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Triangolo Rosso - Associazioni Milano

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Nel numero 1 del gennaio<br />

2000 di “<strong>Triangolo</strong> <strong>Rosso</strong>”<br />

denunciammo la incredibile<br />

vicenda dell’“armadio della<br />

vergogna” di Palazzo Cesi di<br />

Roma dove da decenni giacevano<br />

sepolti nella polvere<br />

e dimenticati dalla giustizia,<br />

centinaia e centinaia di fascicoli<br />

processuali relativi alle<br />

stragi nazifasciste, “archiviati<br />

provvisoriamente” (istituto<br />

giuridico inesistente nella<br />

procedura giudiziaria del<br />

nostro Paese), dalla Procura<br />

generale militare negli anni<br />

dell’immediato dopoguerra.<br />

Uno scandalo che ha permesso<br />

a centinaia di aguzzini fascisti<br />

e tedeschi, responsabili<br />

delle orrende stragi compiute<br />

fra il 1943 ed il 1945, di<br />

salvarsi.<br />

Nei loro confronti, tranne rarissime<br />

eccezioni (le Fosse<br />

Ardeatine, Caiazzo, piazzale<br />

Loreto, la Benedicta e<br />

Marzabotto, ma per altre ragioni),<br />

non arrivarono mai né<br />

i processi né tanto meno le<br />

condanne.<br />

Perché il silenzio? Perché<br />

istruttorie che avevano già<br />

concluso il loro cammino,<br />

spesso arduo, con i nomi e i<br />

cognomi dei colpevoli, alti<br />

ufficiali nazifascisti e semplici<br />

esecutori, non approdarono<br />

in aula, perché i giudici<br />

militari, in nome della<br />

Repubblica italiana, non po-<br />

8<br />

CONOSCERE LA STORIA<br />

terono scavare dentro le stragi,<br />

denunciare gli orrori e le<br />

logiche criminali, giungendo<br />

alle sentenze?<br />

Perché si è preferito insabbiare<br />

anzi sotterrare denunce,<br />

inchieste, esposti? La “ragion<br />

di Stato”. Si affermò allora<br />

nella tempesta della<br />

“guerra fredda” l’interesse politico<br />

dei governi centristi dell’epoca,<br />

di non sfiorare con<br />

il marchio dell’infamia stragista<br />

il soldato tedesco e la<br />

Germania che proprio in quel<br />

tempo stava attrezzandosi all’interno<br />

della Nato per fungere<br />

da poderosa macchina<br />

militare piazzata contro il colosso<br />

sovietico. Processare e<br />

condannare dei criminali, seppur<br />

delle SS, poteva fare il<br />

gioco di Mosca.<br />

Nel numero 3 di “<strong>Triangolo</strong><br />

<strong>Rosso</strong>” del settembre scorso<br />

documentammo quella scelta<br />

politica, pubblicando la corrispondenza<br />

intercorsa nel<br />

1956-1957 fra il ministro degli<br />

Esteri, il liberale Gaetano<br />

Martino e il ministro della<br />

Difesa, il democristiano partigiano<br />

Paolo Emilio Taviani.<br />

Degli “incidenti” (così erano<br />

definite dalla Farnesina le stragi!!)<br />

meglio non parlarne, aveva<br />

suggerito il cautissimo filo-atlantico<br />

Martino. Sono<br />

d’accordo, aveva risposto il<br />

cattolico Taviani, ribadendo<br />

di recente il proprio “orgo-<br />

Lo scandalo della Procura<br />

Generale militare<br />

sulle stragi nazifasciste<br />

Nell’“armadio della vergog<br />

di Franco Giannantoni<br />

glio” per quella odiosa scelta.<br />

Dall’“armadio della vergogna”<br />

fa sapere Franco Giustolisi<br />

(“L’Espresso” n. 45 del<br />

9 novembre scorso), il primo<br />

studioso a prendere visione<br />

del materiale sepolto, il bilancio<br />

è questo: occultati 695<br />

fascicoli istruiti, di cui 280<br />

rubricati a carico di ignoti nazisti<br />

e fascisti, 415 a carico<br />

di militari nazifascisti identificati.<br />

Centinaia di fascicoli, inoltre,<br />

avrebbero dovuto essere<br />

ancora avviati.<br />

Le accuse vanno dalle violenze,<br />

agli omicidi, agli eccidi<br />

a danno, in prevalenza,<br />

di persone estranee ai combattimenti.<br />

Il registro, descritto da<br />

Giustolisi, è costituito da 231<br />

fogli lunghi 42 centimetri e<br />

larghi 30. La prima pagina registra<br />

456 morti.<br />

Al numero 1 dei fascicoli, in<br />

“bella grafia”, in corsivo, l’anonimo<br />

cancelliere, al servizio<br />

del Procuratore generale<br />

militare Umberto Borsari (allora<br />

alle dirette dipendenze<br />

dell’esecutivo, esemplare caso<br />

di controllo da parte del<br />

governo, esattamente quello<br />

che vorrebbe ora il centro-destra!!)<br />

aveva registrato “l’eccidio<br />

delle Ardeatine e altre<br />

località vicine”.<br />

La musica non sarebbe stata<br />

diversa con i successori dell’eccellenza<br />

Borsari, Arrigo<br />

Mirabella ed Enrico Santa-<br />

croce. Tutto il materiale in<br />

bell’ordine in cantina, almeno<br />

fino al 1974 dove l’età media<br />

dei catturandi era elevatissima<br />

e la speranza di trovarne<br />

qualcuno in vita, assai<br />

esile.<br />

Nell’armadio c’erano anche<br />

i fascicoli degli eccidi tedeschi<br />

compiuti all’estero contro<br />

i soldati italiani nelle giornate<br />

immediatamente successive<br />

all’armistizio, da<br />

Korica, a Lero, Scarpanto,<br />

Cefalonia (sì Cefalonia): quest’ultimo,<br />

istruito dalla magistratura<br />

romana che era arrivata<br />

ad indicare nel colonnello<br />

Barge e nel maggiore<br />

Hirschfeld i presunti colpevoli,<br />

era finito nei bassifondi<br />

di Palazzo Cesi il 22 dicembre<br />

1951, sempre con la<br />

stravagante motivazione dell’archiviazione<br />

a tempo, parto<br />

della fantasia collaborazionista<br />

di magistrati militari<br />

al soldo del potere politico.<br />

Ora un Comitato d’ indagine<br />

cercherà di stabilire le<br />

responsabilità che dal punto<br />

di vista penale sono personali:<br />

chi diede l’ordine ai magistrati<br />

della Procura generale<br />

militare di nascondere tutto?<br />

È auspicabile che un giorno<br />

si possano conoscere i nomi<br />

dei colpevoli. Se possibile,<br />

al più presto.<br />

Anche se l’argomento non pare<br />

appassionare il mondo politico,<br />

si tratta di uno dei più<br />

gravi scandali della vita repubblicana.

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