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WORMHOLES, UNIVERSO E STRINGHE - Nardelli

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Abstract<br />

<strong>WORMHOLES</strong>, <strong>UNIVERSO</strong> E <strong>STRINGHE</strong><br />

Ing. Pier Francesco Roggero, Dott. Michele <strong>Nardelli</strong>, Francesco Di Noto<br />

In this paper we show an interesting theory about the space-time concerning the wormhole.


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1. WORMHOLE DISTRUTTIVO FORMATO DA UN BUCO NERO CONNESSO AD UN BUCO BIANCO ..... 3<br />

2. PROBLEMA DELLA VELOCITÀ DELLE STELLE IN UNA GALASSIA ..................................................... 9<br />

3. FORMA DELL’<strong>UNIVERSO</strong> ..................................................................................................................10<br />

4. TEMPO RELATIVISTICO IN UN WORMHOLE.....................................................................................12<br />

5. <strong>UNIVERSO</strong> FORMATO DAL TESSUTO SPAZIO-TEMPO: IL VUOTO CHE NON È’ VUOTO..................14<br />

6. LA LUCE .............................................................................................................................................17<br />

7. MATERIA OSCURA NON NECESSARIA..............................................................................................19<br />

8. DIMENSIONI DELL’<strong>UNIVERSO</strong>..........................................................................................................22<br />

9. <strong>UNIVERSO</strong> OLOGRAFICO, BUCHI NERI E <strong>STRINGHE</strong>………………………………………………………………23


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1. WORMHOLE DISTRUTTIVO FORMATO DA UN BUCO NERO<br />

CONNESSO AD UN BUCO BIANCO<br />

Un buco nero supermassiccio è un buco nero, con una massa milioni o miliardi di volte superiore a<br />

quella del nostro Sole. Si ritiene che quasi tutte le galassie, inclusa la nostra Via Lattea, contengano un<br />

buco nero supermassiccio al loro interno.<br />

Se immaginiamo che da una parte, al di fuori dell'orizzonte degli eventi del buco nero, ci sia una<br />

galassia A e dalla parte opposta ci sia un'altra galassia B, formata però da antimateria e situata fuori<br />

dall'orizzonte degli eventi del buco bianco, possiamo ipotizzare molte cose.<br />

In questo caso si tratta di un wormhole “distruttivo” a differenza dei wormhole formati invece da 2<br />

buchi neri alle estremità oppure da wormhole formati da 2 buchi bianchi alle estremità.<br />

II punto all'interno del wormhole è un punto di singolarità spazio-temporale.<br />

In questo punto tutta la materia della galassia A cadrà all'interno del proprio buco nero.<br />

Come modellino in scala possiamo pensare ad una vasca gigante colma d'acqua e con un piccolissimo<br />

scarico dove fuoriesce pian pianino l'acqua, simile al buco nero che inghiotte tutto quello che entra:<br />

materia e luce.<br />

La stessa cosa si verifica per la galassia B dove la sua “antimateria” cadrà all'interno del proprio buco<br />

bianco.<br />

All'impatto, ovvero, all'interno del wormhole dove è situato il punto di singolarità materia e<br />

antimateria si annichiliscono emettendo fotoni ad alta energia corrispondenti ai raggi gamma, che si<br />

osservano anche nella nostra Via Lattea.<br />

Questo spiegherebbe anche come nella teoria del Big bang, nell'universo iniziale materia e antimateria<br />

dovevano essere presenti in proporzioni uguali e di conseguenza con la creazione dei wormhole non<br />

hanno dato luogo ad un immediato processo di annichilazione che avrebbe dovuto fare scomparire<br />

l'intero universo neoformato.<br />

Quindi materia e antimateria sarebbero di nuovo presenti in quantità uguali divise da un wormhole<br />

senza possibilità di autodistruzione.<br />

Un'altra conseguenza che concerne il buco nero supermassiccio o buco bianco supermassiccio per<br />

l'altra galassia, e che è completamente irrilevante quale delle 2 galassie sia fatta di materia o di<br />

antimateria, sono 2 galassie legate tra di loro ma che non si possono MAI toccare.<br />

Questa configurazione galassia A – wormhole – galassia B è un sistema stabile che sta in piedi da solo,<br />

ovvero le forze gravitazionali dell'intero sistema fanno sì che il sistema non ha bisogno di un'altra<br />

galassia e quindi di altra massa per essere attratta.<br />

Le forze gravitazionali della galassia A si contrappongono alle forze gravitazionali della galassia B e il<br />

wormhole è stabile.


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Sia la galassia A che la galassia B con i loro buchi supermassicci fanno anche da motore per tutte le<br />

stelle che sono contenute e che sono attratte dal centro della loro galassia, un po' come la vasca da<br />

bagno o come una cascata con la corrente che spinge l'acqua (la materia) all'interno del buco o del<br />

wormhole.


Fig. 1: Wormhole generico<br />

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Fig. 2: Wormhole formato da un buco nero e da un buco bianco<br />

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La figura 2 nel nostro modello presenta delle modifiche sostanziali e significativamente diverse.<br />

Il buco disegnato a destra è un buco bianco dove entra l'antimateria dell'altra galassia.<br />

Il buco bianco è antitetico al buco nero, poiché le leggi della fisica sono simmetriche rispetto al tempo,<br />

invece di catturare o inghiottire la materia che entra nel suo campo gravitazionale, il buco bianco<br />

emette materia e al suo interno niente può entrare..<br />

Ma se, come abbiamo ipotizzato, al di fuori del buco bianco si ha una galassia formata da antimateria<br />

questa è costretta ad essere attratta nel suo buco bianco, così come succede per l'altro capo del cunicolo<br />

spazio-temporale wormhole.<br />

L'impatto della materia e dell'antimateria all'interno del cunicolo è tale che si ha una completa<br />

autodistruzione della materia e dell'antimateria.<br />

Le 2 galassie non sono quindi raggiungibili attraverso il wormhole.<br />

Si tratta di 2 universi-isola separati che non sono raggiungibili in nessun modo.<br />

La teoria secondo le quali entrando in un buco nero si uscirebbe da un buco bianco in una regione<br />

dell'universo diversa nello spazio e, forse, anche nel tempo, da quella del buco nero stesso con questo<br />

modello non è possibile e non ha senso.<br />

Si eliminano anche i paradossi dei viaggi in un tempo passato.<br />

Con questo modello, siccome la materia che entra in un buco nero tende ad accumularsi in<br />

continuazione, ad addensarsi ed a creare una massa sempre più grande, la forza di gravità aumenta a<br />

dismisura e di conseguenza aumenta anche l'energia che tiene uniti gli atomi, la pressione e la<br />

temperatura andrebbero a valori inusuali, ma questo ora non è più possibile in quanto la materia viene<br />

annichilita dall'antimateria e viceversa.<br />

Ricordiamoci che i raggi gamma nello spettro elettromagnetico sono fotoni con la massima energia,<br />

massima frequenza superiore ai 300 EHz (Exahertz) e lunghezza d’onda minore inferiore al pm<br />

(picometro) ovvero particelle dell’ordine dei nuclei atomici.<br />

Dalla formula E = hf abbiamo i valori massimi di energia e temperature superiori ai 10.000.000 °C.<br />

Sappiamo che nelle galassie buona parte dell'energia, viene emessa verso l'esterno lungo un doppio<br />

getto che si diparte dal nucleo galattico.<br />

In circa il 10% delle galassie attive è presente un doppio getto che si estende in direzioni<br />

diametralmente opposte dal nucleo ad una velocità simile a quella della luce.<br />

Il meccanismo con cui si originano questi 2 getti potrebbe proprio essere spiegato dalla potentissima<br />

energia emessa dai raggi gamma dove un getto fuoriesce dal buco nero mentre l’altro getto fuoriesce<br />

dal buco bianco.


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In questo caso bisogna però supporre che le 2 galassie, una di materia e l’altra di antimateria devono<br />

essere abbastanza vicine, ovvero che il cunicolo del wormhole sia breve.<br />

Siccome nel restante 90% delle galassie attive non è presente questo fenomeno le 2 galassie sono<br />

molto lontane, in quanto il secondo getto non si vede da Terra.<br />

Un getto è comunque sempre visibile e ciò conferma la grandissima visibilità che si ha nel nucleo<br />

centrale della galassia tipico anche dei quasar e dei blazar.


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2. PROBLEMA DELLA VELOCITÀ DELLE STELLE IN UNA<br />

GALASSIA<br />

Attualmente si crede che in molte galassie, la distribuzione della massa in una galassia fa sì che la<br />

velocità orbitale della gran parte delle stelle attorno al centro galattico non dipenda necessariamente<br />

dalla loro distanza dal centro.<br />

Mentre fuori dalle regioni del “buldge” o “core” della galassia, la velocità tipica è compresa fra 210 e<br />

240 km/s. e pertanto, il tipico periodo orbitale di una stella è direttamente proporzionale alla lunghezza<br />

della traiettoria percorsa e quindi valgono le leggi di Keplero.<br />

Nel core o nel nucleo si sono osservate stelle con velocità superiori a 10.000 km/s.<br />

Prendendo come modellino un’enorme vasca piena di acqua con un minuscolo scarico, l’acqua nelle<br />

vicinanze dello scarico gira in maniera vorticosa, secondo la forza di Coriolis per poi scivolare nello<br />

scarico.<br />

Questo è esattamente ciò che accade vicino al buco nero supermassiccio dove l’enorme forza di gravità<br />

fa ruotare a velocità sempre maggiori le stelle nelle sue vicinanze fino a quando poi non “cadono” al<br />

suo interno per essere ingurgitate e successivamente annichilite.<br />

Vale quindi sempre la legge di gravitazione di Newton e in questo caso non è il caso di scomodare la<br />

presenza di materia oscura.<br />

Anche il modello della vasca da bagno con scarico ben si adatta al "problema dell'attorcigliamento"<br />

delle galassie a spirale: se si suppone infatti che le parti più interne dei bracci di spirale ruotino più<br />

lentamente delle parti esterne, la Via Lattea si dovrebbe "attorcigliare" così tanto che la struttura a<br />

spirale ne verrebbe staccata. Questo scenario è in realtà l'opposto di quanto si osserva nella galassie<br />

spirali; per questo motivo gli astronomi suppongono che i bracci di spirale si formino come risultato di<br />

un'onda emanata dal centro galattico e quindi dal buco nero supermassiccio che tutto ingurgita.


3. FORMA DELL’<strong>UNIVERSO</strong><br />

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Se ora consideriamo che le galassie sono tutte unite dai wormhole possiamo affermare che le galassie<br />

dell'Universo sono legate gravitazionalmente in strutture gerarchiche di ammassi, che ricalcano un po’<br />

φ = 5 + 1 / .)<br />

la forma di un frattale (e qui entra in scena il rapporto aureo ( ) 2<br />

Questi ammassi, che contengono diverse migliaia di galassie concentrate in un'area di pochi<br />

megaparsec (1Mpc = un milione di parsec), sono spesso dominati da una singola galassia ellittica<br />

gigante e più brillante delle altre, che col tempo disgrega le sue galassie satelliti a causa della sua<br />

grande forza di marea, un effetto secondario della forza gravitazionale che segue la legge dell'inverso<br />

della distanza al cubo e perciò sono di valori immensi vicino ai buchi neri dove la distanza è<br />

piccolissima in rapporto.<br />

Se aumentiamo la scala, gli ammassi e le associazioni, spesso insieme ad alcune galassie singole, sono<br />

a loro volta raggruppati in superammassi di galassie, che contengono decine di migliaia di galassie. Al<br />

livello dei superammassi le galassie sono disposte all'interno di vaste superfici e filamenti, che sono<br />

circondati da vaste aree vuote.<br />

Questi filamenti che sono una delle strutture più grandi dell’Universo, sono forme che somigliano a<br />

stringhe con una lunghezza tipica da 200 a 500 milioni di anni luce.<br />

Allora la maggior parte della materia visibile nell'universo si raccoglie in galassie, che a loro volta si<br />

aggregano in ammassi che possono contenere da 10 13 a 10 16 masse solari. Successivamente questi si<br />

associano per formare gruppi più grandi, i superammassi, che risultano essere i maggiori elementi<br />

visibili dell'universo, fino a raggiungere grandezze dell'ordine di decine di milioni di parsec.<br />

Questi superammassi sono collegati da filamenti luminosi di galassie, che separano zone scure di spazi<br />

vuoti che hanno dimensioni di decine di milioni di parsec. Nel loro insieme, i superammassi e i<br />

filamenti che li collegano fanno parte di un'unica struttura filamentosa, cioè di un unico filamento.<br />

Tutti questi elementi sono disposti in modo tale da disegnare una specie di forma a groviera o a<br />

spugna.<br />

Ma se tutte le galassie sono unite dai wormhole, si ha una rete cosmica costituita da galassie di<br />

materia ed antimateria.<br />

Nella figura 2 si hanno quindi più buchi neri e bianchi legati rispettivamente ad altri corrispettivi buchi<br />

bianchi e neri con tanti cunicoli che sono legati tra di loro, ovvero non esiste solo un cunicolo come in


11<br />

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figura ma diversi cunicoli che sfociano in altre galassie che sono quindi tutte legate gravitazionalmente<br />

tra di loro.<br />

Sono quindi possibili wormhole con le 2 estremità formate da 2 buchi neri con 2 galassie di<br />

materia, quelle formate da 2 buchi bianchi con 2 galassie di antimateria o quelli distruttivi<br />

formati da un buco nero e da un buco bianco e rispettivamente con una galassia di materia e<br />

l’altra di antimateria.<br />

Possiamo per analogia e per semplicità considerare come modello l’intero universo ad un immenso<br />

cervello, dove le cellule nervose dei neuroni sono le galassie, gli assoni i cunicoli uscenti dei<br />

wormhole e i dendriti le entrate dei buchi neri/bianchi che sono all’estremità dei cunicoli.<br />

Questa rete neurale è quindi simile alla rete cosmica a larga scala ed è in continua evoluzione<br />

dinamica.<br />

Nell’universo, ricordiamoci, come nella vita non c’è nulla di statico.<br />

Nell'universo osservabile sono presenti probabilmente più di 100 miliardi di galassie; gran parte di<br />

esse ha un diametro compreso fra 1000 e 100.000 parsec e sono di solito separate da distanze<br />

dell'ordine di milioni di parsec (megaparsec, Mpc).<br />

Incredibilmente il numero di circa 100 miliardi di galassie si avvicina al numero di neuroni in un<br />

cervello umano!<br />

Se queste sono le distanze tra le galassie i cunicoli che li uniscono devono avere queste distanze di<br />

milioni di parsec.<br />

La maggior parte delle galassie sono quindi disposte nell'Universo organizzate secondo precise<br />

gerarchie associative, dalle più piccole associazioni, formate da alcune galassie, agli ammassi, ai più<br />

imponenti superammassi galattici.<br />

Queste grandi strutture sono di solito disposte all'interno di enormi filamenti, che circondano immensi<br />

vuoti dell'universo.


4. TEMPO RELATIVISTICO IN UN WORMHOLE<br />

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All'orizzonte degli eventi, per la relatività generale il tempo proprio di un osservatore in caduta libera<br />

appare più lento all'aumentare del campo gravitazionale fino quasi ad arrestarsi completamente<br />

sull'orizzonte. Quindi un astronauta che stesse precipitando verso un buco nero percepirebbe di<br />

impiegare un tempo quasi infinito e, se potesse sopravvivere all'enorme gradiente, ovvero per<br />

descrivere le variazioni intensissime del campo gravitazionale, non percepirebbe nulla di strano<br />

all'avvicinarsi dell'orizzonte; al contrario un osservatore esterno vedrebbe i movimenti dello sfortunato<br />

astronauta rallentare progressivamente fino quasi ad arrestarsi del tutto quando raggiunge il raggio di<br />

Schwarzschild, che è il raggio di apertura del buco nero fino all’orizzonte degli eventi, e che è<br />

direttamente proporzionale alla massa del buco nero.<br />

Al contrario degli oggetti dotati di massa, i fotoni privi di massa non vengono rallentati o accelerati dal<br />

campo gravitazionale del buco nero, ma subiscono un fortissimo spostamento verso il rosso se sono in<br />

uscita o verso il blu se sono in entrata al buco nero.<br />

Dalle formule relativistiche di Lorentz sappiamo che all’aumentare della velocità di un oggetto o<br />

all’aumentare del campo gravitazionale, come nel caso dei buchi neri o bianchi se consideriamo<br />

l’antimateria abbiamo che, per un osservatore esterno si ha:<br />

• la massa o equivalentemente l’energia dell’oggetto aumenta (E = m 2<br />

c )<br />

• le dimensioni spaziali dell’oggetto si accorciano<br />

• il tempo proprio dell’oggetto si allunga<br />

Siccome a velocità della luce c non può arrivare nessun oggetto dotato di massa, ad eccezione dei<br />

fotoni che sono però privi di massa e viaggiano proprio a velocità costante c, tutti e 3 i parametri di<br />

prima non danno mai valori infiniti.<br />

Questo vale anche per il campo gravitazionale dove si ha la deformazione o curvatura dello spaziotempo<br />

perché non esiste un campo gravitazionale infinito.<br />

Anche nella curvatura dello spazio-tempo non c’è mai una spaccatura che comporterebbe un valore<br />

infinito di gravità.<br />

Il buco nero è solo una specie di imbuto del tessuto spazio-temporale e non dà origine a nessuna<br />

spaccatura perché il cunicolo lo collega ad un altro buco nero/bianco.<br />

Il fatto che i 3 parametri considerati prima di massa, dimensione e tempo non diano valori infiniti ben<br />

si adatta a tutte le formule di fisica e quindi della natura.<br />

Non ci sono singolarità.


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Se per ipotesi esistessero valori infiniti ad esempio un oggetto con massa infinita, dimensioni spaziali<br />

zero e tempo proprio infinito quest’oggetto sarebbe immortale, senza corpo ovvero uno spirito, ma ciò<br />

nel mondo reale con i nostri limiti e le nostre formule fisiche ma sempre finite è assolutamente<br />

impossibile!<br />

Questa singolarità può essere stata il Big Bang che ha originato tutto il nostro universo e il tessuto<br />

spazio-tempo.<br />

In questo modello col Big Bang ha origine lo spazio e contemporaneamente anche il tempo.


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5. <strong>UNIVERSO</strong> FORMATO DAL TESSUTO SPAZIO-TEMPO: IL<br />

VUOTO CHE NON È’ VUOTO<br />

Dobbiamo immaginarci che la curvatura dello spazio-tempo provocato dalle masse non è solo un<br />

tessuto su un piano come disegnato nella figura seguente:<br />

Fig. 3


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Supponiamo di avere una sfera che si sta espandendo, da quando è scoppiato il Big Bang, e dove le<br />

masse delle stelle, dei pianeti e di tutti i corpi celesti sono ovviamente all’interno e sono parte<br />

integrante dello spazio-tempo.<br />

La curvatura esiste perché tutto il tessuto spazio-temporale fa da “sostegno” per tutte le masse<br />

all’interno dell’universo o dell’universo tessuto spazio-temporale.<br />

Il tessuto spazio-temporale è quindi il vuoto dove vale la legge di gravitazione universale, ma questo<br />

senza il “sostegno” dato dalla sfera o dal volume spazio-temporale che permea tutti gli oggetti, non<br />

permetterebbe di far ruotare su orbite ellittiche i pianeti, le stelle e tutti gli altri oggetti celesti.<br />

Il movimento stesso della Terra attorno al nostro Sole è sì governato dalla legge di gravitazione<br />

universale:<br />

F =<br />

GMm<br />

r2<br />

Ma le orbite quasi circolari e complanari dei pianeti attorno al Sole sono dovute proprio perché esiste<br />

questo “sostegno” dato dal tessuto spazio-tempo.<br />

Possiamo immaginare come dei “solchi” le traiettorie dei pianeti attorno al Sole.<br />

Questi solchi derivano dalle masse dei pianeti che incurvano “sopra e sotto” (il “”sopra” nella fig. 3<br />

non è disegnato) il tessuto spazio-temporale e che banalmente non possono finire quindi fuori orbita!<br />

Se qualche “solco” non è complanare, come l’orbita di Plutone, è semplicemente dovuto al fatto che la<br />

sua massa è talmente piccola e la sua distanza dal Sole talmente elevata che l’orbita risulta inclinata<br />

rispetto al piano dell’eclittica di 17° gradi.<br />

Ovviamente anche Plutone con il suo “solco” un po’ inclinato non può finire fuori pista.<br />

Anche la precessione o avanzamento del perielio del pianeta Mercurio attorno al Sole, ben spiegato<br />

dalla relatività generale, è semplicemente spiegato dal tessuto spazio-tempo che deforma un po’ il<br />

solco scavato dal pianeta essendo quello più vicino al Sole che lo perturba un po’.<br />

Questa configurazione di oggetti celesti con orbite quasi complanari si applica anche alla galassie,<br />

dove tutti i corpi orbitano al buco nero supermassiccio e la loro tipica forma è dovuta al tessuto spaziotemporale<br />

in cui sono incastrate che le rende simili a dei dischi appiattiti con il nucleo al centro un<br />

po’ più grande delle regioni periferiche.<br />

Si badi bene che il tessuto spazio-temporale in continua espansione dallo scoppio del Big Bang e che<br />

permea è proprio tutto l’universo così come lo vediamo.


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Questo tessuto spazio-temporale è ovviamente il vuoto ma, secondo quanto descritto, è più giusto<br />

chiamarlo con il primo termine.<br />

Come modello di riferimento possiamo prendere l’acqua dove l’oceano e’ il tessuto spazio-temporale e<br />

dove tutto “galleggia” molto bene e non sprofonda!


6. LA LUCE<br />

17<br />

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Nel nostro modello allo scoppio del Big Bang, che come abbiamo visto era l’unico punto di<br />

singolarità, si è originato il tessuto spazio-temporale che si sta espandendo e che è l’universo stesso.<br />

Ma la luce o meglio le radiazioni elettromagnetiche come nascono?<br />

Se consideriamo la luce perché è l’unica radiazione per noi visibile che è solo una piccolissima<br />

dell’intero spettro elettromagnetico, questa si origina proprio dal Big Bang.<br />

Ma vediamo come.<br />

In “principio” allo scoppio del Big Bang questo punto di singolarità presenta massa e tempo infiniti e<br />

dimensione zero per la celeberrima equazioone di Einstein:<br />

E = m 2<br />

c<br />

E quindi anche l’energia “in principio” era infinita.<br />

Da questa energia infinita che è il motore dell’universo si originano tutte le onde elettromagnetiche che<br />

si propagano all’interno del tessuto spazio-temporale e nasce così la nostra beneamata luce!<br />

Ma perché le onde elettromagnetiche viaggiano nel vuoto o meglio nel tessuto spazio-temporale a<br />

velocità costante c = 300.000 km/s?<br />

c =<br />

o o<br />

ε μ1<br />

Dalla legge già conosciuta abbiamo un’ulteriore validità di questa ipotesi.<br />

In questa formula µ0 e ε0 sono rispettivamente la permittività elettrica del vuoto e la permeabilità<br />

magnetica del vuoto.<br />

Ricordiamoci che il vuoto è il tessuto spazio-temporale.<br />

La permittività elettrica del tessuto spazio-temporale è una costante inversamente proporzionale alla<br />

forza elettrica tra 2 cariche elettriche (per gli isolanti la forza elettrica è minore perché ε = ε0 εr è<br />

maggiore e dove εr è un numero che dipende dall’isolante).<br />

La permeabilità magnetica del tessuto spazio-temporale è un parametro che esprime l'attitudine di una<br />

sostanza a lasciarsi magnetizzare.<br />

E’ l’analogo di prima ma per i campi magnetici.


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Ciò si adatta alle radiazioni elettromagnetiche dotate di un campo elettrico e di un campo magnetico<br />

ortogonali tra di loro e dal vettore di propagazione delle onde sempre ortogonale tra di loro a formare<br />

il cosiddetto vettore di Poynting.<br />

E’ per questo motivo che la velocità della luce è INTRINSECA al tessuto spazio-temporale in cui<br />

è immersa e vale proprio c.<br />

Nulla può andare più veloce della luce o delle onde elettromagnetiche (quindi della velocità c) perché<br />

sono costituite da fotoni privi di massa.<br />

Tutti i corpi o gli oggetti celesti fatti di materia non possono assolutamente superare questo limite<br />

perché come abbiamo visto potrebbero dare origine ad un altro Big Bang!<br />

E quindi la velocità c è quella massima consentita dalle leggi fisiche.<br />

In altre parole la velocità della luce quando passa attraverso una sostanza trasparente, come l'aria,<br />

l'acqua o il vetro, la sua velocità c si riduce a v=c/n (dove n è il valore dell'indice di rifrazione del<br />

mezzo) ed è sottoposta a rifrazione.<br />

Abbiamo n = 1 nel vuoto e n > 1 nella materia. L'indice di rifrazione dell'aria di fatto è molto vicino a<br />

1 e quindi sulla Terra la velocità è di pochissimo inferiore a c.


7. MATERIA OSCURA NON NECESSARIA<br />

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Se il tessuto spazio-temporale originatosi dal punto di singolarità del Big Bang rappresenta l’universo<br />

in espansione non è il caso di scomodare la presenza di questa materia, che come dice il nome stesso,<br />

non si è mai vista.<br />

Le galassie, oltre a formarsi, si mantengono integre anche se la materia visibile, composta da barioni<br />

che sono una famiglia di particelle composte da tre quark, non può sviluppare abbastanza gravità per<br />

tale scopo.<br />

Questo però si spiega come avevamo già visto nei paragrafi precedenti, con il tessuto spazio-temporale<br />

che “sostiene” e che tiene compatta e unita la galassia, incastrata al suo interno.<br />

Ricordiamoci che nel punto di singolarità la massa o equivalentemente l’energia era infinita.<br />

Questa energia è stata espulsa al momento dello scoppio del Big Bang.<br />

Siccome la temperatura è direttamente proporzionale alla quarta potenza della temperatura, si aveva<br />

“in principio” anche una temperatura infinita.<br />

La formula è la seguente:<br />

E = εσ 4<br />

T<br />

dove ε è l’emissività compresa fra i valori 0 (per i corpi idealmente bianchi) e 1 (per i corpi idealmente<br />

neri) e σ è la costante di Stefan-Boltzmann.<br />

Si sono così formati, nel tempo, tutti gli oggetti celesti che vediamo nel nostro universo.<br />

E’ quindi dall’energia che è stata iniettata dal Big Bang che si sono originate dapprima le onde<br />

elettromagnetiche a temperatura altissima come i raggi gamma e raggi x con le loro tipiche<br />

frequenze f date dalla seguente formula:<br />

E = hf<br />

In un tempo successivo, quando la temperatura è iniziata a scendere si è formata la massa.<br />

Questa massa è da intendersi all’inizio come massa elettromagnetica dove le onde<br />

elettromagnetiche a causa dell’abbassamento di temperatura hanno dato origine a questa massa.<br />

Se diminuisce la temperatura le onde elettromagnetiche dotate di un campo elettrico E e di un<br />

campo magnetico B le cariche elettriche essendo in continuo moto con il campo da esse stesse<br />

generato, si genera così un’interazione e la nascita di una massa inerziale.


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Vediamo come:<br />

Si ha anche in questo caso come per il vettore di Poynting la creazione di 3 vettori tutti perpendicolari<br />

tra di loro.<br />

Il 1° vettore è la velocità di propagazione<br />

Il 2° vettore è la massa elettromagnetica<br />

Il 3° vettore perpendicolare agli altri 2 ed è quello che rappresenta la massa non-elettromagnetica.<br />

Il 3° vettore di massa non-elettromagnetica si riconduce alla massa inerziale se il corpo è scarico.<br />

La massa inerziale di un corpo deriva perciò dall’abbassamento di temperatura con la creazione<br />

di cariche elettromagnetiche che interagiscono tra di loro attraverso i campi elettrici e magnetici<br />

da loro stesse generate.<br />

Si creano quindi 2 masse, una elettromagnetica, e l’altra che è la massa inerziale di Newton come<br />

la intendiamo noi.<br />

Una volta creata la massa inerziale si ha la creazione della materia con atomi, quark.<br />

Massa inerziale e materia sono perciò concetti equivalenti, con la massa che si incastra nel<br />

tessuto spazio-temporale.<br />

E’ molto probabile che lo spazio dalla singolarità in cui aveva dimensione zero si espanda, insieme al<br />

tempo, in una sfera di raggio “quasi infinito” e che il tempo invece abbia iniziato dal valore infinito<br />

della singolarità un count-down verso il “quasi zero”.<br />

Anche la temperatura come l’energia dai valori infiniti stanno decrescendo verso valori di zero.<br />

Il temine “quasi” è qui utilizzato perché nel nostro universo non possono esserci valori infiniti o<br />

raggiungimento dei limiti imposti dalla natura.<br />

Non sono MAI possibili valori estremi!<br />

Nella natura fisica delle leggi, in altre parole, non si ha mai una circonferenza perfetta e il numero<br />

trascendente π lo dimostra.<br />

Non si raggiunge neanche il valore di temperatura assoluta dello zero gradi Kelvin (-273,16°C) e<br />

quindi neanche i limiti sono raggiungibili.<br />

Insomma la perfezione non esiste!<br />

Tutte le leggi fisiche sono equazioni matematiche che sono solo approssimazioni della realtà<br />

fisica della Natura di tutto ciò che è all’interno dell’universo e che a rigor di logica non<br />

dovrebbero avere il segno di uguale = ma solo di circa uguale ≈<br />

Non esiste quindi massa mancante e non che questa materia non emetta alcuna radiazione<br />

elettromagnetica.<br />

Si tratta solo di formule di fisica che sono delle approssimazioni e ciò che conta veramente è proprio<br />

l’espansione del tessuto spazio-tempo con cui è costruito l’universo dalla sua nascita.


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8. DIMENSIONI DELL’<strong>UNIVERSO</strong><br />

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Edwin Hubble dimostrò che tutte le galassie e gli oggetti astronomici distanti si stanno allontanando<br />

l'uno dall'altro, come previsto dall'espansione cosmica. Calcolando lo spostamento verso il rosso dei<br />

loro spettri elettromagnetici per determinare la distanza e la velocità di tali oggetti, egli mostrò che<br />

tutti gli oggetti si stanno allontanando tra loro e che la loro velocità è proporzionale alla distanza,<br />

caratteristica di un'espansione metrica spaziale. Ulteriori studi hanno mostrato che l'espansione è<br />

isotropa e omogenea, cioè sembra non avere un punto privilegiato come "centro" dell'espansione, ma<br />

appare universale e indipendente da ogni punto "centrale" fissato.<br />

La distribuzione isotropa nel cosmo dei lampi o raggi gamma dei wormhole distruttivi e delle<br />

supernovae è una conferma del principio cosmologico, ovvero l'universo appare uguale in tutte le<br />

direzioni (cioè è isotropo) e ha all'incirca le stesse proprietà in ogni punto (cioè è omogeneo)..<br />

Il principio di Copernico ovvero nessuna posizione nell'universo è privilegiata, cioè l'universo non ha<br />

un "punto di partenza", non è stato verificato direttamente su scala cosmologica finché non sono stati<br />

misurati gli effetti della radiazione cosmica di fondo sulla dinamica dei sistemi astronomici più<br />

distanti.<br />

La radiazione di fondo è la radiazione elettromagnetica residua prodotta dal Big Bang che permea<br />

l'universo.<br />

Nonostante lo spazio tra stelle e galassie appaia nero con un telescopio ottico tradizionale, tramite<br />

invece un radiotelescopio è possibile rilevare una debole radiazione isotropa di fondo in tutte le<br />

direzioni che non è associata ad alcuna stella, galassia, o altro corpo celeste. Tale radiazione cosmica<br />

ha intensità maggiore nella regione delle microonde dello spettro elettromagnetico.<br />

Se assumiamo come vera l’ipotesi del Big Bang la radiazione era più calda in tempi passati. Il<br />

raffreddamento uniforme della radiazione di fondo avvenuto in miliardi di anni è spiegabile se<br />

l'universo sta attraversando una fase di espansione metrica.<br />

Ad oggi non è stata data una risposta definitiva sulla dimensione dell'universo, né sulla questione della<br />

sua finitezza o infinitezza. Le conoscenze ad oggi disponibili, derivate da osservazioni e analisi<br />

scientifica, postulano un universo finito ed in espansione.


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Se l'universo non fosse stato in continua espansione progressiva, il suo raggio misurerebbe esattamente<br />

la sua età, cioè il suo orizzonte sarebbe a 13,7 miliardi di anni luce; la distanza effettiva di questo<br />

orizzonte è più grande, perché nel tempo trascorso affinché la luce possa arrivare fino all'osservatore,<br />

questa distanza ha continuato ad aumentare linearmente. Si potrebbe stimare che ipoteticamente se<br />

questa recessione fosse a velocità media costante, lo spazio si potrebbe essere espanso per circa 47<br />

miliardi di anni luce (4,7×10 23 km). Questo comporterebbe eventualmente un diametro,<br />

dall'osservatore, di 93 miliardi di anni luce, il volume di un tale spazio sarebbe di 5×10 32 anni luce<br />

cubici (immaginando una regione sferica); queste dimensioni potrebbero contenere circa 7×10 22 stelle,<br />

organizzate in circa 10 11 galassie (cento miliardi), agglomerate, come abbiamo visto, in gruppi,<br />

ammassi di galassie e superammassi.<br />

Per quanto riguarda la parte osservabile dell’universo, va notato che per le zone più distanti<br />

dall'osservazione la recessione avviene a velocità superluminali e la velocità di espansione, poiché in<br />

costante accelerazione, non permette alla luce degli oggetti che si trovino oltre la distanza di Hubble di<br />

raggiungerci, poiché lo spazio si dilata più velocemente della luce, che non potrà mai raggiungere<br />

l'osservatore, creando un orizzonte degli eventi di un buco nero; se si aggiunge la relazione tra spazio e<br />

tempo ad oggi considerata valida e la fenomenologia dei buchi neri, in tale orizzonte dell'universo, una<br />

stella o particella avvicinandosi al limite, apparirà all'osservatore rallentare, fino ad arrestarsi dopo un<br />

tempo quasi infinito sull'orizzonte dove il tempo è quasi zero.<br />

Attualmente si pone l'orizzonte dell'universo a circa 16 miliardi di anni luce, che comunque poco si<br />

discosta dall’età presunta dell’universo di 13,7 miliardi di anni luce.<br />

9. <strong>UNIVERSO</strong> OLOGRAFICO, BUCHI NERI E <strong>STRINGHE</strong><br />

(Contributo di Michele <strong>Nardelli</strong>)<br />

Riguardo alla tesi di un Universo inteso come una sorta di ologramma è utile soffermarci sugli studi<br />

condotti da alcuni teorici di stringa sui buchi neri. Essendo la teoria delle stringhe una buona candidata<br />

a teoria del tutto, quello che viene descritto per i buchi neri può essere benissimo usato per una<br />

maggiore comprensione dell’Universo olografico. Questo tenendo presente anche che l’opposto di<br />

ogni buco nero (praticamente un “buco bianco”) può benissimo rappresentare il “seme” di un nuovo<br />

Universo nell’ambito di una teoria che concerne un Multiverso Ciclico.<br />

Secondo la proposta del fisico teorico G. ‘t Hooft: lo spettro di particelle non finisce alla massa di<br />

Planck. Continua con masse indefinitamente grandi che prendono la forma di buchi neri. I buchi neri,<br />

come accade per le particelle ordinarie, possono assumere solo valori discreti di massa. Questi valori<br />

permessi diventano tuttavia talmente densi e fitti, al di sopra della massa di Planck, da costituire<br />

praticamente una banda sfumata. Secondo la congettura di ‘t Hooft, molto probabilmente lo spettro<br />

delle eccitazioni di stringa sfuma in quello dei buchi neri più o meno in corrispondenza della massa di<br />

Planck, ma senza una separazione netta.


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Supponiamo adesso che il fotone sia una cordicella e “scuotiamolo” o “colpiamolo” con altre stringhe.<br />

Proprio come un piccolo elastico, il fotone comincerebbe a “vibrare”, “ruotare” ed “allungarsi”. Se gli<br />

si fornisce abbastanza energia, comincerà a somigliare ad un gigantesco “garbuglio”, un “gomitolo” di<br />

filo. In questo caso non si tratta di tremori quantistici, ma di tremori termici. Queste cordicelle<br />

aggrovigliate ed eccitate somigliano molto a buchi neri: questi, infatti, possono essere in realtà<br />

nient’altro che giganteschi gomitoli di spago (stringa) casualmente intrecciati.<br />

La massa di una stringa lunga ed intricata può diminuire per azione della gravità e non risultare più<br />

proporzionale alla lunghezza, una volta che si tiene conto correttamente degli effetti gravitazionali. Il<br />

gigantesco gomitolo di corda può contrarsi in una sfera sempre più compatta: il gomitolo rimpicciolito<br />

avrebbe anche una massa più piccola di quella di partenza.<br />

Quindi, la massa ed il raggio del gomitolo cambiano, ma che ne è dell’entropia? L’entropia è<br />

precisamente ciò che non varia. Se un sistema viene modificato lentamente, la sua energia può<br />

cambiare (in genere cambia), ma la sua entropia rimane esattamente la stessa. Questo teorema, basilare<br />

tanto in meccanica classica quanto in meccanica quantistica, si chiama teorema adiabatico.<br />

Prendiamo un grosso garbuglio di stringhe e cominciamo con annullare la gravità. Senza gravità la<br />

stringa non somiglia ad un buco nero, ma ha un’entropia ed una massa. Ora aumentiamo lentamente<br />

l’intensità della forza di gravità. I vari segmenti di stringa iniziano ad attrarsi vicendevolmente, ed il<br />

gomitolo di stringa si comprime. Continuiamo ad aumentare la gravità finchè la stringa diventa tanto<br />

compatta da formare un buco nero: la massa ed il raggio si sono ridotti, ma l’entropia è rimasta<br />

invariata. Contraendosi e trasformandosi in un buco nero il gomitolo di stringa cambia massa<br />

esattamente nel modo giusto, portando entropia e massa nella giusta relazione: l’entropia è<br />

proporzionale al quadrato della massa di un buco nero.<br />

L’immagine dell’orizzonte degli eventi che emerge è quindi un groviglio di stringa appiattito<br />

sull’orizzonte della gravità. Ma le fluttuazioni quantiche fanno sì che alcune porzioni di stringa<br />

sporgano un poco, e questi pezzettini rappresentano gli atomi d’orizzonte. Un osservatore esterno<br />

vedrebbe pezzetti di stringa, ciascuno con le due estremità saldamente fissate all’orizzonte. Nel<br />

linguaggio della teoria delle stringhe, gli atomi d’orizzonte sono stringhe aperte (dotate di estremità)<br />

attaccate ad una sorta di membrana. Questi pezzetti di stringa possono sganciarsi dall’orizzonte, e<br />

questo spiegherebbe l’irraggiamento e l’evaporazione di un buco nero. Quindi John Wheeler si<br />

sbagliava: i buchi neri sono ricoperti di peli, cioè caratteristiche osservabili come “gobbe” o altre<br />

irregolarità (in questo caso i pezzettini di stringa attaccati alla membrana).<br />

Le stringhe fondamentali possono attraversarsi a vicenda. Quando le stringhe si toccano può anche<br />

accadere che, invece di attraversarsi, le due stringhe possono “ricombinarsi”. Quale delle due<br />

possibilità si verifica quando si incrociano le stringhe? A volte una, a volte l’altra. Le stringhe<br />

potrebbero attraversarsi il 90% dei casi, e ricombinarsi il rimanente 10%. La probabilità di<br />

ricombinazione è detta costante di accoppiamento delle stringhe.<br />

Adesso concentriamoci su una piccola porzione di stringa sporgente dall’orizzonte di un buco nero. Il<br />

segmento di stringa è ritorto, e due pezzi stanno per incrociarsi: il 90% delle volte si attraverseranno<br />

senza che accada nulla, ma nel 10% dei casi la stringa si ricombina. Quando questo accade, si verifica<br />

un fenomeno nuovo: si libera un piccolo anello di stringa. Quel pezzettino di stringa chiusa è una<br />

particella (un fotone, un gravitone, o una qualunque altra particella). Essendo all’esterno del buco nero,<br />

ha la possibilità di sfuggire; quando questo accade, il buco nero perde un po’ di energia. Ecco come la<br />

teoria delle stringhe spiega la radiazione di Hawking.


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La parola brana è un’invenzione della teoria delle stringhe; tale termine deriva da membrana, parola di<br />

uso comune con cui si indica una superficie bidimensionale che si può deformare e stirare. Una Dbrana<br />

(dove D sta per Dirichlet) non è una brana qualsiasi, ma ha una proprietà molto speciale, cioè il<br />

fatto che su di essa possono giacere le estremità delle stringhe fondamentali. Prendiamo il caso di una<br />

D0-brana. La D significa che si tratta di una D-brana, lo zero significa che non ha dimensioni. Una D0brana<br />

è quindi una particella su cui possono terminare le stringhe fondamentali. Le D1-brane sono<br />

spesso chiamate D-stringhe. Questo perché la D1-brana, essendo filiforme, è essa stessa una specie di<br />

stringa, anche se non deve essere confusa con le stringhe fondamentali. Tipicamente le D-stringhe<br />

sono molto più pesanti delle stringhe fondamentali. Esistono potenti simmetrie matematiche, chiamate<br />

dualità, che collegano le stringhe fondamentali alle D-stringhe. Queste dualità rivestono ruoli<br />

importanti in molti settori della matematica pura. Le D2-brane sono membrane simili a fogli di<br />

gomma, a parte il fatto che su di esse possono terminare le stringhe fondamentali.<br />

Nel 1996 i due teorici di stringa Cumrun Vafa ed Andrew Strominger, combinando stringhe e D-brane<br />

riuscirono a costruire un buco nero estremale con un orizzonte degli eventi di grandi dimensioni ed<br />

inequivocabilmente classico. In quanto oggetto macroscopico classico, l’orizzonte avrebbe risentito in<br />

maniera trascurabile delle fluttuazioni quantistiche. La teoria delle stringhe avrebbe fatto bene a<br />

trovare la quantità di informazione nascosta implicata dalla formula di Hawking, senza ambigui fattori<br />

o segni di proporzionalità. Il punto di partenza era un certo numero di D5-brane espanse in cinque<br />

delle sei direzioni compatte dello spazio. Immerse in queste D5-brane i due fisici avvolsero un gran<br />

numero di D1-brane attorno ad una delle direzioni compatte. Quindi aggiunsero stringhe con entrambe<br />

le estremità attaccate alle D-brane. Ancora una volta, i pezzetti di stringa aperti rappresentavano gli<br />

atomi d’orizzonte che contengono l’entropia. Strominger a Vafa per prima cosa annullarono la gravità<br />

e le altre forze. Senza queste è possibile calcolare esattamente quanta entropia è immagazzinata nelle<br />

fluttuazioni delle stringhe aperte. Il passo successivo fu quello di risolvere le equazioni di campo di<br />

Einstein per questo tipo di buco nero estremale. Strominger e Vafa trovarono che l’area dell’orizzonte<br />

e l’entropia non erano semplicemente proporzionali: l’informazione nascosta nei fili guizzanti attaccati<br />

alle brane concordava esattamente con la formula di Hawking.<br />

Gli altri due teorici di stringa Callan e Maldacena, riuscirono ad usare la teoria delle stringhe per<br />

calcolare il tasso di evaporazione dei buchi neri quasi estremali. La spiegazione fornita dalla teoria<br />

delle stringhe al processo di evaporazione è affascinante. Quando due increspature che si muovono in<br />

direzioni opposte si scontrano, formano una singola increspatura più grande. Una volta che questa si è<br />

formata, nulla le impedisce di staccarsi (ecco l’evaporazione in termini di stringhe). Callan e<br />

Maldacena avevano calcolato in dettaglio il tasso di evaporazione ed il loro risultato era perfettamente<br />

in accordo con il metodo di Hawking. Ma c’era una differenza fondamentale: Callan e Maldacena<br />

avevano usato soltanto i metodi convenzionali della meccanica quantistica e, come è noto, la<br />

meccanica quantistica ha un elemento di aleatorietà intrinseca, ma proibisce la perdita di informazione.<br />

Pertanto non vi era alcuna possibilità che si perdesse informazione durante il processo di evaporazione.<br />

L’entropia di un buco nero si poteva spiegare con l’informazione immagazzinata in increspature di<br />

stringhe: i buchi neri potevano essere visti come “contenitori” in grado di immagazzinare informazione<br />

recuperabile.<br />

Lo spazio AdS (Anti de Sitter) è curvo e la curvatura è negativa. La famosa incisione di Escher Limite<br />

del cerchio IV è una “mappa” di uno spazio a curvatura negativa che mostra esattamente come<br />

apparirebbe una fetta bidimensionale di uno spazio AdS. Nell'incisione, le figure si alternano senza


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fine, sfumando in un bordo frattale infinito (anche qui, quindi, è presente il numero aureo Phi). Ora<br />

aggiungiamo il tempo e mettiamo tutto insieme in una figura che rappresenta uno spazio anti de Sitter.<br />

Mettiamo il tempo lungo l’asse verticale. Ciascuna sezione orizzontale rappresenta lo spazio ordinario<br />

ad un particolare istante. L’Ads si può quindi pensare come un’infinita sequenza di sottili fettine di<br />

spazio che, impilate una sull’altra, formano un continuo spaziotemporale di forma cilindrica.<br />

Immaginiamo adesso di zoomare su una regione prossima al bordo della figura in alto e di farne un<br />

ingrandimento tale da far apparire il bordo quasi rettilineo. Se semplifichiamo l’immagine sostituendo<br />

le figure scure con quadrati, l’immagine diventa una specie di reticolo fatto di quadrati sempre più<br />

piccoli man mano che ci si avvicina al bordo frattale infinito. Possiamo immaginare l’AdS come un<br />

“muro” infinito di mattoni quadrati: scendendo lungo il muro, ad ogni nuovo strato la larghezza dei<br />

mattoni raddoppia.<br />

Nel 1997, il teorico delle stringhe Maldacena sostenne che due mondi matematici che sembrano del<br />

tutto diversi sono in realtà esattamente uguali. Uno ha quattro dimensioni spaziali ed una temporale (4<br />

+ 1), mentre l’altro è (3 + 1)-dimensionale, come il mondo a cui siamo abituati. Maldacena affermò<br />

che la QCD (cromodinamica quantistica, una teoria dei campi) piatta è “duale” ad un universo anti de<br />

Sitter (3 + 1)-dimensionale. Inoltre, in questo mondo tridimensionale materia ed energia esercitano<br />

forze gravitazionali: in altre parole, un mondo a (2 + 1) dimensioni che include la QCD ma non la<br />

gravità è equivalente ad un universo a (3 + 1) dimensioni con gravità. Come può essere? Tutto sta nella<br />

distorsione dello spazio anti de Sitter, che fa sembrare gli oggetti vicini al bordo più piccoli di quelli<br />

nelle regioni più interne dello spazio. Le descrizioni duali di Maldacena erano una realizzazione del<br />

principio olografico: tutto ciò che accade all’interno dello spazio anti de Sitter “è un ologramma,<br />

un’immagine della realtà codificata su una lontana superficie bidimensionale”. Un mondo<br />

tridimensionale con gravità è equivalente ad un ologramma quantistico situato sul bordo dello spazio<br />

stesso. Il fisico teorico Edward Witten collegò la scoperta di Maldacena al principio olografico<br />

scrivendo il suo articolo “spazi anti de Sitter ed olografia”.<br />

Lo spazio anti de Sitter è come una “lattina di minestrone”. Le sezioni orizzontali della lattina<br />

rappresentano lo spazio, mentre l’asse verticale rappresenta il tempo. L’etichetta all’esterno della<br />

lattina è il bordo, mentre l’interno rappresenta lo spazio-tempo vero e proprio. Lo spazio AdS puro è<br />

una lattina vuota, che può essere resa più interessante riempiendola di “minestrone” – ossia materia ed<br />

energia. Witten spiegò che, ammassando abbastanza materia ed energia nella lattina, è possibile creare<br />

un buco nero. L’esistenza di un buco nero nel “minestrone” deve avere un equivalente sull’ologramma<br />

al bordo, ma che cosa? Nella sua “teoria di bordo” Witten sostiene che il buco nero nel “minestrone” è<br />

equivalente ad un “fluido caldo” di particelle elementari – essenzialmente gluoni. Ora, la teoria dei<br />

campi è un caso particolare di meccanica quantistica, ed in meccanica quantistica l’informazione non<br />

viene mai distrutta. I teorici delle stringhe capirono immediatamente che Maldacena e Witten avevano<br />

dimostrato senza ombra di dubbio che non è possibile far sparire informazione dietro l’orizzonte di un<br />

buco nero.<br />

Maldacena aveva scoperto che due diverse teorie matematiche sono in realtà la stessa – sono teorie<br />

“duali”. Una è la teoria delle stringhe, con tanto di gravitoni e buchi neri, seppure in uno spazio anti de<br />

Sitter (4 + 1)-dimensionale. Tutto ciò che accade nello spazio AdS è completamente descrivibile per<br />

mezzo di una teoria che ha una dimensione spaziale in meno. Dato che Maldacena è partito da quattro<br />

dimensioni spaziali, la teoria olografica duale ne ha soltanto tre. Il duale olografico è matematicamente<br />

molto simile alla cromodinamica quantistica (QCD), la teoria dei quark, degli adroni e dei nuclei.


Quindi:<br />

Gravità quantistica in AdS = QCD.<br />

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L’interesse maggiore del risultato di Maldacena era il fatto che confermasse il principio olografico e<br />

gettasse luce sul funzionamento della gravità quantistica.<br />

Ora consideriamo l’AdS, visto da un punto molto vicino al bordo: chiameremo questo bordo UVbrana.<br />

La UV-brana è quindi una superficie vicina al bordo. (Ritorniamo nuovamente all’immagine<br />

dell’AdS come un “muro” infinito di mattoni quadrati: scendendo lungo il muro, ad ogni nuovo strato<br />

la larghezza dei mattoni raddoppia. Ricordiamo, inoltre, che il bordo è un “bordo frattale infinito”).<br />

Immaginiamo di allontanarci dalla UV-brana e dirigerci verso l’interno dove i quadrati si allargano e<br />

gli orologi rallentano indefinitamente. Gli oggetti che in prossimità della UV-brana sono piccoli e<br />

veloci diventano grandi e lenti quando ci addentriamo nello spazio AdS. Ma l’AdS non è la cosa più<br />

adatta per descrivere la QCD. Chiamiamo questo spazio anti de Sitter modificato Q-spazio. Come<br />

l’AdS, il Q-spazio ha una UV-brana dove le cose rimpiccioliscono ed accelerano ma, diversamente<br />

dall’AdS, possiede anche un secondo bordo, chiamato IR-brana. La IR-brana è una specie di barriera<br />

impenetrabile dove i quadrati raggiungono la loro estensione massima. Immaginiamo di mettere una<br />

stringa quantistica in un Q-spazio, dapprima in prossimità della UV-brana. Essa apparirà minuscola –<br />

forse con diametro paragonabile alla lunghezza di Planck – e rapidamente vibrante. Ma se la stessa<br />

particella (stringa) viene spostata verso la IR-brana sembrerà ingrandirsi, come se fosse proiettata su<br />

uno schermo che si allontana. Ora prendiamo in considerazione le vibrazioni. Queste costituiscono una<br />

sorta di “orologio” che, accelererà avvicinandosi all’UV-brana, e rallenterà quando si muove verso la<br />

IR-brana. Una stringa in vicinanza della IR-brana non solo apparirà come un’enorme gigantografia<br />

della propria versione miniaturizzata UV, ma oscillerà anche molto più lentamente di quest’ultima. Se<br />

le particelle ultrapiccole (alla scala di Planck) della teoria delle stringhe “vivono” in prossimità della<br />

UV-brana e le loro versioni ingigantite – gli adroni (particelle strettamente parenti del nucleo atomico:<br />

protoni, neutroni, mesoni e glueball. Gli adroni sono costituiti da quark e gluoni) – vivono nei pressi<br />

della IR-brana, quanto distano esattamente le une dalle altre? Secondo la figura prima riportata, per<br />

andare dagli oggetti planckiani agli adroni bisogna scendere di circa 66 quadrati. Ma ricordando che<br />

ogni “gradino” è alto il doppio del precedente, raddoppiare 66 volte corrisponde grosso modo ad<br />

un’espansione di un fattore 10 20 .<br />

Il punto di vista più eccitante, è che le stringhe nucleari e quelle fondamentali sono davvero gli stessi<br />

oggetti, visti attraverso una “lente” che ne distorce l’immagine e ne rallenta il moto. Secondo questo<br />

modo di vedere, quando una particella (o stringa) si trova in vicinanza della UV -brana appare piccola,<br />

energetica e rapidamente oscillante: ha l’aspetto di una stringa fondamentale, si comporta come una<br />

stringa fondamentale, dunque deve essere una stringa fondamentale. Una stringa chiusa situata in<br />

prossimità della UV-brana, ad esempio, sarebbe un gravitone. (Notiamo che una stringa chiusa ha<br />

grosso modo una forma “circolare”, quindi in essa è insito phi che per la semplice relazione<br />

arccos(phi) = 0,2879 pigreco è connesso con il numero aureo. Inoltre le vibrazioni emettono


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“frequenze” in ottimo accordo con gli esponenti del numero aureo). Ma la stessa stringa, se si avvicina<br />

alla IR-brana, rallenta e si espande. Da tutti i punti di vista si comporta come una glueball (adrone<br />

costitutito solo da gluoni). In questa interpretazione il gravitone e la glueball sono esattamente lo<br />

stesso oggetto, situato in punti diversi del fascio di brane. (Quindi, un bosone – il gravitone – ed un<br />

fermione – la glueball – sono in corrispondenza biunivoca, cioè dall’uno si ottiene l’altro e viceversa,<br />

secondo la relazione fondamentale del modello Palumbo-<strong>Nardelli</strong> che lega le stringhe bosoniche a<br />

quelle fermioniche, ed inoltre esiste la connessione con pi greco, quindi con il numero aureo, insito in<br />

tale formula ).<br />

Immaginiamo una coppia di gravitoni (stringhe vicine alla UV-brana) in procinto di entrare in<br />

collisione. Se hanno energia sufficiente, quando si incontrano nei pressi della UV-brana si formerà un<br />

piccolo buco nero: un ammasso di energia incollato alla UV-brana. I bit di informazione che ne<br />

costituiscono l’orizzonte degli eventi hanno dimensioni planckiane. Ma pensiamo ora di sostituire i<br />

due gravitoni con due nuclei (in prossimità della IR-brana) e di farli collidere. Qui si fa sentire la<br />

potenza della dualità. Da una parte possiamo immaginare la versione quadridimensionale del processo,<br />

in cui due oggetti collidono e formano un buco nero. Questa volta il buco nero sarà vicino alla IRbrana<br />

e di dimensioni maggiori di quello che si era formato nei pressi della UV-brana. Ma possiamo<br />

vedere il processo anche dal punto di vista tridimensionale. In questo caso, due adroni o due nuclei<br />

collidono e formano un ammasso di quark e gluoni. L’energia della collisione sta insieme e forma una<br />

specie di goccia di fluido definito brodo caldo di quark. Esso ha alcune proprietà di fluidità molto<br />

sorprendenti che ricordano, guarda caso, l’orizzonte degli eventi di un buco nero. Si è scoperto che la<br />

viscosità del brodo caldo di quark è incredibilmente bassa. (A rigore, ad essere piccola è la viscosità<br />

divisa per l’entropia del fluido). Il brodo di quark è il fluido meno viscoso conosciuto dalla scienza.<br />

Ora, esiste in natura qualcosa di viscosità così bassa da rivaleggiare con il brodo di quark? Esiste.<br />

L’orizzonte degli eventi di un buco nero, quando viene perturbato, si comporta come un fluido. Per<br />

esempio, se un buco nero piccolo cade in un buco nero più grande, crea un rigonfiamento temporaneo<br />

sull’orizzonte. Il rigonfiamento poi si espande sulla superficie proprio come accade nel caso di un<br />

fluido viscoso. Quando i teorici delle stringhe cominciarono a sospettare un legame tra i buchi neri e le<br />

collisioni nucleari (le implicazioni del principio olografico sulle proprietà viscose del brodo di quark)<br />

si resero conto che il brodo di quark è la cosa che più somiglia all’orizzonte degli eventi di un buco<br />

nero. Che ne è alla fine della goccia di fluido? Come per un buco nero, anch’essa finisce con<br />

l’evaporare in una varietà di particelle tra cui nucleoni, mesoni, elettroni e neutrini. Ricordando che in<br />

meccanica quantistica l’informazione non viene mai distrutta, non vi è più alcun dubbio che non è<br />

possibile far sparire informazione dietro l’orizzonte di un buco nero. Il buco nero, quindi, evapora in<br />

una varietà di particelle, ma l’informazione “si conserva” pur se in un'altra forma. La viscosità e<br />

l’evaporazione sono solo due delle tante proprietà che il brodo di quark ha in comune con l’orizzonte<br />

degli eventi.<br />

La gravità trova il suo pieno compimento nei buchi neri. I buchi neri non sono semplicemente stelle<br />

molto dense: sono piuttosto giganteschi serbatoi di informazione, in cui i bit sono fittamente stipati. È<br />

di questo che si occupa in ultima analisi la gravità quantistica: informazione ed entropia fittamente<br />

stipate.<br />

Anche per i buchi neri e quindi per i loro opposti, i “buchi bianchi”, vale la formula del modello<br />

Palumbo-<strong>Nardelli</strong>:


( G G ) f ( φ)<br />

26<br />

−∫ d x<br />

⎡ R 1 μρ νσ<br />

g<br />

⎢<br />

− − g g Tr<br />

⎣ 16πG<br />

8<br />

μν ρσ<br />

1 μν ⎤<br />

− g ∂ μφ∂νφ<br />

⎥<br />

=<br />

2 ⎦<br />

∞<br />

1<br />

= ∫ 2<br />

2κ<br />

0 10<br />

2<br />

− Φ ⎡<br />

2<br />

10 1/<br />

2 2<br />

μ 1 ~ κ ⎤<br />

10<br />

2<br />

∫ d x(<br />

− G)<br />

e ⎢R<br />

+ 4∂<br />

μΦ∂<br />

Φ − H 3 − Tr ( F2<br />

)<br />

2 ν ⎥ ,<br />

⎣<br />

2 g10<br />

⎦<br />

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Versione 1.0<br />

14/02/2013<br />

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Infatti i buchi neri sono “pozzi gravitazionali” che attraggono tutto verso il loro interno e dove nulla<br />

può sfuggire neppure la luce, mentre i “buchi bianchi” sono una sorta di universi-baby, dei “semi” di<br />

universo, che emettono energia e massa, o, in termini di universo olografico, informazione .<br />

L’equazione del modello, quindi, può essere interpretata in questi termini: nel membro di sinistra vi è<br />

l’azione di stringa bosonica (il quanto della gravità è il gravitone che è un bosone), quindi l’energia del<br />

buco nero, mentre nel membro di destra vi è l’azione di superstringa contenente i fermioni, quindi la<br />

materia, la massa, l’informazione “espulsa” dal buco bianco.


Contributo di Francesco Di Noto<br />

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Versione 1.0<br />

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Quello della modellizzazione dei mergers (fusioni) dei buchi neri ( cioè, mi sembra di capire, trovare<br />

un modello fisico-matematico per il funzionamento dei buchi neri, e precisamente le loro fusioni) è un<br />

problema ancora irrisolto della matematica (vedi seguito), e questa proposta dell’amico Piero Roggero<br />

mi sembra una possibile soluzione, un nostro primo tentativo in tal senso, beninteso da approfondire<br />

meglio in futuro, con nuove osservazioni sostenute dalla migliore letteratura scientifica in tal senso;<br />

per esempio, anche in qualche lavoro del coautore Dott. Michele <strong>Nardelli</strong> sui buchi neri potrebbe<br />

esserci qualcosa di inerente a tale problema , e possibilmente utile al nostro scopo.<br />

Conclusioni<br />

Quindi, è possibile concludere provvisoriamente che il nostro presente tentativo di modellizzazione di<br />

tali fusioni potrebbe essere, ancorché ancora parzialmente, fondato, e passibile di ulteriori e ben<br />

documentati approfondimenti. Il nostro modello riguarda tuttavia la fusione di un buco nero di<br />

materia con un buco bianco di antimateria, che potrebbe essersi verificato durante il big bang<br />

che dette origine al nostro Universo, ma potrebbe essere valido ed utile anche per la fusione di<br />

due buchi neri durante l’esistenza del nostro universo, specialmente in un lontanissimo futuro,<br />

durante la cosiddetta “era dei buchi neri”, e cioè dopo che tutte le stelle si saranno spente e le<br />

galassie inghiottite dai suddetti buchi neri, ormai “unici “abitanti” dell’universo, divenuto<br />

freddo e buio.

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