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Triangolo Rosso - Associazioni Milano

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NEUENGAMME<br />

Tre giorni<br />

con “dentro”<br />

mezzo secolo<br />

di memoria<br />

Il giorno in cui mi è arrivato<br />

l’invito dell’associazione<br />

“Amicale” di Neuengamme,<br />

sono stato indeciso se accettarlo<br />

o meno. Le sofferenze<br />

subite, le atrocità viste, gli incubi,<br />

ancora, ricorrenti, mi<br />

spingevano, da un lato, a non<br />

tornare in quei luoghi; dall’altro,<br />

mi sentivo attratto e<br />

avvertivo la necessità di non<br />

dimenticare e di trasmettere<br />

agli altri” quei ricordi”.<br />

Così ho deciso di partire per<br />

riappropriarmi di tutte quelle<br />

memorie insieme ad altre persone,<br />

per condividere, ancora<br />

una volta, il ricordo, fatto<br />

di morte e di disperazione,<br />

con quelli che, come me, hanno<br />

la gioia e sentono, però,<br />

anche la “colpa” di essere sopravvissuti.<br />

Il viaggio è stato<br />

un’esperienza carica di dolore<br />

e di significati. Il gruppo<br />

era composto di circa cinquecento<br />

persone provenienti<br />

da ogni parte d’Europa.<br />

L’alta capacità organizzativa<br />

dell’associazione tedesca ha<br />

fatto sì che le giornate fossero<br />

ricche di visite e di cerimonie<br />

commemorative, senza<br />

problemi di alcun tipo.<br />

Il primo giorno, insieme alla<br />

delegazione francese, ho partecipato<br />

all’apertura delle celebrazioni.<br />

Condividiamo alcuni<br />

posti molto significativi,<br />

per noi, come la caserma di<br />

“Hohne-Camp”, dove ho trascorso<br />

il lungo periodo della<br />

convalescenza dopo la liberazione<br />

dal campo di Bergen-<br />

Belsen. Attualmente nella ca-<br />

40<br />

serma c’è un cimitero ebraico,<br />

dove sono sepolti quelli<br />

che sono morti dopo la liberazione.<br />

La cerimonia - cui hanno partecipato<br />

alcuni parenti delle<br />

vittime ed è consistita nella<br />

deposizione di corone di fiori<br />

- è stata molto commovente.<br />

Successivamente, siamo<br />

stati nel campo di Bergen-<br />

Belsen, irriconoscibile ai no-<br />

stri occhi. Nei posti in cui,<br />

una volta si trovavano le baracche<br />

e gli edifici, ora ci sono<br />

numerose fosse comuni.<br />

Dove regnava la violenza e la<br />

disperazione, ora ci sono gli<br />

alberi che sembrano vegliare<br />

su quei morti, colpevoli solo<br />

di essere “diversi”.<br />

Allontanandomi per un attimo<br />

dal gruppo, ho rivisto il<br />

posto in cui sorgevano le baracche,<br />

la piazza dell’appello,<br />

la vasca antincendio, proprio<br />

dove ho assistito alla morte<br />

di un uomo o senza che il<br />

mio tentativo d’aiuto potesse<br />

servire a qualcosa.<br />

A differenza del campo, il museo<br />

di Bergen-Belsen custodisce<br />

tutto ciò che la memo-<br />

ria non può cancellare, testimonianze<br />

di un periodo che<br />

non deve più tornare. Mi commuovo<br />

ancora nel pensare ad<br />

un francese e ad uno jugoslavo:<br />

il primo mi ha raccontato,<br />

a lungo, le sue esperienze;<br />

discorrendo con il secondo<br />

abbiamo scoperto di essere<br />

stati arrestati lo stesso giorno<br />

e di aver passato buona parte<br />

della prigionia insieme. Queste<br />

Alcune “tappe”:<br />

il museo di Bergen-Belsen, le navi<br />

affondate con a bordo settemila prigionieri,<br />

la vecchia tenda dove 20 bambini<br />

vennero strangolati per cancellare<br />

le tracce degli esperimenti<br />

sugli esseri umani<br />

splendide persone, con addosso<br />

i segni degli anni e del<br />

dolore, trasmettevano amore<br />

e dolcezza con lo sguardo, con<br />

le mani, con gli occhi e con<br />

il sorriso, sempre presente.<br />

Tutto il loro essere era un messaggio<br />

di speranza e di conforto,<br />

soprattutto per i giovani lì<br />

riuniti, che non avevano vissuto<br />

quelle terribili esperienze.<br />

Il viaggio è proseguito con<br />

destinazione Hannover-Ahlem,<br />

dove era ubicata un’industria<br />

per la raffinazione del petrolio<br />

e nella quale sono morti<br />

molti “schiavi di Hitler”.<br />

Giunti sul luogo, però, l’emozione<br />

del ricordo ha lasciato<br />

il posto all’indignazio-<br />

ne: lo stabilimento non c’era<br />

più, al suo posto erano state<br />

costruite delle moderne villette<br />

a schiera. A ricordo di<br />

quanto è successo, oggi esite<br />

un piccolo monumento, lungo<br />

la strada, a più di cento<br />

metri dalle villette.<br />

A conclusione di questa giornata<br />

piena di impegni, abbiamo<br />

fatto visita al campo di<br />

Stöcken. Qui ho lavorato all’interno<br />

della fabbrica<br />

Continental, dove, in quel periodo,<br />

non si costruivano pneumatici,<br />

ma accumulatori per<br />

gli U-Boot. Anche di questo<br />

campo non è rimasto nulla,<br />

fatta eccezione per un monumento,<br />

sul quale ho deposto<br />

una corona di fiori insieme ad<br />

un francese. In questo posto<br />

ho avuto l’onore di tenere un<br />

breve discorso di testimonianza.<br />

Con il gruppo olandese, ho<br />

raggiunto il giorno dopo il<br />

porto di Lübeck dove ci siamo<br />

imbarcati per partecipare<br />

ad una cerimonia commemorativa<br />

che si teneva vicino alla<br />

Danimarca, nel punto in cui<br />

sono state affondate due navi,<br />

la Cap Arcona e la<br />

Thielbek, con a bordo settemila<br />

prigionieri del campo di<br />

Neuengamme.<br />

È stato emozionante quando<br />

la nostra nave si è fermata in<br />

quel luogo di martirio. Prima<br />

si è sentita la sirena poi il silenzio.<br />

E accompagnati da un<br />

canto, tutti i passeggeri hanno<br />

gettato in mare delle rose.<br />

Non so come sono riuscito a

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