portavano in barella i “concussi” terrorizzati dall’idea della galera, e i pm raccoglievano<br />

le loro “denunce”. Scopriamo anche essere noto che «Di Pietro interrogava<br />

come Tex W<strong>il</strong>ler: ma a tutti, ai primi tempi, andava bene così». Tutti? Ricordo le parole<br />

di un prete, che ci rovinarono i piani: «Un’azione che per punire i colpevoli distrugge<br />

un popolo come coscienza unitaria e come raggiunto benessere ha almeno nella<br />

sua modalità di attuazione qualcosa di ingiusto».<br />

Alla storia non servono ultrà, neanche pompieri. Scusami.<br />

Tuo affezionatissimo zio Berlicche<br />

Avere la conferma che l’azione “politica”<br />

del pool godeva del favore del console<br />

americano non è storicamente secondario.<br />

Ma «alla storia non servono ultrà» scrive la<br />

Stampa dopo aver visto <strong>il</strong> cancan sollevato<br />

NEL DETTAGLIO<br />

LE NUOVE<br />

LETTERE DI<br />

BERLICCHE<br />

| | 12 settembre 2012 | 39


SOCIETÀ<br />

40 | 12 settembre 2012 | |<br />

<strong>il</strong> prezzo di un sì<br />

Gloria<br />

Pelizzo<br />

opera feti affetti da spina bifida, usa la robotica coi<br />

lattanti, mette i carcerati al servizio dei bambini. donna,<br />

madre e pioniera della professione. parla <strong>il</strong> direttore<br />

di chirurgia pediatrica del san Matteo di pavia<br />

La dottoressa che ha sconvolto la sua vita<br />

per rivoluzionare la medicina moderna<br />

È<br />

alta, bionda, di una classe riservata. Il<br />

ta<strong>il</strong>leur rosa e gli orecchini di perle<br />

stonano con i lividi sugli avambracci,<br />

«dovevo portare a tutti i costi <strong>il</strong> comodino<br />

in camera di mia figlia. Siamo a<br />

Pavia da due anni e volevo che finalmente<br />

ne avesse uno suo. Era una promessa».<br />

A parlare è Gloria Pelizzo, l’unico chirurgo<br />

a fare alcuni interventi in Italia. Che<br />

combatte per rivoluzionare <strong>il</strong> concetto di<br />

chirurgia pediatrica, che insegna diversamente<br />

da come vuole la medicina moderna,<br />

che mette insieme carcerati e neonati<br />

e che «mangio, pulisco casa, vado al cinema<br />

allo stesso modo in cui opero. Vivo<br />

ogni giornata come fosse l’ultima». Così<br />

lei fa ogni cosa. «Perché nella vita bisogna<br />

rispondere. Tutto è fatto per essere incontrato<br />

e valorizzato da noi. Anche quando<br />

non capiamo».<br />

La forza della donna che ha operato<br />

bambini affetti da spina bifida quando<br />

erano ancora in grembo, tra i pochi<br />

ad effettuare alcuni interventi di chirurgia<br />

robotica su lattanti e bambini di basso<br />

peso, è sicuramente nella particolare predisposizione<br />

fisica aiutata da un temperamento<br />

tenace. Ma a sentire parlare <strong>il</strong> chirurgo<br />

trapela una vulnerab<strong>il</strong>ità che sembra<br />

fare a pugni con l’eccezionalità del<br />

suo vissuto. «Non ho fatto nulla se non<br />

dire di sì. La mia vita si costruisce su continue<br />

risposte e cedimenti a quello che capi-<br />

In queste pagine, Gloria Pelizzo, direttore di<br />

Chirurgia Pediatrica al San Matteo di Pavia<br />

ta. Un susseguirsi di chiamate di cui non<br />

ho ancora capito pienamente <strong>il</strong> senso».<br />

Pelizzo nasce e cresce in Friuli, quando<br />

decide di andare a studiare medicina<br />

a Ferrara, dove incontra chi le fa capire<br />

che nelle cose che accadono c’è più di<br />

quanto sembra. «Era <strong>il</strong> mio primo maestro,<br />

un chirurgo di religione ortodossa<br />

che si coinvolgeva totalmente con i bam-<br />

bini. Fino a battezzarli e a chiamarci per<br />

fare da testimoni in sala operatoria prima<br />

dell’intervento chirurgico». Poi Pelizzo<br />

vola in Francia. E a Lione incontra quello<br />

che resterà <strong>il</strong> suo mentore. «Mi chiedeva:<br />

“Cosa mi dice di questo paziente?”.<br />

E io: “È affetto da...”. E Lui: “Ma lei lo ha<br />

sentito?”. Io: “Sì lo ho auscultato”. “No! –<br />

si infuriava – lei lo deve prendere su di sé<br />

per sentirlo e quando lui si abbandona<br />

allora siete in sintonia totale e così può<br />

procedere”. L’immagine di quell’uomo<br />

che ascoltava i bambini tenendoli in braccio<br />

mi ha scavato dentro. Oggi cerco di<br />

insegnare questo ai miei collaboratori e<br />

agli studenti». Ma poi Pelizzo vola all’estero<br />

per approfondire gli studi e ci rimane<br />

fino a quando, appena trentacinquenne,<br />

viene nominata primario responsab<strong>il</strong>e<br />

del dipartimento delle urgenze chirurgiche<br />

e dei trapianti pediatrici nell’ospedale<br />

universitario di Lione: «Il mio maestro<br />

venne da me felicissimo: “Vado in pensione<br />

in pace”, mi disse. Il giorno dopo fatti<br />

legati alla mia vita privata mi convinsero<br />

però a rientrare in Italia».<br />

Così la donna dopo un anno a Trento<br />

ne passa un altro all’Ospedale di Ferrara<br />

e successivamente sei presso l’ospedale<br />

pediatrico di Trieste. Presto altre difficoltà<br />

inducono Pelizzo a lasciare <strong>il</strong> suo<br />

lavoro e a cercarne uno che le conceda<br />

più tempo libero. «Andai da un respon


| | 12 settembre 2012 | 41


SOCIETÀ IL PREZZO DI UN SÌ<br />

Dissi a Formigoni: “Sto<br />

perdendo ogni sicurezza nella vita<br />

e sto pagando un prezzo personale<br />

alto per aver accettato questo posto.<br />

Se lei non è con me io mollo”<br />

sab<strong>il</strong>e dell’Asl per dirgli che volevo fare<br />

<strong>il</strong> medico di base. Mi disse che non mi<br />

avrebbe mai aiutato a smettere di curare<br />

i bambini. In quei giorni mi chiamarono<br />

dall’ospedale San Matteo di Pavia, mi<br />

proponevano di dirigere la loro chirurgia<br />

pediatrica: non solo non riuscivo a trovare<br />

un lavoro con meno responsab<strong>il</strong>ità, ma<br />

mi si chiedeva una rinuncia ancora maggiore,<br />

sia per la mia vita privata sia professionale,<br />

dato che sarei dovuta andare<br />

in un ospedale generale, non dedicato in<br />

maniera specifica al bambino».<br />

«Si assuma le sue responsab<strong>il</strong>ità»<br />

Il chirurgo non vuole accettare e passa<br />

due mesi a negarsi, finché arriva l’ennesima<br />

chiamata: «Con vergogna per non<br />

essermi fatta trovare, decisi di rispondere<br />

almeno per correttezza. Ma con mia sorpresa<br />

fu la segretaria del dirigente ospedaliero<br />

a sgridarmi: “Dottoressa la smetta<br />

di scappare e si assuma le sue responsab<strong>il</strong>ità”,<br />

disse. Mi lasciò di stucco, quella<br />

frase continuava a provocarmi anche se<br />

ero decisa a non accettare. Qualche giorno<br />

dopo ebbi un incidente d’auto a cui<br />

sopravvissi miracolosamente. Fui soccorsa<br />

da una donna. Rifiutai di andare all’ospedale<br />

e lei mi riaccompagnò a casa facendo<br />

cento ch<strong>il</strong>ometri di strada. “Scusi – le chiesi<br />

sul cancello di casa – ma l’Aci fa anche<br />

questo?”. “Quale Aci – mi rispose – io sono<br />

solo una ragazza che passava per strada”.<br />

E io: “Perché lo ha fatto?”. “Il bene torna<br />

sempre indietro. Anche lei ha fatto tanto<br />

bene e deve continuare a farlo”. Mi rispose<br />

così e se ne andò. Fu <strong>il</strong> secondo fatto<br />

che mi chiamava a rimanere fedele a quel<br />

lavoro. E a non scappare da quello che mi<br />

era chiesto, anche se avrei dovuto ricominciare<br />

tutto da capo».<br />

È questa, infatti, la battaglia di Pelizzo.<br />

Quella che «continuo a fare cercando<br />

di viverla prima di tutto io, giorno dopo<br />

giorno, guardando <strong>il</strong> bambino come un<br />

essere unico, come un mondo a sé di cui<br />

c’è ancora tutto da conoscere e non come<br />

un piccolo adulto». In questi due anni<br />

<strong>il</strong> chirurgo è riuscito già a fare molto:<br />

ad adottare l’approccio multidisciplinare,<br />

a non spostare i pazienti da un reparto<br />

all’altro, chiedendo che siano i diver-<br />

42 | 12 settembre 2012 | |<br />

«Tratto i feti come<br />

pazienti, li opero a<br />

22 settimane per<br />

arginare i danni<br />

della spina bifida».<br />

Per questo Gloria<br />

Pelizzo sa di essere<br />

“scomoda”: a quella<br />

età gestazionale<br />

l’aborto cosiddetto<br />

“terapeutico” è<br />

infatti ancora<br />

possib<strong>il</strong>e e legale<br />

si specialisti ad andare nel suo. A usare<br />

la chirurgia robotica anche sui bambini<br />

di basso peso e a fare delle diverse figure<br />

professionali una squadra. Anche se<br />

«a me pare di non fare mai abbastanza e<br />

anche se non tutti sono sensib<strong>il</strong>i al tema».<br />

Il suo pare un sacrificio senza ritorno,<br />

cosa la fa andare avanti? «Non so di<br />

preciso chi mi abbia voluta qui. Ma quando<br />

incontrai <strong>il</strong> presidente della Regione,<br />

Roberto Formigoni, gli dissi chi ero: “So<br />

che si aspettava un uomo probab<strong>il</strong>mente.<br />

Io non ho la barba, ma sono qui”. Formigoni<br />

mi disse di sapere tutto. Aprii <strong>il</strong> mio<br />

cuore per dirgli le mie difficoltà. Che i<br />

bambini sono spesso trattati come piccoli<br />

adulti e che questo ha conseguenze gravi. I<br />

bimbi disab<strong>il</strong>i, i più frag<strong>il</strong>i che sono spesso<br />

nutriti con <strong>il</strong> sondino nasogastrico a permanenza,<br />

come vent’anni fa quando oggi,<br />

invece, ci sono le gastrostomie. Gli dissi<br />

che sapevo di essere scomoda per <strong>il</strong> fatto<br />

di trattare i feti in grembo come pazienti,<br />

perché operavo bambini di 22 settimane,<br />

arginando i danni della spina bifida e portandoli<br />

a camminare, quando a quell’età<br />

gestazionale l’aborto cosiddetto terapeutico<br />

è ancora possib<strong>il</strong>e. “Presidente, continuai,<br />

sto perdendo ogni sicurezza nella<br />

vita e sto pagando un prezzo personale<br />

alto per aver accettato questo posto, ma<br />

l’ho fatto per obbedienza. Però se lei non è<br />

con me io mollo”. “Noi ci siamo”, mi rispose.<br />

Capivo che mi comprendeva e che aveva<br />

a cuore <strong>il</strong> bene comune».<br />

«Aiuterò i bambini come me»<br />

«In quei giorni mi era capitato di operare<br />

un bambino venuto dall’Africa. Era malformato,<br />

non parlava ed era stato emarginato<br />

perché ritenuto colpevole della malattia<br />

che lo aveva sfigurato impedendogli di<br />

parlare. Nessuno voleva prendersene cura.<br />

Decisi di operarlo. Dopo un mese e mezzo<br />

parlava. Non solo, ritrovai nel mio studio<br />

una lettera scritta da lui nella nostra lingua.<br />

Mi ringraziava felice di vedere affermata<br />

la sua dignità e di integrarsi nel suo


Sopra, l’ospedale San Matteo di Pavia.<br />

«Per lavorare al massimo non puoi separare<br />

la vita dal lavoro. C’è chi lo insegna in<br />

facoltà, ma è sbagliato: così si crescono<br />

guaritori, non curatori. Che si sentono dei<br />

falliti se non va tutto tecnicamente bene»<br />

paese: “Ho deciso che diventerò un medico<br />

per aiutare i bambini africani trattati<br />

come me”, scriveva dimostrando un’intelligenza<br />

straordinaria. Lo aiuterò a studiare<br />

e chissà che cosa accadrà».<br />

In reparto la sua presenza importante<br />

potrebbe pesare a qualcuno, ma sono<br />

molti ad amarla. «Cerco di trattare i miei<br />

collaboratori al meglio: è necessario per<br />

far funzionare un reparto e stimolarli ad<br />

alzare sempre di più la barra della professionalità<br />

e della conoscenza. Poi, certo, è<br />

commovente vedere che lasciandolo aperto<br />

al personale, l’ufficio diventa una casa<br />

comune (mio fratello quando viene a trovarmi<br />

lo chiama un’agorà): quando accade,<br />

come stamattina, che mi sono trovata<br />

a pregare in ufficio con le infermiere che<br />

avevano chiamato <strong>il</strong> cappellano per una<br />

benedizione, so di non essere sola».<br />

C’è chi in difficoltà, ha ritrovato lo stimolo<br />

lavorando nel suo reparto. «Tante<br />

volte <strong>il</strong> meglio viene da chi, magari perché<br />

frag<strong>il</strong>e, è più emarginato. Ho imparato<br />

che è proprio lui e o lei, quello “scartato”<br />

che diventa la “pietra m<strong>il</strong>iare”». Ecco<br />

<strong>il</strong> bene. E le torna indietro davvero? «Ieri,<br />

dopo due settimane in cui non ero riuscita,<br />

per i troppi impegni sopraggiunti, a<br />

fare quello che avevo promesso alle infermiere,<br />

ho chiesto loro scusandomi se stavano<br />

bene: “Non si preoccupi, noi ci siamo,<br />

lei vada avanti”. Arrivano persino a<br />

gestirmi l’agenda o a ricordarmi di mangiare<br />

quando lo dimentico». Per questo<br />

c’è chi è disposto a tanto per lavorare con<br />

lei: «Guardi che io chiedo molto. Per me<br />

non esiste che si stia qui a metà. Per lavo-<br />

rare al massimo non puoi separare la vita<br />

dal lavoro. C’è chi lo insegna nelle facoltà,<br />

ma è sbagliato: così si crescono dei<br />

guaritori e non dei curatori. Che si difendono<br />

e si sentono dei falliti se non va tutto<br />

tecnicamente bene. Io spiego agli studenti<br />

che noi siamo qui per guarire, certo,<br />

ma soprattutto per curare, l’esito della<br />

vita poi non è nostro». Sì ma se <strong>il</strong> paziente<br />

muore? Se è impossib<strong>il</strong>e salvarlo? «Anche<br />

quando muore <strong>il</strong> corpo, per me lui non<br />

muore mai. Se sai che la vita non la salvi<br />

tu, ognuno diventa un incontro. Per questo<br />

non ho paura di coinvolgermi. Bisogna<br />

insegnare questa speranza altrimenti<br />

tra un po’ i medici scapperanno tutti».<br />

«O qui, o all’happy hour»<br />

Pelizzo dice di non risparmiare nulla a<br />

studenti e collaboratori: «Ricordo uno specializzando<br />

a cui chiesi verso sera di seguire<br />

un’urgenza. Mi disse che doveva andare<br />

a fare l’happy hour. Risposi che se sceglieva<br />

così forse era meglio che ci andasse<br />

tutte le sere. Nessuno è obbligato a fare<br />

questo lavoro. Capì anche lui, se ne andò e<br />

rispetto la sua scelta». Per seguire Pelizzo,<br />

però, ci sono anche professionisti che hanno<br />

lasciato un lavoro redditizio e stab<strong>il</strong>e,<br />

scegliendo piuttosto di lavorare da precario:<br />

«È capitato. Un professionista passò<br />

di qui un giorno. Dopo poco tornò dicendomi<br />

che si era licenziato. Aveva lasciato<br />

<strong>il</strong> suo paese per lavorare con noi. “Ma io<br />

non posso darle un lavoro così remunerato”,<br />

gli spiegai. “So che devo stare qui,<br />

lo accetti”, rispose. Così è stato. Lo stesso<br />

era accaduto qualche anno fa per un altro<br />

medico che ora è stato assunto». Eppure<br />

continua a chiedersi perché proprio qui e<br />

perché ad un prezzo alto. Che tutto interroghi<br />

<strong>il</strong> chirurgo lo dice anche la musica<br />

in reparto per i bambini e <strong>il</strong> suo incontro<br />

con i carcerati: «Scoprii che <strong>il</strong> papà di una<br />

compagna di classe di mia figlia era agente<br />

di custodia. Gli chiesi di farmi conoscere<br />

quella realtà. Fra i detenuti mi fu subito<br />

evidente <strong>il</strong> perché di quell’incontro: c’è<br />

una profonda analogia fra neonati e carcerati.<br />

Entrambi non vivono proiettati nel<br />

futuro, hanno bisogno ora, qui, adesso:<br />

i primi hanno necessità di cure, i secondi<br />

di riscatto; i primi di genitori, i secondi<br />

di recuperare la dignità di uomo e di<br />

padre. Fatto sta che ora i carcerati fanno i<br />

dolci per i bambini del reparto. R<strong>il</strong>egano<br />

e commentano i diari sulla vita quotidiana<br />

dei nostri piccoli. E se tutto va bene la<br />

loro falegnameria farà letti personalizzati<br />

per i pazienti».<br />

Se le si chiede quali progetti aveva per<br />

sé, Pelizzo risponde che vorrebbe stare<br />

solo in sala operatoria con i suoi pazienti<br />

e che vorrebbe aver guardato di più a certe<br />

situazioni, «perché se anche una sola<br />

volta non sei stato leale con quello che<br />

vuoi davvero, prima o poi i nodi vengono<br />

al pettine». Eppure «sono state le volte<br />

che ero in ginocchio a insegnarmi a<br />

guardare in alto, che siano state permesse<br />

per lasciarmi una sana inquietudine dentro.<br />

Affinché non mi accontenti di avere<br />

<strong>il</strong> mondo e di perdere l’unica cosa che<br />

vale: me stessa. Questo è <strong>il</strong> ruolo di Dio e<br />

in questo senso <strong>il</strong> vero stakanovista è Lui».<br />

Benedetta Frigerio<br />

| | 12 settembre 2012 | 43


soCietà IRON LADIES<br />

Noi non<br />

crolliamo<br />

Hanno perso <strong>il</strong> negozio, dormito in auto, tremato<br />

di paura. Finché hanno deciso di fare squadra<br />

e riprendersi <strong>il</strong> lavoro. Tra bancarelle, garage<br />

e casette di legno, così duecento imprenditrici<br />

(anche concorrenti) rimettono in piedi l’Em<strong>il</strong>ia<br />

Testo di Linda Stroppa - Fotografie di Alice Caputo<br />

Rosa<br />

C’è<br />

che fa la fotogRafa, Vera che ha un negozio di articoli da regalo,<br />

Susanna e le sue tre profumerie. E poi Paola, S<strong>il</strong>via e tutte le altre. Sulle<br />

loro magliette c’è un cuore rosso. Al centro un tortellino. Un’idea sem-<br />

plice, diventata <strong>il</strong> marchio del network Em<strong>il</strong>iAMO, nato dall’iniziativa di oltre<br />

duecento donne che hanno deciso di «non farsi fermare dal terremoto». La lampadina<br />

si è accesa nella mente di Claudia Miglia, una carriera come strategist e consulente<br />

aziendale. La mattina del 20 maggio, dopo che una scossa di magnitudo<br />

5.9 squassa la zona fra Mantova, Reggio e Ferrara, la sua casa rimane in piedi, la<br />

città di Modena si salva, quasi per miracolo. «Il primo pensiero è stato per la mia<br />

città, i nostri centri storici, i negozi. Ho alzato <strong>il</strong> telefono e ho chiamato un’amica<br />

imprenditrice. “Qui cade tutto. Se faccio qualcosa ci sei?”». Il “sì” dall’altro capo<br />

del telefono riempie <strong>il</strong> cuore. Il passaparola fa <strong>il</strong> resto. Si uniscono colleghe, conoscenti<br />

e perfino le commercianti della concorrenza. Em<strong>il</strong>iAMO è nato così, da un<br />

gruppo di amiche, madri e imprenditrici che non si vuole arrendere.<br />

«Le case cadono a pezzi, i capannoni sono distrutti», spiega<br />

Claudia. «Tutto si porta dietro delle crepe profonde. Noi no».<br />

Nemmeno ora che i riflettori si sono spenti. Che l’emergenza terremoto,<br />

dopo aver riempito per settimane le prime pagine dei<br />

giornali, sembra rientrata: «Noi non crolliamo».<br />

Paola Castellazzi c’è stata fin dall’inizio. Con sua figlia S<strong>il</strong>via<br />

è proprietaria di due erboristerie. Ora una è in macerie, mentre<br />

l’altra – sebbene sia agib<strong>il</strong>e – ha la porta sbarrata perché si trova<br />

nella zona rossa di San Felice sul Panaro. «Dopo le prime scosse,<br />

abbiamo dormito in macchina per più di un mese. Ero in preda<br />

allo sconforto: tremavo solo all’idea di entrare in casa. Proprio<br />

quella casa che, dopo una giornata di lavoro, era <strong>il</strong> punto sicuro<br />

in cui poter riposare. Sono stata costretta a fare i conti con un<br />

lavoro che non c’è più, a guardare mia madre che a novant’anni<br />

ha dovuto usare tutti i suoi risparmi per comprare un container<br />

dove dormire». La telefonata di Claudia, però, cambia tutto:<br />

44 | 12 settembre 2012 | |<br />

Foto: Alice Caputo


In alto, Nadia all’opera nel garage di casa.<br />

A lato, Paola al lavoro nell’erboristeria che ha<br />

riaperto in una casetta di legno in giardino.<br />

Sopra, Paola con Vera, fotografa, e Claudia<br />

(a sinistra), ideatrice del progetto Em<strong>il</strong>iAMO<br />

insieme, le due iniziano a pensare a una<br />

soluzione, a come «mettere a disposizione<br />

la propria professionalità».<br />

«Grazie ad alcuni amici, abbiamo recuperato<br />

una casetta di legno, di quelle prefabbricate<br />

che si usano d’estate, e l’abbiamo<br />

sistemata nel mio giardino». Le tisane,<br />

le creme e i medicinali omeopatici<br />

ora se ne stanno lì, posizionati con cura<br />

sulle mensole e sul bancone. «Ecco <strong>il</strong> mio<br />

negozio», scherza Paola. Che ora sorride.<br />

Perché, dice, «si sente ut<strong>il</strong>e». «Non vogliamo<br />

l’elemosina. Ma solo portare la nostra<br />

esperienza. La gente ha iniziato a cercarci<br />

solo per sapere come stiamo». E così, attraverso<br />

un’amicizia, si crea rete. «Non è che<br />

la fatica non ci sia: dopo le prime scosse,<br />

molte di noi hanno pianto. Ma abbiamo<br />

scoperto che c’è qualcosa che va oltre. La<br />

voglia di ripartire si trova nella quotidianità,<br />

non è un sentimento stupido. Nasce<br />

dalle persone che si incontrano». Nel giro<br />

di mezz’ora nel suo cort<strong>il</strong>e si sono radunate<br />

una decina di persone. E mentre una<br />

ragazza chiede uno shampoo, le altre scelgono<br />

una lozione per <strong>il</strong> viso. Una signora<br />

in bicicletta passa per dare un saluto, con<br />

uno spiccato accento em<strong>il</strong>iano. Si trova <strong>il</strong><br />

tempo per un caffè. Le vedi ridere e scherzare<br />

e sembra che non sia successo niente.<br />

Che <strong>il</strong> terremoto non sia mai arrivato.<br />

«In televisione dicono che noi emi-<br />

| | 12 settembre 2012 | 45


SocieTà IRON LADIES<br />

«L’Em<strong>il</strong>ia è fatta di campan<strong>il</strong>i,<br />

bar e negozi. Il vero centro è<br />

la cappella della Madonna,<br />

lo stare insieme, le attività<br />

commerciali». «Per questo<br />

bisogna riportare la vita qui:<br />

chi ha un’attività è un punto<br />

di riferimento. Per noi,<br />

<strong>il</strong> panettiere è quel panettiere,<br />

<strong>il</strong> macellaio è quel macellaio»<br />

liani abbiamo una grande forza: sappiamo<br />

rimboccarci le maniche. È vero, ma<br />

non basta. Mica possiamo fare tutto noi.<br />

Ci occorrono aiuti seri: dal governo e dalla<br />

protezione civ<strong>il</strong>e. Il mio negozio sarà di<br />

nuovo agib<strong>il</strong>e magari fra quattro o cinque<br />

anni. Nel frattempo, chissà...».<br />

Il lavoro resta un’incognita anche per<br />

Susanna Benatti, proprietaria di tre profumerie<br />

a Mirandola, Cavezzo e San Felice.<br />

«I comuni vorrebbero costruire dei centri<br />

commerciali provvisori nelle campagne.<br />

Ma <strong>il</strong> punto è un altro. Possiamo vendere<br />

i nostri prodotti anche a qualche ch<strong>il</strong>ometro<br />

da qui, ma non possiamo abbandonare<br />

i centri storici. Sono <strong>il</strong> cuore dei nostri<br />

paesi». Riaprire le piazze principali è uno<br />

degli obiettivi del network. «Vedete – spiega<br />

Claudia –, l’Em<strong>il</strong>ia è soprattutto questo:<br />

è fatta di campan<strong>il</strong>i, bar e negozi. Ecco<br />

<strong>il</strong> vero centro. Il cuore è la cappella della<br />

Madonna, lo stare insieme, le attività commerciali».<br />

«Per questo, bisogna riportare la<br />

46 | 12 settembre 2012 | |<br />

vita qui: chi ha un’attività non offre solo<br />

un servizio. È un punto di riferimento.<br />

Per noi, <strong>il</strong> panettiere è quel panettiere, <strong>il</strong><br />

macellaio è quel macellaio. Perfino le fabbriche<br />

em<strong>il</strong>iane, che con <strong>il</strong> loro fatturato<br />

contribuiscono in larga misura al nostro<br />

P<strong>il</strong>, hanno un carattere fam<strong>il</strong>iare».<br />

«Taglio e piega. Si deve essere belle»<br />

Stare con le donne di Em<strong>il</strong>iAMO è contagioso.<br />

Le vedi stare insieme, così semplicemente.<br />

Ridono, quando avrebbero tutti<br />

i motivi per disperarsi. Si reinventano,<br />

commesse, responsab<strong>il</strong>i vendite sul web<br />

(la loro pagina Facebook, con oltre 5 m<strong>il</strong>a<br />

followers in meno di due mesi è una vera<br />

e propria bacheca di offerte, richieste di<br />

aiuto, segnalazioni), venditrici ambulanti.<br />

Tra le bancarelle sul lago di Garda, nei<br />

parchi. Perfino nei garage. Come Nadia,<br />

che dopo aver chiuso <strong>il</strong> suo salone di parrucchiera,<br />

ha allestito un negozio tra <strong>il</strong><br />

giardino e <strong>il</strong> posto auto di casa sua. Ha<br />

A lato, Maria Grazia mostra<br />

<strong>il</strong> bagagliaio della sua auto<br />

prima della partenza per<br />

Sermide: ora che <strong>il</strong> suo<br />

negozio è crollato continua<br />

a vendere scarpe per<br />

bambini ai mercatini.<br />

Qui sopra e a sinistra,<br />

Susanna nel suo negozio<br />

nel centro di Cavezzo<br />

circondato da costruzioni<br />

pericolanti e dove ha deciso<br />

di tornare: «Non possiamo<br />

abbandonare <strong>il</strong> cuore dei<br />

nostri paesi». In alto, la<br />

“vetrina” di un negozio<br />

ricollocata in un luogo<br />

pubblico a Mirandola<br />

pensato a tutto: prodotti per capelli, spazzole,<br />

lavandini. Perfino la sala d’aspetto,<br />

sotto un bel gazebo bianco nel prato:<br />

quattro poltrone prendisole e un cestino<br />

colmo di caramelle.<br />

Alle quattro del pomeriggio arriva<br />

Maria Grazia. Anche lei ha visto crollare<br />

<strong>il</strong> suo negozio di scarpe per bambini. Il<br />

bagagliaio della sua auto è pieno di scatole:<br />

stasera andrà a fare i mercatini a Sermide.<br />

Suona <strong>il</strong> campanello della casa di<br />

Nadia. Ha preso l’appuntamento: taglio,<br />

colore e piega. Già, perché: «Non si può<br />

certo andare a fare l’ambulante in disordine.<br />

Bisogna essere belle. E non importa,<br />

alla fine, se anche questa sera non si venderà<br />

granché. Noi ci proviamo sempre».<br />

È questa la rivoluzione che sta accadendo<br />

a Mirandola, Medolla, Cavezzo, Finale,<br />

Carpi. Dove tutto crolla e molte delle case<br />

sono ridotte a polvere e cemento, «ci si<br />

prende cura di ciò che ci è dato». Le donne<br />

di Em<strong>il</strong>iAMO ripartono da qui.<br />

n Foto: Alice Caputo


società violenzA e Perdono<br />

L’uomo<br />

della pace<br />

possib<strong>il</strong>e<br />

Gli israeliani hanno raso al suolo la sua casa e<br />

ucciso le sue figlie. Ma a chi lo invita a vendicarsi<br />

Izzeldin Abuelaish risponde: «Io non odierò».<br />

La fede tenace di un ginecologo palestinese<br />

che cura ebree e arabe nell’inferno di Gaza<br />

tragedia è per un bene».<br />

Lo ha pensato nel momento<br />

«Questa<br />

stesso in cui l’orrore è balzato<br />

ai suoi occhi, quando delle sue tre<br />

d<strong>il</strong>ette figlie maggiori, Bessan, Mayar e<br />

Aya, e della nipote Noor non sono rimaste<br />

che membra sparse, dentro al rudere della<br />

camera sventrata dalla cannonata di<br />

un tank israeliano. Lo ha pensato mentre<br />

gridava e piangeva al telefono, e <strong>il</strong> suo grido<br />

di padre che aveva visto la carne della<br />

sua carne ridotta a brandelli arrivava ai<br />

telespettatori israeliani e li annich<strong>il</strong>iva.<br />

Lo ha ripetuto davanti a migliaia di persone<br />

a Rimini, al Meeting, qualche giorno<br />

fa, <strong>il</strong> volto suo e degli ascoltatori rigato<br />

di lacrime. E potete stare certi che non<br />

si tratta di una posa esibita per darsi un<br />

contegno e soffrire un po’ meno.<br />

Perché in quel giorno del gennaio<br />

2009 e nei seguenti Izzeldin Abuelaish,<br />

palestinese nato in un campo profughi<br />

della Striscia di Gaza e lì colpito negli<br />

affetti più cari nel corso dell’Operazione<br />

Piombo Fuso, non ha rivendicato <strong>il</strong> diritto<br />

all’odio e alla vendetta che l’umano<br />

dolore e l’interpretazione letterale delle<br />

sacre scritture della sua religione gli<br />

riconoscevano: ad amici e parenti che<br />

lo esortavano a ricambiare <strong>il</strong> sangue col<br />

sangue ha risposto “non cercherò vendetta”,<br />

“non odierò”. Quella risposta è diven-<br />

48 | 12 settembre 2012 | |<br />

tata <strong>il</strong> titolo del libro che racconta la sua<br />

storia, ma soprattutto è diventata una<br />

promessa mantenuta: Izzeldin, l’unico<br />

ginecologo di Gaza ammesso a lavorare<br />

in un ospedale israeliano (quello di Beersheba),<br />

ha continuato a trattare le perso-<br />

ne come persone, i malati<br />

come malati, indipendentemente<br />

dalla nazionalità<br />

e dalla religione,<br />

a chiedere giustizia senza<br />

colpevolizzare l’intero<br />

popolo d’Israele, a credere<br />

nella convivenza e in una<br />

pace giusta. E ha onorato<br />

la memoria delle figlie<br />

non con la vendetta, ma con la creazione<br />

di Daughters for Life, una fondazione alla<br />

quale versa tutti i proventi delle sue conferenze<br />

e che promuove l’educazione delle<br />

ragazze del Medio Oriente. Perché vuole<br />

che i sogni che aveva per le sue figlie si<br />

realizzino attraverso altre ragazze e perché<br />

è profondamente convinto che senza<br />

la valorizzazione delle donne non ci sarà<br />

pace nella regione. E perché ama la giustizia:<br />

«Io avrei avuto diritto all’odio, ma<br />

non è con l’odio che potrò fare giustizia<br />

alle mie figlie», ha detto a Rimini. «L’odio<br />

è un veleno, è una malattia che distrugge<br />

la persona che odia. Se volete sfidare<br />

coloro che hanno fatto <strong>il</strong> male, allo-<br />

«L’odio è un veleno, una<br />

malattia che distrugge. Non<br />

accettate di essere vittime<br />

dell’odio dopo che siete<br />

stati vittime di ingiustizia.<br />

Chiedetevi cosa potete fare<br />

voi per cambiare le cose»<br />

storia vera<br />

non odierò<br />

izzeldin<br />

Abuelaish<br />

Piemme<br />

16 euro<br />

ra non accettate di essere vittime più di<br />

una volta, non accettate di essere vittime<br />

dell’odio dopo che siete stati vittime di<br />

ingiustizia. Non perdete tempo ad accusare<br />

gli altri, assumetevi la responsab<strong>il</strong>ità<br />

di chiedervi cosa potete fare voi per cambiare<br />

le cose».<br />

Restare stupefatti è <strong>il</strong> minimo:<br />

quest’uomo che parla e che agisce come<br />

un vero cristiano è un musulmano credente<br />

e praticante ed è cresciuto in uno<br />

dei luoghi più violenti, miseri e ingiusti<br />

del pianeta: la Striscia di Gaza. La sua<br />

famiglia è stata cacciata dai poderi che<br />

possedeva vicino a Sderot, da ragazzo ha<br />

visto radere al suolo la sua casa di Gaza


Foto: AP/LaPresse<br />

Il dottor Izzeldin Abuelaish con<br />

i figli Dalal, Muhammed e Mayar<br />

(di spalle, a destra): la piccola morirà<br />

con le sorelle Bessan e Aya durante<br />

l’operazione Piombo Fuso nel 2009.<br />

A destra, bombardamenti su Gaza<br />

dai carri armati di Sharon, e da adulto<br />

decine di volte ha subìto um<strong>il</strong>iazioni<br />

al passaggio della frontiera con Israele.<br />

Cosa gli ha permesso di non soccombere<br />

alla disumanità di un ambiente ost<strong>il</strong>e?<br />

Lo sguardo delle persone che lo hanno<br />

amato e valorizzato – sua madre, un insegnante<br />

delle scuole per i profughi quando<br />

era bambino, la famiglia israeliana<br />

per la quale lavorò da ragazzo, sua moglie<br />

(deceduta quattro mesi prima della tragedia<br />

del gennaio 2009), i colleghi israeliani<br />

dell’ospedale di Beersheba, le sue sei<br />

figlie e i suoi due figli – e la fede. Come ci<br />

ha spiegato lasciandosi intervistare.<br />

Abuelaish, lei sembra una persona abitata<br />

da una pace interiore, nonostante<br />

tutte le sofferenze della sua vita. Cosa<br />

le permette di essere così?<br />

Sì, tutta la mia vita si è svolta nella<br />

sofferenza e nella guerra, ho sempre<br />

dovuto lottare per la sopravvivenza.<br />

Ma proprio la sofferenza mi ha insegnato<br />

la lezione che se non ci si impegna<br />

con tutte le forze si soccombe. Poi è<br />

stata importante la mia formazione e la<br />

mia professione di medico: noi ci occupiamo<br />

dei bisogni delle persone, per noi<br />

la vita umana ha un valore inestimab<strong>il</strong>e,<br />

la rispettiamo e ci sacrifichiamo per<br />

essa. Ma la cosa più importante di tutte<br />

è stata la fede. Siamo come una piuma<br />

nel vento, senza la fede. La fede è l’anima<br />

dentro di noi. Senza la fede siamo morti<br />

anche se <strong>il</strong> corpo è vivo. Vedo tante perso-<br />

«Maometto si alzò e rese onore al morto.<br />

E a chi obiettò “ma è un ebreo” rispose: “È<br />

un essere umano”. L’islam, cristianesimo ed<br />

ebraismo non sono religioni della vendetta»<br />

ne intorno a me che non sono veramente<br />

vive, sono solo oggetti in movimento.<br />

Ma sei ha fede, è diverso: hai energia, hai<br />

speranza e non hai paura, o almeno hai<br />

la forza per affrontare la paura.<br />

Lei dice che è la fede che le permette<br />

di non odiare i responsab<strong>il</strong>i della morte<br />

delle sue figlie. Eppure molte persone<br />

pensano che l’islam è una religione che<br />

autorizza la vendetta e la guerra.<br />

Chi pensa così, o non<br />

conosce l’islam, o alimenta<br />

<strong>il</strong> malinteso per secondi<br />

fini politici. Tutte le fedi<br />

sono venute per aiutare<br />

l’umanità. L’islam è una<br />

| | 12 settembre 2012 | 49


società violenza e perdono<br />

Sopra, Abuelaish nella stanza<br />

delle figlie in memoria delle quali<br />

ha dato vita alla fondazione<br />

Daughters for Life. A destra,<br />

un posto di blocco israeliano<br />

religione di misericordia, di gent<strong>il</strong>ezza,<br />

di perdono, di pace, di umanità. È vero,<br />

<strong>il</strong> Corano approva la giustizia retributiva:<br />

“Anima per anima, occhio per occhio,<br />

dente per dente”. Ma questa è solo la<br />

prima parte della citazione. Nel prosieguo<br />

cosa dice <strong>il</strong> Corano? Che se sopportate<br />

pazientemente e perdonate, Dio vi<br />

ricompenserà. Abbiamo bisogno di ordine<br />

e di giustizia, e perciò sono previste<br />

punizioni nell’interesse del colpevole<br />

stesso, ma rinunciare alla vendetta è più<br />

grande e più vero, e i profeti lo hanno<br />

testimoniato. Pensiamo a Gesù, a quanto<br />

ha sofferto. Si è vendicato? No. E Maometto?<br />

Nemmeno lui. Si narra che quando<br />

Maometto andava al tempio, ogni volta<br />

c’era una donna che gettava immondizia<br />

sulla sua strada. Lui non reagiva.<br />

Un giorno è passato e lei non c’era. Chiese<br />

dov’era, e seppe che era malata. Chiese<br />

di poter andare a visitarla. Lei all’inizio<br />

ebbe paura, perché pensava che fosse<br />

venuto a vendicarsi. Ma era solo venuto<br />

per sapere come stava! Un’altra volta era<br />

seduto con i suoi amici, passò un funerale<br />

e per rendere onore al morto si alzò<br />

in piedi. Gli amici gli dissero: “Non sai<br />

chi sia, si tratta di un ebreo”. Lui rispose:<br />

“Comunque è un essere umano”.<br />

L’islam, come <strong>il</strong> cristianesimo e l’ebraismo,<br />

non sono religioni della vendetta. E<br />

soprattutto dobbiamo fare<br />

attenzione a non stab<strong>il</strong>ire<br />

collegamenti indebiti fra<br />

gli atti di una persona e<br />

la sua religione di appartenenza.<br />

Se <strong>il</strong> signor Anto-<br />

50 | 12 settembre 2012 | |<br />

nio fa qualcosa di male, non dirò che un<br />

cristiano italiano ha fatto del male, ma<br />

mi limiterò a evocare la sua responsab<strong>il</strong>ità<br />

personale. Troppe volte cerchiamo di<br />

collegare e appiccicare i nostri fallimenti<br />

alla nazionalità o alla religione delle persone,<br />

anziché scoprire le cause. Questo è<br />

<strong>il</strong> nostro errore.<br />

Cosa ha detto a Dio nelle sue preghiere<br />

dopo la morte delle sue figlie?<br />

Mi creda, ogni giorno, quando mi<br />

alzo, ringrazio Dio. Prego ringraziando<br />

Dio. Parlo con le mie figlie: un giorno<br />

comincio un discorso e <strong>il</strong> giorno dopo<br />

lo proseguo, mandando alle mie figlie le<br />

mie benedizioni e preghiere. Dico loro:<br />

non mi staccherò mai, non vi dimenticherò<br />

mai, siete le mie figlie. Perché la<br />

mia religione dice che quando qualcuno<br />

è morto, è scollegato dal mondo, a parte<br />

alcune persone: <strong>il</strong> padre, la madre, i<br />

fratelli e le sorelle, che possono mandare<br />

loro preghiere e benedizioni. Così ogni<br />

giorno prego mandando alle mie figlie le<br />

mie preghiere e le mie benedizioni. E ho<br />

creato questa fondazione dedicata a loro:<br />

ad essa verso tutti i guadagni delle conferenze<br />

che sono invitato a tenere, per<br />

incrementare l’educazione delle donne<br />

mediorientali. Perché sono dotate, hanno<br />

grandi doti da sv<strong>il</strong>uppare. I nostri figli<br />

vedono, imparano e sv<strong>il</strong>uppano le loro<br />

«Daughters for Life promuove l’educazione<br />

delle donne mediorientali. Un uomo è solo un<br />

uomo. Ma educando una ragazza educhiamo<br />

una famiglia, una comunità, una nazione»<br />

doti. Da loro c’è da imparare. Abbiamo<br />

bisogno di imparare dai nostri figli.<br />

Lei ha scritto che sogna le sue figlie<br />

defunte. Cosa vi dite in quei sogni?<br />

Pochi giorni dopo la loro morte ho<br />

sognato Bessan (la primogenita, ndr)<br />

seduta in mezzo a degli uomini, una<br />

situazione inaccettab<strong>il</strong>e per una musulmana<br />

praticante come lei era. Le chiesi:<br />

“Cosa fai qui?”. Lei rispose: “È tutto a<br />

posto, papà. Sto bene e sono felice”. Quel<br />

sogno ha rafforzato <strong>il</strong> mio sentimento<br />

e la mia certezza che lei è felice e vive<br />

nell’ald<strong>il</strong>à, anche nella presenza di uomini.<br />

E ha avuto la possib<strong>il</strong>ità di lasciarmi<br />

<strong>il</strong> suo messaggio. Credo fermamente<br />

nell’ald<strong>il</strong>à, e credo che le mie figlie<br />

non sono scollegate da me. Sono separate<br />

dalla vita fisica, ma vivono la vita eterna<br />

e sono in contatto con me; è per questo<br />

che mi dicono: “Non lasciarci, non<br />

dimenticarti di noi”. Le vedo che mi parlano,<br />

che mi chiedono: “Cosa puoi fare<br />

per noi?”. Non è un sogno, è un altro stato<br />

di vita. Non le ho perse. Mentre vivo e<br />

diffondo questi pensieri, loro vivono e li<br />

diffondono insieme a me. Le sto vedendo,<br />

toccando: sono le mie figlie, sono ragazze!<br />

E dobbiamo capire bene cos’è una<br />

ragazza. Una ragazza può essere un mondo.<br />

Un uomo è solo un uomo. Ma quando<br />

educhiamo una ragazza, educhiamo<br />

un mondo: una famiglia, una comunità,<br />

una nazione. Immagino cosa sarebbe stata<br />

Bessan laureata, poi madre. Per questo<br />

dico loro “riposate in pace, non vi dimenticherò<br />

mai, siete vive, e vivrete sempre”.<br />

Rodolfo Casadei


Foto: Meeting di Rimini; AP/LaPresse<br />

È diffic<strong>il</strong>e<br />

intervistarla non per una<br />

sua scarsa disponib<strong>il</strong>ità ai rapporti<br />

diretti coi media, ma perché vive<br />

incollata al cellulare. Coi suoi 27 anni<br />

Marianne Malak è la persona più giovane<br />

che abbia mai seduto in parlamento nella<br />

storia dell’Egitto (maschi compresi), nonché<br />

l’unica donna cristiana fra i 100 componenti<br />

del Comitato costituzionale che<br />

sta redigendo la nuova legge fondamentale<br />

del paese. Se passa gran parte del tempo<br />

all’apparecchio, soprattutto quando<br />

viaggia all’estero, non è per vezzo tardoadolescenziale,<br />

ma perché non smette mai<br />

di dare <strong>il</strong> suo contributo all’elaborazione<br />

della Costituzione in corso e al dibattito<br />

parlamentare, che prosegue nonostante<br />

la sentenza della Corte costituzionale che<br />

nel giugno scorso ha portato allo scioglimento<br />

del parlamento da poco eletto.<br />

Figlia di un importante avvocato copto<br />

ortodosso del Cairo, Marianne s’è fatta<br />

notare in questi mesi non solo per i<br />

suoi record anagrafici. Ab<strong>il</strong>e nell’alternare<br />

modi formali e modi accattivanti, è<br />

riuscita nell’ardua impresa di convincere<br />

gli accigliati deputati salafiti a scambiare<br />

i saluti coi loro colleghi, comprese le<br />

signore. Sulla situazione politica corrente<br />

ha idee molto precise. Se le si chiede chi<br />

detiene <strong>il</strong> potere reale in questo momento<br />

in Egitto, non ha esitazioni: «Ci governa<br />

<strong>il</strong> neo-presidente Mohamed Morsi, e <strong>il</strong><br />

potere reale è nelle sue mani e in quelle<br />

dei Fratelli Musulmani. I m<strong>il</strong>itari sono tornati<br />

ad essere l’istituzione dello Stato incaricata<br />

di difendere <strong>il</strong> paese dalle minacce<br />

esterne, non esercitano più un ruolo politico<br />

e non avranno uno statuto speciale<br />

nella nuova costituzione».<br />

All’inevitab<strong>il</strong>e domanda sulle violenze<br />

confessionali e gli attacchi ai cristiani<br />

risponde respingendo le teorie del complotto,<br />

ma anche ammettendo che sono<br />

più numerosi che al tempo di Mubarak:<br />

«La causa delle violenze è la mancanza di<br />

educazione e di cultura. Manca l’educazione,<br />

ancora tanti egiziani sono analfabeti,<br />

ma manca soprattutto la cultura: non c’è<br />

ancora accettazione dell’altro come persona,<br />

indipendentemente dalla religione e<br />

dal sesso, manca questa cultura dell’altro<br />

da sè. Altra ragione del moltiplicarsi delle<br />

violenze è la lentezza della legge: spesso<br />

le autorità non intervengono immediatamente,<br />

creando un clima di impunità,<br />

oppure le vittime reagiscono con rappresaglie<br />

e ne segue una escala-<br />

tion di violenze. È vero che<br />

gli attacchi sono aumentati<br />

dopo la caduta di Mubarak,<br />

ma le cause sono sempre<br />

le stesse, sono quelle<br />

L’ELEtta dEL popoLo dELLa rivoLuzioNE<br />

Una ragazza tra<br />

i Fratelli Musulmani<br />

La missione al Cairo di Marianne Malak, unica<br />

(giovanissima) cristiana nell’assemblea costituente<br />

dell’Egitto dominata dai fan della sharia<br />

Nata nel 1984,<br />

l’avvocato<br />

Marianne Malak,<br />

nell’assemblea<br />

costituente per<br />

ridigere la<br />

costituzione, è<br />

<strong>il</strong> più giovane<br />

membro del<br />

parlamento<br />

in tutta la storia<br />

dell’Egitto<br />

«È stata sciolta una Camera votata da 50<br />

m<strong>il</strong>ioni di egiziani. La gente non si è ribellata<br />

perché noi deputati abbiamo assunto una<br />

posizione moderata, facendo ricorso legale»<br />

che ho detto». La sentenza della Corte costituzionale<br />

che ha portato allo scioglimento<br />

del parlamento l’ha turbata, ma sposa<br />

un approccio moderato alla questione: «La<br />

sentenza è tecnicamente inoppugnab<strong>il</strong>e,<br />

però sorprende che sia stata emessa con<br />

tanta sollecitudine, quando ci sono tante<br />

altre cause importanti pendenti di fronte<br />

alla Corte, che aspettano da anni una decisione.<br />

È stato sciolto <strong>il</strong> primo parlamento<br />

post-rivoluzionario, votato da 50 m<strong>il</strong>ioni<br />

di egiziani in un’elezione che è costata più<br />

di un m<strong>il</strong>iardo di sterline egiziane. La gente<br />

è depressa, ma non si è ribellata perché<br />

noi deputati abbiamo assunto una posizione<br />

moderata: critichiamo la sentenza ma<br />

senza invocare la rivoluzione, bensì facendo<br />

ricorso nei termini legali».<br />

E la nuova costituzione? «Ridefinirà<br />

le competenze dei tre poteri dello Stato, e<br />

ciascuno sarà sovrano e indipendente nel<br />

suo ordine. L’età per la pensione dei magistrati<br />

sarà abbassata a 65 anni: ci sarà un<br />

bel ricambio!». [rc]<br />

| | 12 settembre 2012 | 51


l’italia<br />

che lavora<br />

Contro la crisi<br />

usate <strong>il</strong> cervello<br />

Ingegnere nucleare, dirigente di successo, a 53<br />

anni si è dovuto reinventare un mestiere. Facendo<br />

appello a ogni giorno lavorato nel mondo. Storia<br />

di Giuseppe Toscano, <strong>il</strong> manager cresciuto a pane<br />

e Gr<strong>il</strong>lo Parlante che r<strong>il</strong>ancia le aziende in difficoltà<br />

La crisi non risparmia colpi a nessuno,<br />

la contrazione dell’occupazione ha<br />

colpito duramente a cominciare dai<br />

vertici: in Lombardia oltre diecim<strong>il</strong>a dirigenti<br />

sono stati licenziati a partire dal<br />

2008-2009. Questa è la storia di uno di<br />

loro, Giuseppe Toscano, manager che ha<br />

provato cosa significa veder cancellato <strong>il</strong><br />

proprio ruolo dall’organigramma. E dopo<br />

aver sperimentato l’inevitab<strong>il</strong>e senso di<br />

frustrazione e disorientamento che inibisce<br />

slanci di creatività e fiducia, ha aperto<br />

con successo altre piste, fino a ricevere<br />

una proposta di riassunzione dalla stessa<br />

azienda per la quale aveva già lavorato<br />

fino ad alcuni anni prima.<br />

52 | 12 settembre 2012 | |<br />

Una storia che ha avuto inizio nel<br />

1986, quando a soli 30 anni Toscano,<br />

ingegnere nucleare, laureato con 110 e<br />

lode nel 1980, era già responsab<strong>il</strong>e Qualità<br />

per la Divisione Consumer Europa della<br />

Texas Instruments, dove venivano sv<strong>il</strong>uppati<br />

e prodotti calcolatrici e giochi<br />

elettronici educativi, tipo i famosi Gr<strong>il</strong>lo<br />

Parlante o Libro Parlante, commercializzati<br />

dalla Clementoni: solo la prima tappa<br />

di una carriera che lo avrebbe portato<br />

a girare <strong>il</strong> mondo dagli Usa al Giappone,<br />

dalla Cina al Nord Europa e all’Africa, che<br />

avrebbe potenziato le sue competenze sia<br />

sul versante tecnico-manageriale che sul<br />

piano delle relazioni, della comunicazio-<br />

ne e dello sv<strong>il</strong>uppo globale del business in<br />

un periodo di continue evoluzioni.<br />

In Texas coi giovani esuberanti<br />

L’entusiasmo e la volontà di mettersi in<br />

gioco erano da sempre i suoi punti di forza:<br />

«Le mie prime ferie accettai di trascorrerle<br />

visitando gli stab<strong>il</strong>imenti in America<br />

dove avrei potuto conoscere da vicino<br />

i processi e le dinamiche aziendali e<br />

allo stesso tempo imparare bene l’inglese»,<br />

racconta Toscano. E sempre negli Stati<br />

Uniti era stato successivamente inviato<br />

dalla sede di Rieti con una mission particolare:<br />

coordinare l’addestramento di<br />

una settantina fra laureati e diplomati


che, assunti in Italia per lavorare in uno<br />

stab<strong>il</strong>imento che doveva sorgere ad Avezzano,<br />

erano stati inviati in Texas per essere<br />

addestrati affiancando i colleghi. Il<br />

tirocinio affinò anche le sue capacità di<br />

gestione di un personale particolarmente<br />

esuberante: «Erano giovani, atterrati in<br />

un’America ricca di stimoli d’ogni genere<br />

che l’azienda aveva dotato di auto personale<br />

e di un buon stipendio, per cui le<br />

intemperanze, multe per eccesso di velocità<br />

o qualche abuso di alcolici, erano<br />

all’ordine del giorno. Sulla porta del mio<br />

ufficio sotto la sigla T Q C indicativa di<br />

Total Quality Culture, avevano scherzosamente<br />

tradotto: “Tutto Quanto Capita”.<br />

Un’esperienza ricca che ha lasciato un<br />

segno importante nella mia storia umana<br />

e professionale», dice oggi Toscano, che <strong>il</strong><br />

momento davvero diffic<strong>il</strong>e nel suo curriculum<br />

lo avrebbe registrato solo nel 2009,<br />

a 53 anni compiuti e dopo aver intrapreso<br />

altre svolte coraggiose, in contro-tendenza.<br />

Come quando decise di «trasferirsi dal<br />

centro Italia al profondo Nord».<br />

L’ingegnere nucleare<br />

Giuseppe Toscano,<br />

oggi amministratore<br />

unico di Q4M, nata<br />

nel 2008, 26 anni<br />

dopo avere iniziato a<br />

lavorare, 17 dei quali<br />

come dirigente<br />

Nel ‘91 infatti lasciò la multinazionale<br />

per inserirsi in una piccola azienda<br />

di famiglia, la Eldor di Orsenigo (Co),<br />

200 addetti e all’epoca una produzione<br />

di componenti elettromeccanici per televisori:<br />

«Il mio era un ruolo pionieristico,<br />

che mi affascinava», racconta sottolineando<br />

<strong>il</strong> rapporto di stima con l’imprenditore<br />

Pasquale Forte fondatore di un’azienda<br />

che è oggi un vero impero internazionale:<br />

«Mettevo <strong>il</strong> naso dappertutto, passavo<br />

dalla produzione all’addestramento, dai<br />

clienti ai fornitori, dal personale alla progettazione,<br />

avevo sotto gli occhi tutti i processi<br />

a 360 gradi», prosegue, raccontando<br />

la crescita impetuosa dell’azienda che passò<br />

da 200 a 1.200 addetti aprendo più stab<strong>il</strong>imenti<br />

all’estero ed ampliando l’attività<br />

al settore della componentistica per auto<br />

(automotive). Una trasformazione che portò<br />

alla vendita della Business Unit originale,<br />

acquisita dalla multinazionale americana<br />

Pulse, nella quale Toscano assume <strong>il</strong><br />

ruolo di direttore tecnico: «Abbiamo lavorato<br />

bene per 5 anni, poi l’evoluzione del<br />

«Alla fine dello scorso anno sono stato contattato<br />

dalla mia vecchia azienda per una consulenza. Ho<br />

lavorato per loro in Turchia per una settimana al<br />

mese. E alla fine mi è stato proposto di rientrare»<br />

mercato del televisore con <strong>il</strong> passaggio dal<br />

tubo catodico agli schermi al plasma ha<br />

determinato l’assottigliamento degli ut<strong>il</strong>i<br />

e la decisione di chiudere la divisione».<br />

Un manager part-time<br />

Dopo qualche notte insonne e l’incubo<br />

di trovarsi in un tunnel senza vie d’uscita,<br />

Toscano decide di inventarsi una nuova<br />

prospettiva professionale. «Tanti manager<br />

liquidati dall’azienda, in quel periodo<br />

hanno tentato di rimettersi in gioco riciclandosi<br />

come consulenti. Ne è risultata<br />

una vera giungla nella quale le specificità<br />

professionali di ciascuno facevano fatica<br />

ad essere percepite dai potenziali clienti».<br />

Facendo leva sul bagaglio professionale<br />

maturato negli anni e sul fondamentale<br />

supporto della famiglia e di alcuni amici,<br />

Toscano si mob<strong>il</strong>ita inventandosi una figura<br />

consulenziale più originale ed appetib<strong>il</strong>e<br />

per l’azienda. «La consulenza non può<br />

essere efficace quando è improvvisata,<br />

prestata sporadicamente quando emerge<br />

<strong>il</strong> problema da risolvere. Ho preferito propormi<br />

come consulente continuativo, propriamente<br />

manager part-time, e lavorare<br />

con poche aziende da seguire con sistematicità»<br />

spiega da attuale amministratore<br />

unico della Q4M & C. «Già mentre era<br />

in fase di chiusura <strong>il</strong> settore della multinazionale<br />

per la quale lavoravo, mi avevano<br />

chiesto di occuparmi di un progetto in<br />

Tunisia che presentava una sfida davvero<br />

diffic<strong>il</strong>e» dice aprendo una parentesi sulla<br />

Pulse che in quel periodo aveva acquisito<br />

altre società in Germania e uno stab<strong>il</strong>imento<br />

in Tunisia destinato alla chiusura.<br />

La missione in Tunisia<br />

«L’intenzione di chiudere l’attività entro<br />

un anno fu annunciata ai lavoratori che,<br />

già prima della notizia, non si erano rivelati<br />

all’altezza delle aspettative. Occorreva<br />

portare la produzione da 12 m<strong>il</strong>a a oltre<br />

17 m<strong>il</strong>a pezzi alla settimana per far fronte<br />

alla richiesta di un importante cliente<br />

già sull’orlo di una crisi di nervi e sul<br />

punto di far saltare l’accordo», racconta<br />

Toscano descrivendo <strong>il</strong> piano congegnato<br />

per incentivare i lavoratori tunisini che,<br />

una volta informati dell’imminente chiusura,<br />

erano intenzionati a tirare a campare<br />

facendo <strong>il</strong> meno possib<strong>il</strong>e. «Ho cominciato<br />

a concentrarmi sul personale identificando<br />

un nuovo responsab<strong>il</strong>e del progetto<br />

che, a sua volta, ha cercato di far leva<br />

su un paio di “champions” che agissero<br />

da esempi positivi per trascinare i colleghi.<br />

Oltre una cap<strong>il</strong>lare analisi su tutti i<br />

segmenti del processo produttivo per verificare<br />

punti critici e correggere <strong>il</strong> tiro, dalla<br />

qualità dei materiali all’affidab<strong>il</strong>ità delle<br />

macchine, la sfida più diffic<strong>il</strong>e era stimolare<br />

lavoratori già poco allenati a ritmi<br />

competitivi e demotivati data la mancanza<br />

di prospettive». Toscano propose di attivare<br />

«dei premi produzione da assegnare a<br />

tutto <strong>il</strong> personale soltanto nel caso in cui<br />

gli obiettivi settimanali fossero stati raggiunti;<br />

in caso contrario nessuno avrebbe<br />

preso niente». Il criterio era fissare dei target<br />

sempre più elevati ma realisticamente<br />

raggiungib<strong>il</strong>i. Il meccanismo funzionò:<br />

«In 7 mesi siamo riusciti a raggiungere<br />

i 17 m<strong>il</strong>a pezzi. È stato decisivo nell’impresa<br />

coinvolgere un manager tedesco,<br />

Andreas, che ha fatto di tutto per allentare<br />

la tensione con <strong>il</strong> cliente da lui rappresentato,<br />

giustificando qualche slittamento<br />

nei tempi e favorendo un atteggiamento<br />

impensab<strong>il</strong>e nel clima iniziale di tensione<br />

esasperata». Quando la produzione è stata<br />

dislocata in Cina alcuni lavoratori tunisini<br />

sono stati invitati a partecipare all’avvio<br />

del nuovo stab<strong>il</strong>imento. «Questa esperienza<br />

ha lasciato un segno e tanta soddisfazione<br />

in tutti quelli che l’hanno vissuta.<br />

Io e Andreas siamo diventati amici».<br />

Il ritorno alla Eldor<br />

Tornando alla Q4M, <strong>il</strong> tentativo di impostare<br />

<strong>il</strong> ruolo di manager part-time, poco<br />

conosciuto in Italia, è stato coronato da<br />

successo: «Alla fine dello scorso anno<br />

sono stato contattato dalla mia vecchia<br />

azienda, la Eldor, per un contratto di consulenza;<br />

ci siamo accordati e ho cominciato<br />

a lavorare in Turchia per una settimana<br />

al mese. Durante questo periodo<br />

<strong>il</strong> precedente rapporto di reciproca stima<br />

professionale con l’imprenditore si è<br />

rinvigorito. E, inaspettatamente, mi è stato<br />

proposto di rientrare in quella azienda<br />

dalla quale ero uscito 10 anni prima!<br />

Così si è saldato <strong>il</strong> mio percorso professionale<br />

secondo una dinamica assolutamente<br />

imprevedib<strong>il</strong>e: oggi sono di nuovo<br />

in Eldor Corporation, che nel frattempo è<br />

cresciuta fino ad assumere una forte leadership<br />

europea, con <strong>il</strong> ruolo di Quality<br />

Vice President». Il tutto è accaduto in piena<br />

crisi, e non è la trama di un f<strong>il</strong>m.<br />

Laura d’Incalci<br />

| | 12 settembre 2012 | 53


GREEN ESTATE<br />

LOCANDA ARESE, CESANO MADERNO<br />

Pesce fresco davvero intrigante<br />

di Tommaso Farina<br />

U<br />

na bella cena con pesce fresco e ricette leggere e intriganti,<br />

in un ambiente moderno ma caldo e ospitale: questa,<br />

in sintesi, l’offerta della Locanda Arese, un ristorantino<br />

di nostra recente scoperta, nel centro storico della brianzola<br />

Cesano Maderno (Monza e Brianza). Entrando, si rimane con-<br />

quistati dal gusto di questi signori, che hanno saputo valorizzare un ambientino<br />

niente male. Ma l’ambiente senza cucina servirebbe a poco. Ecco dunque una serie<br />

di piatti a vocazione ittica (seppur non manchino altri territori d’ispirazione), di<br />

esecuzione impeccab<strong>il</strong>e e ghiotta.<br />

I crudi di pesce saranno inflazionati? Forse, ma nella “Variazione di pesce crudo<br />

della Locanda” perfino l’abusato salmone trova una dimensione leccorniosa,<br />

accompagnato com’è ai sapidi asparagi di mare. Nella “variazione” trovano posto<br />

pure umorosi gamberi, tonno, ostriche e altro. In alternativa, piovra marinata alla<br />

melissa con gazpacho al melone, o m<strong>il</strong>anesine di trota con carpione leggero di<br />

verdure e uvetta.<br />

Proseguite coi semplici, centrati fus<strong>il</strong>li grezzi (pasta Felicetti) con asparagi di<br />

mare, vongole e gamberi, davvero capaci di esalare <strong>il</strong> profumo e <strong>il</strong> sapore del mare.<br />

Per chi gradisse, quando ci siamo andati a pranzo (metà agosto) c’era pure <strong>il</strong> risotto<br />

con funghi porcini estivi e origano fresco, e gli spaghetti alla polpa di riccio<br />

e pomodorino piccante.<br />

Andate avanti con la croccante tempura di gamberi con misticanza di verdure,<br />

o con la ricca composizione del pur leggero brodetto di pesce alla ligure.<br />

Di dolce, acchiappa davvero la cassata palermitana al forno con arancia candita<br />

e cioccolato, per non dire del parfait di menta e liquirizia, o del crumble con albicocche<br />

e mandorle.<br />

La carta dei vini è molto intelligente, e contempla anche alcune inconsuete bottiglie<br />

francesi (<strong>il</strong> Muscadet in Italia non è proprio onnipresente, eppure coi crudi ci<br />

va che è una bellezza). Preventivate circa 45-50 euro a testa: conto a dir poco onesto.<br />

TURISMO<br />

OFFERTE VANTAGGIOSE<br />

La Repubblica Ceca<br />

nei mesi invernali<br />

I pernottamenti dei turisti italiani<br />

nella Repubblica Ceca<br />

nei primi tre mesi di quest’anno<br />

sono aumentati, rispetto al<br />

2011, del 26 per cento. Gli italiani<br />

scelgono la Repubblica<br />

Ceca anche in inverno. Sicuramente<br />

per i prezzi molto favorevoli<br />

di questi periodi e la<br />

possib<strong>il</strong>ità di beneficiare del-<br />

54 | 12 settembre 2012 | |<br />

IN BOCCA<br />

ALL’ESPERTO<br />

Per informazioni<br />

Locanda Arese<br />

www.locandaarese.com<br />

Piazza Arese, 22<br />

Cesano Maderno (Monza e Brianza)<br />

Tel. 0362 505871<br />

Chiuso domenica sera e <strong>il</strong> lunedì<br />

le numerose offerte speciali dei<br />

periodi a scarsa densità turistica.<br />

Oltre ai più disponib<strong>il</strong>i voli<br />

low cost. B<strong>il</strong>ancio incoraggiante<br />

quello st<strong>il</strong>ato dall’Ente nazionale<br />

ceco per <strong>il</strong> turismo. Secondo<br />

i dati gli italiani che hanno<br />

effettuato un viaggio nel paese<br />

nei primi tre mesi del 2012 sono<br />

stati 83 m<strong>il</strong>a. Il numero dei<br />

pernottamenti è salito, da gennaio<br />

a marzo, a quota 250 m<strong>il</strong>a.<br />

Per quanto riguarda la tipologia<br />

di vacanza, come ha<br />

spiegato alla stampa <strong>il</strong> direttore<br />

dell’Ente, Lubos Rosenberg,<br />

vi è stata una ripresa forte dei<br />

viaggi di istruzione e un buon<br />

CINEMA<br />

Womb,<br />

di Bendek Fliegauf<br />

Fantascienza<br />

senza effetti<br />

In un futuro prossimo una<br />

donna decide di avere come<br />

figlio un clone.<br />

Fantascienza senza effetti<br />

e di sole idee. Budget risicatissimo,<br />

un pugno di at-<br />

HOME VIDEO<br />

Quasi amici,<br />

di Olivier Nakache,<br />

Eric Toledano<br />

Grande realismo<br />

Badante e malato: praticamente<br />

amici.<br />

Bella commedia drammatica<br />

sull’amicizia e la diversità<br />

dove l’infermità è affrontata<br />

con grande realismo. È questo<br />

<strong>il</strong> cuore del f<strong>il</strong>m: l’amicizia come<br />

prendersi cura dell’altro con<br />

tutto se stesso, comprese le<br />

frag<strong>il</strong>ità personali e i propri coni<br />

d’ombra. Probab<strong>il</strong>mente non<br />

guarirà una malattia inguarib<strong>il</strong>e,<br />

ma potrà curare la persona,<br />

infonderle la speranza, darle<br />

una prospettiva di vita vera.<br />

andamento dei city break e dei<br />

viaggi d’affari (compresi i viaggi<br />

di incentivazione offerti dalle<br />

aziende ai loro rivenditori). Da<br />

sottolineare <strong>il</strong> numero elevato<br />

di congressi internazionali organizzati<br />

a Praga. L’incremento<br />

di presenze interessa tutte<br />

le categorie alberghiere. Negli<br />

hotel a 5 stelle l’aumento è stato<br />

del 14,5 per cento mentre i<br />

4 stelle hanno ospitato <strong>il</strong> 22,8<br />

per cento di italiani in più. I tre<br />

stelle hanno chiuso <strong>il</strong> trimestre<br />

a + 36 per cento. Gli hotel a 4<br />

stelle sono quelli che incidono<br />

maggiormente sul totale (55<br />

per cento). Il luogo più visitato<br />

tori e una bella fotografia.<br />

La storia è un po’ un cliché:<br />

per superare un lutto, una<br />

donna decide di ricorrere<br />

alla clonazione. I risvolti<br />

saranno inquietanti e pure<br />

un po’ morbosi. Il regista<br />

ungherese Fliegauf, anche<br />

sceneggiatore, ha <strong>il</strong> senso<br />

degli spazi, dell’inquadratura,<br />

dei colori e sopperisce<br />

con un bello st<strong>il</strong>e ai difet-<br />

rimane Praga, città unica per i<br />

suoi aspetti romantici e per la<br />

qualità dei siti culturali che offre.<br />

Anche la regione della Boemia<br />

meridionale riscuote un<br />

buon successo con <strong>il</strong> suo capoluogo<br />

Brno e P<strong>il</strong>sen, nominata<br />

capitale europea della cultura<br />

per <strong>il</strong> 2015. Il turismo invernale<br />

regala ai turisti atmosfere<br />

da fiabe d’altri tempi, questi<br />

luoghi, ricchi di castelli, creano<br />

emozioni uniche. Molto interesse<br />

per l’importante letteratura<br />

della Boemia che nasce dall’incrocio<br />

della lingua slava con<br />

quella tedesca e latina.<br />

Walter Abbondanti


ti di una storia potenzialmente<br />

intrigante ma banalizzata<br />

in sede di dialoghi e<br />

svolte narrative. Rimangono<br />

buoni spunti: dalla diffic<strong>il</strong>e<br />

elaborazione del lutto,<br />

alla caratterizzazione psicologica<br />

della protagonista,<br />

la splendida Eva Green,<br />

morbosamente attaccata<br />

alla sua creatura e chiusa<br />

in una soffocante solitu-<br />

COMUNICANDO<br />

PABLO GODOY IN MOSTRA<br />

La potenza<br />

dell’immagine<br />

Preparatevi, nel 2013 si celebrerà<br />

l’anno dell’amicizia tra Italia<br />

e C<strong>il</strong>e e in vista di questo importante<br />

avvenimento sono diverse<br />

le manifestazioni culturali in via<br />

di organizzazione. Una in particolare<br />

è la mostra “Volti e angoli di<br />

Santiago del C<strong>il</strong>e”, la prima personale<br />

italiana ed europea del fotografo<br />

c<strong>il</strong>eno Pablo Godoy, orga-<br />

dine. Però: <strong>il</strong> ritmo latita, gli<br />

scenari si ripetono e sul tema<br />

c’è già stato <strong>il</strong> bellissimo<br />

Non lasciarmi, decisamente<br />

più compiuto ed efficace.<br />

visti da Simone Fortunato<br />

Il regista<br />

Bendek Fliegauf<br />

AZIONI IMPREVEDIBILI<br />

Ai Tom Sawyer<br />

dei nostri giorni<br />

di Annalena Valenti<br />

A<br />

nizzata dall’ambasciata del C<strong>il</strong>e<br />

in Italia e da Sphaerica, sotto la<br />

cura di Giuseppe Ussani d’Escobar,<br />

con <strong>il</strong> patrocinio dell’assessorato<br />

alla Cultura del Comune<br />

di Napoli. Nella splendida e<br />

suggestiva location di Castel<br />

dell’Ovo saranno esposti gli scatti<br />

in grande formato che hanno<br />

reso famoso l’artista. Napoli, infatti,<br />

vive una magica simbiosi<br />

con gli scatti di Godoy; gli angoli<br />

e gli scorci di Santiago del C<strong>il</strong>e<br />

hanno una continuità spirituale<br />

e urbana con i vicoli e le strade<br />

di Napoli. Attraverso gli scatti<br />

si può fac<strong>il</strong>mente ripercorrere<br />

la potenza e la vitalità ironica<br />

Giò, isacco, F<strong>il</strong>ippo<br />

e Patrizio, ai Tom<br />

Sawyer e Huckleberry<br />

Finn delle nostre<br />

bande paesane, in grado<br />

di compiere ciò che<br />

STILI DI VITA<br />

MAMMA<br />

OCA<br />

è infinitamente improbab<strong>il</strong>e, a Claudia,<br />

Anna, Tere e Leo, a Clara, Chiara,<br />

Meggy, ai bambini e ragazzi di questa<br />

estate, a Federico, Franky, Susi, Lalla e<br />

Giudi, alle speranze di domani, a Elena,<br />

Seba, Giacomo e Jefti, ai nuovi nati,<br />

ai nuovi inizi, alla nuova azione di cui<br />

sono capaci, a Simone, Pietro, Gloria,<br />

Marta, Giulia e Caterina, all’unicità di<br />

ognuno, all’imprevedib<strong>il</strong>ità della loro<br />

azione, all’inatteso del loro agire, a<br />

Francesco, Giovanna e Manu. Imprevedib<strong>il</strong>e,<br />

inattesa, infinitamente improbab<strong>il</strong>e.<br />

Alla responsab<strong>il</strong>ità di noi che ci<br />

crediamo. «L’educazione è <strong>il</strong> momento<br />

che decide se noi amiamo abbastanza<br />

<strong>il</strong> mondo da assumercene la responsab<strong>il</strong>ità<br />

e salvarlo così dalla rovina, che<br />

è inevitab<strong>il</strong>e senza <strong>il</strong> rinnovamento,<br />

senza l’arrivo dei giovani. Nell’educazione<br />

si decide anche se noi amiamo<br />

tanto i nostri figli da non estrometterli<br />

dal nostro mondo lasciandoli in balia<br />

di se stessi, se li amiamo tanto da<br />

non strappargli di mano la loro occasione<br />

d’intraprendere qualcosa di nuovo,<br />

qualcosa d’imprevedib<strong>il</strong>e per noi: e<br />

prepararli invece al compito di rinnovare<br />

un mondo che sarà comune a tutti».<br />

Hannah Arendt, “La crisi dell’istruzione”,<br />

in Tra passato e futuro.<br />

mammaoca.wordpress.com<br />

e amara che da sempre è essenza<br />

intrinseca del capoluogo partenopeo.<br />

Pablo Godoy è un fotografo<br />

dalla forte identità che<br />

riesce a sorprendere con immagini<br />

intense destinate a diventare<br />

icone dell’immaginario collettivo.<br />

Una piccola anticipazione:<br />

l’esposizione vedrà lo svolgimento<br />

di una narrazione per immagini,<br />

scaturita da un’originale e<br />

dirompente creatività. Godoy, attraverso<br />

<strong>il</strong> suo occhio attento, regalerà<br />

attimi di pura e profonda<br />

arte, catturando istintivamente,<br />

nel lampo di uno scatto, l’invisib<strong>il</strong>e<br />

ad occhio nudo (spaericha.net).<br />

Giovanni Parapini<br />

| | 12 settembre 2012 | 55


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TUTTI GLI ARTICOLI<br />

Nazionale di quest’anno»<br />

per la famiglia»<br />

di Luigi Amicone<br />

Bergomi e Spagna ’82: «La forza<br />

era <strong>il</strong> gruppo. Come nella<br />

Nazionale di quest’anno»<br />

di Luigi Amicone<br />

di Luigi Amicone<br />

Bergomi e Spagna ’82: «La forza<br />

era <strong>il</strong> gruppo. Come nella<br />

di Luigi Amicone<br />

Papa: «Come ho vissuto<br />

le magnifiche giornate m<strong>il</strong>anesi<br />

Seguici su<br />

di Carlo Candiani<br />

Bologna, referundum anti-paritarie.<br />

«Una follia anche economica»<br />

di Antonio Simone<br />

Simone: Il segreto (rivoluzionario)<br />

del nuovo compagno di cella<br />

di Oscar Giannino


LA PICCOLA FIAT DEBUTTA AL SALONE DI PARIGI<br />

Panda con <strong>il</strong> 4x4<br />

può andare ovunque<br />

Fiat Panda, in versione 4x4 debutterà<br />

al Salone di Parigi, proposta unicamente<br />

con la carrozzeria a cinque<br />

porte. Le dimensioni indicano in 368 centimetri<br />

la lunghezza, 167 la larghezza e<br />

160 l’altezza. I designer della Fiat hanno<br />

dato alla Panda 4x4 un aspetto da Suv ridisegnando<br />

innanzitutto i paraurti che<br />

hanno un aspetto più aggressivo e sono<br />

dotati di inserti di colore alluminio.<br />

La protezione in plastica della carrozzeria<br />

corre lungo tutto <strong>il</strong> perimetro inferiore<br />

di quest’ultima, passaruota compresi,<br />

differenziando anche in questo la<br />

nuova Panda 4x4 da quella della generazione<br />

precedente. A bordo, plancia e sed<strong>il</strong>i<br />

riprendono quelli della Panda a trazione<br />

anteriore. Ci sono tuttavia alcune<br />

differenze, a cominciare dalla colorazione<br />

verde disponib<strong>il</strong>e per tutta la fascia<br />

orizzontale del cruscotto che circonda<br />

strumentazione e ripiano portaoggetti. I<br />

sed<strong>il</strong>i sono rivestiti in un tessuto dal dise-<br />

DI NESTORE MOROSINI<br />

MOBILITÀ 2000<br />

gno specifico con dettagli in sim<strong>il</strong>pelle.<br />

La trazione integrale è di tipo permanente,<br />

fornita da un sistema con due differenziali<br />

e un giunto centrale a controllo<br />

elettronico. Sulla Panda integrale è stata<br />

aggiunta una funzione di controllo che,<br />

sino a 50 km/h di velocità, simula <strong>il</strong> bloccaggio<br />

del differenziale frenando le ruote<br />

che perdono aderenza.<br />

I motori previsti per la Fiat Panda 4x4<br />

sono due, con la logica scelta tra un propulsore<br />

a benzina e uno a gasolio. Si tratta<br />

del recente 0.9 Twinair turbo da 85 cavalli<br />

e del turbodiesel 1.3 Multijet II da 75<br />

cavalli. Entrambe le versioni sono dotate<br />

di sistema Start&Stop, con <strong>il</strong> due c<strong>il</strong>indri<br />

Twinair abbinato a un cambio a sei marce<br />

con la prima ridotta.<br />

Le immagini di Panda a trazione integrale<br />

e l’abitacolo. Sotto, la vettura con la fascia<br />

protettiva in plastica lungo la fiancata<br />

| | 12 settembre 2012 | 57


UN ALTRO MONDO<br />

è POSSIBILE<br />

L’IMPORTANZA DI UN SACRAMENTO<br />

La penitenza non<br />

è condanna ma<br />

nuova speranza<br />

di Aldo Trento<br />

Mentre mi trovavo in italia, volendo<br />

confessarmi, ho chiesto agli amici<br />

della Brianza se ci fosse un prete disponib<strong>il</strong>e,<br />

magari anziano. Così mi hanno portato<br />

da don Pasquale. «Chi è don Pasquale?»,<br />

ho domandato. E mi è stato risposto che è un<br />

sacerdote sugli 80 anni, che vive a Bernareggio<br />

e dice Messa ogni giorno nella parrocchia<br />

di Concorezzo (MB).<br />

Perché parlare di lui? Incontrandolo sono<br />

stato colpito dalla sua integrità di uomo tutto<br />

poggiato sulla santissima fede. Chi lo conosce<br />

da tempo mi ha raccontato che «Guardandolo<br />

agire e parlare emerge <strong>il</strong> fatto che la sua<br />

fede vissuta, la sua forte cattolicità ti mostra<br />

come sa forgiare la statura della personalità<br />

umana. Vedi in lui un realismo sano e positivo<br />

che non si basa su un non ben definito ottimismo<br />

ma sulla certezza del fatto di Cristo,<br />

della sua presenza e della sua azione contemporanea<br />

che avviene sempre nel presente».<br />

E ancora, «Don Pasquale conosce molto bene<br />

la storia della Chiesa e dei suoi Santi e la<br />

sa comunicare in modo incisivo ed essenziale<br />

facendoti vedere come Dio dentro le diverse<br />

vicende storiche agisca attraverso <strong>il</strong> temperamento<br />

e la precisa personalità di coloro<br />

che Egli chiama e che si lasciano afferrare, riconoscendolo<br />

come Signore, cioè Padrone di<br />

tutto ciò che esiste. Particolarmente si rendono<br />

evidenti in lui l’interesse e la passione<br />

singolare per la storia della presenza cristiana<br />

“m<strong>il</strong>anese”: nulla sfugge al “don” su questo<br />

terreno. Ti fa capire che tu sei parte e protagonista<br />

dell’azione di Cristo oggi, proprio in<br />

questa terra ben precisa. Citando i grandi vescovi<br />

di M<strong>il</strong>ano un giorno ci ha riferito che<br />

mai, come è accaduto ai tempi di Sant’Ambrogio,<br />

la Chiesa diede forma a tante opere<br />

di carità come gli ospedali, l’assistenza ai bisognosi,<br />

le opportunità di lavoro e tante altre<br />

ancora. Eppure, disse don Pasquale, “Leggendo<br />

le omelie di Ambrogio si scopre che l’unico<br />

contenuto delle sue prediche era <strong>il</strong> suo personale<br />

rapporto con Gesù, <strong>il</strong> fascino, la bellezza<br />

e la verità che Cristo è per ogni uomo<br />

e lo stupore per quanto Dio ami <strong>il</strong> destino di<br />

ognuno. Non si scova una sola esortazione al<br />

58 | 12 settembre 2012 | |<br />

POST<br />

APOCALYPTO<br />

Giuseppe<br />

Molteni,<br />

La confessione<br />

(1838), olio su<br />

tela, Gallerie<br />

d’Italia, M<strong>il</strong>ano<br />

popolo m<strong>il</strong>anese a darsi da fare per fare opere<br />

di carità”». «Pasquale ci ha fatto così ricapire<br />

che in prima istanza c’è la risposta alla<br />

domanda “chi sono io?”, c’è l’accorgersi della<br />

persona di Gesù, c’è lo scoprirlo e <strong>il</strong> guardarlo<br />

negli occhi. Il resto, le opere sociali e caritatevoli<br />

e pure quelle politiche, sono una conseguenza<br />

dell’impeto generativo che nasce dal<br />

riconoscere Dio fatto uomo».<br />

Interessante, ho pensato; poi, sempre gli amici<br />

che lo frequentano, hanno aggiunto: «Don<br />

Pasquale dopo la Messa è solito ritrovarsi<br />

con semplicità e amicizia con alcuni dei partecipanti<br />

per un caffè. Prima però, in chiesa<br />

davanti alla statua della Madonna recita con<br />

chi vuole <strong>il</strong> rosario, parla del Santo del giorno<br />

e dà un giudizio sulle vicende sociali e politiche<br />

che accadono, un aiuto a tutti per districarsi<br />

dalla confusione odierna che regna<br />

indisturbata. Vedi che per lui la fede non sono<br />

i “massimi sistemi”, ma sa giudicare e orientare<br />

l’orizzonte vero della vita di oggi».<br />

Recentemente don Pasquale ha detto: «È da<br />

molto tempo che la Chiesa m<strong>il</strong>anese non genera<br />

dei santi» e a questo proposito si è dichiarato<br />

molto contento del fatto che si sia<br />

avviata la causa di beatificazione di don Luigi<br />

Giussani. Per lui è un segno e un grande dono<br />

dello Spirito per tutta la Chiesa m<strong>il</strong>anese, universale<br />

e per <strong>il</strong> mondo intero.


Quando poi mi sono confessato mi ha commosso<br />

la sua modalità di rapportarsi a me<br />

peccatore e mi ha sorpreso la “penitenza” che<br />

mi ha assegnato. Don Pasquale mi ha detto di<br />

pregare per questi tre motivi: 1) Perché <strong>il</strong> movimento<br />

di Cl rimanga fedele all’origine del<br />

suo carisma. 2) Perché si realizzi al più presto<br />

la causa di beatificazione di don Giussani per<br />

<strong>il</strong> bene di tutta la Santa Chiesa. 3) Perché la<br />

fraternità “San Carlo” (un gruppo di sacerdoti<br />

missionari che vivono la vita comune in case<br />

chiamate “missioni” sparse in tutto <strong>il</strong> mondo),<br />

realizzi sempre più <strong>il</strong> motivo per cui è nata.<br />

Mi sono sentito abbracciato e mi sono stupito<br />

della coscienza e della consapevolezza di que-<br />

In un mondo dove <strong>il</strong> moralismo è diventato<br />

criterio del vivere, come non cadere nella<br />

disperazione se l’uomo non avesse la possib<strong>il</strong>ità<br />

di gioire, di godere della bellezza divina<br />

della confessione? In un mondo puritano<br />

dove basta un pettegolezzo per eliminarti,<br />

come si fa a non scivolare nella depressione?<br />

sto anziano sacerdote che senza quasi conoscermi<br />

ha saputo leggere così intelligentemente<br />

l’umanità della mia persona.<br />

Ho chiesto poi a Don Pasquale cosa significhi<br />

per lui obbedire, cos’è l’obbedienza e mi ha risposto<br />

così: «Essendo “innamorati” di Cristo<br />

noi siamo sempre servi obbedienti, (<strong>il</strong> Vangelo<br />

dice “inut<strong>il</strong>i” ), anche se non siamo né sordi<br />

né muti…».<br />

Pieno di gratitudine verso <strong>il</strong> Mistero che non<br />

smette mai di mostrarsi alla mia vita con la<br />

sua sapienza e misericordia ho salutato con<br />

gratitudine don Pasquale. Spero di confessarmi<br />

ancora da lui, un prete veramente cattolico,<br />

cioè un uomo vero.<br />

paldo.trento@gma<strong>il</strong>.com<br />

In Paraguay, ho avuto di nuovo la grazia<br />

immeritata di vivere con padre Alberto,<br />

già mio compagno di cammino<br />

negli anni Novanta. Grazie alla Divina Provvidenza,<br />

è venuto dall’Ecuador in Paraguay<br />

per aiutarmi nel cammino della conversione.<br />

Il primo gesto di benvenuto è stato quello<br />

della confessione reciproca, perché ambedue<br />

siamo coscienti che un’amicizia che non<br />

ha come punto di partenza <strong>il</strong> sacramento della<br />

confessione si trasforma in complicità. Come<br />

posso perdonare, abbracciare tutti se non<br />

vivo intensamente <strong>il</strong> sacramento della confessione<br />

che per me è più necessario dell’aria<br />

che respiro?<br />

In un mondo dove la persona è stata cancellata,<br />

dove <strong>il</strong> moralismo è diventato criterio<br />

del vivere, dove la struttura è più importante<br />

della persona; in un mondo dove è sempre<br />

più evidente che più importante della persona<br />

è l’Istituzione, come non cadere nella disperazione<br />

se l’uomo non avesse la possib<strong>il</strong>ità<br />

di gioire, di godere della bellezza divina della<br />

confessione? Per questo motivo, ho chiesto a<br />

padre Alberto di scrivere quello che significa<br />

nella sua vita la confessione settimanale.<br />

Amici, in un mondo puritano dove è sufficiente<br />

un pettegolezzo per eliminarti, come si fa<br />

a non scivolare nella disperazione se manca<br />

la confessione? Quello che ci ha impedito di<br />

precipitare nella delusione o nella depressione<br />

durante questi ultimi mesi è stato <strong>il</strong> sacramento<br />

della confessione, origine e contenuto<br />

delle poche ma grandi amicizie che continuano<br />

ad accompagnarci.<br />

paldo.trento@gma<strong>il</strong>.com<br />

Cos’è la confessione? Qualcosa da temere,<br />

perché c’é un giudizio sugli errori<br />

commessi e le mancanze avute? Per<br />

questo normalmente la gente la sfugge: per<br />

paura. Per me, da alcuni anni, non è più così<br />

e per questo ringrazio padre Aldo che mi ha<br />

fatto riscoprire la confessione come la bellezza<br />

della misericordia di Dio che tocca la nostra<br />

carne, quella carne rovinata dal peccato<br />

ma che viene resa bella dal Suo perdono. Al<br />

Signore non importa <strong>il</strong> colore dei nostri peccati<br />

o le nostre nefandezze. Ciò non vuol dire<br />

che vengano giustificati, anzi.<br />

È sempre necessario un lavoro personale per<br />

poter chiedere <strong>il</strong> perdono sacramentale. Ma<br />

<strong>il</strong> lavoro non è l’analisi psicologica del peccato<br />

o del motivo del peccato, è la richiesta<br />

struggente del Suo perdono che ci rende capaci<br />

di riprendere <strong>il</strong> cammino. Come <strong>il</strong> figliol<br />

prodigo che viene riaccolto nella casa del padre<br />

con una festa perché <strong>il</strong> peccato lo aveva<br />

fatto letteralmente morire e <strong>il</strong> perdono gli dà<br />

la possib<strong>il</strong>ità di risuscitare, di nascere di nuovo.<br />

La confessione è letteralmente una nuova<br />

nascita.<br />

Quando mi confesso, preparandomi seriamente,<br />

io sperimento questo, e Lui mi fa<br />

guardare alla Sua presenza. Quello sguardo<br />

che prima era tutto rivolto alle mie incapacità,<br />

incoerenze ed evidenti deficienze, si rivolge<br />

a quella Bellezza che mi fa nuovo.<br />

Quello della penitenza è diventato negli anni<br />

<strong>il</strong> sacramento che amo di più insieme all’Eucarestia<br />

a cui è strettamente legato, per cui<br />

confessarmi è diventata una necessità e la<br />

penitenza non è una condanna da scontare o<br />

una pena da infliggere, ma una speranza da<br />

ridare a chi si era allontanato. Ringrazio di<br />

nuovo i miei confessori (nei primi anni di questa<br />

riscoperta è stato padre Aldo anche se<br />

dopo per circostanze storiche sono stati altri),<br />

ho sempre incontrato non giudici che mi hanno<br />

inflitto una pena che mi sono meritato, ma<br />

fratelli nel sacerdozio che mi hanno fatto sperimentare<br />

la bellezza della Sua misericordia.<br />

Padre Alberto<br />

| | 12 settembre 2012 | 59


LETTERE<br />

AL DIRETTORE<br />

Lezioni di lessico dai<br />

radicali e di onestà dallo<br />

Stato di polizia fiscale<br />

Caro direttore, ti ringrazio per i giudizi che hai ritenuto<br />

di esprimere sul mio modo di esercitare la professione<br />

giornalistica; altri, se vorranno, risponderanno riguardo<br />

a RR; tuttavia se mi avessi informato ti avrei pregato di<br />

ut<strong>il</strong>izzare un altro aggettivo piuttosto che “zelante” (dà l’impressione<br />

di subalterno e conformista). A proposito poi della<br />

nostra fraterna chiacchierata, (non una “confessione”; infatti<br />

non ti sei sentito nemmeno vincolato alla riservatezza) con-<br />

sentimi di riempire gli spazi lasciati vuoti dalla tua memoria<br />

SPORT<br />

ÜBER<br />

ALLES<br />

I buoni<br />

60 | 12 settembre 2012 | |<br />

selettiva. Ti dicevo che, in un’Italia che<br />

si vuole disgregata e superficiale, è bello<br />

ci sia chi – come <strong>il</strong> popolo di Cl, come<br />

i radicali – ricerca e tiene vivi i propri<br />

tesori; che una cosa però ci divide (e<br />

provoca sofferenza, come sa chiunque<br />

abbia avuto bisogno della “p<strong>il</strong>lola del<br />

giorno dopo” in Lombardia): la vostra<br />

convinzione di avere la verità in tasca.<br />

Soggiungevo poi, ricordando la fisionomia<br />

di alcuni vostri autorevoli esponenti,<br />

che la consuetudine a combattere i<br />

comunisti vi ha fatti uguali a loro: guerrieri<br />

piuttosto che martiri. Il fatto che<br />

tu abbia inteso <strong>il</strong> mio: “cercatori di tesori”,<br />

come “guardiani” non fa che confermare<br />

le mie impressioni. Ps. Nell’attesa<br />

di leggere questa mia precisazione tra<br />

gli editoriali del prossimo numero (come<br />

immagini tengo molto alla mia identità)<br />

ti saluto fraternamente.<br />

Em<strong>il</strong>iano S<strong>il</strong>vestri via internet<br />

Come potrai verificare, caro Em<strong>il</strong>iano,<br />

tanto per cominciare dal ps, <strong>il</strong><br />

posto delle lettere esiste anche per<br />

le precisazioni e rettifiche, altrimen-<br />

PROPOSITI d’InIzIO STAgIOnE<br />

Solite intercettazioni, vecchie polemiche<br />

e <strong>il</strong> più bastardo Fred Perri di sempre<br />

propositi cominciano sempre di lunedì. Io, ad<br />

esempio, da oggi sono a dieta. Potevo cominciare<br />

ieri ed evitare <strong>il</strong> daiquiri che mi ha tenuto sveglio<br />

per tutta la notte, eppure. Eppure si tende a procrastinare.<br />

Io ho un dottorato in procrastinamenti.<br />

L’estate è finita in una tempesta di pioggia portata da<br />

Poppea (ma chi li sceglie i nomi?) e rieccoci qua. Dal-<br />

ti, se ogni precisazione e rettifica<br />

dovesse collocarsi esattamente nel<br />

punto dove si trovava l’affermazione<br />

imprecisa o errata, su ogni giornale<br />

tu leggeresti un casino abbastanza<br />

colossale. Quanto al resto, ne prendo<br />

atto, fraternamente, senza verità in<br />

tasca e senza memoria selettiva (anzi,<br />

grazie per la ricostruzione della<br />

nostra chiacchierata), sempre preferendo<br />

l’originale secondo me (“guardiani”)<br />

alla tua impressione di aver<br />

detto “cercatori”. Infine sperando<br />

che almeno nelle cose belle e vere ci<br />

evitiamo ogni riservatezza.<br />

2<br />

Ho <strong>il</strong> maledetto difetto di essere un<br />

“precisino” e <strong>il</strong> 17 dicembre 2011 ho<br />

provveduto al pagamento canone Rai<br />

per <strong>il</strong> 2012 inviando l’importo di euro<br />

111,50 all’apposito conto corrente. A fine<br />

dicembre <strong>il</strong> canone aumentava di 2<br />

euro: e che fa la “mamma degli italiani”?<br />

Mi invia un avviso di pagamento di<br />

euro 2 per integrazione canone, euro<br />

5,72 per integrazione periodo 1/9-12/9<br />

(che sarà mai?), euro 2,82 per differenza<br />

periodo 1/12-12/12. Oltre gli importi<br />

per sanzione per tardivo pagamento<br />

pari a 8,17 euro. In totale, per essermi<br />

“precipitato” a pagare anzitempo, la<br />

tv di Stato mi ha punito con una ammenda<br />

aggiuntiva di quasi 18 euri. Ma<br />

Monti quando pensa di “sistemare” la<br />

Rai? O dobbiamo ri-aspettare <strong>il</strong> Cavaliere<br />

perché lo faccia per davvero?<br />

Antonio Ascione Torre del Greco (Na)<br />

2<br />

Mi sono accorto solo adesso che sto<br />

leggendo Rodney Stark, di questo passo<br />

de La vittoria della ragione (Lindau)<br />

che lei ben conosce ma che mi inquieta:<br />

«Quando chi governa pensa solamente<br />

a estorcere <strong>il</strong> massimo a chi controlla,<br />

allora anche i sudditi divengono sensib<strong>il</strong>mente<br />

avari e reagiscono sperperando,<br />

accumulando o nascondendo i frutti<br />

del proprio lavoro, senza riuscire a<br />

produrre quanto potrebbero. (…) Ne risulta<br />

un tenore di vita al di sotto delle<br />

potenziali capacità produttive della società».<br />

Sudditi a parte, mi vien da pensare<br />

a noi, adesso. Esagero?<br />

Luigi Cestaro via internet<br />

Secondo la famosa intervista a Monti,<br />

scatenare l’Agenzia delle Entrate<br />

e la guardia di Finanza fa parte<br />

della “guerra giusta”. Intanto i porti<br />

italiani in questa guerra estiva hanno<br />

perso <strong>il</strong> 70 per cento dei navigatori<br />

a diporto e i conseguenti introiti<br />

per <strong>il</strong> fisco italiano. Vale per <strong>il</strong> settore<br />

nautico, ma a ben vedere, vale<br />

per la valangata di benestanti che<br />

stanno correndo a riparare i loro beni<br />

all’estero. Con quali “controproducenze”<br />

per l’Italia lo sapremo presto.<br />

Ma non si è mai visto, o almeno<br />

non ci è noto, <strong>il</strong> caso di uno Stato di<br />

polizia fiscale che funzioni e che riesca<br />

a produrre stimoli positivi alla<br />

produzione e alla crescita. E adesso<br />

premono per far votare una “legge<br />

anti-corruzione” («come se la corruzione<br />

si sconfiggesse con una legge»<br />

disse e poi si tacque un onesto deputato<br />

Pd di area ex Pci-Coop), che dicono<br />

ci sia richiesta dall’Europa ma<br />

che intanto è stata approvata da un<br />

paese come l’Albania, ma non dalla<br />

germania (almeno non nei termini<br />

in cui la si vorrebbe introdurre in<br />

Italia). Legge che darà ai pm d’assal-<br />

di Fred Perri<br />

la finestra del mio buen retiro agli sgoccioli, guardo <strong>il</strong><br />

mondo come da un oblò (ah, Gianni Togni) e penso ai<br />

buoni propositi. Dunque: dieta ferrea, meno cinismo<br />

baro, meno incattivimento, meno pagliuzze estratte<br />

dall’occhio del nemico, meno giudizi sprezzanti, meno<br />

senso di superiorità, meno birignao, più rispetto<br />

AP/LaPresse<br />

per gli arbitri, di qualsiasi “sport” si tratti, meno ten- Foto:


to un’ulteriore arma da “menti finissime”<br />

per ammazzare l’intrapresa.<br />

Pensate: una giovanissima stagista<br />

che è stata a <strong>Tempi</strong> solo un paio di<br />

settimane ci ha appena richiesto una<br />

“lettera di raccomandazione” per <strong>il</strong><br />

college, perché in America “<strong>il</strong> traffico<br />

di influenze” previsto dal nostro<br />

ddl anticorruzione è una scemenza<br />

levantina che non esiste, mentre la<br />

segnalazione precisa e documentata<br />

di un certo nominativo da parte<br />

di una datore di lavoro, sia pur avventizio<br />

come nel caso di uno stage,<br />

in America fa punteggio e può risultare<br />

addirittura dirimente per l’ammissione<br />

o meno a un college.<br />

2<br />

Avevo già rinnovato <strong>il</strong> mio abbonamento<br />

a <strong>Tempi</strong>, ma l’ascolto al Meeting di<br />

Rimini delle parole accorate di Lodovico<br />

Festa, che si è commosso per <strong>il</strong> calvario<br />

giudiziario cui è sottoposto l’amico<br />

Antonio Simone, sarebbero da sole<br />

valse <strong>il</strong> prezzo di un abbonamento, da<br />

parte di chi ama la “giustizia giusta” e<br />

avversa <strong>il</strong> “giustizialismo mediatico a<br />

orologeria” contro chi non è funzionale<br />

al “politically correct”. In quello stesso<br />

incontro ho apprezzato anche l’onestà<br />

intellettuale di Oscar Giannino, che<br />

ha voluto valutare chi gestisce la cosa<br />

pubblica sulla base dei risultati conseguiti<br />

e non dei pregiudizi, distinguendo<br />

tra quello che reputa <strong>il</strong> deludente risultato<br />

nazionale del centrodestra (un po’<br />

ipercritico ma condivisib<strong>il</strong>e quando ha<br />

parlato di assenza di misure in favore<br />

della famiglia) e l’apprezzab<strong>il</strong>e risultato<br />

conseguito in Lombardia da Formigoni.<br />

Non mi è piaciuto <strong>il</strong> tentativo strumentale<br />

(purtroppo con qualche incauta<br />

posizione interna a Comunione e Liberazione)<br />

di trasformare <strong>il</strong> Meeting in<br />

una sorta di verifica dell’indice di gradimento<br />

residuale di Formigoni. Ma a chi<br />

si è d<strong>il</strong>ettato in questo poco edificante<br />

esercizio dico che tanto Festa quanto<br />

Giannino hanno fornito un saggio di<br />

come <strong>il</strong> giornalismo serio non possa alimentare<br />

alcuna macchina del fango.<br />

Credo che dobbiamo essere orgogliosi<br />

di un abbonamento che ci permette di<br />

imbatterci settimanalmente nella raffinatezza<br />

del loro argomentare.<br />

Daniele Bagnai Firenze<br />

Grazie, ma non parlerei di qualche<br />

“incauta posizione interna a Cl”,<br />

piuttosto di qualche incauto cicisbeo<br />

ammaliato dal Fatto Quotidiano,<br />

organo della famosa macchina.<br />

2<br />

Caro direttore, leggo sul numero 35 di<br />

<strong>Tempi</strong> che la Signora M.V. di Rovigo<br />

non può abbonarsi perché senza lavoro.<br />

Se mi fai sapere come, vorrei essere<br />

io a donarglielo.<br />

Mauro Mazzoldi via internet<br />

Grazie, dovremmo aver già provveduto<br />

noi, <strong>il</strong> pensiero e l’offerta valgono<br />

per <strong>il</strong> meno abbiente che conosce<br />

e che vuole lei.<br />

2<br />

Nell’articolo di Ugo Finetti su <strong>Tempi</strong><br />

numero 32/33 si parla della collaborazione,<br />

auspicata dal Papa, tra non credenti<br />

e cattolici e poi della famiglia come<br />

risorsa. Ma com’è possib<strong>il</strong>e tale<br />

collaborazione con la sinistra che NON<br />

riconosce la realtà, ossia i danni enormi<br />

provocati da divorzio e aborto? È la<br />

stessa sinistra che plaude al poliamore,<br />

di cui parla Rodolfo Casadei nello stesso<br />

numero della rivista?<br />

Carlo Aimar Busca (Cn)<br />

Possiamo ammettere una qualche<br />

forma di collaborazione col 90 per<br />

cento di italiani che pur non essendo<br />

di sinistra, purtroppo anch’essi NON<br />

riconoscono eccetera?<br />

2<br />

Ho letto su <strong>Tempi</strong> della festa popolare<br />

(n. 35, p. 13, ndr). A “ruota libera” proporrei<br />

come spunto “ideale” una festa<br />

che dica che nonostante la fatica la vita<br />

c’è e continua a sorprendere, quindi<br />

che sia una festa di testimonianze<br />

“operative” (vedi ad es. la sezione<br />

“L’Italia che lavora”). Partendo da un<br />

punto sottolineato da Carròn agli esercizi<br />

della Fraternità: la persona come<br />

luogo di “resistenza”. Riprendendo una<br />

questione che spesso ho sentito sottolineare<br />

da Vittadini sui monaci benedettini<br />

che di fronte alle invasioni barbariche<br />

non fuggivano ma ogni volta<br />

ripartivano a ricostruire. Per mettere a<br />

disposizione le “braccia”, fate sapere.<br />

Paola Colombo via internet<br />

Mi pare un bell’abbrivio. E anche come<br />

nomi, non c’è male. Grazie.<br />

2<br />

Egregio direttore, leggendo le lettere<br />

di Simone mi sentivo di scriverle questo<br />

pensiero: <strong>il</strong> dolore, la fatica che Simone<br />

sta vivendo diventano sacrificio<br />

ut<strong>il</strong>e per <strong>il</strong> volere di Dio, un valido collaboratore<br />

di Dio che ci permette di<br />

conoscere un pezzo della realtà carceraria<br />

e un collaboratore per cam-<br />

redazione@tempi.it<br />

tativi di sputtanare l’avversario rivelando le sue faccende<br />

private, più comprensione per i peccati, miei e<br />

altrui, più altra guancia e meno calci nei coglioni. Però,<br />

un bel programma.<br />

Poi ho aperto un sito di informazioni qualsiasi: auto-proclamati<br />

onestoni, insulti a tutti, la solita litania<br />

contro gli arbitri, le solite intercettazioni, i soliti noti<br />

che pontificano sentendosi sempre migliori degli altri,<br />

difensori di un calcio e di una società “puliti” (se le<br />

cantano e se le suonano), i comici profeti e i giornalisti<br />

so tutto io. E allora ho mandato a ramengo i buoni<br />

propositi. Sarò <strong>il</strong> bastardo Fred Perri di sempre. A dieta,<br />

per cui più bastardo.<br />

| | 12 settembre 2012 | 61


iare i cuori dei detenuti, attraverso<br />

i miracoli che già accadono». Per<br />

questo dico a Simone con affetto “coraggio,<br />

sii forte”, sei abbracciato e sostenuto<br />

da Uno più forte di noi. A lei<br />

direttore, anche lei collaboratore di<br />

Dio, un grazie per l’opportunità che ci<br />

concede attraverso <strong>il</strong> giornale.<br />

Salvatore Pirrò via internet<br />

2<br />

Caro direttore, vorrei tanto anch’io la<br />

tessera di Comunione e Libertà. Non<br />

si potrebbe pensare di proporre un libero<br />

tesseramento a chiunque voglia?<br />

Anche per dare retta al suggerimento<br />

di Lodovico Festa al Meeting quando<br />

ci invitava ad essere meno timidi. Non<br />

so, metti un costo simbolico di 1 euro<br />

e con <strong>il</strong> ricavato acquistare una pagina<br />

sul Corriere (o meglio su La Repubblica<br />

e su Il Fatto) per denunciare l’orrore<br />

della tortura della carcerazione preventiva<br />

a scopo intimidatorio. Che dici?<br />

Roberto Rossi via internet<br />

Quando per dire tutta la sua stima<br />

e gratitudine a Simone (un tipo<br />

di uomo che non rimanda a se stesso<br />

ma all’educazione ricevuta e ancora<br />

in itinere), un detenuto coniò<br />

per lapsus “Comunione e Libertà”,<br />

succursale galeotta di CL, saltò fuori<br />

questo gioco pop per dire quanto<br />

ci sta a cuore <strong>il</strong> contrario del mainstream<br />

dominante sulle persone<br />

perbene e permale. Ora non ne farei<br />

un ennesimo stereotipo, ma un’ennesima<br />

ascia nel cuore.<br />

2<br />

Caro direttore, <strong>il</strong> preannunciato ddl che,<br />

secondo <strong>il</strong> ministro Severino, dovrebbe<br />

affrontare seriamente l’emergenza<br />

carceri, si colloca ampiamente nella<br />

lunga serie di bufale mediatiche che<br />

da troppo tempo ci vengono propinate.<br />

La proposta all’esame delle commissioni<br />

giustizia di Camera e Senato, infatti,<br />

riguarda <strong>il</strong> ricorso a misure alternative<br />

al carcere per reati che già oggi non lo<br />

prevedono; si riferisce a reati che prevedono<br />

condanne edittali, nel massimo,<br />

fino a 4 anni. Si tratta dei cosiddetti<br />

“reati bagatellari” che un serio provvedimento<br />

avrebbe dovuto depenalizzare<br />

e punire con sanzioni amministrative,<br />

sgomberando così i tavoli dei giudici<br />

da migliaia di fascicoli che contribuiscono<br />

ad ingolfare la macchina della giustizia.<br />

Invece, ancora una volta, si fanno<br />

annunci roboanti di misure salvacarceri<br />

che si rivelano inut<strong>il</strong>i, e non si vuole ammettere<br />

che <strong>il</strong> male peggiore della giustizia<br />

italiana è rappresentato dall’ut<strong>il</strong>izzo<br />

disinvolto, <strong>il</strong>legale e pretestuoso,<br />

che viene fatto della custodia cautelare<br />

in carcere. Un abuso che riguarda<br />

<strong>il</strong> 43 per cento dell’attuale popolazione<br />

carceraria, cioè 29 m<strong>il</strong>a persone che<br />

– combinazione – equivalgono all’incirca<br />

alla differenza tra capienza regolamentare<br />

delle carceri e presenza effettiva<br />

di detenuti: solo una coincidenza?<br />

Il dato che dovrebbe far riflettere e<br />

inorridire, è <strong>il</strong> 50 per cento di persone<br />

innocenti che, secondo le statistiche<br />

ministeriali, compongono questa massa<br />

di prigionieri della pena preventiva,<br />

persone che verranno assolte e, giustamente,<br />

chiederanno di essere risarcite<br />

per l’ingiusta detenzione, anche se non<br />

ci sarà alcun risarcimento in grado di<br />

compensare <strong>il</strong> dramma vissuto. In tempi<br />

di spending review, dimentichiamo<br />

l’aspetto umano e concentriamoci sui<br />

numeri: ogni giorno, compresi domeniche,<br />

Natale e Pasqua, in Italia vengono<br />

spesi 6 m<strong>il</strong>ioni di euro per mantenere<br />

in carcere persone che non hanno<br />

redazione@tempi.it LETTERE AL DIRETTORE<br />

vACANze DA CReATuRe<br />

La vita è andare per mare, guai<br />

a credere di trovarsi in piscina<br />

di Pippo Corigliano<br />

CARTOLINA<br />

DAL<br />

PARADISO<br />

In questi giorni di vacanze ritardate sto facendo delle lunghe nuotate<br />

in mare. Mi colpisce la differenza con le nuotate in piscina,<br />

quando sono in città. Nella piscina tutto è previsto e prevedib<strong>il</strong>e:<br />

acqua della temperatura giusta, colore cristallino, percorsi tracciati.<br />

In mare no, tutto è diverso. Ogni giorno <strong>il</strong> mare si presenta con un<br />

nuovo aspetto: un giorno è calmo e trasparente, un giorno corrucciato,<br />

un altro con i residui galleggianti di una mareggiata. Mi piace nuotare<br />

guardando <strong>il</strong> fondo, brulicante di pesci di vari colori che procedono<br />

in piccoli branchi, ignorandosi. Ogni tanto <strong>il</strong> riflesso del sole sul<br />

ventre di un’orata o di un sarago. Sempre un leggero timore dell’ignoto:<br />

potrebbe arrivare un predatore, un pesce fuori misura. Nel mare<br />

trovo un altro volto della natura con <strong>il</strong> suo fascino e la sua crudeltà.<br />

Un amico ha preso con la fiocina una ricciola con una sardina appena<br />

ingoiata. Nella piscina <strong>il</strong> creatore sono io, nel mare sono creatura che<br />

contempla la “creatività” del Creatore. Nel mare mi viene spontaneo<br />

pregare, in piscina tutto mi sembra preordinato. In piscina prevale<br />

l’<strong>il</strong>lusione di un mondo perfetto ma ingannevole. Nel mare c’è lo sgomento<br />

davanti alla grandezza di Dio. Vivrò quest’anno con la coscienza<br />

che la vita è andare per mare, guai a credere che mi trovo in piscina.<br />

Dipendo ogni giorno dalla benevolenza di Dio e nulla è scontato.<br />

Devo saper vedere la mano di Dio in ciò che mi circonda e abbandonare<br />

ogni sicurezza. Con la fiducia in Maria, Stella Maris.<br />

una condanna definitiva; di questi, 3<br />

m<strong>il</strong>ioni di euro riguardano la carcerazione<br />

di innocenti. Quanti posti di lavoro,<br />

ed<strong>il</strong>izia agevolata, e iniziative sociali<br />

si potrebbero attivare con quelle somme?<br />

Probab<strong>il</strong>mente verrebbero anche<br />

in parte eliminate le cause che generano<br />

i cosiddetti “reati predatori”, quelli<br />

dettati dal disagio e dalla fame. Le norme,<br />

caro ministro, esistono già nei nostri<br />

codici, basterebbe farle rispettare<br />

per bloccare <strong>il</strong> cortocircuito della giustizia<br />

cancerogena, che vede nelle prigioni<br />

la soluzione a tutti i problemi. Una delle<br />

norme, è quella che prevede l’ut<strong>il</strong>izzo<br />

del braccialetto elettronico, un progetto<br />

che è legge dello Stato italiano ed è<br />

già costato 110 m<strong>il</strong>ioni di euro alla collettività,<br />

ma giace inut<strong>il</strong>izzato da anni<br />

per <strong>il</strong> solo fatto che mancano informazioni<br />

e disposizioni precise ai magistrati<br />

che lo dovrebbero applicare quale misura<br />

deflattiva del sovraffollamento<br />

carcerario. Questa è l’economia del degrado,<br />

che ci costa ogni anno più dell’1<br />

per cento di P<strong>il</strong>, caro professor Monti,<br />

non lo insegnano alla Bocconi?<br />

Claudio Bottan<br />

Casa circondariale di Vicenza<br />

| | 12 settembre 2012 | 63


taz&bao<br />

Una domanda<br />

(che sarà ricorrente)<br />

a Repubblica<br />

64 | 12 settembre 2012 | | Infophoto<br />

«Un particolare colpisce nella campagna quasi quotidiana della<br />

Repubblica sulle vacanze di Roberto Formigoni ai Caraibi: la<br />

pretesa di svolgere una funzione di giornalismo all’americana<br />

senza pagare quel prezzo di minima trasparenza a cui Oltreoceano<br />

anche nelle inchieste più faziose non ci si sottrae. Ezio<br />

Mauro ha mai studiato i b<strong>il</strong>anci della società che controlla <strong>il</strong><br />

suo giornale? Si è mai accorto che <strong>il</strong> gruppo Cir suo “proprietario”<br />

lo è anche della Kos, società che si occupa di salute pubblica<br />

con ospedali, residenze di anziani, strutture di riab<strong>il</strong>itazione<br />

convenzionate con la Regione Lombardia, l’Em<strong>il</strong>ia Romagna<br />

e altre del Centro e Nord Italia? Si è informato di come questa<br />

società due anni fa si voleva quotare in Borsa, e invece poi vendette<br />

circa <strong>il</strong> 40 per cento del suo capitale sociale ad Axa, diventato<br />

poi <strong>il</strong> 46,7 per cento nel 2012? E pare manifestarsi ancora<br />

qualche problema: nel b<strong>il</strong>ancio del primo semestre del 2012<br />

l’ut<strong>il</strong>e netto è stato di 4,6 m<strong>il</strong>ioni di euro rispetto ai 6,2 m<strong>il</strong>ioni<br />

dell’anno precedente. Mi permetto di suggerire a Ezio Mauro<br />

che, nel suo esibirsi in spericolati moralismi, insieme alle domande<br />

a Formigoni, ponga anche <strong>il</strong> seguente quesito all’ingegner<br />

Carlo De Benedetti: “Vi può essere qualche interesse materiale<br />

della società che controlla Repubblica nella campagna<br />

contro <strong>il</strong> presidente della Regione Lombardia?”».<br />

Lodovico Festa Meeting di Rimini – 22 agosto 2012


glI UlTIMI<br />

SaRanno I PRIMI<br />

alla fIne Del vIaggIo<br />

L’eco di un’altra traversata<br />

di Marina Corradi<br />

66 | 12 settembre 2012 | |<br />

Diciannove agosto sera, al largo di livorno. La linea della costa con le sue luci<br />

nell’oscurità sembra un confine. Fino a lì la terra degli uomini; oltre, soltanto<br />

<strong>il</strong> mare. La nave traghetto si avvicina lenta, lasciandosi dietro una scia<br />

di schiuma chiara. Le luci di Livorno tremanti nel buio disegnano una città assisa<br />

nell’afa di agosto: come una vecchia di paesi mediterranei seduta, la sera, davanti alla<br />

porta di casa. In alto le stelle del Grande Carro – così indifferenti, straniere. Quaggiù<br />

la lanterna del faro che sciabola di raggi obliqui, a ritmo regolare, <strong>il</strong> nero del mare.<br />

Quella luce all’imbocco del porto sembra una scolta di vedetta su un orizzonte<br />

infinito. La nave ne riconosce <strong>il</strong> segnale: e avanza adagio, ma certa, verso <strong>il</strong> suo molo.<br />

I fari del porto disegnano sull’acqua riflessi rossastri. Passa una motovedetta<br />

della guardia costiera e si lascia dietro una scia che subito si dissolve. L’acqua calma<br />

è uno specchio che non trattiene le ombre che passano. Un istante, e tutto torna<br />

liscio e uguale. (Tu che ti affacci dall’alto del ponte pensi che quello scomparire<br />

di ogni traccia ti ricorda qualcosa; come una<br />

mano che sfiori una antica ferita).<br />

Sulle banchine dello scalo merci, a<br />

quest’ora, nessuno. Solo le sagome dei magazzini,<br />

squadrate sul cemento; e i bracci delle gru<br />

alti, immob<strong>il</strong>i, strani uccelli chiusi in un loro<br />

sonno d’acciaio. Tra i depositi per un istante ti<br />

pare di intravvedere l’ombra di un uomo. Un<br />

guardiano, o un poveraccio in cerca di un rifugio per la notte? La lanterna del faro,<br />

imperturbab<strong>il</strong>e, continua a girare.<br />

Laggiù, però, ci aspettano. Un gruppo di manovali attende che la pachidermica<br />

nave faccia la sua manovra e accosti la poppa, adagio, alla banchina. Allora dall’alto<br />

lanceranno cime grosse quanto <strong>il</strong> braccio di un uomo, e a terra le fisseranno<br />

agli ormeggi, tese, quasi lacci che immob<strong>il</strong>izzano una preda. Cos’è<br />

questa strana commozione, quando dopo ore di viaggio si attracca<br />

e si torna, dal mare, a terra, fra gli uomini? Quando i radar<br />

sul castello di prua smettono di girare; di cercare la rotta,<br />

la invisib<strong>il</strong>e strada sul mare.<br />

In questo porto che ha la luce e i s<strong>il</strong>enzi delle piazze<br />

di De Chirico tutto sembra in attesa. Di cosa poi?<br />

Un orologio sulla torre è chiaro e pallido come una<br />

faccia di luna. Segna le dieci e dieci con le lancette<br />

spalancate come braccia aperte. E allora noi passeggeri<br />

ci si affretta e ci si spinge sulle scale, le valige<br />

per mano, i bambini addormentati in braccio. Il confine<br />

è varcato, la terraferma è solida sotto ai nostri piedi.<br />

L’attimo incerto delle luci tremanti del porto, della<br />

lanterna del faro, è passato. Cosa è stata quell’ombra<br />

che per un attimo ti sei sentita addosso? L’eco di un’altra<br />

traversata, di un altro approdo. Nulla. Fantasmi.<br />

Niente di misurab<strong>il</strong>e dai radar che girano, ma non registrano<br />

le osc<strong>il</strong>lazioni del cuore.<br />

Cos’è questa strana commozione,<br />

quando si attracca e si torna a terra,<br />

fra gli uomini? In questo porto che<br />

ha la luce e i s<strong>il</strong>enzi delle piazze<br />

di De Chirico tutto sembra in attesa<br />

DIaRIo

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