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conservatori del mondo, se non fossero gli<br />
imbecilli che sono, dovrebbero essere i primi<br />
a promuovere lo scatto ultra-normativo.<br />
E invece. Per questo nel film il paesaggio<br />
è quello di un mondo tutto scisso perché<br />
mai sconfinato. Imperversa, dittatoriale, in<br />
una stagione di anomia, il Fuoco. Ha sterminato<br />
i Nomadi dell’Aria, adesso avanza<br />
come un siluro destrorso verso la Tribù<br />
dell’Acqua per privatizzarla. Ognuno per sé<br />
e Dio (sostituito dal Potere) contro tutti in<br />
un mondo post-global in cui non è difficile<br />
rispecchiare il nostro.<br />
Aang è quindi lo sguardo baby, ragazzino<br />
per tutte le stagioni di decadenza e caos,<br />
terreno fertile per la riapparizione dell’avatar/Gesù<br />
bambino, che incorpora nel suo<br />
sguardo a 3(000) dimensioni (archetipi e<br />
ancestrali incorporati), il sogno di una cosa<br />
sublime. Riunire le parti, ricominciare il regno<br />
dell’Aria, riavviare il mondo. Combattere<br />
il nemico. Qui sintetizzato dal principe<br />
Zuko, figlio scon-fesso del Re del Fuoco e<br />
l’ammiraglio Zhao, cacciati dalla Nazione<br />
disunita dittatoriale. Poveracci che, in linea<br />
con le attuali tendenze mondiali, credono<br />
di riconquistare gli onori perduti, sottomettendosi<br />
a chi ha fatto loro del male e<br />
mettendosi contro chi è a favore. Contro<br />
un salvatore. Pensare, come si dice in una<br />
battuta (del piccolo avatar rivolto a Zuko),<br />
che si poteva (doveva) essere amici: Le<br />
separazioni dei regni sono anche separazioni<br />
tra vittime, focolai di guerre private al<br />
diapason di frustrazioni represse.<br />
Il soggetto proviene da una serie cartoon<br />
americana assai in voga (autori Michael<br />
Dante Di Martino e Bryan Konietzko) che<br />
risulta già, nelle ibride forme, misto di anime<br />
e cartone domestico USA, Oriente e<br />
Occidente, in linea coerente con il discorso<br />
promoter della fusione dopo la confusione.<br />
Film commissionato, film dove Shyamalan,<br />
sempre sor-<br />
prendentemente<br />
veloce nel<br />
suo stile lento<br />
e fantasmatico,<br />
conquistatore<br />
degli applausi<br />
persino di<br />
Jacques Rivette,<br />
deve vedersela<br />
con la velocitàvelocità.Risultando<br />
statico.<br />
Non monta come<br />
va di moda, dilata<br />
anche qui la tenituradell’immagine;<br />
e l’azione<br />
è soprattutto<br />
quella interiore,<br />
essenzializzata<br />
nei primi piani<br />
(ma gli attori non<br />
sono all’altezza).<br />
Tuttavia: strepiti, stile Chaolin e Ba Gua<br />
Zhang, per i combattimenti di Aang, a<br />
inquadratura unica. Però, dinamismo e<br />
grazia latitano. Il più ingessato dei wuxiapian,<br />
fantasy d’Oriente, al confronto<br />
fa un figurone. Considerati i brutti e<br />
algidi fondali da computer grafica, con il<br />
contorno non intonato di creature fantasy,<br />
senza il touch realmente magico (perché<br />
...nonostante tutto, questo<br />
atipico e malriuscito “Otto<br />
e mezzo” risulta simpatico.<br />
Perché, oltrepassando<br />
lo schermo e il plot,<br />
ricongiunge gli opposti.<br />
artigianale) di Nel paese delle creature<br />
selvagge di Spike Jonze, che era<br />
oltretutto viscerale nel descrivere l’essere<br />
adulto dello status infantile. Qui Shyamalan<br />
rinuncia all’inquietudine. Sembra che<br />
questo mondo da brivido non gli faccia più<br />
di tanto paura, confidando troppo nell’avatar<br />
risolutore e, di riflesso, nello spettatore<br />
teen rassicurato. Il plot affastellato non<br />
risulta proprio adatto a un regista dal<br />
tocco incantato e contemplativo, grande<br />
quando deve ruotare intorno a una sola<br />
(grande) idea. Qui fa fatica a narrare in<br />
maniera piatta e lineare, benché densa.<br />
Come piace alla gente.<br />
Le stroncature stavolta sono piovute<br />
ancora più fitte e violente. Qualcuno,<br />
affrettandosi, ha affermato perentorio che,<br />
a 40 anni, il regista è ormai finito. Di sicuro<br />
si tratta di un film non proprio memorabile.<br />
Ma fondamentale come chiave di lettura<br />
di tutto lo Shyamalan maggiore. Ove si<br />
consideri che pure tale sconfinamento di<br />
stili narrativi e di forme (non<br />
certo di visione, come si è<br />
visto sopra) risulta coerente<br />
con un autore che, nelle sue<br />
creazioni, esalta l’uscita da<br />
sé come momento supremo<br />
di riappropriazione di ciò<br />
che al suo interno si è separato.<br />
“Division” si leggeva<br />
nella maglietta dell’inquieto<br />
Mel Gibson di Signs.<br />
E certo, abbiamo un film<br />
molto intimo, una specie di<br />
confessione esplicita dell’uomo Shyamalan.<br />
Travestito da film fin troppo corrente,<br />
ai limiti dell’anonimo. L’autore non ha<br />
saputo divincolarsi dalle trappole di blanda<br />
narrazione. Non ha amato i personaggi<br />
(incarnati da attori antipatici), né il<br />
paesaggio, nè l’intero assunto. Forse per<br />
tema di scontentare i fans del cartone, non<br />
ha insistito nello sprofondare nel fuoco<br />
brillante e risplendente, simile all’Idea di<br />
cui diceva Plotino. Non ha voluto rendere<br />
arché un soggetto pre-esistente, sia pure<br />
da lui riscritto.<br />
“E’ nel cuore che si vincono tutte le<br />
guerre” recita una battuta, pronunciata da<br />
una nonna, lo sguardo saggio e arcaico di<br />
cui necessita quello giovane e ri-fondante.<br />
Una specie di giustificazione autoriale di<br />
un cineasta che ha voluto spostare sul<br />
proprio operato, dal vivo - autentico 3 D,<br />
molto più del live motion del cartone<br />
- ciò che finora compiva per interposto<br />
personaggio.<br />
Per questo, nonostante tutto, questo<br />
atipico e malriuscito Otto e mezzo<br />
risulta simpatico. Perché, oltrepassando lo<br />
schermo e il plot, ricongiunge gli opposti.<br />
Naturale conseguenza di un discorso che<br />
dall’al-di-là dello schermo finisce al-di-qua<br />
della vita (del suo autore). E divenendo<br />
così un film diverso e uguale, futile e<br />
necessario. n<br />
27<br />
ott <strong>2010</strong>