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Filippo Raciti: un morto sul lavoro
Un ultrà Sambenedettese parla dei fatti di Catania e del nostro calcio malato di soldi
Dopo la morte del poliziotto Filippo Raciti a
Catania durante gli scontri successivi alla partita
Catania-Palermo, il mondo del calcio ha
subito un vero e proprio terremoto con la
sospensione di tutti i campionati per una giornata.
Pochi giorni dopo la morte dell’agente,
sono apparse in varie città scritte infamanti
verso le forze dell’ordine. Per capire cosa stia
succedendo al nostro sport nazionale, al
panem et circenses del nostro tempo, siamo
andati ad intervistare un ultrà della
Sambenedettese, un carpentiere di 35 anni
che ogni domenica si reca allo stadio per
seguire la propria squadra.
Nelle ultime settimane una parte degli ultrà italiani
hanno mostrato la loro faccia peggiore. Quali
sono invece gli ideali che voi mettete in comune e
che portate avanti? In poche parole che vuol dire
la scritta apparsa su un mura di san Benedetto
“Ultrà stile di vita”?
Vivere da ultrà significa essenzialmente andare
alla partita della propria squadra la domenica.
Per noi Sambenedettesi il Rosso-Blu è tutto.
Naturalmente crediamo fortemente anche in
valori come l’amicizia e la lealtà.
Si va allo stadio ogni domenica solo per seguire la
propria squadra o lo stadio può diventare anche
un luogo in cui ci si libera delle frustrazioni quotidiane
anche in modi poco civili?
Dipende dalle persone e dalle situazioni. Per
esempio domenica scorsa a San Marino ci
siamo divertiti moltissimo senza nessun disordine.
Invece in altre occasioni se vedo qualcosa
che mi fa andare perdere le staffe io reagisco di
conseguenza.
Quali sarebbero queste cose che ti fanno infuriare?
Per esempio la polizia che inizia a bistrattare
qualche amico, oppure la tifoseria avversaria
che danneggia auto o qualsiasi altra cosa.
Che rapporti ci sono tra gruppi di ultrà e politica?
Diversi gruppi sono apolitici, comunque generalmente
la tifoseria di San Benedetto si è sempre
collocata a sinistra.
Quanti gruppi di tifosi esistono nella nostra città e
per cosa si differenziano?
I gruppi sono “Baldi giovani”, “Onda d’urto” e
“Nucleo”. Si differenziano solo per i punti di ritrovo,
infatti nelle trasferte vanno sempre insieme.
Prima di passare ai fatti di Catania, ricordiamo
cos’è successo circa un anno fa quando qui a San
Benedetto ci fu uno scontro tra tifosi e polizia in
occasione della partita Sambenedettese-Genoa.
Eh, gli sbirri stavano tutti fuori di testa.
Tutto è cominciato nei controlli pre-partita
perché un tifoso non voleva consegnare
alla polizia un accendino. Il poliziotto
allora ha minacciato di portarlo al
bagno dove lo avrebbe spogliato per
perquisirlo completamente. Quando il
gruppo degli altri tifosi si accorse del
fatto reagirono per impedire che il poliziotto
portasse l’ultrà ai gabinetti.
Quindi la polizia iniziò a manganellare e
scoppiarono i disordini. Doveva essere
una giornata di festa, poche ore prima
noi Sambendettesi ci eravamo riuniti
con i Genoani, avevamo fatto pranzo
insieme. Invece poi si è scatenato il puti-
ferio con la polizia.
Quante persone furono arrestate dopo quei tafferugli?
E quante furono diffidate?
Furono arrestate cinque persone, che furono
anche diffidate e poi diversi altri furono diffidati.
Quelli arrestati uscirono di prigione dopo cinque
giorni.
Ma che significa essere diffidati?
Significa che si deve andare in questura o dai
carabinieri a firmare un quarto d’ora prima che
la partita inizia e un quarto d’ora dopo che sia
finita.
I fatti di Catania non sono stati un caso isolato nel
mondo del calcio: pensiamo per esempio alla
strage dell’89 in Inghilterra, dove morirono 29 persone
schiacciate dalla ressa o più recentemente
all’assassinio del dirigente di una squadra di terza
categoria. Oggi se avessi un figlio adolescente lo
manderesti allo stadio?
Certo che ce lo manderei, non vedo perché no.
Cosa pensi della morte di Filippo Raciti?
E’ successo, è morto un uomo sul lavoro, è come
se fosse morto un operaio.
In verità gli operai muoiono per cause accidentali
che in ogni caso derivano dalla mancanza di adeguate
misure di sicurezza di cui sono responsabili
gli imprenditori. In questo caso abbiamo a che
fare con un vero e proprio omicidio. O sbaglio?
Prima di tutto dalla perizia medica si è riscontrato
che Filippo Raciti è morto per esalazione di
lacrimogeni, in secondo luogo io lo considero
un morto sul lavoro. I poliziotti sanno di dover
rischiare, è una cosa che devono mettere in
conto.
Un coro che circola negli ambienti ultrà inizia con
“celerino infame”. Da cosa nasce questo risentimento
contro le forze dell’ordine?
C’è astio contro la polizia perché spesso sono
loro gli istigatori. Io anno scorso fui picchiato
dalla polizia a Reggio Emilia durante dei disordini
senza aver fatto nulla di male. Quando fai
certe esperienze è naturale portare un certo
rancore verso gli agenti. Io non metto in dubbio
che a volte ci si organizza per arrivare ad uno
scontro con la tifoseria avversaria, ma secondo
me rientra tutto nell’ottica della legittima difesa:
come io mi devo difendere dai celerini, così
mi devo difendere dalle altre tifoserie. Inoltre,
come ho detto prima, quando vedo delle cose
che mi fanno infuriare, devo reagire.
Se ti viene fatto un torto fuori dall’ambiente
dello stadio, reagisci nello stesso modo in cui
reagiresti se fossi nell’ambiente dello stadio,
ovvero con una certa irruenza, oppure diversamente?
Beh certamente reagisco diversamente.
Ma non credi che voi tifosi e i poliziotti siete su
una stessa barca, cioè provenite in fondo dallo
stesso ambito sociale e che pensate esattamente
la stessa cosa gli uni degli altri?
No, non sono d’accordo, perché tra gli ultrà ci
sono sia poveri che benestanti e può capitare
che il ricco sia più scatenato del povero.
Per rendere gli stadi italiani credi che sia applicabile
il modello inglese?
Se in Italia viene applicato il modello inglese
gli stadi si svuoteranno. In Inghilterra i posti
sono fissi e nominali, non ci si può alzare per
cambiare posizione, non sono permessi neanche
gli striscioni. Non credo che la gente accetterà
di andare allo stadio a queste condizioni.
Inoltre in Inghilterra non ci sono recinzioni tra
le platee e il campo. In questo modo ci saranno
invasioni di campo ogni dieci minuti. In
definitiva la cultura inglese è differente da
quella italiana: i tifosi anglosassoni fischiano i
giocatori della propria squadra se simulano
dei falli, qui da noi no.
Ti sembra che le misure adottate dal governo
come la privatizzazione degli stadi e la gestione
della sicurezza affidata alle società siano efficaci?
Assolutamente no. Le società piccole non possono
provvedere alla sicurezza degli stadi perché
per salire di categoria devono investire
soldi nell’acquisto di calciatori. Il Milan ha
messo 28 tornelli in pochi giorni perché è una
società ricchissima, ma non tutti se lo possono
permettere.
Condividi l’affermazione del presidente della
Lega Calcio, Antonio Matarrese, secondo
cui “L’Italia vive di calcio”?
Naturalmente non la condivido. Il calcio
è sicuramente lo sport nazionale, ma io
la mattina mi alzo e vado a lavorare.
Matarrese intendeva solo difendere gli
interessi legati al calcio, come i diritti tv,
gli sponsor e le pubblicità. Ormai il
nostro calcio è malato di soldi. Credo
che sarebbe molto più divertente un
campionato disputato dalle tifoserie,
senza i loschi affari sotterranei della
recente Moggiopoli, difendendo sinceramente
i colori della propria squadra.
Matteo Marcozzi