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Al centro dei discorsi del cardinale Martini<br />

c’era la “parola”.<br />

Il suo metodo era la sequela alla parola<br />

di Cristo da declinare nella vita personale.<br />

Don Luigi Giussani parlava dell’avvenimento<br />

di Dio fatto uomo, presente<br />

nel segno della vita comunionale che<br />

genera una presenza missionaria. Il cardinale<br />

era colpito da questa continua sottolineatura.<br />

Nonostante ciò in quegli anni di collaborazione<br />

non sono mancate polemiche.<br />

Sarebbe falso dire che si è arrivati<br />

a un’unità visib<strong>il</strong>e. Ma tutti siamo stati<br />

accolti dal cardinale. Il coordinamento<br />

fra le varie realtà ecclesiali non era però<br />

direttamente gestito dal cardinal Martini.<br />

Ascoltava i nostri interventi, ma purtroppo<br />

i lavori procedevano senza di lui.<br />

Spesso valorizzava chi indicava come<br />

unico punto d’unione <strong>il</strong> battesimo, ossia<br />

l’appartenenza a Cristo nella Chiesa. Ma<br />

quando se ne andava lui si finiva spesso<br />

per porre l’accento sul fare: si pensava<br />

di unire i movimenti e le associazioni<br />

partendo dal proporre iniziative comuni,<br />

anziché educare al riconoscimento<br />

dell’unico punto reale di unità, che<br />

è <strong>il</strong> battesimo appunto. Per questo motivo,<br />

nonostante l’obbedienza al vescovo,<br />

a volte si faceva fatica a<br />

incontrarsi e ci si concentrava<br />

più sulle differenze<br />

che sull’origine comune<br />

che tiene unito tutto <strong>il</strong><br />

popolo cristiano.<br />

12 | 12 settembre 2012 | |<br />

Molti sostengono che Martini non stimasse<br />

don Luigi Giussani.<br />

Non è così. Ricordo quando disse a<br />

un raduno di suore che don Giussani era<br />

un santo. O quando contro <strong>il</strong> rischio della<br />

solitudine dei preti citava realtà come<br />

lo Studium Christi, un gruppo di sacerdoti<br />

del movimento a cui lui fece anche<br />

visita. Stimava l’esperienza dei Memores<br />

Domini. Insomma, non lo sentii mai criticare<br />

don Giussani, anche se non capiva<br />

certe opere o le comunità d’ambiente.<br />

Ne vedeva i rischi. Come quello di un’assenza<br />

di contemplazione di Cristo nelle<br />

comunità o come l’ignoranza delle scritture.<br />

Ma, senza negare gli errori che ogni<br />

cristiano fa, spesso si preoccupava anche<br />

perché gli sbagli venivano davanti a lui<br />

amplificati se non travisati.<br />

Erano rischi reali?<br />

Questi ci sono sempre: <strong>il</strong> cardinale ci<br />

ricordava che se nell’amicizia cristiana<br />

non si prega insieme, non si riconosce<br />

Cristo presente e non si segue l’autorità,<br />

questa diventa una compagnia mondana.<br />

Il rischio opposto è di un Cristo senza<br />

Chiesa. Anche don Luigi Giussani sapeva<br />

di questi pericoli opposti su cui vig<strong>il</strong>ava<br />

richiamandoli insieme.<br />

Il cardinale aveva una grande tensione<br />

«Martini disse che don Giussani era un<br />

santo. Contro <strong>il</strong> rischio della solitudine dei<br />

preti citava realtà come lo Studium Christi.<br />

Stimava l’esperienza dei Memores Domini»<br />

LA LETTERA AL CORRIERE DELLA SERA<br />

Il dolore di Carrón per la<br />

inadeguata collaborazione<br />

Don Julián Carrón, sacerdote spagnolo, è dal<br />

2005 <strong>il</strong> successore di don Luigi Giussani alla<br />

presidenza della Fraternità di Comunione e Liberazione.<br />

In una lettera al Corriere della Sera,<br />

pubblicata a pagina 5 lo scorso 4 settembre, <strong>il</strong><br />

giorno dopo i funerali di Carlo Maria Martini,<br />

don Carrón (nella foto) ha espresso «rincrescimento»<br />

e «dolore» per una certa mancata<br />

collaborazione del movimento di Cl con l’ex<br />

vescovo di M<strong>il</strong>ano e cardinale. «Ci rincresce e ci<br />

addolora – ha scritto al Corriere don Carrón –<br />

se non abbiamo trovato<br />

sempre <strong>il</strong> modo più adeguato<br />

di collaborare alla<br />

sua ardua missione e se<br />

possiamo aver dato pretesto<br />

per interpretazioni<br />

equivoche del nostro<br />

rapporto con lui, a cominciare<br />

da me stesso».<br />

alla pace. Per questo ha sempre ricercato<br />

<strong>il</strong> dialogo ecumenico. Spesso, però,<br />

si sente dire che pur di dialogare con<br />

tutte le altre religioni rinunciava a parlare<br />

di Cristo.<br />

Non è così. Solo che, anche giustamente,<br />

non ne parlava subito: cominciava<br />

valorizzando i vari tentativi fatti<br />

da ogni religione per trovare un punto<br />

di incontro, infine introduceva l’ipotesi<br />

della rivelazione. Ma non ne sottolineava<br />

troppo la pretesa. Ossia <strong>il</strong> fatto<br />

che Cristo ha detto: io sono la risposta,<br />

«io sono la via, la verità e la vita». Questo<br />

perché <strong>il</strong> suo dialogo, più che la missione,<br />

aveva come fine la concordia. Motivo<br />

per cui spesso è passato <strong>il</strong> messaggio che<br />

tutte le religioni sono uguali. Mentre la<br />

Chiesa indica <strong>il</strong> dialogo come strumento<br />

dell’annuncio cristiano.<br />

Il cardinale Martini ha sempre avuto a<br />

cuore gli ultimi.<br />

Lui, di temperamento timido e dalla<br />

fama di intellettuale poco paterno,<br />

era capace di gesti totali nei confronti<br />

dei bisognosi. Spesso andava da qualche<br />

famiglia povera a mangiare. Alla<br />

fine puliva i piatti e lasciava una busta<br />

per pagare la cena. Lo faceva di nascosto,<br />

senza vantarsene. Non riuscì mai a farne<br />

a meno, nonostante i tanti impegni<br />

di un vescovo. Come tormentato dal non<br />

riuscire a fare abbastanza per i più poveri.<br />

Anche questo faceva parte di quell’inquietudine<br />

che lo caratterizzava e a cui<br />

cercava sempre una risposta. n<br />

Foto: AP/LaPresse

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