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Buchi neri e informazione.pdf - Nardelli

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Le particelle descritte dalla teoria delle stringhe – gli anelli di corda elastica in linea<br />

di principio minuscoli – sono esattamente come le eliche composite. Una particella<br />

elementare sembra quasi puntiforme: pensiamola come il mozzo dell’elica. Ora<br />

aumentiamo la velocità dell’otturatore di una ipotetica macchina fotografica fino ad<br />

ottenere un tempo di posa di poco superiore alla durata di Planck. L’immagine<br />

comincia a mostrarci che la particella è in realtà una cordicella. Aumentiamo<br />

ulteriormente la velocità dell’otturatore. Quel che vediamo è che ogni porzione della<br />

stringa fluttua e vibra, di modo che la nuova immagine appare più ingarbugliata ed<br />

estesa. Ma tale processo si ripete: ogni “ricciolo”, ogni “curva” della stringa si rivela<br />

composto di altri “riccioli” e ghirigori che oscillano ogni volta più rapidamente.<br />

(Anche qui notiamo la caratteristica a “frattale” insita in tale rappresentazione,<br />

e quindi la connessione con il numero aureo Φ ).<br />

Che cosa vede Bob (l’osservatore esterno) quando guarda una particella di questo<br />

tipo cadere verso l’orizzonte degli eventi? All’inizio il moto oscillatorio è troppo<br />

rapido per essere visibile, e l’unica cosa visibile è il minuscolo “mozzo” al centro.<br />

Ma ben presto la natura particolare del tempo in prossimità dell’orizzonte comincia a<br />

farsi sentire, e il moto della stringa appare sempre più rallentato. Bob vede porzioni<br />

sempre più estese della struttura oscillante esattamente come accadeva con l’elica<br />

composita di Alice. Man mano che il tempo passa, diventano visibili oscillazioni<br />

sempre più rapide, e la stringa sembra allargarsi e spandersi sull’intera superficie<br />

dell’orizzonte degli eventi. E se invece stiamo cadendo assieme alla particella? In<br />

questo caso il tempo si comporta normalmente. La fluttuazioni ad alta frequenza<br />

rimangono ad alta frequenza, ben al di fuori della portata della nostra macchina<br />

fotografica: come nel caso dell’aereo di Alice, vediamo soltanto la minuscola parte<br />

centrale.<br />

L’“immagine” fornita dalla teoria delle stringhe assomiglia di più all’aeroplano di<br />

Alice. Man mano che le cose rallentano, diventa visibile una quantità sempre<br />

maggiore di “eliche”; queste occupano una regione di spazio sempre più vasta, di<br />

modo che l’intera struttura complessa si espande. È inoltre importante ricordare che<br />

le stringhe, come qualunque altra cosa, hanno anch’esse i tremori quantistici, ma a<br />

modo loro. Come l’aereo di Alice, le stringhe vibrano a molte frequenze diverse e la<br />

maggior parte delle vibrazioni sono troppo rapide per essere rivelabili.<br />

Secondo la proposta di G. ‘t Hooft: lo spettro di particelle non finisce alla massa di<br />

Planck. Continua con masse indefinitamente grandi che prendono la forma di buchi<br />

<strong>neri</strong>. I buchi <strong>neri</strong>, come accade per le particelle ordinarie, possono assumere solo<br />

valori discreti di massa. Questi valori permessi diventano tuttavia talmente densi e<br />

fitti, al di sopra della massa di Planck, da costituire praticamente una banda sfumata.<br />

Secondo la congettura di ‘t Hooft, molto probabilmente lo spettro delle eccitazioni di<br />

stringa sfuma in quello dei buchi <strong>neri</strong> più o meno in corrispondenza della massa di<br />

Planck, ma senza una separazione netta.<br />

Supponiamo adesso che il fotone sia una cordicella e “scuotiamolo” o “colpiamolo”<br />

con altre stringhe. Proprio come un piccolo elastico, il fotone comincerebbe a<br />

“vibrare”, “ruotare” ed “allungarsi”. Se gli si fornisce abbastanza energia, comincerà<br />

a somigliare ad un gigantesco “garbuglio”, un “gomitolo” di filo. In questo caso non<br />

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