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IL PROFETA GESUITA<br />

Il cardinale di Ancien Régime per cui la<br />

Chiesa era «indietro di duecento anni»<br />

Aveva un gran bel portamento. E non amava schermirsi agli occhi della bella gente.<br />

Carlo Maria Martini è salito in Paradiso tra gli onori e <strong>il</strong> saluto beatificante<br />

dei giornali di establishment. Con un d<strong>il</strong>uvio di salamelecchi. Senza nemmeno<br />

un chiaroscuro. Come nemmeno a Madre Teresa di Calcutta capitò. Era un “profeta”.<br />

Dicono. E perciò nessuno ha voluto ricordare un’attitudine, così tipica del clericalismo<br />

e del “cardinale del dialogo”, secondo la quale lo Spirito soffia dove vuole,<br />

ma se non soffia dove vuole colui che evoca la libertà dello Spirito, lo Spirito non soffia.<br />

Nella sua ultima intervista, quella resa al confratello gesuita Georg Sporsch<strong>il</strong>l e<br />

che «voleva fosse inserita nel testamento», sembra avesse completamente rovesciato<br />

quell’attitudine. E si fosse arreso al riconoscimento di «liberare la brace dalla cenere»<br />

– metafora cucita su una chiesa giudicata «stanca» – cioè al bisogno di «uomini che ardono<br />

in modo che lo Spirito possa diffondersi ovunque». Sapeva amministrare con cura<br />

<strong>il</strong> proprio ruolo e patrimonio di dissenziente ecclesiastico. Ed era perfetto, nei tempi<br />

e nei modi mediatici, nel far sentire la propria voce dissonante rispetto alla lezione<br />

petrina. Non condivideva <strong>il</strong> punto di vista di Giovanni Paolo II in materia “eticamente<br />

sensib<strong>il</strong>e” (dalla morale sessuale al fine vita ha sempre cordialmente dissentito dalla<br />

lezione della Chiesa cattolica, come ha testè<br />

ricordato <strong>il</strong> cardinale Ruini alla Corradi su<br />

Avvenire). E si fece in quattro per tentare di<br />

convincere Benedetto XVI a deporre <strong>il</strong> tema<br />

dei cosiddetti “valori non negoziab<strong>il</strong>i”. In realtà<br />

Martini era un gran negoziatore. Più incline,<br />

per temperamento e inquietudine interiore,<br />

a rappresentare i dubbi della “zona<br />

EDITORIALI<br />

Non è stato infatti un Vescovo<br />

aristocratico, influente sulla politica<br />

del Sovrano, tenutario di una parola<br />

e di un’autorità che hanno pesato<br />

anche più di quella di un Principe?<br />

grigia” e i sofismi della doxa, l’opinione corrente, ben formata sui giornali di establishment,<br />

che ad affermare certe verità impopolari in faccia al potere.<br />

Adorato dai suoi seminaristi, all’epoca in cui i seminari diocesani lombardi si<br />

svuotavano, non trovò che i movimenti fossero nelle sue corde spirituali. In generale,<br />

non ebbe fam<strong>il</strong>iarità con spiritualità che non promanassero dal suo stesso carisma.<br />

Che, ha scritto bene Alberto Melloni, si riassumeva in quell’auspicio reiterato di<br />

un Conc<strong>il</strong>io Vaticano III: Martini voleva <strong>il</strong> “collegialismo” e, sebbene non risulti abbia<br />

mai messo formalmente in discussione <strong>il</strong> primato di Pietro, voleva “modernizzare” la<br />

Chiesa anche attraverso la sua “democratizzazione”. Che poi tale spinta “modernizzatrice”<br />

coincidesse di fatto con <strong>il</strong> depotenziamento dell’idea di “Cristo Re” e, quindi<br />

del Papa Vicario del Re dei Re, e la diminutio di Pietro a primus inter pares, secondo<br />

una versione di “collegialismo” molto pericolosamente vicina all’idea di “conc<strong>il</strong>iarismo”<br />

– superiorità del collegio dei vescovi e cardinali sul Papa, affermazione già discussa<br />

ed espunta dalla dottrina cattolica fin dal Conc<strong>il</strong>io di Bas<strong>il</strong>ea, Ferrara e Firenze<br />

del 1431 – ciò sembra non abbia intaccato minimamente le convinzioni del creatore<br />

di cattedre “dei non credenti” e scuole “della Parola”.<br />

Biblista sofisticato, Martini è stato tuttavia un pensatore poco originale. D’altra<br />

parte, come ci rivelò un suo <strong>il</strong>lustre confratello, <strong>il</strong> gesuita Ignace de la Potterie, a Martini<br />

è mancata la preparazione f<strong>il</strong>osofica. Quanto ai suoi metodi di conduzione del<br />

popolo di Dio, si possono non condividere i toni di Antonio Socci, ma è un fatto che<br />

Martini è stato protagonista dell’unico caso postconc<strong>il</strong>iare (la “Rosa bianca” di Lazzati<br />

e curia di M<strong>il</strong>ano versus Il Sabato) di istruzione di un processo ecclesiastico contro<br />

due giornalisti o, come lo chiama Socci, di «deferimento di laici cattolici all’Inquisizione<br />

per semplici tesi storiografiche». In effetti, contrariamente a quello che i giornali<br />

di establishment hanno scritto di lui e indipendentemente dalle sue idee molto<br />

conformi al mainstream, la stessa persona che nella sua ultima intervista ha accusato<br />

la Chiesa di essere «rimasta indietro di duecento anni» ha incarnato plasticamente<br />

quell’accusa. Non è stato infatti Martini un chierico di Ancien Régime, Vescovo aristocratico,<br />

influente sulla politica del Sovrano e, sia nell’ambito dell’amministrazione<br />

dei beni ecclesiastici, sia in quelli mondani, tenutario di una parola e di<br />

un’autorità che hanno pesato anche più di quella di un Principe?<br />

FOGLIETTO<br />

L’arena di Teheran.<br />

Il ritorno dei paesi non<br />

allineati, la propaganda<br />

iraniana, l’inquietante<br />

s<strong>il</strong>enzio di Usa e Nato<br />

Il 30 agosto si è tenuto a Teheran<br />

<strong>il</strong> vertice dei paesi non allineati a<br />

cui ha partecipato anche <strong>il</strong> segretario<br />

dell’Onu Ban Ki Moon nonostante<br />

la contrarietà di Washington. Nell’occasione<br />

gli iraniani non hanno rinunciato<br />

né a reclamare i piani per <strong>il</strong> nucleare<br />

né a parlare di distruzione di Israele.<br />

Certo, l’egiziano Mohamed Morsi<br />

attaccando – per conto dei sauditi – la<br />

Siria ha aperto una contraddizione al<br />

regime degli ayatollah: ma la possib<strong>il</strong>ità<br />

di un compromesso “islamico” tra<br />

arabi e persiani è scritta nella storia e<br />

le conseguenze sarebbero immediate<br />

per tutto l’Occidente. Alla fine si tratta<br />

di sperare nell’influenza degli islamici<br />

moderati turchi che apra un qualche<br />

spazio alla democratizzazione più o<br />

meno avviata nel Nord Africa. Comunque<br />

questa situazione desta molta<br />

preoccupazione, e così la debolezza<br />

della leadership americana, <strong>il</strong> semiegemonismo<br />

mascherato di Pechino,<br />

l’affermarsi della mentalità bottegaia di<br />

Berlino, l’affanno di Parigi. E Roma? Le<br />

regole della politica insegnano che una<br />

nazione commissariata non è in grado<br />

di esprimere una posizione in campo<br />

internazionale. Persino a Washington<br />

iniziano a rendersi di conto di ciò e di<br />

certi errori nella destab<strong>il</strong>izzazione del<br />

nostro paese nelle epoche più recenti.<br />

Ps. Sono onorato dalle parole care che<br />

mi rivolge Antonio Simone. Conosco<br />

<strong>il</strong> feroce commento di Georges<br />

Clemenceau su chi a una certa età si<br />

lascia andare in pubblico:<br />

«Ah se potessi pisciare<br />

come lui piange».<br />

Nonostante questa<br />

osservazione non priva<br />

di un cinico buon<br />

senso, sono orgoglioso<br />

di essermi<br />

commosso.<br />

Lodovico Festa<br />

| | 12 settembre 2012 | 3

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