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Capitolo 2 Coordinate degli astri e moto diurno 2 - Sfera celeste ...

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CAPITOLO 2 – COORDINATE DEGLI ASTRI E MOTO DIURNO<br />

<strong>Capitolo</strong> 2<br />

<strong>Coordinate</strong> <strong>degli</strong> <strong>astri</strong> e <strong>moto</strong> <strong>diurno</strong><br />

2 - <strong>Sfera</strong> <strong>celeste</strong> - Generalità sugli <strong>astri</strong> - <strong>Coordinate</strong><br />

2.1 - <strong>Sfera</strong> <strong>celeste</strong> delle direzioni<br />

In una notte serena i corpi celesti, gli <strong>astri</strong>, appaiono ad un osservatore tutti<br />

alla medesima distanza, disposti su una sfera di raggio grandissimo, nel cui<br />

centro trovasi il suo occhio. Di questa sfera egli vede soltanto una metà,<br />

detta volta <strong>celeste</strong>.<br />

Questa visione è del tutto illusoria, dovuta ad una limitazione della<br />

nostra vista che non consente la valutazione delle distanze di oggetti<br />

lontani. Infatti, calcoli rigorosi permettono di determinare le distanze <strong>degli</strong><br />

<strong>astri</strong> dalla Terra, mettendo bene in evidenza le enormi differenze fra<br />

queste.<br />

Per avviare qualsiasi calcolo di posizione, il nostro interesse è rivolto<br />

alle direzioni <strong>degli</strong> <strong>astri</strong>; la sfera <strong>celeste</strong> immaginaria, così come appare ai<br />

nostri occhi, ben si presta alla rappresentazione di queste direzioni. Basta,<br />

infatti, considerare le intersezioni delle direzioni orientate ai vari <strong>astri</strong> con<br />

la superficie di una sfera di raggio unitario (una distanza arbitraria),<br />

chiamata sfera rappresentativa <strong>celeste</strong> o più comunemente sfera <strong>celeste</strong>.<br />

Una direzione dicesi orientata quando è definita anche dal senso; nel<br />

nostro caso le direzioni orientate hanno il senso occhio osservatore-<strong>astri</strong>.<br />

L'osservatore può essere considerato sulla superficie della Terra, nel centro<br />

di questa o del Sole, o in un altro punto dell'universo. Nel primo caso la<br />

sfera <strong>celeste</strong> dicesi locale, nel secondo geocentrica, nel terzo eliocentrica e<br />

così via.<br />

Si confondono la sfera locale e quella geocentrica per l'esigua distanza<br />

tra un punto della superficie terrestre ed il suo centro rispetto alla distanza<br />

osservatore - astro.<br />

La figura 2.1 mostra la sfera <strong>celeste</strong> avente per centro il punto O. Gli<br />

<strong>astri</strong> A, B, C sono rappresentati sulla sfera <strong>celeste</strong> rispettivamente dai punti<br />

A',B',C'; i due <strong>astri</strong> D ed E, situati sulla stessa direzione, sono rappresentati<br />

dal punto D'.<br />

37


2.2 - Gli <strong>astri</strong><br />

38<br />

MARIO VULTAGGIO<br />

Gli <strong>astri</strong> più familiari sono le stelle, il Sole, i pianeti e la Luna. Le stelle<br />

sono altrettanti Soli a grandissima distanza dalla Terra, tanto da apparire<br />

puntiformi anche se osservate con potenti telescopi. Esse brillano di luce<br />

propria al contrario dei pianeti e dei loro rispettivi satelliti, che sono invece<br />

dei corpi oscuri riflettenti la luce ricevuta.<br />

Figura 2.1 – <strong>Sfera</strong> <strong>celeste</strong> delle direzioni<br />

Il Sole è la stella più vicina a noi, intorno alla quale orbitano nove<br />

pianeti tra i quali la Terra ( sistema solare); per la quasi totalità delle stelle<br />

si hanno altrettanti sistemi solari.<br />

I pianeti del nostro sistema solare, in ordine di distanza dal Sole, sono:<br />

Mercurio, Venere, Terra, Marte, Giove, Saturno, Urano, Nettuno, Plutone;<br />

ad eccezione di Mercurio e Venere, intorno agli altri pianeti orbitano dei<br />

satelliti (uno intorno alla Terra: la Luna).<br />

Tra l'orbita di Marte e quella di Giove si trovano oltre 1500 pianetini (o<br />

asteroidi), che ruotano lo stesso intorno al Sole; i più grandi hanno un<br />

diametro che raggiunge alcune centinaia di chilometri. Completano il<br />

nostro sistema solare le comete, corpi formati da materia interstellare e di


CAPITOLO 2 – COORDINATE DEGLI ASTRI E MOTO DIURNO<br />

gas, che seguono traiettorie molto irregolari, disegnando talvolta nel cielo,<br />

quando passano più vicino al Sole, una lunga traccia luminosa ben visibile<br />

nelle ore del mattino e della sera.<br />

Tabella 2.1 - Elementi orbitali dei pianeti del sistema solare<br />

Astro diametro volume distanza Tempo di numeros Inclinazione Ecc.ta’<br />

rivoluzione atelliti dell’orbita<br />

Sole 109 1.3 10 6 149598023<br />

km<br />

---<br />

Mercurio 0.4 0.06 0.387 0.240 7 0.20<br />

Venere 0.98 0.95 0.723 0.615 3.4 0.006<br />

Terra 1 1 1 1 1 Eclittica 0.016<br />

Marte 0.5 0.16 1.524 1.881 2 1.9 0.093<br />

Giove 11 1280 5.202 11.857 16 1.3 0.048<br />

Saturno 9.5 780 9.555 29.423 18 2.5 0.056<br />

Urano 19.218 83.747 15 0.8 0.046<br />

Nettuno 30.110 163 8 1.8 0.009<br />

Plutone 39.544 248.021 1 17.1 0.249<br />

Luna 0.27 0.02 385 000 km 27.3 5 1/18<br />

Oltre ai citati <strong>astri</strong> una menzione particolare meritano le nebulose e gli<br />

ammassi stellari. Le prime sono masse gassose occupanti immensi spazi<br />

siderali, i secondi sono invece formati da numerossissime stelle che in<br />

prospettiva vengono osservate tanto vicine tra loro da caratterizzare in cielo<br />

zone lattiginose simili alle nebulose.<br />

Un insieme di stelle (miliardi) e di nebulose formano una galassia,<br />

colosso cosmico di enormi dimensioni; una galassia è la Via Lattea alla<br />

quale appartiene il nostro Sole. Essa ha forma ellissoidica molto<br />

schiacciata, col diametro equatoriale di oltre un centinaio di anni luce,<br />

essendo un anno luce la distanza percorsa dalla luce in un anno, pari a 9465<br />

miliardi di Km. Se con la fantasia si riduce detto diametro in modo da<br />

assumere la dimensione di quello terrestre (meno di 13.000 Km), le stelle<br />

della Via Lattea appariranno ad una distanza media tra loro dell'ordine dei<br />

metri, le più grandi aventi un diametro pressappoco di un centimetro, le<br />

più piccole saranno visibili soltanto al microscopio. Scrutando<br />

attentamente , si troverà a grande distanza dal centro della Galassia il<br />

nostro Sole, granellino di pulviscolo del diametro di appena un<br />

cinquantesimo di millimetro: stella niente affatto eccezionale tra le sue<br />

consorelle.<br />

Esistono miliardi di galassie, distribuite a distanze di miliardi di anniluce,<br />

ciascuna contiene miliardi di stelle.<br />

39


40<br />

MARIO VULTAGGIO<br />

I pianeti orbitano intorno alle loro rispettive stelle, queste, a loro volta,<br />

intorno ai centri delle galassie alle quali appartengono (il periodo di rivolu<br />

zione del Sole si aggira intorno a 250 milioni di anni) e forse le galassie<br />

intorno ai centri delle supergalassie.<br />

2.3 - Le stelle<br />

Le stelle, che così silenziose appaiano all'osservatore, sono al contrario sedi<br />

di fenomeni giganteschi.<br />

Secondo una recente teoria, una stella ha origine dalla condensazione di<br />

materia interstellare, formata prevalentemente da idrogeno (in generale da<br />

una nebulosa). Condensandosi per attrazione gravitazionale, la materia si<br />

riscalda fino a raggiungere nella sua parte centrale temperature molto<br />

elevate (15 milioni di gradi) alle quali gli atomi di idrogeno si scontrano<br />

tra loro con tale violenza da modificare la loro struttura, trasformandosi in<br />

atomi di elio. Con l'elio al centro, la stella si espande con conseguente<br />

diminuzione di temperatura, diventando una gigante rossa.<br />

Il periodo relativo alla completa trasformazione dell'idrogeno in elio può<br />

valutarsi in milioni d'anni. Con la scomparsa dell'idrogeno si ha, sempre<br />

per attrazione gravitazionale, una seconda contrazione, con conseguente<br />

aumento di temperatura (100 milioni di gradi) ed inizio della<br />

trasformazione dell'elio in carbonio. Scomparso l'elio, ad una successiva<br />

contrazione della stella si raggiungono temperature elevatissime (1000<br />

milioni di gradi) alle quali il carbonio si trasforma in elementi più pesanti<br />

quali il magnesio ed il silicio.<br />

Questo processo continua, passo dopo passo, ad un ritmo sempre più<br />

veloce fino a che non si siano formati tutti gli elementi pesanti. La stella,<br />

per la rapidità dell'evoluzione, diventa alla fine instabile ed esplode (stella<br />

supernova), proiettando il materiale negli spazi interstellari, in cui è sempre<br />

presente l'idrogeno.<br />

Le stelle della prima generazione sono quelle ad alto contenuto di<br />

idrogeno e d'elio, quelle della seconda generazione contengono elementi<br />

più pesanti quali il carbonio, il magnesio, il silicio, ecc.. Le prime hanno<br />

colore bianco, poi giallo-biancastro; le seconde colore giallo tendente al<br />

rosso e poi rosso (sparizione completa dell'idrogeno). Il Sole è una stella


CAPITOLO 2 – COORDINATE DEGLI ASTRI E MOTO DIURNO<br />

avanzata della prima generazione: su di esso si ha una continua<br />

trasformazione dell'idrogeno in elio.<br />

Le stelle, oltre che per il colore, si differenziano per l'illuminamento che<br />

determinano sulla retina dell'occhio, dipendente principalmente dalla<br />

distanza oltre che dallo loro attività fisica. Facendo astrazione della<br />

distanza, la loro intensità luminosa, spesso impropriamente detta<br />

luminosità o splendore apparente, viene espressa in una scala i cui valori<br />

sono detti grandezze visuali apparenti. Al tempo di Ipparco e di Tolomeo<br />

le grandezze erano solo sei: le stelle di prima grandezza erano le più<br />

brillanti,quelle di sesta appena visibili dall'occhio umano. Alla parola<br />

grandezza gli astronomi, per evitare confusione, sostituiscono la parola<br />

magnitudo (simbolo m).<br />

Il Pogson, verso la metà del secolo scorso, propose che la scala delle<br />

grandezze si riferisse ad una progressione geometrica delle rispettive<br />

intensità luminose, considerando l'intensità luminosa di una stella di prima<br />

grandezza 100 volte quella di una stella di sesta grandezza (in cinque gradi<br />

della scala una variazione di 100).<br />

Secondo Fechner e Weber, la sensazione luminosa, cioè la grandezza o<br />

magnitudo m, è proporzionale al logaritmo in base 10 dello stimolo, cioè<br />

dell'intensità luminosa I:<br />

m = K log10<br />

I<br />

Per una stella di riferimento la detta relazione diventa:<br />

e pertanto:<br />

m =<br />

0 K log10 I 0<br />

m − m = K log<br />

0<br />

Ponendo, per quanto convenuto da Pogson, 0 5 = m − m e 100 / I I 0 = , si<br />

ottiene K = 2.<br />

5 , per cui la relazione :<br />

I<br />

m − m0<br />

= −2.<br />

5log10<br />

(2.1)<br />

I<br />

41<br />

10<br />

I<br />

I<br />

0<br />

0


42<br />

MARIO VULTAGGIO<br />

permette di trasformare un rapporto di intensità luminosa, misurata<br />

mediante fotometri, nella corrispondente differenza di grandezze.<br />

Il segno meno è giustificato dal fatto che la grandezza visuale apparente<br />

decresce coll'aumentare dell'intensità luminosa.<br />

La ragione della progressione geometrica delle intensità luminose è di<br />

2.512, di qui una stella di prima grandezza è 2.512 volte più brillante di<br />

una di seconda grandezza, questa, a sua volta, 2.512 più brillante di una di<br />

terza grandezza e così via.<br />

La scala del Pogson va oltre la sesta grandezza per le stelle telescopiche<br />

e al di qua della prima grandezza per le stelle più brillanti di quelle di<br />

prima grandezza (in questo caso la grandezza viene espressa da un numero<br />

inferiore all'unità e qualche volta da un numero negativo).<br />

Le stelle visibili ad occhio nudo sono circa 5000, cosi suddivise: 20 di<br />

prima grandezza, 65 di seconda, 190 di terza, 425 di quarta, 1000 di quinta<br />

e 3200 di sesta. In navigazione vengono considerate circa 150 stelle, tutte<br />

comprese fra le grandezze visuali apparenti 0 e 3, ad eccezione di Canopo e<br />

Sirio, rispettivamente di grandezza visuale apparente -0.9 e -1.6.<br />

Considerando le stelle tutte alla medesima distanza dalla Terra di 10<br />

parsec si ha la grandezza visuale assoluta (o magnitudo assoluta, M).<br />

Si definisce parsec (contrazione di parallasse-secondo) la di stanza alla<br />

quale dovrebbe trovarsi un punto dell'universo affinchè la congiungente<br />

Terra-Sole venga vista, perpendicolarmente dal punto, sotto un angolo di<br />

un secondo d'arco, pari a 206.265 volte la distanza Terra-Sole e pari ancora<br />

a 3,27 anni luce.<br />

Note di una stella la grandezza visuale apparente (m) e la distanza dalla<br />

Terra in parsec (p), riesce semplice calcolare la sua grandezza visuale<br />

assoluta. Basta, infatti, tener conto della (2.1):<br />

M − m = −2.<br />

5 log10<br />

con I10 e I p le intensità luminose rispettivamente alle distanze di 10 e p<br />

parsec dalla Terra.<br />

Essendo le intensità luminose inversamente proporzionali ai quadrati<br />

delle distanze, la relazione scritta diventa:<br />

I<br />

I<br />

10<br />

p


CAPITOLO 2 – COORDINATE DEGLI ASTRI E MOTO DIURNO<br />

2<br />

p<br />

M − m = −2.<br />

5 log10<br />

(2.2)<br />

100<br />

Per il Sole, essendo m = −26.<br />

7 e p = 1/<br />

206265 , risulta M = 4.<br />

85 .<br />

Diconsi nane le stelle più piccole del Sole, giganti quelle più grandi . Le<br />

stelle vengono classificate anche per il loro colore, cioè secondo la loro<br />

composizione chimica che esprime, come già detto, il loro stato di<br />

evoluzione e quindi la loro età.<br />

Un cenno ora alle stelle variabili e a quelle multiple. Le prime sono<br />

caratterizzate da una variazione periodica o non del loro splendore (con<br />

conseguente variazione della loro grandezza visuale apparente) dovuta<br />

all'attività e allo stato di evoluzione della materia di cui sono costituite.<br />

Le variabili regolari a breve periodo sono dette cefeidi, dal nome della<br />

costellazione in cui per prima furono notate. Il loro periodo di variazione T,<br />

espresso in giorni, è legato alla grandezza visuale assoluta dalla relazione<br />

di H. Leavitt:<br />

M = a + b log10<br />

T<br />

dove a = 0. 4 e b = −3.<br />

5 .<br />

Conoscendo T si calcola M e, nota m, mediante la (2.2) si ottiene p. E'<br />

questo un metodo per il calcolo delle distanze stellari, detto appunto<br />

metodo delle cefeidi.<br />

Tra le variabili a periodo irregolare sono caratteristiche le novae o<br />

temporanee, il cui splendore aumenta rapidamente per tornare lentamente<br />

al primitivo; questa variazione si aggira intorno alle dodici grandezze. Per<br />

alcune stelle la variazione di splendore (periodica) è dovuta ad eclissi<br />

prodotte da un satellite (pianeta,forse) che ruota intorno ad esse.<br />

Le stelle multiple, infine, sono quelle che al cannocchiale vengono<br />

risolte in due o più stelle. Alcune sono rappresentate da un'unica stella per<br />

prospettiva; altre, invece, sono unite da legami fisici. Queste ultime, in<br />

genere, sono doppie (per questo, dette binarie), gravitando l'una intorno<br />

all'altra secondo le leggi di Newton e di Kepler.<br />

Caratteristici gruppi di stelle formano le costellazioni, le cui<br />

denominazioni sono quelle ad esse date nei tempi remoti. Anche le stelle<br />

più luminose hanno un loro nome, lo stesso attribuito loro dagli antichi.<br />

Un'usanza astronomica per distinguere le stelle di una costellazione è<br />

quella di attribuire a ciascuna stella una lettera dell'alfabeto greco, dal<br />

43


44<br />

MARIO VULTAGGIO<br />

nome latino della costellazione, al genitivo. Se non bastano le lettere<br />

dell'alfabeto greco, essendo molte le stelle di una costellazione, si ricorre ai<br />

numeri arabi.<br />

Vari sono i metodi adoperati per il riconoscimento delle stelle sulla volta<br />

<strong>celeste</strong>. Uno è detto a vista o <strong>degli</strong> allineamenti. Consiste nell'individuare<br />

una stella mediante allineamenti idealmente tracciati sulla volta <strong>celeste</strong>,<br />

utilizzando come riferimento due stelle di una nota costellazione.<br />

Per la loro elevata distanza dalla Terra (la più vicina è la Proxima<br />

Centauri, distante circa 4 anni-luce) le stelle conservano per lungo tempo<br />

la stessa posizione sulla sfera <strong>celeste</strong>, cioè non variano le loro distanze<br />

angolari. Pertanto, note dette distanze, è possibile costruire una tabella<br />

simile a quelle che comunemente vengono compilate per fornire le distanze<br />

tra varie località della superficie terrestre. Volendo riconoscere una stella,<br />

nota un'altra, basta misurare col sestante l'angolo tra le due, con<br />

l'approssimazione al decimo di grado. Nella colonna corrispondente alla<br />

stella nota si cerca il valore dell'angolo misurato; in corrispondenza di<br />

questo, seguendo il tratto orizzontale si legge il nome della stella incognita<br />

Il riconoscimento delle stelle può essere fatto anche con l'ausilio di globi<br />

e carte celesti o mediante adatti apparecchi detti sferoscopi.<br />

2.4 - Misure radio astronomiche<br />

Nel 1931 l'ingegnere americano Karl Jansky, incaricato dalla società Bell<br />

Telephone di studiare l'effetto delle scariche elettriche dell'atmosfera sugli<br />

apparecchi radiotelegrafici, notò la presenza di un segnale radio debole ma<br />

chiaro che, proveniente dal centro della nostra Galassia, si riproduceva ad<br />

intervalli di un giorno sidereo.<br />

Ancora, nel 1942 tecnici militari inglesi di guardia al radar di<br />

Southampton captarono un segnale radio ben distinto proveniente dal Sole,<br />

allora nel periodo della sua massima attività fisica, segnale constatato<br />

successivamente anche da altre stazioni.<br />

A seguito di queste ricezioni nacque la Radioastronomia, scienza in<br />

continuo sviluppo per i suoi tangibili contributi alla conoscenza<br />

dell'universo.<br />

Fino ad oggi sono state individuate molte radiosorgenti, alcune<br />

provenienti dalla nostra Galassia, altre di origine extragalattica. Queste<br />

ultime vengono attribuite a speciali oggetti situati a distanze di circa 7


CAPITOLO 2 – COORDINATE DEGLI ASTRI E MOTO DIURNO<br />

miliardi di parsec, per cui le radiazioni oggi ricevute sono partite da questi<br />

22 miliardi di anni fa. Simili oggetti vengono chiamati quasi stellar objects<br />

o quasi stars, cui l'abbreviazione di quasar; a questi è stata attribuita la<br />

sigla QSS, quasi stellar radio-source per distinguerli da altri oggetti senza<br />

emissione di onde radioelettriche, indicati con la sigla QSG, quasi stellar<br />

galaxies.<br />

E' del 1967 la scoperta di speciali radiostelle che emettono segnali ad<br />

intervalli regolari di circa un secondo, denominate pulsar (pulsating radiosource);<br />

trattasi con molta probabilità di stelle nane bianche in particolari<br />

condizioni di instabilità , oppure di supernove all'epoca del loro stadio<br />

estremo, quando avviene il collasso della materia nel nucleo con<br />

conseguente esplosione.<br />

Se la massa della supernova supera un certo limite (due volte e mezzo<br />

quella del Sole), il collasso genera un corpo dal quale non può uscire<br />

alcuna radiazione, denominato black hole (buco nero).<br />

2.5 - Circonferenze fondamentali sulla sfera <strong>celeste</strong> legate alla verticale e<br />

all'asse terrestre<br />

In figura 2.2 è rappresentata la sfera <strong>celeste</strong> geocentrica. Nel punto O della<br />

Terra è situato l'osservatore, la cui verticale incontra la sfera <strong>celeste</strong> nei<br />

punti zenit (Z) e nadir (Z').<br />

L'asse <strong>celeste</strong>, prolungamento di quello terrestre, localizza sulla sfera<br />

<strong>celeste</strong> il polo <strong>celeste</strong> nord ed il polo <strong>celeste</strong> sud ( P cn , Pcs<br />

).<br />

Alla verticale sono legate sulla sfera <strong>celeste</strong> le seguenti circonferenze:<br />

l'orizzonte astronomico o vero, gli almicantarat e i verticali,<br />

rispettivamente intersezioni con la sfera del piano dell'orizzonte<br />

astronomico o vero, di altri piani orizzontali e di quelli verticali.<br />

All'asse <strong>celeste</strong> sono legate le seguenti circonferenze: l'equatore <strong>celeste</strong>,<br />

i pararalleli di declinazione e gli orari, intersezioni rispettivamente con la<br />

sfera del piano dell'equatore terrestre, di piani paralleli a questo e di piani<br />

contenenti l'asse <strong>celeste</strong>.<br />

Il piano del foglio rappresenta il piano del meridiano dell'osservatore,<br />

inteso geometricamente come circonferenza intera, la cui intersezione con<br />

la sfera <strong>celeste</strong> determina il meridiano <strong>celeste</strong> dell'osservatore e col piano<br />

dell'orizzonte vero la linea meridiana. Agli estremi di questa ultima si<br />

45


46<br />

MARIO VULTAGGIO<br />

hanno i punti cardinali N(Nord)e S(Sud), il primo più vicino al P cn , il<br />

secondo al P cs ; a 90° da questi due punti, nei punti d'intersezione<br />

dell'equatore <strong>celeste</strong> con l'orizzonte vero, si trovano gli altri due punti<br />

cardinali, l'E(Est) e l'W (Ovest).<br />

Il meridiano <strong>celeste</strong> dell'osservatore si divide in meridiano <strong>celeste</strong><br />

superiore ( cn cs P Z P ˆ ) e meridiano <strong>celeste</strong> inferiore cn cs P Z P ˆ ′ rispettivamente<br />

proiezioni del meridiano e dell'antimeridiano dell'osservatore. I punti<br />

d'intersezione di queste due semicirconferenze con l'equatore <strong>celeste</strong><br />

vengono chiamati mezzocielo superiore ( M s ) e mezzocielo inferiore ( M i ).<br />

Figura 2.2 - <strong>Sfera</strong> <strong>celeste</strong> e piani fondamentali<br />

La sfera <strong>celeste</strong> è divisa dal piano dell'equatore <strong>celeste</strong> in due emisferi:<br />

emisfero <strong>celeste</strong> nord ed emisfero <strong>celeste</strong> sud, aventi rispettivamente per<br />

poli il P cn e il Pcs<br />

; dal piano dell'orizzonte vero in: emisfero <strong>celeste</strong> visibile<br />

ed emisfero <strong>celeste</strong> invisibile, aventi rispettivamente per poli lo zenit e il<br />

nadir; da quello del meridiano dell'osservatore in emisfero <strong>celeste</strong> orientale<br />

ed emisfero <strong>celeste</strong> occidentale, aventi rispettivamente per poli i punti<br />

cardinali E ed W.<br />

Sulla Terra (v. figura 2.2) è segnato il meridiano di Greenwich (arco<br />

P G1<br />

P ), la cui proiezione sulla sfera <strong>celeste</strong> è l'arco cnM<br />

sG Pcs<br />

n<br />

s<br />

P ( sG<br />

M =


CAPITOLO 2 – COORDINATE DEGLI ASTRI E MOTO DIURNO<br />

mezzocielo superiore del meridiano di Greenwich; Z G = zenit della<br />

cittadina di Greenwich).<br />

Le coordinate geografiche dell'osservatore sono:<br />

latitudine<br />

longitudine<br />

La latitudine è nord, la longitudine est.<br />

( φ)<br />

= QTˆ<br />

O = M sTˆ<br />

Z = M sZ<br />

( λ)<br />

= G Tˆ<br />

Q = M sGTˆ<br />

1 M s = M sGM<br />

s<br />

Il polo <strong>celeste</strong> che trovasi sopra l'orizzonte è chiamato polo <strong>celeste</strong><br />

elevato; di conseguenza l'altro, che capita sotto l'orizzonte, viene chiamato<br />

polo <strong>celeste</strong> depresso. Nel caso della figura (osservatore situato<br />

nell'emisfero terrestre nord) il P cn è il polo <strong>celeste</strong> elevato ed il Pcs quello<br />

depresso. Per un osservatore nell'emisfero terrestre sud il P cs è polo <strong>celeste</strong><br />

elevato ed il P cn quello depresso. Dalla figura 2.2 risulta:<br />

M Z = NP<br />

s<br />

cioè: l'altezza del polo <strong>celeste</strong> elevato sull'orizzonte vero è uguale alla<br />

latitudine dell'osservatore.<br />

Gli orari e i verticali vanno intesi quali mezze circonferenze, come i<br />

meridiani sulla Terra.<br />

L'orario che passa per i punti cardinali E e W chiamasi primo orario; si<br />

divide in primo orario orientale (quello che passa per E) e primo orario<br />

occidentale (quello che passa per W). Il verticale che passa per i punti<br />

cardinali E e W chiamasi primo verticale; lo stesso si divide in primo<br />

verticale orientale (quello che passa per E) e primo verticale occidentale<br />

(quello che passa per W). La freccia f indica il senso di rotazione<br />

occidentale (da W verso E) della Terra intorno al suo asse.<br />

Volendo disegnare la sfera <strong>celeste</strong> come appare all'osservatore, si<br />

consiglia quanto segue: fissato il suo raggio, si tracci il meridiano <strong>celeste</strong><br />

dell'osservatore e la sua verticale , rappresentata dal diametro verticale (in<br />

tratteggio), lo zenit (Z) in alto e il nadir (Z') in basso; il diametro<br />

orizzontale, anch'esso in tratteggio, indicherà la linea meridiana; col punto<br />

47<br />

cn


48<br />

MARIO VULTAGGIO<br />

cardinale nord (N) alla sua destra, si avrà davanti l'emisfero <strong>celeste</strong><br />

orientale.<br />

L'asse <strong>celeste</strong> verrà rappresentato con tratteggio dal diametro inclinato<br />

sulla linea meridiana di un angolo uguale alla latitudine dell'osservatore, in<br />

modo da far risultare nell'emisfero visibile il polo <strong>celeste</strong> dello stesso nome<br />

della latitudine, elevato sul corrispondente punto cardinale. Il diametro,<br />

sempre in tratteggio, normale all'asse <strong>celeste</strong>, indicherà l'intersezione del<br />

piano dell'equatore con quello del meridiano dell'osservatore; gli estremi di<br />

questo diametro individueranno il mezzocielo superiore (Ms) e quello<br />

inferiore (Mi), il primo nell'emisfero visibile, il secondo nell'emisfero<br />

invisibile.<br />

Tracciate le due circonferenze massime rappresentanti rispettivamente<br />

l'orizzonte astronomico e l'equatore <strong>celeste</strong>, verranno individuati anche gli<br />

altri due punti cardinali est (E) e ovest (W). A questo punto risulta semplice<br />

il tracciamento <strong>degli</strong> orari, dei paralleli di declinazione, dei verticali e <strong>degli</strong><br />

almicantarat.<br />

In figura 2.3 sono rappresentate le sfere celesti di un osservatore situato<br />

in un punto della Terra di latitudine φ = 30° N ed uno osservatore in<br />

φ = 30° S .


CAPITOLO 2 – COORDINATE DEGLI ASTRI E MOTO DIURNO<br />

Figura 2.3 - <strong>Sfera</strong> <strong>celeste</strong> - Osservatore emisfero nord: vista emisfero<br />

orientale ed occidentale; Osservatore emisfero sud: vista emisfero<br />

orientale ed occidentale<br />

2.6 - L'eclittica<br />

Il <strong>moto</strong> di rivoluzione dei pianeti intorno al Sole (come quello dei<br />

satelliti intorno ai pianeti) è regolato dalle seguenti tre leggi enunciate da<br />

Johannes Kepler (latinizzato Keplero), le prime due nel 1609 e la terza nel<br />

1618:<br />

1) I pianeti descrivono intorno al Sole orbite ellittiche di cui il Sole occupa<br />

uno dei fuochi;<br />

49


50<br />

MARIO VULTAGGIO<br />

p<br />

r = (2.3)<br />

1+ ecosθ<br />

2) Le aree descritte dal raggio vettore (congiungente il centro del Sole col<br />

centro del pianeta) sono proporzianali ai tempi impiegati a descriverle.<br />

Ovvero: il raggio vettore descrive aree uguali in tempi uguali;<br />

dA<br />

= cost.<br />

(2.4)<br />

dt<br />

3) I quadrati dei tempi di rivoluzione dei pianeti sono proporzionali ai cubi<br />

dei semiassi maggiori delle loro rispettive orbite.<br />

3<br />

a<br />

= y 2<br />

T<br />

con r, p, e, a, T di significato ben noto.<br />

Figura 2.4 - Eclittica<br />

(2.5)<br />

La figura 2.4 mostra l'ellisse descritta da un pianeta intorno al Sole, situato<br />

nel fuoco F1. Gli estremi dell'asse maggiore rappresentano i punti di


CAPITOLO 2 – COORDINATE DEGLI ASTRI E MOTO DIURNO<br />

minima e massima distanza del pianeta dal Sole durante la sua rivoluzione,<br />

denominati rispettivamente Perielio (P) e Afelio (A).<br />

Per la II legge, dovendo il raggio vettore descrivere aree uguali in tempi<br />

uguali, non è costante la velocità di rivoluzione del pianeta: massima al<br />

perielio, minima all'afelio. Infatti, se S1 e S2 (v. figura 2.4) rappresentano<br />

due aree uguali, descritte nello stesso intervallo di tempo, rispettivamente<br />

dalla parte del perielio e dell'afelio, il tratto dell'orbita S1, corrispondente<br />

all'area S1, risulterà più lungo del tratto d'orbita S2, corrispondente all'area<br />

S2, per cui S1 verrà percorso con velocità maggiore.<br />

Dalla terza legge segue, come si vedrà più avanti, che le velocità medie<br />

di rivoluzione dei pianeti diminuiscono al crescere delle loro distanze dal<br />

Sole.<br />

L'ellisse descritta dalla Terra intorno al Sole è caratterizzata dai seguenti<br />

parametri: semiasse maggiore a = 149.600.000 km, eccentricità e = 0.017,<br />

periodo di rivoluzione (anno sidereo) T = 365,2564 giorni medi (il giorno<br />

medio ha la durata di 24 ore segnate dai nostri comuni orologi).<br />

Figura. 2.5 – Equatore <strong>celeste</strong> ed ecclittica<br />

51


52<br />

MARIO VULTAGGIO<br />

Il piano dell'orbita, inclinato di circa 23° 26'.4 (JD 2000) su quello<br />

equatoriale, interseca la sfera <strong>celeste</strong> secondo una circonferenza detta<br />

eclittica, indicata con c in figura 2.5. Questa può considerarsi il luogo dei<br />

punti della sfera <strong>celeste</strong> nei quali viene proiettato il Sole dalla Terra, giorno<br />

dopo giorno, per un anno intero.<br />

I due punti d'incontro dell'eclittica con l'equatore <strong>celeste</strong> sono detti nodi,<br />

indicati coi simboli γ e Ω. L'asse p passante per il centro della Terra e<br />

normale al piano dell'eclittica è detto asse dell'eclittica; esso interseca la<br />

sfera <strong>celeste</strong> in due punti detti poli dell'eclittica: polo d'eclittica nord ( π n )<br />

quello più vicino al polo <strong>celeste</strong> nord e polo d'eclittica sud ( π s ) quello più<br />

vicino al polo <strong>celeste</strong> sud.<br />

Il 21 marzo il Sole viene proiettato dalla Terra nel punto γ e nei giorni<br />

successivi nei punti dell'arco d'eclittica che si sviluppa nell'emisfero <strong>celeste</strong><br />

nord; il 21 giugno viene proiettato nel punto E, il 23 settembre nel punto<br />

Ω, il 21 dicembre nel punto E'.<br />

Il senso del <strong>moto</strong> apparente del Sole sull'eclittica è indicato in figura 2.5<br />

dalla freccia f; identico senso ha il <strong>moto</strong> di rivoluzione della Terra intorno<br />

al Sole.<br />

Il punto γ è detto nodo ascendente per il fatto che il Sole il 21 marzo<br />

passa dell'emisfero <strong>celeste</strong> sud a quello nord; di conseguenza il punto Ω è<br />

detto nodo discendente. I due nodi γ e Ω sono detti punti equinoziali, punti<br />

E ed E' punti solstiziali; il Sole, proiettato nei primi due punti, si trova<br />

sull'equatore <strong>celeste</strong>; proiettato, invece, negli altri due punti, si trova alla<br />

massima distanza da questo.<br />

Dagli astronomi dell'antichità fu notato che in una fascia molto ristretta<br />

della sfera eleste lungo l'eclittica si trovavano 12 costellazioni spaziate di<br />

circa 30° l'una d'altra, che, a partire dal punto γ verso il punto E, erano:<br />

Ariete, Toro, Gemelli, Cancro, Leone, Vergine, Bilancia, Scorpione,<br />

Sagittario, Capricorno, Acquario, Pesci. Questo insieme di costellazioni fu<br />

chiamato zodiaco. Il Sole, mese dopo mese, viene dalla Terra proiettato in<br />

una di queste costellazioni.<br />

L'asse dei nodi t per il fenomeno di precessione compie una rotazione<br />

completa nel piano dell'eclittica in circa 25.600 anni nel senso della freccia<br />

f1, per cui attualmente il punto γ viene proiettato nella costellazione dei<br />

Pesci.<br />

2.7 - Circonferenze fondamentali sulla sfera <strong>celeste</strong> legate alla eclittica


CAPITOLO 2 – COORDINATE DEGLI ASTRI E MOTO DIURNO<br />

L'asse dell'eclittica p (v figura 2.6) rappresenta un'altra direzione<br />

fondamentale, dopo quelle già trattate (l'asse terrestre e quindi <strong>celeste</strong> e la<br />

verticale dell'osservatore). I piani paralleli a quello dell'eclittica intersecano<br />

la sfera <strong>celeste</strong> secondo delle circonferenze minori detti paralleli<br />

d'eclittica; quelli contenenti l'asse dell'eclittica intersecano la sfera <strong>celeste</strong><br />

secondo delle circonferenze massime dette meridiani d'eclittica.<br />

Figura 2.6 – <strong>Sfera</strong> <strong>celeste</strong> e fascia delle costellazioni<br />

In figura 2.6 la circonferenza minore c rappresenta un parallelo<br />

d'eclittica, la circonferenza massima m un meridiano d'eclittica.<br />

Il piano dell'eclittica divide la sfera <strong>celeste</strong> in due emisferi: emisfero<br />

d'eclittica nord, avente per polo il polo d'eclittica nord , ed emisfero<br />

d'eclittica sud, avente per polo il polo d'eclittica sud.<br />

L'orario passante per i punti γ e Ω viene denominato coluro <strong>degli</strong><br />

equinozi, quello passante per i punti E ed E' coluro dei solstizi.<br />

2.8 - Sistemi di coordinate sulla sfera <strong>celeste</strong><br />

53


54<br />

MARIO VULTAGGIO<br />

2.8.1 - Generalità<br />

Verranno qui di seguito trattati cinque sistemi di coordinate sferiche polari.<br />

Per due di questi gli elementi di riferimento dipendono completamente o in<br />

parte dalla posizione dell'osservatore sulla Terra, per cui i sistemi vegono<br />

detti locali; per gli altri tre non c'è dipendenza dall'osservatore, donde la<br />

denominazione di sistemi uranografici.<br />

2.8.2 - Sistema di coordinate altazimutali<br />

Questo sistema ha per elementi di riferimento la verticale dell'osservatore,<br />

l'orizzonte astronomico o vero ed il verticale nord (v.figura 2.7). Le<br />

coordinate di un astro,punto A sulla sfera <strong>celeste</strong> della citata figura, sono:<br />

azimut(<br />

a)<br />

= NA1<br />

= NTˆ<br />

A1<br />

altezza(<br />

h)<br />

= AA = A Tˆ<br />

A<br />

L'azimut è l'arco di orizzonte astronomico o vero compreso tra il punto<br />

cardinale nord N ed il piede del verticale passante l'astro (punto A1),<br />

contato da 0° a 360° a partire dal punto cardinale N verso E, S, W.<br />

Figura. 2.7 - Sistema di coordinate altazimutali<br />

1<br />

1


CAPITOLO 2 – COORDINATE DEGLI ASTRI E MOTO DIURNO<br />

L'altezza è l'arco di verticale passante per l'astro, compreso tra l'orizzonte e<br />

l'astro, contato da 0° a 90° dall'orizzonte verso l'astro; quest'arco è positivo<br />

se l'astro si trova nell'emisfero visibile, negativo se in quello invisibile.<br />

L'azimut può essere definito quale angolo diedro tra il semi piano<br />

relativo al verticale nord e quello relativo al verticale dell'astro, contato da<br />

0° a 360° dal semipiano nord nel senso indiretto od orario guardando dallo<br />

zenit. L'altezza, invece, può essere definita quale angolo d'inclinazione<br />

della congiungnete centro Terra-astro sul piano dell'orizzonte vero, angolo<br />

contato nel semipiano del verticale dell'astro da 0° a 90°, positivo verso lo<br />

zenit, negativo verso il nadir.<br />

L'azimut definisce un verticale, l'altezza un almicantarat; note di un astro<br />

queste coordinate, esso è individuato sulla sfera <strong>celeste</strong> dall'intersezione di<br />

queste circonferenze; il verticale è il luogo dei punti aventi lo stesso<br />

azimut, l'almicantarat il luogo dei punti aventi la stessa altezza.<br />

<strong>Coordinate</strong> sostitutive dell'azimut e dell'altezza sono l'angolo azimutale<br />

(Z) e la distanza zenitale (z). L'angolo azimutale è l'arco di orizzonte<br />

astronomico o vero compreso tra il punto cardinale N o S, a seconda del<br />

segno della latitudine, ed il piede del verticale passante per l'astro, contato<br />

da 0° a 180°. L'ampiezza dell' arco è preceduta dal cardine N o S e seguita<br />

da E o W; quella dell'azimut non è preceduta o seguita da alcuna lettera. Si<br />

riportano le seguenti relazioni per il passaggio dall'azimut all'angolo<br />

azimutale:<br />

⎧a<br />

< 180°<br />

φ nord ⎨<br />

⎩a<br />

> 180°<br />

⎧a<br />

< 180°<br />

φ sud ⎨<br />

⎩a<br />

> 180°<br />

55<br />

Z = NaE<br />

Z = N<br />

Z =<br />

Z =<br />

( 360°<br />

− a)<br />

S ( 180°<br />

− a)<br />

S ( a −180°<br />

)<br />

Per queste relazioni e le per rispettive inverse è utile considerare la sfera<br />

<strong>celeste</strong> proiettata dall'infinito sul piano dell'orizzonte vero: gli almicantarat<br />

vengono rappresentati da circonferenze concentriche aventi lo zenit come<br />

centro (il raggio dell'orizzonte vero risulta uguale a quello della sfera<br />

<strong>celeste</strong> rappresentativa); i verticali vengono rappresentati da raggi.<br />

La distanza zenitale è l'arco di verticale passante per l'astro compreso tra<br />

lo zenit ed l'astro, contato da 0° a 180° a partire dallo zenit. Molto semplice<br />

il passaggio dall'altezza alla distanza zenitale:<br />

E<br />

W


z = 90° − ( ± h)<br />

56<br />

MARIO VULTAGGIO<br />

Non sfugge al lettore che questo sistema di coordinate va classificato fra<br />

quelli locali, essendo legato alla verticale dell'osserva tore.<br />

2.8.3 - Sistema di coordinate orarie<br />

Gli elementi di riferimento del sistema sono l'asse <strong>celeste</strong>, l'equatore <strong>celeste</strong><br />

ed il meridiano <strong>celeste</strong> superiore (v. figura. 2.8).<br />

Le coordinate di un astro (punto A in figura) sono:<br />

( ) o (<br />

angolo orario locale t AOL = M s A1<br />

= M s<br />

declinazione<br />

)<br />

( ) A A A Tˆ<br />

A = = δ<br />

L'angolo orario locale è l'arco di equatore <strong>celeste</strong> compreso tra il<br />

mezzocielo superiore (Ms) ed il piede dell'orario passante per l'astro (punto<br />

A1), contato da 0° a 360° a partire dal Ms, nel senso indiretto od orario<br />

guardando dal polo <strong>celeste</strong> nord.<br />

La declinazione è l'arco di orario passante per l'astro compreso tra<br />

l'equatore <strong>celeste</strong> e l'astro, contato da 0° a 90° dall'equatore verso l'astro; è<br />

positiva (o N) se l'astro si trova nell'emisfero <strong>celeste</strong> nord, negativa ( o S)<br />

se nell'emisfero sud.<br />

L'angolo orario può essere definito quale angolo diedro tra il semipiano<br />

relativo al meridiano <strong>celeste</strong> superiore ed il semipiano dell'orario dell'astro,<br />

contato dal primo semipiano verso il secondo nel senso orario guardando<br />

dal polo <strong>celeste</strong> nord, da 0° a 360°.<br />

La declinazione rappresenta invece l'angolo d'inclinazione della<br />

congiungente centro Terra-astro sul piano dell'equatore <strong>celeste</strong>, contato nel<br />

semipiano dell'orario dell'astro, da 0° a 90° verso uno dei due poli.<br />

L'angolo orario definisce un orario, la declinazione un parallelo di<br />

declinazione; note di un astro queste due coordinate esso è individuato<br />

sulla sfera <strong>celeste</strong> dall'intersezione delle relative circonferenze; l' orario è il<br />

luogo dei punti aventi lo stesso angolo orario ed il parallelo di declinazione<br />

il luogo dei punti aventi la stessa declinazione.<br />

1<br />

1<br />

Tˆ<br />

A<br />

1


CAPITOLO 2 – COORDINATE DEGLI ASTRI E MOTO DIURNO<br />

Figura 2.8 - Sistema di coordinate orarie<br />

<strong>Coordinate</strong> sostitutive dell'angolo orario e della declinazione sono:<br />

l'angolo al polo (P) e la distanza polare (p)<br />

L'angolo al polo di un astro è l'arco di equatore compreso tra il<br />

mezzocielo superiore ed il piede dell'orario dell'astro, contato da 0° a 180°<br />

verso E o verso W.<br />

Se t è minore di 180° l'astro si trova nell'emisfero <strong>celeste</strong> occidentale per<br />

cui PW = t; se, invece, t è maggiore di 180°, l'astro si trova nell'emisfero<br />

<strong>celeste</strong> orientale onde PE = 360° - t.<br />

La distanza polare è l'arco di orario passante per l'astro compreso tra il<br />

polo <strong>celeste</strong> elavato ed l'astro, contato da 0° a 180° a partire dal polo<br />

<strong>celeste</strong> elevato; ne discende che se φ e δ sono omonime la distanza polare<br />

risulta p = 90° - δ; se eteronime, p = 90° + δ:<br />

p<br />

= 90 − ( ± δ )<br />

57


58<br />

MARIO VULTAGGIO<br />

Delle due coordinate t e δ testè definite la prima dipende dalla posizione<br />

dell'osservatore, essendo contata a partire dalla proiezione del suo<br />

meridiano sulla sfera <strong>celeste</strong>; da qui il sistema in argomento è classificato<br />

fra quelli locali.<br />

2.8.4 - Sistema di coordinate uranografiche equatoriali<br />

Gli elementi di riferimento del sistema sono l'asse <strong>celeste</strong>, l'equatore <strong>celeste</strong><br />

ed il coluro del punto γ (orario passante per il punto γ). Le coordinate di un<br />

astro (punto A in figura.2.9) sono:<br />

ascensione retta ( α ) = γA<br />

= γTˆ<br />

A<br />

declinazione<br />

( ) A A A Tˆ<br />

A = = δ<br />

L'ascensione retta è l'arco di equatore <strong>celeste</strong> compreso tra il punto γ ed il<br />

piede dell'orario passante per l'astro, contato da 0° a 360° a partire dal detto<br />

punto nel senso antiorario (senso diretto) per un osservatore situato nel<br />

polo <strong>celeste</strong> nord.<br />

Figura 2.9 - Sistema di coordinate uranografiche equatoriali<br />

1<br />

1<br />

1<br />

1


CAPITOLO 2 – COORDINATE DEGLI ASTRI E MOTO DIURNO<br />

La declinazione è stata già definita nel paragrafo precedente. Al posto<br />

dell'ascensione retta, in molte applicazioni, viene considerata la<br />

coascensione retta (coα) o ascensione versa (AV), data da:<br />

( AV)<br />

= 360°<br />

α<br />

co α −<br />

per cui questa rappresenta l'arco di equatore <strong>celeste</strong> compreso tra il punto γ<br />

ed il piede dell'orario passante per l'astro, contato da 0° a 360° a partire dal<br />

punto γ nel senso orario (senso indiretto) guardando sempre dal polo<br />

<strong>celeste</strong> nord. Entrambe le coordinate, come ben si nota, sono indipendenti<br />

dalla posizione dell'osservatore. Questo sistema di riferimento è noto come<br />

Sistema Inerziale di Riferimento (Earth Centered Inertial – ECI).<br />

2.8.5 - Sistema di coordinate uranografiche eclittiche<br />

Gli elementi di riferimento del sistema sono l'asse dell'eclittica, l'eclittica<br />

ed il meridiano d'eclittica passante per il punto γ.<br />

Le coordinate di un astro (punto A in figura 2.10) sono:<br />

longitudine<br />

d'eclittica<br />

latitudine d'<br />

eclittica<br />

59<br />

( λ)<br />

= γA<br />

Tˆ<br />

1 = γ A1<br />

( β ) = A A = A Tˆ<br />

A<br />

Figura 2.10 - Sistema di coordinate uranografiche eclittiche<br />

1<br />

1


60<br />

MARIO VULTAGGIO<br />

La longitudine d'eclittica è l'arco di eclittica compreso tra il punto γ ed il<br />

piede del meridiano d'eclittica passante per l'astro, contato da 0° a 360° a<br />

partire dal punto γ nel senso antiorario (senso diretto) guardando dal polo<br />

d'eclittica nord.<br />

La latitudine d'eclittica è l'arco di meridiano d'eclittica passante per<br />

l'astro compreso tra l'eclittica e l'astro, contato da 0° a 90° dall'eclittica<br />

verso l'astro. La latitudine d'eclittica è positiva o N se l'astro trova si<br />

nell'emisfero d'eclittica nord, negativa o S se trovasi nell'emisfero d'eclittica<br />

sud.<br />

Anche queste due coordinate sono indipendenti dalla posi zione<br />

dell'osservatore.<br />

Questo sistema di coordinate può essere considerato con l'asse della<br />

eclittica passante per il centro del Sole; in tal caso si hanno le coordinate<br />

uranografiche eliocentriche d'eclittica:<br />

longitudine (L) e latitudine (B)<br />

In un dato istante s'intende elongazione in longitudine (o elongazione<br />

eclittica) di un astro rispetto ad un altro la differenza di longitudine tra i<br />

due <strong>astri</strong>.<br />

Con elongazione 0°,180°, o 90° e 270° i due <strong>astri</strong> si dicono<br />

rispettivamente in congiunzione, in opposizione, o in quadratura in<br />

longitudine, oppure in congiunzione, in opposizione, o in quadratura<br />

d'eclittica.<br />

Nell'istante della congiunzione i due <strong>astri</strong> sono sullo stesso meridiano<br />

d'eclittica, su meridiani opposti nell'istante dell'opposizione, su meridiani i<br />

cui piani sono normali tra loro nell'istante della quadratura.<br />

Può essere considerata anche l'elongazione in ascensione retta (detta<br />

anche elongazione equatoriale).<br />

2.8.6 - Sistema di coordinate uranografiche galattiche<br />

Il piano di simmetria della distribuzione delle stelle, inclinato di ≅ 62° su<br />

quello equatoriale, interseca la sfera <strong>celeste</strong> secondo una circonferenza<br />

massima che rappresenta la linea media della Via Lattea, la nostra Galassia.<br />

I punti d'intersezione di questa circonferenza, detta equatore galattico, con


CAPITOLO 2 – COORDINATE DEGLI ASTRI E MOTO DIURNO<br />

l'equatore <strong>celeste</strong> sono detti nodi; l'asse dell'equatore galattico determina<br />

sulla sfera i poli della Galassia; il polo nord ha per coordinate equatoriali:<br />

α≅ 12 h 40 m , δ= ≅ 28°N.<br />

Considerando un <strong>moto</strong> diretto sull'equatore galattico guardando dal polo<br />

nord galattico, il passaggio dall'emisfero sud a quello nord <strong>celeste</strong> viene a<br />

definire il nodo ascendente galattico.<br />

Di qui un nuovo sistema di coordinate uranografiche, quello i cui<br />

elementi sono: l'asse della Galassia, l'equatore galattico ed il meridiano<br />

galattico passante per il nodo ascendente galattico. Similmente alle<br />

coordinate uranografiche eclittiche si hanno le coordinate uranografiche<br />

galattiche:<br />

longitudine galattica (G) e latitudine galattica (g)<br />

2.9 - Moto apparente <strong>diurno</strong> della sfera <strong>celeste</strong>. Triangolo di posizione<br />

e sua risoluzione<br />

2.9.1 - Considerazioni generali<br />

Alle nostre latitudini, un osservatore posto in alto mare o al centro di una<br />

grande pianura, col viso rivolto verso sud, vede sorgere gli <strong>astri</strong> alla sua<br />

sinistra, dal lato dell'est, salire obliquamente sull'orizzonte fino a<br />

raggiungere il meridiano, scendere e tramontare alla sua destra, dal lato<br />

dell'ovest. Ponendo bene attenzione, l'osservatore nota che tutti gli <strong>astri</strong><br />

Descrivono in un giorno sidereo (durata di una rotazione della Terra<br />

intorno al proprio asse, pari 23 h 56 m 04.09 s a di tempo medio) delle<br />

traiettorie circolari parallele tra loro, coincidenti coi paralleli di<br />

declinazione e che, ad eccezione del Sole, della Luna e dei pianeti, le<br />

distanze sferiche tra le stelle restano inalterate nel tempo.<br />

Che tutti gli <strong>astri</strong> in un giorno descrivano sulla volta <strong>celeste</strong> dei paralleli<br />

di declinazione è una conseguenza della rotazione della Terra intorno al<br />

proprio asse; la costanza nel tempo delle distanze sferiche tra le stelle è<br />

dovuta ,invece, alle loro enormi distanze, tanto da essere considerate punti<br />

fissi sulla sfera <strong>celeste</strong>. Per la Luna ed i pianeti bisogna considerare<br />

principalmente i loro moti propri; per il Sole è da tenere presente il <strong>moto</strong> di<br />

rivoluzione della Terra intorno ad esso, per cui viene proiettato in un anno<br />

in punti differenti della sfera <strong>celeste</strong>.<br />

61


62<br />

MARIO VULTAGGIO<br />

Rappresenti la figura 2.11 la sfera <strong>celeste</strong> geocentrica per un osservatore<br />

situato in un punto della Terra di latitudineφ = 30 o N .Poiché la Terra ruota<br />

intorno al proprio asse nel senso della freccia f, senso antiorario per un<br />

osservatore situato sul polo nord, apparentemente dalla Terra si vede la<br />

sfera <strong>celeste</strong> ruotare nel senso della freccia f , senso orario per un<br />

osservatore situato sul polo <strong>celeste</strong> nord.<br />

Per supporre l'osservatore immobile, occorre sdoppiare la sfera <strong>celeste</strong> in<br />

due sfere concentriche di uguale raggio: una fissa, quella relativa alle<br />

coordinate locali e l'altra mobile, quella relativa alle coordinate<br />

uranografiche.<br />

Si consideri un astro di declinazione positiva, fisso sulla sfera <strong>celeste</strong> nel<br />

punto A, per esempio una stella. Per la rotazione apparente della sfera<br />

l'astro descrive il parallelo di declinazione passante per esso secondo il<br />

senso della freccia f; sorge all'orizzonte vero o astronomico nel punto s,<br />

passando dall'emisfero invisibile a quello visibile. Sale sull'orizzonte vero<br />

fino a raggiungere il meridiano superiore nel punto c, passando<br />

dall'emisfero <strong>celeste</strong> orientale a quello occidentale.<br />

Incomincia, quindi, a scendere fino a tramontare nel punto t, passando<br />

dall'emisfero visibile a quello invisibile. Continua poi a scendere sotto<br />

l'orizzonte e passa al meridiano inferiore nel punto i. In questo istante si ha<br />

per l'astro il passaggio dall'emisfero <strong>celeste</strong> occidentale a quello orientale e<br />

l'inizio della sua salita, sorgendo di nuovo nel punto s.<br />

Per l'astro di declinazione negativa fisso nel punto B, una stella, (sempre<br />

figura 2.11), il parallelo di declinazione descritto in un giorno sidereo è<br />

quello passante per detto punto, con s',c',t ed ì i punti del sorgere,<br />

passaggio al meridiano superiore, tramonto, passaggio al meridiano<br />

inferiore.<br />

Essendo i due <strong>astri</strong> in esame fissi sulla sfera <strong>celeste</strong> nei punti A e B, col<br />

passare del tempo la distanza sferica tra questi sarà sempre la stessa: sarà<br />

costante l'angolo fra le loro direzioni.<br />

Si consideri ora, figura 2.12, la sfera <strong>celeste</strong> geocentrica relativa ad un<br />

osservatore situato in un punto della Terra di latitudine φ = 30 o S . Sono qui<br />

tracciati i paralleli di declinazione relativi ai percorsi apparenti diurni di<br />

due stelle fisse nei punti C e D (le freccie f ed f’ indicano ristettivamente i<br />

moti di rotazione della Terra e della sfera <strong>celeste</strong>).


CAPITOLO 2 – COORDINATE DEGLI ASTRI E MOTO DIURNO<br />

Figura. 2.12 - <strong>Sfera</strong> <strong>celeste</strong> geocentrica - Osservatore φ = 30°S<br />

63


64<br />

MARIO VULTAGGIO<br />

Figura 2.11 - <strong>Sfera</strong> <strong>celeste</strong> geocentrica - Osservatore φ = 30°N<br />

Il Sole, la Luna ed i pianeti, non essendo punti fissi della sfera <strong>celeste</strong>, in<br />

un giorno sidereo non descrivono esattamente un parallelo di declinazione,<br />

ma una lieve spirale, variando la loro declinazione nel tempo. Questa, però,<br />

per il Sole ed i pianeti può essere considerata costante in un giorno, data la<br />

sua piccola variazione oraria (al massimo le declinazione del Sole varia di<br />

un primo all'ora nelle epoche in cui si trova nelle vicinanze dei punti<br />

equinoziali γ e Ω<br />

2.10 - Astri sorgenti e tramontanti, circumpolare ed anticircumpolari<br />

Per un osservatore situato in un punto della Terra di data latitudine gli <strong>astri</strong><br />

non sono tutti sorgenti e tramontanti, descrivendo alcuni di essi, in un<br />

giorno sidereo, paralleli di declinazione situati interamente sopra<br />

l'orizzonte vero (<strong>astri</strong> circumpolari) o sotto l’orizzonte vero (<strong>astri</strong><br />

anticircumpolari).


CAPITOLO 2 – COORDINATE DEGLI ASTRI E MOTO DIURNO<br />

La sfera <strong>celeste</strong> geocentrica di figura 2.13 è relativa ad un osservatore<br />

situato in un punto dell’emisfero terrestre nord, quella di figura 2.14 si<br />

riferisce invece ad un osservatore situato nell’emisfero terrestre sud.<br />

Su entrambe sono segnati i due paralleli di declinazione tangenti<br />

all’orizzonte vero, che dividono la sfera <strong>celeste</strong> in tre parti: calotta <strong>degli</strong><br />

<strong>astri</strong> circumpolari, calotta <strong>degli</strong> <strong>astri</strong> anticircumpolari e parte di sfera <strong>degli</strong><br />

<strong>astri</strong> sorgenti e tramontanti. Il parallelo di declinazione che limita la calotta<br />

<strong>degli</strong> <strong>astri</strong> circumpolari viene chiamato massimo <strong>degli</strong> apparenti, quello<br />

che limita la calotta <strong>degli</strong> <strong>astri</strong> anticircumpolari massimo <strong>degli</strong> occulti; la<br />

loro declinazione, come può notarsi dalle due citate figure, è uguale a<br />

90 o − φ ; inoltre, quella del massimo <strong>degli</strong> apparenti ha lo stesso segno<br />

della latitudine, quella del massimo <strong>degli</strong> occulti ha segno opposto.<br />

Figura 2.13 – <strong>Sfera</strong> <strong>celeste</strong> con osservatore nell’emisfero nord – Astri<br />

sorgenti e tramontanti<br />

Facile notare che un astro è sorgente e tramontante per un dato osservatore<br />

se la sua declinazione è minore di quella dei due citati paralleli limiti, cioè:<br />

65


66<br />

MARIO VULTAGGIO<br />

o o<br />

δ p90 − φ ossia δ + φ p90(2.6)<br />

Nelle figure 2.13 e 2.14 gli <strong>astri</strong> A e B sono sorgenti e tramontanti; l'astro A<br />

ha declinazione dello stesso segno della latitudine, l'astro B di segno<br />

opposto.<br />

Figura 2.14- <strong>Sfera</strong> <strong>celeste</strong> con osservatore nell’emisfero sud – Astri<br />

sorgenti e tramontanti<br />

La condizione testè scritta è valida per entrambi gli <strong>astri</strong>, per cui va così<br />

sintetizzata:<br />

o<br />

δ + φ p 90 (2.7)


CAPITOLO 2 – COORDINATE DEGLI ASTRI E MOTO DIURNO<br />

La somma dei valori assoluti della latitudine e della declinazione dev'essere<br />

minore di 90 o .<br />

Dalle due figure si nota ancora che per essere un astro circumpolare<br />

deve verificarsi:<br />

o<br />

δ + φ f 90 e dello stesso segno e per un astro anticircumpolare:<br />

o<br />

δ + φ f 90 e di segno opposto. L'astro C è circumpolare, l'astro D<br />

anticircumpolare.<br />

Se δ + φ = 90 o e dello stesso segno, l'astro percorre in un giorno sidereo<br />

il massimo <strong>degli</strong> apparenti; se di segno opposto il massimo <strong>degli</strong> occulti.<br />

Le condizioni ricavate dipendono eclusivamente, come ben si nota, dalla<br />

declinazione dell'astro e dalla latitudine dell'osservatore. Il parallelo di<br />

declinazione di un astro sorgente e tramontante viene suddiviso<br />

dall'orizzonte astronomico in due parti: arco visibile ed arco invisibile.<br />

L'arco visibile è quello che si trova sopra l'orizzonte astronomico, cioè<br />

nell'emisfero <strong>celeste</strong> visibile; esso è maggiore di quello invisibile se<br />

latitudine e declinazione sono dello stesso segno.<br />

Si può ancora notare che un astro di declinazione nord sorge in un punto<br />

dell'orizzonte astronomico situato tra l'est ed il nord e tramonta in un punto<br />

situato tra l'ovest ed il nord; se la declinazione dell'astro è sud, il punto in<br />

cui sorge l'astro è situato tra l'est ed il sud e quello in cui tramonta tra<br />

l'ovest ed il sud. L'arco di orizzonte vero compreso tra il punto cardinale<br />

est ed il punto in cui sorge dicesi amplitudine ortiva; l'arco di orizzonte<br />

vero compreso tra il punto cardinale ovest ed il punto in cui tramonta dicesi<br />

amplitudine occasa. Pertanto, se la declinazione dell'astro è nord<br />

l'amplitudine ortiva va contata dall'est verso il nord e l'occasa dall'ovest<br />

verso il nord; se la declinazione è sud le due amplitudini vanno contate<br />

dall'est e dall'ovest verso il sud. In un giorno sidereo le due amplitudini<br />

(ortiva ed occasa) sono uguali se φ e δ rimangono costanti, come può<br />

notarsi dalle citate figure 2.13 e 2.14.<br />

67


68<br />

MARIO VULTAGGIO<br />

2.11 - <strong>Sfera</strong> <strong>celeste</strong> retta e parallela<br />

La sfera <strong>celeste</strong> orientata per un osservatore la cui latitudine è differente da<br />

o o<br />

0 o 90 dicesi obliqua ed è facile comprendere la ragione di questo<br />

aggettivo.<br />

Si consideri ora un osservatore sull'equatore φ = 0. L'asse <strong>celeste</strong> (v.<br />

figura 2.15) coincide con la linea meridiana, il P cn col punto cardinale nord,<br />

il Pcs con quello sud; inoltre, i punti di mezzocielo superiore ed inferiore<br />

Ms , M i coincidono rispettivamente con lo zenit ed il nadir. La sfera<br />

<strong>celeste</strong> dicesi retta ed è ovvia questa denominazione. Gli <strong>astri</strong> sono tutti<br />

sorgenti e tramontanti ed i loro archi visibili sono uguali a quelli invisibili.<br />

Figura - 2.15 - <strong>Sfera</strong> <strong>celeste</strong> retta<br />

Si consideri ora la sfera <strong>celeste</strong> orientata per un osservatore situato su<br />

uno dei poli terrestri; la figura. 2.16 si riferisce ad un osservatore situato<br />

sul polo nord φ = 90 o N .


CAPITOLO 2 – COORDINATE DEGLI ASTRI E MOTO DIURNO<br />

L'asse <strong>celeste</strong> coincide con la verticale, i poli celesti con lo zenit ed il<br />

nadir, l'equatore <strong>celeste</strong> con l'orizzonte vero, i paralleli di declinazione con<br />

gli almicantarat e gli orari con i verticali; la sfera <strong>celeste</strong> dicesi parallela.<br />

Non è possibile l'orientamento in quanto non è definito il meridiano<br />

dell'osservatore; gli <strong>astri</strong> risultano esclusivamente circumpolari o<br />

anticircumpolari ed il massimo <strong>degli</strong> apparenti e quello <strong>degli</strong> occulti<br />

coincidono con l'equatore <strong>celeste</strong> che a sua volta, come già detto, coincide<br />

con l'orizzonte astronomico. Nella citata figura 2.16 risultano circumpolari<br />

gli <strong>astri</strong> di declinazione nord, anticircumpolari quelli di declinazione sud. I<br />

percorsi apparenti diurni <strong>degli</strong> <strong>astri</strong> fissi sono caratterizzati da un'altezza<br />

costante, pari al valore della declinazione.<br />

Figura 2.16 - <strong>Sfera</strong> <strong>celeste</strong> parallela<br />

69


2.12 - Triangolo di posizione<br />

70<br />

MARIO VULTAGGIO<br />

Molte considerazioni possono essere fatte sul <strong>moto</strong> apparente <strong>diurno</strong> della<br />

sfera <strong>celeste</strong> col semplice ausilio di una figura, per esempio le figure. 2.11<br />

e 2.12, e fra queste le seguenti:<br />

• tutti gli <strong>astri</strong> passano al primo orario, sopra l'orizzonte se la latitudine e<br />

la declinazione sono omonime, sotto se eteronime;<br />

• passano al primo verticale soltanto gli <strong>astri</strong> la cui declinazione è minore<br />

della latitudine, sopra l'orizzonte se queste due coordinate sono<br />

omonime, sotto se eteronime; l'astro avente declinazione uguale in<br />

segno ed in valore assoluto alla latitudine passa al meridiano <strong>celeste</strong><br />

superiore allo zenit, se soltanto in valore assoluto passa al meridiano<br />

<strong>celeste</strong> inferiore al nadir;<br />

• per gli <strong>astri</strong> la cui declinazione è maggiore della latitudine sono<br />

importanti i due punti del loro percorso apparente <strong>diurno</strong> più vicini al<br />

primo verticale, situati simmetricamente rispetto al meridiano <strong>celeste</strong>.<br />

Questi punti vengono denominati punti di massima digressione,<br />

orientale e occidentale; essi sono situati sopra l'orizzonte se la latitudine<br />

e declinazione sono omonime, sotto se eteronime.<br />

Rappresenti la figura 2.17 la sfera <strong>celeste</strong> orientata per un dato osservatore<br />

e sia, in un dato istante, A la posizione di un astro. Tracciati per A il<br />

verticale e l'orario, il triangolo sferico avente per vertici lo zenit Z, il polo<br />

<strong>celeste</strong> elevato (in questo caso il Pcn ) e la posizione dell'astro A, dicesi<br />

triangolo di posizione (triangolo sferico Pcn ZA).<br />

Questa denominazione è giustificata dal fatto che il triangolo dipende per<br />

un dato osservatore dalla posizionedell'astro sulla sfera <strong>celeste</strong>.<br />

Si noti che gli angoli azimutale (Z) ed al polo (P) dell'astro<br />

rappresentano due angoli di questo triangolo; il terzo angolo viene<br />

chiamato angolo parallattico o angolo all'astro (A).<br />

I lati sono dati dalle distanze zenitale e polare dell'astro e dalla colatitudine<br />

dell'osservatore. A tal proposito è bene ricordare le relazioni:<br />

a) tra l'angolo azimutale e l'azimut:


φ nord<br />

CAPITOLO 2 – COORDINATE DEGLI ASTRI E MOTO DIURNO<br />

o<br />

⎧a<br />

p 180 Z = N a E<br />

⎨<br />

o<br />

⎩ a f 180 Z = N (360 - a) E<br />

o o<br />

⎧a<br />

p 180 Z = S( 180 −a)<br />

E<br />

φ sud ⎨<br />

o o<br />

⎩a<br />

f 180 Z = S( a−180 ) E<br />

Figura 2.17 – <strong>Sfera</strong> <strong>celeste</strong> e triangolo di posizione<br />

b) tra l’angolo al polo e l’angolo orario:<br />

71<br />

(2.8)<br />

(2.9)<br />

o h<br />

t p 180 ( 12 ) PW= t<br />

o h<br />

t f 180 ( 12 ) P<br />

o h<br />

= 360 −t ( 24 − t)<br />

(2.10)<br />

E<br />

c) tra la distanza polare e declinazione:<br />

o<br />

p = 90 −δ<br />

se φe δomomimi<br />

o<br />

p = 90 + δ se φe δeteronimi<br />

(2.11)


d) tra la distanza zenitale e l’altezza:<br />

e) la colatitudine è sempre data da:<br />

72<br />

MARIO VULTAGGIO<br />

o<br />

z = 90 −h<br />

per h positiva<br />

o<br />

z = 90 −h<br />

per h negativa (2.12)<br />

c = 90 −<br />

o φ (2.13)<br />

Il triangolo di posizione lega i due sistemi di coordinate locali, altazimutali<br />

ed orarie.<br />

La figura 2.18 mostra il triangolo di posizione di un astro che in un dato<br />

istante si trova nel punto B della sfera <strong>celeste</strong>, orientata per un osservatore<br />

situato in una località dell'emisfero terrestre sud.<br />

Se sono costanti la latitudine dell'osservatore e la declinazione<br />

dell’astro, descrivendo questo in un giorno sidereo un parallelo di<br />

declinazione sulla volta <strong>celeste</strong>, del triangolo di posizione resteranno<br />

invariati due lati: lato polo elevato-zenit (c) e lato polo elevato-astro (p), e<br />

varieranno tutti gli altri elementi. Il triangolo di posizione degenera in un<br />

arco di circonferenza massima quando l'astro si trova al suo passaggio al<br />

meridiano superiore ed inferiore.<br />

Figura 2.18 - <strong>Sfera</strong> <strong>celeste</strong> e triangolo di posizione


CAPITOLO 2 – COORDINATE DEGLI ASTRI E MOTO DIURNO<br />

Risulta rettangolo nell'istante del passaggio dell'astro al primo orario o al<br />

primo verticale o alla massima digressione, assumendo un'ampiezza di<br />

90 o in queste circostanze rispettivamente l'angolo al polo, l'angolo<br />

azimutale e l'angolo parallattico.<br />

Infine, il triangolo di posizione risulta rettilatero nell'istante del sorgere e<br />

del tramonto vero dell'astro e quando la sua declinazione o la latitudine<br />

dell'osservatore sono uguali a 0.<br />

Figura 2.19 – Triangolo sferico di posizione e triangolo ortodromico<br />

Non sfugge l'analogia tra il triangolo di posizione e quello ortodromico,<br />

relativo alla navigazione per circonferenza massima tra due punti della<br />

superficie terrestre. Agli elementi del triangolo di posizione: Z, P, A, c, p, z<br />

corrispondono i seguenti elementi del triangolo ortodromico:<br />

'<br />

Ri , Δ λ,<br />

β , c,<br />

c , d (v. figura. 2.19).<br />

Generalizzando, per triangolo di posizione va inteso quel triangolo<br />

sferico avente per vertici l'astro ed i poli di due tra i cinque sistemi di<br />

coordinate trattate; compito principale di<br />

questo triangolo è quello di passare dalle coordinate di uno dei sistemi a<br />

quelle dell'altro.<br />

In navigazione astronomica si ricorre spesso al triangolo di posizione<br />

trattato in questo paragrafo che, come già detto, lega i due sistemi di<br />

coordinate locali; oltre alla trasformazione di coordinate che sarà oggetto<br />

del prossimo paragrafo, questo triangolo permette di risolvere tanti altri<br />

problemi che si presentano nella pratica della navigazione.<br />

73


2.13 - Risoluzione del triangolo di posizione<br />

74<br />

MARIO VULTAGGIO<br />

Con la conoscenza di almeno tre elementi del triangolo di posizione è<br />

possibile, com'è noto, ricavare gli altri. Occorre stabilire i segni alle<br />

funzioni trigonometriche che compaiono nelle formule che saranno<br />

utilizzate , per cui è importante ricordare quanto segue: la latitudine<br />

dell'osservatore deve essere considerata angolo positivo (primo quadrante)<br />

in quanto il suo segno definisce il polo del triangolo (polo elevato); di<br />

conseguenza la declinazione va considerata angolo positivo (primo<br />

quadrante) se ha lo stesso segno della latitudine, altrimenti angolo negativo<br />

(quarto quadrante); gli angoli Z , P ed A variano da 0 a 180°(primo o<br />

secondo quadrante).<br />

Spesso è richiesto il calcolo, per un dato istante e per una data località,<br />

delle coordinate locali altazimutali (h, a) di un astro, conoscendo le sue<br />

simultanee orarie (δ , t); di rado si presenta il caso inverso. Nel primo caso<br />

del triangolo di posizione (v. figura 2.20),considerato per l'istante<br />

dato,sono noti:<br />

lato P Z = c<br />

da<br />

el<br />

Figura 2.20 – triangolo sferico di posizione<br />

calcolare :<br />

lato ZA<br />

lato P A = p<br />

= z<br />

per ottenere, poi, l'altezza h e l'azimut a.<br />

,<br />

el<br />

e<br />

,<br />

angolo<br />

)<br />

angolo ZP A = P<br />

el<br />

el<br />

)<br />

P ZA = Z


CAPITOLO 2 – COORDINATE DEGLI ASTRI E MOTO DIURNO<br />

Applicando la relazione fondamentale di trigonometria sferica (o del<br />

coseno) e quella di Vieta (o delle cotangenti), si ha:<br />

da cui:<br />

cos z = cos c cos p + sin c sin p cos P<br />

(2.14)<br />

cot p sin c = cosc<br />

cos p + sin p cot Z<br />

(2.15)<br />

sinh = sinφ<br />

sinδ<br />

+ cosφ cosδ<br />

cos P<br />

(2.16)<br />

cot Z = cosϕ(tanδ<br />

cosecP<br />

− tanφ<br />

cot P)<br />

(2.17)<br />

Casi particolari di questa trasformazione di coordinate si hanno per φ = 0 ,<br />

δ = 0, P = 90°, P = 0 e 180°.<br />

Quando φ = 0 , conviene assumere per polo del triangolo di posizione<br />

quello relativo all'emisfero <strong>celeste</strong> dell'astro (definito dal segno della sua<br />

declinazione); di qui la declinazione va considerata angolo positivo (primo<br />

quadrante) nello stabilire i segni delle funzioni trigonometriche. Le (2.16) e<br />

(2.17) si semplificano in:<br />

Con δ = 0 si ottiene:<br />

Se P ˆ = 90° si ha:<br />

sinh = cosδ<br />

cos P<br />

cot Z = tanδcscP<br />

sinh = cosφ<br />

cos P<br />

cot Z = −sinφ<br />

cot P<br />

sinh<br />

= sinφsinδ<br />

cot Z = cosφ<br />

tanδ<br />

75


76<br />

MARIO VULTAGGIO<br />

Quando P ˆ = 0 , astro al passaggio al meridiano <strong>celeste</strong> superiore, la (2.14)<br />

diventa, dopo aver sostituito all'altezza h la distanza zenitale z:<br />

da cui:<br />

cos z = sinφsinδ<br />

+ cosφ<br />

cosδ<br />

= cos( φ − δ ) = cos( δ −φ<br />

) (2.18)<br />

z = φ − δ , z = δ −φ<br />

e la (2.15) porta alla indeterminazione:<br />

cot Z=infinito - infinito<br />

Si conviene di ricavare z dalla differenza algebrica:<br />

z = φ − δ<br />

(2.19)<br />

considerando positive le latitudine e declinazioni nord, negative quelle sud.<br />

Così operando, il segno della (2.19), cioé il segno di z, definisce l'importo<br />

dell'azimut: se z è positiva l'azimut è uguale a 180°, se negativa l'azimut è<br />

uguale a 0; ciò può essere verificato con semplici grafici; in questo modo si<br />

viene a superare l'inconveniente della indeterminazione di Z data dalla<br />

formula (2.17).<br />

Per ottenere l'altezza h dell'astro, la distanza zenitale ricavata dalla<br />

(2.19) dovrà essere considerata sempre angolo positivo, in accordo con la<br />

sua definizione: arco di verticale passante per l'astro compreso fra lo zenit e<br />

l'astro.<br />

Se P = 180°, l'astro è al suo passaggio al meridiano <strong>celeste</strong> inferiore. La<br />

(2.14) in questo caso diventa:<br />

ed ancora:<br />

cos z = sinφsinδ<br />

− cosφ<br />

cosδ<br />

(2.20)


cos z = cos<br />

da cui<br />

[ 180 − ( φ + δ ) ]<br />

CAPITOLO 2 – COORDINATE DEGLI ASTRI E MOTO DIURNO<br />

cos z = −(cosφ<br />

cosδ<br />

− sinφsinδ<br />

) = −cos(<br />

φ + δ )<br />

z = 180 − ( φ + δ )<br />

77<br />

(2.21)<br />

La (2.17) porta allo stesso risultato di indeterminazione.Limitandosi<br />

soltanto ai casi di <strong>astri</strong> osservabili (<strong>astri</strong> circumpolari, φ e δ dello stesso<br />

segno), la (2.21) va considerataaritmetica: la somma della latitudine e della<br />

declinazione va sottratta a 180°; i segni di φ e δ definiscono l'azimut: se<br />

positivi l'azimut è uguale a 0, se negativi a 180°.<br />

Non sfugge la possibilità di poter determinare la latitudine della località<br />

mediante la (2.19) e la (2.21), conoscendo l'altezza e la declinazione<br />

dell'astro nell'istante del suo passaggio al meridiano superiore ed inferiore.<br />

Dalla (2.19) si ricava:<br />

φ = δ + z<br />

(2.22)<br />

relazione sempre algebrica, con z positiva se l'azimut dell'astro è 180 (astro<br />

osservato al suo passaggio al meridiano superiore con la faccia rivolta a<br />

sud), negativa se l'azimut è 0 (astro osservato con la faccia rivolta al nord).<br />

Se la declinazione è omonima e maggiore della latitudine, il passaggio al<br />

meridiano superiore è visto in direzione del punto cardinale omonimo alle<br />

due coordinate, negli altri casi in direzione del punto cardinale opposto.<br />

Dalla (2.21) si ricava:<br />

φ = 180 − ( δ + z)<br />

(2.23)<br />

Occorre qui ricordare che solamente gli <strong>astri</strong> circumpolari sono visibili<br />

al loro passaggio al meridiano inferiore; per questi <strong>astri</strong> la (2.23) dev’essere<br />

considerata aritmetica, assumendo per la latitudine lo stesso segno della<br />

declinazione.<br />

Si fa di nuovo rilevare che tutto quanto qui trattato circa il passaggio di<br />

un astro al meridiano, superiore ed inferiore, può essere facilmente<br />

giustificato mediante un semplice disegno della sfera <strong>celeste</strong> locale.


78<br />

MARIO VULTAGGIO<br />

Le coordinate altalzimutali (h, Az) si possono anche ricavare per mezzo<br />

della matrice di rotazione introducendo due sistemi di coordinate<br />

rettangolari e la matrice di rotazione.<br />

Figura 2.21 – Triangolo di posizione e matrice di rotazione<br />

Sia A un astro di coordinate locale-orarie(t, δ) e definito dalle seguenti<br />

coordinate rettangolari rispetto alla terna di assi Oxyz: l’asse Oz passante<br />

per il Pel ,l’asse Ox passante per il Ms e l’asse Oy ruotato di 90 nel senso<br />

orario ( e coincidente con la direzione W); la terna di riferimento OXYZ<br />

per le coordinate altazimutali avrà l’asse OZ coincidente con lo zenit, l’asse<br />

OX coincidente con la linea N-S e rivolto verso Sud e l’asse OY coincidente<br />

con Oy. La figura 2.21 schematizza le due terne di riferimento associate ai<br />

due sistemi di coordinate.<br />

L’astro A nei due sistemi è rappresentato dal vettore:<br />

⎡x<br />

⎤ ⎡sin<br />

p cost<br />

⎤<br />

A − O =<br />

⎢<br />

y<br />

⎥<br />

=<br />

⎢<br />

p t<br />

⎥<br />

⎢ ⎥ ⎢<br />

sin sin<br />

⎥<br />

⎢⎣<br />

z⎥⎦<br />

⎢⎣<br />

cos p ⎥⎦<br />

Oxyz<br />

,<br />

⎡X<br />

⎤ ⎡sin<br />

z cos A<br />

⎢<br />

A − O =<br />

⎢<br />

Y<br />

⎥<br />

⎢ ⎥<br />

= ⎢sin<br />

z sin A<br />

⎢⎣<br />

Z ⎥⎦<br />

⎢<br />

⎣ cos z<br />

'<br />

z<br />

'<br />

z<br />

⎤<br />

⎥<br />

⎥<br />

⎥<br />

⎦<br />

OXYZ<br />

(2.24)


CAPITOLO 2 – COORDINATE DEGLI ASTRI E MOTO DIURNO<br />

con l'azimut contato da Sud nel senso orario (v. figura 2.21) e le coordinate<br />

dell'astro espresse in coordinate polari.<br />

Ruotando il primo sistema Oxyz attorno all'asse Oy in modo da<br />

trasportare l'asse Oz sull'asse OZ si ha:<br />

⎡X<br />

⎤ ⎡x⎤<br />

⎡cos c 0 − sin c⎤⎡sin<br />

p cost<br />

⎤<br />

⎢ ⎥ ⎢ ⎥<br />

=<br />

⎢<br />

⎥⎢<br />

⎥<br />

⎢<br />

Y<br />

⎥<br />

= Ay<br />

( c)<br />

⎢<br />

y<br />

⎥ ⎢<br />

0 1 0<br />

⎥⎢<br />

sin p sin t<br />

⎥<br />

(2.25)<br />

⎢⎣<br />

Z ⎥⎦<br />

⎢⎣<br />

z⎥⎦<br />

⎢⎣<br />

sin c 0 cos c ⎥⎦<br />

⎢⎣<br />

cos p ⎥⎦<br />

Lo sviluppo del prodotto matriciale da:<br />

'<br />

sin z cos A = cosc<br />

sin p cost<br />

− sin c cos p<br />

z<br />

'<br />

sin z sin Az<br />

= sin p sin t<br />

cos z = sin csin<br />

p cost<br />

+ cosc<br />

cos p<br />

dalle quali si ricavano le seguenti relazioni:<br />

sinh = sinφ<br />

sinδ<br />

+ cosφ<br />

cosδ<br />

cost<br />

(2.26)<br />

tan Az '<br />

sin p sint<br />

= −<br />

sin ccos<br />

p − cosc<br />

sin pcost<br />

79<br />

(2.27)<br />

E' facile ricavare la stretta corrispondenza delle relazioni ricavate con<br />

quelle precedentemente presentate per la risoluzione del triangolo di<br />

posizione (relazioni 2.14 e 2.15).

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