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Una pagina del Risorgimento - admin.ch

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Inizialmente conciliatore fra le dottrine democratico-federalista<br />

di Cattaneo e democratico-unitaria di Mazzini, né ostile a quella<br />

democratico-socialista di Ferrari, Mac<strong>ch</strong>i va tracciando negli anni<br />

fra il 1850 e il 1857 le linee guida <strong>del</strong> proprio programma politico.<br />

Cardine è l’ideale repubblicano, con un accento più marcato - dopo<br />

l’epilogo <strong>del</strong>udente <strong>del</strong>l’insurrezione milanese <strong>del</strong> 1848 - sul principio<br />

di libertà <strong>ch</strong>e non su quello d’indipendenza. E dunque con una<br />

sostanziale adesione alla strategia di Cattaneo rispetto a quella di<br />

Mazzini, da cui si va ormai allontanando, <strong>ch</strong>e culmina nella condivisione<br />

- dopo il colpo di stato <strong>del</strong> 2 dicembre 1851 - <strong>del</strong>le aspettative,<br />

mutuate da Ferrari, di un oggettivo influsso napoleonico «movimentista»<br />

sull’immobilismo europeo e italiano. Mac<strong>ch</strong>i rimarca, inoltre,<br />

la demarcazione invalicabile fra il campo dei democratici e quello dei<br />

moderati, più in particolare quello filosabaudo. In Le contradizioni<br />

di Vincenzo Gioberti l’autore, in un gioco serrato con le asserzioni<br />

<strong>del</strong> filosofo piemontese, replica alle argomentazioni <strong>del</strong> volume Del<br />

rinovamento civile d’Italia (1851), incentrato sulla ri<strong>ch</strong>iesta di riforme<br />

di carattere politico e sociale sotto l’egida <strong>del</strong> regno di Sardegna.<br />

Nulla ormai di più lontano dal sentire dei democratici specie dopo<br />

l’esperienza disatrosa <strong>del</strong> biennio 1848-’49 e il fallimento <strong>del</strong>l’idea<br />

guelfa sostenuta da Gioberti e an<strong>ch</strong>e miseramente naufragata con<br />

il «tradimento» di Pio IX. Non meraviglia <strong>ch</strong>e Mac<strong>ch</strong>i introduca la<br />

sua opera con un attacco violento a quella di Gioberti, e ne sottolinei<br />

il «colpevole» moderatismo come pure le contraddizioni con<br />

il suo precedente volume e con la realtà: «l’inventore <strong>del</strong>l’egemonia<br />

basta per tutti, ed è pronto a qualsiasi evento, comunque corrano le<br />

sorti, propizie alla republica od alla monar<strong>ch</strong>ia, qualunque soluzione<br />

abbia il famoso dilemma napoleonico». Il filosofo non farebbe, dunque,<br />

<strong>ch</strong>e isolare il proprio pensiero «riducendosi presso<strong>ch</strong>é esclusivamente<br />

all’apoteosi di sé medesimo, ed alla furibonda difesa di tutti i<br />

suoi atti, e persino de’ suoi intendimenti, passati e futuri», senza più<br />

relazione con la fase in corso in Italia, cioè l’immobilismo seguito<br />

allo scacco <strong>del</strong>la rivoluzione. Nella polemica è l’eco <strong>del</strong>la prefazione<br />

beffarda di Cattaneo - All’illustre Vincenzo Gioberti - alla ristampa<br />

<strong>del</strong> 1849 di Della republica e <strong>del</strong> cristianesimo: quasi <strong>ch</strong>e maestro e<br />

allievo - Cattaneo e Mac<strong>ch</strong>i - si siano passati il testimone <strong>del</strong>la demolizione<br />

sia intellettuale <strong>ch</strong>e politica <strong>del</strong> filosofo piemontese. La disapprovazione<br />

verso Mazzini, <strong>ch</strong>e pure si avverte, resta invece sottotraccia,<br />

poi<strong>ch</strong>é è intento di Mac<strong>ch</strong>i paragonare la coerenza di Mazzini e<br />

il voltafaccia di Gioberti rispetto agli ideali mazziniani professati in<br />

gioventù e poi «traditi».<br />

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