Classi di verbi pronominali - Francesca Masini
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<strong>Classi</strong> <strong>di</strong> <strong>verbi</strong> <strong>pronominali</strong><br />
Rapporto tecnico<br />
Settembre 2008<br />
<strong>Francesca</strong> <strong>Masini</strong><br />
Università Roma Tre<br />
1. Introduzione: costruzioni verbo-<strong>pronominali</strong> *<br />
Con il termine “<strong>verbi</strong> <strong>pronominali</strong>” ci riferiamo a una classe <strong>di</strong> costruzioni verbali<br />
caratterizzate dalla presenza <strong>di</strong> uno o più clitici <strong>pronominali</strong> <strong>di</strong> varia natura e funzione.<br />
In questo lavoro chiameremo tali strutture “costruzioni verbo-<strong>pronominali</strong>” (CVP) 1 .<br />
Nelle lingue romanze, dotate <strong>di</strong> un complesso sistema <strong>di</strong> clitici <strong>pronominali</strong>, questa<br />
classe <strong>di</strong> costruzioni è molto ampia ed eterogenea. Ad essa, per esempio, si possono<br />
ascrivere i riflessivi (1) e i reciproci (2).<br />
(1) a. se laver FRANCESE<br />
b. lavarsi ITALIANO<br />
c. a se spăla RUMENO<br />
(2) a. baciarsi ITALIANO<br />
c. beijarse PORTOGHESE<br />
d. besarse SPAGNOLO<br />
Anche la costruzione impersonale può essere <strong>di</strong> natura pronominale, come mostrano i<br />
seguenti esempi (equivalenti) dall’italiano e dallo spagnolo:<br />
(3) a. Qui si lavora bene ITALIANO<br />
b. Aquí se trabaja bien SPAGNOLO<br />
Sempre in italiano abbiamo poi la cosiddetta costruzione con il si passivante:<br />
(4) In quel negozio si riparano ombrelli<br />
* Diverse persone mi hanno generosamente offerto il loro aiuto in qualità <strong>di</strong> parlanti nativi <strong>di</strong> lingue<br />
trattate in questo lavoro: Antonio Fábregas (spagnolo), Mira Mocan (romeno), Jonathan Rowson<br />
(inglese), Peter Doggers (olandese), Martina Neid (tedesco). A loro va il mio ringraziamento. Ogni errore<br />
o inesattezza è naturalmente da imputarsi unicamente all’autore.<br />
1 Parliamo qui preferibilmente <strong>di</strong> “costruzioni verbo-<strong>pronominali</strong>” piuttosto che <strong>di</strong> “<strong>verbi</strong> <strong>pronominali</strong>”.<br />
Tale scelta terminologica deriva dalla convinzione teorica che tali strutture siano riconducibili<br />
all’interazione tra le singole entrate lessicali dei <strong>verbi</strong> e determinate costruzioni sintattico-argomentali<br />
(cfr. Goldberg 1995).<br />
1
Accanto a queste CVP più “grammaticali”, esistono anche forme lessicalizzate con uno<br />
o più clitici. In italiano, per esempio, abbiamo CVP i<strong>di</strong>omatiche con i clitici ci, la, ne<br />
(5) oppure con un doppio clitico, come ad esempio sela o cene (6):<br />
(5) starci, piantarla, darne<br />
(6) cavarsela, volercene<br />
All’interno delle CVP è possibile quin<strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare meccanismi più o meno produttivi<br />
e più o meno lessicalizzati. In altre parole, la cliticizzazione può essere tanto <strong>di</strong> natura<br />
grammaticale quanto <strong>di</strong> natura lessicale.<br />
1.1. Il caso dell’italiano<br />
I clitici <strong>pronominali</strong> in italiano sono stati ampiamente <strong>di</strong>scussi nella letteratura<br />
specialistica 2 . Particolare attenzione è stata de<strong>di</strong>cata al clitico pronominale riflessivo si,<br />
per via della sua complessa polifunzionalità. Il si compare infatti in strutture riflessive<br />
<strong>di</strong>rette (7a) e in<strong>di</strong>rette (7b), reciproche <strong>di</strong>rette (8a) e in<strong>di</strong>rette (8b), nei cosiddetti<br />
intransitivi <strong>pronominali</strong> (9), nonché nelle costruzioni impersonali e passivanti che<br />
abbiamo visto sopra in (3) e (4).<br />
(7) a. lavarsi, vestirsi<br />
b. tagliarsi i capelli, bagnarsi la gola<br />
(8) a. abbracciarsi, baciarsi<br />
b. stringersi la mano<br />
(9) addormentarsi, arrabbiarsi, pentirsi<br />
Accanto a queste forme <strong>pronominali</strong> più note, abbiamo in italiano una serie <strong>di</strong> usi<br />
produttivi, ma meno stu<strong>di</strong>ati, che vengono talvolta denominati “intensivi” o<br />
“espressivi”. Ci riferiamo in particolare ai fenomeni esemplificati dai dati in (10)-(14),<br />
tratti da Serianni (1988):<br />
(10) tornarsene, andarsene, starsene vs. tornare, andare, stare<br />
(11) farsi una passeggiata vs. fare una passeggiata<br />
(12) mangiarsi le unghie vs. mangiare le proprie unghie<br />
(13) Non mi ti far bocciare! vs. Non ti far bocciare!<br />
(14) Entro nel bar e sai chi ti vedo? vs. Entro nel bar e chi vedo?<br />
I <strong>verbi</strong> in (10) sono descritti da Serianni come versioni più espressive dei corrispondenti<br />
2 Cfr., tra gli altri, Seuren (1974), Wanner (1977, 1987), Lo Cascio (1970), Berretta (1983), Simone<br />
(1983, 1993), Cinque (1988), Cennamo (1993), Lepschy & Lepschy (1993), Monachesi (1995), Jezek<br />
(2003, 2005), D’Alessandro (2007). Tra le grammatiche <strong>di</strong> consultazione, ricor<strong>di</strong>amo in particolare<br />
Rohlfs (1969), Tekavčić (1972), Dardano & Trifone (1997), Serianni (1988), Renzi, Salvi & Car<strong>di</strong>naletti<br />
(a cura <strong>di</strong>) (2001).<br />
2
<strong>verbi</strong> intransitivi, mentre i <strong>verbi</strong> in (11)-(12) sono classificati come <strong>verbi</strong> “<strong>pronominali</strong><br />
intensivi” in cui il pronome è o completamente superfluo (11) o ridondante (12). Su<br />
quest’ultimo punto, Serianni fa notare che l’italiano, <strong>di</strong>versamente dall’inglese che usa<br />
l’aggettivo possessivo (16), ha sempre fatto uso del pronome intensivo in presenza <strong>di</strong><br />
oggetti <strong>di</strong>retti denotanti parti del corpo o <strong>di</strong> attività che hanno a che fare con<br />
l’organismo (15).<br />
(15) Mi incipriai il naso<br />
(16) I powdered my nose<br />
Secondo Serianni, l’italiano fa uso delle forme <strong>pronominali</strong> sopra elencate per rime<strong>di</strong>are<br />
all’assenza <strong>di</strong> una <strong>di</strong>atesi me<strong>di</strong>a autonoma, che ha la funzione <strong>di</strong> in<strong>di</strong>care l’intensa<br />
partecipazione del soggetto nell’azione, come nell’esempio greco che segue (sempre<br />
tratto da Serianni 1988):<br />
(17) a. lýō ‘sciolgo’<br />
b. lýomai ‘mi sciolgo (sciolgo per me, nel mio interesse)’<br />
Anche Simone (1999: 345) collega <strong>di</strong>rettamente questo tipo <strong>di</strong> forme alla <strong>di</strong>atesi me<strong>di</strong>a<br />
e al grado <strong>di</strong> “RIFERIMENTO PERSONALE [...] dell’attore rispetto all’oggetto” (enfasi<br />
nell’originale) 3 . Simone (1993: 96) denomina questo tipo <strong>di</strong> costruzioni “<strong>verbi</strong> con<br />
riferimento personale”:<br />
“Una proprietà tipica dell’italiano dal punto <strong>di</strong> vista lessicale è la possibilità <strong>di</strong> associare,<br />
praticamente a qualsiasi verbo transitivo, un pronome clitico personale in<strong>di</strong>cante la persona<br />
in rapporto alla quale l’azione descritta viene vista. Questo uso è percepito come tipico del<br />
parlato informale, ma è facile trovarne esempi anche in registri più accurati.”<br />
Secondo Simone, nei casi in (18) l’uso del clitico serve a “in<strong>di</strong>care la persona a<br />
vantaggio o a svantaggio della quale l’azione descritta viene compiuta. In questo senso,<br />
le forme <strong>di</strong> verbo con riferimento personale sono probabilmente un’ere<strong>di</strong>tà del<br />
cosiddetto ‘dativo etico’ latino” (1993: 96).<br />
(18) a. Ho bevuto una birra vs. Mi sono bevuto una birra<br />
b. Ho fatto un lungo viaggio vs. Mi sono fatto un lungo viaggio<br />
c. Abbiamo visto un bel film vs. Ci siamo visti un bel film<br />
Il riferimento al dativo etico è presente anche in Serianni (1988), che tuttavia rimanda al<br />
dativo etico non tanto gli esempi del tipo in (18), quanto piuttosto quelli in (13) e (14):<br />
secondo Serianni, l’uso del clitico <strong>di</strong> prima persona (13) servirebbe per esprimere un<br />
interessamento affettivo del parlante nei confronti dell’interlocutore, mentre l’uso del<br />
clitico <strong>di</strong> seconda persona (14) sarebbe più propriamente un mezzo per coinvolgere<br />
l’interlocutore nell’interazione.<br />
3 L’ipotesi del si me<strong>di</strong>ale è appoggiata anche da Jezek (2003), che cita come riferimenti anche Sabatini<br />
(1988) e Wehr (1995).<br />
3
Simone tuttavia sottolinea come esistano casi simili in cui la semantica è più complessa<br />
e in cui i <strong>verbi</strong> con riferimento personale possono esprimere una relazione <strong>di</strong> possesso o<br />
proprietà (19a-b), la persona al posto della quale (19c) o a vantaggio della quale (19d)<br />
viene compiuta l’azione.<br />
(19) a. Ha portato mio figlio a scuola vs. Mi ha portato il figlio a scuola<br />
b. Ha portato mio figlio a casa sua vs. Mi si è portato il figlio a casa<br />
c. Scrivi questa lettera al posto mio vs. Mi scrivi questa lettera?<br />
d. Chiami un taxi per me? vs. Mi chiami un taxi?<br />
Simone (1993: 97) nota infine come alcune <strong>di</strong> queste espressioni siamo estremamente<br />
ambigue. Una frase come (20), ad esempio, può avere i tre significati sotto elencati:<br />
(20) Mi fai una telefonata?<br />
a. ‘Fai una telefonata a me’ CLITICO OGGETTO INDIRETTO<br />
b. ‘Fai una telefonata al posto mio’ RIFERIMENTO PERSONALE<br />
c. ‘Fai una telefonata a mio vantaggio’ RIFERIMENTO PERSONALE<br />
L’ambiguità <strong>di</strong> queste forme è notata anche da Salvi (2001), che, nell’analizzare il<br />
complemento in<strong>di</strong>retto, <strong>di</strong>stingue <strong>di</strong>verse funzioni che ci interessano da vicino:<br />
“possessore”, “benefattivo” e “dativo etico”.<br />
La funzione <strong>di</strong> possessore, che si esprime, appunto, con un complemento in<strong>di</strong>retto al<br />
dativo in forma sia piena che clitica (21a), è in variazione con il complemento <strong>di</strong><br />
specificazione o con il pronome possessivo (21b) 4 . Secondo Salvi, quando si parla <strong>di</strong><br />
parti del corpo e c’è coreferenza tra soggetto e possessore, la variante con il clitico è<br />
praticamente obbligatoria (21c), salvo casi <strong>di</strong> focus contrastivo (21d). Salvi inoltre<br />
propone una definizione larga <strong>di</strong> possessore, del resto piuttosto con<strong>di</strong>visa nella<br />
letteratura, che sconfina nella relazione <strong>di</strong> parentela (21e) e più in generale <strong>di</strong> “sfera<br />
personale” (21f) 5 .<br />
(21) a. Ho lavato le mai a Piero / Gli ho lavato le mani<br />
b. Ho lavato le mani <strong>di</strong> Piero<br />
c. Mi sono lavato le mani vs. ? *Ho lavato le mani a me (stesso)<br />
d. *Ho lavato le mie mani vs. Ho lavato le MIE mani (non le tue)<br />
e. Mi si è ammalata una sorella<br />
f. Mi hanno investito un gattino<br />
4<br />
Secondo Salvi (2001: 74) la variante con il complemento in<strong>di</strong>retto, che co<strong>di</strong>fica il possessore come<br />
argomento del verbo, mette in foreground l’evento stesso.<br />
5<br />
La nozione <strong>di</strong> “sfera personale” (sphère personnelle) risale a Bally (1926), che sempre nello stesso<br />
saggio, usa anche il termine solidarité per in<strong>di</strong>care il fatto che un’azione esercitata su una parte <strong>di</strong> un tutto<br />
si ripercuote necessariamente anche sul tutto.<br />
4
La funzione <strong>di</strong> benefattivo è solitamente espressa con un sintagma preposizionale non<br />
obbligatorio introdotto da a o per, oppure con il relativo clitico pronominale al dativo<br />
(22a). Un caso particolare, secondo Salvi, è l’uso riflessivo <strong>di</strong> questa forma (22b), che<br />
funziona solo con <strong>verbi</strong> transitivi (che non prevedano un altro complemento in<strong>di</strong>retto)<br />
con un soggetto Agente (cfr. 22c), e che per inciso corrisponde all’esempio (11) <strong>di</strong><br />
costruzione intensiva data da Serianni (1988). Questa forma in<strong>di</strong>cherebbe, anche<br />
secondo Salvi (2001: 77), la partecipazione intensa del soggetto 6 .<br />
Salvi nota inoltre che le stesse restrizioni evidenziate per il benefattivo clitico riflessivo<br />
valgono anche per il benefattivo clitico non-riflessivo, ma non per il benefattivo<br />
non-riflessivo in forma piena (22d).<br />
(22) a. Ho comprato una casa a/per Giovanni / Gli ho comprato una casa<br />
b. Mi sono letto il libro in due giorni<br />
c. *Giovanni si cade / *Piero si ha un libro / *Maria si parla <strong>di</strong> tutto a Monica<br />
d. *Giovanni mi cade vs. Giovanni cade per me<br />
Quest’ultimo esempio (Giovanni mi cade) è tuttavia grammaticale in una lettura<br />
riconducibile alla terza funzione citata da Salvi che qui pren<strong>di</strong>amo in considerazione,<br />
quella del dativo etico. Il dativo etico “in<strong>di</strong>ca la persona che partecipa emotivamente<br />
all’evento espresso nella frase” (2001: 77), non è mai obbligatorio ed è sempre espresso<br />
da un clitico. Quest’ultima caratteristica lo <strong>di</strong>stingue dal benefattivo, che invece può<br />
comparire anche in forma nominale piena. Salvi nota altri due criteri utili a <strong>di</strong>stinguere<br />
tra le due costruzioni: le restrizioni citate per il benefattivo clitico non vangono per il<br />
dativo etico (23a-b), che sembra molto più libero; la semantica è <strong>di</strong>versa, come mostrato<br />
dalle due possibili letture dell’esempio (24). Qui ci sentiamo <strong>di</strong> aggiungere che il dativo<br />
etico, <strong>di</strong>versamente dal benefattivo, non sembra avere una variante riflessiva, che <strong>di</strong><br />
fatto andrebbe a coincidere con il benefattivo clitico riflessivo.<br />
(23) a. Ed ecco che ti danno uno schiaffo a Maria<br />
b. Se improvvisamente mi saltasse dalla finestra, non saprei che pesci pigliare<br />
(24) Ed ecco che Maria ti stira le camicie <strong>di</strong> Piero senza pretendere un compenso<br />
‘Ed ecco che Maria stira le camicie <strong>di</strong> Piero al posto tuo/per te ...’<br />
‘Ed ecco che Maria stira le camicie <strong>di</strong> Piero ... – dovresti meravigliarti’<br />
Salvi, infine, in<strong>di</strong>ca che il dativo etico occorre in genere solo con i tempi perfettivi, e in<br />
particolare con il presente drammatico (25a) e il perfetto composto (25b) (ma non<br />
sempre con quest’ultimo, come mostrato da (25c)):<br />
(25) a. Va a casa e ti vede un ladro<br />
b. Giovanni mi è caduto<br />
c. ?? È andato a casa e ti ha visto un ladro<br />
6 Salvi attribuisce a questa categoria anche le CVP i<strong>di</strong>omatiche del tipo prendersela, godersela, ecc.<br />
Torneremo brevemente sull’argomento nel paragrafo 3.6.<br />
5
La <strong>di</strong>fferenza tra benefattivo vero e proprio e dativo etico è rilevata anche da Lo Cascio<br />
(1970), che, nel <strong>di</strong>scutere le funzioni dei “sostituenti d’or<strong>di</strong>ne” (ovvero i pronomi atoni,<br />
clitici), si sofferma su quelli che sostituiscono il funzionale per (1970: 74) (26), e nota<br />
come in alcuni casi la costruzione preposizionale corrispondente non sia possibile (27).<br />
(26) Saremmo andati a prenderle il latte vs. Saremmo andati a prendere il latte per lei<br />
(27) Ingegnere dove mi hai messo il bagno! vs. *Ingegnere dove hai messo il bagno per me!<br />
Lo Cascio (1970: 75) inoltre nota che in alcuni casi è <strong>di</strong>fficile trovare il funzionale<br />
corrispondente. Ad esempio, in (28), non è chiaro se siamo <strong>di</strong> fronte a un funzionale per<br />
oppure alla sostituzione <strong>di</strong> un possessivo:<br />
(28) a. ... io la gallina me la vado a cercare da solo<br />
b. Te la fai una passeggiata?<br />
Secondo Lo Cascio (1970: 75):<br />
“Questi sono esempi dunque <strong>di</strong> casi inesplicabili in cui in un certo qual senso il sostituente<br />
d’or<strong>di</strong>ne ha la funzione <strong>di</strong> intensificare l’intimità dell’espressione, <strong>di</strong> intensificare<br />
l’introversione. E la funzione <strong>di</strong> intensificare l’intimità dell’espressione è <strong>di</strong>mostrabile<br />
attraverso quelle sequenze in cui il sostituente d’or<strong>di</strong>ne corrisponde chiaramente ad un<br />
possessivo [...]”<br />
Quest’ultimo caso è esemplificato dalla struttura riflessiva in (29) 7 :<br />
(29) a. Una spossante nausea fisica mi <strong>di</strong>sfa le braccia<br />
b. .. le labbra ... mi si increspano<br />
Come abbiamo già notato in precedenza, questa costruzione è usata soprattutto con parti<br />
del corpo, sebbene, come riporta Chiappelli (1954), citato da Lo Cascio (1970: 76), sia<br />
esten<strong>di</strong>bile anche a oggetti appartenenti occasionalmente alla sfera personale del<br />
possessore (come nell’esempio: se la trascinò sulla sella) (cfr. nota 5).<br />
Lo Cascio (1970: 77) riporta che Chiappelli (1954) propone la seguente tripartizione<br />
per classificare queste strutture:<br />
• varietà me<strong>di</strong>ale con il pronome riflessivo (si turava gli orecchi);<br />
• varietà intransitiva caratterizzata da pronomi riflessivi o impersonali (mi si<br />
drizzarono i capelli, gli lampeggiarono gli occhi);<br />
• varietà completamente caratterizzata da pronomi personali (gli guardò le<br />
mani)<br />
Lo Cascio a sua volta propone una classificazione a due:<br />
• il tipo riflessivo, con l’intenzione <strong>di</strong> rendere l’espressione intensiva;<br />
7 Lo Cascio (1970: 76) nota che la presenza del si riflessivo introduce l’uso dell’ausiliare essere. Come<br />
osserva Tekavčić (1972: § 799) “[l’]italiano ha generalizzato essere come ausiliare con tutti i <strong>verbi</strong><br />
accompagnati da sostituenti riflessivi <strong>di</strong> qualunque tipo siano” (cfr. anche Jezek 2003: 80-81).<br />
6
• il tipo non-riflessivo, in cui sostituente è <strong>di</strong>verso dal soggetto.<br />
In conclusione, le <strong>di</strong>verse fonti consultate interpretano queste strategie <strong>di</strong> cliticizzazione<br />
con carattere intensivo come una particolare forma <strong>di</strong> co<strong>di</strong>fica del coinvolgimento del<br />
locutore o <strong>di</strong> un altro attante, un’analisi che hanno portato alcuni <strong>di</strong> questo autori ad<br />
avanzare l’ipotesi che il si in questi casi abbia un valore me<strong>di</strong>ale. Nel paragrafo 3<br />
cercheremo <strong>di</strong> definire con strumenti formali e semantici quante e quali siano queste<br />
CVP. Prima però faremo una breve <strong>di</strong>gressione per cercare <strong>di</strong> inquadrare la questione<br />
delle CVP intensive anche da un punto <strong>di</strong> vista tipologico.<br />
1.2. La prospettiva tipologica<br />
Le CVP intensive non sono una peculiarità dell’italiano, né una sua recente<br />
innovazione. Del resto, il termine “dativo etico”, con cui <strong>di</strong>versi autori denominano<br />
alcune delle CVP in italiano, deriva dalle grammatiche latine e greche. Questo<br />
fenomeno infatti era presente nelle lingue classiche. Si veda l’esempio (30) dal latino:<br />
(30) Quid mihi facis? LATINO<br />
cosa 1.SG.DAT fare.2.SG.PRS<br />
‘Che cosa mi fai/combini?’<br />
Il fenomeno persiste in italiano antico:<br />
(31) … non li mi fermate [chiudete] porta ITALIANO ANTICO<br />
(dal Novellino, 21, r. 22, citato in Salvi in prep.: 24)<br />
e si mantiene nelle lingue romanze moderne:<br />
(32) No te m’ enfa<strong>di</strong>s CATALANO<br />
non 2.SG.NOM 1.SG.DAT arrabbiare (da Bonet i Alsina 1991: 66)<br />
‘Non mi ti arrabbiare!’<br />
(33) Jean lui a mangé tout le fromage FRANCESE<br />
Jean 3.SG.DAT ha mangiato tutto il formaggio (da Shibatani 1994: 469)<br />
‘Jean gli/le ha mangiato tutto il formaggio’<br />
(34) Vor să mi vă omoare RUMENO 8<br />
volere che 1SG.DAT 2PL.ACC uccidere (da Monachesi 1998: 103)<br />
‘Mi vi vogliono uccidere’<br />
(35) Juan me le arruinó la vida a esa chica SPAGNOLO<br />
Juan 1.SG.DAT 3.SG.DAT rovinò la vita a quella ragazza<br />
‘Juan me le ha rovinato la vita (a quella ragazza)’<br />
(da Jaeggli 1986, citato in Anderson 2005: 245)<br />
8 La variante con il clitico oggetto alla seconda persona singolare, anziché plurale, sembra ancora più<br />
accettabile: Vor să mi te omoare ‘Mi ti vogliono uccidere’ (Mira Mocan, c.p.). Notiamo per inciso che lo<br />
stesso sembra valere per le versioni italiane <strong>di</strong> queste espressioni.<br />
7
Sempre in area europea, troviamo tracce <strong>di</strong> forme verbo-<strong>pronominali</strong> intensive anche<br />
nelle lingue germaniche, e in particolare in tedesco:<br />
(36) Mir ist meine Mutter gestorben TEDESCO<br />
1.SG.DAT è mia madre morta (da Shibatani 1994: 472)<br />
‘Mi è morta mia madre’<br />
Diverso è invece il caso dell’inglese, che non sembra avere una strategia pronominale<br />
equivalente, almeno nella lingua standard. Notiamo tuttavia come esistano casi peculiari<br />
come quello in (37a), tratto dalla canzone del cantante statunitense Paul Simon “Late in<br />
the evening”. Una struttura simile è stata stu<strong>di</strong>ata anche da Webelhuth & Dannenberg<br />
(2006) per l’inglese americano meri<strong>di</strong>onale (Southern American English). Tale struttura,<br />
denominata “Southern Double Object Construction”, è esemplificata in (37b). Inoltre<br />
esiste in inglese un’espressione preposizionale, esemplificata in (37c), che esprime un<br />
significato simile a quello delle CVP viste sopra.<br />
(37) a. Stepped outside and I smoked myself a J INGLESE<br />
‘Andai fuori e mi fumai una canna’ (dalla canzone “Late in the evening”)<br />
b. He i bought him i a car (da Webelhuth & Dannenberg 2006: 38)<br />
‘Si è comprato una macchina’<br />
c. The rest of the children <strong>di</strong>ed on me (da König & Haspelmath 1988: 560) 9<br />
‘I figli rimasti mi sono morti’<br />
L’uso <strong>di</strong> forme <strong>pronominali</strong> espressive è presente anche nelle lingue slave (soprattutto,<br />
ci sembra, in quelle meri<strong>di</strong>onali e occidentali, che fanno uso <strong>di</strong> forme <strong>pronominali</strong> brevi<br />
o clitiche):<br />
9 L’esempio è tratto da The Crock of Gold, <strong>di</strong> James Stephen (Dublino, 1912). Nel loro lavoro sulle<br />
“costruzioni a possessore esterno” nelle lingue d’europa (che come vedremo è connessa con le CVP qui<br />
stu<strong>di</strong>ate), König & Haspelmath (1988: 560) riportano che, secondo Fischer (1958), questo uso <strong>di</strong> on è<br />
dovuto all’influenza dell’irlandese, che usa la preposizione ar ‘su’:<br />
i. D’amharc an dochtúir isteach sa bhéal ar an othar IRLANDESE<br />
guardò il dottore dentro dentro.la bocca su il paziente<br />
‘Il dottore guardò dritto dentro la bocca del paziente’ (da König & Haspelmath 1988: 598)<br />
Gli autori notano inoltre che anche le lingue scan<strong>di</strong>nave (cfr. esempi ii-iv) fanno uso <strong>di</strong> costruzioni simili<br />
con la preposizione ‘su’ e ipotizzano che si possa quin<strong>di</strong> trattare <strong>di</strong> un fenomeno areale.<br />
ii. Någon bröt armen på honom SVEDESE<br />
qualcuno rompò il.braccio su lui (da König & Haspelmath 1988: 559)<br />
‘Qualcuno gli ha rotto il braccio’<br />
iii. Legen røntgenfotograferte magen på dei NORVEGESE<br />
il.dottore ra<strong>di</strong>ografò lo.stomaco su loro (da König & Haspelmath 1988: 559)<br />
‘Il dottore ha ra<strong>di</strong>ografato loro lo stomaco’<br />
iv. Han nuddaði á henni fætur-na ISLANDESE<br />
lui massaggiò su lei gambe-ART.ACC (da König & Haspelmath 1988: 559)<br />
‘Lui le ha massaggiato le gambe’<br />
8
(38) Toj si pijva BULGARO<br />
3.SG.M REFL.DAT bere.3SG.SMLF (da Scatton 1993: 204)<br />
‘(Egli) si fa una bevuta’<br />
(39) On ti se ani neomluvil CECO<br />
lui 2.SG.DAT REFL.ACC nemmeno scusarsi.SG.PAST (da Fried 1994: 173,<br />
‘Ti <strong>di</strong>co, non si è nemmeno scusato’ citato in Franks & King 2000: 110)<br />
(40) Ona ci mu wtedy nagadała POLACCO<br />
lei 2.SG.DAT 3.SG.DAT then rimproverare.SG.PAST (da Franks & King 2000: 157)<br />
‘E poi lei lo ha rimproverato’<br />
(41) Ràzbio mi je vázu SERBO-CROATO<br />
rompere.3.SG.PST 1.SG DAT AUX vaso (da Browne 1993: 370)<br />
‘(Lui) mi ha rotto il vaso’<br />
(42) Oni su ti pravilno odgovorili Mileni SERBO-CROATO<br />
loro sono 2.SG.DAT correttamente rispondere.PL.PST Milena.DAT<br />
‘Hanno fatto la cosa giusta a rispondere a Milena’ (da Gurevich 2006: 20)<br />
‘Hanno risposto bene a Milena’<br />
(43) Tak som ti mu pomohol SLOVACCO<br />
così AUX.1SG 2.SG.DAT 3.SG.DAT aiutare.SG.PST (da Franks & King 2000: 131)<br />
‘E così, ci crederesti, l’ho aiutato’<br />
(44) Ja tebe ne mal'chik, ja nemolodoj čelovek RUSSO<br />
io 2.SG.DAT non bambino, io non.giovane persona<br />
‘Io non sono un bambino, sono una persona <strong>di</strong> una certa età’<br />
(dal Russian National Corpus, citato in Gurevich 2006: 21)<br />
Come nota Gurevich (2006: 21), che mette in relazione la “versione” in georgiano con il<br />
“dativo etico” nelle lingue slave, quest’ultimo compare frequentemente alla seconda<br />
persona, come mezzo per coinvolgere l’ascoltatore, come esemplificato da (39)-(40) e<br />
(42)-(44). A nostro avviso, questo uso si avvicina alla struttura esemplificata in (14)<br />
(Entro nel bar e sai chi ti vedo?).<br />
Inoltre segnaliamo che il russo ha una strategia <strong>di</strong> tipo pronominale (sebe, forma dativa<br />
del pronome riflessivo sebja) per rendere espressioni come quelle in (10) dell’italiano,<br />
come emerge dalla presenza del nesso clitico sene nelle traduzioni degli esempi in (45):<br />
(45) a. Žili sebe RUSSO<br />
vivere.PL.PST REFL.DAT<br />
‘Se ne vivevano’<br />
b. A on ležit sebe<br />
e egli stare.sdraiato.3SG REFL.DAT<br />
‘E lui se ne sta sdraiato’<br />
c. Molči sebe<br />
stare.zitto.IMP REFL.DAT<br />
‘Stattene zitto’<br />
9
Come preannunciato, strutture simili a quelle <strong>di</strong>scusse in queste pagine sono state<br />
attestate anche in lingue extra-europee, ad esempio l’ebraico moderno (cfr. Borer &<br />
Grodzinsky 1983: 178-179), ed europee ma non indoeuropee, come il basco (cfr.<br />
Etxepare 2003: 418):<br />
(46) a. ha-yalda ’axla li ’et ha-tapu’ax EBRAICO MODERNO<br />
la-ragazza mangiare.PST a-me ACC la-mela<br />
‘La ragazza mi ha mangiato la mela / ha mangiato la mia mela’<br />
b. ha-yalda i ’axla la i ’et ha-tapu’ax<br />
la-ragazza mangiare.PST a-lei ACC la-mela<br />
‘La ragazza si è mangiata la mela’<br />
c. be-’emca ha-seret hem nixnasim li<br />
in-il-mezzo il-film loro entrano a-me<br />
‘Mi entrano nel (bel) mezzo del film’<br />
(47) Ama hil zaio BASCO 10<br />
madre morire AUX-3.ACC/3.DAT<br />
‘Gli è morta la madre’<br />
Costruzioni con una semantica simile a quella delle CVP intensive qui analizzate sono<br />
registrate anche in lingue extra-europee. Legate (2001) parla <strong>di</strong> “dativo etico” in<br />
Warlpiri in relazione alle costruzioni applicative:<br />
(48) a. Ngarrka-ngku ka-ju-rla ngaju-ku karli-ki WARLPIRI<br />
uomo-ERG PRS.IMPF-1SG.OBJ-3.DAT 1.SG-DAT boomerang-DAT<br />
warri-rni (da Hale 1982: 255, citato in Legate 2001: 72)<br />
cercando-NPST<br />
‘L’uomo mi sta cercando un boomerang’<br />
b. Ngarrka-ngku ka-rla kurdu-ku karli jarnti-rni<br />
uomo-ERG PRS.IMPF-3.DAT child-DAT boomerang aggiustando-NPST<br />
‘L’uomo sta aggiunstando il boomerang al ragazzo’ / ‘L’uomo sta aggiustando<br />
il boomerang del ragazzo’ (da Hale 1982: 254, citato in Legate 2001: 72)<br />
Allo stesso modo, in pomo settentrionale la cosiddetta “costruzione a possessore<br />
esterno” (cfr. nota 9), su cui torneremo più estesamente in seguito, mostra tratti in<br />
comune con le CVP intensive che coinvolgono parti del corpo:<br />
(49) mo:w-al man xama: čaxa POMO SETTENTRIONALE<br />
3.SG.M-ACC 3.SG.F.NOM piede tagliare (da O’Connor 1996: 135)<br />
‘(Lei) gli ha tagliato il piede’<br />
10 Come nelle lingue indoeuropee, la struttura in (47) si alterna con quella con il possessivo:<br />
i. Bere ama hil da BASCO<br />
Sua madre morire AUX-3.ACC (da Etxepare 2003: 418)<br />
‘Sua madre è morta’<br />
10
Shibatani (1994) ha in effetti proposto un approccio unificato per le costruzioni a<br />
possessore esterno così come si manifestano in lingue come il pomo settentrionale, le<br />
costruzioni con dativo etico nelle lingue indoeuropee e il passivo avversativo nelle<br />
lingue asiatiche. Riportiamo un esempio <strong>di</strong> quest’ultima costruzione dal giapponese:<br />
(50) Taroo-wa Hanako-ni sin-are-ta GIAPPONESE<br />
Taroo-TOP Hanako-DAT morire-PASS-PST (da Shibatani 1994: 467)<br />
‘A Taro è morta Hanako’<br />
In conclusione, le CVP <strong>di</strong> natura “intensiva” sono un fenomeno piuttosto <strong>di</strong>ffuso<br />
tipologicamente e mostrano interessanti connessioni con altre costruzioni. Come<br />
vedremo, il confronto interlinguistico sarà <strong>di</strong> utilità nel classificare le CVP intensive<br />
dell’italiano.<br />
2. Scopo e delimitazione dell’indagine<br />
Rispetto alle CVP più note, come i riflessivi o i reciproci, quelle con valore “intensivo”<br />
illustrate nei due paragrafi precedenti sono certamente meno stu<strong>di</strong>ate, pur essendo<br />
spesso menzionate in grammatiche <strong>di</strong> riferimento o in lavori <strong>di</strong> ricerca che trattano <strong>di</strong><br />
tematiche strettamente correlate 11 . Tuttavia manca, a nostra conoscenza, una trattazione<br />
tematica delle CVP “intensive” in cui si offra un’accurata descrizione formale e<br />
semantica del fenomeno e una loro classificazione, tenendo conto delle inevitabili<br />
correlazioni con le altre tipologie <strong>di</strong> CVP esistenti e delle corrispondenze tipologiche<br />
(salvo, in parte, il contributo <strong>di</strong> Shibatani 1994).<br />
Dai dati fino ad ora raccolti appare evidente che la loro non sia una funzione meramente<br />
rafforzativa o espressiva, ma sia strettamente correlata con <strong>di</strong>verse nozioni e categorie<br />
grammaticali, prime tra tutte il riferimento personale, il possesso, la <strong>di</strong>atesi, la struttura<br />
argomentale. Le CVP intensive si prestano quin<strong>di</strong> ad essere analizzate da <strong>di</strong>versi punti<br />
<strong>di</strong> vista: la co<strong>di</strong>fica degli attanti (argomentalità vs. non-argomentalità, ruoli semantici),<br />
la co<strong>di</strong>fica degli eventi (transitività, <strong>di</strong>atesi), nonché la sintassi dei clitici. Essendo il<br />
terreno <strong>di</strong> investigazione così vasto e intricato, occorre delimitare l’ambito <strong>di</strong> indagine e<br />
definire la prospettiva da adottare.<br />
In questo lavoro ci proponiamo <strong>di</strong> contribuire allo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> questa classe <strong>di</strong> costruzioni<br />
offrendo un’analisi delle principali proprietà morfo-sintattiche, lessicali e semantiche<br />
delle CVP intensive in italiano e una loro analisi in termini <strong>di</strong> transitività. Non ci<br />
occuperemo qui nello specifico <strong>di</strong> questioni <strong>di</strong> sintassi dei clitici. Nel paragrafo 3<br />
proporremo una classificazione delle varie CVP intensive in italiano, anche grazie al<br />
11 Quali ad esempio il caso dativo (cfr. per esempio Matsumura & Hayasi a cura <strong>di</strong> 1997, Van Belle &<br />
Van Langendonck (a cura <strong>di</strong>) 1996, Hole, Meinunger & Abraham (a cura <strong>di</strong>) 2006), i ruoli tematici e la<br />
struttura argomentale, con riferimento, in particolare, ad applicativi e benefattivi (cfr. ad esempio Legate<br />
2001, Shibatani 1994, 1996), i clitici (cfr. Monachesi 1998) e i <strong>verbi</strong> <strong>pronominali</strong> in genere (cfr. Jezek<br />
2003, 2005).<br />
11
confronto con altre lingue: cercheremo <strong>di</strong> definire quali siano le restrizioni alle quali le<br />
varie CVP sono sottoposte, affronteremo la questione dell’argomentalità del clitico<br />
(argomentale vs. non argomentale) e della co<strong>di</strong>fica dei partecipanti all’evento, e<br />
analizzeremo quale sia il contributo semantico del clitico pronominale<br />
all’interpretazione dell’intero enunciato. Nel paragrafo 4 proporremo un’analisi delle<br />
CVP in italiano rispetto alla nozione <strong>di</strong> transitività e cercheremo <strong>di</strong> catturare il tipo <strong>di</strong><br />
relazioni esistenti tra le varie costruzioni in termini costruzionisti.<br />
3. <strong>Classi</strong>ficazione delle CVP intensive in italiano<br />
Nel paragrafo 1.1 sono stati proposti molti esempi da <strong>di</strong>verse fonti. Per procedere a una<br />
prima classificazione strutturale delle CVP intensive in italiano abbiamo deciso <strong>di</strong><br />
partire dalla classificazione proposta da Serianni (1988), che ci sembra la più completa.<br />
Riportiamo qui per como<strong>di</strong>tà i cinque tipi proposti da Serianni con una provvisoria<br />
numerazione:<br />
(51) a. tornarsene, andarsene, starsene vs. tornare, andare, stare TIPO 1<br />
b. farsi una passeggiata vs. fare una passeggiata TIPO 2<br />
c. mangiarsi le unghie vs. mangiare le proprie unghie TIPO 3<br />
d. Non mi ti far bocciare! vs. Non ti far bocciare! TIPO 4<br />
e. Entro nel bar e sai chi ti vedo? vs. Entro nel bar e chi vedo? TIPO 5<br />
Prima <strong>di</strong> esaminarle singolarmente, occorre fare una premessa generale sulla nozione<br />
stessa <strong>di</strong> CVP data al paragrafo 1: “classe <strong>di</strong> costruzioni verbali caratterizzate dalla<br />
presenza <strong>di</strong> uno o più clitici <strong>pronominali</strong> <strong>di</strong> varia natura e funzione”.<br />
Questa definizione è molto generica e implica che i clitici possano essere o meno<br />
argomenti del verbo. Ad esempio, nell’uso riflessivo <strong>di</strong>retto (vestirsi) il si può essere<br />
analizzato come argomento del verbo (se pur debole) 12 , in quanto si riferisce<br />
chiaramente al soggetto e può essere parafrasato, in particolari contesti <strong>di</strong> focus<br />
contrastivo, con la forma tonica del riflessivo: vestire se stesso (non posso vestirti, devo<br />
prima vestire me stesso). L’uso del si negli intransitivi <strong>pronominali</strong> (ammalarsi) è<br />
invece non-argomentale, in quanto il si non si riferisce anaforicamente al soggetto ma è<br />
una marca grammaticale (cfr. Jezek 2005: 252). In entrambi questi usi (argomentale e<br />
non-argomentale) il clitico è in qualche modo portatore <strong>di</strong> un significato grammaticale.<br />
I pronomi clitici possono avere però anche una funzione deittica pura, possono<br />
riprendere anaforicamente (o cataforicamente) un sintagma nominale pieno, come<br />
nell’esempio: Lucia ha comprato un vestito nuovo per indossarlo alla festa.<br />
In questo lavoro terremo <strong>di</strong>stinti questi due tipi <strong>di</strong> clitici, seguendo Berretta (1985), che<br />
<strong>di</strong>stingue appunto i “clitici deittici” (con funzione anaforica o cataforica), che fungono<br />
da forme <strong>pronominali</strong> vere e proprie, e i “clitici grammaticali”, che fungono invece da<br />
marche grammaticali <strong>di</strong> qualche tipo. Escluderemo quin<strong>di</strong> le strutture con clitici deittici<br />
12 La questione è aperta. Per una <strong>di</strong>scussione si veda Jezek (2005: 246-248).<br />
12
dalla nostra definizione <strong>di</strong> CVP e ci soffermeremo sulle costruzioni con clitici<br />
grammaticali (argomentali e non).<br />
3.1. Il Tipo 1: andarsene<br />
La costruzione con sene si <strong>di</strong>fferenzia da tutte le altre per almeno due proprietà<br />
evidenti 13 :<br />
• la presenza del nesso clitico sene;<br />
• la sua occorrenza con <strong>verbi</strong> intransitivi, e più precisamente con <strong>verbi</strong> <strong>di</strong> moto.<br />
Come si può vedere in (52), infatti, il nesso clitico sene si può attaccare a una varietà <strong>di</strong><br />
<strong>verbi</strong> <strong>di</strong> moto, sia <strong>di</strong>namici (52a) che stativi (52b).<br />
(52) a. corrersene (dove te ne corri?), nuotarsene (era contento <strong>di</strong> nuotarsene beato<br />
in piscina), volarsene (il passerotto se ne volava nel cielo spensierato)<br />
b. starsene seduto (se ne sta seduto sulla panchina), giacersene (se ne giaceva<br />
sul letto senza fiatare), starsene sdraiato (se ne stava sdraiato sul <strong>di</strong>vano)<br />
Per inciso, Rohlfs (1969: § 482) nota che la possibilità <strong>di</strong> combinare <strong>verbi</strong> <strong>di</strong> moto con il<br />
pronome riflessivo esisteva già in latino (ambulare sibi, fugere sibi) e in latino tardo<br />
(vade tibi, ambulavimus nobis). Secondo Rohlfs in italiano questi usi si rafforzano:<br />
troviamo infatti nell’uso letterario casi come andarsi, fuggirsi, venirsi. In modo simile,<br />
anche Tekavčić (1972: § 795.4) nota che l’italiano presenta la “possibilità <strong>di</strong><br />
riflessivizzare quasi ogni verbo, senza <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> significato” (ad esempio: andare –<br />
andarsi, rimanere – rimanersi).<br />
Tornando all’italiano contemporaneo, sene non si può aggiungere a <strong>verbi</strong> <strong>di</strong> moto<br />
intransitivi che siano già <strong>pronominali</strong>, come in (53).<br />
(53) trascinarsi > *trascinar(si)sene, arrampicarsi > *arrampicar(si)sene,<br />
precipitarsi > *precipitar(si)sene<br />
Questa restrizione formale sembra applicarsi anche ai Tipi 2 e 3 (54a-b), mentre i Tipi 4<br />
e 5 si applicano anche a <strong>verbi</strong> già <strong>pronominali</strong> (54c-d):<br />
13 Naturalmente il sene intensivo qui analizzato (i) va tenuto <strong>di</strong>stinto dagli altri usi che questo nesso clitico<br />
presenta, ovvero: il sene come marca <strong>di</strong> telicità (ii), le espressioni lessicalizzate con significato non<br />
trasparente (iii) e, ovviamente, i casi in cui si è una marca <strong>di</strong> impersonale e ne un clitico oggetto (iv):<br />
i. Mario se ne è andato a spasso [= forma “intensiva” <strong>di</strong> Mario è andato a spasso]<br />
ii. Mario se ne è andato [= ‘è andato via’]<br />
iii. Mario se ne frega [= ‘non importare’]<br />
iv. Se ne è <strong>di</strong>scusso [= ‘si è <strong>di</strong>scusso <strong>di</strong> qualcosa’]<br />
13
(54) a. Mi sono impadronito <strong>di</strong> una penna vs. *Mi mi sono impadronito <strong>di</strong> una penna<br />
b. Si sono baciati la guancia vs. *Si si sono baciati la guancia<br />
c. Non ti immusonire sempre! vs. Non mi ti immusonire sempre!<br />
d. Non si può incavolare così! vs. Non ti si può incavolare così!<br />
Sene, inoltre, si accompagna spesso alla locuzione [(re)stare (là/lì) a V INF]:<br />
(55) a. Se ne restava lì a giocare fino a sera<br />
b. Se ne stava a mangiare in <strong>di</strong>sparte<br />
L’uso <strong>di</strong> sene con <strong>verbi</strong> <strong>di</strong> moto <strong>di</strong>namici sembra a prima vista sensibile all’aspetto e<br />
all’Aktionsart dei <strong>verbi</strong> a cui si accompagna. Ad esempio, il verbo saltare presenta due<br />
varianti: quella [+iterativa], che seleziona l’ausiliare avere ed è compatibile con av<strong>verbi</strong><br />
durativi (56a), e quella [-durativa], che invece seleziona l’ausiliare essere e descrive<br />
eventi istantanei (56b). Sene funziona con la seconda variante (56d) ma non con la<br />
prima (56c). Lo stesso accade con correre, che può essere sia un verbo <strong>di</strong> Attività 14<br />
([+durativo], [-telico]) (57a), sia un verbo Trasformativo ([-durativo], [+telico]) (57b),<br />
con particelle o sintagmi preposizionali postverbali che ne in<strong>di</strong>chino la telicità. Sene è<br />
compatibile con quest’ultima costruzione (57d), ma non con la prima (57c).<br />
(56) a. Luca ha saltato per tutto il pomeriggio<br />
b. Luca è saltato <strong>di</strong> là<br />
c. *Luca se ne è saltato per tutto il pomeriggio<br />
d. Luca se ne è saltato <strong>di</strong> là<br />
(57) a. Maria ha corso per due ore<br />
b. Maria è corsa a casa<br />
c. *Maria se ne è corsa per due ore<br />
d. Maria se ne è corsa a casa<br />
Sembrerebbe quin<strong>di</strong> che il clitico sene sia vincolato con i tratti [+telico] e [-durativo] in<br />
associazione con <strong>verbi</strong> <strong>di</strong> moto con il tratto [+<strong>di</strong>namico].<br />
Tuttavia ci sono due elementi che in<strong>di</strong>cano che questa soluzione non è sod<strong>di</strong>sfacente.<br />
Innanzitutto sene è compatibile anche con <strong>verbi</strong> che denotano delle Attività ([-telico],<br />
[+durativo] ma [+<strong>di</strong>namico]), come ad esempio nuotare:<br />
(58) a. Maria nuota in piscina<br />
b. Maria se ne nuota in piscina<br />
In secondo luogo, la supposta incompatibilità tra sene e eventi <strong>di</strong>namici atelici e durativi<br />
(saltare e correre come in (56) e (57) e lo stesso nuotare) è più evidente al passato che<br />
non al presente, e in particolare con i tempi composti ((59d), (60d), (61d)).<br />
14 Per le questioni <strong>di</strong> aspetto e Aktionsart dei <strong>verbi</strong> ci rifacciamo qui a Bertinetto (1986).<br />
14
(59) a. Luca salta in giar<strong>di</strong>no<br />
b. Luca se ne salta in giar<strong>di</strong>no<br />
c. Luca ha saltato per due ore<br />
d. *Luca se ne è saltato per due ore<br />
e. Luca saltò per due ore<br />
?? f. Luca se ne saltò per due ore<br />
(60) a. Maria corre nei prati<br />
b. Maria se ne corre nei prati<br />
c. Maria ha corso per due ore<br />
d. *Maria se ne è corsa per due ore<br />
e. Maria corse per due ore<br />
?? f. Maria se ne corse per due ore<br />
(61) a. Maria nuota in piscina<br />
b. Maria se ne nuota in piscina<br />
c. Maria ha nuotato per due ore<br />
d. *Maria se ne è nuotata per due ore<br />
e. Maria nuotò per due ore<br />
??<br />
f. Maria se ne nuotò per due ore<br />
Tuttavia questa restrizione non è valida con i <strong>verbi</strong> stativi:<br />
(62) a. Luca sta a letto<br />
b. Luca se ne sta a letto<br />
c. Luca è stato a letto (tutto il pomeriggio)<br />
d. Luca se ne è stato a letto (tutto il pomeriggio)<br />
e. Luca stette a letto (tutto il pomeriggio)<br />
f. Luca se ne stette a letto (tutto il pomeriggio)<br />
Dai dati sin qui osservati possiamo quin<strong>di</strong> osservare che sene:<br />
• occorre con <strong>verbi</strong> <strong>di</strong> moto sia stativi che <strong>di</strong>namici (telici e atelici);<br />
• con i <strong>verbi</strong> locativi stativi non presenta particolari restrizioni aspettuali;<br />
• con i <strong>verbi</strong> <strong>di</strong> moto <strong>di</strong>namici è sensibile alle caretteristiche azionali del verbo o<br />
della costruzione verbale: mentre con <strong>verbi</strong> [+telico] (sia [+durativo], come<br />
correre a casa, sia [-durativo], come saltare) non abbiamo particolari<br />
restrizioni, con <strong>verbi</strong> [-telico] e [+durativo] (nuotare più le versioni ateliche <strong>di</strong><br />
saltare e correre) la costruzione mostra una restrizione sulle forme perfettive,<br />
specialmente composte, e tende a essere più compatibile con l’imperfettivo.<br />
Come possiamo rendere conto <strong>di</strong> questo comportamento? A nostro avviso, potrebbe<br />
esserci una restrizione <strong>di</strong> tipo semantico-formale, connessa con la telicità e con l’uso<br />
dell’ausiliare nel tempo composto: il clitico sene, contenendo il si, seleziona l’ausiliare<br />
essere (cfr. nota 7), che però confligge con la lettura atelica e durativa dell’evento,<br />
essendo esso primariamente associato a eventi non durativi e telici (cf. Jezek 2003: 87,<br />
89-90). Il problema non si pone nel caso dei <strong>verbi</strong> stativi in (62) perché questi sono<br />
15
inerentemente atelici. Questo spiegherebbe perché (59d), (60d) e (61d) (passato<br />
prossimo) sembrano più inaccettabili <strong>di</strong> (59d-f), (60d-f) e (61d-f) (passato remoto).<br />
Tuttavia non spiega perché anche (59d-f), (60d-f) e (61d-f) suonano male. Quest’ultimo<br />
fatto potrebbe essere collegato al fatto che, nel caso <strong>di</strong> <strong>verbi</strong> ambigui tra una lettura<br />
telica e una lettura atelica (correre, ecc.), il perfettivo tende a favorire la lettura telica<br />
dell’evento, mentre (59d-f), (60d-f) e (61d-f) sono e devono rimanere atelici per via<br />
dell’av<strong>verbi</strong>o durativo per due ore.<br />
Un’altra restrizione che opera nelle costruzioni con sene riguarda il grado <strong>di</strong><br />
intenzionalità dell’azione e <strong>di</strong> controllo da parte del soggetto. Il fatto che l’evento debba<br />
essere intenzionale è <strong>di</strong>mostrato dal fatto che sene non occorre con <strong>verbi</strong> <strong>di</strong> moto in cui<br />
il soggetto non ha il controllo dell’evento, come inciampare (63a) o cadere (63b).<br />
(63) a. *Luca se ne inciampa sul gra<strong>di</strong>no<br />
b. *Luca se ne cade e si fa male<br />
Inoltre, in un esempio con verbo stativo come (64a) l’unica lettura possibile dell’evento<br />
‘stare in camera’ è quella intenzionale. Se per esempio abbiamo una situazione in cui<br />
Luca è un bambino che per punizione è costretto dalla mamma a stare nella sua camera<br />
tutto il pomeriggio, allora <strong>di</strong>fficilmente avremo una co<strong>di</strong>fica dell’evento come (64a),<br />
che invece co<strong>di</strong>ficherà preferibilmente una situazione nella quale Luca ha scelto <strong>di</strong><br />
passare il pomeriggio in camera, per esempio a giocare. La versione senza sene (64b),<br />
per contro, è neutra: Luca è stato in camera tutto il pomeriggio, può essere stata una sua<br />
scelta oppure può essere stato costretto a starvi.<br />
(64) a. Luca se ne è stato in camera tutto il pomeriggio [+intenzionale]<br />
b. Luca è stato in camera tutto il pomeriggio [±intenzionale]<br />
Infine, notiamo un’ultima restrizione delle costruzioni con sene, che riguarda il tipo <strong>di</strong><br />
pattern sintattico in cui occorre. Pur occorrendo con <strong>verbi</strong> intransitivi, la costruzione<br />
con sene ha sempre bisogno <strong>di</strong> un elemento av<strong>verbi</strong>ale o preposizionale a seguire. È<br />
vero che i <strong>verbi</strong> <strong>di</strong> moto in genere tendono a comparire con un sintagma av<strong>verbi</strong>ale o<br />
preposizionale (65a-b), tuttavia sene ne richiede la presenza anche quando la frase<br />
corrispondente senza sene non lo richiede (cfr. (66)-(67)):<br />
(65) a. ? Luca va<br />
b. Luca va a passeggio<br />
c. Luca se ne va a passeggio<br />
(66) a. Luca correva, quando all’improvviso si sentì male<br />
b. *Luca se ne correva, quando all’improvviso si sentì male<br />
c. Luca se ne correva lungo il fiume, quando all’improvviso si sentì male<br />
(67) a. A: Cosa fai? – B: Sto correndo!<br />
b. A: Cosa fai? – B: *Me ne sto correndo!<br />
c. A: Cosa fai? – B: Me ne sto correndo un po’!<br />
16
Al momento non ci sentiamo <strong>di</strong> avanzare alcuna ipotesi precisa sul perché <strong>di</strong> questo<br />
comportamento sintattico. Essa andrà probabilmente ricercata nella semantica <strong>di</strong> questa<br />
costruzione. Ad esempio, nella necessità <strong>di</strong> non unirsi a pre<strong>di</strong>cati generici, ma<br />
circoscritti.<br />
A conclusione <strong>di</strong> questo paragrafo su sene, riportiamo alcuni dati quantitativi ricavati<br />
dal corpus <strong>di</strong> italiano giornalistico la Repubblica (ca. 380 milioni <strong>di</strong> parole, cf. Baroni et<br />
alii 2004). Sene occorre con alta frequenza con un numero piuttosto ristretto <strong>di</strong> <strong>verbi</strong>: le<br />
forme <strong>pronominali</strong> con sene più frequenti sono andarsene, starsene, tornarsene,<br />
restarsene 15 . A un livello <strong>di</strong> frequenza piuttosto alto troviamo anche rimanersene,<br />
uscirsene, ritornarsene e scapparsene, mentre a un livello <strong>di</strong> attestazione basso o<br />
bassissimo troviamo <strong>verbi</strong> come partirsene, saltarsene, girarsene. Verbi come<br />
corrersene o nuotarsene (cfr. 52a) non sono attestati nel corpus la Repubblica, pur<br />
essendo teoricamente possibili.<br />
Questi dati in<strong>di</strong>cano che sene compare molto frequentemente con <strong>verbi</strong> <strong>di</strong> moto generici<br />
(<strong>di</strong>namici, come andarsene, o stativi, come starsene) o <strong>di</strong>rezionali (uscirsene). Occorre<br />
molto meno con <strong>verbi</strong> <strong>di</strong> moto <strong>di</strong> maniera (saltarsene). Potremmo avanzare l’ipotesi<br />
che, in funzione della sua altissima frequenza con pochi <strong>verbi</strong> dal significato generico,<br />
sene stia acquisendo un certo grado <strong>di</strong> (semi-)produttività all’interno della classe <strong>di</strong><br />
<strong>verbi</strong> <strong>di</strong> moto, espandendosi pian piano ad altre tipologie <strong>di</strong> <strong>verbi</strong> <strong>di</strong> moto. In realtà, a<br />
ben pensare, sene si può accompagnare anche con altri tipi <strong>di</strong> <strong>verbi</strong> intransitivi non <strong>di</strong><br />
moto, ad esempio 16 :<br />
(68) a. Paolo se ne dorme sul <strong>di</strong>vano<br />
b. Paolo se ne tossisce là in un angolo<br />
Notiamo qui un’affinità con le costruzioni russe con sebe riportate in (45) (paragrafo<br />
1.2). Anche nella costruzione russa, infatti, possiamo avere sia <strong>verbi</strong> stativi (ležit' ‘stare<br />
sdraiato’, cfr. (45b)), sia altri tipi <strong>di</strong> <strong>verbi</strong> intransitivi non <strong>di</strong> moto (žit' ‘vivere’, cfr.<br />
(45a); molčit' ‘tacere’, cfr. (45c)).<br />
Da ultimo osserviamo che il clitico sene nella costruzione <strong>di</strong> Tipo 1 è chiaramente un<br />
clitico <strong>di</strong> natura grammaticale non argomentale: né il si né il ne si riferiscono<br />
anaforicamente a elementi lessicalmente realizzati, e non è possibile parafrasarli in<br />
alcun modo.<br />
In conclusione, la CVP <strong>di</strong> Tipo 1 (che chiameremo me<strong>di</strong>o intransitivo con sene)<br />
15 I conteggi sono stati fatti su forme non finite del verbo, quin<strong>di</strong> infiniti e gerun<strong>di</strong>. Inoltre bisogna tener<br />
conto del fatto che alcune <strong>di</strong> queste forme potrebbero in realtà appartenere al sene come marca <strong>di</strong> telicità<br />
(cfr. nota 13).<br />
16 Ci sembra che in questi casi l’interpretazione necessiti sempre <strong>di</strong> un componente locativo, esplicito o<br />
implicito: se ne dorme *(sul letto, sul <strong>di</strong>vano, ecc.), se ne tossisce *(in un angolo, ecc.). Un’ipotesi da<br />
vagliare è la possibile estensione <strong>di</strong> sene a <strong>verbi</strong> non <strong>di</strong> moto grazie alla sua frequente occorrenza nella<br />
costruzione [(re)stare (là/lì) a V GERUNDIO] (cfr. (55)). Inoltre, come per i <strong>verbi</strong> <strong>di</strong> moto <strong>di</strong>namici atelici,<br />
anche questi casi sembrano ristretti ai tempi semplici (se ne dorme, ? se ne dormì, *se ne è dormito; se ne<br />
tossisce, ? se ne tossì, *se ne è tossito)<br />
17
presenta caratteristiche piuttosto complesse. Tuttavia ci sembra <strong>di</strong> essere riusciti a<br />
in<strong>di</strong>viduare alcuni tratti generali <strong>di</strong> questa costruzione:<br />
• sene è un clitico grammaticale non-argomentale;<br />
• sene si accompagna a <strong>verbi</strong> <strong>di</strong> moto stativi e <strong>di</strong>namici (telici o atelici) (ma<br />
potrebbe essere in espansione verso altre classi <strong>di</strong> <strong>verbi</strong>);<br />
• con i <strong>verbi</strong> locativi stativi sene non presenta particolari restrizioni aspettuali,<br />
mentre con i <strong>verbi</strong> <strong>di</strong> moto <strong>di</strong>namici tende a comparire in forme imperfettive e<br />
soprattutto non composte;<br />
• la costruzione con sene deve avere un soggetto con il tratto [+controllo] e<br />
l’azione deve essere intenzionale;<br />
• la costruzione con sene ha una semantica <strong>di</strong> tipo me<strong>di</strong>o (cfr. paragrafo 3.2), in<br />
quanto l’evento è compiuto da un soggetto Agente e dotato <strong>di</strong> controllo, che<br />
però subisce anche <strong>di</strong>rettamente gli effetti dell’evento stesso.<br />
3.2. Il Tipo 2: farsi una passeggiata<br />
Il Tipo 2 si contrad<strong>di</strong>stingue dagli altri tipi per le seguenti caratteristiche:<br />
• la presenza del pronome clitico riflessivo si, e quin<strong>di</strong> coreferente con il<br />
soggetto;<br />
• la sua occorrenza con costruzioni che prevedono le seguenti caratteristiche<br />
(cfr. Salvi 2001):<br />
o verbo transitivo;<br />
o nessun complemento in<strong>di</strong>retto aggiuntivo;<br />
o soggetto Agente.<br />
Come abbiamo visto, Salvi (2001) classifica questo tipo come un benefattivo clitico<br />
riflessivo che segnala la partecipazione intensa del soggetto all’azione. Questa<br />
intepretazione semantica è con<strong>di</strong>visa da più fonti (cfr. Sabatini 1988: 359-360, Serianni<br />
1988: 328, Jezek 2005: 257-258), le quali la riconducono al valore “me<strong>di</strong>o” che il si<br />
avrebbe acquisito in queste costruzioni.<br />
La categoria del me<strong>di</strong>o è definita da Benveniste (1966) come una situazione in cui “[l]e<br />
verbe in<strong>di</strong>que un procès dont le sujet est le siège. [...] Le sujet est le lieu du procès. [...]<br />
Le sujet effectue en s’affectant” (1966: 172–173). Analogamente, Lyons (1969: 373) la<br />
definisce come una situazione in cui “the ‘action’ or ‘state’ affects the subject of the<br />
verb or his interests”. Secondo Kemmer (1993: 243), “[t]he middle is a semantic area<br />
comprising events in which (a) the Initiator is also an Endpoint, or affected entity and<br />
(b) the event is characterized by a low degree of elaboration”. La nozione <strong>di</strong><br />
affectedness del soggetto è quin<strong>di</strong> una caratteristica classica del me<strong>di</strong>o. La seconda parte<br />
della definizione <strong>di</strong> Kemmer (1993), tuttavia, fa emergere una seconda proprietà che<br />
caratterizza il me<strong>di</strong>o, ovvero ciò che la stessa Kemmer definisce anche “relative<br />
elaboration of the events” (1993: 3). Secondo la Kemmer, la categoria del me<strong>di</strong>o si<br />
posiziona lungo un continuum ai cui estremi si collocano eventi prototipici con un<br />
partecipante e eventi prototipici con due partecipanti, quin<strong>di</strong> sono a metà strada tra i<br />
18
iflessivi (che hanno concettualmente due partecipanti, ma fisicamente solo uno, essendo<br />
questi coreferenziali) e gli eventi a un partecipante. Per questo motivo la <strong>di</strong>atesi me<strong>di</strong>a è<br />
strettamente correlata con la nozione <strong>di</strong> transitività, così come definita in Hopper &<br />
Thompson (1980). La vicinanza con i riflessivi è anche testimoniata dal fatto che spesso<br />
viene usata la stessa marca formale sia per il riflessivo sia per il me<strong>di</strong>o (è il caso<br />
appunto dell’italiano), con il secondo che spesso deriva dal primo (cfr. Cennamo 1993,<br />
Kemmer 1993).<br />
Proprio per la sua posizione interme<strong>di</strong>a tra i riflessivi e gli intransitivi prototipici, il<br />
me<strong>di</strong>o è spesso associato alla costruzione intransitiva (cfr. Kemmer 1993: 244). Tuttavia<br />
nel nostro caso ci troviamo <strong>di</strong> fronte a una costruzione me<strong>di</strong>a transitiva, in quanto l’uso<br />
del si <strong>di</strong> Tipo 2 è ristretto a <strong>verbi</strong> transitivi (cfr. Simone 1999, Salvi 2001), e,<br />
aggiungiamo, a <strong>verbi</strong> transitivi nel loro uso prototipico, ovvero a costruzioni transitive<br />
con un Agente che agisce su un Paziente (69a). Sono quin<strong>di</strong> esclusi intransitivi<br />
inergativi (69b), intransitivi inaccusativi (69c), intransitivi <strong>pronominali</strong> (69d), ma anche<br />
<strong>verbi</strong> transitivi con oggetto nullo indefinito (69e) e <strong>verbi</strong> <strong>di</strong>transitivi con complementi<br />
in<strong>di</strong>retti (69f).<br />
(69) a. Luca si mangia una mela<br />
b. *Maria si pedala<br />
c. *Io mi muoio 17<br />
d. *Luca si si arrabbia<br />
e. *Luca si mangia<br />
f. *Io mi dò un colpo <strong>di</strong> telefono a Maria<br />
Salvi propone un’altra restrizione importante: il soggetto deve avere il ruolo semantico<br />
<strong>di</strong> Agente. La nozione <strong>di</strong> “Agente” porta con sé quelle <strong>di</strong> volontarietà e controllo<br />
dell’evento, come abbiamo già visto per sene al paragrafo 3.1. In (70a), per esempio,<br />
Paolo vede le montagne per caso, senza che fosse voluto, e quin<strong>di</strong> ricopre il ruolo<br />
semantico <strong>di</strong> ESPERIENTE. Per questo motivo la versione con il si non è accettabile.<br />
Mentre è accettabile (70c), in cui vedere ha una lettura agentiva e il soggetto è<br />
chiaramente Agente 18 .<br />
(70) a. Paolo stava pensando alla partita quando all’improvviso vide le montagne<br />
b. *Paolo stava pensando alla partita quando all’improvviso si vide le montagne<br />
c. Paolo non vedeva l’ora <strong>di</strong> arrivare alla baita per vedersi le sue montagne<br />
Possiamo inoltre aggiungere che il soggetto deve essere preferibilmente animato<br />
[±umano], e quin<strong>di</strong> un Agente relativamente prototipico (71):<br />
17 Si noti che, invece, la versione spagnola del verbo morire ha il riflessivo: morirse.<br />
18 La stessa restrizione impe<strong>di</strong>sce che si abbiano questo tipo <strong>di</strong> costruzioni al passivo: Luca si è mangiato<br />
la mela vs. *La mela si è stata mangiata da Luca.<br />
19
(71) a. Paolo si è visto un film<br />
b. Il cane si è ingoiato la pallina<br />
c. *Il mare si è corroso la roccia 19<br />
Non sembrano invece esserci restrizioni <strong>di</strong> tipo azionale. Possiamo avere, con la<br />
costruzione <strong>di</strong> Tipo 2, <strong>verbi</strong> (transitivi naturalmente) durativi (mangiare) e non durativi<br />
(ingoiare), telici (leggere) e atelici (fare una passeggiata). Allo stesso modo, non si<br />
presentano restrizioni per quanto riguarda tempo e aspetto.<br />
(72) a. Mi leggo un libro<br />
b. Mi leggevo un libro<br />
c. Mi sono letto un libro (in due giorni)<br />
d. Mi sono letto un libro (per due giorni)<br />
e. Mi lessi un libro<br />
f. Mi leggerò un libro<br />
In tutti questi casi il clitico è, a nostro avviso, <strong>di</strong> tipo grammaticale in quanto<br />
contribuisce all’interpretazione della frase aggiungendo il tratto <strong>di</strong> me<strong>di</strong>alità. Per quanto<br />
riguarda l’argomentalità, nella maggior parte dei casi non è possibile parafrasare il si<br />
con un sintagma preposizionale benefattivo (73), quin<strong>di</strong> in questi casi il si non è in<br />
realtà coreferenziale con un partecipante con il ruolo semantico <strong>di</strong> BENEFATTIVO.<br />
Ricor<strong>di</strong>amo che Salvi (2001) nota che le restrizioni evidenziate per il benefattivo clitico<br />
riflessivo non valgono per il benefattivo non-riflessivo in forma piena (cfr. (22),<br />
paragrafo 1.1), segnale che i due fenomeni siano anche semanticamente <strong>di</strong>stinti.<br />
(73) a. Mi leggo un libro vs. *Leggo un libro per me (stesso)<br />
b. Luca si mangia una mela vs. *Luca mangia una mela per sé (stesso)<br />
Tuttavia, nella letteratura costruzioni a queste affini vengono talvolta definite “riflessivi<br />
in<strong>di</strong>retti” (Kazenin 2001), ovvero un tipo <strong>di</strong> riflessivo che marca la coreferenzialità tra<br />
l’Agente e un altro partecipante che non sia il Paziente, bensì il Beneficiario o il<br />
Destinatario. Secondo questa analisi, quin<strong>di</strong>, il si sarebbe un argomento del verbo (per<br />
quanto debole, in quanto coreferenziale con il soggetto).<br />
Secondo Kazenin (2001), il riflessivo in<strong>di</strong>retto è secondario rispetto al riflessivo <strong>di</strong>retto,<br />
ovvero esisterebbe un universale implicazionale tale per cui se, in una lingua, una data<br />
forma realizza il riflessivo in<strong>di</strong>retto, allora realizzerà anche il riflessivo <strong>di</strong>retto. In russo,<br />
ad esempio, l’affisso -sja viene usato per il riflessivo <strong>di</strong>retto (74a) ma non per l’in<strong>di</strong>retto<br />
(74b), che si realizza con il pronome riflessivo tonico (74c).<br />
(74) a. Ivan odel-sja v pal'to RUSSO<br />
Ivan.NOM vestire.PST-REFL in cappotto (da Kazenin 2001: 918)<br />
‘Ivan si lava’<br />
19 La frase sarebbe accettabile nel caso <strong>di</strong> una lettura poetica in cui il mare fosse personificato.<br />
20
. *Ivan kupil-sja pal'to<br />
Ivan.NOM comprare.PST-REFL cappotto.ACC<br />
‘Ivan si è comprato il cappotto’<br />
c. Ivan kupil sebe pal'to<br />
Ivan.NOM comprare.PST-REFL a se stesso cappotto.ACC<br />
‘Ivan si è comprato il cappotto’<br />
Al contrario l’italiano, come è evidente dalle traduzioni in (74), usa la stessa strategia<br />
per riflessivo <strong>di</strong>retto e in<strong>di</strong>retto.<br />
L’esempio in (74) ci fa capire quanto possa essere labile il confine tra me<strong>di</strong>o transitivo<br />
(prototipicamente rappresentato da (73)) e il riflessivo in<strong>di</strong>retto così come descritto da<br />
Kazenin. Infatti, se pren<strong>di</strong>amo la versione italiana <strong>di</strong> (74b-c) ve<strong>di</strong>amo come il si non sia<br />
completamente parafrasabile con il sintagma preposizionale <strong>di</strong> tipo benefattivo (75): la<br />
semantica infatti cambia da (75a) a (75b); ne è ulteriore prova il fatto che si e per se<br />
stesso possono cooccorrere nella stessa frase, cfr. (75c)). Al contrario, possiamo forse<br />
parafrasare (75a) con un complemento in<strong>di</strong>retto del tipo in (75d), anche se in questo<br />
caso ci atten<strong>di</strong>amo che l’espressione sia in focus contrastivo; in questo caso la<br />
combinazione <strong>di</strong> si e a se stesso dà un esito agrammaticale (75e).<br />
(75) a. Ivan si è comprato il cappotto<br />
b. Ivan ha comprato il cappotto per se stesso BENEFATTIVO<br />
c. Ivan si è comprato il cappotto per se stesso<br />
d. Ivan ha comprato il cappotto a se stesso DESTINATARIO<br />
e. *Ivan si è comprato il cappotto a se stesso<br />
Sempre secondo Kazenin (2001) esiste un’interessante sotto-classe <strong>di</strong> riflessivo in<strong>di</strong>retto<br />
che si verifica quando l’azione interessa una parte del corpo del soggetto stesso, nel qual<br />
caso la coreferenza tra l’Agente e il possessore della parte del corpo citata viene inferita,<br />
come nell’esempio che segue:<br />
(76) loúo-mai t-ā̀s kheĩr-as GRECO ANTICO<br />
lavare.1.SG.MIDDLE.PRS ART-ACC.PL mano-ACC.PL (da Kazenin 2001: 918)<br />
‘Io mi lavo la mano’<br />
La costruzione in (76) corrisponde al nostro Tipo 3, che analizzeremo nel prossimo<br />
paragrafo.<br />
Osserviamo infine un’ultima caratteristica della costruzione <strong>di</strong> Tipo 2, che la accomuna<br />
in parte alla costruzione <strong>di</strong> Tipo 1. In alcuni casi entrambe queste forme tendono a<br />
lessicalizzarsi. È il caso, ad esempio, <strong>di</strong> prendersi (pren<strong>di</strong>ti un caffè), mangiarsi<br />
(mangiarsi una mela) o bersi (bersi una birra), tutti registrati nel GRADIT come voci a<br />
sé stanti, e in particolare come <strong>verbi</strong> <strong>pronominali</strong> transitivi “con valore intensivo”. Un<br />
<strong>di</strong>scorso simile si applica anche ad alcune forme con sene, ad esempio andarsene<br />
(andarsene al cinema) e venirsene (se ne veniva pian piano verso casa), anch’essi<br />
21
egistrati nel GRADIT come lemmi a parte e con la <strong>di</strong>citura “con valore intensivo”.<br />
Probabilmente l’alta familiarità che alcune <strong>di</strong> queste forme sembrano aver raggiunto<br />
<strong>di</strong>pende anche dal loro occorrere con <strong>verbi</strong> ad alta frequenza, un fattore che può<br />
facilitare la lessicalizzazione.<br />
In conclusione, il Tipo 2 (che chiameremo me<strong>di</strong>o transitivo) ha le seguenti<br />
caratteristiche:<br />
• utilizza un si clitico grammaticale (tendenzialmente) non-argomentale;<br />
• si realizza con costruzioni transitive prototipiche;<br />
• deve avere un soggetto Agente [+animato] e l’azione deve essere intenzionale;<br />
• ha una semantica <strong>di</strong> tipo me<strong>di</strong>o in quanto marca l’elevato coinvolgimento del<br />
soggetto Agente rispetto all’evento descritto. È quin<strong>di</strong> l’effetto che l’intero<br />
evento ha sull’Agente che è in foreground in questa costruzione.<br />
3.3. Il Tipo 3: mangiarsi le unghie<br />
Come abbiamo visto, il Tipo 3 è posto da alcuni stu<strong>di</strong>osi in stretta correlazione con il<br />
riflessivo in<strong>di</strong>retto, o me<strong>di</strong>o transitivo nella nostra terminologia (cfr. Kazenin 2001).<br />
Jezek (2005: 242-243), nella sua rassegna delle trattazioni grammaticali del si in<br />
italiano, riporta come costruzioni del Tipo 3 siano spesso denominate “riflessivi<br />
in<strong>di</strong>retti” (un uso del termine <strong>di</strong>verso, quin<strong>di</strong>, da quello <strong>di</strong> Kazenin), oppure “riflessivi<br />
apparenti” o ancora “transitivi <strong>pronominali</strong>”. In questi casi l’oggetto non è<br />
coreferenziale con il soggetto, ma denota una sua pertinenza, tipicamente una parte del<br />
corpo (tagliarsi i capelli), un oggetto indossato (togliersi il cappello), un oggetto<br />
posseduto (lavarsi la camicia) o un oggetto all’interno della sfera personale (prepararsi<br />
la cena). Si tratta quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> una nozione allargata <strong>di</strong> “possesso” o, come abbiamo già<br />
avuto modo <strong>di</strong> accennare al paragrafo 1.1, <strong>di</strong> “sfera personale” (cfr. nota 5). Del resto<br />
nella letteratura questo tipo <strong>di</strong> strutture vengono spesso classificate come “costruzioni a<br />
possesso esterno” (CPE), un fenomeno ampiamente documentato (cfr. in particolare<br />
König & Haspelmath 1998, Payne & Barshi (a cura <strong>di</strong>) (1999), König 2001, O’Connor<br />
2007) che, come afferma König (2001: 971), sembra tipico dell’area linguistica europea.<br />
Secondo König & Haspelmath (1998) gli elementi al dativo in frasi come (77) non sono<br />
dei veri e propri argomenti del verbo, nel senso che non vengono licenziati dalla sua<br />
struttura argomentale, ma allo stesso tempo sono dei veri e propri costituenti <strong>di</strong> frase 20 .<br />
20 Quest’ultimo punto è comprovato da una serie <strong>di</strong> test che gli autori applicano al tedesco (citando<br />
Wegener 1985: 120 ss.) e al sardo (citando Jones 1993: 222 s.), e che valgono in larga misura anche per<br />
l’italiano, ovvero: l’elemento al dativo può essere oggetto <strong>di</strong> domande (i); possessore e posseduto non<br />
possono essere <strong>di</strong>slocati insieme ma solo separatamente (ii); il possessore e il posseduto sono sostituiti da<br />
pronomi <strong>di</strong>fferenti (iii).<br />
i. a. A chi mangia le unghie Luca? – A se stesso?<br />
b. A chi taglia i capelli Luca? – A te<br />
c. A chi ha calpestato un piede Luca? – A Ivan<br />
ii. a. ?? Il piede a Ivan Luca ha calpestato<br />
b. Un piede Luca ha calpestato a Ivan<br />
c. A Ivan Luca ha calpestato un piede<br />
22
(77) a. Luca si mangia le unghie<br />
b. Luca ti taglia i capelli<br />
c. Luca ha calpestato un piede a Ivan<br />
Questa costruzione presenta almeno quattro caratteristiche che la <strong>di</strong>stingue da tutte le<br />
altre CVP:<br />
• comprende sue sotto-costruzioni: la CPE riflessiva e la CPE non-riflessiva<br />
(cfr. (77a) vs. (77b-c)) (cfr. più oltre per le restrizioni sul tipo <strong>di</strong> nomi<br />
coinvolti);<br />
• non è unicamente pronominale: come <strong>di</strong>mostrato da (77), possiamo avere<br />
anche sintagmi preposizionali pieni (a Ivan) senza che cambi la semantica <strong>di</strong><br />
base della costruzione (come invece avveniva nel caso del benefattivo vs.<br />
me<strong>di</strong>o transitivo), sebbene questo sia vero soprattutto della CPE non-riflessiva<br />
(la CPE riflessiva, infatti, tende a essere solo pronominale: *Luca mangia le<br />
unghie a se stesso); le altre CVP quin<strong>di</strong> sono più restrittive nei confronti della<br />
gerarchia <strong>di</strong> animatezza (cfr. Silverstein 1976, Dixon 1979), mentre la CPE<br />
permette <strong>di</strong> realizzare <strong>di</strong>versi gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> questa gerarchia;<br />
• non è completamente “libera”, ovvero l’uso del clitico pronominale non è<br />
facoltativo come nelle altre quattro CVP intensive: se infatti eliminiamo il<br />
clitico da (77a), otteniamo una frase non accettabile: ?? Luca mangia le unghie;<br />
• si alterna con la cosiddetta costruzione a possesso interno (CPI), ovvero con<br />
un possessivo esplicito (78b-e) o con un riflessivo tonico (78a) (ma<br />
quest’ultimo solo in contesti contrastivi).<br />
(78) POSSESSO ESTERNO POSSESSO INTERNO<br />
a. Luca si mangia le unghie vs. Ivan mangia le proprie unghie<br />
b. Luca ti ha investito il fratello vs. Luca ha investito tuo fratello<br />
c. Luca ha calpestato il piede a Ivan vs. Luca ha calpestato il piede <strong>di</strong> Ivan<br />
d. Luca ha ucciso il gatto a Ivan vs. Luca ha ucciso il gatto <strong>di</strong> Ivan<br />
e. Luca ha rotto il tavolo a Ivan vs. Luca ha rotto il tavolo <strong>di</strong> Ivan<br />
L’interpretazione però non è identica, come fa notare, tra gli altri, O’Connor (2007). La<br />
CPE è più informativa rispetto alla CPI in quanto implica il contenuto della CPI (mentre<br />
la CPI non implica la CPE) e in più aggiunge altre informazioni che an<strong>di</strong>amo a elencare<br />
<strong>di</strong> seguito. Innanzitutto la CPE descrive un evento che si ripercuote sul possessore,<br />
inteso come l’elemento affected, mentre la CPI descrive l’evento in maniera neutra<br />
(adottando un “<strong>di</strong>stanced reporting mode”, per usare le parole <strong>di</strong> O’Connor 2007: 593,).<br />
Inoltre, sempre secondo O’Connor (2007: 598), la CPE implica un certo grado <strong>di</strong><br />
empatia da parte del parlante nei confronti del possessore: il parlante infatti si mostra<br />
iii. Luca glielo ha calpestato<br />
23
consapevole delle conseguenze che l’evento può avere sul possessore (a prescindere che<br />
il possessore sia realmente affected o no).<br />
Dal punto <strong>di</strong> vista sintattico, la CPE sembra funzionare su base ergativa, ovvero può<br />
essere sia una costruzione transitiva in cui il possessum svolge la funzione <strong>di</strong><br />
complemento oggetto (79a), oppure una costruzione intransitiva inaccusativa in cui il<br />
possessum svolge la funzione <strong>di</strong> soggetto (79b). Naturalmente questo è vero della CPE<br />
non-riflessiva, mentre quella riflessiva ha solo la versione transitiva.<br />
(79) a. Luca gli taglia i capelli<br />
b. Gli è morta la mamma<br />
Dal punto <strong>di</strong> vista delle restrizioni sui nomi che possono entrare a far parte della<br />
costruzione, notiamo che:<br />
• non esistono particolari restrizioni sul soggetto delle CPE non-riflessive (80)<br />
(sebbene probabilmente siano preferiti i nomi animati), mentre nella CPE<br />
riflessiva il soggetto (e quin<strong>di</strong> il possessore esterno) deve essere, come nella<br />
costruzione <strong>di</strong> Tipo 2, Agente e animato (abbiamo quin<strong>di</strong> pronomi (81a), nomi<br />
propri (81b), nomi comuni umani (81c) e nomi comuni animati non umani<br />
(81d), ma non nomi inanimati (81e-f); cfr. anche sotto); da questo punto <strong>di</strong><br />
vista, la CPE riflessiva è molto simile semanticamente alla costruzione me<strong>di</strong>a<br />
transitiva;<br />
• nelle CPE non-riflessive, a prima vista non sembrano esistere particolari<br />
restrizioni sul possessore esterno (82), tuttavia la frase in (82c), con un<br />
possessore [-animato], è dubbia e l’uso del clitico (82d) implica<br />
l’interpretazione con il possessore [+animato];<br />
• l’oggetto (ovvero il possessum) è normalmente un nome “relazionale” (cfr.<br />
O’Connor 2007: 583): una parte del corpo (inalienabile), un parente stretto<br />
(78b) o un elemento (animato o meno) alienabile che può facilmente<br />
appartenere alla sfera personale <strong>di</strong> un possessore (78d-e).<br />
(80) a. Lui / Luca / Il bambino ti taglia i capelli<br />
d. Il cane ti morde il braccio<br />
f. Il bicchiere rotto ti ha ferito la mano<br />
(81) a. Tu ti mangi le unghie<br />
b. Luca si mangia le unghie<br />
c. Il bambino si mangia le unghie<br />
d. Il cane si morde la coda<br />
e. *Il computer si aggiorna i file<br />
f. *Il bicchiere si sbecca il bordo<br />
(82) a. Mario taglia i capelli a te / a Luigi / alla sorella<br />
b. Mario taglia il pelo al cane<br />
?<br />
c. Mario rompe una gamba al tavolo<br />
d. Mario gli [+animato] ha rotto una gamba<br />
24
Chiaramente quest’ultimo punto <strong>di</strong>pende da quanto vogliamo allargare la nostra nozione<br />
<strong>di</strong> possesso o <strong>di</strong> sfera personale. È altrettanto chiaro che le CPE riflessive sconfinano<br />
nel dominio delle CVP me<strong>di</strong>e transitive (Tipo 2). Tuttavia, queste ultime rimangono<br />
semanticamente invariate se aggiungiamo un altro possessore all’oggetto (83). Se<br />
invece proviamo a esplicitare, nelle CPE, un possessore <strong>di</strong>verso da quello esterno, la<br />
semantica cambia e la struttura <strong>di</strong>venta <strong>di</strong> Tipo 2 (84), nonostante il possessum sia una<br />
parte del corpo, ovvero un tipo <strong>di</strong> nome che occorre tipicamente nella CPE: in (84b)<br />
Luca è allo stesso tempo promotore dell’azione e persona interessata dall’azione stessa.<br />
(83) a. Luca si mangia la mela <strong>di</strong> Piero<br />
b. Mi leggo il libro <strong>di</strong> papà<br />
(84) a. Luca si mangia le unghie <strong>di</strong> Piero<br />
b. Luca si taglia i capelli <strong>di</strong> Maria<br />
Secondo Shibatani (1994: 464) l’interpretazione dell’elemento al dativo (extra-thematic<br />
argument) come possessore del complemento oggetto del verbo non è inerente alla<br />
costruzione, ma è piuttosto motivata dalla costruzione stessa per via del meccanismo <strong>di</strong><br />
“rilevanza” (relevance) (1994: 468), ovvero: nell’interpretare queste espressioni occorre<br />
integrare i referenti denotati dagli argomenti extra-argomentali nella scena evocata dalla<br />
proposizione. Nel caso in cui ci sia una parte del corpo coinvolta nell’evento, allora<br />
l’argomento extra-tematico verrà <strong>di</strong>rettamente interpretato come il possessore. Quando<br />
invece abbiamo a che fare con nomi che denotano elementi alienabili, lo sforzo <strong>di</strong><br />
ricostruzione dell’evento <strong>di</strong>viene maggiore e dobbiamo usare altre nozioni come quella<br />
<strong>di</strong> “prossimità” (proximity) e <strong>di</strong> affectedness, ovvero l’impatto fisico, psicologico,<br />
sociale, ecc. che l’azione descritta può avere sul partecipante. Il grado necessario <strong>di</strong><br />
prossimità per essere coinvolto dall’evento è un parametro che può variare da lingua a<br />
lingua. Come nota Shibatani (1994: 472-473), lo spagnolo accetta una frase come (85a),<br />
ma non una come (85b), perché la prossimità tra il bambino e il parlante non è<br />
sufficiente: secondo Shibatani, infatti, (85b) è agrammaticale se assumiamo che il<br />
bambino grida nella sua casa e il parlante prova a dormire nella propria. L’italiano, al<br />
contrario, accetta entrambe le costruzioni (fermo restando che la vicinanza tra le due<br />
abitazioni sia tale da poter far u<strong>di</strong>re al parlante le grida del bambino), ed è quin<strong>di</strong> più<br />
lasso dello spagnolo rispetto alla nozione <strong>di</strong> prossimità.<br />
(85) a. Mi bebé me lloró toda la noche SPAGNOLO<br />
b. *El bebé del vecino me lloró toda la noche<br />
(86) a. Il mio bambino mi ha pianto tutta la notte ITALIANO<br />
b. Il bambino del vicino mi ha pianto tutta la notte<br />
In modo simile, O’Connor (2007) nota che l’elemento extra-tematico viene interpretato<br />
come possessore per effetto <strong>di</strong> una implicatura convenzionale, ovvero un’implicatura<br />
che ormai è <strong>di</strong>ventata convenzionalmente associata alla CPE stessa. O’Connor nota<br />
25
inoltre che, in spagnolo, se proviamo ad aggiungere un possessivo esplicito (87),<br />
l’enunciato sconfina in una costruzione con “dativo etico”:<br />
(87) Mi padre se me murió el año pasado SPAGNOLO<br />
mio padre REFL 1.SG.DAT morì ART anno passato<br />
‘Mio padre mi è morto l’anno passato’<br />
Di questa costruzione parleremo nel prossimo paragrafo.<br />
In conclusione, il Tipo 3 esemplifica una CPE, che si sud<strong>di</strong>vide ulteriormente in CPE<br />
riflessiva e CPE non-riflessiva. La CPE non-riflessiva presenta le seguenti<br />
caratteristiche:<br />
• non è una CVP vera e propria poiché ammette anche nominali pieni;<br />
• né il clitico né il nominale pieno sono pienamente argomentali, pur<br />
esprimendo la categoria grammaticale del possesso;<br />
• non è “libera”, in quanto il clitico (o il nominale pieno) deve essere<br />
obbligatoriamente espresso;<br />
• funziona, su base ergativa, con strutture transitive e intransitive inaccusative;<br />
• il possessore esterno tende (ma non deve) essere animato;<br />
• il posseduto è normalmente un nome “relazionale”;<br />
• rispetto alla CPI, la CPE non-riflessiva descrive l’evento in maniera più<br />
emotiva, con il possessore affected e il parlante empaticamente coinvolto.<br />
La CPE riflessiva presenta le seguenti caratteristiche:<br />
• è una CVP con un si clitico non-argomentale e grammaticale;<br />
• non è “libera”, in quanto il clitico deve essere obbligatoriamente espresso;<br />
• si realizza con costruzioni transitive;<br />
• il soggetto (e quin<strong>di</strong> il possessore esterno) deve essere Agente e animato;<br />
• il posseduto è normalmente un nome “relazionale”;<br />
• la CPI corrispondente è possibile solo in caso <strong>di</strong> focus contrastivo.<br />
3.4. Il Tipo 4: non mi ti far bocciare<br />
Il Tipo 4 rappresenta, a nostro avviso, la vera e propria costruzione con dativo etico.<br />
Questa CVP si contrad<strong>di</strong>stingue infatti per le seguenti caratteristiche:<br />
• non è riflessiva (vs. Tipo 1, 2 e la versione riflessiva del Tipo 3);<br />
• sembra soggetta a meno restrizioni strutturali rispetto a tutte le altre CVP.<br />
Questa maggiore libertà si manifesta in tre domini: le combinazioni possibili <strong>di</strong> clitici<br />
per persona e numero (vs. Tipo 5, cfr. paragrafo 3.5), la combinabilità con <strong>di</strong>verse classi<br />
<strong>di</strong> <strong>verbi</strong> (vs. Tipo 1, 2, 3), la combinabilità con <strong>di</strong>verse classi <strong>di</strong> nomi (vs. Tipo 3).<br />
Per quanto riguarda il primo punto, la costruzione <strong>di</strong> Tipo 4 non presenta restrizioni<br />
particolari sul tipo <strong>di</strong> persona e numero del clitico, come mostrato nella Tabella 1. Sono<br />
infatti esclusi, <strong>di</strong> fatto, tutti i casi <strong>di</strong> coreferenzialità e permessi tutti gli altri.<br />
26
1SG<br />
TABELLA 1. Combinazioni <strong>di</strong> clitici per persona e numero nella CVP con dativo etico<br />
1SG 2SG 3SG 1PL 2PL 3PL<br />
*io mi bevo il<br />
caffè ( Tipo 2)<br />
2SG tu mi bevi il caffè<br />
3SG<br />
lui mi beve il<br />
caffè<br />
1PL *<br />
2PL<br />
3PL<br />
voi mi bevete il<br />
caffè<br />
loro mi bevono il<br />
caffè<br />
io ti bevo il caffè io gli bevo il caffè * io vi bevo il caffè<br />
*tu ti bevi il caffè<br />
( Tipo 2)<br />
lui ti beve il caffè<br />
noi ti beviamo il<br />
caffè<br />
*<br />
loro ti bevono il<br />
caffè<br />
tu gli bevi il caffè tu ci bevi il caffè *<br />
lui gli beve il caffè<br />
*egli si beve il<br />
caffè ( Tipo 2)<br />
noi gli beviamo il<br />
caffè<br />
voi gli bevete il<br />
caffè<br />
loro gli bevono il<br />
caffè<br />
lui ci beve il caffè lui vi beve il caffè<br />
*noi ci beviamo il<br />
caffè ( Tipo 2)<br />
voi ci bevete il caffè<br />
loro ci bevono il<br />
caffè<br />
27<br />
noi vi beviamo il<br />
caffè<br />
*voi vi bevete il<br />
caffè ( Tipo 2)<br />
loro vi bevono il<br />
caffè<br />
io gli bevo il caffè / io bevo<br />
loro il caffè<br />
tu gli bevi il caffè / tu bevi<br />
loro il caffè<br />
lui gli beve il caffè / lui<br />
beve loro il caffè<br />
noi gli beviamo il caffè /<br />
noi beviamo loro il caffè<br />
voi gli bevete il caffè / voi<br />
bevete loro il caffè<br />
loro gli bevono il caffè /<br />
loro bevono loro il caffè<br />
*loro si bevono il caffè<br />
( Tipo 2)<br />
Tuttavia una restrizione sembra esserci: il clitico deve denotare un partecipante<br />
[+umano]. In una frase come (88) è pressoché impossibile immaginare un partecipante<br />
non umano, se pur animato (come ad esempio il cane <strong>di</strong> Luca).<br />
(88) *Luca gli [-umano] si è ammalato<br />
Va sottolineato che queste considerazioni sulla combinabilità dei clitici sono puramente<br />
teoriche e prescindono dall’uso: bisognerebbe infatti controllare in un corpus<br />
l’occorrenza effettiva <strong>di</strong> ognuna <strong>di</strong> queste combinazioni. In questa sede non ci<br />
soffermeremo su questo aspetto, che riman<strong>di</strong>amo a ricerche future. Ci limiteremo solo a<br />
osservare che probabilmente le costruzioni con clitici <strong>di</strong> prima e seconda persona<br />
singolare (in posizione dativale) sono probabilmente molto più comuni.<br />
Sulla combinabilità con le classi <strong>di</strong> <strong>verbi</strong> osserviamo che il dativo etico può occorrere<br />
sia in costruzioni transitive che in costruzioni intransitive. In particolare troviamo<br />
transitivi con soggetto Agente (89a), transitivi con soggetto Paziente (89b), intransitivi<br />
inergativi (89c), intransitivi inaccusativi (89d), intransitivi <strong>pronominali</strong> (89e), ma anche<br />
<strong>verbi</strong> transitivi con oggetto nullo indefinito (89f) e <strong>verbi</strong> <strong>di</strong>transitivi con complementi<br />
in<strong>di</strong>retti (89g). Come se non bastasse, il dativo etico è combinabile anche con altre CVP<br />
<strong>pronominali</strong>, come il me<strong>di</strong>o transitivo (89h) e la CPE riflessiva (89i), e con il riflessivo<br />
<strong>di</strong>retto (89l).<br />
(89) a. Non mi bere il caffè in quel modo! TRANSITIVO (SOGGETTO [+AGENTE])<br />
b. Luca mi ha visto le montagne TRANSITIVO (SOGGETTO [-AGENTE])<br />
c. Luca mi pedala male INTRANSITIVO INERGATIVO<br />
d. Luca mi è caduto INTRANSITIVO INACCUSATIVO<br />
e. Luca mi si è ammalato INTRANSITIVO PRONOMINALE INACCUSATIVO<br />
f. Luca mi mangia troppo TRANSITIVO CON OGGETTO NULLO<br />
g. Luca mi ha dato la lettera a Maria DITRANSITIVO
h. Lucia mi si mangia una mela MEDIO TRANSITIVO<br />
i. Lucia mi si mangia una mela CPE RIFLESSIVA<br />
l. Lucia non mi si lava RIFLESSIVO DIRETTO<br />
Infine, nella costruzione con dativo etico transitiva, possiamo avere qualsiasi tipo <strong>di</strong><br />
nome in posizione <strong>di</strong> complemento oggetto, sia inerentemente relazionale (90) che non<br />
(89a-b, 89g). Questo implica che alcune espressioni possano essere ambigue tra la<br />
costruzione con dativo etico e la CPE non-riflessiva descritta nel paragrafo precedente.<br />
Una frase come (90) potrebbe infatti essere classificata in entrambi le costruzioni.<br />
Tuttavia, se aggiungiamo l’aggettivo possessivo esplicito, come notato da O’Connor<br />
(2007) (cfr. (87)), la costruzione <strong>di</strong>venta più associabile al Tipo 4.<br />
(90) a. Mi hanno ucciso la figlia<br />
b. Mi hanno ucciso mia figlia<br />
Dal punto <strong>di</strong> vista strutturale va inoltre precisato che il dativo etico va <strong>di</strong>stinto, come<br />
anche il me<strong>di</strong>o transitivo, dai casi <strong>di</strong> benefattivo come quello riportato in (91a), citato da<br />
Simone (1993: 96). In (91a) il clitico identifica un benefattivo/ricevente (al posto mio,<br />
per me, a me) e può essere parafrasato con i sintagmi preposizionali corrispondenti<br />
(91b-c):<br />
(91) a. Mi scrivi questa lettera?<br />
b. Scrivi questa lettera al posto mio?<br />
c. Scrivi questa lettera per me?<br />
d. Scrivi questa lettera a me?<br />
In questi casi il clitico, in quanto aggiunto, fa parte della struttura argomentale allargata<br />
del verbo e ricopre un ruolo semantico particolare. Nel caso <strong>di</strong> dativo etico, invece, non<br />
esiste la possibilità <strong>di</strong> riformulare il clitico in forma estesa e il contributo semantico è<br />
<strong>di</strong>verso. Si veda ad esempio la frase in (92).<br />
(92) Mi hai scritto sul serio questa lettera?<br />
In questo caso il mi non identifica né un benefattivo né un ricevente, in quanto la lettera<br />
non ha nulla a che fare con il parlante, ma in<strong>di</strong>ca lo stupore e il coinvolgimento emotivo<br />
del parlante stesso rispetto all’evento descritto. Anche in questo caso, quin<strong>di</strong>, l’elemento<br />
al dativo ha il compito <strong>di</strong> sottolineare il grado <strong>di</strong> affectedness e/o <strong>di</strong> empatia <strong>di</strong> un<br />
partecipante all’evento.<br />
Notiamo che la frase (92), nella lettura “etica”, è decisamente più accettabile al passato<br />
che non al presente (93):<br />
(93) ?? Mi scrivi sul serio questa lettera?<br />
28
Questa tendenza è probabilmente dovuta al fatto che l’evento susciterà più facilmente<br />
l’empatia del partecipante se è compiuto e ha già prodotto un risultato.<br />
Sopra abbiamo parlato del rapporto tra dativo etico e CPE. In conclusione <strong>di</strong> questo<br />
paragrafo <strong>di</strong>scuteremo brevemente anche il rapporto tra dativo etico e Tipo 2 (me<strong>di</strong>o<br />
transitivo). Questi due tipi si <strong>di</strong>fferenziano ovviamente per il fatto che il Tipo 2 è<br />
riflessivo mentre il Tipo 4 identifica un altro partecipante all’evento. Entrambe le<br />
costruzioni marcano l’elevato coinvolgimento <strong>di</strong> un partecipante rispetto all’evento<br />
descritto. Tuttavia il tipo <strong>di</strong> coinvolgimento è <strong>di</strong>verso: nel Tipo 2 l’evento viene istigato<br />
dal soggetto e ricade sul soggetto, rendendolo allo stesso tempo Agente e Affectee. Nel<br />
Tipo 4, invece, l’elemento al dativo segnala la presenza <strong>di</strong> una persona che subisce<br />
l’impatto (in particolare, ci sembra, psicologico) dell’evento. Inoltre, l’elemento al<br />
dativo può anche non avere alcun ruolo nell’evento descritto se non quello <strong>di</strong><br />
“spettatore”. In questo caso lo spettatore esprime il proprio punto <strong>di</strong> vista sull’evento<br />
dal <strong>di</strong> fuori, come persona interessata ma esterna all’evento. Questo è forse il motivo per<br />
cui il dativo etico è compatibile con qualsiasi tipo <strong>di</strong> struttura argomentale (cfr. (89)): la<br />
sua extra-argomentalità può spingersi al <strong>di</strong> là del livello della clausola, ovvero<br />
l’affectedness del partecipante al dativo si può riferire all’intero evento denotato dalla<br />
clausola, quale che sia l’evento descritto dalla clausola stessa. Questa interpretazione è<br />
compatibile con la preferenza del dativo etico per i tempi perfettivi, che<br />
“impacchettano” l’evento come concluso.<br />
L’interpretazione esatta del ruolo del dativo etico all’interno dell’enunciato avviene<br />
comunque a livello composizionale, ovvero <strong>di</strong>pende dal contesto. Adottando<br />
l’approccio <strong>di</strong> Shibatani (1994) possiamo <strong>di</strong>re che il dativo etico va <strong>di</strong> volta in volta<br />
“integrato” semanticamente nell’evento. Il grado <strong>di</strong> affectedness e <strong>di</strong> coinvolgimento <strong>di</strong><br />
questo partecipante, quin<strong>di</strong>, varierà a seconda del ruolo più o meno prominente<br />
ricoperto all’interno dell’evento, ovvero, per usare il termine <strong>di</strong> Shibatani, del suo grado<br />
<strong>di</strong> “prossimità”. Per esempio: in una frase come (90b) (Mi hanno ucciso mia figlia) il<br />
partecipante al dativo non ha nessun ruolo nello svolgimento dell’evento, ma il suo<br />
grado <strong>di</strong> prossimità emotiva con il Paziente (mia figlia) è tale per cui il suo grado <strong>di</strong><br />
affectedness sarà alto; in una frase come (92) (Mi hai scritto sul serio questa lettera?),<br />
invece, il partecipante al dativo non ha nessun ruolo nello svolgimento dell’evento e in<br />
più non ci sono altri elementi che marchino particolarmente il suo coinvolgimento, che<br />
sarà pertanto più basso e in<strong>di</strong>retto rispetto a (90b); infine, nel caso <strong>di</strong> (89a) (Non mi bere<br />
il caffè in quel modo!) il parlante è probabilmente uno spettatore rispetto all’evento, ma<br />
l’uso del dativo etico ne marca chiaramente il <strong>di</strong>retto coinvolgimento, in questo caso<br />
negativo.<br />
In conclusione, il Tipo 4 (che chiameremo dativo etico), al <strong>di</strong> là della <strong>di</strong>versa<br />
transitività che può manifestare (cfr. 89), presenta le seguenti caratteristiche:<br />
• il clitico pronominale è grammaticale non-argomentale;<br />
• il referente denotato dal clitico al dativo è [+umano], pertanto tale costruzione<br />
si colloca in alto sulla gerarchia <strong>di</strong> animatezza;<br />
• il dativo etico non è mai riflessivo;<br />
29
• la costruzione mostra evidenti somiglianze sia con il me<strong>di</strong>o transitivo (Tipo 2)<br />
che con la CPE (Tipo 3);<br />
• semanticamente, la costruzione segnala la presenza <strong>di</strong> un partecipante o uno<br />
spettatore affected, empaticamente coinvolto, in varia misura, dall’evento.<br />
3.5. Il Tipo 5: sai chi ti vedo?<br />
A nostro avviso, Serianni (1988) classifica giustamente a parte il Tipo 5, che si<br />
<strong>di</strong>fferenzia da tutte le altre costruzioni per le sue restrizioni sulla persona del clitico.<br />
Questa costruzione, infatti, sembra presentare l’uso esclusivo della seconda persona<br />
singolare del clitico:<br />
(94) Entro nel bar e sai chi ? mi / *ci / ti / *vi / *gli / *loro vedo 21<br />
In (94) l’unico altro clitico possibile sembra quello <strong>di</strong> prima persona singolare:<br />
(95) ?? Entro nel bar e sai chi mi vedo?<br />
Tuttavia l’interpretazione <strong>di</strong> (95) è <strong>di</strong>versa da quella con ti. La semantica <strong>di</strong> (95) sembra<br />
infatti più simile a quella della costruzione <strong>di</strong> Tipo 2 (mi faccio una passeggiata): il mi<br />
sembra marcare l’alto interessamento e coinvolgimento del parlante nell’evento<br />
descritto. L’espressione con ti, d’altro canto, ha chiaramente un valore <strong>di</strong><br />
coinvolgimento dell’interlocutore che il mi in (95) non ha.<br />
C’è poi un fattore strutturale da considerare: se il parlante cambia persona e numero, il ti<br />
rimane invariato (96), cosa che non avviene nel caso <strong>di</strong> (95) (cfr. (97)). Pertanto il mi in<br />
(95) è in realtà vincolato al soggetto e dovrebbe ricadere nelle costruzioni <strong>di</strong> Tipo 2 22 .<br />
(96) a. Entro nel bar e sai chi ti vedo?<br />
b. Entri nel bar e sai chi ti ve<strong>di</strong>? 23<br />
c. Entra nel bar e sai chi ti vede?<br />
d. Entriamo nel bar e sai chi ti ve<strong>di</strong>amo?<br />
e. Entrate nel bar e sai chi ti vedete?<br />
f. Entrano nel bar e sai chi ti vedono?<br />
(97) *Entrano nel bar e sai chi mi vedo?<br />
Nel caso in cui a variare sia l’interlocutore e non il parlante, possiamo avere un’altra<br />
variante del ti. Se infatti stiamo parlando a due o più persone, (96a) può in alcuni casi<br />
21<br />
Ovviamente, le varianti con i clitici <strong>di</strong> prima e seconda persona plurali (ci, vi) sono grammaticali nella<br />
lettura locativa, ma non in quella “intensiva”.<br />
22<br />
(95) rimane comunque poco accettabile anche come Tipo 2, in quanto il soggetto <strong>di</strong> vedere non è<br />
pienamente agentivo.<br />
23 Lo stesso ragionamento proposto per il mi in (95) vale anche per questo esempio, per via della<br />
coreferenza tra il soggetto e il clitico. (96b) quin<strong>di</strong> potrebbe anche avere una lettura <strong>di</strong> Tipo 2.<br />
30
(ma non deve) <strong>di</strong>ventare (98a). Se si variasse al plurale anche la forma del verbo sapere,<br />
allora la variante con vi <strong>di</strong>venterebbe obbligatoria (98b-c).<br />
(98) a. Entro nel bar e sai chi vi vedo?<br />
b. Entro nel bar e sapete chi vi vedo?<br />
c. *Entro nel bar e sapete chi ti vedo?<br />
Il fatto che la variante con vi risulti più ostica all’orecchio <strong>di</strong> quella con ti è<br />
probabilmente dovuto alla coalescenza <strong>di</strong> significati della forma vi in italiano (pronome<br />
clitico <strong>di</strong> seconda persona plurale per accusativo e dativo e pronome clitico locativo)<br />
(cfr. Berretta 1985).<br />
Questo uso del clitico <strong>di</strong> seconda persona ricorda quello delle lingue slave citato nel<br />
paragrafo 1.2. Ne riportiamo un esempio per como<strong>di</strong>tà:<br />
(99) On ti se ani neomluvil CECO<br />
lui 2.SG.DAT REFL.ACC nemmeno scusarsi.SG.PAST (da Fried 1994: 173,<br />
‘Ti <strong>di</strong>co, non si è nemmeno scusato’ citato in Franks & King 2000: 110)<br />
Tuttavia la costruzione nelle lingue slave sembra più libera <strong>di</strong> quella italiana: una frase<br />
come (99) <strong>di</strong>fficilmente verrà resa con la costruzione <strong>di</strong> Tipo 5. Se osserviamo la<br />
traduzione italiana <strong>di</strong> (99), infatti, notiamo che il ti ceco è reso in italiano con<br />
l’espressione ti <strong>di</strong>co. L’uso del ti <strong>di</strong> Tipo 5 in questo caso darebbe infatti un esito<br />
<strong>di</strong>verso in italiano (cfr. 100), ovvero verrebbe interpretato o come oggetto in<strong>di</strong>retto <strong>di</strong><br />
scusarsi (non si è nemmeno scusato con te) o come un dativo etico (non si è nemmeno<br />
scusato, e la cosa ti danneggia).<br />
(100) Non ti si è nemmeno scusato<br />
Servirebbe uno stu<strong>di</strong>o molto più approfon<strong>di</strong>to per capire esattamente in quali contesti è<br />
accettabile la costruzione <strong>di</strong> Tipo 5. Per il momento ci limitiamo a osservare che questo<br />
tipo <strong>di</strong> costruzione sembra tipica dei contesti conversazionali. Con l’uso del ti il parlante<br />
vuole attirare l’attenzione dell’interlocutore, vuole renderlo emotivamente coinvolto<br />
nell’evento descritto. L’uso del ti sarà quin<strong>di</strong> adatto a contesti in cui si parla <strong>di</strong> eventi<br />
che dovrebbero suscitare meraviglia, curiosità o scandalo, come (96) o come gli esempi<br />
citati da Salvi (2001) che riportiamo qui per como<strong>di</strong>tà:<br />
(101) a. Ed ecco che ti danno uno schiaffo a Maria<br />
b. Ed ecco che Maria ti stira le camicie <strong>di</strong> Piero senza pretendere un compenso<br />
Infine osserviamo che, anche in questo caso, il clitico pronominale è <strong>di</strong> tipo<br />
grammaticale non argomentale. Il ti non è argomento del verbo e non può essere<br />
parafrasato in alcun modo (se non con espressioni simili a quelle usate negli esempi<br />
citati: e <strong>di</strong> questo dovresti meravigliarti, ti <strong>di</strong>co). Il clitico <strong>di</strong> seconda persona è più una<br />
31
marca pragmatica che segnala la presenza <strong>di</strong> un interlocutore a livello <strong>di</strong> enunciato o<br />
ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong> scambio conversazionale e che segnala il tentato coinvolgimento emotivo<br />
dell’interlocutore, da parte del parlante, nell’evento descritto.<br />
In conclusione, il Tipo 2 (che chiameremo dativo conversazionale) ha delle<br />
caratteristiche che ne fanno a tutti gli effetti una costruzione a sé:<br />
• il clitico in questione è grammaticale e non-argomentale;<br />
• l’uso pronominale è ristretto al clitico <strong>di</strong> seconda persona (in particolar modo<br />
singolare, ma talvolta anche plurale nel caso in cui gli interlocutori siano due o<br />
più) che marca la presenza dell’interlocutore;<br />
• una semantica <strong>di</strong> <strong>di</strong>retto coinvolgimento emotivo dell’interlocutore rispetto<br />
all’evento descritto, in particolare in presenza <strong>di</strong> eventi che dovrebbe suscitare<br />
meraviglia, curiosità, scandalo.<br />
3.6. Altre CVP lessicalizzate<br />
Salvi attribuisce alla categoria del benefattivo clitico riflessivo (da noi chiamata me<strong>di</strong>o<br />
transitivo, Tipo 2) anche le CVP i<strong>di</strong>omatiche del tipo in (102), che segnalano l’alto<br />
coinvolgimento del soggetto.<br />
(102) prendersela, godersela<br />
Queste espressioni tuttavia fanno parte <strong>di</strong> un gruppo più ampio <strong>di</strong> CVP lessicalizzate e<br />
dalla semantica opaca (cfr. anche Jezek 2003: 141-142) in cui sono coinvolti vari tipi <strong>di</strong><br />
pronomi clitici, dal riflessivo (si) ai pronomi personali oggetto (la, le), dal pronome<br />
partitivo (ne) a quello locativo (ci). La Tabella 2 mostra le varie combinazioni possibili.<br />
TABELLA 2. CVP i<strong>di</strong>omatiche in italiano<br />
Clitici e nessi clitici Esempi<br />
ci volerci, vederci, sentirci<br />
la piantarla, smetterla<br />
le darle, prenderle<br />
ne darne<br />
cela avercela, mettercela, farcela<br />
cene volercene<br />
cisi mettercisi<br />
sela cavarsela, ridersela<br />
sene andarsene, fregarsene<br />
Come nota Cor<strong>di</strong>n (2001: 654-655) per le forme con ne, alcuni <strong>di</strong> questi casi hanno un<br />
antecedente insepresso ma recuperabile dal contesto (103). Tipicamente questo<br />
32
antecedente è <strong>di</strong> tipo generico: in (103a) avremo qualcosa come “storie”, in (103b)<br />
qualcosa come “situazione”.<br />
(103) a. Ne ho sentite <strong>di</strong> cotte e <strong>di</strong> crude sul tuo conto<br />
b. Adesso ne ho proprio abbastanza<br />
Lo stesso ragionamento è applicabile ad altri casi della Tabella 2 come smetterla o<br />
mettercela. In altri casi ancora l’oggetto inespresso è più specifico, come in darle e<br />
prenderle. Infine, a volte l’oggetto inespresso non è più recuperabile e la CVP assume<br />
un significato completamente i<strong>di</strong>omatico, come ad esempio fregarsene o cavarsela.<br />
In conclusione, queste CVP ci sembrano un fenomeno a parte rispetto alle CVP<br />
intensive qui analizzate, sebbene il valore intensivo del clitico riflessivo possa aver<br />
contribuito a formare la semantica <strong>di</strong> alcune <strong>di</strong> queste espressioni, come nel caso <strong>di</strong><br />
godersela citato da Salvi. Un’ipotesi, ad ogni modo, tutta da <strong>di</strong>mostrare.<br />
3.7. Riassumendo<br />
Nel corso del paragrafo 3 abbiamo classificato e descritto sette CVP “intensive”, che<br />
sono riassunte schematicamente nella Tabella 3.<br />
Tutte le CVP in<strong>di</strong>viduate si avvalgono <strong>di</strong> clitici non argomentali 24 portatori <strong>di</strong><br />
significato grammaticale. Tuttavia, la CPE, e in particolare la CPE non-riflessiva, si<br />
colloca a parte rispetto alle altre costruzioni esaminate per essere non libera e per non<br />
essere una CVP vera e propria. La CPE riflessiva, invece, pur non essendo libera, può<br />
essere considerata una CVP, se pur atipica.<br />
TABELLA 3. CVP intensive in italiano<br />
Tipo <strong>di</strong> CVP [±libero] [±CVP] Esempio<br />
Tipo 1 MEDIO<br />
INTRANSITIVO (SENE) (MINTR)<br />
Tipo 2 MEDIO<br />
TRANSITIVO (MTR)<br />
Tipo 3<br />
CPE<br />
RIFLESSIVA (R)<br />
CPE<br />
NON-RIFLESSIVO (N-R)<br />
[+libero] [+CVP]<br />
[+libero] [+CVP]<br />
[-libero] [+CVP]<br />
[-libero] [-CVP]<br />
Tipo 4 DATIVO ETICO (DE) [+libero] [+CVP]<br />
Tipo 5 DATIVO<br />
CONVERSAZIONALE (DC)<br />
[+libero] [+CVP]<br />
33<br />
Andarsene a spasso<br />
Starsene sul <strong>di</strong>vano<br />
Mi faccio una passeggiata<br />
Mi mangio una mela<br />
Mi mangio le unghie<br />
Ti tagli le unghie<br />
Gli taglio i capelli<br />
Taglio i capelli a Mario<br />
Luca mi ha dato il libro a Gianni!<br />
Non mi guardare la TV tutto il giorno!<br />
Mi è caduto Giovanni<br />
Entro nel bar e sai chi ti vedo?<br />
Ecco che ti danno uno schiaffo a Maria<br />
24 A meno che non si voglia considerare semi-argomentale (o argomento “debole”) il clitico riflessivo<br />
nelle costruzioni MINTR, MTR e CPE_R.
Nel resto della trattazione vedremo come queste costruzioni si rapportano tra loro e con<br />
le altre costruzioni argomentali dell’italiano.<br />
4. CVP e transitività: una proposta <strong>di</strong> analisi<br />
Le CVP intensive analizzate e classificate nel paragrafo 3, pur essendo caratterizzate da<br />
uno o più tratti <strong>di</strong>stintivi, hanno alcune proprietà in comune, sia formali che semantiche,<br />
che talvolta rendono ambigua la loro interpretazione. Abbiamo già visto come<br />
un’espressione come (104) possa essere classificata sia come CPE sia come DE:<br />
(104) Mi hanno ucciso la figlia<br />
‘Hanno ucciso mia figlia’<br />
‘Hanno ucciso la figlia (presumibilmente mia) e la cosa mi coinvolge’<br />
Inoltre, possono sorgere delle ambiguità tra usi grammaticali (intensivi) dei clitici e usi<br />
deittici degli stessi, come nel già citato esempio in (105):<br />
(105) Non ti si è nemmeno scusato<br />
‘Non si è nemmeno scusato con te’<br />
‘Non si è nemmeno scusato e la cosa ti meraviglia’<br />
La proprietà fondamentale che queste espressioni hanno in comune è quella <strong>di</strong><br />
co<strong>di</strong>ficare un evento in cui uno dei partecipanti risulta in qualche misura e in qualche<br />
modo coinvolto o interessato, positivamente o negativamente. Diamo uno sguardo alla<br />
Tabella 4, che riassume le caratteristiche principali delle CVP analizzate.<br />
TABELLA 4. Proprietà delle CVP intensive in italiano<br />
CVP Partecipanti Soggetto Affected Esempi<br />
MINTR S – CL S=CL [±Agente] S<br />
MTR S – O – CL S=CL [+Agente] S<br />
CPE_R S – O – CL<br />
CPE_N-R<br />
(TR)<br />
CPE_N-R<br />
(INTR)<br />
S=CL<br />
S/CL possiede O<br />
[+Agente] S<br />
S – O – CL CL possiede O [±Agente] CL<br />
S –CL CL possiede S [-Agente] CL<br />
DE S – (O) – (OI) – CL CL=[+Umano] [±Agente] CL<br />
DC<br />
S – (O) – (OI) – CL CL=[+Umano] [±Agente] CL<br />
34<br />
Andarsene a spasso<br />
Starsene sul <strong>di</strong>vano<br />
Mi faccio una passeggiata<br />
Mi mangio una mela<br />
Mi mangio le unghie<br />
Ti tagli i capelli<br />
Gli taglio i capelli<br />
Taglio i capelli a Mario<br />
Gli si è rotto il <strong>di</strong>to<br />
Si è rotto il <strong>di</strong>to a Mario<br />
Luca mi ha dato il libro a Gianni!<br />
Il bambino non mi mangia (la carne)<br />
Non mi scappare!<br />
Entro nel bar e sai chi ti vedo?<br />
Ecco che ti danno uno schiaffo a Maria
Come possiamo notare, il partecipante affected dall’evento descritto non è mai l’oggetto<br />
<strong>di</strong>retto (O), come accade in una costruzione transitiva prototipica in cui l’azione<br />
perpetuata da un soggetto altamente agentivo ha <strong>di</strong>rette conseguenze sull’oggetto-<br />
Paziente (cfr. Hopper & Thompson 1980: 252), ma è sempre o il soggetto (S), a sua<br />
volta coreferente con il clitico al dativo, o il clitico stesso (CL) denotante un<br />
partecipante “altro”, ovvero non coreferente con nessuno dei partecipanti principali. In<br />
base a questo parametro possiamo <strong>di</strong>stinguere due macro-classi <strong>di</strong> CVP intensive<br />
(seguendo l’intuizione <strong>di</strong> Lo Cascio 1970 già citata nel paragrafo 1.1):<br />
• CVP riflessive: MINTR, MTR, CPE_R<br />
• CVP non-riflessive: (CPE_N-R), DE, DC<br />
Tra quelle riflessive, la costruzione MINTR si <strong>di</strong>fferenzia da MTR e CPE_R per via della<br />
sua intransitività, mentre le ultime due si contrad<strong>di</strong>stinguono per essere transitive e per<br />
richiedere un soggetto obbligatoriamente Agente. In queste costruzioni, l’elemento<br />
affected è sempre il soggetto, che coincide con il clitico.<br />
Tra quelle non-riflessive, invece, abbiamo varie tipologie <strong>di</strong> strutture argomentali con<br />
un soggetto più o meno Agente. Il partecipante affected in questo caso è sempre il<br />
clitico.<br />
Se ripren<strong>di</strong>amo la definizione <strong>di</strong> “me<strong>di</strong>o” data da Kemmer (1993: 243) 25 , ve<strong>di</strong>amo come<br />
questa si applichi facilmente alle tre CVP riflessive: in tutte e tre il soggetto (Initiator) è<br />
anche il punto finale (Endpoint) dell’evento; inoltre nelle tre CVP, gli eventi e/o i<br />
partecipanti sono concettualizzati in maniera poco <strong>di</strong>stinta. Ad esempio la costruzione<br />
MTR (Mi mangio una mela) contiene tre partecipanti sintattici (il soggetto, l’oggetto e la<br />
marca riflessiva coreferenziale con il soggetto), ma due soli partecipanti concettuali (il<br />
referente denotato dal soggetto e quello denotato dall’oggetto). Anche la CPE_R<br />
presenta sintatticamente tre partecipanti (il soggetto, l’oggetto e la marca riflessiva<br />
coreferenziale con il soggetto), ma ancora una volta i partecipanti concettuali non<br />
coincidono con quelli sintattici poiché la marca riflessiva è coreferenziale con il<br />
soggetto e in più l’oggetto è una sotto-parte del soggetto.<br />
Tali costruzioni si posizionano, quin<strong>di</strong>, come i riflessivi <strong>di</strong>retti, tra la costruzione<br />
transitiva prototipica a due partecipanti e quella intransitiva prototipica a un<br />
partecipante. Questo spettro <strong>di</strong> transitività è rappresentato nella Figura 1 26 .<br />
25<br />
“[T]he middle is a semantic area comprising events in which (a) the Initiator is also an Endpoint, or<br />
affected entity and (b) the event is characterized by a low degree of elaboration”.<br />
26<br />
L’analisi qui proposta si rifà da un lato agli stu<strong>di</strong> tipologico-funzionali (cfr., tra gli altri, Hopper &<br />
Thompson 1980, Kemmer 1993, Croft 2003), che fanno uso <strong>di</strong> una nozione scalare <strong>di</strong> transitività e <strong>di</strong><br />
mappe concettuali su cui proiettare le varie relazioni grammaticali così come sono realizzate nelle singole<br />
lingue, dall’altra alla Construction Grammar in senso lato, che considera le costruzioni grammaticali<br />
(comprese le costruzioni argomentali) come segni complessi costituiti da una forma e da un significato e<br />
quin<strong>di</strong> come unità linguistiche a tutti gli effetti (cfr., in particolare, Fillmore, Kay & O’Connor 1988,<br />
Goldberg 1995, Shibatani & Thompson (a cura <strong>di</strong>) 1996).<br />
35
FIGURA 1. Continuum <strong>di</strong> transitività I<br />
TR MTR CPE_R RIFL(DIRETTO) MINTR(SENE) INTR<br />
S – O<br />
S=+Agente<br />
O=Affected<br />
Lucia ha rotto il<br />
vaso<br />
S I – O – CL I<br />
S=CL<br />
S=+Agente<br />
S= Affected<br />
Lucia si mangia<br />
una mela<br />
S I – O – CL I<br />
S=CL<br />
S possiede O<br />
S=+Agente<br />
S=Affected<br />
Lucia si è rotta<br />
la gamba<br />
36<br />
S I – O/CL I<br />
S=CL<br />
S=+Agente<br />
S=Affected<br />
S I – CL I<br />
S=CL<br />
S=±Agente<br />
S=Affected<br />
Lucia si lava Lucia se ne corre a<br />
casa<br />
S<br />
S=±Agente<br />
Ø=Affected<br />
Lucia corre<br />
Come si può notare, le due costruzioni ai poli <strong>di</strong> questo continuum descrivono eventi<br />
con partecipanti chiaramente <strong>di</strong>stinti e ben delineati: la costruzione transitiva prototipica<br />
ha due partecipanti, il primo agisce, il secondo subisce l’azione del primo; nella<br />
costruzione intransitiva, invece, il partecipante è solo uno e l’azione non ha<br />
ripercussioni su altri partecipanti. Se invece <strong>di</strong>amo uno sguardo allo spazio tra i due<br />
poli, notiamo che l’elemento comune è la presenza <strong>di</strong> un soggetto Affected e,<br />
soprattutto, che la struttura dei partecipanti all’evento <strong>di</strong>venta meno definita. Il MTR è<br />
infatti simile alla costruzione transitiva, ma in più ha un elemento clitico che coincide<br />
con il soggetto. La CPE_R è simile al MTR ma presenta in più la relazione <strong>di</strong> possesso<br />
tra soggetto e oggetto che <strong>di</strong> fatto avvicina ancora <strong>di</strong> più questa struttura al riflessivo<br />
<strong>di</strong>retto. Quest’utimo, come è noto, è una costruzione con due partecipanti che però<br />
coincidono concettualmente (Kemmer 1993). Infine, il MINTR è molto vicino<br />
all’intransitivo, ma <strong>di</strong>versamente da esso marca il soggetto come affected, assumendo<br />
una semantica me<strong>di</strong>ale, e quin<strong>di</strong> si colloca anch’esso nell’area centrale del continuum.<br />
Il continuum in Figura 1 potrebbe essere ulteriormente arricchito inserendo anche la<br />
costruzione intransitiva pronominale (INTR PRON) (Maria si è ammalata), stu<strong>di</strong>ata nel<br />
dettaglio da Jezek (2003). L’autrice sostiene che tale costruzione presenta una semantica<br />
<strong>di</strong> tipo me<strong>di</strong>o (come le CVP riflessive) e si trova in una posizione interme<strong>di</strong>a tra<br />
riflessivo e intransitivo. Jezek (2003) mostra come ciò che <strong>di</strong>stingue l’intransitivo<br />
pronominale dal riflessivo (e, aggiungiamo, dalle varie CVP riflessive che si trovano a<br />
sinistra del riflessivo nella Figura 1) è il tratto <strong>di</strong> agentività del soggetto: nel riflessivo il<br />
soggetto è Agente, mentre l’intransitivo pronominale presenta un soggetto non agentivo.<br />
Tra le costruzioni qui esaminate, abbiamo un altro caso in cui il soggetto non è<br />
agentivo: si tratta della CPE non-riflessiva intransitiva (Mi è caduto il <strong>di</strong>to), che,<br />
ricor<strong>di</strong>amo, non è una vera e propria CVP, in quanto permette anche sintagmi nominali<br />
pieni in posizione dativale, e che è <strong>di</strong> tipo inaccusativo, ovvero ha un soggetto non<br />
Agente (assolutivo). Le due costruzioni si <strong>di</strong>stinguono, ovviamente, per la selezione<br />
dell’elemente affected: il soggetto nel caso dell’intransitivo pronominale, il clitico nel<br />
caso della CPE non-riflessiva.<br />
Diversa è la situazione delle CVP non riflessive. La CPE non riflessiva transitiva (Luca<br />
le taglia i capelli) (che tuttavia non è una CVP a tutti gli effetti) si colloca virtualmente<br />
tra la costruzione transitiva prototipica e quella cosiddetta “<strong>di</strong>transitiva”, che prevede la<br />
partecipazione <strong>di</strong> un terzo attante (solitamente in<strong>di</strong>cato come oggetto in<strong>di</strong>retto (OI)) in
qualità <strong>di</strong> Beneficiario o Destinatario dell’azione. La CPE non riflessiva transitiva<br />
coinvolge infatti un terzo partecipante, che tuttavia coincide parzialmente con l’oggetto<br />
<strong>di</strong>retto in quanto suo possessore. Nello stesso continuum, e sempre in posizione<br />
interme<strong>di</strong>a, potremmo inquadrare anche la costruzione DE <strong>di</strong> tipo transitivo (Luca non<br />
mi mangia la carne) o <strong>di</strong>transitivo (Non mi dare il vaso a Maria!): in questo caso il<br />
partecipante affected è quello co<strong>di</strong>ficato con il clitico. La Figura 2 schematizza questa<br />
situazione.<br />
FIGURA 2. Continuum <strong>di</strong> transitività II<br />
DITR DE (DITR/TR) CPE_N-R (TR) TR<br />
S – O – OI<br />
S=+Agente<br />
OI=Affected<br />
Lucia ha dato il vaso a Maria<br />
S – O – (OI) – CL<br />
CL=[+Umano]<br />
S=±Agente<br />
CL= Affected<br />
Luca non mi mangia la carne<br />
Non mi dare il vaso a Maria!<br />
37<br />
S – O – OI/CL<br />
OI/CL possiede O<br />
S=±Agente<br />
CL=Affected<br />
Luca le taglia i capelli<br />
Luca taglia i capelli a Maria<br />
S – O<br />
S=+Agente<br />
O=Affected<br />
Lucia ha rotto il vaso<br />
Dobbiamo tuttavia ricordare che la costruzione DE non è solo transitiva o <strong>di</strong>transitiva,<br />
ma si applica a quasi ogni forma <strong>di</strong> transitività, compresi gli intransitivi e le altre CVP<br />
(cfr. (89), paragrafo 3.4) 27 .<br />
Un <strong>di</strong>scorso analogo vale per il dativo conversazionale (DC): anche questa costruzione<br />
si può collocare in <strong>di</strong>versi punti all’interno dei continua proposti, poiché si può<br />
combinare con pressoché ogni struttura argomentale principale:<br />
(106) a. Ecco che ti danno uno schiaffo a Maria DITRANSITIVO<br />
b. Entro nel bar e sai chi ti vedo? TRANSITIVO<br />
c. E sai chi ti si va ad ammalare? INTRANSITIVO PRONOMINALE 28<br />
d. Ecco che Giovanni ti casca INTRANSITIVO CON essere<br />
e. Ecco che Giovanni ti lavora tutti i giorni INTRANSITIVO CON avere<br />
Queste due costruzioni, applicandosi a una vasta gamma <strong>di</strong> tipi eventivi, sono quin<strong>di</strong><br />
molto flessibili e produttive. In un certo senso, DE e DC hanno nel loro scope l’intera<br />
clausola e aggiungono un tratto <strong>di</strong> affectedness o <strong>di</strong> empatia a un livello supraclausale<br />
29 : il DE identifica il partecipante che subisce l’impatto (fisico, psicologico,<br />
sociale, ecc.) dell’evento, mentre il DC co<strong>di</strong>fica l’empatia del parlante nei confronti<br />
27 Il dativo etico non si combina con il me<strong>di</strong>o intransitivo con sene. Questo potrebbe forse essere<br />
ricondotto a un vincolo sulla complessità dei nessi clitici: poiché sene è composto da due clitici,<br />
l’aggiunta <strong>di</strong> un terzo clitico potrebbe essere poco auspicabile. Come nota Berretta (1985: 191), i nessi <strong>di</strong><br />
tre clitici in italiano sono molto rari e sono più che altro riconducibili ai casi in cui compare il si<br />
impersonale (gliene si parla).<br />
28 Per le classi <strong>di</strong> intransitivi ci riferiamo qui a Jezek (2003).<br />
29 Ricor<strong>di</strong>amo che sia il DE che il DC possono denotare solo referenti umani.
dell’evento descritto e, soprattutto, il suo tentativo <strong>di</strong> coinvolgere empaticamente il suo<br />
interlocutore.<br />
La Figura 3 riassume la situazione delle CVP intensive in italiano.<br />
FIGURA 3. CVP in italiano e transitività<br />
DITR TR MTR CPE_R RIFL(DIRETTO) INTR PRON MINTR(SENE) INTR<br />
DE<br />
DC<br />
Questo schema riassuntivo ci permette <strong>di</strong> formulare alcune considerazioni generali, che<br />
possono servire come spunto per futuri approfon<strong>di</strong>menti.<br />
La prima è che costruzioni come il DE o il DC non sono strettamente <strong>di</strong>pendenti da una<br />
struttura argomentale particolare e quin<strong>di</strong> sono potenzialmente molto produttive<br />
(soprattutto il DE), almeno a livello sincronico. Occorrerebbe un’analisi <strong>di</strong>acronica per<br />
capire se questi tipi <strong>di</strong> dativi hanno cominciato a occorrere con una particolare struttura<br />
per poi estendersi a tutte le altre. Inoltre, poiché questa costruzione era già presente in<br />
latino, si potrebbe vedere come la costruzione si è evoluta nelle varie lingue romanze 30 .<br />
La seconda osservazione è che la CPE_R fa da ponte tra il riflessivo vero e proprio e il<br />
me<strong>di</strong>o transitivo: in questa costruzione, infatti, abbiamo sì un complemento oggetto<br />
(come nel me<strong>di</strong>o transitivo), ma si tratta <strong>di</strong> un complemento oggetto “debole”, poiché<br />
denota una sotto-parte del soggetto e quin<strong>di</strong>, per sineddoche, è come se coincidesse con<br />
il soggetto stesso (come accade nel riflessivo). Come già accennato al paragrafo 1.2, la<br />
CPE è una costruzione <strong>di</strong>ffusa nelle lingue del mondo e in particolare in quelle<br />
d’Europa. Bisognerebbe quin<strong>di</strong> controllare se c’è una correlazione tra CPE, riflessivo e<br />
me<strong>di</strong>o transitivo a livello tipologico.<br />
La terza osservazione riguarda la relazione tra MTR e TR da un lato e MINTR(SENE) e<br />
INTR dall’altro. Ci sembra che queste due costruzioni, al <strong>di</strong> là della <strong>di</strong>versa restrizione<br />
sulle classi <strong>di</strong> <strong>verbi</strong>, siano molto simili tra loro dal punto <strong>di</strong> vista semantico. In un certo<br />
senso, potremmo considerarle come due istanziazioni <strong>di</strong> un’unica costruzione<br />
sottospecificata che si specializza attraverso <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> restrizioni, prima tra tutte il<br />
tipo <strong>di</strong> classe <strong>di</strong> <strong>verbi</strong> con cui cooccorre.<br />
In questo modo si potrebbe delineare un’area del me<strong>di</strong>o, dominata dal tratto formale del<br />
si clitico, piuttosto articolata in cui far rientrare anche l’intransitivo pronominale (che si<br />
<strong>di</strong>stinguerà dalle altre costruzioni per via del soggetto non agentivo). Allo stesso tempo<br />
bisogna rendere conto della seconda osservazione, ovvero del fatto che la CPE riflessiva<br />
sta a metà strada tra il riflessivo e il me<strong>di</strong>o, nonché del legame semantico tra il riflessivo<br />
e il me<strong>di</strong>o. L’area del me<strong>di</strong>o potrebbe figurare come nella Figura 4.<br />
30 La costruzione è sicuramente presente in <strong>di</strong>verse lingue romanze (cfr. 1.2), ma bisognerebbe capire a<br />
quante e quali restrizioni è sottoposta.<br />
38
S I – O – CL I / S=CL<br />
Soggetto=[+Agente]<br />
...<br />
I SINEDDOC<br />
HE<br />
Me<strong>di</strong>o transitivo<br />
FIGURA 4. L’area del me<strong>di</strong>o in italiano espresso tramite CVP<br />
Come si può notare, le tre CVP me<strong>di</strong>ali sono collegate tramite una relazione <strong>di</strong><br />
istanziazione (I I) (instantiation link, cfr. Goldberg 1995) a una costruzione me<strong>di</strong>a<br />
sottospecificata. La Figura 4 inoltre mostra come il me<strong>di</strong>o transitivo sia correlato<br />
semanticamente (pur non essendoci una vera e propria relazione <strong>di</strong> ere<strong>di</strong>tà) con la CPE,<br />
e come questa sia a sua volta collegata il riflessivo me<strong>di</strong>ate una relazione sineddotica.<br />
Infine, la linea tratteggiata tra il riflessivo e il me<strong>di</strong>o (sottospecificato) esplicita anche la<br />
relazione semantica tra queste due costruzioni 31 .<br />
5. Conclusioni<br />
Riflessivo <strong>di</strong>retto<br />
S I – O/CL I / S=O/CL<br />
S=[+Agente]<br />
Affected=Soggetto<br />
Significato: <br />
CPE riflessiva<br />
S I – O – CL I / S=CL<br />
S possiede O<br />
Soggetto=[+Agente]<br />
Affected=Soggetto<br />
Significato: <br />
In questo lavoro abbiamo analizzato e classificato le CVP in italiano in base a criteri<br />
semantici e formali. Abbiamo identificato cinque CVP principali, a loro volta sud<strong>di</strong>vise<br />
in due macro-classi:<br />
31 Specifichiamo che la Figura 4 intende rappresentare la situazione sincronica dell’italiano.<br />
39<br />
Me<strong>di</strong>o<br />
S I – (O) – CL I<br />
Soggetto=[±Agente]<br />
Affected=Soggetto<br />
Significato: <br />
I I I I I I<br />
Intransitivo pronominale<br />
S I – CL I / S=CL<br />
Soggetto=[-Agente]<br />
...<br />
Me<strong>di</strong>o intransitivo<br />
S I – CL I / S=CL<br />
Soggetto=[±Agente]<br />
<strong>Classi</strong> <strong>di</strong> <strong>verbi</strong>: <strong>di</strong> moto
• CVP riflessive<br />
o Me<strong>di</strong>o transitivo (MTR)<br />
o CPE riflessiva (CPE_R)<br />
o Me<strong>di</strong>o intransitivo (MINTR)<br />
• CVP non-riflessive<br />
o Dativo etico (DE)<br />
o Dativo conversazionale (DC)<br />
Da questo computo è esclusa la CPE non riflessiva, sia transitiva che intransitiva,<br />
poiché, come abbiamo visto, non è una CVP vera e propria, seppure mantenga evidenti<br />
legami con le CVP intensive.<br />
Le CVP intensive analizzate formano una famiglia <strong>di</strong> costruzioni accomunate da<br />
proprietà formali e semantiche. Dal punto <strong>di</strong> vista formale, le CVP sono caratterizzate<br />
dall’uso <strong>di</strong> forme clitiche riflessive o al dativo per veicolare significati grammaticali.<br />
Dal punto <strong>di</strong> vista semantico, le CVP svolgono la funzione <strong>di</strong> segnalare il partecipante<br />
che viene coinvolto (affected) (emotivamente, fisicamente, socialmente, ecc.), in <strong>di</strong>versa<br />
misura e maniera, dall’evento descritto, senza essere il Paziente <strong>di</strong> una costruzione<br />
transitiva prototipica. Tale partecipante è concettualizzato come l’Endpoint dell’evento<br />
stesso.<br />
Infine, abbiamo mostrato che le CVP intensive interagiscono con la nozione (scalare) <strong>di</strong><br />
transitività in <strong>di</strong>versi mo<strong>di</strong>. Le CVP riflessive si collocano, come il riflessivo, in una<br />
posizione interme<strong>di</strong>a tra la costruzione transitiva e quella intransitiva delineando<br />
(insieme all’intransitivo pronominale) l’area del me<strong>di</strong>o dell’italiano, ovvero l’area in cui<br />
l’azione si ripercuote sul soggetto. Le CVP non-riflessive invece si <strong>di</strong>stribuiscono lungo<br />
tutto il continuum della transitività: l’evento descritto è “impacchettato” e poi messo in<br />
relazione con un partecipante affected o empaticamente coinvolto.<br />
40
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