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l’italia che lavora Contro la crisi usate il cervello Ingegnere nucleare, dirigente di successo, a 53 anni si è dovuto reinventare un mestiere. Facendo appello a ogni giorno lavorato nel mondo. Storia di Giuseppe Toscano, il manager cresciuto a pane e Grillo Parlante che rilancia le aziende in difficoltà La crisi non risparmia colpi a nessuno, la contrazione dell’occupazione ha colpito duramente a cominciare dai vertici: in Lombardia oltre diecimila dirigenti sono stati licenziati a partire dal 2008-2009. Questa è la storia di uno di loro, Giuseppe Toscano, manager che ha provato cosa significa veder cancellato il proprio ruolo dall’organigramma. E dopo aver sperimentato l’inevitabile senso di frustrazione e disorientamento che inibisce slanci di creatività e fiducia, ha aperto con successo altre piste, fino a ricevere una proposta di riassunzione dalla stessa azienda per la quale aveva già lavorato fino ad alcuni anni prima. 52 | 12 settembre 2012 | | Una storia che ha avuto inizio nel 1986, quando a soli 30 anni Toscano, ingegnere nucleare, laureato con 110 e lode nel 1980, era già responsabile Qualità per la Divisione Consumer Europa della Texas Instruments, dove venivano sviluppati e prodotti calcolatrici e giochi elettronici educativi, tipo i famosi Grillo Parlante o Libro Parlante, commercializzati dalla Clementoni: solo la prima tappa di una carriera che lo avrebbe portato a girare il mondo dagli Usa al Giappone, dalla Cina al Nord Europa e all’Africa, che avrebbe potenziato le sue competenze sia sul versante tecnico-manageriale che sul piano delle relazioni, della comunicazio- ne e dello sviluppo globale del business in un periodo di continue evoluzioni. In Texas coi giovani esuberanti L’entusiasmo e la volontà di mettersi in gioco erano da sempre i suoi punti di forza: «Le mie prime ferie accettai di trascorrerle visitando gli stabilimenti in America dove avrei potuto conoscere da vicino i processi e le dinamiche aziendali e allo stesso tempo imparare bene l’inglese», racconta Toscano. E sempre negli Stati Uniti era stato successivamente inviato dalla sede di Rieti con una mission particolare: coordinare l’addestramento di una settantina fra laureati e diplomati
che, assunti in Italia per lavorare in uno stabilimento che doveva sorgere ad Avezzano, erano stati inviati in Texas per essere addestrati affiancando i colleghi. Il tirocinio affinò anche le sue capacità di gestione di un personale particolarmente esuberante: «Erano giovani, atterrati in un’America ricca di stimoli d’ogni genere che l’azienda aveva dotato di auto personale e di un buon stipendio, per cui le intemperanze, multe per eccesso di velocità o qualche abuso di alcolici, erano all’ordine del giorno. Sulla porta del mio ufficio sotto la sigla T Q C indicativa di Total Quality Culture, avevano scherzosamente tradotto: “Tutto Quanto Capita”. Un’esperienza ricca che ha lasciato un segno importante nella mia storia umana e professionale», dice oggi Toscano, che il momento davvero difficile nel suo curriculum lo avrebbe registrato solo nel 2009, a 53 anni compiuti e dopo aver intrapreso altre svolte coraggiose, in contro-tendenza. Come quando decise di «trasferirsi dal centro Italia al profondo Nord». L’ingegnere nucleare Giuseppe Toscano, oggi amministratore unico di Q4M, nata nel 2008, 26 anni dopo avere iniziato a lavorare, 17 dei quali come dirigente Nel ‘91 infatti lasciò la multinazionale per inserirsi in una piccola azienda di famiglia, la Eldor di Orsenigo (Co), 200 addetti e all’epoca una produzione di componenti elettromeccanici per televisori: «Il mio era un ruolo pionieristico, che mi affascinava», racconta sottolineando il rapporto di stima con l’imprenditore Pasquale Forte fondatore di un’azienda che è oggi un vero impero internazionale: «Mettevo il naso dappertutto, passavo dalla produzione all’addestramento, dai clienti ai fornitori, dal personale alla progettazione, avevo sotto gli occhi tutti i processi a 360 gradi», prosegue, raccontando la crescita impetuosa dell’azienda che passò da 200 a 1.200 addetti aprendo più stabilimenti all’estero ed ampliando l’attività al settore della componentistica per auto (automotive). Una trasformazione che portò alla vendita della Business Unit originale, acquisita dalla multinazionale americana Pulse, nella quale Toscano assume il ruolo di direttore tecnico: «Abbiamo lavorato bene per 5 anni, poi l’evoluzione del «Alla fine dello scorso anno sono stato contattato dalla mia vecchia azienda per una consulenza. Ho lavorato per loro in Turchia per una settimana al mese. E alla fine mi è stato proposto di rientrare» mercato del televisore con il passaggio dal tubo catodico agli schermi al plasma ha determinato l’assottigliamento degli utili e la decisione di chiudere la divisione». Un manager part-time Dopo qualche notte insonne e l’incubo di trovarsi in un tunnel senza vie d’uscita, Toscano decide di inventarsi una nuova prospettiva professionale. «Tanti manager liquidati dall’azienda, in quel periodo hanno tentato di rimettersi in gioco riciclandosi come consulenti. Ne è risultata una vera giungla nella quale le specificità professionali di ciascuno facevano fatica ad essere percepite dai potenziali clienti». Facendo leva sul bagaglio professionale maturato negli anni e sul fondamentale supporto della famiglia e di alcuni amici, Toscano si mobilita inventandosi una figura consulenziale più originale ed appetibile per l’azienda. «La consulenza non può essere efficace quando è improvvisata, prestata sporadicamente quando emerge il problema da risolvere. Ho preferito propormi come consulente continuativo, propriamente manager part-time, e lavorare con poche aziende da seguire con sistematicità» spiega da attuale amministratore unico della Q4M & C. «Già mentre era in fase di chiusura il settore della multinazionale per la quale lavoravo, mi avevano chiesto di occuparmi di un progetto in Tunisia che presentava una sfida davvero difficile» dice aprendo una parentesi sulla Pulse che in quel periodo aveva acquisito altre società in Germania e uno stabilimento in Tunisia destinato alla chiusura. La missione in Tunisia «L’intenzione di chiudere l’attività entro un anno fu annunciata ai lavoratori che, già prima della notizia, non si erano rivelati all’altezza delle aspettative. Occorreva portare la produzione da 12 mila a oltre 17 mila pezzi alla settimana per far fronte alla richiesta di un importante cliente già sull’orlo di una crisi di nervi e sul punto di far saltare l’accordo», racconta Toscano descrivendo il piano congegnato per incentivare i lavoratori tunisini che, una volta informati dell’imminente chiusura, erano intenzionati a tirare a campare facendo il meno possibile. «Ho cominciato a concentrarmi sul personale identificando un nuovo responsabile del progetto che, a sua volta, ha cercato di far leva su un paio di “champions” che agissero da esempi positivi per trascinare i colleghi. Oltre una capillare analisi su tutti i segmenti del processo produttivo per verificare punti critici e correggere il tiro, dalla qualità dei materiali all’affidabilità delle macchine, la sfida più difficile era stimolare lavoratori già poco allenati a ritmi competitivi e demotivati data la mancanza di prospettive». Toscano propose di attivare «dei premi produzione da assegnare a tutto il personale soltanto nel caso in cui gli obiettivi settimanali fossero stati raggiunti; in caso contrario nessuno avrebbe preso niente». Il criterio era fissare dei target sempre più elevati ma realisticamente raggiungibili. Il meccanismo funzionò: «In 7 mesi siamo riusciti a raggiungere i 17 mila pezzi. È stato decisivo nell’impresa coinvolgere un manager tedesco, Andreas, che ha fatto di tutto per allentare la tensione con il cliente da lui rappresentato, giustificando qualche slittamento nei tempi e favorendo un atteggiamento impensabile nel clima iniziale di tensione esasperata». Quando la produzione è stata dislocata in Cina alcuni lavoratori tunisini sono stati invitati a partecipare all’avvio del nuovo stabilimento. «Questa esperienza ha lasciato un segno e tanta soddisfazione in tutti quelli che l’hanno vissuta. Io e Andreas siamo diventati amici». Il ritorno alla Eldor Tornando alla Q4M, il tentativo di impostare il ruolo di manager part-time, poco conosciuto in Italia, è stato coronato da successo: «Alla fine dello scorso anno sono stato contattato dalla mia vecchia azienda, la Eldor, per un contratto di consulenza; ci siamo accordati e ho cominciato a lavorare in Turchia per una settimana al mese. Durante questo periodo il precedente rapporto di reciproca stima professionale con l’imprenditore si è rinvigorito. E, inaspettatamente, mi è stato proposto di rientrare in quella azienda dalla quale ero uscito 10 anni prima! Così si è saldato il mio percorso professionale secondo una dinamica assolutamente imprevedibile: oggi sono di nuovo in Eldor Corporation, che nel frattempo è cresciuta fino ad assumere una forte leadership europea, con il ruolo di Quality Vice President». Il tutto è accaduto in piena crisi, e non è la trama di un film. Laura d’Incalci | | 12 settembre 2012 | 53
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