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all’apostolo appare per la prima volta, nei testi che sono giunti sino a noi, in GIUSTINO (?-165<br />
c.a.) 103 . La stesura del Vangelo e delle Lettere appartiene invece al periodo efesino del santo,<br />
successivo, probabilmente, al ritorno dall’esilio. Tali considerazioni, naturalmente, accettano<br />
l’attribuzione a Giovanni apostolo di questi testi. Prescindendo per ora dalle ricerche<br />
contemporanee, cerchiamo di esaminare la questione attraverso gli scritti dei Padri della Chiesa.<br />
Il primo ad attribuire a Giovanni la composizione del quarto Vangelo è IRENEO DI LIONE (140 c.a.-<br />
200 c.a.); egli sostiene infatti che fu Giovanni, colui che adagiò il capo sul petto del Signore, a<br />
scrivere un Vangelo mentre dimorava a Efeso in Asia 104 . EUSEBIO (265 c.a.-340 c.a.), che riporta<br />
tale notizia (Hist. Eccl. III, 23, 3), ritiene che IRENEO si basasse sulla testimonianza di POLICARPO<br />
(?-165), vescovo di Smirne, che conobbe di persona l’apostolo e fu suo discepolo.<br />
Altro problema di non facile soluzione è quello che riguarda il “presbitero” Giovanni: tale<br />
personaggio è citato in un’opera perduta di PAPIA DI GERAPOLI (70 c.a. – post 130) sui Vangeli, in<br />
cinque libri, dal titolo Spiegazioni delle parole del Signore, menzionata da EUSEBIO 105 . Qui si<br />
afferma che PAPIA stesso si informò sui discorsi dei “presbiteri” 106 , per sapere ciò che disse Andrea,<br />
o Pietro, o Filippo, o Giacomo, o Giovanni, o Matteo, o un altro dei discepoli del Signore, o ciò che<br />
dicono Aristione e il presbitero Giovanni, discepolo del Signore. Tale testimonianza ricorda dunque<br />
due uomini, entrambi denominati “discepoli” e “presbiteri”, di nome Giovanni, ma se il primo dei<br />
due è considerato già morto, il secondo Giovanni è ancora vivo, tanto che vengono utilizzati<br />
dall’autore due tempi verbali differenti: l’aoristo per indicare ciò che disse l’uno ( . ), il presente<br />
in riferimento ai racconti di Aristione e dell’altro Giovanni ( ). Se l’affermazione di PAPIA<br />
è vagliata con grande attenzione dalla critica moderna, tanto che per alcuni studiosi essa è ritenuta<br />
prova sufficiente per sostenere che il quarto Vangelo sia opera di un “presbitero” di nome Giovanni,<br />
distinto dal “figlio di Zebedeo”, la figura di questo discepolo non viene obliterata del tutto neppure<br />
dalla tradizione antica; egli, infatti, diviene il possibile autore della II e della III Lettera di<br />
“Giovanni”, differenti per stile dalla prima e dal testo evangelico. Così almeno insinua la Vita<br />
Ioannis ex Sophronio preposta al commento di TEOFILATTO: “Scrisse anche una Lettera, il cui<br />
incipit è: ‘Ciò che era fin da principio’, che da tutti gli uomini di chiesa e di erudizione è accettata.<br />
Le restanti due... si dice siano di Giovanni il presbitero” 107 . Lo stesso EUSEBIO, che ci ha conservato<br />
103 IUST. Dial. 81, 4, in PG XX, col. 418.<br />
104 IREN. Adv. haer. III, 1, 1.<br />
105 EUS. H.E. III, 39, 3 sg. Queste informazioni sull’opera di PAPIA appaiono oggi essenziali soprattutto per la<br />
ricostruzione del contesto storico in cui furono scritti i vangeli di MATTEO e MARCO.<br />
106 Per la figura del “presbitero” in senso tecnico (responsabile, delegato, rappresentante della comunità giudaica e<br />
cristiana) cf. la dettagliata analisi di MARIA-LUISA RIGATO, Giovanni, pp. 59-66 e 75.<br />
107 “ 1# & " D * I' . / "<br />
" , 7 " " … ( ”: cf. THEOPHIL.<br />
Vita Ioannis, in PG CXXIII, col. 1127.