Archivio omelie Anno Liturgico 2004-2005 (anno A)
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E cioè: tutto dovrà (e potrà) rimanere come sempre. Vorrà soltanto dire che i preti lavorer<strong>anno</strong> di<br />
più.<br />
Io non so quanto lavorino i miei colleghi, non vado in giro a vedere e a chiacchierare. Ma conosco<br />
gli orari della mia giornata, e questo mi basta.<br />
Le pecore sono stanche e sfinite. C’è un disperato bisogno di Dio, ma mancano gli operai.<br />
Non pensare che tutto si possa risolvere con una migliore organizzazione.<br />
L’organizzazione ci vuole ed è utile, ma non basta.<br />
Occorrono operai.<br />
E così Gesù invita a “pregare il Padrone perché mandi operai nella sua messe”<br />
Pregare non perché siano chiamati i figli degli altri, ma perché si degni di chiamare i propri figli.<br />
E quando si prega così i figli percepiscono che il ministero sacerdotale è considerato un’opzione<br />
nobile, grande e desiderabile. Se ne possono innamorare. Cosa che sarà ben difficile se avvertissero<br />
che agli occhi della mamma e del papà, del nonno o della nonna, l’evento sarebbe considerato una<br />
iattura.<br />
A questo punto Gesù compie due operazioni, apparentemente in contrasto tra di loro, eppure<br />
entrambe necessarie: “chiamò a se i dodici discepoli… e li inviò dopo averli istruiti”.<br />
E come il cuore per pompare il sangue ha bisogno di contrarsi e di espandersi, o come i polmoni si<br />
stringono o si allargano, così è e deve essere di chi entra, a qualsiasi titolo, nel grande gioco<br />
dell’annuncio del Regno.<br />
Da una parte si deve stringere a Gesù, in una comunione totale a lui, dall’altra deve sentirsi inviato e<br />
deve andare dovunque la volontà di Dio lo chiama.<br />
Questo vale per un catechista, per un animatore, per qualsiasi testimone.<br />
Risuonano sempreverde ed attuali le parole di Gesù che dice: “senza di me non potete far nulla”<br />
(Gv. 15,5). Ora et labora: prega e opera.<br />
O, come diceva l’AC di una volta: PREGHIERA, AZIONE, SACRIFICIO.<br />
C’è qualche giovane di AC che si ricorda di questo “vecchiume”?<br />
Nella missione il Signore raccomanda di privilegiare “le pecore perdute della casa d’Israele”,<br />
anche a costo di lasciare i pagani senza annuncio.<br />
Perché? Che cosa vuol dire il Signore?<br />
Di fatto San Paolo (e gli Atti ne sono attenti testimoni) cominciò la predicazione sempre nella<br />
sinagoga privilegiando sempre gli ebrei. Se poi allargò la sua opera missionaria fu soprattutto<br />
perché i primi rifiutarono alla grande.<br />
Ma letta nell’oggi questa parola può significare quello che Gesù raccomandò a San Francesco: “Và<br />
e restaura la mia casa”. Che la casa di Dio, la Chiesa, abbia bisogno di un’attenzione particolare è<br />
sotto gli occhi di tutti. I nostri ragazzi scappano dopo la cresima (e anche prima) i nostri giovani<br />
non si sposano più e v<strong>anno</strong> a convivere, le nostre Eucaristie sono spesso disertate (guardate a quello<br />
che è successo questa domenica: quante persone in meno rispetto alla scorsa….).<br />
La Chiesa ha bisogno. Il giorno in cui ritornerà in buona salute la sua azione missionaria si farà<br />
sentire fino ai confini ella terra, ma oggi essa è come ammalata, ha bisogno di te. Aspri gli occhi ed<br />
apri il cuore.<br />
E và.<br />
Và a “guarire gli infermi”: a sostenere, cioè, chi “non è fermo”, chi è fragile, chi è spiritualmente<br />
malato.<br />
Và a risuscitare i morti, restituendo ai tuoi fratelli quella vita divina, quella vita di Grazia, senza la<br />
quale sono “morti che camminano”<br />
Và a risanare i lebbrosi, a curare quegli animi che il peccato ha deturpato.<br />
Và a cacciare i demoni, a lottare sempre e dovunque contro il male.<br />
Gratis.<br />
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