05.06.2013 Views

Approccio diagnostico e terapeutico alla degenerazione maculare ...

Approccio diagnostico e terapeutico alla degenerazione maculare ...

Approccio diagnostico e terapeutico alla degenerazione maculare ...

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

<strong>Approccio</strong> <strong>diagnostico</strong> e <strong>terapeutico</strong> <strong>alla</strong> <strong>degenerazione</strong> <strong>maculare</strong> senile (AMD)<br />

Chiara de Waure, Giuseppe La Torre, Walter Ricciardi<br />

<strong>Approccio</strong> <strong>diagnostico</strong> ed end-point nello studio<br />

del treatment outcome<br />

L’approccio <strong>diagnostico</strong> <strong>alla</strong> AMD prevede la<br />

valutazione dell’acuità visiva, l’esame del fundus<br />

oculare e la fluorangiografia (FA) e la tomografia a<br />

coerenza ottica (OCT) per la diagnosi definitiva e<br />

la caratterizzazione delle lesioni [1]. In alcuni casi,<br />

l’effettuazione di un test preliminare, il test di<br />

Amsler, consente una rapida individuazione di un<br />

problema <strong>maculare</strong> da sottoporre a successivo<br />

approfondimento <strong>diagnostico</strong>. Il test di Amsler,<br />

proprio in virtù della sua semplicità di esecuzione,<br />

viene anche utilizzato nel follow up del<br />

trattamento poiché permette allo stesso paziente<br />

di rilevare facilmente cambiamenti del visus. A<br />

completamento dell’iter <strong>diagnostico</strong> è prevista<br />

anche la valutazione della sensibilità al contrasto.<br />

Di seguito verranno descritti i dettagli di tali fasi<br />

diagnostiche.<br />

Acuità visiva<br />

In base al tipo di stimoli visivi usati possiamo<br />

riconoscere almeno quattro tipi fondamentali di<br />

acuità visiva [2]:<br />

1)l’acutezza di visibilità nella quale si tratta di<br />

accertare o escludere la presenza di un oggetto;<br />

2)l’acutezza di risoluzione nella quale si tratta di<br />

percepire i dettagli di un oggetto;<br />

3)l’acutezza di localizzazione nella quale si valuta<br />

la localizzazione spaziale relativa di due oggetti;<br />

4)l’acutezza di ricognizione o morfoscopica nella<br />

quale si vanno a riconoscere le caratteristiche o<br />

la forma di un oggetto.<br />

L’acutezza visiva di risoluzione è il reciproco<br />

dell’angolo minimo di risoluzione, espresso in<br />

minuti primi, cioè sessantesimi di grado; l’angolo<br />

minimo di risoluzione (Minimal Angle of<br />

Resolution, MAR) è la più piccola distanza<br />

angolare <strong>alla</strong> quale due punti o due linee possono<br />

essere ancora percepiti come distinti [2].<br />

L’acuità visiva è rilevata con gli ottotipi,<br />

strumenti che possono essere raggruppati in<br />

diverse categorie a seconda che impieghino le<br />

lettere dell’alfabeto (come la tabella di Snellen o<br />

JPH - Year 7, Volume 6, Number 2, Suppl. 3, 2009<br />

I T A L I A N J O U R N A L O F P U B L I C H E A L T H<br />

l’ottotipo ETDRS) o i numeri, i simboli (E di<br />

diverso tipo - Albini, Snellen, Tumbling, Pgluger -, C<br />

landolt) o le griglie e le scacchiere [2].<br />

Le lettere maiuscole dell’alfabeto sono gli<br />

elementi più diffusamente impiegati negli ottotipi.<br />

L’acutezza visiva misurata con le lettere<br />

rappresenta l’acuità di ricognizione, la quale si<br />

fonda, oltre che sull’acutezza di visibilità, di<br />

risoluzione, e di localizzazione, anche sul<br />

concorso di altri fattori di carattere percettivo e<br />

cognitivo. Le serie di lettere più usate sono le<br />

lettere di SLOAN (S O C D K V R H N Z) e le lettere<br />

definite dalle norme BS 4724 (D E H N F P R U V<br />

Z) [2].<br />

Alcuni ottotipi sfruttano le mire, ossia dei<br />

simboli che non sono disegnati con la forma e<br />

l’originalità dei caratteri di stampa, ma secondo un<br />

criterio ben preciso per risultare inscritte in una<br />

griglia 5x5 o 4x5. Le mire ottotipiche più<br />

comunemente impiegate si rifanno a figure<br />

astratte e sono gli Anelli o C di Landolt e le E di<br />

Snellen o Albini [2].<br />

Gli Anelli o C di Landolt sono mire di risoluzione<br />

comuni, considerate di riferimento nelle norme<br />

standardizzate. Gli anelli vengono presentati in 4 o<br />

8 orientamenti e sono tali da non presentare i<br />

difetti tipici delle lettere, pur risultando difficili da<br />

impiegare nei bambini per problemi di<br />

comprensione [2].<br />

La E di Snellen o di Albini costituiscono una mira<br />

a forma di E posizionata con vari orientamenti e<br />

rappresentano una buona soluzione intermedia<br />

tra la praticità dell’alfabeto e l’attendibilità di mire<br />

di risoluzione. Questo tipo di figura è utilizzabile<br />

anche con bambini non scolarizzati poiché è<br />

sufficiente dare loro un modello e chiedere di<br />

posizionarlo come la figura. Il principale problema<br />

conseguente all’uso di tali ottotipi è che l’acuità<br />

risulta leggermente sovrastimata [2].<br />

Le tavole ottotipiche di più comune impiego<br />

sono, comunque, la tabella classica di Snellen e<br />

l’ottotipo ETDRS; nel contesto italiano, nonostante<br />

la migliore accuratezza dell’ottotipo ETDRS, le<br />

tavole Snellen continuano a essere<br />

C A P I T O L O 2 S 1 1


JPH - Year 7, Volume 6, Number 2, Suppl. 3, 2009<br />

I T A L I A N J O U R N A L O F P U B L I C H E A L T H<br />

frequentemente impiegate.<br />

La tabella di Snellen (Figura 1) è stampata con<br />

11 linee di acutezza e impiega le 9 lettere C, D, E,<br />

F, L, O, P, T, Z [3]. La prima linea consiste in una<br />

grande lettera E mentre, in ogni ulteriore linea, le<br />

lettere aumentano in numero e diminuiscono in<br />

dimensione. L’ultima linea che può essere letta<br />

restituisce l'acutezza visiva in quell'occhio. In ogni<br />

riga, l’ampiezza delle linee che compongono le<br />

lettere sottende un angolo di un minuto di arco a<br />

una specifica distanza: essa è pari a 60 m per la<br />

lettera nella prima riga, 36 m per la seconda e via<br />

via decrescente fino all’ultima riga. L’acuità visiva<br />

è espressa come rapporto tra un numeratore che<br />

indica la distanza <strong>alla</strong> quale solitamente il test<br />

viene condotto (6 m in Europa, 20 piedi in USA) e<br />

un denominatore che si riferisce <strong>alla</strong> grandezza<br />

delle lettere dell’ultima riga chiaramente<br />

distinguibile, misurata come distanza <strong>alla</strong> quale,<br />

comunemente, tale lettera riesce a essere letta [4].<br />

Tra i limiti di questo ottotipo ritroviamo il tipo<br />

di progressione che, secondo la formula di Snellen,<br />

è matematica o geometrica e la presenza di un<br />

diverso numero di lettere per riga che determina<br />

un affollamento incostante [4].<br />

Figura 1. Tavola di Snellen.<br />

Gli ottotipi di ricognizione ETDRS (Early<br />

Treatment for Diabetic Retinopathy Study) (Figura<br />

2) utilizzano le lettere SLOAN: ogni linea contiene<br />

cinque lettere di uguale difficoltà visiva [2]. Esso<br />

può essere fornito in schede di 62x64 cm e viene<br />

utilizzato con il proprio dispositivo di retro<br />

illuminazione, anche se esistono schede che<br />

possono essere illuminate frontalmente. Il test<br />

viene eseguito a una distanza variabile di 1, 2 o 4<br />

metri, con tavola di conversione Snellen per<br />

S 1 2 C A P I T O L O 2<br />

equivalente acuità fino a 6 metri [2]. Essi<br />

consentono uno scoring lettera per lettera<br />

piuttosto che riga per riga, come nei classici<br />

ottotipi di ricognizione, e, quindi, misurazioni più<br />

accurate e ripetibili. Proprio per tale ragione gli<br />

ottotipi ETDRS sono comunemente impiegati<br />

nella valutazione del treatment outcome<br />

nell’ambito degli studi clinici [3]. La rilevazione<br />

dell’acuità visiva con ETDRS consente di definire<br />

quante lettere il paziente ha perso o guadagnato<br />

nel corso del trattamento.<br />

I test di acuità visiva sono fondamentali per<br />

valutare:<br />

1.numero di lettere mantenute o perse rispetto al<br />

baseline;<br />

2.numero di lettere guadagnate rispetto al<br />

baseline;<br />

3.acuità visiva media;<br />

4.cambiamento medio dell’acuità visiva.<br />

Figura 2. Ottotipo ETDRS.<br />

Test di Amsler<br />

Il test di Amsler (Figura 3) è un semplice test<br />

che consente di sospettare precocemente l’AMD,<br />

ma che viene anche impiegato nel follow up del<br />

trattamento come precocemente indicativo di<br />

eventuali peggioramenti del visus. L’esame si<br />

esegue utilizzando un quadrilatero quadrettato,<br />

posto <strong>alla</strong> distanza di 30 cm, e la correzione per<br />

lettura. Dopo aver coperto con la mano un occhio,<br />

il paziente deve fissare con l’occhio scoperto il<br />

punto nero centrale del reticolo. Se le linee<br />

appaiono ondulate, deformate o discontinue o se<br />

il paziente constata una modifica della loro<br />

percezione rispetto all’ultima volta in cui il test è<br />

stato eseguito è necessario eseguire ulteriori<br />

indagini al fine di diagnosticare la presenza o il


I T A L I A N J O U R N A L O F P U B L I C H E A L T H<br />

peggioramento della <strong>degenerazione</strong> <strong>maculare</strong> [5].<br />

Figura 3. Test di Amsler.<br />

Fluorangiografia<br />

La fluorangiografia è, insieme all’OCT, l’esame<br />

<strong>diagnostico</strong> fondamentale nella <strong>degenerazione</strong><br />

<strong>maculare</strong> legata all’età. La fluorangiografia viene<br />

effettuata iniettando una sostanza fluorescente <strong>alla</strong><br />

luce blu (fluoresceina) capace di impregnare la<br />

membrana neovascolare e, quindi, di evidenziare<br />

aree di neovascolarizzazione che possono essere<br />

chiaramente localizzabili (neovascolarizzazione<br />

classica), oppure mal definite e solo sospettabili<br />

(neovascolarizzazione occulta) [1]. Le lesioni<br />

possono essere classificate in base <strong>alla</strong> loro<br />

localizzazione in extrafoveali (distanza d<strong>alla</strong> fovea<br />

maggiore di 200 µm), in iuxtafoveali (distanza<br />

inferiore ai 200 µm) e in subfoveali quando<br />

coinvolgono la fovea [6]. Secondo la classificazione<br />

di Gass, le lesioni sono distinte in tipo I e II a seconda<br />

che la crescita vascolare avvenga al di sotto o al di<br />

sopra dell’epitelio pigmentato retinico [7]. In<br />

fluorangiografia le lesioni di tipo 1 sono definite<br />

come occulte e le lesioni di tipo 2 classiche; le lesioni<br />

classiche subfoveali sono state ulteriormente<br />

suddivise in classiche, prevalentemente classiche e<br />

minimamente classiche qualora la componente<br />

classica sia pari al 100%, interessi più del 50%<br />

dell’intera lesione o meno del 50% rispettivamente<br />

[6].<br />

In presenza di neovascolarizzazione occulta si può<br />

anche eseguire un esame angiografico con colorante<br />

fluorescente all’infrarosso (verde di indocianina) in<br />

grado di evidenziare circa il 60-70% dei neovasi<br />

occulti [1]. L'angiografia con verde di indocianina<br />

(ICGA), introdotta nel 1992, può anche facilitare il<br />

riconoscimento di manifestazioni particolari del<br />

processo neovascolare nell'ambito della<br />

<strong>degenerazione</strong> <strong>maculare</strong>, quali la vasculopatia<br />

coroideale polipoide e la proliferazione angiomatosa<br />

retinica [1].<br />

Nell’ambito dello studio del treatment outcome, la<br />

fluorangiografia consente, insieme all’OCT, di<br />

JPH - Year 7, Volume 6, Number 2, Suppl. 3, 2009<br />

caratterizzare le lesioni e di valutare la loro<br />

progressione.<br />

OCT (Optical Coherence Tomography)<br />

La tomografia a coerenza ottica, o OCT (Optical<br />

Coherence Tomography), è una tecnica di imaging<br />

non invasiva che fornisce immagini ad alta<br />

risoluzione di sezioni della retina umana [8]. La<br />

tecnica sfrutta una misurazione ottica, chiamata<br />

interferometria a bassa coerenza, il cui principio di<br />

funzionamento è simile a quello dell'ecografia,<br />

differenziandosene per il fatto di sfruttare la<br />

riflessione di onde luminose da parte delle diverse<br />

strutture oculari piuttosto che la riflessione delle<br />

onde acustiche. Tale tecnica consente la<br />

misurazione di strutture a distanze dell'ordine di 10<br />

µm, contro i 100-150 degli ultrasuoni [8]. Con<br />

l'OCT si proietta sulla retina un fascio di lunghezza<br />

d'onda di 820 nm, generato da un diodo<br />

superluminescente, e si confrontano i tempi di<br />

propagazione dell'eco della luce riflessa d<strong>alla</strong> retina<br />

con quelli relativi allo stesso fascio di luce riflesso<br />

da uno specchio di riferimento posto a distanza<br />

nota. L'interferometro OCT rileva elettronicamente,<br />

raccoglie, elabora e memorizza gli schemi di ritardo<br />

dell'eco provenienti d<strong>alla</strong> retina; i tomogrammi<br />

vengono quindi visualizzati in tempo reale<br />

utilizzando una scala in falsi colori che rappresenta<br />

il grado di reflettività dei tessuti posti a diversa<br />

profondità (colori scuri (blu e nero): zone a minima<br />

reflettività ottica; colori chiari (rosso e bianco):<br />

zone molto riflettenti) e memorizzati per la<br />

successiva elaborazione [8].<br />

L'OCT è quindi un esame semplice, rapido, non<br />

invasivo e altamente riproducibile.<br />

Dal punto di vista qualitativo, su ogni scansione si<br />

può effettuare un'analisi della morfologia e del<br />

grado di reflettività degli strati retinici. Per quanto<br />

riguarda la valutazione quantitativa, lo strumento<br />

permette di misurare lo spessore della retina.<br />

Nell'AMD essudativa l'OCT può essere associato<br />

agli esami angiografici per avere ulteriori<br />

informazioni sulle caratteristiche strutturali della<br />

membrana neovascolare, sulla sua localizzazione e<br />

sulla presenza di attività essudativa [6]. L'OCT fa<br />

rilevare eventuali distacchi dell’epitelio<br />

pigmentato, associati <strong>alla</strong> neovascolarizzazione, ed<br />

è particolarmente utile nel follow-up dopo terapia,<br />

per confermare o no l'attività essudativa di una<br />

lesione, quando la fluorangiografia lascia dubbi, e<br />

per porre quindi le indicazioni a un ritrattamento<br />

[8].<br />

Nell’ambito dello studio del treatment outcome,<br />

l’OCT consente, insieme <strong>alla</strong> fluorangiografia, di<br />

caratterizzare le lesioni e di valutare la loro<br />

progressione.<br />

C A P I T O L O 2 S 1 3


JPH - Year 7, Volume 6, Number 2, Suppl. 3, 2009<br />

I T A L I A N J O U R N A L O F P U B L I C H E A L T H<br />

Sensibilità al contrasto<br />

La determinazione della sensibilità al contrasto<br />

prevede che il paziente legga dei caratteri in color<br />

nero-grigio via via più sfumato su uno sfondo con<br />

illuminazione omogenea [9]. Essa misura la<br />

capacità del sistema visivo di apprezzare il<br />

contrasto fotometrico, cioè la differenza di<br />

luminosità che presentano due zone adiacenti e si<br />

misura come rapporto tra la differenza di<br />

luminosità di due aree e la loro somma (metodo<br />

CIE) definito anche come contrasto di Michelson<br />

o di modulazione [9].<br />

I test più frequentemente utilizzati per misurare<br />

la sensibilità al contrasto sono il Vision Contrast<br />

Test System (VCTS), o la sua versione evoluta, il<br />

Functional Acuity Contrast Test (FACT), e il Pelli-<br />

Robson (PR) [4].<br />

La tavola di Pelli-Robson determina la sensibilità<br />

al contrasto impiegando lettere di dimensioni<br />

identiche il cui contrasto varia di riga in riga<br />

(Figura 4) [10].<br />

Il test di contrasto dell’acuità funzionale<br />

(FACT®) (Figura 5), sviluppato da Arthur P.<br />

Ginsburg, permette spesso di determinare la<br />

perdita precoce di capacità visiva offrendo una<br />

misurazione più sensibile rispetto al test di acuità<br />

di Snellen [10,11]. Il FACT valuta efficacemente la<br />

capacità visiva su una gamma di dimensione e<br />

contrasto che simula verosimilmente l'ambiente<br />

normale. Esso testa la capacità del soggetto di<br />

rilevare la presenza e l’orientamento del reticolo<br />

in ciascuna delle 9 celle delle 5 righe di cui la<br />

scheda si compone. Si chiede al paziente di<br />

indicare l’orientamento dell’ultimo reticolo<br />

visualizzato per ciascuna riga e si graficano i<br />

risultati in una curva di sensibilità al contrasto che<br />

consente la determinazione della soglia di<br />

contrato [10,11].<br />

Con tali test si va a valutare il cambiamento<br />

Figura 4. Tavola di Pelli-Robson.<br />

S 1 4 C A P I T O L O 2<br />

medio della soglia di contrasto nei pazienti affetti<br />

da AMD.<br />

Revisione dei trattamenti disponibili ad oggi per<br />

la maculopatia degenerativa legata all’età<br />

Attualmente le terapie a disposizione per l’AMD<br />

neovascolare sono la fotocoagulazione laser, la<br />

terapia fotodinamica con verteepporrfina (PDT-V) e i<br />

farmaci antiangiogenici [1,12].<br />

Fotocoagulazione laser<br />

Fino a pochi anni fa l’unica terapia disponibile,<br />

diretta esclusivamente nei confronti della<br />

<strong>degenerazione</strong> <strong>maculare</strong> di tipo umido, era la<br />

fotocoagulazione laser, una terapia consistente<br />

nella distruzione dell’area della macula coinvolta<br />

d<strong>alla</strong> presenza della proliferazione fibrovascolare<br />

[12]. Tale tipo di trattamento non era peraltro<br />

applicabile in tutti i pazienti in quanto indicato<br />

nei casi di vascolarizzazione in sedi anatomiche<br />

distanti d<strong>alla</strong> fovea (extrafoveali) [12].<br />

La fotocoagulazione laser dei neovasi determina<br />

anche la distruzione dei fotorecettori della zona<br />

irradiata; ne consegue uno scotoma,<br />

corrispondente <strong>alla</strong> cicatrice retinica che si viene<br />

a formare in conseguenza al trattamento [12]. Tale<br />

trattamento è stato indagato dal Macular<br />

Photocoagulation Study, un trial clinico<br />

multicentrico e randomizzato, condotto negli anni<br />

ottanta. Lo studio ha dimostrato che, a 5 anni, una<br />

diminuzione dell’acuità visiva di 6 linee o più<br />

aveva interessato il 46% dei trattati e il 64% dei<br />

pazienti non trattati affetti da neovascola<br />

rizzazione coroideale (CNV) extrafoveale [13]; un<br />

grave deterioramento visivo, corrispondente<br />

sempre <strong>alla</strong> perdita di 6 o più linee, aveva invece<br />

colpito il 52% dei trattati e il 61% dei non trattati<br />

con CNV iuxtafoveale [14]. Nei pazienti con<br />

lesioni subfoveali, al primo trattamento con<br />

Figura 5. FACT.


fotocoagulazione laser e a 4 anni di follow up, il<br />

22% degli occhi trattati rispetto al 47% degli occhi<br />

non trattati avevano perso 6 o più linee di acuità<br />

visiva [15]. Attualmente questo tipo di trattamento<br />

è, comunque, scarsamente impiegato, in virtù del<br />

fatto che la maggior parte delle lesioni<br />

neovascolari dell’AMD sono subfoveali.<br />

Terapia fotodinamica con verteporfina (PDT-V)<br />

La terapia fotodinamica con verteporfina (PDT-<br />

V) ha rappresentato un grosso passo avanti nel<br />

trattamento dei processi neovascolari sottoretinici<br />

maculari ed è una tecnica minimamente invasiva<br />

che viene eseguita in ambito ambulatoriale.<br />

Questa terapia, introdotta <strong>alla</strong> fine degli anni '90,<br />

ha ampliato notevolmente le possibilità di cura<br />

per pazienti non altrimenti trattabili con il laser<br />

convenzionale ed è ancora oggi indicata in alcuni<br />

casi di <strong>degenerazione</strong> <strong>maculare</strong> di tipo<br />

neovascolare [16].<br />

Essa viene eseguita con raggi laser di lunghezza<br />

d’onda e potenza ridotte (lunghezza d’onda di 689<br />

± 3nm), senza applicazione di calore, dopo aver<br />

provveduto all’iniezione endovena di una<br />

sostanza colorante e fotosensibilizzante, la<br />

verteporfina (Visudyne®) <strong>alla</strong> dose di 6 mg/m 2 di<br />

superficie corporea [12]. Una caratteristica<br />

importante della verteporfina è la sua selettività<br />

per i neovasi della coroide che gli consente di<br />

agire sulla lesione neovascolare senza danneggiare<br />

la neuroretina sovrastante [16]. In seguito<br />

all'infusione endovenosa, la sostanza si accumula,<br />

infatti, selettivamente a livello delle cellule<br />

endoteliali dei neovasi grazie <strong>alla</strong> sua liposolubilità<br />

e viene successivamente attivata dal laser a diodi<br />

[14]. Una volta attivata, la sostanza determina un<br />

danno ossidativo alle cellule endoteliali con<br />

conseguente attivazione della trombosi e<br />

occlusione vascolare. Nella maggior parte dei casi,<br />

tuttavia, l’occlusione è transitoria, per cui è<br />

indispensabile ripetere la PDT-V ogni 3 mesi circa<br />

[12]. Il trattamento PDT-V, somministrato ogni 3<br />

mesi, si è dimostrato sicuro ed efficace nei<br />

seguenti studi: Treatment of Age-Related Macular<br />

Degeneration with Photodynamic Therapy (TAP)<br />

Investigation [17], Verteporfin in Photodynamic<br />

Therapy (VIP) Trials [18] e Visudyne in Minimally<br />

Classic (VIM) AMD Trial [19].<br />

Il TAP è uno studio multicentrico, condotto in<br />

22 centri europei e americani, che ha arruolato<br />

complessivamente 609 persone con CNV<br />

subfoveale prevalentemente e minimamente<br />

classica e occulta, randomizzate a ricevere la PDT-<br />

V rispetto al placebo in rapporto 2:1. Lo studio ha<br />

dimostrato che il 53% dei soggetti trattati, rispetto<br />

al 38% dei non trattati, aveva perso meno di 15<br />

JPH - Year 7, Volume 6, Number 2, Suppl. 3, 2009<br />

I T A L I A N J O U R N A L O F P U B L I C H E A L T H<br />

lettere a 2 anni. Nei soggetti con lesioni<br />

prevalentemente classiche, rispettivamente il 59%<br />

e il 31% dei pazienti aveva perso meno di 15<br />

lettere [17].<br />

Il trial VIP si è occupato dei pazienti con CNV<br />

occulta senza componente classica. I risultati a<br />

due anni hanno dimostrato che il 54% dei pazienti<br />

trattati, in confronto al 67% del gruppo placebo,<br />

aveva subito una diminuzione dell’acuità visiva<br />

uguale o superiore alle 15 lettere [18].<br />

Nel trial VIM [19] sono stati inclusi pazienti con<br />

CNV minimamente classica che sono stati<br />

assegnati casualmente a tre gruppi (PDT-V con<br />

fluenza standard, PDT-V con fluenza ridotta e<br />

placebo). A due anni la proporzione di pazienti<br />

che aveva perso almeno 15 lettere è risultata pari<br />

al 26%, tra coloro trattati con PDT-V a fluenza<br />

ridotta, al 53%, tra coloro trattati con fluenza<br />

standard, e al 62%, tra i controlli.<br />

La verteporfina è l’unico farmaco approvato nel<br />

2000 d<strong>alla</strong> Food and Drug Administration (FDA) e<br />

d<strong>alla</strong> Agenzia Europea di Valutazione dei<br />

Medicinali (EMEA) per la terapia fotodinamica<br />

oculare, ed è stata la prima molecola approvata<br />

per il trattamento della CNV subfoveale<br />

secondaria ad AMD. In Europa il trattamento PDT-<br />

V è approvato per la terapia delle lesioni<br />

subfoveali prevalentemente classiche [12].<br />

Inibitori del Vascular Endothelial Growth Factor<br />

(VEGF)<br />

Il processo dell'angiogenesi è regolato da un<br />

complesso insieme di fattori angiogenici e<br />

antiangiogenici. L'ipossia e determinate<br />

condizioni infiammatorie possono liberare fattori<br />

angiogenici quali il VEGF, molecola di cui esistono<br />

quattro isoforme in grado di legare tre diversi<br />

recettori che sono stati ritrovati ad alte<br />

concentrazioni sulle cellule endoteliali oculari. A<br />

livello retinico le cellule in grado di liberare il<br />

VEGF sono quelle che formano la parete dei<br />

capillari (CE, periciti, e cellule muscolari lisce);<br />

l’azione del VEGF si esplica poi sia a livello<br />

retinico sia a livello irideo, previa diffusione verso<br />

il segmento anteriore.<br />

La terapia antiangiogenica dovrebbe mirare a<br />

eliminare lo stimolo che causa la liberazione dei<br />

fattori angiogenici. Un primo approccio<br />

farmacologico è volto al blocco dei fattori<br />

angiogenici come accade con i farmaci anti-VEGF,<br />

che bloccano appunto l’azione del VEGF; un<br />

secondo approccio può essere rappresentato<br />

dall'inibizione della proliferazione delle cellule<br />

endoteliali, raggiungibile con l'inibizione o delle<br />

proteine di adesione delle cellule endoteliali, le<br />

integrine, o di quelle della matrice extracellulare<br />

C A P I T O L O 2 S 1 5


JPH - Year 7, Volume 6, Number 2, Suppl. 3, 2009<br />

I T A L I A N J O U R N A L O F P U B L I C H E A L T H<br />

[20]. Un terzo approccio prevede invece la<br />

riattivazione dei fattori locali antiangiogenici<br />

preesistenti [20].<br />

Il trattamento antiangiogenico si caratterizza<br />

per essere un trattamento a lungo termine, della<br />

durata di mesi o anni, non esente da effetti<br />

collaterali, anche sistemici. La somministrazione<br />

dei farmaci antiangiogenici per il trattamento<br />

della AMD avviene per iniezione intravitreale con<br />

una riduzione degli effetti collaterali sistemici. I<br />

farmaci antiangiogenici oggi disponibili<br />

comprendono: pegaptanib, bevacizumab e<br />

ranibizumab.<br />

Pegaptanib (Macugen®)<br />

Pegaptanib è un aptamero, cioè un piccolo<br />

frammento di RNA sintetico che, legandosi al<br />

VEGF 165, ne impedisce il legame con il proprio<br />

recettore bloccando la conseguente formazione di<br />

vasi anomali e l’aumento della permeabilità<br />

vascolare [21]. Esso viene somministrato tramite<br />

iniezione intravitreale (0,3 mg) ogni 6 settimane<br />

per almeno due anni, previa anestesia locale.<br />

Il pegaptanib sodium è stato il primo agente<br />

anti-VEGF disponibile per uso oculare e anche il<br />

primo aptamero <strong>terapeutico</strong> approvato d<strong>alla</strong> FDA<br />

nel dicembre del 2004 [22]. La sicurezza e<br />

l’efficacia del trattamento sono state valutate da 2<br />

trial multicentrici, randomizzati, controllati e in<br />

doppio cieco (VISION) che hanno reclutato 1186<br />

pazienti affetti da CNV prevalentemente e<br />

minimamente classica e occulta in 117 centri di<br />

tutto il mondo [23, 24]. I risultati pubblicati dopo<br />

12 mesi di terapia hanno evidenziato che circa il<br />

70% dei pazienti trattati con pegaptanib (70% con<br />

0,3 mg, 71% con 1 mg e 65% con 3 mg) aveva<br />

manifestato un calo visivo inferiore a 15 lettere, in<br />

confronto al 55% dei controlli [23]. A 102<br />

settimane il 59% dei soggetti trattati aveva perso<br />

meno di 15 lettere rispetto al 45% dei soggetti<br />

trattati con placebo [24]. Sulla base di questi<br />

risultati e della scarsità di eventi avversi, il<br />

pegaptanib sodium è stato approvato per il<br />

trattamento di tutti i tipi di CNV secondaria ad<br />

AMD.<br />

Bevacizumab (Avastin®)<br />

Bevacizumab è un anticorpo monoclonale<br />

umanizzato anti-VEGF, prodotto mediante la<br />

tecnica del DNA ricombinante [21]. Il farmaco è<br />

stato approvato d<strong>alla</strong> FDA per il trattamento del<br />

cancro del colon metastatico nel 2004 e il suo<br />

utilizzo intravitreale nella AMD è oggi off-label. Al<br />

momento i risultati disponibili sull’efficacia del<br />

farmaco si basano su osservazioni aneddotiche e<br />

su dati preliminari di studi di limitata numerosità.<br />

S 1 6 C A P I T O L O 2<br />

Le possibili applicazioni del bevacizumab al di<br />

fuori del campo oncologico riguardano la terapia<br />

delle degenerazioni maculari di tipo neovascolare<br />

e delle malattie vascolari della retina caratterizzate<br />

da una marcata componente edematosa ed<br />

essudativa, come la retinopatia diabetica e<br />

l’occlusione della vena centrale della retina.<br />

La terapia della AMD prevede l’iniezione<br />

intraoculare della sostanza che, diffondendo nel<br />

corpo vitreo e nello spessore della retina, giunge a<br />

contatto con la CNV dove esercita i seguenti<br />

effetti [25]: inibizione della crescita e<br />

dell’estensione del processo neovascolare,<br />

regressione della neovascolarizzazione,<br />

stabilizzazione delle membrane endoteliali e<br />

decremento del grado di permeabilità nel<br />

microcircolo della CNV, riduzione dell’intensità di<br />

diffusione delle molecole proteiche e lipidiche<br />

negli spazi extravascolari e diminuzione<br />

dell’edema e normalizzazione dello spessore<br />

retinico <strong>maculare</strong> centrale.<br />

Ranibizumab (Lucentis®)<br />

Ranibizumab (RhuFab V2; Lucentis) è un<br />

frammento umanizzato, nello specifico la catena<br />

kappa, dell’anticorpo monoclonale IgG 1 diretto<br />

contro il VEGF [21], destinato all’uso intravitreale.<br />

Ranibizumab lega e blocca tutte le forme di<br />

VEGF (VEGF165, VEGF121 e VEGF110),<br />

prevenendo così il legame del VEGF ai suoi<br />

recettori VEGFR-1 e VEGFR-2 e, di conseguenza, la<br />

proliferazione delle cellule endoteliali, la<br />

neovascolarizzazione e l’aumento della<br />

permeabilità vasale [26]. Rispetto al suo<br />

precursore bevacizumab, ranibizumab è una<br />

molecola più piccola con raggio e peso<br />

molecolare inferiore (48 kD), caratteristiche che<br />

giustificano la maggior capacità di penetrare tutti<br />

gli strati della retina e, quindi, di diffondere nello<br />

spazio sottoretinico dopo somministrazione<br />

intravitreale. Ciò massimizza l’effetto inibitorio nei<br />

confronti del VEGF nella retina minimizzando,<br />

però, l’inibizione sistemica del VEGF [27].<br />

Le più importanti evidenze scientifiche circa<br />

l’efficacia di ranibizumab derivano da tre trial<br />

clinici: lo studio MARINA (Minimally<br />

classic/occult trial of the Anti-VEGF antibody<br />

Ranibizumab In the treatment of Neovascular<br />

AMD) [28], lo studio ANCHOR (ANti-VEGF<br />

Antibody for the Treatment of Predominantly<br />

Classic CHORoidal Neovascularization in AMD)<br />

[29] e lo studio PIER (Phase IIIb, Multicenter,<br />

Randomized, Double-Masked, Sham Injection-<br />

Controlled Study of the Efficacy and Safety of<br />

Ranibizumab in Subjects with Subfoveal<br />

Choroidal Neovasularization with or without


I T A L I A N J O U R N A L O F P U B L I C H E A L T H<br />

Classic CNV Secondary to Age-Related Macular<br />

Degeneration) [30].<br />

Lo studio MARINA [28], condotto su 716<br />

pazienti con AMD e CNV minimamente classica o<br />

occulta randomizzati a ricevere o trattamento con<br />

0,3 o 0,5 mg/mese di ranibizumab intravitreale o<br />

placebo, ha dimostrato che, a 2 anni, il 92% e il<br />

90% dei pazienti con AMD essudativa, trattati<br />

rispettivamente con 0,3 mg e 0,5 mg di<br />

ranibizumab, aveva un’acuità visiva migliorata o<br />

stabile (perdita minore di 15 lettere), rispetto al<br />

52,9% dei pazienti trattati con placebo. Il<br />

trattamento si è inoltre dimostrato in grado di far<br />

guadagnare un numero di lettere uguale o<br />

superiore a 15 in circa il 25% e il 33% dei soggetti<br />

trattati con 0,3 mg e 0,5 mg di ranibizumab<br />

rispetto al 5% del gruppo di controllo.<br />

Lo studio ANCHOR, che ha considerato soggetti<br />

con AMD e CNV prevalentemente classica [29], a<br />

24 mesi ha riportato che il 90% e l’89,9% dei<br />

pazienti che avevano ricevuto, rispettivamente,<br />

0,3 mg e 0,5 mg di ranibizumab avevano perso<br />

meno di 15 lettere contro il 65,7% di coloro<br />

trattati con PDT-V. Inoltre il 34,3% e il 41% dei<br />

soggetti trattati con 0,3 o con 0,5 mg di<br />

ranibizumab avevano guadagnato più di 15 lettere<br />

rispetto al 6,3% di coloro trattati con PDT-V.<br />

Lo studio PIER [30], condotto su 184 pazienti<br />

con AMD e CNV di tutti i tipi, randomizzati a<br />

ricevere 0,3 mg o 0,5 mg di ranibizumab<br />

intravitreale o una sham injection ogni mese, per i<br />

primi 3 mesi, e, successivamente, ogni 3 mesi per<br />

2 anni, ha dimostrato che, a 12 mesi, l’83,3% e il<br />

90,2% dei pazienti trattati con ranibizumab (0,3 e<br />

0,5 mg rispettivamente) avevano perso meno di<br />

15 lettere rispetto al 49,2% del gruppo di<br />

controllo; l’11,7% e il 13,1% dei pazienti trattati<br />

Tabella 1. Protocolli di trattamento. Tempistica e indagini prescritte per il controllo del trattamento.<br />

JPH - Year 7, Volume 6, Number 2, Suppl. 3, 2009<br />

con 0,3 mg e 0,5 mg di ranibizumab avevano<br />

guadagnato 15 o più lettere rispetto al 9,5% dei<br />

pazienti trattati con sham.<br />

Maggiori dettagli sugli studi di efficacia del<br />

ranibizumab verranno comunque descritti nel<br />

capitolo successivo.<br />

Nel 2006 e nel 2007, rispettivamente la FDA e la<br />

EMEA hanno approvato l’utilizzo di questo<br />

farmaco per la terapia dell’AMD neovascolare,<br />

sulla base dei dati prodotti d<strong>alla</strong> ricerca scientifica<br />

[31].<br />

Compliance al trattamento<br />

La compliance al trattamento costituisce un<br />

elemento che potrebbe potenzialmente<br />

influenzare l’efficacia delle terapie descritte. Essa<br />

dipende sia da aspetti legati alle modalità di<br />

somministrazione del farmaco e alle precauzioni e<br />

indicazioni da seguire prima, durante e dopo lo<br />

svolgimento del trattamento, sia da aspetti più<br />

strettamente correlati al paziente, di tipo<br />

comportamentale e caratteriale.<br />

Per la fotocoagulazione laser, gli elementi che<br />

potrebbero influenzare la compliance sono<br />

relativamente pochi. Infatti, il trattamento è<br />

eseguito a livello ambulatoriale, previa dilatazione<br />

pupillare e anestesia oculare con collirio, e ha una<br />

durata di 15-20 minuti. Il trattamento è poco<br />

doloroso e, nella maggioranza dei casi, è<br />

immediatamente possibile riprendere le attività<br />

quotidiane già dal giorno dopo. Le cure locali<br />

post-operatorie si limitano all’instillazione di<br />

gocce anti-infiammatorie [32].<br />

Nella terapia fotodinamica, in considerazione<br />

della natura fotosensibile della verteporfina,<br />

occorre che il paziente eviti l’esposizione <strong>alla</strong> luce<br />

solare diretta o <strong>alla</strong> luce artificiale intensa per 24-<br />

C A P I T O L O 2 S 1 7


JPH - Year 7, Volume 6, Number 2, Suppl. 3, 2009<br />

I T A L I A N J O U R N A L O F P U B L I C H E A L T H<br />

48 ore dopo il trattamento [33].<br />

Per quello che riguarda i farmaci<br />

antiangiogenici, l’elemento più importante nella<br />

determinazione della compliance è l’iniezione<br />

intravitreale, previa anestesia locale mediante o il<br />

solo utilizzo di colliri anestetici o un’iniezione<br />

peribulbare o retrobulbare. Altri potenziali fattori<br />

che potrebbero influenzare la compliance sono le<br />

prescrizioni post-operatorie: il paziente deve,<br />

infatti, instillare nell’occhio gocce antibiotiche e<br />

aver cura di non esercitare forti pressioni<br />

meccaniche sull’occhio operato, non fare sforzi<br />

fisici eccessivi e non utilizzare macchinari o<br />

strumenti pericolosi [34].<br />

La compliance si è comunque dimostrata buona<br />

nello studio MARINA in cui, a 24 mesi, l’89% dei<br />

pazienti trattati e l’80% di coloro che avevano<br />

ricevuto il placebo si sono resi disponibili <strong>alla</strong><br />

valutazione clinica.<br />

Altri elementi da considerare nella valutazione<br />

della compliance sono i controlli periodici a cui il<br />

paziente deve sottoporsi nel corso del<br />

trattamento. Riportiamo a tal proposito, in Tabella<br />

1, la frequenza e la tipologia degli stessi per<br />

ciascun tipo di trattamento [6].<br />

La compliance è influenzata anche dai possibili<br />

effetti avversi della terapia.<br />

Effetti avversi<br />

Per quanto riguarda la fotocoagulazione laser, i<br />

principali eventi avversi sono rappresentati da<br />

alterazioni del campo visivo e d<strong>alla</strong> riduzione<br />

dell’acuità visiva [34]. Altre complicazioni meno<br />

gravi e frequenti comprendono le cheratiti, le<br />

infezioni corneo-congiuntivali, la midriasi<br />

prolungata, crisi di glaucoma acuto [34].<br />

Relativamente <strong>alla</strong> PDT-V, i possibili effetti<br />

collaterali sono infrequenti e attribuibili in parte<br />

<strong>alla</strong> procedura di fotocoagulazione e in parte <strong>alla</strong><br />

somministrazione del farmaco. Relativamente agli<br />

effetti collaterali di primo tipo essi comprendono:<br />

visione anomala o ridotta (di solito transitoria),<br />

modificazioni del campo visivo ed emorragie<br />

all’interno dell’occhio [33]. Dall’atro lato, la<br />

cefalea, le variazioni della pressione sanguigna, le<br />

lombalgie durante l’infusione, le vertigini, il<br />

prurito, la nausea, le sincopi, le aritmie, le reazioni<br />

di ipersensibilità e le reazioni nel sito di iniezione<br />

possono risultare d<strong>alla</strong> somministrazione del<br />

farmaco [33].<br />

Gli effetti avversi da farmaci antiangiogenici si<br />

espletano sia a carico delle strutture oculari sia a<br />

livello sistemico. Le complicanze oculari, riferite<br />

<strong>alla</strong> procedura di iniezione, si distinguono in<br />

preoperatorie, intraoperatorie e postoperatorie<br />

[34]. Le complicanze preoperatorie (legate<br />

S 1 8 C A P I T O L O 2<br />

all'anestesia con iniezione) comprendono la<br />

perforazione del bulbo oculare, con o senza<br />

iniezione di anestetico nel bulbo oculare, la<br />

lesione del nervo ottico, l’emorragia palpebrale<br />

e/o perioculare e/o retrobulbare e la lesione dei<br />

muscoli dell'occhio [34]. Tra le complicanze<br />

intraoperatorie annoveriamo la lacerazione della<br />

congiuntiva, la lesione del cristallino, l’emorragia<br />

vitreale e l’emorragia coroideale [34]. Le<br />

complicanze postoperatorie sono invece<br />

rappresentate d<strong>alla</strong> lacerazione della retina e/o<br />

distacco retinico, dal distacco di coroide,<br />

dall’infezione oculare, dalle alterazioni della<br />

macula, dall’emorragia retinica e/o vitreale, d<strong>alla</strong><br />

proliferazione vitreoretinica, d<strong>alla</strong> cataratta, d<strong>alla</strong><br />

rottura sclerale/scleromalacia, dall’ipertono, d<strong>alla</strong><br />

riduzione transitoria o permanente della<br />

pressione oculare, d<strong>alla</strong> riduzione dell'acuità<br />

visiva, dai difetti del campo visivo, dallo strabismo<br />

e/o la diplopia, dalle miodesopsie, d<strong>alla</strong> ptosi,<br />

dall’atrofia del nervo ottico e dal glaucoma [34].<br />

Accanto a tale lista di effetti collaterali, comunque<br />

rari, sono da considerare anche quelli sistemici<br />

correlati <strong>alla</strong> somministrazione del farmaco e<br />

descritti nel capitolo relativo agli aspetti<br />

organizzativi al quale, quindi, si rimanda per un<br />

approfondimento.<br />

Conclusioni<br />

Nell’ambito dell’approccio <strong>diagnostico</strong> <strong>alla</strong><br />

AMD, gli ottotipi per la rilevazione dell’acuità<br />

visiva e la fluorangiografia/OCT costituiscono gli<br />

strumenti fondamentali. Dal punto di vista della<br />

valutazione dell’efficacia dei trattamenti<br />

disponibili per la AMD, uno degli end-point di<br />

primaria importanza è proprio l’acuità visiva,<br />

rilevata con le tavole ETDRS; anche la<br />

caratterizzazione delle lesioni e la valutazione<br />

della loro progressione tramite fluorangi<br />

ografia/OCT costituiscono un importante aspetto<br />

dello studio del treatment outcome. Le terapie a<br />

disposizione per la AMD neovascolare<br />

comprendono la fotocoagulazione laser, la terapia<br />

fotodinamica con verteporfina (PDT-V) e i farmaci<br />

antiangiogenici. La fotocoagulazione laser riveste<br />

oggi un ruolo ormai marginale, mentre la terapia<br />

fotodinamica, eseguita con la somministrazione<br />

endovena di una sostanza fotosensibilizzante, la<br />

verteporfina, seguita dall’impiego di raggi laser di<br />

lunghezza d’onda e potenza ridotte, trova ancora<br />

indicazione in alcuni casi caratterizzati da lesioni<br />

neovascolari subfoveali prevalentemente<br />

classiche. Tra i farmaci antiangiogenici<br />

annoveriamo il pegaptanib, il bevacizumab e il<br />

ranibizumab. Il pegaptanib sodium è stato il primo<br />

agente anti-VEGF disponibile per uso oculare; la


usa efficacia è stata dimostrata dallo studio VISION<br />

i cui risultati a 2 anni hanno mostrato che il 59%<br />

dei soggetti trattati aveva perso meno di 15 lettere<br />

rispetto al 45% dei soggetti trattati con placebo. Il<br />

bevacizumab è un anticorpo monoclonale<br />

approvato d<strong>alla</strong> FDA per il trattamento del cancro<br />

del colon metastatico, il cui utilizzo intravitreale è<br />

oggi off-label. Ranibizumab è un frammento<br />

umanizzato dell’anticorpo monoclonale IgG 1<br />

Bibliografia<br />

1) Fondazione per la macula. Piccolino Cardillo F. La<br />

<strong>degenerazione</strong> <strong>maculare</strong> senile. Disponibile online da:<br />

http://www.fondazionemacula.it/pagine/<strong>degenerazione</strong>macula<br />

re.php. [Ultimo accesso maggio 2009].<br />

2) Parisotto G. Dossier. L’acuità visiva nella pratica optometrica.<br />

Disponibile online da: http://www.professionaloptometry.it/ar<br />

ticoli/15_12_03%20L'acuit%C3%A0%20visiva%20nella%20prati<br />

ca%20optometrica.pdf. [Ultimo accesso maggio 2009].<br />

3) Tiberti AC. I principi della riabilitazione visiva moderna.<br />

Oftalmologia Sociale 2008;1.<br />

4) Johnson AT, Dooly CR, Simpson CR. Generating the Snellen<br />

chart by computer. Comput Methods Programs Biomed<br />

1998;57:161–6.<br />

5) Fondazione per la macula. Esame della vista con la griglia di<br />

Amsler. Disponibile online da: http://www.fondazionema<br />

cula.it/pagine/griglia.php. [Ultimo accesso maggio 2009].<br />

6) Boscia F, Cardillo Piccolino F, Corcio M. Linee Guida Italiane<br />

per la Degenerazione Maculare Legata all’Età (DMLE), 2008.<br />

7) Gass JD. Biomicroscopic and histopathologic considerations<br />

regarding the feasibility of surgical excision of subfoveal<br />

neovascular membranes. Trans Am Ophthalmol Soc 1994;92:91-<br />

111.<br />

8) Fondazione per la macula. Rigault de la Longrais R.<br />

Tomografia a coerenza ottica. Disponibile online da:<br />

http://www.fondazionemacula.it/pagine/tomografiaacoerenza<br />

ottica.php. [Ultimo accesso maggio 2009].<br />

9) Pocaterra R, Catalano F, Bertinelli R. La sensibilità al contrasto<br />

e le sue variazioni conseguenti al trattamento di chirurgia laser<br />

e/o altre cause. Disponibile online da: http://www.professio<br />

naloptometry.it/articoli/15_09_03%20La%20sensibilit%C3%A0<br />

%20al%20contrasto%20e%20le%20sue%20variazioni%20conseg<br />

uenti%20al%20trattamento%20di%20chirurgia%20laser%20eo%20altre%20cause.pdf.<br />

[Ultimo accesso maggio 2009].<br />

10) Contrast sensitivity charts. Disponibile online da:<br />

http://www.contrastsensitivity.net/csc.html [Ultimo accesso<br />

maggio 2009].<br />

11) F.A.C.T. Test di Contrasto dell' Acuità Funzionale. Disponibile<br />

online da: http://www.coivision.com/index.php?ma<br />

in_page=page&id=2&chapter=0. [Ultimo accesso maggio<br />

2009].<br />

12) Associazione maculopatie degenerative onlus. Terapia -<br />

informazioni e novità. Disponibile online da: http://www.amdo<br />

nlus.it/index.php?option=com_content&task=view&id=22&It<br />

emid=41. [Ultimo accesso maggio 2009].<br />

13) Macular Photocoagulation Study Group. Argon laser<br />

photocoagulation for neovascular maculopathy. Five-year<br />

results from randomized clinical trials. Arch Ophthalmol<br />

1991;109(8): 1109–14.<br />

14) Macular Photocoagulation Study Group. Laser<br />

photocoagulation for juxtafoveal choroidal neovascularization.<br />

Five-year results from randomized clinical trials. Macular<br />

Photocoagulation Study Group. Arch Ophthalmol<br />

1994;112(4):500-9.<br />

15) Macular Photocoagulation Study Group. Laser<br />

JPH - Year 7, Volume 6, Number 2, Suppl. 3, 2009<br />

I T A L I A N J O U R N A L O F P U B L I C H E A L T H<br />

anti-VEGF destinato all’uso intravitreale; la sua<br />

efficacia è stata provata da tre diversi trial clinici<br />

randomizzati (MARINA, PIER, ANCHOR) in base ai<br />

quali è stato possibile stimare che una perdita in<br />

acuità visiva inferiore a 15 lettere ha interessato<br />

circa il 90% dei soggetti trattati con ranibizumab<br />

contro il 50% dei soggetti trattati con placebo e il<br />

66% dei soggetti trattati con terapia fotodinamica.<br />

photocoagulation of subfoveal neovascular lesions of agerelated<br />

macular degeneration. Updated findings from two<br />

clinical trials. Macular Photocoagulation Study Group. Arch<br />

Ophthalmol 1993;111(9):1200-9.<br />

16) Fondazione per la macula onlus. Eandi MC. Terapia<br />

Fotodinamica. Disponibile online da: http://www.fondazion<br />

emacula.it/pagine/maculopatie.php. [Ultimo accesso maggio<br />

2009].<br />

17) Bressler NM. Treatment of Age-Related Macular<br />

Degeneration with Photodynamic Therapy (TAP) Study Group.<br />

Photodynamic therapy of subfoveal choroidal<br />

neovascularization in age-related macular degeneration with<br />

verteporfin: two-year results of 2 randomized clinical trials-tap<br />

report 2. Arch Ophthalmol 2001;119(2):198–207.<br />

18) Verteporfin In Photodynamic Therapy Study Group<br />

Verteporfin therapy of subfoveal choroidal neovascularization<br />

in age-related macular degeneration: two-year results of a<br />

randomized clinical trial including lesions with occult with no<br />

classic choroidal neovascularization--verteporfin in<br />

photodynamic therapy report 2. Am J Ophthalmol<br />

2001;131(5):541-60.<br />

19) Azab M, Boyer DS, Bressler NM, et al. Verteporfin therapy of<br />

subfoveal minimally classic choroidal neovascularization in agerelated<br />

macular degeneration: 2-year results of a randomized<br />

clinical trial. Arch Ophthalmol 2005;123(4):448-57.<br />

20) Fondazione per la macula onlus. Eandi C. Angiogenesi.<br />

Disponibile online da: http://www.fondazionemacula.it/pagi<br />

ne/maculopatie.php?id_mac=7. [Ultimo accesso maggio 2009].<br />

21) van Wijngaarden P, Qureshi SH. Inhibitors of vascular<br />

endothelial growth factor (VEGF) in the management of<br />

neovascular age-related macular degeneration: a review of<br />

current practice. Clin Exp Optom 2008;91(5):427-37.<br />

22) Relazione pubblica di valutazione europea (EPAR) Macugen.<br />

Disponibile online da: http://www.emea.europa.eu/huma<br />

ndocs/PDFs/EPAR/macugen/H-620-it1.pdf. [Ultimo accesso<br />

maggio 2009].<br />

23) Gragoudas ES, Adamis AP, Cunningham ET, Feinsod M, Guyer<br />

DR. Pegaptanib for Neovascular Age-Related Macular<br />

Degeneration. NEJM 2004;351(27):2805-16.<br />

24) VEGF Inhibition Study in Ocular Neovascularization<br />

(V.I.S.I.O.N.) Clinical Trial Group, D'Amico DJ, Masonson HN,<br />

Patel M, et al. Pegaptanib sodium for neovascular age-related<br />

macular degeneration: two-year safety results of the two<br />

prospective, multicenter, controlled clinical trials.<br />

Ophthalmology 2006;113(6):992-1001.<br />

25) Retina 3000. La Terapia con Bevacizumab (Avastin®) a<br />

livello intraoculare. Disponibile online da: http://www.reti<br />

na3000.it/nuoveterapie_03.htm. [Ultimo accesso maggio<br />

2009].<br />

26) Lowe J, Araujo J, Yang J et al. Ranibizumab inhibits multiple<br />

forms of biologically active vascular endothelial growth factor<br />

in vitro and in vivo. Exp Eye Res 2007;85(4):425-30.<br />

27) La <strong>degenerazione</strong> <strong>maculare</strong> senile. Nuove terapie.<br />

Disponibile online da: http://www.oftal.it/nuovater.htm.<br />

C A P I T O L O 2 S 1 9


JPH - Year 7, Volume 6, Number 2, Suppl. 3, 2009<br />

I T A L I A N J O U R N A L O F P U B L I C H E A L T H<br />

[Ultimo accesso maggio 2009].<br />

28) Rosenfeld PJ, Brown DM, Heier JS, et. al for the MARINA<br />

Study Group. Ranibizumab for Neovascular Age-Related Macular<br />

Degeneration. N Engl J Med. 2006;355(14):1419-31.<br />

29) Brown DM, Michels M, Kaiser PK, Heier JS, Sy JP, Ianchulev T.<br />

Ranibizumab versus Verteporfin Photodynamic Therapy for<br />

Neovascular Age-Related Macular Degeneration: Two-Year Results<br />

of the ANCHOR Study. Ophthalmology 2009;116(1):57–65.<br />

30) Regillo CD, Brown DM, Abraham P, Yue H, Ianchulev T,<br />

Schneider S, Shams N. Randomized, double-masked, shamcontrolled<br />

trial of ranibizumab for neovascular age-related macular<br />

degeneration: PIER Study year 1. Am J Ophthalmol<br />

2008;145(2):239-48.<br />

S 2 0 C A P I T O L O 2<br />

31) Relazione pubblica di valutazione europea (EPAR) Lucentis.<br />

Disponibile online da: http://www.emea.europa.eu/humandocs/<br />

PDFs/EPAR/lucentis/H-715-it1.pdf. [Ultimo accesso maggio 2009].<br />

32) Scheda informativa intervento laser della retina. approvata<br />

d<strong>alla</strong> Società Oftalmologica Italiana nel luglio 2003. Disponibile<br />

online da: http://www.sedesoi.com/pdf/laserretina2003_0.doc.<br />

[Ultimo accesso maggio 2009].<br />

33) EMEA. Allegato 1. Riassunto delle caratteristiche del<br />

prodotto. Disponibile online da: http://www.emea.euro<br />

pa.eu/humandocs/PDFs/EPAR/Visudyne/H-305-PI-it.pdf.<br />

[Ultimo accesso maggio 2009].<br />

34) Domande e risposte sull'iniezione intravitreale. Disponibile<br />

online da: http://www.pervederefattivedere.it/dms_faq9.asp<br />

[Ultimo accesso maggio 2009].

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!