Il Monastero imperiale del Salvatore sul Monte Letenano

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ILDEFONSO SCHUSTER
MlHlíllll IMPERIAL! DEL ¡11111111
SUL MONTE LETENIINO
IN ROMA
A cura della R. Sociel Romana di sioria patria
Document
III
0000005697236
1914

Etratt. d;ill 1,-I,n'z .le//: ////
di storia patria - Vol. XXXVII.
Perugia - Unione Tipograftca Cooperativa.

WF1
1/ monastero írn2j5eria/e del Silva/ore
SUL MONTE LETENANO
\ chiostro deserto ricoperto ci ellera e di fon
campestri, un vecchio tempio quasi abbandonato
sulla spianata d' un colle tutto cinto ah' intorno
dai monti dcll'Appennino Reatino, una torre campanana
tozza e inassiccia, decapitata piii volte della sua
corona, ecco quanto rimane del famoso monastero
< Domini et Salvatoris in Laetenano, seu in Boiano »,
in seguito detto anche Maggiore, a distinguerlo da un
altro, eretto nel secolo XI sulla via Quinzia, non lungi
da Trebula Mutuesca. Lo storico che ha incontrato
mille volte ji forne del monastero di San Salvatore
nei documenti del Regesto Farfense, nel « Liber Pon-
« tificalis » e nei Rei.esti Pontifici, dopo che, con lo
studio paziente e minuzioso, riuscito a riconoscere i
confini patrimonial¡ delia badia nelle Marche e negli
Cf. LL:nIN, Abbaiiarum 1/al. br. Noii/ja, P. 320; G. M.tr
co, Monumen/i de/lo S/ato ¡'ontificio, 111, p. 89 sg. L. LAM-
IJRUSCHINL, Regale pel Seminario abhaziale dei c/iierici de/le due
abbazje ¿ini/e di S. M. di Farfa e di S. Salva/or Maggiore,
Roma, Tip. Vaticana, 1835; P. DE SAECTIS, Nofizie s/oric/ie
hl monas/ero di S. Salvator Maggiore e del Seminario di Ricli,
Rieti, 884; UGIIELI.r, Italia Sacra (II ediz.), 1, 352 sg. ; AMA-
TORI. Le ahhaie e i monas f;ipiceni, Camerino. T570 ; P. Ksns
IV. pp. 24-26.
1 ..i4*

6 1. Sc/iusler [3941
Abruzzi, ricostruendo nella sua mente 1' antico monastero
imperiale dalle forme gigantesche, da¡ cliiostri e
dalle molteplici basiliche scinti!lanti d' oro e di mosaici,
prova una vera disillusione quando, gundagnata quella
ventina di chilometri che separano San Salvatore da
Rieti, trova che 1' olivo e la vite crescono rigogliosi
su quelle zolle ove altra volta era un tempio sacro alla
scienza e alla civilt.
La chiesa, altra volta a tre navi precedute da un
portico, colla cattedra marmorea in fondo al]' abside,
non conserva di antico che degli avanzi del pavimento
cosmatesco e alcuni affreschi nel catino absidale e sulle
pareti della sacrestia. Ma la figura gigantesca de] Salvatore
che troneggiava niaestosa in mezzo ah' abside,
stata pii volte deturpata da posteriori restauri,
da¡ qua]¡ non riuscirono a scampare neppure i quadri
della sacrestia colla vita di s. Benedetto. La massiccia
torre campanaria, a sinistra dell' abside, fa un
po' 1' effetto d' un vecchio veterano dehle guer del-
1' Indipendenza, i cui hianchi capelli s' impongono al
rispetto deile giovani generazioni: le veechie campane
sono scomparse, e 1' unica che ancora vi rimane é fessa
ed aspetta ji migliore oflerente per finire in qualche
fonderia. U edificio monastico, abbastanza vasto e distribuito
in vari chiostri, ambulacri ed aule, conserva
numerose traccie dell' antica grandezza dei suoi ahitanti;
epigrafi numerose adoperate nei pavinienti, colonne
di granito, che sostengono le niinaccianti volte,
capitelli e cornici romane ridotte a semplice materiale
di costruzione, un sarcofago di marmo fornito d' iscrizione,
avvilito al]' uso di abbeveratoio per i cavalli e
le vacche.
II monastero oggi appartiene alla mensa episcopale
di Poggio Mirteto, i di cui vescovi s' intitolano appunto
abbati di San Salvator Maggiore, ma vi ha an-

o
11 monasero del Sa/:'/ore 7
che dei diritti ji seminario di Rieti, senza che tutte
queste alto protezioni e commendatizie valgano plinto
a salvarlo dalia rovina a cuí fatalmente va incontro
in questo stato d' abbandono e di desolazione. La collina
tra Longorie e Vaccareccia, su cuí s' eleva la badia,
nei documenti del secolo VIII b. chiarnata « Laete-
« nanum » o « Boianum », doppia nomenclatura che
indicava forse la locaIit e ji « fundus » a cuí apparteneva.
A differenza di Farfa, con cuí San Salvatore ebbe
comuni tante pagine di Storia, le origini della badja
letenanese non sono punto avvolte nel velo della leg.
genda; ma ci sfuggirebbe tuttavia l'anno della fondazione
se non lo riievassirno da¡ Fasti Farfensi conservatici
nel secolo XI da Gregorio di Catino: « Anno
• DCCXXXV, indictione IIr, coenobium Domini Sal-
• vatoris aedificatur in Laetaniis » ( i). La nota, interpretata
POCO esattamente da] cronista, che scamhió ji
« Laetenanurn » colle litanie, deriva sicuramente da
una fonte piii antica, e nulla vieta di ritenere esatta
la cronología, mentre al principio del socolo XI 1' abbate
Ugo 1 compié noii' archivio Farfense altre ricerclic
storiche appunto su] monastero di San Salvatore
(2).
110 gii trattato altrove delle condizioni giuridiche
dei monasteri imperial¡ d' Italia nel periodo carolingio,
facendo derivare ji « ius palatii » sulie badie palatine
da] patronato longobardo sugli edifici cultuali e da]
mundio regio o ducale che gravava su¡ guargangi, stranieri
alla cittt longobarda. Infatti, ji piü delle voite
1' imperialismo monasteriale costituisce 1' ultimo termine
dell' evoluzione giuridica degli istituti sacri nel regno
(i) Reg. FarJ II, 12.
(2) op. Cit. V, 255-6.

1. S'c/iiisfev [396}
dei Longohardi, onde non sarebbe un' ipotesi troppo
arrischjata se, in mancanza ti' altri documenti, dal carattere
imperiale di San Salvator Maggiore no attribuissinio
la fondazione a qualche nobile guargango
franco, o a qualche esule monaco savoiardo, o dell'
Aquitania venuto a pellegrinare in Italia. Anche
Farfa, per oltre un secolo, reclut6 i suol primi abbati
tra questi nobili rampolli deile pii celebri famiglie
franche, sospinte in Italia piü ancora dalia devozione
e dalia poesia che dalia guerra, che desolava ji loro
paese; ed notevole che i monasteri fondati da questi
esuli guargangi abhiano ritrovato nel mundo regio
o ducale le condizioni pili favorevoli per raggiungere
un alto grado di potenza e di ricchezza, mentre gil
altri fondati da cittadini longohardi, e c1uindi inimuni
dalia tutela del sovrano, non hanno lasciato quasi traccia
della loro breve esistenza. Farfa, San Saivatore,
sant' Andrea sui Soratte, san Vincenzo al Volturno,
Monte Cassino sono tutti monasteri eretti o risuscitati
da guargangi e che perci5 vennero considerati come
palatini cd imperiali, mentre San Pietro di Ferentilio
tuttoché fondato da] duca Faroaldo di Spoleto, San Metro
di Ciassicella eretto dai duca Trasmondo por sua
madre, San Giorgio di Spoleto, fondato da¡ duchii Lupo
cd Ermelinda, per non dite di molti altri, non poterono
mai giungere a tale grado d' onore e cli potenza.
Ció che certo si che ji inonastero di San Sa]vator
Maggiorc, favorito insin da¡ primordi da¡ gastaldi
di Rieti, da¡ duchi Spoletani e da¡ papi, nel secok
VIII possedeva giá un patrimonio tanto vasto
che, ad impedire una coliisione coi farfensi, i quali
aspiravano a djiatarsi noii' Umbria e nelle Marche,
convenne stipulare degli accordi e delle permute di
fondi, di cui ji Regosto farfense ci ha conservato soltanto
qualche carta.

JI monas/ero del Sa/z'a/o,-c 9
L' archivio di San Salvatore, se pure altra volta
ve ne fu uno, da lunghi secoli scomparso e disperso;
onde conviene ricostituire la storia della famosa badia
spigoiando qua e lá negli antichi regesti, dichiarandoci
d' altra parte ben lieti di raccogliere delie note sporadiche
e frammentarie, tanto piii preziose quarito sono
pili rare.
A differenza di Farfa che, nei primi anni del suo
restauro sotto 1' abbatc Tommaso di Morienna conobbe
le strettezze della povertt e del l' ¡so lamento, sembra
che San Saivatore abbia inaugurato la sua vita storica
aH' ombra del castaldato di Rieti, circondata dagli agi
e dalla simpatia dei ricchi che git preludevano a quel-
1' alto grado di potenza che avrebbc raggiunto col secoli.
Infatti una quindicina d' anni dopo la sua fondazione
la badia é giá signora di terre e di casali, cosí
che ritroviamo che nel novembre 752 (in cui ricorreva
la sesta indizione e l'anno quarto di Astolfo)
Teuto, nionaco di San Salvatore, vendé a Farfa ji casale
Lunghezza al prezzo di venti libre d' argento (r).
L'accordo fu stipulato a Rieti, e tra i testimoni si ticordano
Adroald, abbate di San Salvatore, coi monaci
Anastasio e Nonno (2).
Nel 768, mentre Desiderio ed Adelchj facevano
leve di soldati a raiforzare contro i Franchi ji vacil-
(i) Re'g Iuf, 11, 43-44.
(2) « i Ego in Dei nomine Adroald abbas consensi et sub-
« scripsi. lu Dei nomine Anastasius indignos presbvter et
• nionachus subscripsi, i In Dei nomine Nonnus, etsi indigLius
• monachus, subscripsi »: Reg. FaPf. 1. cit. La vendita venne
probabilmente fatta da] monaco Teuto nell' atto della sua consacrazione
monastica, quando i canon¡ l'obligavano ad alienare
da sé it proprio patrimonio. L'abbate Adroa]d dá valore giuridico
aIl'accordo col proprio consenso, Ineutre i due mollaci
fungono soltanto da testimoni.

1 o 1 .S'c/zus/er [398]
]ante trono longobardo, un tal coscritto J'euderacius,
prima di partire per la Lombardia, fece ji suo testamento,
disponendo in gran parte del proprio patrimonio
a favore di Farfa. Non dimenticó tuttavia ji monastero
del Salvatore, e prevedendo possibile la morte
in quella spedizione militare stabili: « Dum in ista
« via dirigimus in Transpadum de dominatione domi-
« norum nostrorum, viam agendo ve] faciendo ... in
« monastero Domini et Salvatoris, quod situm est in
s Laetenano, deputamus casaiem nostrum in villa Ve-
« nerja, quem habuimus prope Alipertum et Teude-
« radum germanos, cum terris et silvis et omnibus in
« integrum. Et si mihi mors venerit, a praesenti sit
« datus iste casalis in monasterio Domini et Salva-
« toris » ( i).
Sembra che ji governo dell' abbate Adroald si sia
protratto almeno per oltre ventitre anni, giacché lo
ritroviamo ricordato in un' altra carta del luglio 775,
in cui Aimone di Viterbo insieme col figlio Pietro offrono
alla badia la propria porzione « de oratorio San-
« cti Salvatoris territorii Tuscanensis, quam presentes
« suprascriptae mulieris meae (Anstrudae) a funda-
« mento aeclificarunt; seu et portione mea de curte
« in Tarnano et Calbitiano cum suis pertinentiis, unde
< iam antea indicatum emisi monasterio Sancti Salva-
• toris territorii Reatini, ubi Atroaldus venerabilis ab-
• has essc videtur; quod volo ut sic permaneat, sicul
• in ipso iudicato continetur diebus vitae meae. Nam
• quidquid de istis suprascriptis tribus locis ... in por-
• tionem Petro, filio meo, contingere videtur, voiumus
• ut ambae partes a praesenti die sint in potestate et
• jure suprascripti rnonasterii Sanctae Mariae ... » (2).
(i) Reg. Farí. 11, 72.
(2) Op. cit. II, 85-6.

D991 II monas/cro dcí Salva/are 11
Ma non furono solo dei semplici privati quelli che
costituirono al monastero il suo primo patrimonio territoriale;
parecchi uomini di stato cd alti ufficia]i della
corte di Spoleto e di Roma non tardarono a sollecitare
la loro ammissione alta comunitt monastica,
che veniva cosi in possesso del loro beni: un diploma
di Lodovico II del maggio 872 conforma « proprieta-
• tes quas Salichi, ve] cujusquc gentis hominum, idest
• Eudibertus castaldius, Petrus presbyter, Hildehertus
• castaldius, Herico castaldius, Berteradus, Gisolphus,
• Linduinus diaconus, Adalbertus et Petrus germani
• Teuponis, Baruncellus, Codimundus et Sinualdus de
• Furconae, qui se in eisdem coenobiis (Farfa e San Sal-
• vatore) et serviendum I)eo devoventes, ibidem con-
• donaverunt » (i); rna la lista é tutt'altro che completa,
giacché l'archivio di San Salvatore ' andato interaniente
disperso o distrutto. Disgraziatamente non
tutti i candidati alta rita cenobitica s'ispiravano ahora
ai piii sublimi ideali; e poco mancó che la badia non
fosse coinvolta nella congiura che, verso questo stesso
tempo, si ordi in Roma contro 1' antipapa Costantino.
Mentre Paolo 1 lottava ancora colla morte nel monastero
di S. Paolo sulla Via Ostiense, Totone, duca di
Nepi, approtittó della confusione del momento per invadere
la cittt e per coilocare sulla cattedra apostolica
ji proprio fratello di forne Costantino. Tra i piii
fieri avversari dell' intruso erano Cristoforo, primicerio,
col figlio Sergio, sacellario papale, i quali decisi ad
invocare contro di lui 1' aiuto di re Desiderio, onde
rinluovere da toro ogni sospetto, sirnularono di voler
abbandonare la politica e il mondo per ritirarsi a condurre
vita penitente nel monastero del Salvatore. Sparsasi
la fama di questa risoluzione, Costantino si guard
(x) op. cit. III, 11-2.

1 2 1. Sc/ius/er [400]
bene dal contrastare loro tale vocazione, onde Cristoforo
e Sergio dopo giuratagli fedeItt, uscirono di Roma
senza incontrare altre difficolt, e in cambio di con.
dursi subito alta hadia, il cui abbate era impaziente
omai dell'indugio, proseguirono invece ji viaggio sino
a Spoleto. Quivi, esposto al duca Teodicio tutto ji
piano della congiura, ne ottennero delle scorte armate
che ti condussero in Lombardia al re Desiderio, cui
esortarono a liberare la Chiesa da tanto seandalo; rna
dopo che ebbero conseguito il loro intento, in cambio
di ritirarsi sul Letenano, come voleva i'abbate, tornareno
invece alto mate arti di prima, cosicché, quando
ji pericolo 1' indusse nuovarnente a vagheggiare lo
stato monastico, era troppo tardi, giacché incontrarono
la morte per furore di popolo (i) suile vie di Roma.
Nell' agosto 794 intervenne uno scanibio di beni
tra 1' abhate Mauroald di Farfa e « domnum Usual-
• dum iternque abbatem monasterii Sancti Salvatoris
• quod situm est in territorio Reatino, loco qui voca-
• tur Laetenandus, sive Boianclus ». L' atto fu redatto
• Farfa alta presenza dei due abbati, e da parte della
comunitt del Salvatore fecero da testimoni 1 monaci
• Frodiperto presbyter, Leofanus presbyter, lohanna-
• cius diaconus, Theoclipertus diaconus, Feoprandus
• presbyter, l'ulco diaconus » ( 2) quasi tutti nomi Iongobardi,
i quali dovevano appunto costituire la grande
maggioranza della comunitt.
La caduta di re Desiderio per opera di Cario Magno
non pregiudicó punto alta fama e agli interessi
material¡ del monastero, clic dopo d'aver goduto la
protezione dei sovrani longobardi s' acconció in pace
a seguire la politica pontificia, tutta ispirata a favorire
(i) Lib. Poizfzj. (ediz. DUCIrESNE), T, 469.
(2) Reg Pan. II, 133.

1 II inonas'; //Xii'vafore 3
1 Franchi, cosi che San Saivatore, insietne con Farfa
e Sant' Andrea sul Soratte, fu computato tra i ¡nonasteri
regi del nuovo regno carolingio (i). Da una lettera
d' Acuino al monaci del Letenano rileviamo che
la fama della loro osservanza monacale era celebre anche
al di lá dei monti, giacché ji potente maestro di
Carlo Magno, dopo d' ayer sollecitato una prima volta
in suo favore le loro preghiere per mezzo dell' areive-
SCOVO Angilranno di Metz (j- 791), qualche anno dopo
scrisse una nuova iettera in termini assai affettuosi, in
cui, facendo gli elogi della loro vita, Ii esorta a rendersi
sempre pii degni del titolo di « monachi Sancti
Salvatoris », come si chiamavano. 1 cenobiti del Letenano
non mancarono da parte loro di trarre profitto
delle benevole clisposizioni d' Alcuino, giacché dalla
inedesima lettera sappianio che gli avevano spedito
un messo a cagione d' alcuni negozi che avevano
con Carlo Magno, e che ji maestro aveva interposto
gia in loro favore 1' opera dell' imperatrice Luitgarda
çt 800) (2).
Quaiche anno apprcsso, nell'aprile 807, poco mancó
che una ]¡te tra l'ahbate Benedctto di Farfa e Leufo
di San Salvatore non turbasse l'arnicizia che sin da
principio era sempre corsa tra i due cenobi. Non
ostante la clistanza ecl ji camniino disastroso che le separava,
le due comunitá si erario sempre considerate
come un'unica fainiglia, cosi che spesso si scambiavano
delle visite reciproche, specialmente in occasione dello
feste piú solenni, e concedes-ano assai facilmente ai
loro monaci ji passaggio dail' uno alI' altro mona-
(i) De linpe'ralaria /oleslafe in Urbe in I'afroi. ¿al. k.NI tGNE),
CXXXIX, col. 52.
(2) Alcuiai Eftisl. X.V jo Patrol. ¿al. (MWNE), vol. C,
colI. 173-4.
L,

14 1. .S'c/iu/ci [40 2]
stero (i). Avvenne tuttavia che un tal Palombo, dopo
a yer fatto intera cessione a Farfa di tutto il suo avere,
riserbandosene, giusta ji consLleto, 1' usufrutto, qualche
anno dopo con una nuova carta ne attribui ji pos
sesso al inonastero di San Salvatore. Alla di lui morte
i due abbati cercarono ognuno di far prevalere le proprie
ragioni, ma non potendo accordarsi, deferirono la
lite a Rieti, ove era la sede tradizionale del Castaldato.
II giudizio fu tenuto neil' oratorio farfense di
Sant' Angelo « ad pontern fractum » e al banco dei
giudici, oltre Leone « sculdahis », Spento, (iiuseppe,
Costantino e Gudiperto sedeva anche V« archipre-
« sbyter » Stefano, i quali tutti cominciarono co]l'esame
delle rispettive carte di donazione. Quella in
favore di Farfa datava dal tempo del duca Guinirhi
(789) e del castaldo Lupo, nientre 1' altra del Sa]vatre
ricordava il posteriore castaldato d' flderico.
Assai verisimilmente nel febbraio quando i
figli di Lupo seclevano in giudizio a Rieti, senza che
ji documento faccia alcuna menzione del padre (2),
questi doveva esser morto giá da qualchc tempo, tanto
pi1 che due anni appresso i suol eredi fecero anch'essi
(i) Reg. Farf. V « ab ohm inter ipsutn (Salvatoris) istum-
• que conveiituui magna concordia et dilectio continua extiterunt,
• et de nostris ad vos el de vestris ad nos eiindi et redeundi
• cuicumque libuerit semper hicuerit, nuhhique aliquando denega-
• tum fuerit. Qua propter tempore hiernis vel aestatis, familia-
• riter et domestice uterque conventus multotiens permanere
• consueverat ». 1. uso dei Farfensi di trasferirsi d' estate sulle
alture del Letenano si conservato sino a quest iltimi tenipi,
ma aH' infuori della tiotizia contenuta nel documento citato non
sapevarno nulla (]ella consuetudine de¡ monaci del Saivatore di
trascorrerc a Farfa una parte dell' invento, oxide sfuggire ai rigor¡
del freddo. Cf. Episi. Hugonis ah6 p/iah. ad
Landuinzini venerab. aM. ,nonas j. t)omini Sah'a/oris ... 1. cit.
(2) Re,,«. i7arf, II, 151-2.

[403] 11 monas/ero del Sa/va/are 1 5
testamento in favore di Farfa (i). Non sappiamo certarnente
quando cominció II castaldato d' liderico, ma
in un giudicato del maggio 798 egli apparisce git iiivestito
di quest' ufficio (2).
Per sentenza de¡ giudici la donazione di Palombo,
siccome lesiva degli anterior¡ diritti dei monaci di F'arfa,
fu dichiarata invalida e i'abbate Leufo fu consigliato
a non insistere oltre in que] processo (a); rna quasi
con temporanearnente venne a consolarlo una donazione,
ricordata ¡ti un documento farfense del 17 gennaio 815,
in cui un tal Scaptolfo d' Ilderico, offrendo ji suo avere
a quella badia, eccettua: « illam portionem da Gaide-
« risino, tiano meo, quam iam antea ciedimus in
« monasterio 1)omini et Salvatoris » ().
Cosi un 1)0' alla volta il patrimonio territoriale venne
ad ingrandirsi considercvoimente, tanto che troviarno
estendersi ji suo possesso non pur in Sabina, dove
possedeva, in condominio coi Farfensi, Arci (a), 1' intera
Celia Nova (6), delle terre a Quinto ( y), ji « Gualdum
(i) Cf. le doiiazioni dei tre figli di Ltipo al monastero di
Faría j I 1 7 e j i 27 marzo 809: Reg. ízr/1 11, 158-9.
(2) Reg-. Parf. 11, 142. 111 tIti giudicato dell'S dec. 813 egli
nonijuato irnnediatamente dopo ji duca (tiinichj col titolo
• Jijiderici Inaximi castaidi (/?ej. l-irf. II, 168).
(3) Op. cit. it, 167-8.
(4) Reg. birf, II, 17-4.
(5) Reg. bilf. V, 278: « Locus qui nominatur Arcis me-
• dietas nobis pertinet et alia medietas cst ntonastcrii Sancti Sal-
• vatoris ».
(6) cliron. birf. (ediz. BAIZANI), 1, : « Celia Nova (in
• territ. reatino) quac pertinet Monasterio Saivatoris ».
(7) Rcg. /irf III, 22, ove tra i contini ricordato : « Fe-
• deni tenentem in terra de Monasterio L)omini Salvatoris, et
• de duabus partibus tenente congrego simiiiter de monasterio
« Domini Saivatoris ».
o

1 6 JSclius/er [404]
Novum Mizinum » (i), Formello reatino (2), 1' enfiteusi
del casale « Sepicianum » (,), le chiese di San
Giovanni a Rieti (4), Sant' Andrea, Santa Maria di
Poggio Moiano, San Giovanni « de Toche », San Giuliano
« prope Tiberim » (), la « curtis » di San Pietro in
Meiana (6), dei beni a Terni () e negli Abruzzi (8), un
gran numero di « pagi » in Sabina, donde poi sorse
la diocesi di San Salvator Maggiore, e una quantitL di
castelli, rnonasteri e borgate nella Marca di Fermo (o).
Ci vorrebbe altro a rintracciare la storia patrimoniale
della badia del Letenano attraverso le carte farfensi,
1' unica fonte che nc faccia spesso menzione; essendo
sconiparso da molti secoli 1' archivio del Salvatore, se
É ricorciato iii una cartula del¡' ottobre 959 : Gualduin
« novuni Mizinum, de monasterio Domini Salvatoris » Largi/.
Farf. 1, 136).
(2) « Ferra Dornini Salvatoris quae vocatur Formellus »
del maggio 958 (Largil. Far/ 1, 16,).
() « Monasterium etjam Domini Salvatoris tenet partem
• nostrarn (le Casale Sepiciano, iii quo est ecciesia Sancti Mar-
• cellini » ( C'/iron. Fa.rf. 1, 296).
(4) « Celia Sanct'i 1 ohannis (Reate) tenens secu m i 11am por-
• tionem monasterii Domini Salvatoris » del 17 april. 847 (Rg.
Farj. II, 243).
(5) Cf. Reg. Ifonorii III, 6 sept. 1220 (ediz. PRESSUT1, 1,
0. 2154.
(6) keg. FarJl V. 286.
('') « intro ipsam civitatem de Teramne, iii regione prope
• sanctum Angeluni ... res suprascriptae ecclesiae Sanctae Ma-
• riae, quas tenet Sanctus Salvator » (Reg. Falf V, 7).
(8) Cf. IJOHEILI, 1/a//7 &zcra, 1, 352, 4.
(9) In una carta farfense del sett. io¡8 tra i confin¡ in territorio
ascolano si ricordano: « in ipsa valle Sancti Silve.stri
a secundo latere terra Sancti Salvatoris » ( Reg. Fa!/. III, 174).
In seguito passarollo a San Salvatore quasi tutti i possedimenti
dei Farfeusi nelle Marche (cf. Synodus Farí sub caro/o ('ard.
Barberinio, pp. 999-1023).

[40 5] 1/ monas/ej-a (121 .Sa1va/o; 1 7
pure una volta esisté (giacché fin dali'undecimo secoio
l'abhate Landuino si rivolgeva ad Ugo abbate di F'arfa
per ricercare in que] tabulario i documenti relativi alla
loro mutua famigliaritt (i)) impossibile di rintracciare
le condizioni della forniazione di questo patrimonio
colossaie, che gI' imperatori carolingi assai accortamente
fregiarono col titolo d' imperiale.
Nelie carta di Farfa i beni di San Salvatore appariscono
tutti frastagliati e intersecati da que]]¡ farfensi,
e l'osservare che veramente sorscro tra le due badie
delle contestazioni a cagione di tale vicinanza, e la
miglior confcrma delle tradizionali relazioni di antica
amicizia che ci descrive 1' abhate Ugo di i-'arfa. Libero
ognuno d' estendere quanto pii potesse i propri domini
senza pregiudicare ah' altro, farfensi e salvatoriani s'intesero
a meraviglia insieme per pi1 secoli; ji Salvatore
aveva beni e vassalli entro la « massa de Buc-
« ciniano > (2) a un trarre d arco da Farfa, mentre
questa possedeva ji castello di Longone, di Maiia]ardo,
i pagi di Senia, Celia Nova e San l3enedetto quasi
alle porte di San Salvatore (a). Verso ji 1017 i'abbate
Ugo propose a Lancluino, abhate del Ietenano, una
permuta, jo vista appunto della reciproca difficoltt che
recavano loro l'amrninistrazione di que¡ possedimenti;
ma nuila ci assicura che ¡1 suo corrispondente abbia
secondato que¡ progetti (4).
De lioc vero quod nos consuiens requisisti, lucidius
• exquirentes, cartas et tomos sive membrana nostrae ecclesiae
• autentica munimina reperimus et antiquissilna, quae pro cerco
• continent quod ab oiini inter ipsuni istumque conventurn ma-
• gna concordia et ddectio continua extiterunt » (Epi.vf. JIiíúnis
abb. ad domnum Landuinwn ¡u /Yç'. Farí. V, 25
(2) Rg. J:/• JJJ 22.1-5.
() Reg. "if. '', 286.
() Loe, Cit.

1. Sc/iusle;- [406]
Tanto disinteresse pera i Salvatoriani non lo mostravano
punto coi vescovi di Sabina, col qua]¡ anzi
talora furono in aspra ]¡te. Cosi jI 14 giugno 879 Giovanni
VIII dové intervenire nella lite tra 1' abbate
Anastasio e Gauderico vescovo sabinese, che reciamava
contro ji monastero la chiesa di San Valentino
« in Sabinis » ( i). Per quella volta 1' abbate el)be
torto, ma pochi anni prima egli era giá riuscito contro
ji vescovo di Rieti a far rescindere da Ludovico IT
• praestarias ... quas Petrus reatinhis episcopus cum
• [--lonorato abhate iniuste fecit » (2). Conosciamo
quest' Onorato, troppo spesso indicato a torto siccome
ahbate di Farfa, da una iettera a lui diretta da Leono
1V, nella quale ji pontefice si lamenta che la badia
del Saivatore sia ancora riiuttante a sostituire i propri
riti liturgici, importati forse da¡ primi fondatori franchi,
col Sacramentario e le melodio Gregoriane, introdotte
omai dappertutto: » Res una valde incredibilis auribus
• nostris insonuit, quae si veritati coniungitur magis
• ius vestrae 3) gravitati detrahit, quam perornet,
• magis tenebrat, quam splendescit; idest cum dulce-
« clinem Gregoriani carminis cutn sua quam in ecciesia
• tradicione, in tantum perosam haheatis, ut in omnibus
• in hujusmodi ratione, non tantum ab hac proxima
• sede, sed et ab omni pene occidentali dissentia-
• tis ...» (). 1 monaci di San Saivatore consideravano
ji loro rito speciale sicconie una gloria della loro badia
che andava gelosamente conservata, per lo meno siccome
una parte assai importante del patrimonio liturgico
) K EH R It'e,. Ru,nan. /onti/fruui 1V, 25.
(2) Ag. Iii:/. III, 12.
(3i La lezinne nostrae » della Goffrcfi, Britannica IlOfl ha
senso.
() LÓWENFELD, /bist. Pon/if. Roman. Berolini, 1885: « Ex
s Registro I.eonis 1V Honorato abbati ».

[407] II monas/ero del Salva/ore i
latino nel periodo pregregoriano, rna le litro ragioni
non incoritrarono grazia innanzi agli ideali di assoluta
uniformitt rituale propugnati da Roma, onde Leone IV
termino la lettera minacciando in caso di disubhidienza
di colpire 1' abbate Onorato coi fulmini dell' anatema,
Assai piü benignamente qualche decennio prima
Pasquale 1 non aveva creduto di recare a]cun affronto
• san Gregorio, contrihuendo coi suoi ricclii (lonativi
• rendere piit maestosi i riti liturgici dei monaci del
Letenano. Li ricorda il Liber Pontificalis: « Fecit ¡ti
• monasterio Salvatoris Domini nostri lesu Christi sito
• in territorio Reatino vestem de Chrysoclavo cum
• historia qualiter idem Dominus noster lesus Christus
• cLim Archangelis et Apostolis in coelo coruscat, mira
• pLilcllritudine, diversis ornatani margaritis. Item in
• jani dicto Monasterio ad ornatum sacri Altaris aliam
• obtulit vestem de fundato, habentes cruces de blat-
• thin byzantea et perichysim de Chrysoclavo, mirifice
• ornatam » ( i). Poveri ricami o margarite destinate
un secolo piii tardi ad arnicchire ji bottino dei Saraceni.
Non abbiamo alcuna descrizione dell' edificio hadiale
verso questo tempo, che pure fu quello del massimo
spiendore; ma sappiamo solo che, oltre alla basilica
dedicata al Salvatore, un' altra recava anche ji
forne di S. Pietro, e in un gruppo di martirologi dipendenti
da un comune archetipo del Letenano (2) si
i) Lib. Pon/::/. (ediz. Dt:cr.rEsÑE), II, 59.
(2) II gruppo é rappresentato da¡ seguenti rnanoscritti
« Martyrolog. S. Mariae Transtib, » (Mus. Britann. ms . add.
1480I); ) Archiv. Capil. Basílica Vaticana, H, 58; 3) Monast.
S. Ciriaci in Vía Lata (Valliceil. F. 5); 4) S. Nicolai de Ciconja
(Cassin. CLXXIX) ; ) Ottobon.-Vatic. Latin. o. 3 ; 6) Bibliot.
Bodleiana di Oxford (cf. ilíada,,. .S'ummarv Ca/a1ojue of ¡f'es/ern
jJ.çs. it. 32557. Le ]ezjon j comuni sotio: xvi kal. febr. Dedi-

20 1. Sclzuster [408]
trova notata la sua consacrazione ji 28 settembre (i):
« in Monasterio Domirii Salvatoris dedicatio basilicae
« beati Petri Apostoli ». Cosi si spiega 11 motivo perché
Pasquale 1 don due distinti drappi per gli altan
del monastero. Sappiamo parimenti che in quel
periodo di traslazioni dei corpi dei Martini inaugurato
da PaoIo 1, e poi seguito sotto ' Pasquale 1, quando,
a cagione dell'abbaiidono dei cirniteri suburhani, papi,
vescovi ed imperatori s' affrettarono a chi potesse
pii arrjcchire le proprie chiese di sacre Reliquie,
anche i monaci di San Salvatore ebbero la loro
parte in quelle pie devastazioni delle Catacoinbe cd
ottennero it corpo del inartire Ippolito, giá sepolto ¡ti
una speciale basilica neIl' agro Verano. La traslazione
su! monte Letenano segnata nei martirologi ji di 9
maggio: « Beat. Ippoliti martyris, quando sacratissi-
• mum corpus eius translatum est in cornitatu Rea-
• tino in monasterio Domini Salvatoris » cd it suo
culto dur', a tungo nel monastero. Oggi la sua tomba
• catio basilicae monasterii Doniini Salvatoris. Apud Anti-
• quos dedicatio L)omini et Salvatoris quod situm est in Lacte-
• (nano) vii idus maii Beati Ippoliti martvris, quando sacra-
• tissimum corpus eius translatum est in cornitatu Reatino, in
• n1onaterio I)omini Salvatoris. Iv kal. octobr. In monasterio
• Domini Salvatoris dedicatio basilicae beati Fetri Apostoli »
(cf. it. (JUENTIN, Les Mar(rofoes fis1oriq. da nior,',, - ge,
36 .45). 1n breviario del secolo XV che da San Salvatore emigró
a Faría, ¡¡id¡ a Subiaco e di lá nuovaniente a Faría, per
poi 6nire neIl Archivio del Procuratore Generale dei Casainesi
a Roma reca te .seguenti note liturgiche relative alle tradizioni
agiograficlie del cenobio Letenano : « Iv flOfl. tul. Dedicatio
« ecclesiae Saneti Salvatoris 1553 » (Rubricata, e la data coincide
quasi con quella di Faría) « kal. mart. Trauslatio beati
• herculani episcopi et martvris » (al. man.) « idib. aug. \po-
• lithi et sociorum eius xli lechones ».
Cf. Qt'Exrixt, op. Cit. 36.

[409] 11 mwuzsiero del SalvaIre 2
affatto ignorata, ma ji inistero che ricopre le sue
reliquie in perfetta armonia con quello che avvolge
tuttora la figura d' !ppoiito, ji primo degli antipapi;
rna senza dubbio uno dei gen¡ piii potenti del Cristianesimo.
La icggenda assai presto si sbizzarri intorno
a lui: chi lo volie vescovo orientale, chi di Porto, chi
inline 1' inseri nel catalogo episcopale di Roma, giusta
ji titolo di vescovo romano, che egli stesso s' attribuisce
nelle sue opere. Dopo II suo martirio in Sardegna,
le suc reliquie furono trasferite in Roma presso la basilica
di San Lorenzo, ma questa vicinanza contribui ad
imbrogliare ancor pii la leggenda, sicclió afla fine ji
Pontefice, ji Dottore e ji Martire dovó contentarsi
della parte d' un modesto soldato convertito alfa
fede (la san Lorenzo. Ignoriamo la data della sua
transiazione riel monastero di San Salvatore, ma una
chiesa farfense intitolata a liii a Fermo, e fondata
prima del 7()i, pu6 essere in qualche relazione con
lo sviluppo (lelia devozione lopolare cui dié oecasione
questo trasferimento clelle Reliquie (i: nella
famosa badia.
Le fonti farfensi ricordano Ja visita dcli' abbate
Anastasio a quel rnonastero nella Pentecoste deli'anno
872 in circostanze assai importanti per la storia d' Italia.
I..odovico II, dopo la sconfltta riportata a Benevento
da Adeichi, a riparare 1' onta soiferta era ricorso
al papa, per ricevere da iui in forma solenne
insienic colla corona del]' impero di Carlo Magno anche
la pienezza della potestt cesarea sui ciucato beneventano.
1 preliminar¡ della cerimonia della consacrazione
non dovevano svolgersi senza qualche difflcolti,
oncle 1' accorto priricipe, visto che ]'ambiente romano
per lui era tutt' altro che sicuro, nientre ancora pen-
(i) Reg. Farf. II, 48, 55-6.

22 1. Sckns/er [410]
devano la trattative col papa pci sacro rito, si cliresse
alla volta di Farfa, ove trascorse coi monaci le feste
della Pentecoste (i). Fu qui che, tra gli altri, ricevé
anche gli omaggi dell' abbate Anastasio e dei monaci
di San Salvatore, di che 1' Augusto Ii rimeritó pochi
giorni dopo da Roma con un diploma in data del
28 niaggio 872, in cui consacra il ricordo di quella
solennita, trascorsa nella badia di Farfa. « Cum san-
• cto die pentecostes in monasterio sanctae Dei ge-
• nitricis Mariae, quod situm est in territorio sabi-
• nensi, moraremur, et per hasilicam atque refecto-
• rium, simul cum monachis eiusdem coenobii, necnon
• et de monasterio quod est proximum in honore Do-
• mini et Salvatoris nostri, reverentiae causa, deam-
• bularemus, nemine mortalium suggerente vel corn-
• moliente ». Oltre la conferma dei beni di Farfa e di
San Saivatore, 1' imperatore « in medio monachorum
• coilegio, astante quoque fidelium nostrorurn multitu-
• dine » e alla presenla dei due abbati Anastasio e
Giovanni di Farfa. rinnov loro gli antichi ¡nundiburdi
imperial¡, determinando che le loro aaioni legal¡ nc
godesscro tutte le guarentigie. Vennero annullati i
contratti onerosi conclusi da¡ monaci del Letenano
sotto 1' abbate Onorato col vescovo Pietro di Rieti, e
i diritti di pedaggio, le tasse su¡ mercati e le decime
che solevano riscuotersi alla porta de¡ due cenohi a
servizio della foresteria e dello « xenodochium » furono
nuovamente ratific'ati (2).
Tanta generositt da parte di Ludovico II streniato
allora di forze e di danaro ha pure il suo caratteristico
retroscena che ci fa meglio intendere lo scopo
della sua visita a Farfa e della presenza coVt delle due
(i) Á'eg. Ea P . III, ¡1 iiot. 3
(2) Op. Cit. lii, 12

[4 111 JI monasieró dci Salva/ore 23
comunitL monastiche. Infatti, dall'anonimo libello « De
imperatoria potestate ¡o Urbe » rileviamo ji vero significato
del carattere iniperiale di F'arfa, di San Salvatore
e del Soratte, che, perdutosi di vista i'antico
concetto del guargangato e del mundio langobardo,
era divenuto un semplice titolo fiscale che attribuiva
alla Corona 1' alto dominio sol patrimonio monastico
• Monasterium Domini Salvatoris. territorio Reatino
• iuxta montes Letiniano seu Hogianum et defensionis
• suis palatii iniperator (Ludovicus 1) kamere suae
• concessit » i i ). Ii che praticamente significava che
questi monasteri avevano 1' alto onore di fare le spese
della corte imperiale durante ji suo soggiorno nel ducato
romano, oltre le altre derrate e tributi che dovevano
spedire sino ¡ti « Erant denique monasteria
• in Sabinis l)ornini Salvatoris et Sanctae Dei Geni-
« tricis Mariae, necnon et monasterium heati Andreae
• Apostoli iuxta montem Soractis, seu coetera fiscalia
• patrimonia intra romanos fines ad usuEn imperialem,
• Non solum ¡o Italico regno, verum etiain in Francia
• proficiscebantur monachi ferentes vectigalia, viiia et
• alia donaria iuxta virium posse » (2. Tale uso si
mantenne sin sotto Carlo ji Calvo, ji civale, o r!serv('
al comune romano, o rimise del tutto le gabelle dovute
alla regia camera da questi monasteri (ii testo ammette
cosí 1' una come 1' altra interpretazione) : « \Tcniens
« Romam renovavit pacturn cum Rornanis perdonans
• illis jura regni et consuetudines illius tribuens illis
• sumptus de tribus supralictis nionasteriis, idest Do-
• mini Salvatoris et beatae Mariae semper virginis in
(t (Jnonic. llenedicti nwnac/'i S. A#idreae in Pa/rol. Lal.
CXXXIX, coIl. 37-8 (non ho a mano Ved. piti recenle).
(2 De Impera/oria Po/es/ale in (e in Pa/rol. Tal. CXXXIX,
col. 52.

24 1. Sc/ius/er [412]
« Sabinis, atque Sancti Andreae > (3). In seguito ritroviamo
delie traccio di questi cliritti fiscal¡ su¡ monasteri
imperial¡ sin nel secolo XI; anzi un documento
deil'agosto ioi, relativo ad un accordo tra gli abbati
Ugo di Farfa e Landuino di San Salvatore, ricorda
esplicitamcnte u « fodrum » de]]' imperatore:
« Perdonavit fodrnrn de castello et de villa de Bucci-
« niano ad praetiictos eius homines (monasterii Do-
« mini et Salvatoi-is) quod cornites colligere solent,
« excepto si ad opus imperatoris aliquo tempore col-
« lectum fuerit » ( 2).
Ignoriamo le circostanze (Iell' assalto dei Saraceni
afla badia e dell' iflCefldio che vi appiccarono circa
l'anno 891. 1 Fasti ftrfensi contengono solo di seconda
mano quest'arida notizia: « anno DCCCXCI, md. viiii,
« Guido imperator monasterium Salvatoris a paganis
« incenditur » (3); ma probabile che i monaci, clictro
l'esernpio de¡ l"arfensi, abhiano preveduto a tempo
il pericolo ponenniosi in salvo iielia Marca e nel Reatino,
cinve ji loro patrimonio é ricordato in una carta del
, ottobrc 936 j ,I. Dopo la vittoria di Takipranclo a 'l'rebula
Mutuesca e quella affatto decisiva riportata da
i) Op. (it. col. 56. La prima ipotesi ci sembra assai pii
probahile, giacché ji testo distingue molto bene con due verbi
differenti « perclonans » e « tribuen » luello che Carlo ji Calvo
rinlise semplicenieiite al Comune da quello che positivamente
gli auribuí a impinguare ¡1 suo scarso erario municipale.
(2) R. J-ar/. III, 224-5.
3) Reg. Ear/ II, 15.
(4) « ab uno latere terra de monasterio Donuni et Salvato-
• ns, et ab alio latere terra episcopi reatini, pdem tenet in
• terra (le monasterio 1 )omini et Salvatoris » E(rrf. 111, 52).
II documento reca 1' a, no 936 dall ' i ncarnazione, nia 1 altre note
cronologiche sano cosi contradittorie fra di loro che non y'
modo di conciliarle; onde gli editori ri6riscono la carta al 936
con un segno di dubhio.

[.. i ] 1/ monas/ero del Sa/va/ore 25
Giovanni X su] Garigliano 1' astro dei Saraceni tramonta
per sempre su] cielo «Italia, onde successe un
periodo « intenso lavorio di riordinamento e di restauro
di quanto era stato distrutto da¡ Pagan¡. Le cronache
e i regesti dappertutto ci parlano di riforrne e di riedificazioni
di chiese e di monasteri; da principio si toglie
danaro a imprestito a pagare architetti e pittori, ma
dopo pochi aun¡ gli antichi patrimoni episcopali e monastici
vengono ricostituiti e reintegrati in tutti i loro
diritti, sicch6 dopo gil orrori del ferro e del fuoco, notiamo
succedersi un periodo di riugiovanimento sociale,
un rigoglio e un' esuheranza di forte che prclude alta
« vita nova » del secolo XIII al tempo da¡ Cornuni.
Trascorsero tuttavia lunghi anni prima clic sol
monte I.etenano Scomparisse ogni traccia del fuoco
appiccato da¡ Musuiniani, giacché i Fasti farfensi riFenscono
che la nuova hasilica del Salvatore yerme riedificata
soto nel 974, circa mezzo secolo dopo che era
stata riparata quella di Farfa: « I)CCCCLXXII II,
md. Ti, aecclesia Doniini Salvatoris aediflcatur in fo-
• ¡ano. Domus Papa » Forse la nota martirologica:
• xvi Nal. F'ehr. apud Antiquos dedicatio Domini
• et Salvatoris, quod situm cst in Laete(jiano) » ( 2
ricordato nei codici dipendenti dail' archetipo Letenanense,
vuole alludere appunto a tluesta doppia consacrazione
delta hasilica del Satvatorc, una « apud an-
« tiquos » prima dell' invasione dei Saraceni, git celebrata
il 17 gennaio; l'altra dopo la ricostruzione del
974, festeggiata forse aun ualmente ji 4 luglio, come
ricorda Uli breviario del secolo XV: « IV non. ful.
« I)edicatio Ecclesiae Sancti Salvatoris, 1 .5 53 » (3).
(i) Re. J ':í II, 17.
(2) QUENTIN, op. cit. 36.
() Archiv. Procur. Gener, Cassin. Fondo Farit. II codice
non ha segnatura.

26 1. Schusfer [414]
Verso la fine del secolo X le relazioni tra ji monastero
di Farfa e di San Salvatore furono pii intense
che mai, in grazia sopratutto del celebre abbate C'go 1,
che strinse amicizia col nostro Landuino, cosi che i
Farfensi segnarono la data inaugurale del governo
nei loro Fasti, come una delle date pii importanti per
la storia della badia: « MI. md. xirii. Otto imperator
EL Landuinus abhas » ( t). Fu verso ji 1014 che Cgo 1,
rientrato in possesso dei castelli abbaziali di Tribuco
e di Bocchignano, giá occupati da¡ Crescenzi, ottenne
da Benedetto VIII ji « districturn et placitum » (2)
su quelie terre, come 1' esercitavano altra vo]ta i « Co-
« mites » di Sabina (3). Altri vasti possedimenti del
monastero di San Salvatore a San Pietro di Meana,
rientrando nella circoscrizioiie comunale di Bocchignano,
sarebbero stati percit' soggetti ah' ahbate di
Farfa, ma Landuino, giovandosi delle suc buone rdazioni
con Cgo, lo pregó a concedere ai suoi vassalli
di quelle terre un - ampio privilegio di larga esenzione,
perchi non riconoscesscro altra autoritá al!' infuori di
quella di San Salvatore. Cgo, inteso a favorir l'amico,
acconsenti, e ne]l'agosto ioi8 emana un Costituto, in
cui esimé dalia giurisdizione di Farfa i colon¡ di Meana,
tranne ji caso che dovesse rilevarsi it « fodro » per
l'irnperatore. L'abbate farfense inoltre si obb1ig a difendere
i vassahhi del Salvatore, come i suoi propri, rna
Landuino a sua volta accondiscese che essi venissero
iscritti tra i castellani di Bocchignano, adempiendo fe-
(Ielmentc all'obbligo di montar la guardia alla fortezza
e di prestare omaggio di fede1tt alt' abbate di
(1) Rç. Fa,f II, i.
(2) keg. Farf. lii. 198-99.
(,) « ut homines ad placiltuli duceret, sicuti cornites de co-
« mitatu sabinensi antea facere soLebant » (/i'eg. Farí III, 224.

[4 i 5] II monas/e,-e) del Sa/za/ore 27
Farfa, come suoi ven sudditi feudali. In caso di delitto,
d' adulterio, stupro, omicidio, incendio o tradirnento
della piazza forte, i colon¡ di Meana dovevano sottostare
al tribunale dell' abbate di Iarfa, ma quello del
Letenano aveva diritto d' assistere inpersona o per
mezzo d'un messo; ad ogni modo egli ritirava la meta
delle multe (i).
L' atto generoso d' Ugo fu approvato a rnaggioranza
di voti da¡ suoi monaci, ji che formó motivo a
Landuino di stringere sempre piii i vincoli ci' antica
arnicizia che univano le due grandi badie imperiali,
incaricando it Farfense di farne clelle ricerche in pro.
posito in que] copioso archivio. Ugo gli rispose dopo
qualche tempo, annunciandogli 1' ottima impressione
prodotta nella comunitá per quel loro accordo. Quanto
alle ricerche istituite, dalle c< cartas, tornos sive mcm-
« brana, nostrae ecclesiae autentica n-iunirnina et anti-
« quissima » risultava che sin da principio tra Farfa
e San Salvatore era esistita una corrente di mutua
simpatia, tanto che era assai facile ai monaci il pas.
saggio dail' una alt' altra cornunitt. D' estate quei di
Far& solevano recarsi in gran numero sulle alture
del Letenano, mcntre ci' inverno i Salvatoriani scendevano
nel piano lambito da] garrulo fiurne Farfa, ove
le due comunitit trattavansi con ogni riguardo di fa.
miliariti. ed arnicizia. La presenza de]]' ahbate Anastasio
a Farfa quando Lodovico II neIl' 872 visita la hadia,
aveva fornito 1' occasione che 1' imperatore coml)rendesse
in un unico diploma, conccsso in comune agli
abhati Giovanni farfense ed Anastasio, la conferma
dei rispettivi patrirnoni abbaziali; e infatti la storia
dello svolgirnento della potenza territoriale farfense dimostrava
che mai era sorto alcun alterco coi monaci
1i Reg. /°:f. III, 224-5.

2S 1. Sc/iuter [416]
del Letenanc) a cagione d' interessi pecuniari e amministrativi.
Lo stato di Farfa si prolungava sin quasi
alle porte stesse di San Saivatore ove possedeva Longone,
San Benedetto, Malialardo, Celia Nova e Leenie,
rna questi beni che facevano parte del patrimonio
farfense sin dafl' VIII secolo (i) intralciavano
1' arnministrazione della badia che difficilmente poteva
sorvegliare la loro coltivazione a cosi grande distanza.
San Salvatore si trovava neile identiche condizioni,
oncle tJgo 1 termin la sria lettera a Landuino ricliiedendogli
se una permuta di que¡ tbndi non fosse van
taggiosa ad entrambi (2).
Non sappiarno nuila se Landuino abbia aderito
alia proposta, ma ne dubitiarno assai, giacché in un
elenco dello usurpazioni subite da¡ monaci di Farfa e
presentato verso il u i 16 a Pasquale II, ritroviarno ricordati
gli stessi possedimenti descritti da Ugo neila
sua lettera a Landuino (3).
No] sinodo romano celebrato da Leone IX ¡1 29 aprile
1 05 0 fl occasione della canonizzazione di san Gerardo
vescovo di Toul, sottoscrivono tre prelati col
titolo di abbati di San Salvatore, onde difticile di
determinarsi nella scelta: « Perenesius abbas Sancti Sal-
« vatoris, lohannes abbas Sancti Salvatoris, Bonactus
• abbas Sancti Sa]vatoris » (); tuttavia i Padri intervenuti
al concilio, riel firmarne gli atti, conservano
l'ordine della rispettiva dignitt gerarchica che rivestivano,
onde ci sembra che le pretese di Perenesio
alla nostra sede abbiano in suo favore la piii forte
probabilitá.
(i) Reg. Farf. V, 209. Aun. 756. Privilegio di AstoN.
(2) Reg. I"ar/'. V, 285-6.
(,) Reg. /z,:f. V, 301-2.
(4) MAnILLON, Amiales O. S. R. IV, 739.

[. 171 11 monas/ero del Salva/ore 29
In una Carta farfense del luglio 1003 ricordato:
< Remedius presbyter et monachus atque praepositus
« de monasterio I)omini Salvatoris », ji quale nel castello
di Toflia assisté all'ultima agonia del conte Uberto,
giá cornmendatario farfense, e fa da testirnone aiia rinuncia
dei beni abbaziaii, che aveva occupati ingiustamente
sino a queil'ora estrema (i).
Talora peró i monaci da oppressi divenivano alla
loro volta invasor¡, in ispecie quando si trattava dei
diritti episcopali che cercavano d' eludere e di diminutre
coi loro privilegi papali. e co] dilatare i loro
possedimenti, imniuni per legge dalia giurisdizione
episcopale. In un tempo quando i rispettivi diritti s' intralciavano
e si collidevano a vicenda, non era difficile
che tra gli episcopi e le badie sorgessero delle
aspre contestazioni patrimoniali, che si protraevano
acremente per lungiii anni. La storia di Farfa offre
pii d' un esempio di queste liti, non di rado selvaggie,
ove le parti sostenevano a mano armata la causa
loro, incendiando, saccheggiando e menando strage
nel territorio dcii' altra.
La storia dei litigi fra Pietro, vescovo di Abbruzzo
e 1' abbate di San Salvatore, anch' esso di nome Pietro,
é rimasta tristamente famosa. Ci rimangono solo
i documenti da parte del vescovo, e perció necessariamente
partigiani, nei quaii si narra che i'ahbate aveva
sottratto al prelato insierne col monastero del Salvatore
« jo loco qui cognominatur Rernizi », molte altre
terre della sita mensa. Nel 1057 in un placito raccolto
nello stesso cenobio controverso alla presenza di Ernardo
« rnissus » imperiale, e dei vescovi Bernardo (11 Vicenza
cd Ottone di Novara, cancelliere dell' imperatore,
1' abhate fu costretto a cedere alle ragioni del
(i) Re,-. J'r/. III, 125.

30 1. Seliusfer [418]
vescovo Pietro (i), ma perché egli non se ne dié per
inteso, poco appresso venne citato di bel nuovo in
giudizio pci mese di luglio dello stesso anno 1057.
Comparso ji di prefisso innanzi ai giudici a Grassiano
negli Abbruzzi, 1' abbatc del Letenano rifiut dap.
prima di risponclere per mancanza dei necessari documenti
e del suo avvocato, che del resto dichiar di
non volere neppure avere; ma perché i ministri delia
giustizia non rin]asero punto soddisfatti di queste sue
millanterie, cosí egli, furibondo d' ira, se nc parti di
it alla testa dei suoi satelliti arniati, declinando la citazione,
cosi che il conte Gerardo « de comitatu Asco-
« ]ano et Aprutiensi, missus Domini Victoris papae »
condannancloio in contumacia, diede vinta la causa al
suo avversario (2).
Forse fu questo medesimo ahbate Pietro quello che
nel 1062 attribui 600 provine di terreno nel territorio
di les¡ alla prepoSitura di San Catervo a Toientino,
che dipendeva appunto da San Salvator Maggiore (,).
Ii Pennotto, donde rileviarno la notizia, non ci dá u
nome dell' abbate, ma ji documento a cui si riferisce
senza dubbio autentico.
En una lettera di san Pier Darniani al cardinale IIdebrando
a proposito del suo libro « Gomorrianus »,
rileviamo che Alessandro II, ad impedire la diffusione
di questo scritto, afla presenza dell' auto re simu1&i di
voler consegnare il codice ail' abbate di San Salvator
(i) UGHELLI, Italia Sacra, 1, 352; cf. KI-:EIR, 1/al/a Ponli-
Jicia, IV, 26.
-1 2) Op. cit. 1, ; KEHR, op. cit. 26; SAvINI, La Conlea
di Aftrtízio, P. 209, Ii. ti; 11 (BER, Grich/sllrkunde/, un. 1392,
1264, 1427.
Cf. G. PENN0Tro, Genera/is folias sacri Ordinis C'le,icoru?1
C'anonicoram Historia Tripartita, lib. JI!, cap. XXXVII.
P . 723.

1 9]
11 mawsíero del Salva fore
Maggiore perché glielo facesse trascrivere. II Damiani,
non sospettando di nulla, diede ji nlanoscritto perché
se ne prendesse copia nel monastero del Leten ano,
ma invece neila notte seguente ji pontefice fece trasportare
ji codice neg]i archivi papali, Jasciando che
1' autore mjnacciasse e protestasse a suo grado contro
quel tradimento (1) orditogli in forne dcll'amicizia.
Non é forse senza itnportanza che Alessandro El,
mentre in Roma non rnancavano delle huone scuole
cailigra fiche, sia ricorso ah' ahbate del Salvatore per
far copiare ji Gomorriano, e la meravighia cresce quando
si riflette che una particolare farniglia di martirologi
rapprescntata da mss, griá in USO a Monte Cassino, a
S. Maria in Trastevere a Roma, a San Ciriaco in
Via Lata e altrove dipenda da un archetipo del monte
Letenano. Non é ji caso (la questi scarsi elementi di
giungere subito sino ad intuire una speciale scuoia
Saivatoriana che avrebbe difuso in tutto ji ducato romano
ji culto deile lettere e delle arti, rna certo qualche
cosa pur vi dové essere, quantunque ora per no¡
sia irnpossibile di determinarne le condizioni.
Le fonti farfensi quasi per un certo decoro di famigiia
non ci dicono nulla circa 1' influsso che San Salvatore
poté esercitare su di loro; pera é notevole che
a Farfa fin da] secolo IX 1' abbate Siccardo abbia eretto
un celebre santuario dedicato appunto al Salvatore,
e che, precisamente come sul Letenano, eghi voile
fosse arricchito con alcuni corpi di Martini trasportati
(la Viterbo e da Roma (2). Di piii, come a San Sal-
(i) Ejisl. lib. II, u. VI in Pa/rol. [al. CXLIV, Col. 270.
(2) Cf. 1. SCHus -rER, Reliquie d'arle nc//a 6adia irnperia/c' di
Izrfa in ,lrchjv. de//a R. Soc. Rom. di .51or. ['oIr. XXXIV,
315 sgg. ; Id. iwar/yrologinn I'harfthense c.c apotpap/io Cardinali.s
For/zinali Tamhzrjnj O. S. E. ,,zs. saec. .V1 ¡vi Hez. ihnédici.
XXVII (1910), pp. 364-72.

32 í. ScIzu,r/er [420]
vatore y' era una seconda basilica intitolata a San Pietro
(i), cosi anche Farfa ebbe la sua basilica in onore
del Principe degli Apostoli, cui verso la fine del secolo
X Ugo 1 ricordava ancora come uno dei monumenti
piii antichi della badia (2) nei be¡ tempi del suo
rnassimo splendore.
Ala un secolo piii tardi, tra ji 1150-58, essendo
sorta tra i Farfensi la questione circa le respettive attribuzioni
del preposito e del priore, la lite andt' tant'
oltre che venne deferita al papa, non sappiamo se
Eugenio III, Anastasio IV o Adriano IV. Ouesti ne
incarícó Vgo vescovo d' Ostia e di Velletri, II quale
in una lettera diretta ah' abbatc impose che le parti
querelanti si conformassero alle consuetudini di Subiaco
e di San Salvator Maggiore (a), ove nci di festivi
1' abbate cantava 1' ultima lezione delle Vigihie otturne,
lasciatido che ji preposto e ji priore occupassero
dopo di lui i posti piii onorilici delia Comunit5. ().
II preposito seguiva imrnediatamente 1' ahhate, ma ji
(i) « ¡ti kal. Oct. lo monasterio 1 )omiui Salvatoris dedicatio
« basilicae beati Petri Apostoli » ( ÇuENTIN, op. cit. 36 sg.).
2) Des/rodio I-'arfensis 10 (71,011. 1zrf. ediz. ILI.zAN1),
30-1 cf. SCI-IUSTER, RéIiquie dar/é, ne/la badia iinperia/e di
Fa, ja, 295 sg.
3) Ki-i-ii O,,el/en and 1-'ars/zungen, IX (1906), 183, 11. 7
• lo concessi(Jllibus ecclesiarum praepoSitlls eligit tamquain pa-
• tronus, el prior ii1Vestit talnqnam episcopus ». Cf. Reg.
V, 313-15, Cf. 1' Appendice dove riferisco integralmente ji docuniento.
(4) Da¡ documenti jo questiolie risulta che anche San Salvatore,
come Farfa e Subiaco, nel socolo XI aveva adottato le
consuetudini di Clunv. E ignoto quando sia seguita questa
ritorma e qua¡¡ circostanze l'abbiano accompagnata, ma e suggestivo
jI falto che le consuetn(lini cluniacensi siano pervenute
a Farfa por mezzo d' una compilazione d' un tal Giovanni, monaco
d'un ignoto monastero del Salvatore, situato « Apuli », di
non facile identificazione (cf. ALBERS, (onsoe/ud. I.rf. pp. 2-3).

[42 i] II monastero del Salva/ore 33
suo ufflcio era come di vicario generale, condividendo
pera col priore la cura del governo dei monaci. Nelie
coliazioni del benefici ji preposito presentava i canclidati,
quasi fosse il patrono, ma era ji priore che concedeva
1' investitura come facevano i vescovi nelle altre
diocesi.
Cgo d' Ostia, riferendosi particolarmente agli usi
di Subiaco e di San Salvator Maggiore, aveva forse
in animo di dare maggior efficacia ai suoi decreti,
col risalire alle fonti stesse della tradizione farfense,
che derivava infatti, almeno in parte, dalia badia salvatoriana,
donde alquanti anni prima era uscito ji celebre
Adinolfo, forse ji piii iliustre tra gil abbati di
Farfa.
Nelia storia di quest' ultima hacia ho gia descritto
ampiamente II periodo burrascoso trascorso da] monastero
quando, dopo la niorte di l3erardo II (j- iogo), i
partiti popolari ebbero it sopravvento sul voto degli
elettori capitolari. Si succedettero abbati cd antiabbati
che spinsero Farfa verso 1' estrema rovina, ma disgraziatamente
lo scisma tra 1' Impero e la Chiesa, gl'interessi
politici ed economici della curia papale, del coniune
romano e dei nobili resero vieppii intralciata
la questione che in sé sarebbe stata di carattere puramente
interno e disciplinare, onde nei 1 125, non
ostante che lo stesso Guido III, stanco del suo tirannico
governo, si dichiarasse disposto ad abdicare al
comando abbaziaic, Callisto II inflessibile costrinse i
monaci a tornare sotto l'obbeclienza clell'esoso abbate (i).
Intanto sol monte Letenano i monaci trascorrevano
i loro giorni lietamente tranquilli sotto ji sag'gio goyerno
ci' Adinolfo figlio del conte Rinaldo, una delie
famiglie piii illustri e potenti della Sabina. II padre in
(r) Rg-. Frf. V, 320-21.
¡i: ^
o=í., 0^,un
15
4111
04 CAPP^

34 1. Sc/iuster [422]
que] funesto dissidio tra Chiesa e Stato professavasi
devoto agli ideali cesarei e diceva di voler mantenere
onorevolmente la fede giurata ad Enrico V; ji che
tuttavia non gI' impediva di trovarsi sovente in discordia
cogli imperialisti farfensi, in ispecie quando y' era
di mezzo 1' intercsse, o trattavasi di restituire loro i
beni abbaziali da lui, o da] padre, o da] nonno suo ingiustamente
usurpati (i).
Lo spirito guerriero ora come nel sangue dei Rinaldi,
onde anche Adinolfo trascorse i suoi primi anni
di governo a San Salvatore in continue guerre (2), cosi
che, risollevata la potenza della badia, i nobili non
osarono pi d' invaderne 1 possedimenti come avevano
fatto per lo innanzi.
Le mutate condizioni de¡ tempi, ora che le badie
imperial¡ del ducato romano erano anche divenute una
potenza politica di prim' ordine, avevano imposto ji
mantenirnento « un piccolo esercito permanente, ji
quale, mal retribuito da¡ monaci, viveva sul bottino di
guerra. II governo titubante e debole di Guido III a
F'arfa era stato in questo senso un vero disastro per
le soldatesche, onde quando iiel monastero si sollevó
quasi universalmente la rivolta contro 1' inetto pre]ato,
i cavalieri sostennero la candidatura di Aclinolfo, nella
speranza d' inaugurare sotto di lui un periodo pili bellicoso.
1 capitolari si scissero in diversi partiti, alcuni
(r) Reg. Faf. V. 320: « I'ater eius et avus etiam abavus
• cum liuius ecclesiae praelatis plurimos habuerunt discordias,
• et de multis rebus quas hace acquisivit ecclesiae multotiens
• contrarji cxtiterant ».
(2) « Nonnulli de equitibus nostris cupiebant assumere in
• abbatem dorímuni Adenolfum comitis R. fihium, pro eo quod
• altae videretur excellentiae, et ut per eum seruper in magno
• forent certamiiie et nulnquam pugnare quiescerent » (Reg.
Fon. 1. cit.).

[4 2 3 11 monas/ero del Salva/ore 35
osservavano che tutta la prosapia dei Rinaidi era stata
ostile a Farfa, ma i piu vecchi facevano intravedere
che Adinolfo, nutrendo pensieri affatto diversi, poteva
salvare ii monastero e riparare cosí le coipe de¡ suoi
maggiori. Per mala ventura la candidatura dell'abbate
del Salvatore piú che da ogni altro era sostenuta
dallo stesso Guido [II, ji quale, non riuscendo a
cere ]a riluttanza dei capitolari, ricorse a Callisto II,
perché colla forza delie armi imponesse ai monaci Aclinoifo
per abbatc. Isla l'affare non fu potuto tener cosi
secreto che non giungesse a notizia del conte Rinaldo,
ji quale, per non compromettersi con Enrico V, fece
arrestare durante un viaggio ji figlio e sotto buona
custodia lo trattenne presso di sé, frattanto che ji
giorno di sao Giovanni (24 giugno 1122) ('allisto II,
entrava con un grande esercito neila badia deserta (i).
Al[' avvicinarsi del pontefice i rnonaci avevano tutti
ahbandonato ji monastero, onde essendo fallito ji coipo
ji papa se ne ritorrt6 confuso a Roma, lasciando che
Guido III spadroneggiasse liberamente sul patrimonio
abbazi-ale. Dopo conchiusa la pace tra Enrico V e
Cailisto II per rnezzo del concordato di Worms (1122),
i! Concilio Lateranense scomunicó nel 1123 18 marzo
1' abbate Berardo, il competitore irnperiale di Guido,
onde i monaci, perduto 1' appoggio d' Enrico V, furono
costretti a ritornare a Farfa sotto i'ubbidienza di Guido.
1-lo descritto in un'aitra opera i giorni tristi che s'inaugura
rono ahora per la badia desolata; 1' oppressione
pii tirannica, la fame, gli schcrni, flOfl fu risparmiato
nulla contro j cenohiti, i quali, vinti da tanti mal¡, inviarono
venti di loro ai piedi di papa Callisto, affln di
muoverlo a pietá della hadia. Gregorio di Catino, che
faceva parte della dcputazione, racconta che ji ponte-
(Zfr.).

36 1. SchUSler [424]
fice non si lasci vincere nó da suppiiche né da pianti,
onde i Farfensi, non potendone ottenere alcun conforto,
se nc partirono tutti confusi dal Latenano e tornarono
al nionastero. Seguirono altri due anni di desolazione
e di rovina ; nel frattempo Callisto II usci di vita u
13 decembre 1124, ed Onorio II che gli successe si
mostró di piú miti sentimenti verso i poveri monaci,
tanto che questi s'accordarono insieme per proporgli
la candidatura ci' Adinolfo (i). ANa presenza dei messi
papali e di gran numero di cavaiieri e di nobili, Guido,
in segno di rinunzia, depose lo scettro abbaziale sul-
1' altare della Madre di Dio, e dopo sciolto da] giuramento
di fedeltá ji popolo e le milizie, ritorn ad assidersi
aH' antico posto che giá occupava altra volta
quand' era sacrista del monastero. Dichiarata vacante
la cattcdra, i capitolari pregarono i cardinal¡ a conceder
loro da parte del papa libera licenza di eieggere
Adinolfo, cd avutala, sottoscrissero ji decreto di sua
elezione e 1' intronizzarono solennemente sulla sede ab.
haziale ji lunedi di carnevale 9 febbraio 1125 (2).
La storia di Adinolfo come ahbate di Farfa esce
da¡ lirniti dell' argomento, tanto pii:i che ne ho gi
trattato altrove. II suo governo fu tra i pii agitati cd
egli piü volte dovette prendere la via dell' esilio, mclitre
che gli avvcrsari tnionfanti depredavano a man salva
ji patrimonio, ma la sua figura, sia come abbate, quando
divenne la colonna pHi forte del]' ortodossia al tempo
dello scisma tra Innocenzo II e l'antipapa Anacleto II,
sia come cardinale e iegato papaie é tra le pii gbriose
delia hadia; cosi che, giusta quanto se nc ripro-
« Extensk manibus ad domnurn Adenolfuni Doinini Sal-
• vatoris revercfltissirnufll (gunhinuifi eligendum et praeponen-
• duin nobis unaninhiter couveniruu$ » (Reg. Ja;!. V, 323).
(2) Loe. cit.

[4 2 51 11 monastero al S&vatore 37
mettevano i suoi eiettori, egli pu veramente considerarsi
come un altro fondatore del rnonastero. La storia
di San Salvator Maggiore dall'elezione d'Adinolfo
a tutto il secolo XIII non differisce molto nelle sue
grandi linee da quelia farfense; erano le medesime
condizjoni patrimoniali, 1' identico ambiente, le stesse
difiicoltit che bisognava superare. Dopo ji tramonto
della potenza imperiale in Italia in conseguenza soprattutto
del concordato di Worms, anche le antiche
badie imperial¡ del ducato romano cambiarono aspirazione
e politica cd invocarono la protezione della Santa
Sede. II « Liber censuum » risolve la questionc in
modo semplicissimo « Monasterium Salvatoris apud
« Re(a)te ... iuris beati Petri, quoniam in cius patri-
« monio et territorio » (i), senza che alcuno ahbia trovato
nulla a ridirvi. In conseguenza di questo alto
dominio papale sulla hacha, una baila di Celestino III
diretta ah' abhatc (ientile il 29 maggio 1191 nc conferina
tiitte le vaste possessioni nel Reatino e ncghi
Abbruzzi, esimendo i monaci dail'autoritt vescovile (2:.
Pera, essendo sorta venti anni dopo una questione tra
la badia e ji vescovo di Sabina circa ji possesso delle
chiese di Sant' Andrea calle cappeile dipendenti di
Santa Maria a Poggio Moiano, di San Giovanni « de
« Toche » e di San Giuliano « prope Tiberirn », u
18 luglio 1219 Onorio III da Rieti, con una lettera
diretta a Pietro, vescovo di Sabina, approvó 1' accordo
che era seguito tra lui e i'abhate di San Salvatore (3).
La holla tuttavia non riusci in sulle prime a spianare
tutte le difficolt, onde il i u settembre successivo dové
(i) Liber Ct'nsuuin (ediz. F.nRE), 1, 346, a. 7 II, 110.
(2) Cf. KEHR, lía/ja Pon/ificia, IV, P. 26. La baila é soLtoscritta
a San l'ietro da 17 cardinati (cf. KI-:nR, Pa/,s/urkunden
ja Rum. PP , 191-2, II. 40).
Á. Ií'flr//i 111 e(li/. FR}( 1, 11. 2T4,

3$ J.Sc/iuster [426]
seguire una nuova conferma pontificia (i), clic attribuiva
ah' abbato ji diritto di presentazione a quei benefizi
e al prelato sahinese quello di conferire l'investitura
canonica. (jli atti episcopali della visita diocesana
compiuti in Sabina nel 1.343 a tempo del vescovo
Pietro Ispano, attestano che tale era ancora la disciplina
in uso (2). II 24 aprile 1281 un'altra bolla d' Onorio
F[I al!' ahhate Ranuzio di San Salvator Maggiore
() venne a guarantire nuovamente i possedimenti
del rnonastero a cui da tutte le parti si tendevano
insidie. Vi si confermano in particolare i beni abbaziali
situati nel Reatino tra i fiumi Salto e Turano,
dal rivo l'aganico alla pianura di Rieti coi castelli
di San Martino, Poggio Sant' Angelo, Paicrofo e Campolanio;
tra le dipendenze salvatoriane a Roma sono
ricordate le chiese di San Salvatore « de Dompni
« Campo » e di San Martino « ¡ ti Panerella » () nel
rione Arenula; in Sabina vengono confermati i monasteri
di San Giuliano, di San Giovanni in Tocia, di
Sant' Andrea, San Vittore, Santa Maria a Poggio Mojano;
nel vescovado di Rieti la chiesa di San Giu -
liano a Trebula, jI monastero di Santa Cecilia, di
San Salvatore « in Vacungno », Sant' Angelo « in casa
« muca » col sito castello, il cenobio di San Paolo
in Rojano e di San Bartoloineo « in Scopeto ». Nella
(i) Op. cit. 1, 364: V. GALLETTÍ, Tre antiche ehiese di Riel¡,
P . 159.
2) Cf. GLLITTJ, op. Cit. 151, Ii. 1.
3) Arcliiv. Vatic. arrn. XI, caps. 9, Instruni. autent.
SUTI, Re-. flonorii III, 1, 535, II. 3282; UGHLLI, Italia Sncra,
1, i68.
(4) L' ARMELLINI iii Oziese di Rwna dice che la chiesa venne
erelta jI 1220 dat monaco Gualtiero di San Salvatore, ma non
riferisce le fonti donde ha attinto questa notizia (cf. Le dijese
cit. 11 ediz, pp 402-4),

[427] II mono's/ero del Salva/ore 39
Marsica San Saivator Maggiore possedeva ¡1 monastero
di Santa Maria « in Valle Maeculana » e di
San Salvatore in Paterno. Nella diocesi di F'urcona
quello di Sant' Angelo de Mera, oltre un' altra lunga
lista di beni nelia diocesi di Valva. La conferma pontificia
per6 disgraziatamente non sorti ji desiderato effetto.
Oualche anuo piú tardi, nel settembre 1226, ji podest.
di Rieti preg ji papa a rinnovare alla cittj gli
antichi privilegi di Celestino III e d' Innocenzo III, i
quali avevano git promesso d' attribuire al governo
reatino quelle rnedesime franchigie che godevano le
altre cittá della Campania e dello stato pontificio. Onorio
IU al accertarsi della veritá del fatto ordint5 una
inchiesta di cui facevano parte gli abbati di San Salvator
Maggiore, di San Quirico d' Antrodoco e di
San Matteo « de Monticuio », e dopo che questi
prelati gii ebbero scritto favorevoimente, concesse ai
cittadini di Rieti le franchigie che (leSideravano (1).
Nella lite fra Gregorio IX e Federico II ti-a le altre
chiese e monasteri che ebbero a soifrire in que]
dissidio, quello di Terra i'¼Iaggiore non solo fu quasi
diroccato (2), ma, ció che é peggio, anche l'abbate si
compromise cosi gravemente che venne colpito di scomunica.
Verso ¡1 1220 essendo tuttavia ritornato a
niiglior consiguo, Gregorio IX ji 2 maggio di quest'
auno scrisse ah' abbate di San Salvator Maggiorc
che, ricevuto prima da quel prelato it giurarnento di
fcdeltt a nonie della Santa Sede, lo assolvesse del-
1' anatema, a condizione tuttavia che non s' ingerisse
in nulla nel governo di quella badia (.).
( GALLETTI, Ciiese di Riefi, 159-163.
(2) Tra 1 « gravamina » di Gregorio IX centro Federico II,
si riferisce: « De monasterio Terre Maioris, quod omnino est
« destructuni » (Reg. Gregorii IV, ann. IX, u. 2462, P . 494).
(3) Reg. Gregorii IX, U. 5749.

40 1. Sc/zus/er [425]
Sembra tuttavia che anche su] monte Letenano
1' e]ezione dell' abbate Egidio sia stato come it pomo
di discordia tra i monaci (y), e la cosa and si oltre
che dové intervenirvi Onorio IV. Ci sfuggono i motivi
della controversia tra ji prelato e i cenobiti, ma
dal Regosto di questo pontefice rileviamo che egli
1' u 1 marzo 1296 scrisse ag]i ahbaziali che consegnassero
le rocche e le castella di San Salvatore a Sabatino,
vescovo di Tivoli, il quale doveva prendcre pure
1' amrninistrazione del monastero fintanto che fosse
stata definita la ]¡te. II i5 marzo successivo Onorio IV
comunicó al vescovo 1' incarico commesso alla sua
esperienza, mentre con un altro breve diretto al]' abbate
Egidio e ai monaci s' intimava di faro a Sabatino
la consegna dei beni cosi immobili che mobili di
San Saivatore 2). II processo fin¡ col ritiro dell' abbate
che venne ridotto a dimettersi, onde il 20 decembre
1270 Nicol IV destin\ a succedergli i"ilippo, git
ahhate del monastero di Sant' Andrea e di San Silvestro
su] Monte Soratte (a). 11 nuovo eletto non s'illuse
un istante sulla difficoltt della posizione; non erano
solo i ruonaci quel]i clic ostacolavano 1' opera del prelato,
ma vi si aggiungevano i vassa]li che, intolleranti
d' ogni giogo e smaniosi di lihertit e di franchigie,
(i) Gj!t le Iotte 1ra iL pontefice e Federico II avevano avuto
ji loro contraccoipo anche negli stati badiali di San Salvatore,
civando ji 7 aprile 1249 Innocenzo 1\T da Lione scrisse al mouiad
« S. Salvatoris de Reate », annunziancio la legazione dei
mrd. Pjetro di S. Giorgio, rettore delia Marca e del Ducato,
alto scopo di liberare i popoli di Sicilia oppressi da Federico
(cf. 1AFF, Reg. Pon!, u. 13274). Ii 15 apriie successivO ji pontetice
concesse al legato facolt5 di esercitare ji proprio ufficio
anche nel territorio dell' abbazia di San Salvator Maggiore (op.
cit. tI. 13274)
(2) M. I-'ot, Les Regisir. d'Jíonorius IV, P . 537, u. 758.
(3) Les Regisir. de Nicoles 11', un. 3859-61,

[429] 1/ mo/las/ero del Saíz'alore 4 1
erano alta br volta favoriti da¡ baroni dei dintorni
che spadroneggiavano su] patrimonio di San Salvatore,
senza che l'abbate avesse ji modo di reprimerne
1' audacia. Perció Filippo si rivolse subito per aiuto al
papa, ji quale tre giorni dopo la sua elezione (23 decemhre
1290) nominó protettore del monastero ji cardinal
Matteo d' Acquasparta. perché, a richiesta dell'abbate,
tic snstenesse le ragioni contro gli usurpatori
e i vassalli ribelli (i
A F'ilippo dopo qualche auno successe ne] governo
1' abbate Pietro, il quale ad ogni modo non sedé a
lungo, giacché it 28 novembre 1307 giá era tnorto ji
suo successore a nome Cambio. 1 capitolari aHora entrarono
in trattative per ottenere che Francesco, abbate
di Subiaco, passasse a San Salvatore, e a tale scopo
inviarono a Poitiers alla corte di Clemente \T 11 inonaco
Bonus-Fohannes, perché vi trattasse di questa traslazione
(2). II messo tuttavia disbrigó si bene quest' affare,
che it papa, considerando anche lo stato del monastero,
in suis facultatibus et viribus non modicum
« dimjnutum » cassó 1' elezione dei monaci e lo creo
abbate, facendolo consacrare da] cardinal Xicola, vescovo
d' Ostia e Velletri. In data del 28 novenibre di
(r) Les Jt'e,'isI,-. de Niulas JI' n. 3787 cf. C!.CcoNio 1 i1.
Pon/if. Ro,uan. 11, 265-6.
2) 11 candidato, di costuni 1 feroci e d' cmi no prepotente,
veniie caçciito da Subiaco verso II 1303, senza tuttavia ('he egli
rinunziassc mcii ai suoi prelesi diritti su quella badia. Gil stessi
subiacensi non sauino nulia di queste trattative di r:ra iicesco col
monaci di San Saivatore, ;iia gi inlrighi del sedicente abbate si
spiegano hene qiiando si tien conto che essenclo succeduto a
Subiaco i sinuhinistratore apostOlic() Nicola cia c1 ¡teto, Francesco,
seutenclosi vaciliare it suolo sotto i plecli, mediante la candidatura
di San Salvatore, cercó d'avere, come dices¡, it piede ¡u
ctue staffe, assicurando la sua posizione cf. ¡ leo/les/en di Subiaco,
1 1'. Eojor, .iVoiizie sfonic/e], pp. 117-2o.

42 1. .S/insier [4o1
quest' anno Clemente V indirizz a tale riguardo tre
lettere, ah' eletto, al capitoio dei nionaci e al vassalli,
perché accogliessero colla dovuta ubbichienza ji I1LtOVO
abbate, e l'aiutassero nel sollcvare le sorti deIl'avvilita
badia (i).
Ti xo gennaio successivo ritroviarno Bonus-lohannes
ancora a Poitiers, ove jo questo giorno ratific ' alla
Camera Apostolica e al Collegio dei Cardinal¡ ji debito
di 400 fiorini d' oro e 5 « servitia » lasciato insoluto
dal sun predecessore Pietro, e si obblig inoltre a pagare
per suo conto altri ioo fiorini e • « servitia »
sino alia festa d' Ognisanti (2). L' odioso sistema fiscale
introdotto da Clemente V era tutt' altro che fatto per
risollevare San Salvatore ah primitivo splendore; ma
non contó nulla, e Bonus-Tohannes, se voile mettersi
al sicuro contro i fulmini della -,comunica che gli ufficiali
della tesoreria pontificia lanciavano con un'audacia
pan alla loro leggerezza, dové di tanto jo tanto inviare
ji sun gruzzolo a Clemente V, mentre proprio ce ne
sarebbe stato estremo bisogno sul T.etenano che, per
confessione stessa del papa, era assai decaduto nelle
suc facoJtt e diritti. 1 Registri papahi ricordano solo
alcuni di questi pagamenti: « Anno L)omini MCCC
« abbas monastcrii Sancti Salvatoris de Reate » (3);
« Anno Doniini MCCCIV ahhas monasterii Sancti Sal-
« vatoris de Reate » ma hisogna tener conto di
tutte le altre contribuzioni imposte da¡ papi avignonesi
alle chiese e ai monasteri, alle decime per le vare
guerre. ai « subsidia », alle riserve e alio aspettative
dei benefici vacabili per comprendere tutto ji danno
i) It'eg. CIamentzs V, aun. III, pp. 14-5, 11. 2355.
(2) Rcg. ('lemanfis 1', appendice, p. 217, U. 66.
(3) Reg. C/eine,i/is V, appendice, P. 259.
( Reg. Clemen/is J', appeudice, P. 260.

[4311 11 monas/ero del Salva/ore 43
che cagionarono alla Cristianitá queste forzate contri
buzioni pecuniarie. L' argomento ¿ stato giá svolto in
altro mio scritto i, al quale mi perrnetto rimandare ji
]ettore, senza ripetere nuovamente le mie osservaziani;
mi iimiter perci a citare solo un documento del
17 fehbraio 131 1 in ciii Clemente \T concede a Leonardo
Sinibaldi ]'aspettativa di un beneficio « cum
• vel sine cura, quod ad collationem vel aliam dispo-
• sitioriem ahbatis et conventus Sancti Salvatoris Ma-
• ioris comrnnniter ve¡ divisim pertinet, cuius fructus,
• si curatum fuerit L, si vero sine cura XL flor. aun,
• in civitate ve] díocesi Reatina » E ji povero
chierico ne aveva veramente bisogno, giacché, oltre
la terza parte delle rendite di San Pietro in Pensi]e,
egli aveva solo 1' aspettativa d' un altro canonicato
vacante neila cattedrale di Rieti!
11 governo di Bonus-lohannes fu tra i pii agitati
che conti la storia. 11 Comune di Rieti, d'accordo con
i nobili dei dintorni, istig6 dapprirna la ribellione fra
i vassaili del monastero, ii, dopo essersi impadronito
violenternente de¡ castelli badiali che sorgc'vano nel
territorio reatino, strinse una convenzione cogli abbaziaii
perché a]!' ombra ile] Comune si scuotessero di
dosso l'inviso giogo di San Salvatore. Colle ide che
giá bo]]ivano in que¡ cap¡ di inontanari non vi volle
moito ad aizzarli al]a rivolta, e raiforzate le loro file
da altre turbe di mercenari, corsero in armi su! monte
Letenano minacciando ai monaci 1' ultimo sterminio.
L'assedio dura due giorni, ma alla fine quelie orde
furibonde riuscirono a penetrare nel monastero attraverso
le mura smantellate e vi rinnovarono le atrocitá
(i) Cf. Storia d'//a ¿adia imeriafe di Fuji, che vede la
luce quasi contemporaneamente a questo sCritto.
Reg. Cfefllc)fl'iS V, aun. VI, p 163, n. 6880.

44 1. Sclzuster [432]
dei Saraceni quattro secoli prima. Insieme con le granaglie
e le diverse derrate nei magazzini, que¡ forsennati
appiccarono ji fuoco anche ai paramenti sacri della
basilica, ai codici della biblioteca e alle carte delI'archivio
che andarono distrutte: i monaci probabilmente
si misero in salvo con la fuga, giacch non si ha alcuna
notizia che venisse loro recato danno nella persona,
ma il Comune di Rieti approflttó tosto di que] primo
momento di sgomento per confiscare a proprio vantaggio
quasi interamente lo stato abbaziale. Le castella
vennero adunque commesse ai diversi capitani e agli
ufficiali di Rieti e 1' usurpazione violenta fu sostenuta
innanzi al popoio con si valide ragioni in favore del
Comune, che i suoj diritti su quelle terre sernbrarono
irrefutabili. 1 monaci tuttavia ricorsero a Clemente V
che risiedeva ahora a Poitiers, donde il 4 marzo 1 308
diresse un breve a Pandolfo de' Savelhi « praeposito
« chahlevarum jo ecciesia Sancti Martini Turonensis »
e notaio apostohico, in cui, fatta la storia della controversia
tra San Saivatore e ji Cornune di Rieti, gli
ordina d'annullare le convenzioni stipulate tra i nobihi
e i hadiahi, con ordine ¿ti Reatini di ritirare dentro un
(leterminato tempo le loro soldatesche da¡ castelli del
monastero (i).
II 14 aprile dell'anno segilente Clemente V scrisse
alh'abhate di San Salvatore perché insieme col vescovo
di Rieti e Giacomo Savelli mettessero in possesso
della chiesa di Santa Colomba presso ji ponto Salario
Napoleone Orsini (2); rna ji povero abbate, invece di
tutelare le ragioni altrui, non riusciva a sostenere le
(i) Reg. UemenIis J', aun. III, pp. 82-3. fl. 2688.
(2) La chiesa, giá dei Farfeusi, fin (Ial secolo XI, era vacante
per la niorte di Lorenzo de Megaloctis, romano (cf. Reg.
C7e,eeeiis V, aun. IX, P. 167, u. 4234).

4,3 3 //.S/: t,/o; 45
proprie, circondato com'era ah' intorno da¡ suoi nemici,
onde la Comunitt in una suppiica al papa descrisse
cos! al vivo la persecuzione che sosteneva da parte del
Cornune, che Clemente V incaric tosto a viva voce
ji cardinal Giovanni del titolo de¡ Santi Pietro e Marcellino,
perché istituisse sul luogo un' inchiesta sommaria
e nc riferisse poscia in concistoro. Furono chiamati
a deporre pareechi testimoni, da¡ quaii risuitó
che ji monastero aveva sempre esercitato giurisdizione
cosi ecciesiastica che civile su¡ castelli di Mirandehie,
Lutta, Valle Cupola, G-uaiata, Rocca, Pogio Vittiano,
Longone, Insenie, Visiola, Vaccareccia, Malialardo, villa
de Ulmis, San Benedetto, Cripte, Porciliano, Licingiano,
Genzalia, Rocca Raneria, Colcerviano. Pratoianne
e Offedio, onde la relazione del cardina]e fu interapiente
favorevole ai monaci. Clemente V comprese
egregiamente tutta la difficoltá dd]e circostanze, giaccht
trattavasi di restituire a San Salvatore quasi intero
ji suo stato ternporale contro le pretese dei potenti
Reatini. V'era a temere che ghi stessi monaci non
avrebbero avuto la forza necessaria per esigere tale
restituzione; onde, deliberata la cosa in concistoro coi
cardinali, ji 15 giugno 1310 ji pontefice ordinó al Comune
1' itnmediata consegna delie usurpate casteila
al] abbate affidando 1' esecuzione di questa sentenza a
Napo]eone Orsini e ai vescovi dei Marsi e di Valva (1:.
A garantire meglio i diritti di San Salvatore, ji medesimo
giorno scrisse a re Carlo d' Angió, costituendolo
< defensor » della badia (2).
Non sappiamo quanto sia stata eflicace la protezionc
deii'Angioino por ji monastero di San Salva-
(r) Reg-. Clerne,,/is V. ann. y , pp. 125-6, n. 5450.
(2) Reg. £ie,nentis V, ann. V. p. 124, fl. 5449.

46 1. Scltuster [43411
tore (i); ji Comune di Rieti venne costretto a restituire
ji mal tolto, ma i torbidi che durante questo periodo
sconvolsero lo stato pontificio non poterono a meno
di non ripercuotersi sulle sorti de] cenobio che and
sempre scemando in dignitt e potenza. Dopo l'esilio
d' Avignone, alto scoppiare dello scisma d' Occidente,
San Salvatore e Farfa associarono la propria fortuna
a qucila d' Urbano VI, e alta costui morte, quando
nel 1389 gli successe Pietro Tornaceili, i beni d'anabedue
le badie fecero naturalmente le spese del nepotismo
pontificio e delta politica papale, che mirava a
restaurare ji proprio dominio neli'antico Patrimonio di
S. Pietro. Francesco Carbone, git monaco cisterciense,
mcli vescovo di Monopoli e cardinale, doveva tener
soggetta la Sabina e le Marche alio zio pontefice;
onde dopo essergli state comniesse deile importanti
legazioni contro la regina Giovanna di Napoli, fu creato
vescovo sabinese, vicario pontificio della Campania,
Tuscia, Umbria e Sabina, commendatario di Farfa e
di San Salvator Maggiore, penitenziere maggiore e
arciprete delta basilica Lateranense (2). A Todi, a Narni
e a Foligno ji Carbone ottenne de¡ successi assai importanti
in favore deil'autoritá pontificia, e sotto di
lui anche le clue abbazie sabine goderono (1' una relativa
tranqui1lit, senza essere pii bersaglio di tutti i
soprusi dei nobili delta campagna reatina. La storia
delta commenda del nipote di Bonifacio IX a San Salvatore
ci sfugge per mancanza di documenti; siamo
(1) 11 cardinal Giovanni Buccimazza (t io agosto 1309) fu
deputato (la Clemente V a. « provvisor apostolicus » di Faría e
di San Quirico d'Antrodoco, ma é probabile che la sua autorit
si sia estesa anche su San Salvatore (cf. CiAccoNlo, np. cit.
11, 253).
(2) Cf. C1AccoNJo-0LnOlo, Vitae Pon/itia,m Romanorum,
Romae, MI)CLXXVII, vol. Ii, Pp. 658-39.

11 monas/ero del Sa/valore
tuttavia assicurati che a Farfa il Carbone coniincjó
]'opera di restauro delia fabrica della chiesa e del
monastero, e che in grazia sua i peIlegrinaggi tornarono
nuovamente ad afiluire iungo le garrule rive del
« Farfarus » oraziano (i).
Ma cosi a Farfa che a San Salvatore ji rimedjo
veniva troppo tardi (2); per colpa d'un complesso di
circostanze, la stessa vita cenobitica vi s' era come
secolarizzata, per non avere altro scopo che di custodire
ji censo e la posizione sociale acquistata nei primi
secoli del medio evo. Oncle non ostante tutte le commende
e le troppo interessate protezioni della Curia,
sembrava che pci due cenobi si fosse inaugurato come
una specie di ridente autunno che prelude tristaniente
al gelido novembre, quando all'infuriar dei venti gli
alberi si dispogliano delle foglie ingiallite. Prima della
rovina definitiva di San Salvatore precedé quella delle
suc dipendenze. Nel ¡507 ji priorato di San Catervo
di Tolentino, che altra volta dipendeva da San Salvatore,
sotto la commenda del chierico Gian-Rattista de
Rutilionibus, nobile del luogo, non ricoverava piii che
alquanti chierici e pochi monaci, i qua]¡ coli' assegno
di 1 .5 ducati annui trascinavano a stento una vita priva
di qualsiasi significato e avviiita dalia miseria. II mo-
(x) II Carbone mori jI iS giugno 1405 e ji suo corpu fu sepolto
a Napoli (cf. Ci,CCONio-OLi)OINO, 1. cit.; F. C0NTELORI,
If/em-hus S. R. E. Cardimiljll,,i ex Biblia/Ii. E,,tni. 1). D.
(trd. Barheri,,j, Romae, 1641, ¡1. 119).
(2) É prohabile che anche a San Salvatore, siccome pure a
Farfa, la Conirnenda 11011 rappresenti che ¡'ultima evoluzioiie
iuridica dell' istituto del « F'rovvisor Apostoiicus », giA in uso fin
Ial sccolo XII, e che clapprima rappresentó una Inisura sempliemente
arnministrativa e precaria, quindi tendi ad alfermarsj
divenendo UIIa condizione normaie per il huon governo degli
tatj ¿ibb;izialj. Nella ru ja stcur,a di Farf.i lio trattatci ampianiente
(ii tiitt;i i tc II t
47

48 1 ScItus/er [436]
nastero era tutto in rovina, onde i cittadini di Tolentino
soliecitarono ji commendatario a cedere ji hiogo
ai canonicj regolari di San Saivatore, che accettarono
la proposta. II De Rutilionibus rinunzi6 a tale scopo
alTa commenda nelle mani di Giulio 11, ji quale jI ¡S ottobre
1507 intimó lo sfratto ai monaci, perché facessero
posto ai nuovj abitatori (i.
Anche a Roma le ragioni dei rrionaci suile loro
chiese di San Martirio e di San Salvatore « dompni
« Campi » neil'Arenuia, non riscuotevano rnaggior
rispetto. II Bovio ricorda che qucst' uitima, prima che
sotto Urbano venisse demolita, era a tre navi e sembrava
antichissima. Negli atti delia visita apostolica
dci ¡566 ji rettore, un tal « Messer Luciano d' Ande-
« rocho (Antrodoco) appresso i'Aquila » (2) dichiar
che apparteneva ai monaci di Farfa, mentre giá da
moiti anni aveva cambiato padrone. L'aitra di San Martino,
probabilmente assai pii antica dei monaco Gualteno
di San Salvator Maggiore che 1' avrebbe eretta
nel 1220, passó dapprima in dominio delia confraternita
della Dottrina Cristiana (1604), mdi riel 1742 fu ceduta
ai Fratelli di San Giacomo degli Spagnuoli, che nel
demolirla, vi scoprirono una gran quantitt d'ossa umane
(i 30 teschi), manette, chiodi e coltelia sotterrate presso
l'altare maggiore (a). E ben difficiie che si tratti di
corpi di rnartiri romani estratti da¡ cimiteri, e mi baicna
ji sospetto che possano essere le vittime del massacro
compiuto da¡ Saraceni del IX secolo sul monte
Letenano, tanto puú che anche i Farfensi conservavano
(r) La bolla pontificia da facoltá agli espulsi di conservare
l'abito e la regola monacale, a condizione di ritrovare un luogo
conveniente dove abitare (cf. PENNOTTO, 1-lis/oria hlpa//lf?.
lib. III, cap. XXXVII, P. 723).
(2) Cf. AR1ELL1xI, Le chico di Roma, IT e!i. P . 40.
(3 ` cit. j) , 40,;-

f4 -171 11 monas/ero del Silva/ore 49
nella loro basilica monasteriale le reliquie d'un a1tr
gruppo di monaci martin, caduti parimenti vittime
del furore dell'lslam (t) nella inedesima invasione. II
piccolo tempio, quasi cadente tic] 1742, era stato restaurato
ud 1500 da Battista Paolini, ¡lid¡ nel 1521
da Giuseppe Palamcnuta; in ambedue i casi non si fa
alcuna menzione della hadia, it che m'induce a ritenere
che essa non vi aveva piii alcuna ragione (2).
Un breve di Paolo III verso ji 1542, co] quale a
Sforza degli Sforzi si confermano i suoi diritti su¡ castelli
di San Salvatore () ci mostra che 1' autonit5.
della badia si era molto ristretta anche in Sabina, ove
i monaci vivevano ristretti tra le mura del cenobio
senza piu esercitare alcun' influenza sociale su¡ popolo.
Infatti sin da] 399 () Bonifacio IX aveva trasferita
h1 dignitk abbaziale nel proprio nipote Francesco Tomacelli,
monaco cisterciense, che creó primo commendatario
de] monastero di San Salvatore. Si successero,
con mire e ambizioni sempre identiche, nipoti e favoriti
di papi e cardinali, gli Orsini, i Della Ro yere, i
Farnosi e i Barherini, nelle cui mani la badia coi cenobiti
non ebbe nu]la a guadagnare. Alessandro VI
un¡ in perpetuo la commenda di San Salvatore a quella
di Farfa, di cui era investito il cardinal Gian Battista
Orsini che fin¡ i suoi giorni in Castel Sant'Angelo;
mdi Sisto V sottrasse ai cornmendatari la giurisdizione
civile sulle terre de] monastero che attribui invece
alla Camera Apostolica. Nc seguí una lotta curiosissima
(i) Cf. Scn USTER, Mar/yrologiun P/zarphense ex apografo
Crd. E. Ta,nburini O. S. U. cod. saca. XI iii Rey. Béntdicf.
(1909-10), fasc. XXVI1, pp. 75-78.
(2) Cf. MARTINELLI, Roma e.Y El/inica Saara, 1• 257; F'o.-
CELI_A, Iscrizioni, vol. X, p. 225.
() Reg. Paul. III, inn. 9-10, c. 380.
(4) KEIIR, ¡tafia PonhJicia, IV, 25.

50 J. Sc/iusfer [438]
tra gl'interessi dello Stato papale e quelli delle famiglie
dei l)O1tefiCi cd abbati che aspiravano a conservare
ji potere (1). La prima bolla di Sisto V ' del
6 aprile 1589, ma giá ji 28 luglio dello stesso anno
egli restituiva al nipote, il cardinale di Montalto, commenclatario
delle due abbazie riunite, il diritto di giudicare
« in secunda et ulterior¡ instantia ». Morto
Sisto V, Gregorio XIII ji i iuglio 1591 annull6 in
favore del potente cardinale ji dismenibramento della
giurisdizione civile che gii fu interamente restituita,
ma nel concistoro secreto del 4 decembre 1591 questo
privilegio fu revocato da Innocenzo IX. Quando nel
1627 Urbano VIII conferi la doppia commcnda a suo
nipote Francesco Barberini, con due brevi de] 7 ottobre
1627 e 21 luglio 1628 lo creó in pan tempo governatore
pontificio di Poggio Mirteto e delle altre
terre e castelli, git separati da¡ monasteri di Farfa e
di San Salvatore e fino a que] tempo soggctti alla
Congregazione del I-uon Governo e della Consulta.
La potenza dei nobili congiunti del papa trov cosi
nelia Sabina un solido appoggio e una fonte punto
dispregevole di danaro; ma queste mire ambiziose non
fecero che affrettare l'u]tima ora della povera badia,
onde San Salvatore, che aveva rctto aiF impeto de¡
barban, ora non poté reggere ah' urto dei Barberini
che avidamente agognavano alle sue spoghie.
La disciplina monastica v'era giá decaduta da lunghi
anni, e i monaci, specialmcnte dopo che la commenda
venne a togliere loro di mano ogni ingerenza
e responsabi]itt nc] governo dehle terre abbaziali, vennero
a rattrappirsi d' ozio e di noia entro que] vecchio
edificio screpolato e cadente, senza alcun ideale elevato,
(1) Cf. Archiv. Vatic. Benedicti XIV, fluhi. et Constitut.
tom. XXII, CC, 337-40.

[ç] JI monístero del Salva/ore 51
senza alcuna prospettiva dinanzi a loro. Verso jI 1509
lo zelante carclinale Alessandro da Montaito, caldo
ammiratore della riforma di Farfa per opera della Congregazione
Cassinesc, tentó d' indurre i monaci ad accettare
anch'essi un piano di riforma monacale, ispirato
bensi alla disciplina dei Cassinesi, ma senza alcuna
incorporazione della badia a quella Congregazione (r).
Ottenutane pertanto licenza da Paolo V, con facolt
di rimandar con Dio i recalcitranti, ji commendatario
si pose ah' opera che sulle prime non mancó di dare
ottjme speranze. Alcuni se ne ritornarono alio loro
case con una discreta pensione, ma la maggior parte
vi si adattó alla meglio, cosi che ji Montalto ottenne
da Paolo V un breve del i8 novembre 1614, col quale
ji pontefice i ncorporava alla Congregazione Cassin ese
oltre la badia di San Saivator Maggiore, i priorati da
essa dipendenti neNe Marche e a Roma, San Salva.
tore in Campo, S. Vittoria su¡ Matenano (2), San Paolo
de' Ferri, Santa Maria o S. Lorenzo de Rotellis,
Sant'Angelo di Mont'Elparo, e Santa Maria Cellana
(i) « Alexandro Cani. Montalto ut in Congreg. redigat quae-
• dani monasteria dependentia a dicto et S. Saivatoris maloris,
• imito monasterio farf. » (Archiv. Vatic. Pauli V, 42, 53, 56
182, t3).
(2) Tncaricato d' introdurte la riforma a S. Vittoria fu ¡1
monaco cassinese Leonardo, ji quale, tra gli altri piinti di riforina,
riel 1613, tentó d' indurre quei inonaci ad usare esclusivamente
it color nero per le loro vesti esterne (cf. AMATORI, Le abbaxie
e ¡ moua.rfrri /,iccni, Camerino, 1870, p. 23). Quando S. Vittoria
colle altre prepositure farfensi delle Marche siano state incorpurate
aNa mensa conimendatoria di San Salvatore é tuttora
incerto. 1 docuitienti farfensi diinostrano che nel 1457 i prepositi
del Presidato niarchegiano erano ancora soggetti a Faría, giacché
ja un documento citato dail' Amatori essi adunati lo caistolo
decretarono di venire in soccorso del commendatario farfense,
hiuçiu,so (It clanaro íf. AMAlURI, 1. CÍ1..

52 1. Sc/zuster [44011
a Monte de Nove. L'uditore generale della Camera
Apostolica coi vescovi di Fermo e di Montalto vennero
incaricati di eseguire la volontt pontificia, la quale
tanto piii stava a cuore al commendatario, perché tutte
le rendite e la collazione dei benefizi ecciesiastici della
badia ienivano sottratte a qualsiasi ingerenza dei monaci
e riservate a ]ui solo i). Non sappiarno con quali
criteri venisse eseguita la divisione patrimoniale delle
due mense, del cardinale e dei monaci, ma rileviamo
da una bolla di Urbano VIII che la riforma in realt
non comprese che San Salvatore cd uno dei priorati
dipendenti. Avvenne intanto che al Montalto nel 1623
successe Francesco Orsini, il quale, tolto ji pretesto
che l'annessione della badia alla Congregazione ledeva
i suoi interessi, e che la bolla del novembre 16í ,5 era
invalida, giacché non era stato interpellato in proposito,
mentre II Montalto gli aveva ceduto la successione
alla commenda fin dal 1613, fece revocare ]'atto pontificio
da Gregorio XV, suscitando cosí una ]¡te con
la Congregazione ('assinese che duró per oltre una trentina
d'anni.
Scacciati 1 Cassinesi riformatori senza nessun pre.
avviso ufficiaie o consenso da parte loro a sc4ogiiere
la stahi]ita unione, 1 Salvatoriani tornarono a inselvatichire
sotto ji regime dei commendatari che v'istitui -
rono dei priori amovibili, che poco o nulia nc migliorarono
le sorti. Nel sinodo farfense celebrato ji 20 giugno
1604 a tempo ancora del cardinale di Montalto,
(r) Copia autentica della hulla di Paob V con la firma del
cardinal Pietro Aldobrandini in data 25 gerinain 1616 jo Arch.
S. Paolo, Roma, Fond. Faría. La copia fu eseguita ad istanza
di Giovita da Castiglione abbate e procuratore generale della
Congregazione cassinese, cd il quinterno in ottavo picenli eseguito
in pergamena finamente preparata colle iniziali 1 rtle,
levo av vr ervtupír I'ft( lI

[44 i] 11 moizaslero del Sa/valore 53
Bernardino Manasse da Tiferno, vicario e visitatore
generale della badia, ji quale presiedeva i'assemblea
e ne pubblic6 gli atti, fu cosi indelicato verso que¡
poverí ruderi d' un istituto giá cosi benemerito e glorioso,
che non esitó a rivolgere sul loro conto delle
ingiurie abbastanza volgari: « In Abbatia vero San-
« cti Saivatoris Maioris, cum hoc tempore in dicto
« monasterio non adsit persona idonea, conducatur
« quam primum per priorem unus sacerdos theoiogus
« saecuiaris vel regularis, qui singulis diebus eisdem
« praescribendis ibidem explicet casus conscientiae et
« Sacram Scripturam secundum capacitatcm monacho-
« rum in praedicto monasterio dcgentium » (i). Cosi
nei sinodo (2); tuttavia per una strana contradizione,
chi rappresentava i rnonaci del Salvatore poco meno
che analfabeti e bisognosi d' una scuola quotidiana
« pro captu monachorum » al tempo stesso nominava
Antonio Santio pro-priore delia badia, a ricoprire gli
ufflci assai importanti di penitenziere diocesano e d' esaminatore
prosinodale (a).
(i) C'o,zslj/ujjoncs .s ynoda/es inj'nium. a/d>aliarzan bea/ae Mariae
/"arfensis el .Çancli Salvaloris Jktaioris, edi/ae in prima synodo
Mabita anno Doinini Mt)GZV, die XX ¡unu iussu I//.ii el
Rev.ñd D. D. Alexandri Pera/li. Cardinalis .Jíon fa/li, S. R. E.
Vicecancel/arjj, parpe/al ('ommc,u talar ji ft,-acdiclarum Ahhaliaram,
a Bernardino Jfanasseo T:j,hernal.', Pro/ono/ario Afrosi. el
dic/a ram Aóbaliarum Vicario ac Ilísi/alori Generali, Romae,
MDCIV, P. 21.
(2) Cf. 111.ñzi e! /?ev.fni J)omjni Alexandri Pera/ti S. Lauren/ji
ja Damaso Dic. Card. Man/a/li, S. M. E. Vicecanceli.
al Aóbaliarum S. jfa,-iae Farfeasis el S. Salvabais M'aioris
Parpe/ui Gubarnaloris el Administrabais Ordinaliones el Taxae
Trjbunal2um Abbaliae Farjensis, Romae, MDCXIII (Copia auteuticata
dallo stesso cardinale di Montalto ji 31 marzo 16i8 in
Archiv. S. Paolo, Roma, caps. Farfa).
() Op. Cit. pp. 37, 72.

54 1. Sc/iusler [442]
Dopo cinque anni di governo, nel 1627 jI commen•
datario Francesco Orsini entré nelia Compagnia di
e gli succedó ji cardinale Francesco Barberini,
nipote di Urbano VIII che resse la badia dal 1627
al i66o, quando abdicó in favore del proprio fratello
Carlo. Fu appunto sotto Francesco Barberini che suonó
]'ultima ora pel troppo decaduto San Salvatore; giacc1i
essendosene partiti i Cassinesi, i priori triennali
che ne moderarono le sorti non valsero a riformarc i
monaci, che usavano financo vesti poco diverse' da
quelle de¡ secolari. It popolo Ji chiamava « berrettanti »
dal largo berretto clericale che Ii distingueva, ma
Urbano VIII nc aveva un concetto cosi triste, che u
giudicava inadatti a qualsiasi riforma. E vero che la
la holla di Paolo V nel 1615 conteneva come una
smentita anticipata ah' opinione avversa de¡ Barberini,
ma y' erano in giuoco troppi interessi, troppi calcoli
pecuniari, perché si potesse realmente volere it restauro
morale di San Salvatore. II commendario ne
voleva ad ogni costo le pingui rendite, e innanzi alle
cupide brame del cardinal nepote convenne cedere, cosi
che Urbano VIII con un tratto di penna soppresse
1' abhazia (1). La bolla del papa in data del i" luglio
1632 e vi si narra dapprima la storia della rlforma
per opera dei Cassinesi, ji breve di Gregorio XIII,
i litigi che ne erano seguiti, per comandare finalmente
(i) La bolla fu pubblicata in Syvodus diaccesana instgniziln
abhaliaru,n S. Mariae Fzrfensis el S. Salta foris 1Jfaioris Ord.
S. Benedicli In.vice,n perpetuo unilarum celebra la per E,ninenlissimum
el Reverendissimuin Do,niaurn Dominiiin Carolwn Barherinzan.
ele. Anuo Domini 1685, Rornae, Typis Barberinis,
MDCLXXXVI, pp. 999-1042 cf. consfilufiones synodales Ahha-
¡mmm S. Al. i'if. el S. Salvaloris Maioris ele. cdilae a card.
1-5-a nisco Barberino Commenda ¡ario (an no í628) (A rchiv. Vatic.
Bandi, XV, n.

II monas/ero del Sa/zafare 55
che i 34 monaci che ahora facevano parte della co-
¡nunitt venissero secolarizzati, previo 1' assegno del-
1' annua Pensione di io scudi. 1 priorati dipendenti
nelle diocesi di Fermo e di Montalto dovevano essere
convertiti in altrettante collegiate canonicali, riservando
alla diretta giurisdizione del commendatario le
monache di Santa Vittoria, che altra volta dipendevano
dal priore di quel cenobio: ma perché ji servizio
parrocchiale non ricevesse danno dalia mancanza
dei Saivatoriani, in ciascun monastero é stabilito un
vicario abbaziaie coil' asscgno annuo di 6o scudi, oltre
un fondo speciaie pel rnantenirnento degli edifici
sacri. Alia lite gii lunghi anni pendente colla Congregazione
Cassinese (i) viene imposto silenzio cos!
che arbitrati, sentenze di ]ribunali, decisioni rotali o
pontificie, nulia insornma possa essere invocato contro
1' onnipotente cardinal nepote, ji quaie dové ereditare
senza disturbo d' alcun competitore tutta la potenza, i
diritti e le ragioni dell' abbazia,
Due anni dopo, ji primo luglio 1632 un altro breve
d' Urbano VIII venne a dare un assetto definitivo al-
1' antico patrimonio di San Salvatore nelle Marche,
ove le chiese di Santa Vittoria sul Matenano, di San
Paolo di Furci e di San Lorenzo di Roteile erano cosi
belle e ricche e frequentate dal popolo, che permettevano
1' crezione d'altrettante collegiate canonicali:
• Satis pingues redditus habeant et illorum fructus pro
• dote Cohlegiatarum Ecclesiarum sufficiant, corum
• etiam Ecclesiae eleganti forma constitutae et in locis
• cornmodae sitae reperiantur, et ad filas fraequens
(i) NeIi'indice del disperso archivio di S. Paoio ¡ ti Roma
trovo notato : c Monasteriuni S. Salvatoris Maioris. Coinmissio
• Causae pro restitutiune praedictae Coiigregationis Cassinensis
• ad possessionenl Monasterii cf. Znde';c a/pñabeticus Archivi
Sacri iJionasi. S. Panli, vol. XI),

56 1 Schuster
• utriusque sexus fidelium nunierus devotionis causa
• accedere so]eat » (i); perci ji papa a far cosa grata
al nipote, « cui hoc pro singular¡ eius pietate et devotio-
« ne maxime cordi esse novimus, rem gratain facere yo-
« lentes », vi eresse di motu-proprio tre capitoli collegiali,
con assegno annuo, cura d' anime ed abitazione
comune negli antichi edifici monasteriali. Santa Vjttoria
ebbe adunque i suoi otto canonici, San Paoio
dieci e San Lorenzo quattro, e di tanta larghezza qu.'sta
volta Urbano VIII volle che ne cntrassero a parte
anche gli ex-Sa!vatoriani, ai qua]¡ fu concesso di poter
aspirare al!' onore della cappa canonjcale, ¡ti cambio
della deposta cocolla. Dei resto deile rendite, giusta
la bolla del 1629, avrebbero dovuto fondarsi alcuni
seminari per 1' educazione del giovane clero abbaziale.
ma ji disegno presto svani ed ji breve del 1632 nC
fece deporte del tutto ji pensiero: « Considerantes quod
• si ... loco seminariorum hujusmodi ... aiiquac colle-
• giatae ecclesiae et in eis aliquae dignitates ac cano-
• njcatus et praebendae erigerentur ... divini cuitus
• augmento ... consuleretur » (2). Con tutto ci6 1' idea
del seminario abbazjale che era stato ji genio nefasto
che aveva ispirato la rovina di San Salvatore al cardinal
Barberini, seguitó ancora per lunghi anni a turbare
i quieti sonni dei commendatari (3). In sul principio
ji Harberini ne apri uno a Toffia, poco lungi da
Farfa, neile case del suo vicario generale Marco Ruffetti,
e lo doté in parte coll'ereditá la.sciatagli a tale
scopo dal vicario, in parte coi proventi rilevati su¡
(r) Edita in Synodus J)ioecas(u,a ecc. pp. 024-1042.
(2) Op. cit. P. 1029.
() Cf. Aci. Visual. Afto.slolicae abóafiae S M. Faijensis el
S. Salvaloris i7íaiorjs unili lar!. abbaliae, peraclae a I-'er.rio Cavaccio
Eftisc. Larinensi vicario Laleran. (almo i66o) (Archiv.
\'auC. flfl. 12, 13).

Ji monas/ero del Salva/ore 57
benefici ecciesiastici della Comniencla, aggiungeridovi
da ultimo la famosa « quadam residua portione red-
« clituum mensae conventualis » (rimanendo intatta,
s'intende, quella assai pi1l pingue del commendatario)
« Monastcrii Sancti Salvatoris Maioris » ( 1) (ma ji
resto doy' era andato?) e a San Salvatore si content6
di stipendiarvi un vicario foraneo e un sacerdote
che y' insegnasse grammatica ai futuri candidati del
seminario (2). Un breve d' Urbano Viii del 6 luglio
1637 () approv questo stato di cose, che poi
nel sinoclo farfense del 1685 () verme nuovamente
confermato da] cardinal Carlo Barberini e da tutta
l'assemhlca (; ma ji cardinal commendatarjo Marcello
Lante (173-1769) trasferi ji seminario da Toifia
a San Salvator Maggiore (6), dove rimase sin verso
(i) Sv'wdus Dioecesana ccc. p. 302.
(2) Op. cit. P. io58.
Op. Cit. P . 302.
'4) Cf. Cos/ifuioai e Tasse da osserz'arsi dagli lifliciali e
.lfinisfri del Tribuna/e Eeclesias/ieo dcli' Jusigni ahbade (ji San/a
Map-ia di l'irJa e di Sin Sa/valor Naggiore, .ç/abi/ile e publica/e
dal/'Ecel.ñw e Rev.»w Signar card. Carlo Rarberini Abba/e
J'erpeii.'o C'um,,u'nd. e Ordjna, ,jo. Tu Roma, neila Staniperia Barherma.
MDCLXXXVIII (Copia autentica colla firma aulografa
del cardinale. in Arclijv. Monast. S. Paolo, Roma, capa. Faría).
(5) Op. cit. De Seminario ci Ludj mO.s/,zs, cap. XXXVI,
PP. 302-308.
(6) Popo (ltlest') ternpo le reladoni dei moulaci di Farfa
Col nuovi inquilini (II S. Salvatore furono sempre cordial¡ e oltre
a scambicvoli visite che si facevano, trovo notato nei « Ricordi
e dcli' Imperial monasterio di S. Maria di Faría » (coci. ma.
saec. XVII. archiv. S. l'aolo in Roma) che il 13 luglio 1769
Pier Domenico Manganoni, ahbate farfense, prese solenne possesso
di quella hatiia « ut alter Ego » del commendatario Antonio
Lauute. 11 prelato compié In un sol giorno ji ]migo e disastroso
viaggio di andata e ritOrno per quel possesso cf. « Ri-
« cordi » ec (-. fol. 348),

58 1. Sc/iusler [446]
11 1841, non mancando d' educare alla Chiesa dogli
ecciesiastici di gran rnerito e di scienza non comune.
Dopo un breve soggiorno dei Passionisti sul deserto
cofle Letenano, quando ji cornmendatario Lambruschini
ottenne da Gregorio XVI lo smemhramento delle due
diocesi abbaziali di Farfa e di San Salvator Maggiore,
con le terre di quest' ultima badia venne costituita in
parte la nuova cliocesi vescovile di Poggio Mirteto, i
di cui prelati hanno ji titolo d'abbati di San Salvatore
e nc percepiscono gli ultimi rimasugli deBe antiche
rendite in favore del seminario diocesano. La destinazione
delleclificio monasteriale a residenza estiva dei
giovani chierici delle diocesi di Rieti e di Poggio Mirteto
fece si che la baclia non vcnisse compresa entro
gli ulti mi decreti d' inclemaniamento dell' asse ecclesiastico;
ma, rispettata dalle Ieggi, non lo fu egualmente
dagli uoniini e dai tempo, si che oggi gli abbandonati
chiostri, la basilica, le aule e gli ambulacri screpolati
e deserti minacciano irreparabile rovina.
Nel sinodo farfense del 1685 lo stato materiaie di
San Salvatore i cosí descritto: « Ecciesia monasterio
• contigua, antiqua et magnifica structura, constat
• unica longa nave cum quinque ab uno, et sex ab
• altero latere capeflis decenter fornicatis. Altare maius
• in extrema Ecclesia pavimento celsiore elevata, reli-
• glose et speciose ornatum eminet; post quod est
• chorus cum antiqua sede abbatiali et reliciuo mona-
• stico choragio; a cornu epistolae est sacrarium su-
• pellectile sacra et Sanctorurn Reliquiis aiiunde dita-
• tum. In hac ecciesia praefati presbyteri Sacra quotidie
• celebrant et Sacramenta Poenitentia et SS. Eucha-
• ristiae Fidelibus co praecipue ad solemniora anni
• festa ex Abbatiae Castellis confluentibus rninistrant.
• ... in Corpore Abbatiae Sancti Salvatoris Maloris et
• membris seiunctis vicinioribus Animan quater mille,

11 monas/ero del Salva/are 59
« trecentae tredccim » (i). Nel medesimo sinodo i
casteili soggetti a San Saivatore sono enumerati nel
seguente ordine: « In abbatia S. Salvatoris Maioris:
• Longone, Vaccaritia, Pratoianne, S. Silvester, Po-
• dium Vittianum, Ars Vittiana, Varcus, Vallis Cupula,
• Capradoxum, Offedium, Concervianum, Castrum S.
• Martini, Arx Raineria, Censuaria, Porcilianum, 11a-
• gni Lar¡, Nespolum, Ospaniscus, Flumata et Subur-
• bium Reatinum » (2). Pera di tante ricchezze oggi
San Salvatore non ha pii nulla; i paesi che altra volta
le erano soggetti (), po yen, quasi abbandonati fra i
monti, destano un'inlpressione di disgusto e di pena,
e l'antica cattedrale della badia é tutta deturpata e
quasi chiusa al culto. Dell' altare rnaggiore vagamente
adorno, del coro e della cattedra marmorea dcli' abbate
in fondo all'abside, ricordati anche dal Marocco (a),
non esiste quasi pii nulla; le preziose reliquie e le
suppellettili sacre sono andate disperse da Iunghi anni,
e l'archivio (che pera non riguarda altro che la diocesi
e comincia solo col secolo XV) stato incorporato
con quello farfense, nella Curia vescovile di Poggio
Mirteto. Si eriggono in Italia tanti tempi e monasteri
nuovi; perché non viene a nessuno ji pensiero di risuscitare
l'antica tradizione storica del monte Letenano,
(1) Op. cit. P1. 1059, 1067.
(2) Op. Cit. PP 375-77•
(3) II primo smemhraniento della l)adia segui sotto Benedetto
XIV a suggerimento del comtnend. card. Passionci, quando
gil successe Federico Lante. La bolla pontificia colla quali si
restituisce ai vescovi la giurisdizione delle chiese non comprese
nel territorio abbaziale é del i (cf. í32'emorie par ser,- ,¡re alfa
sioria della vi/a del cara'. Donienico Passionei, Roma, MDCCLXII,
P1'• 214-16).
() G. MAROCCO, jllonumenti d// Sta/o pon/iii iv ..zbin(
,' sae jaemorie, tomo III, pp. 8-1 -g i.

60 1. Scltuster [448]
restituendo alla Sabina ji monastero di San Salvator
Maggiore, nuovo focolare d' ideali re1itjosi fra u
e centro di progresso e di civiit (1)
APPEN1)ICE 1
11 preposito e ji priore di San Salvatore informano
ji card. Ugo d' Ostia intorno ai rispettivi diritti, giusta
la consuetudine del ¡nonastero (2) (100-I058).
Sanctissimo in Christo fratri et domino reverendo lJgoni
Dei gratia Hostiensi et Velletrensi episcopo prepositus et
prior Sancti Salvatoris [cum]mendacionem et debitam ¡o ornrobos
reverentisin. Sanctitatis vestrae litteras, ea qua deh[uimus
devotj,ue susc]epimus el earum teitorern rnenioriae cornrnendantes,
statuifl praepositurae el prioratus secunduni consuetudineni
rnonasterii nostri] itiagnitudini vestrae ducimos intimandLlm. In
choro narnque abbas in dextro latere ma[net primos]: prepusitus
vero manet lo sinistro latere prirnus. Si autem abbas fuerit in
i) Mi é caro di professare qul la mia piü viva riconoscenza
al venerando vescovo (ti Poggio Mirteto, mons. Bartolomeo
arcivesc. diria, ahbate di San Salvator Maggiore, per la squisita
cortesia colla quale ha favorito (lueSti miei studi. Un ailttuoso
grazie di ruore vada pure sus distinta famiglia Vagli di
Loiigone, iii casa della quale ho trovato nobile ospitalitá e ogni
piú gentile cura per rendere procua e dilettevole la mia visita
a S. Salvatore.
(21 Cf. KEIIR, Urknndei: zar Gesc/zic/zÉe von Jifa in XII
Ja/.rr/iundcrt lo Que/len und Forsehungen, IX, H. i, pp. 170-184.
La pagilla del ms. (¡,.ton.-Coileg. 124) donde 1' autore ha tratto
ji documento jo questione é assai deteriorata, onde egli ha dovuto
suppiire ahle ¡acune del testo, non riuscendovi sempre fehicemente.
La iettera é assai importante per la storia della hadia,
onde mi sono risoluto a ripublicarla, correggendo talora ji Kehr
lá dove ho potuto giovarmi delle diverse raccolte di « Consue-
« tudines Monasticae » a clii II testo si riferisce.

[] 11 monas/ero del Salva/ore 61
choro, ¡pse [cantaL .xii'.] lecti ionem] et prepositus .vii[i.j lect[ionem
etj xii. (i) rfesponsorium[. Si vero fuerit absens, praepositus
dicit .vi o. r[esponsorium eL .xii. tectionem et prior .viii. [lee-
[tionem[ eL .xu. {responsorium]. Si enim abbas non dicit nullain,
ipsius est othcium in quatuor cappis in tertio ... Responsorio
portare incoensurn si vero non] fuerit presens, officium est prepositi
sicut abbatis. In Capitulo abbas in medio, prior [a smistroj
benedictiones, absolutiones eL [poenitentias jito absente
pronunciet prepositus]. Si vero [fuerit autem abbas in] medio,
prepositus a dextro, prior [a smnistrol. In sotenipnitatibus ahbas
ponit cappa 2) ¡o dextro latere, et prepositus [a sinistrol. Si
vero abseos fuerjt abbas, prepositiis ponit a dextro, prior a sinistro
latcrc Ahiutioneni namque pedum fratrum quam paupe.
ruin ablias ab uno latere, prepositus ab alio faciunt. Absente
vero abbatc, prepositus ab uno et prior ab alio. Si abbas fuerit
presens, prepositus est secundus ab eo, illo vero absente, prepositus
retinet () administrationeni tam in teniporalibus quarn
in spiritualibus; viceconhites et castallos et alia temporalia intus
et extra constituen(li et destituendi ipse solus retinet potestatem,
salva iii omnibus abhatis auctoritate. In concessionibus ecclesiarum
abbatie preposittis cligit tamquarn patronus et prior investi
t (4) talnquam epi scopus. Correptiones clericorum prepositus
cum priore ¡o spiritualibus facit. Si autem aliquis clericorum
forisfecerit priori, ¡pse punit eum in spiritoalibus. Iii refectorio
autem Irepositus et prior binam accipiunt partem. Has vero
iittcras sigitio monasterii nostri signatas secundum mandaturn
vesirum dominationi (5) vestre curavimus delegare (6).
*
II documento é tantd piü importante, perché
1' unico nel suo genere che ci faccia conoscere le consuetudini
liturgiche di San Salvatore nel seco]o XII,
e vale la pena che brevemente si illustri. L' uso mo-
i) Nel cod. « xxii ».
(2) Nel cod.: « coplain ».
(3) Nel cod. « retor ».
(4) Nel cod.: « invenerit ».
(5) Nel cod.: « dorninatione ».
(6) Cf. FZEIIR,, op. cit. 182-3.

62 1. Sc/iuster [450]
nastico riservava ah' abbate e alle alte dignitt monastcriali
II canto d'alcune lezioni e d'alcuni responsori
neil' Ufficio notturno. Generalmente 1' abbate cantava
1' ottavo responsorio e la duodecima lezione, mentre
alla seconda dignitt dopo di tu¡ spettava 1' ottava lezione
e ji duodecirno responsorio. In assenza dell' abbate
ji primo posto toccava al preposito; ma sembra
che appunto questo diritto venisse contestato da] priore
del Letenano, il quale solo in tal caso cioveva sottentrare
a fare le parti del preposito. Anche neil' aula
capitolare tutti gil onori e la giurisdizione in assenza
deil'abhate erano attrihuiti al preposito, ji quale nei
di festivi rivestiva la sua cappa dal lato sinistro del
coro, riservando ji lato opposto ah' abbate. Parimenti
la lavanda dei piedi, cosi al monaci che ai po yen, in
uso nei monasteri benedettinj sin dalle prime origini (i,
veniva compiuta dalI'ahbate ,e dal preposito; ma a
San Salvatore. quasi a compensare ji priore di tante
sottrazioni fattc alla sua autorit, era stabihito che trattandosj
di nomine a benefici vacanti le parti si sarebhero
invertite, e che ji preposito avrebbe presentato i
candidati, quasi fosse investito del diritto di patronato,
ma che spettasse al priore di conferir loro 1' investitura
ecclesiastica, a simiglianza de¡ vescovi.
APPENDJCE II
S'ric degli ahhati di San Saivato're.
A cagione della totale dispersione dell'archivio di
San Salvatore e della mancanza assoiuta d'una cronaca
o d'un cartario qualsiasi del monastero, sembra impos-
(1) Cf. Consuelud. Farf. 178, o,

[451] Ji monas/ero del Salva/ore 63
sibile che si possa mai sperare di ricostruire interamente
i suoi fasti abbaziali coll'unica scorta dei documenti
sporadici di cui disponiamo attualmente. La lista
che segue risulta dalle carte di cui tui sono servito
per compilare la mia monografia; ma ulterior¡ indagini
nei Regesti Pontifici, che por ora non ho potuto compiere,
come avrei voluto, dovranno forse rivelarci altri
nomi d'abbati del secolo XV.
Aun. 772-75 (i).
794.
807.
Tra V847-855 i?'.
872.
1001-1017.
1049.
1057.
[124.
1221.
1286.
1290.
1290-1306 (fl,
1306.
1307.
Adroaldus.
l.Jsualclus.
Len fo
1 lonoratus.
Anastasius.
Landu i 11115.
P€rcnesius (?).
Petrus.
Adenulphus.
Rau utius,
iEgidius.
Philippus.
Petrus 11.
(:anibiiis.
Bonu- lohannes.
Badia imperiale di San Salvator Maggiore, 1912.
ILDEFONSO SCHUSTER.
(1) GIl anni non designano I'epoca (lelia rispettiva accessione
al trono abbaziale, ma quefla in ciii vengono ricordati
nei documenti,