1. L'Italia e la Seconda Guerra Mondiale - Sito Istituzionale del ...
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<strong>1.</strong> L’Italia e <strong>la</strong> <strong>Seconda</strong> <strong>Guerra</strong> <strong>Mondiale</strong><br />
“O Austria Felice” si diceva nel XVIII secolo, “gli altri<br />
fanno <strong>la</strong> guerra e tu combini matrimoni”. Gli Asburgo<br />
avevano effettivamente l’abitudine di contrarre matrimoni<br />
che portavano in dote grandi territori e questo al<strong>la</strong> fine li<br />
rese <strong>la</strong> monarchia che possedeva più terre di<br />
qualsiasi altra in Europa.<br />
L’Italia, costituiva l’antitesi <strong>del</strong>l’Austria,<br />
sfortunata sia in guerra che in amore. Il nord<br />
e il sud <strong>del</strong>l’Italia, unificati soltanto nel 1866<br />
sotto casa Savoia, non avevano mai fatto<br />
matrimoni ricchi; le sue guerre<br />
d’indipendenza contro gli Asburgo a metà<br />
<strong>del</strong> XIX secolo, e quelle successive miranti a<br />
conquistare colonie in Africa, terminarono<br />
nel migliore dei casi senza vittorie, e in molti<br />
casi in modo inglorioso. Il corpo di<br />
spedizione italiano, che si era scontrato con<br />
gli etiopi ad Adua nel 1896, era stato uno<br />
dei pochi eserciti europei sconfitti da forze<br />
indigene durante le campagne di conquista<br />
di quel continente; <strong>la</strong> vittoriosa guerra <strong>del</strong><br />
1935-1936 contro l’imperatore Hailè<br />
Se<strong>la</strong>ssiè le aveva attirato l’odio internazionale.<br />
Nessuna guerra era costata all’Italia più cara<br />
<strong>del</strong> primo conflitto mondiale, e questa<br />
esperienza spiega gran parte degli eventi successivi <strong>del</strong><strong>la</strong> sua<br />
storia. Anche se i loro sforzi vennero sottovalutati, gli italiani<br />
si erano battuti<br />
tenacemente e coraggiosamente contro gli austriaci sul più<br />
difficile di tutti i fronti alleati [1]. A partire dal maggio 1915,<br />
quando si schierò a fianco di Gran Bretagna, Francia e Russia,<br />
l’Italia effettuò numerose offensive sull’Isonzo guadagnando<br />
poco terreno e subendo gravi perdite. Sorpreso nell’ottobre<br />
1917 da un travolgente attacco austriaco e tedesco, l’esercito<br />
italiano venne ricacciato nel<strong>la</strong> pianura veneta, ma si riprese<br />
bene, al punto di passare all’offensiva nell’autunno <strong>del</strong> 1918<br />
e concludere <strong>la</strong> guerra con onore.<br />
L’Italia si era guadagnata il suo posto fra i vincitori, ma anche<br />
se 600.000 italiani avevano sacrificato <strong>la</strong> loro vita per <strong>la</strong> causa<br />
degli alleati, né Gran Bretagna né Francia vollero concedere<br />
all’Italia i territori dei vinti che questa riteneva di avere<br />
meritato. Tutto quello che l’Italia ottenne fu una picco<strong>la</strong> fetta<br />
di territorio ex austriaco e le isole <strong>del</strong> Dodecaneso.<br />
La differenza fra quello che secondo l’Italia le sarebbe<br />
spettato, e quello che ottenne dopo <strong>la</strong> guerra, sta al<strong>la</strong> base<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> rivoluzione fascista che nel 1922 sconvolse <strong>la</strong> situazione<br />
politica <strong>del</strong> regno. L’appello di Mussolini alle c<strong>la</strong>ssi operaie<br />
e medie fu soltanto in parte economico, fu più quello di un<br />
reduce ad altri reduci [2]. In un momento di recessione,<br />
disoccupazione e instabilità economica, non solo offrì <strong>la</strong>voro<br />
ai disoccupati e sicurezza ai risparmiatori, ma promise anche<br />
onore agli ex combattenti, e una ricompensa territoriale al<strong>la</strong><br />
nazione che non l’aveva ricevuta al tavolo <strong>del</strong><strong>la</strong> pace.<br />
La trasformazione <strong>del</strong><strong>la</strong> Libia, conquistata nel 1912 in un<br />
“impero” d’oltremare, venne seguita nel 1936 dal<strong>la</strong><br />
conquista <strong>del</strong>l’Etiopia e nel 1939 <strong>del</strong>l’annessione<br />
<strong>del</strong>l’Albania [3].<br />
L’intervento italiano nel<strong>la</strong> guerra civile spagno<strong>la</strong> fece parte<br />
<strong>1.</strong> Fanti italiani in trincea durante <strong>la</strong> Prima <strong>Guerra</strong> <strong>Mondiale</strong><br />
2. Benito Mussolini durante un comizio<br />
3. Soldati coloniali italiani issano il tricolore su un edificio etiope
<strong>del</strong><strong>la</strong> garanzia di Mussolini agli italiani che <strong>la</strong> loro nazione<br />
avrebbe avuto un posto sul<strong>la</strong> scena mondiale, e quanto fu<br />
anche il motivo <strong>del</strong> suo intervento nel<strong>la</strong> seconda guerra<br />
mondiale.<br />
Le circostanze, però, stabilirono che l’Italia non sarebbe mai<br />
stata un socio al<strong>la</strong> pari nell’alleanza con <strong>la</strong> Germania nazista,<br />
nonostante tutti gli sforzi di Mussolini per riuscirci. Non era<br />
soltanto il fatto che l’economia italiana era in grado di<br />
reggere soltanto un decimo <strong>del</strong>le spese militari affrontate<br />
dal<strong>la</strong> Germania, ma ci fu anche il fatto che <strong>la</strong> potenza<br />
militare italiana era declinata notevolmente nel periodo fra<br />
le due guerre.<br />
Un importante ostacolo a un efficace impegno <strong>del</strong>l’Italia a<br />
fianco <strong>del</strong><strong>la</strong> Germania era il fatto che gli italiani nutrivano<br />
ben poca o nessuna ostilità nei confronti dei nemici che<br />
Hitler aveva scelto per loro. Una certa francofobia poteva<br />
essere presente nel<strong>la</strong> mentalità italiana, ma i ceti più alti<br />
erano nettamente anglofili, mentre i contadini e gli artigiani<br />
erano in genere ben disposti verso gli americani.<br />
Di conseguenza, l’esercito italiano si battè valorosamente<br />
ma senza grande entusiasmo contro gli inglesi in Libia nel<br />
1940-1941 e le sue potenzialità non migliorarono certo<br />
dopo <strong>la</strong> brutta figura fatta contro i greci nell’autunno <strong>del</strong><br />
1940. La perdita poi di alcune <strong>del</strong>le migliori divisioni in<br />
Africa [4] e nel<strong>la</strong> catastrofe <strong>del</strong>l’ARMIR sul fronte russo <strong>del</strong><br />
Don, un corol<strong>la</strong>rio <strong>del</strong><strong>la</strong> grande battaglia di Stalingrado,<br />
l’avevano ridotto all’ombra di quello che era [5].<br />
Queste due crisi quasi contemporanee indussero i comandi<br />
italiani a riflettere in merito all’opportunità di appoggiare<br />
Mussolini e il regime fascista. I generali italiani provenivano<br />
per <strong>la</strong> maggior parte dalle regioni settentrionali, in<br />
partico<strong>la</strong>re dal Piemonte, da cui veniva anche <strong>la</strong> casa<br />
regnante dei Savoia al<strong>la</strong> quale avevano prestato giuramento.<br />
Essi avevano accettato il fascismo finchè questo si era<br />
dimostrato favorevole al<strong>la</strong> monarchia e agli interessi <strong>del</strong>le<br />
forze armate. Una volta divenuto evidente che non lo era<br />
più iniziarono a riconsiderare <strong>la</strong> situazione. Nell’estate <strong>del</strong><br />
1943, e in partico<strong>la</strong>re quando le città italiane cominciarono<br />
a risentire degli effetti dei bombardamenti alleati, qualcuno<br />
pensò al<strong>la</strong> possibilità di togliere di mezzo Mussolini.<br />
4. Truppe italiane prigioniere dopo <strong>la</strong> sconfitta nel<strong>la</strong> battaglia di El A<strong>la</strong>mein<br />
5. Alpini italiani in ritirata sul fronte russo<br />
2. Gli alleati e lo sbarco in Sicilia<br />
Una volta terminata vittoriosamente <strong>la</strong> Campagna <strong>del</strong> Nord<br />
Africa, inglesi e americani si confrontarono con non poche<br />
difficoltà su come dare l’assalto al<strong>la</strong> “Fortezza Europa”. Le<br />
divergenze tra essi consistevano principalmente sul<strong>la</strong><br />
migliore strategia per sconfiggere l’Asse.<br />
I britannici, e in partico<strong>la</strong>re il primo ministro Winston<br />
Churchill, proponevano una strategia che sfruttasse <strong>la</strong> loro<br />
potenza navale basandosi sul principio che, contro un<br />
nemico continentale dotato di un grande esercito, <strong>la</strong><br />
migliore tattica da attuare fosse quel<strong>la</strong> di attaccare<br />
gradualmente con operazioni locali i territori periferici <strong>del</strong><br />
nemico nel Mediterraneo indebolendolo gradualmente.<br />
Gli Stati Uniti, invece, dotati di un esercito numeroso e<br />
provvisto di moltissimi mezzi, caldeggiavano una strategia<br />
più diretta che mirasse allo scontro contro <strong>la</strong> forza<br />
principale <strong>del</strong>l’esercito tedesco nell’Europa settentrionale, in<br />
partico<strong>la</strong>re in Francia.
5. bis. Giraud, Roosevelt, De Gaulle e Churchill al<strong>la</strong> conferenza di Casab<strong>la</strong>nca<br />
6. Il piano si sbarco alleato per l’invasione <strong>del</strong><strong>la</strong> Sicilia<br />
Dopo accese diatribe circa <strong>la</strong> soluzione, Stati<br />
Uniti e Gran Bretagna decisero di organizzare le<br />
proprie forze in vista di una futura e<br />
indispensabile invasione <strong>del</strong><strong>la</strong> Francia<br />
programmata per <strong>la</strong> primavera <strong>del</strong> 1944 e, per<br />
mantenere comunque sotto pressione il nemico<br />
tedesco, stabilirono di procedere ugualmente<br />
con una campagna meno artico<strong>la</strong>ta invadendo<br />
<strong>la</strong> peniso<strong>la</strong> italiana. L’attacco all’Italia fu<br />
definito dagli alti comandi alleati durante <strong>la</strong><br />
Conferenza di Casab<strong>la</strong>nca <strong>del</strong> 14 gennaio 1943<br />
occasione in cui Winston Churchill definì<br />
L’Italia come “il ventre molle <strong>del</strong>l’Asse” [5bis].<br />
Si sperava che l’invasione avrebbe portato al<strong>la</strong><br />
resa <strong>del</strong> regime fascista, un ottimo colpo di<br />
propaganda per il morale dei soldati che<br />
avrebbero poi dovuto confrontarsi con i più<br />
agguerriti tedeschi. L’eliminazione <strong>del</strong>l’Italia<br />
avrebbe inoltre consentito alle forze navali<br />
alleate, e principalmente al<strong>la</strong> marina inglese, di<br />
prendere il dominio sul Mar Mediterraneo,<br />
migliorando così <strong>la</strong> possibilità di spostare<br />
truppe in Egitto, in Medio Oriente e in India.<br />
Con l’Italia fuori dai giochi, inoltre, i tedeschi<br />
avrebbero dovuto trasferire nel<strong>la</strong> peniso<strong>la</strong> parte<br />
<strong>del</strong>le truppe impegnate contro i russi sul fronte<br />
orientale.<br />
La Campagna d’Italia ebbe ufficialmente inizio<br />
con l’Operazione Husky, lo sbarco in Sicilia<br />
<strong>del</strong>le forze alleate, tra il 9 e il 10 luglio 1943,<br />
cui presero parte circa 160 000 soldati fra<br />
americani, inglesi e canadesi.<br />
Il piano operativo per questa operazione<br />
prevedette due grandi assalti anfibi sulle coste<br />
meridionali <strong>del</strong>l’iso<strong>la</strong> preceduti nel<strong>la</strong> notte da<br />
un folto <strong>la</strong>ncio di paracadutisti a est e a ovest di<br />
Capo Passero [6].
Gli alleati impegnarono nell’assalto otto<br />
divisioni dal mare e due dall’aria, con una<br />
flotta che superava di gran lunga le forze<br />
<strong>del</strong>l’Asse sull’iso<strong>la</strong>. Il comandante italiano<br />
Alfredo Guzzoni aveva infatti a disposizione<br />
dodici divisioni, ma di queste sei erano male<br />
e equipaggiate e altre quattro, pur essendo<br />
in grado di attestarsi a difesa <strong>del</strong>le coste, non<br />
costituivano una minaccia per gli<br />
alleati. Soltanto le due divisioni tedesche, <strong>la</strong><br />
15° Panzergrenadier e <strong>la</strong> Hermann Göring<br />
erano di primissima qualità.<br />
Nonostante <strong>la</strong> disparità di forze e <strong>la</strong> sorpresa<br />
conseguita dagli invasori, gli sbarchi<br />
andarono meno lisci <strong>del</strong> previsto. Le forze<br />
di aviosbarco, composte dal<strong>la</strong> 82° divisione<br />
americana “All Americans” e dal<strong>la</strong> 1°<br />
britannica subirono perdite enormi quando<br />
i piloti inesperti fecero <strong>la</strong>nciare i<br />
paracadutisti ancora sul mare e i nervosi<br />
serventi <strong>del</strong><strong>la</strong> contraerea <strong>del</strong>le navi aprirono<br />
il fuoco abbattendo i propri apparecchi.<br />
Gli sbarchi dal mare, effettuati contro le<br />
divisioni costiere italiane, ebbero dovunque<br />
successo, e alcuni dei difensori aiutarono<br />
addirittura gli attaccanti a scaricare i loro<br />
mezzi [7].<br />
Le forze inglesi e canadesi sbarcarono nei<br />
tratti di costa compresi tra <strong>la</strong> peniso<strong>la</strong> di<br />
Pachino e Siracusa, sul versante ionico, ad<br />
eccezione <strong>del</strong><strong>la</strong> 1ª Divisione canadese che<br />
sbarcò più a sud [7bis].<br />
La 7ª Armata americana al comando <strong>del</strong><br />
generale Patton sbarcò nel tratto di costa<br />
compreso fra Ge<strong>la</strong> e Licata. Il fuoco di<br />
controbatteria <strong>del</strong>le navi da guerra e<br />
l’appoggio aereo favorirono <strong>la</strong> rapida<br />
attestazione <strong>del</strong>le forze di invasione, anche<br />
se nei punti maggiormente muniti di<br />
artiglieria costiera <strong>la</strong> lotta fu piuttosto aspra.<br />
Nei numerosi tratti di costa privi di difesa le<br />
truppe alleate poterono avanzare dai punti<br />
di sbarco senza difficoltà [8].<br />
7. Truppe americane sbarcano sulle spiagge siciliane<br />
7. bis. Soldati inglesi sbarcano in Sicilia<br />
8. Sheman americano sbarca sul<strong>la</strong> spiaggia sici<strong>la</strong>na
9. Sherman inglese a Francoforte<br />
10. Truppe canadesi entrano a Modica<br />
1<strong>1.</strong> Palermo distrutta dai bombardamenti angloamericani<br />
Già il 15 luglio gli alleati cominciarono le<br />
operazioni per eliminare le forze <strong>del</strong> nemico<br />
sull’iso<strong>la</strong>. Il piano prevedeva l’occupazione<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> metà occidentale <strong>del</strong><strong>la</strong> Sicilia da parte<br />
degli americani mentre gli inglesi e i canadesi<br />
avrebbero dovuto avanzare sui fianchi <strong>del</strong>l’Etna<br />
e occupare Messina, in modo da tagliare ai<br />
tedeschi e alle truppe italiane <strong>la</strong> via <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
ritirata verso <strong>la</strong> Ca<strong>la</strong>bria [9].<br />
Mentre gli americani incontrarono scarsa<br />
resistenza, gli inglesi dovettero vederse<strong>la</strong> con <strong>la</strong><br />
Hermann Göring che impedì loro di passare<br />
lungo <strong>la</strong> costa a est <strong>del</strong>l’Etna, <strong>la</strong> via più corta<br />
verso Messina.<br />
Il 20 luglio quindi, gli americani ritardarono<br />
l’attacco e <strong>la</strong> liberazione di Palermo e Trapani<br />
per attaccare Messina lungo <strong>la</strong> statale costiera<br />
settentrionale. Il rallentamento <strong>del</strong>le operazioni<br />
alleate permise al generale tedesco Frido von<br />
Senger und Etterlin di intervenire in aiuto di<br />
Guzzoni dal<strong>la</strong> Ca<strong>la</strong>bria con due divisioni. Di<br />
fronte a queste nuove forze l’avanzata degli<br />
alleati rallentò ulteriormente, e soltanto il 2<br />
agosto americani e inglesi riuscirono a<br />
costituire una linea <strong>del</strong> fronte unitaria che<br />
correva fra l’Etna e <strong>la</strong> costa settentrionale<br />
<strong>del</strong>l’iso<strong>la</strong> [10].<br />
L’avanzata alleata procedette quindi con una<br />
serie di piccoli sbarchi dal mare per fare<br />
sloggiare il nemico dalle sue solide posizioni<br />
difensive. Tuttavia Guzzoni fin dal 5 agosto<br />
aveva riconosciuto che <strong>la</strong> situazione era ormai<br />
indifendibile e aveva cominciato a fare ritirare<br />
i reparti italiani oltre lo stretto di Messina. I<br />
tedeschi iniziarono l’evacuazione l’11 agosto;<br />
spostandosi di notte riuscirono a evitare le<br />
incursioni aeree alleate portando in salvo una<br />
buona parte <strong>del</strong> loro equipaggiamento. Gli<br />
alleati il 17 agosto fecero il loro ingresso<br />
trionfale a Messina, ma il nemico se ne era già<br />
andato.<br />
Così l’Operazione Husky era sostanzialmente<br />
fallita. E’ vero che aveva reso sicure le linee di<br />
comunicazione alleate attraverso il<br />
Mediterraneo e verso il Medio Oriente, ma<br />
poichè le operazioni in quel settore e in Africa<br />
settentrionale erano terminate, si trattava di un<br />
successo privo di significato. Non si era inoltre<br />
riusciti a distogliere le divisioni tedesche dal<br />
fronte russo, dato che tutte quelle inviate in<br />
Italia dopo il 24 luglio erano venute dal fronte<br />
ovest [11].
Restava da vedere se <strong>la</strong> conquista <strong>del</strong><strong>la</strong> Sicilia avrebbe<br />
esercitato pressioni sufficienti sulle forze antifasciste in Italia<br />
per portare a un capovolgimento <strong>del</strong>le alleanze.<br />
3. 8 settembre 1943. L’Italia si arrende alle<br />
forze alleate<br />
Nel<strong>la</strong> prima metà <strong>del</strong> 1943, in una situazione di grave<br />
preoccupazione indotta dall’opinione sempre più condivisa<br />
che <strong>la</strong> guerra fosse ormai perduta e che stesse apportando<br />
insopportabili danni al Paese, Mussolini operò una serie di<br />
avvicendamenti che investì alcuni dei più significativi centri<br />
di potere <strong>del</strong>lo Stato rimuovendo alcuni personaggi che<br />
reputava ostili al<strong>la</strong> prosecuzione <strong>del</strong> conflitto accanto al<strong>la</strong><br />
Germania o più fe<strong>del</strong>i al Re che non al regime. Secondo<br />
alcuni studiosi, a seguito di tali sostituzioni, reputate come<br />
atte a rafforzare il regime in crisi di consenso se non<br />
apertamente ostili al Quirinale, Vittorio Emanuele ruppe gli<br />
indugi ed iniziò a progettare in via esecutiva un piano che<br />
consentisse <strong>la</strong> destituzione <strong>del</strong> duce.<br />
Per questo fu avvicinato Dino Grandi, uno dei gerarchi più<br />
prestigiosi <strong>del</strong>l’élite di comando, che in gioventù si era<br />
evidenziato come il solo vero potenziale antagonista di<br />
Mussolini all’interno <strong>del</strong> Partito Nazionale Fascista, e <strong>del</strong><br />
quale si aveva motivo di sospettare che avesse di molto<br />
rivisto le sue idee sul regime [12]. A Grandi, attraverso<br />
garbati e fidati mediatori fra Pietro Badoglio, si prospettò<br />
l’opportunità di avvicendare il dittatore e si convenne che <strong>la</strong><br />
stagione <strong>del</strong> fascismo originale, quello <strong>del</strong>l’“idea pura” dei<br />
fasci di Combattimento, era finita ed il regime si era<br />
irrimediabilmente annacquato in un qualunque sistema di<br />
gestione <strong>del</strong> potere, avendo perso ogni speranza di<br />
sopravvivere a sé stesso.<br />
Grandi riuscì a coinvolgere nel<strong>la</strong> fronda sia Giuseppe Bottai,<br />
altro importantissimo gerarca che sosteneva l’idea originaria<br />
e “sociale” <strong>del</strong> fascismo operando sui campi <strong>del</strong><strong>la</strong> cultura, sia<br />
Galeazzo Ciano, che oltre che ministro ed altissimo<br />
gerarca anch’egli, era pure genero <strong>del</strong> Duce. Con essi diede<br />
vita all’Ordine <strong>del</strong> Giorno che avrebbe presentato al<strong>la</strong><br />
riunione <strong>del</strong> Gran Consiglio <strong>del</strong> Fascismo il 25 luglio 1943 e<br />
che conteneva l’invito rivolto al re a riprendere le redini <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
situazione politica. Mussolini fu arrestato e sostituito da<br />
Badoglio [13].<br />
La nomina di Badoglio, che aveva aperto <strong>la</strong> strada ad un<br />
istintivo entusiasmo popo<strong>la</strong>re, non significava <strong>la</strong> fine<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> guerra, che continuava “a fianco <strong>del</strong>l’alleato<br />
germanico”, sebbene fosse un tassello <strong>del</strong><strong>la</strong> manovra sabauda<br />
per giungere al<strong>la</strong> pace. Attraverso canali dei più disparati, si<br />
cercò un produttivo contatto con le potenze alleate,<br />
cercando di ricostruire quei passaggi <strong>del</strong>le trattative già<br />
intessute da Maria José, consorte di Umberto II di Savoia,<br />
che potevano stavolta meritare l’avallo <strong>del</strong> re.<br />
Fu a Lisbona che si decise di agire e fu qui che venne inviato<br />
il generale Giuseppe Castel<strong>la</strong>no, per prendere contatti con<br />
le armate avversarie per rendere loro nota <strong>la</strong> disponibilità di<br />
Roma al<strong>la</strong> resa [14].<br />
12. Dino Grandi<br />
13. Pietro Badoglio<br />
14. Giuseppe Castel<strong>la</strong>no
La proposta in realtà non era considerata con grande<br />
euforia da parte alleata, in quanto le sorti <strong>del</strong><strong>la</strong> guerra erano<br />
già avviate verso una probabile prossima sconfitta <strong>del</strong>le<br />
armate italiane, e dunque <strong>la</strong> resa avrebbe sì significato<br />
un’accelerazione <strong>del</strong> decorso bellico, ma avrebbe anche<br />
limitato i vantaggi che le forze alleate avrebbero potuto<br />
ricavarne, primo fra tutti <strong>la</strong> conquista.<br />
Da autorevoli commenti successivi, ed anche dal<strong>la</strong> vasta<br />
memorialistica prodotta nel dopo-guerra dai soggetti<br />
coinvolti, si è dedotto che comunque fu l’incertezza nei<br />
rapporti fra le potenze alleate, e l’intento di evitare, a<br />
guerra ancora aperta, pericolose frizioni di interesse fra loro,<br />
che spinse gli alleati ad accettare di par<strong>la</strong>rne con concreta<br />
attenzione. Se l’Italia fosse stata conquistata, ad esempio,<br />
dagli statunitensi, <strong>la</strong> Gran Bretagna e l’URSS avrebbero<br />
ovviamente distinto le loro posizioni per garantirsi equilibri<br />
che ne pareggiassero <strong>la</strong> strategica acquisizione, ed<br />
avrebbero combattuto per loro conto, forse anche contro gli<br />
stessi statunitensi. In più, in una eventuale spartizione, era<br />
assolutamente da evitare che l’Italia cadesse in mano<br />
britannica, giacché Londra avrebbe potuto monopolizzare il<br />
traffico commerciale, coloniale e soprattutto petrolifero <strong>del</strong><br />
Mediterraneo.<br />
Accettare <strong>la</strong> resa rinunciando a conquistare l’Italia divenne<br />
dunque un male minore, per il quale spendere molte energie<br />
diplomatiche, anche contro <strong>la</strong> talvolta indisponente parata<br />
dei rappresentanti italiani; e tanto si fece, da parte<br />
americana e degli altri alleati.<br />
Il 30 agosto Badoglio convocò Castel<strong>la</strong>no, rientrato il 27 da<br />
Lisbona con qualche prospettiva; il generale comunicò <strong>la</strong><br />
richiesta di un incontro in Sicilia, avanzata dagli Alleati per<br />
il tramite <strong>del</strong>l’ambasciatore britannico in Vaticano, D’Arcy<br />
Osborne (che col<strong>la</strong>borava a stretto contatto con il collega<br />
statunitense Myron Charles Taylor).<br />
Badoglio, ritenendo per suo conto che vi fossero anche gli<br />
spazi per una trattativa nel<strong>la</strong> quale contrattare e “vendere” <strong>la</strong><br />
resa a buon prezzo, quantunque si trattasse in realtà di una<br />
supplice richiesta di cessazione <strong>del</strong>le ostilità, chiese a<br />
Castel<strong>la</strong>no di farsi portavoce di alcune proposte presso gli<br />
Alleati: in partico<strong>la</strong>re Castel<strong>la</strong>no avrebbe dovuto insistere sul<br />
fatto che l’Italia avrebbe accettato l’armistizio solo a<br />
condizione che prima si effettuasse un massiccio sbarco<br />
alleato nel<strong>la</strong> peniso<strong>la</strong>.<br />
Tra le tante altre condizioni che furono richieste agli alleati,<br />
talune poste solo per il dovere di porne, solo quel<strong>la</strong> di<br />
inviare 2.000 unità paracadutate su Roma per <strong>la</strong> difesa <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
Capitale fu accolta, anche perché in parte già prevista dai<br />
piani alleati ma poi snobbata all’atto pratico dagli stessi<br />
comandi italiani.<br />
Il 31 agosto il generale Castel<strong>la</strong>no arrivò in aereo a Termini<br />
Imerese e fu quindi trasferito a Cassibile, nei pressi di<br />
Siracusa.<br />
I colloqui videro le parti re<strong>la</strong>tivamente distanti: Castel<strong>la</strong>no<br />
chiese garanzie agli Alleati rispetto al<strong>la</strong> inevitabile reazione<br />
tedesca contro l’Italia al<strong>la</strong> notizia <strong>del</strong><strong>la</strong> firma <strong>del</strong>l’armistizio<br />
e, in partico<strong>la</strong>re, uno sbarco alleato a nord di Roma<br />
precedente all’annuncio <strong>del</strong>l’armistizio; da parte alleata si<br />
ribatté che uno sbarco in forze e l’azione di una divisione di<br />
paracadutisti sul<strong>la</strong> capitale sarebbero stati in ogni caso<br />
contemporanei e non precedenti al<strong>la</strong> proc<strong>la</strong>mazione<br />
<strong>del</strong>l’armistizio. In serata Castel<strong>la</strong>no rientrò a Roma per<br />
riferire.<br />
Il giorno successivo Castel<strong>la</strong>no fu ricevuto da Badoglio;<br />
all’incontro parteciparono il ministro degli esteri Raffaele<br />
Guariglia e i generali Vittorio Ambrosio e Giacomo<br />
Carboni. Emersero posizioni non coincidenti: Guariglia e<br />
Ambrosio ritenevano che le condizioni alleate non potessero<br />
a quel punto che essere accettate; Carboni dichiarò invece<br />
che il Corpo d’armata da lui dipendente, schierato a difesa<br />
di Roma, non avrebbe potuto difendere <strong>la</strong> città dai tedeschi<br />
per mancanza di munizioni e carburante. Badoglio, che<br />
nel<strong>la</strong> riunione non si pronunciò, fu ricevuto nel pomeriggio<br />
dal re Vittorio Emanuele III, che decise di accettare le<br />
condizioni <strong>del</strong>l’armistizio.<br />
Un telegramma di conferma fu inviato agli Alleati; in esso si<br />
preannunciava anche l’imminente invio <strong>del</strong> generale<br />
Castel<strong>la</strong>no. Il telegramma fu intercettato dalle forze tedesche<br />
in Italia che, già in sospetto di una simile possibile<br />
soluzione, presero a mettere sotto pressione, attraverso il<br />
comandante <strong>del</strong><strong>la</strong> piazza di Roma, Badoglio: questi<br />
enfaticamente spese molte volte il giuramento e <strong>la</strong> paro<strong>la</strong><br />
d’onore <strong>del</strong> generale più medagliato d’Italia per smentire<br />
qualsiasi rapporto con gli americani, ma in Germania<br />
cominciarono ad organizzare <strong>del</strong>le contromisure.<br />
Il 2 settembre Castel<strong>la</strong>no ripartì per Cassibile, per dichiarare<br />
l’accettazione da parte italiana <strong>del</strong> testo <strong>del</strong>l’armistizio; non<br />
aveva tuttavia con sé alcuna autorizzazione scritta a<br />
firmare. Badoglio, che non gradiva affatto che il suo nome<br />
fosse in qualche modo legato al<strong>la</strong> sconfitta, cercava di<br />
apparire il meno possibile e non gli aveva fornito <strong>del</strong>eghe<br />
per <strong>la</strong> firma, auspicando evidentemente che gli Alleati non<br />
pretendessero altri impegni scritti oltre al telegramma<br />
spedito il giorno precedente.<br />
Castel<strong>la</strong>no sottoscrisse il testo di un telegramma da inviare a<br />
Roma, redatto dal generale Be<strong>del</strong>l Smith, in cui si<br />
richiedevano le credenziali <strong>del</strong> generale, cioè l’autorizzazione<br />
a firmare l’armistizio per conto di Badoglio, che non<br />
avrebbe più potuto evitare il coinvolgimento <strong>del</strong> suo nome;<br />
si precisò che, senza tale firma, si sarebbe prodotta<br />
l’immediata rottura <strong>del</strong>le trattative. Ciò, naturalmente,<br />
perché in assenza di un accredito ufficiale, <strong>la</strong> firma di<br />
Castel<strong>la</strong>no avrebbe impegnato solo lo stesso generale, certo<br />
non il governo italiano. Nessuna risposta pervenne tuttavia<br />
da Roma. Al che, nel<strong>la</strong> prima mattinata <strong>del</strong> 3 settembre,<br />
Castel<strong>la</strong>no per sollecitare <strong>la</strong> <strong>del</strong>ega, inviò un secondo<br />
telegramma a Badoglio, il quale questa volta rispose quasi<br />
subito con un radiogramma in cui chiarì che il testo <strong>del</strong><br />
telegramma <strong>del</strong> 1º settembre era già una implicita<br />
accettazione <strong>del</strong>le condizioni di armistizio poste dagli Alleati.<br />
Ma di fatto continuava comunque a mancare una <strong>del</strong>ega a<br />
firmare: si dovette attendere un ulteriore telegramma di<br />
Badoglio, pervenuto solo alle 16:30, che finalmente<br />
conteneva una esplicita autorizzazione che permettesse a Castel<strong>la</strong>no<br />
di firmare il testo <strong>del</strong>l’armistizio per conto di Badoglio e che
15. Il generale Castel<strong>la</strong>no firma l’armistizio con gli angloamericani<br />
informava che <strong>la</strong> dichiarazione di autorizzazione era<br />
stata depositata presso l’ambasciatore britannico in Vaticano<br />
D’Arcy Osborne.<br />
A quel punto si procedette al<strong>la</strong> firma <strong>del</strong> testo<br />
<strong>del</strong>l’armistizio ‘breve’ [15]. Fu allora bloccata in extremis dal<br />
generale Eisenhower <strong>la</strong> partenza di cinquecento aerei già in<br />
procinto di decol<strong>la</strong>re per una missione di bombardamento<br />
su Roma, minaccia che aveva corroborato lo sveltimento<br />
<strong>del</strong>le ritrosie di Badoglio e che senza molto dubbio sarebbe<br />
stata attuata se <strong>la</strong> firma fosse saltata.<br />
A Castel<strong>la</strong>no furono solo allora sottoposte le c<strong>la</strong>usole<br />
contenute nel testo <strong>del</strong>l’armistizio ‘lungo’, contenente le<br />
c<strong>la</strong>usole aggiuntive per l’effettiva col<strong>la</strong>borazione italiana al<strong>la</strong><br />
guerra contro i tedeschi [16].<br />
Nelle prime ore <strong>del</strong> mattino <strong>del</strong> 3 settembre, dopo un<br />
bombardamento aeronavale alleato <strong>del</strong>le coste ca<strong>la</strong>bresi,<br />
ebbe inizio fra Vil<strong>la</strong> San Giovanni e Reggio Ca<strong>la</strong>bria lo<br />
sbarco di soldati canadesi e di reparti britannici; si trattò<br />
di un imponente diversivo per concentrare l’attenzione dei<br />
tedeschi molto a sud di Salerno, dove avrebbe avuto invece<br />
luogo lo sbarco principale.<br />
L’armistizio fu reso pubblico alle 19:45 <strong>del</strong>l’8 settembre dai<br />
microfoni <strong>del</strong>l’Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche<br />
che interruppero le trasmissioni per trasmettere l’annuncio<br />
precedentemente registrato <strong>del</strong><strong>la</strong> voce di Badoglio che<br />
annunciava l’armistizio al<strong>la</strong> nazione.<br />
Il prematuro annuncio <strong>del</strong>l’armistizio da parte degli alleati<br />
colse <strong>del</strong> tutto impreparate e quasi prive di direttive le forze<br />
armate italiane che si trovavano su tutti i fronti.<br />
All’annuncio di Badoglio <strong>la</strong> confusione regnava totale<br />
nell’esercito italiano: <strong>la</strong> notizia <strong>del</strong>l’armistizio fu una<br />
sorpresa e non vi erano ordini né piani, né ve ne sarebbero<br />
stati nei giorni a seguire.<br />
Il mattino successivo il re, <strong>la</strong> regina e il principe ereditario,<br />
Badoglio, due ministri <strong>del</strong> Governo e alcuni generali <strong>del</strong>lo<br />
stato maggiore fuggirono da Roma dirigendosi verso il sud<br />
Italia per mettersi in salvo sotto l’esercito Alleato.<br />
Così, mentre avveniva il totale sbandamento <strong>del</strong>le forze<br />
armate, le armate tedesche <strong>del</strong><strong>la</strong> Wehrmacht e <strong>del</strong>le SS<br />
presenti in tutta <strong>la</strong> peniso<strong>la</strong> poterono far scattare<br />
l’Operazione Achse (secondo i piani già predisposti sin dal 25<br />
luglio dopo <strong>la</strong> destituzione di Mussolini) occupando<br />
tutti i centri nevralgici <strong>del</strong> territorio nell’Italia settentrionale e<br />
centrale, fino a Roma, sbaragliando quasi ovunque l’esercito<br />
italiano: <strong>la</strong> maggior parte <strong>del</strong>le truppe fu fatta prigioniera e<br />
subì l’internamento in Germania, mentre il resto andava allo<br />
sbando e tentava di rientrare al proprio domicilio. Di questi<br />
ultimi chi non vi riusciva si dava al<strong>la</strong> macchia andando a<br />
costituire i primi nuclei <strong>del</strong> movimento partigiano.<br />
Nonostante alcuni straordinari episodi di valore in patria e<br />
su fronti esteri (uno dei più celebri è quello che si concluse<br />
con l’eccidio di Cefalonia), quasi tutta <strong>la</strong> peniso<strong>la</strong> cadde sotto<br />
<strong>la</strong> pronta occupazione tedesca e l’esercito venne disarmato,<br />
mentre l’intera impalcatura <strong>del</strong>lo Stato cadde in sfacelo.<br />
Solo in Sardegna ed in Corsica le Forze Armate italiane<br />
riuscirono insieme a quelle francesi a sconfiggere e mettere<br />
in fuga il nemico tedesco. A Napoli, invece, fu necessaria <strong>la</strong><br />
sollevazione di tutta <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione per scacciare i nazisti.<br />
4. Gli alleati attaccano <strong>la</strong> peniso<strong>la</strong>: lo sbarco<br />
di Salerno<br />
Protagonista di uno degli episodi più decisivi <strong>del</strong><strong>la</strong> seconda<br />
guerra mondiale fu il golfo di Salerno, da Maiori ad<br />
Agropoli. Gli obiettivi <strong>del</strong>l’operazione erano ben precisi: gli<br />
Alleati volevano allontanare i Tedeschi dall’Italia<br />
Meridionale, impadronirsi <strong>del</strong>le basi aeree di Foggia,<br />
raggiungere Napoli e liberare Roma.<br />
Possibili alternative al golfo di Salerno erano il golfo di<br />
Gaeta, poi scartato perché localizzato ad una distanza<br />
eccessiva dal<strong>la</strong> Sicilia, ed il golfo di Napoli, il quale era stato<br />
però minato per evitare gli sbarchi nemici. Il golfo di Salerno<br />
aveva, inoltre, caratteristiche tali da costituire una pianura<br />
di forma triango<strong>la</strong>re, dominata da colline e montagne che<br />
permettevano ai soldati di control<strong>la</strong>re <strong>la</strong> zona attraverso una<br />
vasta visuale. La presenza <strong>del</strong> fiume Sele, <strong>la</strong> cui profondità gli<br />
impediva di essere guadato, costituiva un ulteriore punto a<br />
16. Il generale Castel<strong>la</strong>no e Eisenhower si stringono <strong>la</strong> mano<br />
dopo <strong>la</strong> firma <strong>del</strong>l’armistizio
favore <strong>del</strong><strong>la</strong> zona in questione; durante il Ventennio fascista,<br />
inoltre, <strong>la</strong> piana <strong>del</strong> Sele era stata bonificata. Il capoluogo<br />
di provincia campano vedeva inoltre confluire verso di esso<br />
diverse vie di comunicazione: <strong>la</strong> Strada Statale 18 Tirrena<br />
Inferiore che tuttora da Napoli giunge a Reggio Ca<strong>la</strong>bria; <strong>la</strong><br />
Strada Statale 88 dei Due Principati Salerno-Morcone, che<br />
passa per Avellino; <strong>la</strong> Strada Statale 19 <strong>del</strong>le Ca<strong>la</strong>brie che<br />
dal<strong>la</strong> limitrofa Battipaglia passa per Eboli, Agropoli e<br />
Potenza, per giungere infine a Catanzaro; attraverso il Valico<br />
di Chiunzi, infine, si può raggiungere Napoli dal<strong>la</strong><br />
vicinissima Vietri sul Mare. Inoltre <strong>la</strong> rete ferroviaria era già<br />
efficiente nel<strong>la</strong> zona, e nel<strong>la</strong> zona di sbarco c’era addirittura<br />
l’aeroporto di Montecorvino [17].<br />
A distanza di poche ore dallo sbarco alleato, l’8 settembre<br />
1943, Salerno era stata colpita dall’ennesimo<br />
bombardamento: alle 19:45 tutti i residenti vennero<br />
rinchiusi nei rifugi anti-aerei, dove appresero dal<strong>la</strong> radio e<br />
dal maresciallo Pietro Badoglio che il governo italiano aveva<br />
chiesto un armistizio ed aveva firmato <strong>la</strong> resa incondizionata.<br />
La notizia fu appresa anche dai 100 000 soldati inglesi e dai<br />
70 000 soldati statunitensi che componevano il corpo di<br />
sbarco: essa suscitò grandi manifestazioni di gioia ed ebbe<br />
sfortunate conseguenze psicologiche, in quanto i soldati si<br />
erano convinti che a Salerno avrebbero trovato folle in festa.<br />
Furono gli ufficiali ad attenuare lo smisurato e fuori luogo<br />
calo di tensione, che avrebbe potuto causare conseguenze<br />
17. Il piano di sbarchi sul<strong>la</strong> peniso<strong>la</strong> italiana<br />
inimmaginabili al momento <strong>del</strong>lo sbarco.<br />
La forza d’invasione attuò due sbarchi a distanza di 15<br />
chilometri l’uno dall’altro, utilizzando il Sele come<br />
divisore [18]. Le condizioni meteorologiche erano<br />
favorevoli, in quanto <strong>la</strong> notte era calma e priva di vento,<br />
mentre il cielo era sgombro dalle nubi. L’ora X scattò alle<br />
3:30 <strong>del</strong> 9 settembre, momento di massima oscurità, utile<br />
per l’occultamento <strong>del</strong><strong>la</strong> forza da sbarco, anche se, d’altro<br />
canto, svantaggiosa per le manovre di avvicinamento al<strong>la</strong><br />
costa. Furono ben 40 i chilometri di costa interessati<br />
dall’operazione Ava<strong>la</strong>nche [19].<br />
18. Truppe americane sbarcano sul litorale campano<br />
19. Soldati statunitensi sulle spiagge salernitane
19. bis. Cacciatorpediniere inglese spara contro aerei nemici in avvicinamento<br />
Nel momento in cui i soldati iniziarono a prendere terra,<br />
l’aviazione tedesca diede inizio ad una serie di attacchi aerei<br />
sulle navi in rada e sui mezzi da sbarco, provocando gravi<br />
perdite tra le file alleate [19bis]. Per risposta i cacciatorpediniere<br />
alleati dapprima misero a silenzio l’aviazione, e poi con <strong>la</strong><br />
novità <strong>del</strong>l’utilizzo dei <strong>la</strong>nciarazzi, misero a tacere anche le<br />
difese costiere. Gli attaccanti riuscirono però a superare quei<br />
duri attacchi e i Commandos <strong>del</strong><strong>la</strong> Special Service Brigade<br />
sbarcarono senza difficoltà a Marina di Vietri. Nel frattempo<br />
anche l’altro corpo speciale, i Rangers, era sbarcato a<br />
Maiori. All’apparire <strong>del</strong>l’alba gli alleati erano arrivati alle<br />
porte di Cava de’ Tirreni ed una loro pattuglia ebbe un<br />
primo scontro a fuoco con i tedeschi sul ponte di San<br />
Francesco. Una camionetta inglese entrò perfino nell’abitato<br />
e distribuì sigarette e ciocco<strong>la</strong>ta. Poi i tedeschi concentrarono i<br />
loro carri armati lungo il Corso Umberto per tenerli al<br />
riparo dalle batterie alleate dal mare, e dall’aviazione dal cielo.<br />
La popo<strong>la</strong>zione abbandonò il Borgo e si rifugiò in massa<br />
nel<strong>la</strong> Badia dei Benedettini o si sparpagliò per <strong>la</strong> campagna<br />
riparandosi nelle case coloniche.<br />
I soldati tedeschi, per approvvigionarsi di dolciumi e di<br />
sigarette, scassinarono le tabaccherie e le pasticcerie, mentre i<br />
più spregiudicati <strong>del</strong><strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione fecero il resto, incitando i<br />
tedeschi a svellere con i carri armati le porte di tutti i negozi.<br />
Molti cavesi furono spinti al saccheggio in buona fede, per<br />
procurarsi i viveri in quel marasma in cui non era tanta <strong>la</strong><br />
preoccupazione di scampare al<strong>la</strong> morte, quanto quel<strong>la</strong> di<br />
sopravvivere al<strong>la</strong> fame. Fu saccheggiato il Molino ed il<br />
Pastificio Ferro, e ne furono svuotati i grandi depositi di<br />
pasta e di grano; furono svuotati i magazzini <strong>del</strong> Consorzio<br />
e furono saccheggiati tutti i negozi <strong>del</strong> Borgo.<br />
Non mancarono, però, atti di abnegazione e tentativi di<br />
mantenere l’ordine tra i civili da parte dei più generosi.<br />
Alcuni civili furono costretti dai tedeschi a <strong>la</strong>vori pesanti,<br />
pur sotto le cannonate.<br />
Il 13 settembre i tedeschi sferrarono il consueto contrattacco,<br />
riconquistando Eboli, Battipaglia ed Altavil<strong>la</strong> Silentina. Il<br />
generale C<strong>la</strong>rk decise allora di far intervenire i paracadutisti<br />
20. Truppe inglesi al riparo di un carro armato tedesco danneggiato<br />
<strong>del</strong>l’82ª Divisione Aviotrasportata statunitense ma senza i<br />
risultati attesi. Fu così che il generale Alexander decise di<br />
optare per l’intervento <strong>del</strong><strong>la</strong> squadra navale: un duro risvolto<br />
si ebbe sul<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione civile a causa dei bombardamenti<br />
aerei, apocalittici per entità, terrore ed orrori [20].<br />
Il 15 settembre i tedeschi diedero inizio ad un piano di<br />
ritiro graduale, che prevedeva l’attuazione <strong>del</strong><strong>la</strong> “politica<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> terra bruciata”, ovvero <strong>la</strong> distruzione di tutto ciò che<br />
era impossibile portar via e <strong>la</strong> cattura degli uomini da<br />
condurre nei campi di concentramento.
L’offensiva finale vide <strong>la</strong> luce il 23 settembre: in quel giorno, fu<br />
superato con le armi il Passo di Molina di Vietri per<br />
giungere a liberare l’Agro Nocerino Sarnese e portare<br />
l’ultimo attacco verso Napoli. La resistenza tedesca fu<br />
decisa, specialmente quando, oltrepassata Molina, le unità<br />
alleate si diressero verso Cava de’ Tirreni. Proprio <strong>la</strong> mattina <strong>del</strong><br />
23 settembre, un carro armato tedesco si accingeva a salire<br />
verso <strong>la</strong> Badia per un’ azione di rappresaglia contro <strong>la</strong><br />
popo<strong>la</strong>zione ivi rifugiata; ma nel<strong>la</strong> strettoia che <strong>la</strong> strada<br />
compie a Sant’Arcangelo, non potette proseguire oltre.<br />
Alcuni sconsiderati si fermarono a guardare, ed i tedeschi <strong>del</strong><br />
carro armato, adirati dall’inconveniente o forse nell’intento di<br />
compiere egualmente <strong>la</strong> rappresaglia, scaricarono su quegli<br />
sconsiderati una sventagliata di mitragliatrice. Prima di<br />
abbandonare Cava, i tedeschi provvidero a far saltare il ponte di<br />
San Francesco sul<strong>la</strong> strada nazionale e il ponte sul<strong>la</strong> ferrovia<br />
presso Vil<strong>la</strong> Alba, allo scopo di ritardare l’avanzata degli<br />
anglo-americani, i quali però in poche ore buttarono un<br />
ponte di ferro e legno sul ponte San Francesco ristabilendo<br />
immediatamente <strong>la</strong> comunicazione con Salerno, mentre<br />
per l’avanzata dei loro carri armati si erano serviti <strong>del</strong><strong>la</strong> strada<br />
ferrata che i tedeschi non avevano toccato. Altre mine furono<br />
poste dai tedeschi agli altri ponti di Cava e sugli incroci<br />
stradali, ma non ebbero il tempo di farle bril<strong>la</strong>re.<br />
Il 28 settembre <strong>la</strong> battaglia di Cava era conclusa e gli Alleati,<br />
procedendo verso l’Agro e superandolo, dopo ventidue giorni<br />
e 54 chilometri di combattimenti, alle ore 9:30 <strong>del</strong> 1º<br />
ottobre ‘43, entrarono a Napoli: l’operazione Ava<strong>la</strong>nche era<br />
conclusa.<br />
Nei venti giorni che durò <strong>la</strong> battaglia su Cava, si contarono<br />
oltre seicento morti tra <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione civile. La spontanea<br />
reazione di altra parte <strong>del</strong><strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione alle truppe tedesche<br />
incominciò non appena queste occuparono il borgo con<br />
i carri armati ed i vil<strong>la</strong>ggi con postazioni di armi pesanti.<br />
Questa reazione si tramutò altresì in col<strong>la</strong>borazione con le<br />
truppe alleate, alle quali furono fornite tutte le indicazioni<br />
necessarie ad infrangere <strong>la</strong> resistenza tedesca senza perdite da<br />
parte dei liberatori [21].<br />
2<strong>1.</strong> Carro armato tedesco tra le vie di un centro abitato campano
22. Le linee difensive tedesche a sud di Roma<br />
23. Paracadutista tedesco brandeggia una mitragliatrice MG<br />
5. Cassino. La battaglia per l’abbazia<br />
Dal punto di vista <strong>del</strong>le operazioni militari, l’Italia si<br />
presentava per gran pare una terra ideale per i difensori.<br />
Appena superata una barriera formata da una montagna o<br />
da un fiume, un nuovo ostacolo si presentava a bloccare <strong>la</strong><br />
via che avrebbero dovuto seguire le truppe attaccanti.<br />
Inoltre, le poche zone pianeggianti risultavano troppo poco<br />
estese per consentire agli Alleati un massiccio impiego di<br />
mezzi corazzati.<br />
Dopo i successi in Sicilia e a Salerno, Hitler modificò <strong>la</strong> strategia<br />
che aveva applicato in Italia per tutto il 1943. In precedenza,<br />
temendo eventuali sbarchi alleati lungo gran parte <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
peniso<strong>la</strong> italiana, egli aveva previsto di fare arretrare gran parte<br />
<strong>del</strong>le truppe a nord di Roma e approntare una linea difensiva<br />
nell’Italia settentrionale, convinto inoltre che gli Alleati, una<br />
volta conquistata Foggia e il suo aeroporto, si sarebbero<br />
diretti verso i Balcani, rinunciando ad addentrarsi in Italia.<br />
Tuttavia, verificatisi tali fatti, i tedeschi cominciarono a<br />
rendersi conto che una ritirata verso l’Italia settentrionale<br />
avrebbe messo gli alleati in una situazione strategica<br />
estremamente favorevole, consapevoli <strong>del</strong> fatto che <strong>la</strong><br />
perdita <strong>del</strong> territorio balcanico e <strong>del</strong><strong>la</strong> Grecia avrebbe messo<br />
a rischio l’indispensabile fornitura di carburante proveniente<br />
dal vicino Caucaso.<br />
Hiler, come suo solito, non volle assolutamente prendere in<br />
considerazione l’idea di una ritirata e si fece assiduo<br />
promotore di una linea di difesa a oltranza su tutto il<br />
territorio italiano sostenendo che, una resistenza prolungata<br />
in Italia meridionale avrebbe avuto come effetto il ritardo<br />
dei preparativi di attacco degli alleati al territorio jugos<strong>la</strong>vo.<br />
Sotto il comando <strong>del</strong> feldmaresciallo Albert Kesserling, i<br />
tedeschi disposero quindi tre sistemi difensivi paralleli,<br />
distanti l’uno dall’altro una ventina di chilometri nel punto<br />
più stretto <strong>del</strong><strong>la</strong> peniso<strong>la</strong> italiana.<br />
La prima linea di difesa, <strong>la</strong> più meridionale, era <strong>la</strong> cosidetta<br />
Linea d’Inverno o Linea Reinhard, che andava dal fiume<br />
Sangro sull’Adriatico fino al<strong>la</strong> foce <strong>del</strong> fiume Garigliano<br />
passando per Mignano Montelungo.<br />
La seconda e più importante, che aveva <strong>la</strong> base sul fiume<br />
Garigliano e su Cassino, divenne nota come <strong>la</strong> Linea<br />
Gustav.<br />
La terza, chiamata Linea Hitler, si snodava lungo <strong>la</strong> direttrice<br />
Pontecorvo – Aquino – Piedimonte San Germano [22].<br />
La battaglia di Cassino, nelle sue quattro fasi, è considerata<br />
ancora oggi uno degli scontri bellici più importanti e discussi<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> <strong>Seconda</strong> <strong>Guerra</strong> <strong>Mondiale</strong>.<br />
Essa fu costituita da un insieme di tentativi di conquistare <strong>la</strong><br />
città di Cassino e di superare <strong>la</strong> Linea Gustav che gli Alleati<br />
attuarono in fasi susseguenti e che hanno portato gli storici<br />
a par<strong>la</strong>re di “battaglie per Cassino”.<br />
Terminata <strong>la</strong> battaglia di Montelungo e superata <strong>la</strong> Linea<br />
Invernale, gli alleati verso <strong>la</strong> metà <strong>del</strong> gennaio 1944 si<br />
ritrovarono di fronte al<strong>la</strong> Linea Gustav.<br />
La linea fortificata era costituita da posizioni protette di<br />
mitragliatrici e mortai, ricoveri per le truppe, estesi campi<br />
minati e centinaia di chilometri di filo spinato. Il punto<br />
focale di quel<strong>la</strong> linea era costituito da Cassino e<br />
Montecassino, capisaldi a difesa <strong>del</strong><strong>la</strong> valle <strong>del</strong> Liri [23].<br />
Il piano alleato per il forzamento <strong>del</strong><strong>la</strong> linea Gustav era
24. Truppe marocchine durante una pausa per il rancio<br />
25. Soldati inglesi nei dintorni di Minturno<br />
piuttosto ambizioso: l’obiettivo finale era l’occupazione di<br />
Roma. Con una serie di attacchi combinati i comandi<br />
alleati si prefiggevano il superamento <strong>del</strong>le difese tedesche<br />
nel<strong>la</strong> valle <strong>del</strong> Liri, unica zona pianeggiante che consentisse<br />
lo spiegamento in massa dei reparti corazzati che<br />
disponevano gli attaccanti.<br />
Da un punto di vista strategico l’operazione fu artico<strong>la</strong>ta in<br />
tre fasi principali.<br />
La prima consisteva in una seria di attacchi nel<strong>la</strong> valle <strong>del</strong><br />
Liri e sulle alture ad essa circostanti con lo scopo di attirare<br />
verso le alture ad essa circostanti le riserve tedesche.<br />
Successivamente una forza anfibia sarebbe sbarcata ad Anzio<br />
per creare scompiglio alle spalle <strong>del</strong> fronte principale e<br />
minacciare <strong>la</strong> vie di rifornimento tedesche.<br />
A questo punto, secondo le intenzioni degli Alleati, i<br />
tedeschi sarebbero stati costretti ad abbandonare <strong>la</strong> Linea<br />
Gustav e a intraprendere una rapida ritirata, permettendo<br />
così al fronte adriatico di poter avanzare superando le difese<br />
tedesche.<br />
Il 12 gennaio il corpo di spedizione francese <strong>del</strong> generale<br />
Juin fu il primo a iniziare il combattimento. L’attacco si<br />
verificò a circa venti chilometri a nord di Cassino e puntava<br />
verso <strong>la</strong> città di Atina. Si trattava tuttavia di un diversivo,<br />
poiché serviva solo ad impegnare le truppe presenti in quel<br />
settore. Le truppe, composte per lo più da marocchini e<br />
algerini, pur subendo notevoli perdite, ottennero sensibili<br />
risultati ma, non avendo ricevuto rinforzi, si fermarono il 22<br />
gennaio [24].<br />
Nel frattempo, il 17 gennaio, era iniziato l’attacco di tre<br />
divisioni britanniche lungo il corso inferiore <strong>del</strong> fiume<br />
Garigliano. Due di queste stabilirono <strong>del</strong>le teste di ponte<br />
nei pressi di Minturno e Castelforte, ma furono duramente<br />
contrattaccate e fermate dalle truppe che i tedeschi avevano<br />
celermente fatto affluire dalle retrovie [25].<br />
La terza divisione inglese attaccò in direzione di<br />
Sant’Ambrogio, avendo l’importantissimo compito di<br />
proteggere il fianco sinistro americano che doveva forzare il<br />
passaggio nel<strong>la</strong> valle <strong>del</strong> Liri. Tuttavia, dopo gravi perdite, le<br />
truppe britanniche non riuscirono ad attraversare il<br />
Garigliano e dovettero ritirarsi [26].
Nonostante questo primo insuccesso, il generale<br />
americano C<strong>la</strong>rk decise di rispettare il piano originale e<br />
diede il via all’assalto nel<strong>la</strong> valle <strong>del</strong> Liri. Gli americani<br />
attaccarono <strong>la</strong> notte <strong>del</strong> 20 gennaio con una divisione sui<br />
due <strong>la</strong>ti di Sant’Angelo in Theodice, a circa 5 chilometri<br />
di Cassino. Soltanto poche compagnie poterono guadare il<br />
fiume Gari sotto un diluvio di fuoco scatenato dai granatieri<br />
tedeschi. La notte seguente gli americani ripeterono<br />
l’attacco senza successo e i pochi superstiti dovettero<br />
riattraversare il Gari per ritirarsi. Il prezzo pagato fu<br />
altissimo: 1681 fra morti e feriti [27].<br />
Poiché tutti gli attacchi pianificati dagli Alleati per sfondare<br />
26. Soldati canadesi al riparo di una abitazione<br />
27. Soldati americani sparano con un bazooka
28. Paracadutisti tedeschi alle porte di Cassino<br />
29. Truppe coloniali francesi appostate a difesa di un crinale<br />
<strong>la</strong> Linea Gustav erano falliti, il generale C<strong>la</strong>rk fu costretto<br />
a ideare un’azione alternativa. Dato che <strong>la</strong> valle <strong>del</strong> Liri era<br />
impenetrabile egli ordinò un attacco contro Cassino. Il 24<br />
gennaio gli americani attaccarono pochi chilometri a nord<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> cittadina. Dopo giorni di combattimenti durissimi nel<br />
pieno di un inverno molto rigido i fanti erano riusciti ad<br />
occupare una serie di colline in prossimità <strong>del</strong>l’abbazia di<br />
Montecassino. I reparti tedeschi furono decimati ma ricevettero<br />
rinforzi freschi e truppe scelte <strong>del</strong><strong>la</strong> temibile 1° divisone<br />
paracadutisti. I combattimenti interessarono anche <strong>la</strong><br />
periferia nord di Cassino, dove gli americani furono più volte<br />
respinti dall’ostinata difesa tedesca. Le perdite subite dagli<br />
attaccanti non consentirono loro di effettuare il balzo decisivo<br />
verso <strong>la</strong> valle <strong>del</strong> Liri e l’offensiva americana si concluse il 12<br />
febbraio, dopo avere respinto diversi contrattacchi [28].<br />
Mentre si combatteva verso l’abbazia, più a nord il corpo di<br />
spedizione francese aveva iniziato un’azione di supporto per<br />
proteggere il fianco destro americano. Gli algerini iniziarono<br />
il 25 gennaio un attacco diversivo verso Colle Belvedere e<br />
Colle Abate: quello che seguì fu un combattimento con una<br />
irruenza e una determinazione da ambo le parti che<br />
rasenta l’incredibile. Diverse alture furono conquistate,<br />
perse e quindi riconquistate più volte. Le truppe coloniali<br />
francesi avevano ancora una volta assolto il loro compito<br />
impegnando i tedeschi ma questi ultimi persero solo alcune<br />
posizioni [29].<br />
Nello stesso giorno in cui gli americani venivano respinti
sul Gari, altre truppe sbarcarono ad Anzio <strong>la</strong> mattina <strong>del</strong> 22<br />
gennaio. La zona era scarsamente presidiata dai tedeschi e i<br />
reparti alleati presero terra in fretta e senza essere contrastati<br />
[30]. A causa di incertezze nei livelli più alti di comando, le<br />
truppe a terra non si diressero come era logico aspettarsi<br />
verso i Colli Albani, ma percorsi alcuni chilometri dalle<br />
spiagge si attestarono a difesa <strong>del</strong><strong>la</strong> testa di sbarco. Quel<strong>la</strong><br />
perdita di tempo prezioso diede ai comandi tedeschi<br />
l’opportunità di dispiegare forze sufficienti per circondare le<br />
avanguardie alleate [31].<br />
Nei giorni susseguenti <strong>la</strong> situazione strategica si capovolse.<br />
A Cassino il fronte principale era stato solo intaccato, mentre<br />
ad Anzio i tedeschi minacciavano una vigorosa controffensiva<br />
che avrebbe potuto rigettare gli americani in mare.<br />
Così le forze sbarcate ad Anzio, che dovevano servire ad<br />
agevo<strong>la</strong>re l’offensiva principale, avevano bisogno di aiuto.<br />
Invece, le forze sul fronte principale che avrebbero dovuto<br />
beneficiare <strong>del</strong>l’operazione anfibia, dovevano riprendere<br />
l’offensiva fallita per correre in soccorso <strong>del</strong>le truppe di Anzio.<br />
Gli Alleati, che non potevano permettersi perdite di tempo,<br />
si organizzarono per riprendere gli attacchi verso Cassino.<br />
Poichè tutte le truppe americane erano state impiegate, il<br />
generale Alexander, comandante di tutte le forze armate<br />
alleate in Italia decise lo spostamento di tre divisioni dal<br />
fronte adriatico a quello di Cassino. Queste avrebbero<br />
formato un corpo d’armata provvisorio. Delle tre unità<br />
inviate, <strong>la</strong> divisione indiana diede il cambio agli americani<br />
sulle colline di fronte a Monte Cassino, i neoze<strong>la</strong>ndesi si<br />
attestarono di fronte al<strong>la</strong> città di Cassino mentre <strong>la</strong> divisione<br />
britannica era in ritardo nell’attraversamento degli Appennini<br />
stretti nel<strong>la</strong> morsa <strong>del</strong>l’inverno [32].<br />
Prima di dar via all’attacco, il generale neoze<strong>la</strong>ndese<br />
30. Carri armati Sherman sbarcano ad Anzio<br />
3<strong>1.</strong> Soldati americani sulle spiagge <strong>la</strong>ziali<br />
32. Soldati indiani appostati con una mitragliatrice
34. L’abbazia di Montecassino dopo il bombardamento<br />
33. L’abbazia di Montecassino oggi<br />
Freyberg portò avanti con insistenza <strong>la</strong> richiesta di<br />
bombardare l’abbazia di Montecassino [33]. Sia lui<br />
che i suoi sottoposti ritenevano necessario<br />
distruggere l’edificio che secondo molti era stata <strong>la</strong><br />
causa dei falliti attacchi precedenti. La richiesta di<br />
bombardamento scatenò una polemica che si<br />
trascinò anche dopo <strong>la</strong> fine <strong>del</strong><strong>la</strong> guerra. In sostanza,<br />
i comandanti americani erano contrari al<br />
bombardamento, mentre quelli inglesi erano<br />
favorevoli.<br />
I generali non erano sicuri <strong>del</strong><strong>la</strong> presenza di reparti<br />
nemici all’interno <strong>del</strong>l’edificio, anche se i tedeschi<br />
avevano dichiarato di non farne un uso militare. In<br />
ogni caso Freyberg riteneva che l’abbazia dovesse<br />
essere bombardata con o senza i tedeschi all’interno<br />
e al<strong>la</strong> fine il generale Alexander diede il consenso<br />
al bombardamento. A seguito di questa azione, le<br />
truppe indiane avrebbero attaccato direttamente<br />
l’abbazia, mentre i neoze<strong>la</strong>ndesi avrebbero assalito<br />
Cassino [33bis].<br />
Alle 9:30 <strong>del</strong> 15 febbraio iniziò il bombardamento<br />
<strong>del</strong>l’abbazia di Montecassino. Con ondate successive,<br />
230 aerei sganciarono 380 tonnel<strong>la</strong>te di bombe sul<br />
loro obiettivo. Il bersaglio fu centrato in pieno,<br />
anche se molte bombe caddero fuori zona<br />
causando perdite fra le truppe alleate. La<br />
distruzione fu totale e nel bombardamento<br />
trovarono <strong>la</strong> morte molti civili che si erano<br />
rifugiati tra le mura [34] [35].<br />
33. bis. B-17 La Fortezza Vo<strong>la</strong>nte
A causa di una serie di imprevisti e malintesi, quando<br />
l’abbazia fu bombardata le truppe indiane destinate all’attacco<br />
non erano ancora pronte all’azione. Inoltre, prima di<br />
assalire direttamente le rovine <strong>del</strong>l’edificio, occorreva<br />
occupare una collina in mano ai tedeschi che ne impediva<br />
l’avvicinamento. La sera <strong>del</strong> 15 febbraio partì l’assalto <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
cosiddetta quota 593 che fu respinto con forti perdite da<br />
parte indiana. La sera successiva <strong>la</strong> stessa collina fu attaccata<br />
nuovamente con lo stesso risultato. La sera <strong>del</strong> 17 febbraio<br />
si ripeté per <strong>la</strong> terza volta l’attacco. La lotta fu durissima,<br />
ma all’alba <strong>del</strong> 18 gli indiani dovettero ritirarsi ancora una<br />
volta. I paracadutisti tedeschi, che da alcuni giorni avevano<br />
occupato il settore, avevano dato <strong>del</strong> filo da torcere agli<br />
attaccanti meritandosi <strong>la</strong> fama che ancora oggi le è<br />
riconosciuta per <strong>la</strong> difesa di Cassino [36].<br />
La sera <strong>del</strong> 17 febbraio, mentre gli indiani partivano per il loro<br />
attacco verso l’abbazia, i neoze<strong>la</strong>ndesi attuarono <strong>la</strong> loro azione<br />
offensiva verso Cassino. Il terreno nel<strong>la</strong> parte meridionale <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
cittadina intriso d’acqua a causa <strong>del</strong> maltempo precluse<br />
l’utilizzo di carri armati, pertanto le truppe neoze<strong>la</strong>ndesi<br />
scelsero di seguire il tracciato <strong>del</strong><strong>la</strong> linea ferroviaria<br />
Roma-Napoli qual direttrice d’attacco verso <strong>la</strong> città [37].<br />
36. Soldati tedeschi con mortaio<br />
37. Le rovine <strong>del</strong><strong>la</strong> città di Cassino<br />
35. Altra immagine <strong>del</strong>le rovine di Montecassino
Sul terrapieno <strong>del</strong><strong>la</strong> ferrovia, tuttavia, i tedeschi<br />
avevano creato profonde voragini circondate da<br />
mine, filo spinato e altri ostacoli. Un gruppo di<br />
fucilieri maori in forza alle truppe neoze<strong>la</strong>ndesi<br />
riuscirono nel<strong>la</strong> notte a raggiungere e occupare<br />
<strong>la</strong> stazione ferroviaria di Cassino, ma i<br />
genieri neoze<strong>la</strong>ndesi che <strong>la</strong>voravano alle loro<br />
spalle non furono in grado di rimuovere<br />
l’ultimo degli ostacoli presenti prima <strong>del</strong>l’alba, e<br />
con <strong>la</strong> luce <strong>del</strong> giorno l’artiglieria tedesca rese<br />
impossibile il proseguimento dei <strong>la</strong>vori [37bis].<br />
I maori rimasero quindi iso<strong>la</strong>ti e, senza<br />
l’appoggio di carri armati, furono respinti da un<br />
contrattacco tedesco. L’offensiva affrettata e mal<br />
organizzata non portò così a nessun vantaggio<br />
per gli alleati, mentre ai tedeschi servì a<br />
rafforzare <strong>la</strong> fiducia in loro stessi [38].<br />
Esauritosi anche questo secondo tentativo di<br />
sfondamento, gli stati maggiori alleati iniziarono<br />
a preparare un terzo piano per oltrepassare <strong>la</strong><br />
Linea Gustav. Si stabilì che <strong>la</strong> nuova offensiva<br />
non sarebbe iniziata prima <strong>del</strong><strong>la</strong> metà di<br />
maggio, non solo per permettere alle unità stremate<br />
dai combattimenti di riorganizzarsi, ma anche<br />
per disporre di condizioni metereologiche<br />
favorevoli e <strong>del</strong> terreno asciutto e compatto per<br />
il miglior utilizzo dei reparti corazzati [39].<br />
Mentre l’operazione era allo studio, il generale<br />
Freyberg ottenne l’autorizzazione a effettuare un<br />
nuovo attacco limitato per occupare Cassino e<br />
Montecassino. L’idea consisteva nell’effettuare<br />
37. bis. Soldati Maori si apprestano a raggiungere le prime linee<br />
38. Artiglieri neoze<strong>la</strong>ndesi bombardano <strong>la</strong> città di Cassino<br />
39. Tiger tedesco danneggiato
40. Rovine di Cassino<br />
4<strong>1.</strong> Soldati neoze<strong>la</strong>ndesi alle porte di Cassino<br />
42. Soldati neoze<strong>la</strong>ndesi nei pressi <strong>del</strong>l’Hotel Continental<br />
43. Soldato Gurkha con il tipico coltello nepalese si arrampica sul<strong>la</strong> Collina <strong>del</strong> Boia<br />
un bombardamento a tappeto su Cassino per annientare le<br />
difese tedesche. Successivamente, i neoze<strong>la</strong>ndesi avrebbero<br />
attaccato direttamente <strong>la</strong> città, seguendo <strong>la</strong> stessa direttrice<br />
da nord utilizzata dagli americani in gennaio. Una volta<br />
occupata <strong>la</strong> parte settentrionale di Cassino, <strong>la</strong> divisione indiana<br />
avrebbe iniziato un attacco in salita dal<strong>la</strong> città all’abbazia.<br />
I generali a livello più alto non nutrivano eccessiva fiducia<br />
nel piano, ma acconsentirono ad esso perché un eventuale<br />
successo avrebbe reso disponibile una base di partenza<br />
nel<strong>la</strong> valle <strong>del</strong> Liri da utilizzare nel<strong>la</strong> futura grande offensiva,<br />
mentre in caso di insuccesso le perdite sarebbero state solo le<br />
divisioni neoze<strong>la</strong>ndese e indiana.<br />
In aderenza al piano, l’assalto <strong>del</strong><strong>la</strong> fanteria fu preceduto da<br />
un altro spaventoso bombardamento. 455 aerei sganciarono<br />
992 tonnel<strong>la</strong>te di bombe su Cassino e i paracadutisti<br />
tedeschi che in essa erano asserragliati [40]. Secondo una stima<br />
successiva, ogni difensore <strong>del</strong><strong>la</strong> città ricevette circa quattro<br />
tonnel<strong>la</strong>te di esplosivo, ma nonostante ciò i paracadutisti<br />
tedeschi sopravvissero in gran numero sfruttando i rifugi<br />
sotterranei e una grande caverna situata ai piedi di<br />
Montecassino. Appena terminato il bombardamento <strong>la</strong><br />
fanteria neoze<strong>la</strong>ndese si mosse. Essi combatterono duramente<br />
contro una inaspettata e accanita resistenza offerta dai<br />
paracadutisti tedeschi superstiti [41]. I carri armati<br />
attaccanti furono bloccati dalle macerie e poterono dare solo<br />
un appoggio limitato al<strong>la</strong> fanteria. Nonostante tutte le difficoltà<br />
e le pesanti perdite, dopo tre giorni di combattimento i<br />
neoze<strong>la</strong>ndesi avevano raggiunto e occupato il castello di<br />
Rocca Janu<strong>la</strong> e <strong>la</strong> stazione ferroviaria di Cassino. Ma il<br />
nocciolo duro dei paracadutisti resisteva contro ogni assalto<br />
nel<strong>la</strong> zona <strong>del</strong>l’Hotel Continental, ai piedi di Monte Cassino.<br />
A causa <strong>del</strong>le macerie, gli scontri si frazionarono a livello di<br />
squadra. I neoze<strong>la</strong>ndesi dovevano combattere per occupare<br />
singole stanze degli edifici demoliti, mentre i tedeschi<br />
avevano ampie possibilità di occultamento e quindi di tendere<br />
imboscate al nemico.<br />
Nell’abitato di Cassino i combattimenti durarono fino al 24<br />
marzo, poi i neoze<strong>la</strong>ndesi furono costretti a sospendere gli<br />
attacchi: i tedeschi avevano retto l’urto contro ogni aspettativa<br />
[42].<br />
Nel frattempo, il 15 marzo, le truppe indiane vissero una<br />
partico<strong>la</strong>re odissea nel tentativo di occupare l’Abbazia. Il<br />
piano prevedeva di raggiungere una serie di obbiettivi<br />
disseminati lungo <strong>la</strong> montagna fino a Montecassino.<br />
Avanzando a tergo <strong>del</strong>le truppe neoze<strong>la</strong>ndesi, i battaglioni<br />
indiani dovevano per prima cosa prendere in consegna il<br />
castello di Rocca Janu<strong>la</strong>. Poi dovevano conquistare due curve<br />
a gomito <strong>del</strong><strong>la</strong> strada che sale al monastero per poi puntare<br />
sul<strong>la</strong> cosiddetta collina <strong>del</strong> Boia. Da quest’ultima posizione<br />
sarebbe partito l’attacco diretto a Montecassino.<br />
Nelle notti e nei giorni seguenti gli indiani occuparono <strong>la</strong><br />
prima <strong>del</strong>le due curve a gomito, ma nonostante i ripetuti<br />
assalti non riuscirono a mettere piede in modo stabile sul<strong>la</strong><br />
seconda curva. Mentre avvenivano questi attacchi, nel corso<br />
di due notti un intero battaglione dei temibili Gurkha<br />
nepalesi in forza all’esercito inglese riuscì ad aggirare<br />
l’ostacolo e ad occupare <strong>la</strong> collina <strong>del</strong> Boia [43].<br />
Si era creata una situazione paradossale: i Gurkha erano<br />
prossimi all’obbiettivo finale, ma erano iso<strong>la</strong>ti. I rinforzi
44. Soldato tedesco in osservazione<br />
dovevano arrivare dal castello, ma non potevano muoversi<br />
in forze perché i tedeschi control<strong>la</strong>vano ancora <strong>la</strong> seconda<br />
curva.<br />
Il generale Heidrich, comandante dei paracadutisti, si rese<br />
conto <strong>del</strong><strong>la</strong> crisi nel dispositivo <strong>del</strong><strong>la</strong> divisione indiana e ordinò<br />
un contrattacco verso il castello di Rocca Janu<strong>la</strong> [44].<br />
All’alba <strong>del</strong> 19 marzo un battaglione di paracadutisti scese<br />
dall’Abbazia e assalì il castello. Fu una battaglia in stile<br />
medievale: gli attaccanti raggiunsero le mura e tentarono di<br />
sca<strong>la</strong>rle o di demolirle con l’esplosivo. Dall’interno, <strong>la</strong><br />
guarnigione formata in massima parte da soldati di un<br />
battaglione inglese si difese disperatamente.<br />
I paracadutisti attaccarono inutilmente il castello per<br />
quattro volte, anche con forze provenienti dal<strong>la</strong> città, furono<br />
decimati, ma mandarono in aria i piani alleati per quel giorno.<br />
Infatti quel battaglione inglese aveva appena iniziato ad<br />
inviare le sue truppe in rinforzo ai Gurkha sul<strong>la</strong> collina <strong>del</strong><br />
Boia per poi assalire l’abbazia. Anche il battaglione inglese fu<br />
decimato e l’attacco verso l’abbazia fu annul<strong>la</strong>to [45].<br />
L’ultimo atto in quel<strong>la</strong> difficile giornata <strong>del</strong> 19 marzo si<br />
45. Soldati inglesi <strong>la</strong>nciano granate contro il nemico<br />
consumò tra le colline a nord <strong>del</strong>l’abbazia. Gli Alleati<br />
avevano progettato un attacco con i carri armati da<br />
effettuarsi in contemporanea all’assalto <strong>del</strong><strong>la</strong> fanteria<br />
Gurkha e inglese dal<strong>la</strong> collina <strong>del</strong> Boia verso l’abbazia.<br />
Poiché, come abbiamo visto, quest’ultimo assalto non si<br />
verificò mai, sarebbe stato sensato annul<strong>la</strong>re anche l’azione<br />
con i carri armati. Ma per quei fatali disguidi che si<br />
verificano spesso in guerra, nessuno informò i carristi ed essi<br />
si avviarono al loro destino.<br />
La formazione corazzata era composta da squadroni indiani,<br />
neoze<strong>la</strong>ndesi e americani per un totale di 35 mezzi. I tedeschi<br />
rimasero esterrefatti nel veder spuntare dal nul<strong>la</strong> quei carri<br />
armati, ritenevano impossibile il loro impiego tra le montagne,<br />
ma presto si accorsero che gli attaccanti erano sprovvisti di<br />
fanteria di appoggio. Così i paracadutisti tedeschi misero in<br />
atto le tattiche di attacco ravvicinato ai veicoli corazzati e <strong>la</strong><br />
battaglia fu durissima. Per alcune ore i carri armati attaccarono<br />
Masseria Albaneta, una grande fattoria che costituiva un<br />
forte caposaldo tedesco. Alcuni mezzi si diressero verso<br />
l’abbazia, ma furono distrutti prima che potessero avvicinarvisi.<br />
Quando l’attacco fu sospeso 25 carri<br />
armati alleati erano stati distrutti o danneggiati [46].<br />
46. Carri armati americani catturati dai tedeschi
Come già accennato, i combattimenti nel<strong>la</strong> Cassino distrutta<br />
continuarono fino al 24 marzo. I neoze<strong>la</strong>ndesi non riuscirono<br />
a respingere i paracadutisti tedeschi fuori dalle macerie e<br />
<strong>la</strong> terza battaglia si concluse con un altro insuccesso per gli<br />
Alleati.<br />
Dopo <strong>la</strong> fine <strong>del</strong><strong>la</strong> terza battaglia, il fronte di Cassino si<br />
stabilizzò per quasi due mesi. Gli Alleati riorganizzarono il<br />
loro assetto e ricevettero rinforzi, erano inoltre in attesa <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
bel<strong>la</strong> stagione per sfruttare <strong>la</strong> superiorità numerica dei carri<br />
armati su terreno compatto. Anche i tedeschi si riorganizzarono,<br />
ma non ricevettero rinforzi.<br />
La sera <strong>del</strong>l’11 maggio il fronte era tranquillo più che mai,<br />
poi alle 23:00 sulle linee tedesche si scatenò un diluvio di<br />
fuoco ad opera di quasi mille cannoni alleati. Il terrificante<br />
bombardamento durò più di un’ora e si estese da Cassino<br />
fino al Mar Tirreno. Era l’inizio <strong>del</strong><strong>la</strong> quarta e ultima<br />
battaglia per <strong>la</strong> Linea Gustav [47].<br />
La poderosa offensiva alleata fu intrapresa da quattro corpi<br />
d’armata che attaccarono contemporaneamente su tutto il<br />
fronte.<br />
Il settore tirrenico fu affidato agli americani che ora<br />
comprendevano due divisioni appena giunte dagli Stati Uniti.<br />
Più all’interno, sui Monti Aurunci, fu schierato il corpo di<br />
spedizione francese che da due era passato a quattro divisioni.<br />
La valle <strong>del</strong> Liri, come sempre il punto focale <strong>del</strong>l’operazione,<br />
era competenza <strong>del</strong> corpo britannico, su tre divisioni. Al<br />
corpo po<strong>la</strong>cco, da poco giunto in Italia, fu assegnato il settore<br />
più difficile, quello di Montecassino [48].<br />
Durante il primo giorno <strong>del</strong>l’offensiva, tutti e quattro i<br />
corpi d’armata ottennero limitati successi e subirono forti<br />
perdite, in partico<strong>la</strong>re i po<strong>la</strong>cchi. Nei giorni seguenti <strong>la</strong><br />
situazione si volse a vantaggio degli Alleati. Lo sfondamento<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> Linea Gustav avvenne ad opera dei reparti coloniali <strong>del</strong><br />
corpo di spedizione francese che il 13 maggio occuparono<br />
Monte Maio, spaccando in due <strong>la</strong> linea tedesca. Kesselring<br />
e il suo stato maggiore furono colti di sorpresa: nessuno si<br />
aspettava un forte attacco nell’aspro settore dei Monti<br />
Aurunci. In verità, neanche gli Alleati si aspettavano un<br />
successo in quel punto, essi miravano al<strong>la</strong> valle <strong>del</strong> Liri dove<br />
gli inglesi erano riusciti a superare il Fiume Gari, ma<br />
incontravano una notevole resistenza [48 bis].<br />
I tedeschi poterono inviare solo limitati rinforzi verso <strong>la</strong> prima<br />
linea: le condizioni meteorologie favorevoli permettevano ai<br />
cacciabombardieri alleati di intercettare le colonne di<br />
veicoli tedeschi e di colpirle duramente. Tuttavia, nel quadro<br />
generalmente favorevole che andava <strong>del</strong>ineandosi per gli<br />
Alleati vi era una macchia d’ombra: Montecassino. I po<strong>la</strong>cchi,<br />
che attaccarono con due divisioni le medesime colline<br />
assalite nelle battaglie precedenti, ebbero perdite disastrose<br />
[49]. Il loro secondo grande attacco fu effettuato nel<strong>la</strong> notte<br />
tra il 17 e il 18 maggio, proprio quando i paracadutisti di<br />
Heidrich avevano ricevuto l’ordine di ripiegamento. Ma il<br />
coriaceo generale paracadutista rispose che <strong>la</strong> sua divisione<br />
si sarebbe ritirata solo con un ordine di Hitler in persona;<br />
in aggiunta i suoi uomini dovevano prima respingere l’attacco<br />
po<strong>la</strong>cco in corso. Così, all’alba <strong>del</strong> 18 maggio, dopo che<br />
47. Cassino nuovamente bombardata<br />
48. Commandos po<strong>la</strong>cchi discutono appena giunti al fronte<br />
48. bis. Soldati canadesi all’attacco nel<strong>la</strong> valle <strong>del</strong> Liri<br />
49. Soldati po<strong>la</strong>cchi si inerpicano verso Montecassino
50. Soldati neoze<strong>la</strong>ndesi sorvegliano paracadutisti tedeschi prigionieri<br />
Kesselring aveva convinto Heidrich a ritirarsi e dopo che i<br />
po<strong>la</strong>cchi erano stati fermati, i paracadutisti abbandonarono<br />
Cassino e l’abbazia [50].<br />
I po<strong>la</strong>cchi ebbero l’amara conso<strong>la</strong>zione di occupare il sacro<br />
edificio solo dopo che i difensori se ne erano andati. Le<br />
bandiere po<strong>la</strong>cca e britannica svento<strong>la</strong>rono sulle rovine di<br />
Montecassino. Le battaglie per <strong>la</strong> Linea Gustav erano finite,<br />
<strong>la</strong> guerra proseguiva il suo corso verso <strong>la</strong> testa di sbarco di<br />
Anzio, raggiunta il 25 maggio e <strong>la</strong> capitale Roma, liberata<br />
dagli americani il 4 giugno [51].<br />
I quattro mesi di lotta intorno a Cassino erano costati ai<br />
tedeschi circa 80.000 perdite tra morti, feriti e dispersi, agli<br />
Alleati circa 105.000 perdite complessive. Nessuno ha mai<br />
calco<strong>la</strong>to il numero <strong>del</strong>le numerose vittime tra i civili<br />
italiani.<br />
6. La linea gotica e <strong>la</strong> battaglia di Rimini<br />
La linea Gotica, già ipotizzata da Rommel subito dopo l’8<br />
settembre 1943, quale estrema difesa <strong>del</strong>l’Italia<br />
settentrionale, si stendeva dall’Adriatico al Tirreno per circa<br />
320 chilometri lungo gli Appennini. Ai due <strong>la</strong>ti, proseguiva<br />
lungo le coste con tutta una serie di fortificazioni<br />
predisposte per bloccare eventuali sbarchi. Per <strong>la</strong> sua<br />
realizzazione i tedeschi avevano impiegato circa 15.000<br />
operai, i più costretti a <strong>la</strong>vorare forzatamente [52].<br />
52. Fortificazioni sul<strong>la</strong> Linea Gotica<br />
5<strong>1.</strong> La bandiera po<strong>la</strong>cca svento<strong>la</strong> sulle rovine <strong>del</strong>l’abbazia
52. bis. La linea gotica<br />
53. Soldato neoze<strong>la</strong>ndese a Faenza<br />
53. bis. Soldati americani marciano a nord di Prato<br />
Non si deve pensare al<strong>la</strong> Gotica come a una linea continua,<br />
a una sorta di muraglia cinese o di linea Maginot, poiché<br />
essa si limitava a sbarrare all’avanzata angloamericana solo<br />
gli accessi al<strong>la</strong> pianura padana ed era costituita da una serie<br />
di opere di difesa slegate fra loro che sfruttavano le asperità<br />
<strong>del</strong> terreno. I punti più deboli <strong>del</strong>le linea erano le estremità, <strong>la</strong><br />
costa tirrenica verso La Spezia e quel<strong>la</strong> adriatica verso Pesaro.<br />
Questi erano tuttavia i punti maggiormente fortificati. Lì, le<br />
difese avevano una profondità di una decina di chilometri.<br />
Nelle zone appenniniche, invece, erano stati fortificati<br />
soltanto i vari passi. Per ordine di Hitler, dopo il 15 giugno,<br />
il nome <strong>del</strong><strong>la</strong> Gotica fu cambiato in linea Verde, che in caso<br />
di conquista si sarebbe prestato meno ad essere sfruttato dal<strong>la</strong><br />
propaganda nemica. In effetti, <strong>la</strong> linea appenninica aveva<br />
ormai perduto molta <strong>del</strong>l’importanza che inizialmente gli<br />
era stata attribuita e sia Hitler che i suoi generali, ormai non<br />
<strong>la</strong> consideravano più come l’estremo baluardo che<br />
avrebbe dovuto garantire l’arresto definitivo <strong>del</strong>le armate<br />
alleate. Certo, l’ordine era di resistere sul<strong>la</strong> Gotica sino<br />
all’estremo, ma, al<strong>la</strong> pari <strong>del</strong>le altre linee già predisposte, ci<br />
si affidava ad essa solo per un periodo determinato, sperando<br />
che potesse tenere fino all’inverno, per garantire il prodotto<br />
agricolo <strong>del</strong><strong>la</strong> pianura padana. Altre linee difensive, quali fra<br />
tutte quel<strong>la</strong> <strong>del</strong> Po, l’avrebbero sostituita in caso di<br />
sfondamento. Nonostante il grande dispiego di mezzi utilizzati,<br />
<strong>la</strong> linea presentava gravi difetti di progettazione, di cui ci si<br />
rese conto solo dopo che le armate destinate al<strong>la</strong> difesa vi si<br />
erano instal<strong>la</strong>te. Alcuni settori ritenuti più deboli non erano<br />
stati rinforzati adeguatamente; mancava completamente una<br />
strutturazione in profondità <strong>del</strong><strong>la</strong> linea, i rifornimenti, specie<br />
da nord, erano difficili e resi ancor più problematici dal<strong>la</strong><br />
attiva presenza dei partigiani, e vicino al fronte mancavano i<br />
collegamenti trasversali, per cui, i reparti, per passare da un<br />
settore all’altro dovevano ritornare fino al<strong>la</strong> pianura [52 bis].<br />
Comunque, nonostante mostrasse questi ed altri gravi<br />
difetti, <strong>la</strong> Gotica risultò un baluardo difficilmente valicabile<br />
e capace di arrestare l’avanzata degli alleati sino al<strong>la</strong> primavera<br />
<strong>del</strong>l’anno successivo. I vantaggi offerti dalle sue posizioni<br />
impedirono alle forze alleate di sfruttare <strong>la</strong> propria netta<br />
superiorità in carri armati e automezzi, costringendole ad<br />
una guerra di logoramento, combattuta soprattutto dal<strong>la</strong><br />
fanteria e dall’artiglieria, dove i tedeschi erano molto più<br />
forniti di quanto si crede [53].<br />
In attesa <strong>del</strong><strong>la</strong> battaglia decisiva <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione viveva nel<br />
terrore dei bombardamenti, sempre più pesanti e frequenti,<br />
con il passare <strong>del</strong> tempo. Forti <strong>del</strong><strong>la</strong> loro superiorità aerea,<br />
gli alleati cercavano infatti di indebolire il nemico colpendolo<br />
dal cielo, in modo tale da impedire l’afflusso dei rifornimenti<br />
al<strong>la</strong> linea <strong>del</strong> fronte. Obiettivi primari erano le fabbriche, i<br />
ponti, le linee ferroviarie, i convogli, i depositi di munizioni<br />
e di carburante.<br />
L’offensiva al<strong>la</strong> linea Gotica, secondo il piano pensato dal<br />
gen. Oliver Leese, ed approvato dal gen. Alexander, prevedeva<br />
due mosse. Prima uno sfondamento <strong>del</strong>le truppe inglesi e<br />
<strong>del</strong> Commonwealth nel<strong>la</strong> zona di Rimini, dove il successo<br />
appariva più sicuro e dove si prevedeva che i carri armati, una<br />
volta sfondate le difese nemiche, avrebbero potuto procedere<br />
agevolmente nel<strong>la</strong> pianura senza più incontrare ostacoli.<br />
Con questa mossa si voleva costringere Kesselring a portare<br />
in Romagna il grosso <strong>del</strong>le proprie truppe, per contenere<br />
l’avanzata e a questo punto, alle sue spalle, sarebbero<br />
intervenuti gli americani che avrebbero attaccato in montagna,<br />
sul<strong>la</strong> direttrice Firenze-Bologna. In questo modo, il grosso<br />
<strong>del</strong>le forze tedesche sarebbe rimasto imbottigliato fra<br />
Bologna e le valli di Comacchio e <strong>la</strong> via verso il nord Italia<br />
sarebbe stata libera [53 bis].<br />
L’importanza di tale offensiva era avvertita soprattutto dalle<br />
truppe britanniche per motivi politici. Nonostante infatti,<br />
con lo sbarco in Sicilia e <strong>la</strong> successiva liberazione di Roma<br />
si fosse dato il primo assalto a quello che le potenze <strong>del</strong>l’asse<br />
definivano “fortezza Europa”, nel<strong>la</strong> seconda metà <strong>del</strong> 1944 si<br />
riteneva generalmente che il fronte italiano avesse perso<br />
importanza. Nel giugno <strong>del</strong>lo stesso anno, infatti, gli<br />
alleati erano sbarcati in Normandia e in Francia<br />
Meridionale, e avevano trasferito in quei settori gran parte<br />
<strong>del</strong>le truppe dislocate dapprima sul<strong>la</strong> peniso<strong>la</strong> italiana.
Non era questa l’opinione però di Churchill, che riteneva il<br />
fronte italiano come fondamentale, non per <strong>la</strong> ormai<br />
probabile sconfitta <strong>del</strong><strong>la</strong> Germania, ma per il futuro assetto<br />
politico <strong>del</strong>l’Europa. Egli era convinto che conquistare fosse<br />
indispensabile per raggiungere e control<strong>la</strong>re prima<br />
<strong>del</strong>l’Unione Sovietica <strong>la</strong> peniso<strong>la</strong> Balcanica. Per questo motivo<br />
spinse i comandi alleati ad infrangere <strong>la</strong> Linea Gotica, contro<br />
il parere <strong>del</strong>l’alleato americano, con l’intento di arrivare al più<br />
presto al varco di Lubiana e prevenire l’ingresso <strong>del</strong>l’Armata<br />
Rossa in Jugos<strong>la</strong>via.<br />
L’operazione passò al<strong>la</strong> storia come l’“offensiva d’estate”, e<br />
comportò ancora un forte tributo di sangue da parte degli<br />
angloamericani [54].<br />
Complessivamente, un milione di uomini proveniente da<br />
26 nazioni differenti fu <strong>la</strong>nciato contro l’ultimo baluardo<br />
tedesco posto prima <strong>del</strong>le grandi città italiane. A rispondere a<br />
questa offensiva fu <strong>la</strong> 10° armata tedesca supportata da altre<br />
sette divisioni provenienti da altri fronti.<br />
Sul fronte adriatico le prime due linee difensive furono sfondate<br />
il 25 agosto 1944 grazie alle forze canadesi, po<strong>la</strong>cche e inglesi.<br />
Il 3 settembre gli alleati puntarono verso Rimini, uno dei<br />
fulcri di questa offensiva [55].<br />
Tra i 4 e il 6 settembre gli alleati iniziarono ad incontrare<br />
le prime difficoltà. I canadesi vennero bloccati a Riccione e<br />
a Coriano, gli inglesi a San Savino. Questi ultimi, nel<br />
tentativo di aggirare le truppe tedesche vennero fermati a<br />
Gemmano con combattimenti tanto cruenti da ricordare <strong>la</strong><br />
città come <strong>la</strong> “Cassino <strong>del</strong>l’Adriatico”.<br />
Tra il 12 e il 16 settembre un nuovo attacco ebbe miglior<br />
esito per gli alleati. Il fronte tedesco, sconvolto dai<br />
bombardamenti <strong>del</strong>l’artiglieria alleata venne sfondato, ma<br />
gli inglesi e i canadesi non seppero sfruttare il successo e<br />
avanzare [56].<br />
Solo <strong>la</strong> mattina <strong>del</strong> 17 settembre il comando tedesco diede<br />
l’ordine di arretrare davanti a Rimini, e <strong>la</strong> battaglia si spostò<br />
nel<strong>la</strong> valle <strong>del</strong> torrente Ausa.<br />
A quel punto gli indiani sfondarono le linee tedesche nei<br />
pressi di San Marino e i canadesi superarono prima il colle<br />
di Covignano, poi il fiume Parecchia all’altezza di San Martino<br />
di Riparotta, costringendo i tedeschi al<strong>la</strong> ritirata.<br />
Il 21 settembre venne liberata Rimini. I soldati greci, appoggiati<br />
dai carri armati neoze<strong>la</strong>ndesi entrarono in una città fantasma,<br />
irriconoscibile, ingombra di macerie. Oltre Rimini<br />
proseguirono i combattimenti. I fucilieri nepalesi gurkha<br />
vennero coraggiosamente decimati a Torriana e Montebello,<br />
prima di riuscire a liberare Santarcangelo [57].<br />
A fine settembre si concluse <strong>la</strong> battaglia con il successo <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
presa di Rimini, porta verso <strong>la</strong> pianura Padana, ma con<br />
l’arresto <strong>del</strong>l’avanzata inglese sulle rive <strong>del</strong> Rubicone e di<br />
quello americano sull’appennino a Monte Battaglia, si perse<br />
l’occasione di arrivare a Mi<strong>la</strong>no entro l’inverno.<br />
Solo col nuovo anno, infatti, l’intera Linea Gotica venne<br />
sfondata e in primavera le città <strong>del</strong> nord Italia furono a una<br />
a una liberate dagli occupanti tedeschi.<br />
54. Soldato canadese dotato di fucile di precisione<br />
55. Soldati alleati avanzano in una città <strong>del</strong><strong>la</strong> Romagna<br />
56. Corazzato canadese nei pressi <strong>del</strong><strong>la</strong> Linea Gotica<br />
57. Sodati greci assiepati dietro un cumulo di macerie
7. La Resistenza italiana<br />
58. Gruppo di partigiani studia una mappa nel modenese<br />
59. Bandiera <strong>del</strong> Comitato di Liberazione Nazionale<br />
Con il termine Resistenza italiana, chiamata anche<br />
Resistenza partigiana o più semplicemente Resistenza, si<br />
intende l’opposizione militare e politica condotta<br />
nell’ambito <strong>del</strong><strong>la</strong> seconda guerra mondiale contro<br />
l’occupazione <strong>del</strong>l’Italia da parte <strong>del</strong><strong>la</strong> truppe tedesche e<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> Repubblica Sociale Italiana da parte di liberi individui,<br />
partiti e movimenti organizzati in formazioni partigiane,<br />
nonché <strong>del</strong>le ricostituite forze armate <strong>del</strong> Regno <strong>del</strong> Sud che<br />
combatterono a fianco degli Alleati.<br />
Questo movimento, inquadrabile storicamente nel più<br />
ampio fenomeno europeo <strong>del</strong><strong>la</strong> resistenza all’occupazione<br />
nazista, fu caratterizzato in Italia dall’impegno unitario di<br />
molteplici e talora opposti orientamenti politici (cattolici,<br />
comunisti, liberali, socialisti, azionisti, monarchici, anarchici).<br />
I partiti animatori <strong>del</strong><strong>la</strong> Resistenza, riuniti nel Comitato di<br />
Liberazione Nazionale, avrebbero più tardi costituito insieme<br />
i primi governi <strong>del</strong> dopoguerra [58].<br />
Il periodo storico interessato dal movimento inizia per<br />
convenzione storiografica ormai consolidata dopo<br />
l’armistizio <strong>del</strong>l’8 settembre 1943 e termina al<strong>la</strong> fine <strong>del</strong><br />
mese di aprile 1945. La scelta di celebrare <strong>la</strong> fine di quel<br />
periodo con il 25 aprile 1945 fu riferita dal Comitato di<br />
Liberazione Nazionale <strong>del</strong>l’Alta Italia (CLNAI) con <strong>la</strong> data<br />
<strong>del</strong>l’appello per l’insurrezione armata <strong>del</strong><strong>la</strong> città di Mi<strong>la</strong>no,<br />
sede <strong>del</strong> comando partigiano. In termini politici questo<br />
periodo si concluse il 1º gennaio 1948, giorno<br />
<strong>del</strong>l’applicazione <strong>del</strong><strong>la</strong> nuova Costituzione Italiana.<br />
Il movimento partigiano, prima raggruppato in bande<br />
autonome, fu successivamente e principalmente organizzato<br />
dal Comitato di Liberazione Nazionale (CLN), guidato dal<br />
generale Raffaele Cadorna, diviso a sua volta in CLNAI<br />
(Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia), con sede<br />
nel<strong>la</strong> Mi<strong>la</strong>no occupata, e il CLNC (Comitato di Liberazione<br />
Nazionale Centrale). Il CLNAI, coordinò <strong>la</strong> lotta armata<br />
nell’Italia occupata, condotta da formazioni denominate<br />
brigate e divisioni, quali le Brigate Garibaldi, costituite su<br />
iniziativa <strong>del</strong> partito comunista, le Brigate Matteotti, legate<br />
al partito socialista; le Brigate Giustizia e Libertà, legate al<br />
Partito d’Azione; le Brigate Autonome, composte<br />
principalmente di ex-militari e prive di rappresentanza<br />
politica, talvolta simpatizzanti per <strong>la</strong> monarchia, riportate<br />
come “Badogliani” [59].<br />
Dall’8 settembre 1943 (data <strong>del</strong><strong>la</strong> proc<strong>la</strong>mazione<br />
<strong>del</strong>l’armistizio e conseguente proc<strong>la</strong>ma Badoglio) al 25 aprile<br />
1945 il territorio italiano occupato dai nazisti visse una vera<br />
e propria guerra nelle retrovie. L’azione <strong>del</strong><strong>la</strong> Resistenza<br />
italiana come guerra patriottica di liberazione dall’occupazione<br />
tedesca, implicava anche <strong>la</strong> lotta armata contro i fascisti e gli<br />
aderenti al<strong>la</strong> RSI che sostenevano gli occupanti [60].<br />
60. Soldato tedesco control<strong>la</strong> i documenti a un civile nei pressi di Mi<strong>la</strong>no
6<strong>1.</strong> Partigiani in marcia<br />
62. Manifesto <strong>del</strong><strong>la</strong> Prefettura di Ravenna contro le bande partigiane<br />
63. Gruppo di partigiani<br />
L’inizio vero e proprio <strong>del</strong><strong>la</strong> Resistenza è difficile da individuare<br />
e dipende dall’impostazione storica che si vuol dare: se<br />
puntualizzante sul periodo resistenziale o comprendente le<br />
fasi di antifascismo sia militare che c<strong>la</strong>ndestino che<br />
precedettero il periodo <strong>del</strong>l’8 settembre <strong>del</strong> 1943, certo è<br />
che gli scioperi operai <strong>del</strong> marzo <strong>del</strong> 1943 dimostrarono che<br />
era possibile opporsi al regime fascista arrivando a minare in<br />
modo pesantissimo <strong>la</strong> credibilità di Mussolini e ciò fu il<br />
preludio <strong>del</strong><strong>la</strong> sua messa fuori gioco <strong>del</strong> 25 luglio. È chiaro<br />
che furono proprio le sofferenze e privazioni sopportate dalle<br />
fasce meno abbienti <strong>del</strong><strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione a causa <strong>del</strong><strong>la</strong> guerra,<br />
ad innescare il meccanismo dei grandi scioperi. Ad essere<br />
coinvolti in quel<strong>la</strong> che viene anche chiamata guerra partigiana,<br />
si calco<strong>la</strong> siano stati dalle poche migliaia nell’autunno <strong>del</strong><br />
1943 fino ai circa 300.000 <strong>del</strong>l’aprile <strong>del</strong> 1945 gli uomini<br />
armati che, specialmente nelle zone montuose <strong>del</strong> centro-nord<br />
<strong>del</strong> Paese, svolsero attività di guerriglia e controllo <strong>del</strong><br />
territorio che via via veniva liberato dai nazifascisti [61].<br />
Nell’Italia centro-meridionale il movimento partigiano non<br />
ebbe altrettanta crucialità militare, sebbene nelle aree<br />
conquistate dagli Alleati nel<strong>la</strong> loro avanzata verso settentrione<br />
si riunissero i principali esponenti politici che da lontano<br />
coordinavano le azioni militari partigiane, insieme alle<br />
armate alleate.<br />
Con mezza peniso<strong>la</strong> liberata e <strong>la</strong> restante parte ancora da<br />
liberare, con violente tensioni sociali ed importanti scioperi<br />
operai che già nel<strong>la</strong> primavera <strong>del</strong> 1944 avevano paralizzato<br />
le maggiori città industriali (Mi<strong>la</strong>no, Torino e Genova), le<br />
popo<strong>la</strong>zioni <strong>del</strong>l’Italia settentrionale si preparavano a<br />
trascorrere l’inverno più lungo e più duro, quello <strong>del</strong> 1945.<br />
Sulle montagne <strong>del</strong><strong>la</strong> Valsesia, sulle colline <strong>del</strong>le Langhe e<br />
sulle asperità <strong>del</strong>l’Appennino Ligure e <strong>del</strong>l’Appennino<br />
Tosco-Emiliano le formazioni partigiane erano ormai pronte<br />
a combattere [62].<br />
Nelle città cominciarono a costituirsi nuclei partigiani<br />
c<strong>la</strong>ndestini denominati GAP (Gruppi di azione patriottica)<br />
formati ognuno da pochi elementi pronti a svolgere azioni<br />
di sabotaggio e di guerriglia nonché di propaganda politica.<br />
Accanto ad essi, nei principali centri urbani sorsero<br />
all’interno <strong>del</strong>le fabbriche le SAP (Squadre di azione patriottica),<br />
ampi gruppi di sostegno alle formazioni partigiane belligeranti,<br />
con l’obiettivo specifico di rendere più ampia possibile <strong>la</strong><br />
partecipazione popo<strong>la</strong>re al momento insurrezionale. Attriti<br />
sorsero, però, a questo punto su quale sarebbe stato per il<br />
movimento partigiano l’interlocutore privilegiato, politico o<br />
militare che fosse, italiano oppure alleato.<br />
Sotto questo aspetto a poco era servita <strong>la</strong> militarizzazione<br />
“ufficiale” dei partigiani, avvenuta nel giugno 1944 con<br />
l’istituzione - riconosciuta sia dai comandi militari alleati<br />
che dal governo nazionale - <strong>del</strong> Corpo volontari <strong>del</strong><strong>la</strong> libertà.<br />
A capo dei circa 200 mi<strong>la</strong> combattenti che formavano il<br />
nuovo esercito italiano era stato posto il generale Raffaele<br />
Cadorna, con vicecomandanti l’esponente <strong>del</strong> Partito<br />
Comunista Italiano Luigi Longo e quello <strong>del</strong> Partito<br />
d’Azione Ferruccio Parri [63].<br />
Mentre si cominciava comunque a guardare al futuro, un<br />
altro punto di contrasto era costituito, appunto, da quello<br />
che sarebbe accaduto nel dopoguerra, che veniva avvertito<br />
ormai come prossimo. Se da un <strong>la</strong>to <strong>la</strong> guerra di liberazione<br />
accomunava diverse forze politiche, sia pure nel<strong>la</strong><br />
c<strong>la</strong>ndestinità e nel<strong>la</strong> diversità ideologica, l’obiettivo<br />
successivo - <strong>la</strong> nuova Italia - era fonte di divergenza: i partiti<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> sinistra - peraltro divisi al loro interno - paventavano<br />
partico<strong>la</strong>rmente un ripristino <strong>del</strong>lo stato liberale prefascista;<br />
dal canto suo, il Partito d’Azione sosteneva <strong>la</strong> necessità che<br />
alle organizzazioni partigiane venisse attribuito un ruolo di<br />
rilievo nell’edificazione di una nuova democrazia in grado di<br />
sovvertire il vecchio ordinamento monarchico. La<br />
monarchia, sebbene minata nel proprio prestigio e popo<strong>la</strong>rità<br />
per via <strong>del</strong> suo coinvolgimento quale corresponsabile <strong>del</strong><br />
fascismo nell’aver gettato l’Italia in guerra e per <strong>la</strong> fuga <strong>del</strong> re<br />
Vittorio Emanuele da Roma, continuava tuttavia a<br />
raccogliere un significativo sostegno popo<strong>la</strong>re diffuso in<br />
modo variabile e trasversale anche presso alcuni gruppi<br />
partigiani di ispirazione monarchica, cattolica e liberale,<br />
oltre che presso militari <strong>del</strong>l’esercito.<br />
Il 19 aprile 1945, mentre gli Alleati di<strong>la</strong>gavano nel<strong>la</strong> valle<br />
<strong>del</strong> Po, i partigiani su ordine <strong>del</strong> CLN diedero il via
all’insurrezione generale. Dalle montagne, i partigiani<br />
confluirono verso i centri urbani <strong>del</strong> Nord Italia, occupando<br />
fabbriche, prefetture e caserme. Nelle fabbriche occupate<br />
venne dato l’ordine di proteggere i macchinari dal<strong>la</strong> distruzione.<br />
Le sedi dei quotidiani furono usate per stampare i giornali<br />
c<strong>la</strong>ndestini dei partiti che componevano il CLN [64].<br />
Mentre avveniva ciò, le formazioni fasciste si sbandavano e<br />
le truppe tedesche allo sfacelo battevano in ritirata.<br />
Si consumava il disfacimento <strong>del</strong>le truppe nazifasciste, che<br />
davano segni di cedimento già dall’inizio <strong>del</strong> 1945 e i cui<br />
vertici si preparavano al<strong>la</strong> resa agli Alleati.<br />
La mattina <strong>del</strong> 14 aprile, in un’Imo<strong>la</strong> che sembrava deserta,<br />
entrò per primo l’87° Reggimento Fanteria <strong>del</strong> Gruppo di<br />
Combattimento “Friuli” che, però, fu subito comandato di<br />
dirigersi verso Bologna. Poco dopo giunse <strong>la</strong> divisione Carpatica<br />
po<strong>la</strong>cca, comandata dal generale W<strong>la</strong>dys<strong>la</strong>w Anders insieme<br />
ai soldati <strong>del</strong> Gruppo di Combattimento “Legnano”, accolti in<br />
festa dagli imolesi che, nel frattempo, erano usciti dai loro<br />
rifugi. Ancora <strong>la</strong> mattina <strong>del</strong> 21 aprile, fu il “Friuli” ad<br />
entrare per primo a Bologna, passando per <strong>la</strong> Porta Maggiore,<br />
nel tripudio dei bolognesi. In giornata giunsero anche i<br />
po<strong>la</strong>cchi, il “Legnano” e altri gruppi. Gli americani liberarono<br />
Modena il 22 aprile, Reggio Emilia il 24 e Parma il 25.<br />
Nel<strong>la</strong> stessa data, a Genova, inizia l’insurrezione, che porterà<br />
il generale tedesco Gunther Meinhold ad arrendersi<br />
formalmente al CLN ligure il 25 aprile.<br />
Mi<strong>la</strong>no e Torino furono liberate il 25 aprile [65].<br />
Le truppe alleate arrivarono nelle principali città liberate nei<br />
giorni seguenti. La liberazione di molte città, inclusi centri<br />
industriali di importanza strategica, prima <strong>del</strong>l’arrivo degli<br />
alleati rese l’avanzata di questi più rapida e meno onerosa in<br />
termini di vite e rifornimenti. In molti casi avvennero<br />
drammatici combattimenti strada per strada; i resti <strong>del</strong>l’esercito<br />
tedesco e gli ultimi irriducibili fascisti <strong>del</strong><strong>la</strong> Repubblica<br />
Sociale Italiana sparavano asserragliati in vari edifici o<br />
appostati su tetti e campanili su partigiani e civili. Tra essi<br />
e le forze partigiane avvennero talvolta vere e proprie battaglie,<br />
come a Firenze nel settembre 1944, ma solitamente <strong>la</strong> loro<br />
resistenza si ridusse a una disorganizzata guerriglia, per<br />
esempio a Parma e a Piacenza [66].<br />
Il 27 aprile 1945 Benito Mussolini, indossando <strong>la</strong> divisa di<br />
un soldato tedesco, fu catturato a Dongo, in prossimità <strong>del</strong><br />
confine con <strong>la</strong> Svizzera, mentre tentava di espatriare assieme<br />
all’amante C<strong>la</strong>retta Petacci. Riconosciuto dai partigiani, fu<br />
fatto prigioniero e giustiziato il giorno successivo 28 aprile<br />
a Giulino di Mezzegra, sul <strong>la</strong>go di Como; il suo cadavere<br />
venne esposto impiccato a testa in giù, accanto a quelli <strong>del</strong><strong>la</strong><br />
stessa Petacci e di altri gerarchi, in piazzale Loreto a Mi<strong>la</strong>no,<br />
ove fu <strong>la</strong>sciato al<strong>la</strong> disponibilità <strong>del</strong><strong>la</strong> fol<strong>la</strong>, che infierì sul<br />
cadavere. In quello stesso luogo otto mesi prima i nazifascisti<br />
avevano esposto e dileggiato, quale monito al<strong>la</strong> Resistenza<br />
italiana, i corpi di quindici partigiani uccisi.<br />
Il 29 aprile <strong>la</strong> resistenza italiana ebbe formalmente termine,<br />
con <strong>la</strong> resa incondizionata <strong>del</strong>l’esercito tedesco, e i partigiani<br />
assunsero pieni poteri civili e militari [67].<br />
Il 2 maggio il generale britannico Alexander ordinò <strong>la</strong><br />
smobilitazione <strong>del</strong>le forze partigiane, con <strong>la</strong> consegna <strong>del</strong>le<br />
armi. L’ordine venne in generale eseguito e le armi in gran<br />
parte consegnate, in tempi diversi nei vari luoghi in dipendenza<br />
<strong>del</strong>l’avanzata <strong>del</strong>l’esercito alleato, <strong>del</strong><strong>la</strong> liberazione progressiva<br />
<strong>del</strong> territorio nazionale, e <strong>del</strong> conseguente passaggio di<br />
64. Partigiani apuani in marcia<br />
65. Partigiani il 25 aprile 1945<br />
66. Partigiani e truppe brasiliane il giorno <strong>del</strong><strong>la</strong> Liberazione<br />
67. Partigiani e soldati americani a Carrara
poteri al governo italiano; una parte <strong>del</strong>le forze partigiane fu<br />
arruo<strong>la</strong>to nel<strong>la</strong> polizia ausiliaria ad hoc costituita [68].<br />
Si calco<strong>la</strong> che i caduti per <strong>la</strong> Resistenza italiana (in<br />
combattimento o uccisi a seguito <strong>del</strong><strong>la</strong> cattura) siano stati<br />
complessivamente circa 44.700; altri 2<strong>1.</strong>200 rimasero muti<strong>la</strong>ti<br />
ed invalidi; tra partigiani e soldati rego<strong>la</strong>ri italiani caddero<br />
combattendo almeno in 40.000 (10.260 <strong>del</strong><strong>la</strong> so<strong>la</strong> Divisione<br />
Acqui impegnata a Cefalonia e a Corfù);<br />
Si stima che in Italia nel periodo intercorso tra l’8 settembre<br />
1943 e l’aprile 1945 le forze tedesche (sia <strong>la</strong> Wehrmacht che<br />
le SS) e le forze <strong>del</strong><strong>la</strong> Repubblica Sociale Italiana compirono<br />
più di 400 stragi (uccisioni con un minimo di 8 vittime),<br />
per un totale di circa 15.000 caduti tra partigiani,<br />
simpatizzanti per <strong>la</strong> resistenza, ebrei e cittadini comuni.<br />
68. Smobilitazione di una brigata partigiana<br />
69. Internati militari italiani<br />
8. Il Contributo dei militari italiani al<strong>la</strong><br />
Liberazione <strong>del</strong>l’Italia<br />
L’8 settembre <strong>del</strong> ‘43, all’annuncio <strong>del</strong>l’armistizio con gli<br />
Alleati, l’esercito italiano, a causa <strong>del</strong><strong>la</strong> mancanza di<br />
disposizioni precise da parte degli alti comandi militari, si<br />
era liquefatto. Fu un vero e proprio dramma, umano e<br />
militare, anche se nelle settimane successive non mancarono<br />
gli episodi di resistenza ai tedeschi (Roma, Cefalonia, Corfù,<br />
Corsica, Albania, Rodi, Lero) e, viceversa, ci furono anche<br />
numerosi casi di adesione al<strong>la</strong> Rsi. Ciò nonostante, in vario<br />
modo, nel biennio 1943-1945 l’esercito italiano si riscattò,<br />
dando un forte contributo al<strong>la</strong> <strong>Guerra</strong> di Liberazione, anche<br />
in termini di vite umane (87.000 vittime).<br />
Ecco come si sostanziò il contributo dei militari al<strong>la</strong> <strong>Guerra</strong><br />
di Liberazione.<br />
Molti militari si diedero al<strong>la</strong> macchia, e andarono poi ad<br />
alimentare le bande dei partigiani nelle montagne, non solo<br />
quelle autonome ma anche quelle legate ai partiti, molte<br />
<strong>del</strong>le quali furono comandate da ufficiali <strong>del</strong>l’esercito. Quasi<br />
tutta <strong>la</strong> flotta e una parte rilevante <strong>del</strong>l’aviazione si consegnò<br />
agli Alleati, e proseguì poi <strong>la</strong> guerra al fianco degli<br />
anglo-americani.<br />
Nei Balcani, in Francia, in Grecia, in Albania, in Polonia,<br />
nelle isole, migliaia di militari italiani sfuggirono al<strong>la</strong> cattura<br />
da parte dei tedeschi e parteciparono ai movimenti di<br />
liberazione nazionali, unendosi ai partigiani locali.<br />
La stragrande maggioranza degli internati militari, gli<br />
ufficiali e i soldati italiani catturati dai tedeschi e internati nei<br />
campi di concentramento (oltre 600 mi<strong>la</strong>), decise di resistere<br />
e di non aderire al<strong>la</strong> Rsi [69].<br />
Vi erano, al momento <strong>del</strong>l’armistizio, circa 600.000<br />
prigionieri italiani nelle mani degli Alleati. Soldati per lo<br />
più catturati dal nemico a seguito <strong>del</strong>l’offensiva in Nord<br />
Africa (1940-’41) al<strong>la</strong> resa in Tunisia ed al tracollo <strong>del</strong> luglio<br />
agosto 1943 in Sicilia. Per lo più, tranne i 10-12.000 soldati<br />
in mano all’URSS, erano in mano anglo-americana. Questi<br />
soldati, all’annuncio <strong>del</strong>l’armistizio dovettero, come tutti,<br />
fare <strong>del</strong>le scelte. La stragrande maggioranza scelse di<br />
cooperare con gli ex-nemici, con compiti soprattutto di<br />
supporto logistico o di ausilio al<strong>la</strong> produzione bellica (una<br />
parte degli ex-prigionieri, fu aggregata alle ricostituite Forze<br />
Armate italiane <strong>del</strong> Sud).<br />
Dopo <strong>la</strong> dichiarazione di guerra al<strong>la</strong> Germania (13 ottobre<br />
1943) da parte <strong>del</strong> Governo Badoglio e il riconoscimento<br />
all’Italia <strong>del</strong>lo status di cobelligerante da parte degli Alleati<br />
(16 ottobre), le Forze Armate italiane, che si erano<br />
ricostituite al Sud, ebbero il battesimo <strong>del</strong> fuoco nel<strong>la</strong><br />
battaglia di Montelungo (dicembre 1943). Parteciparono<br />
al<strong>la</strong> guerra prima il I Raggruppamento Motorizzato, poi il<br />
C.I.L., poi i Gruppi di Combattimento. Nel corso dei mesi<br />
di guerra, da poche migliaia di persone l’esercito italiano<br />
arrivò a contare più di mezzo milione di soldati (400.000<br />
<strong>del</strong>l’Esercito, 80.000 <strong>del</strong><strong>la</strong> Marina, 35.000 <strong>del</strong>l’Aeronautica),<br />
un quarto degli uomini impiegati e circa un ottavo <strong>del</strong>le<br />
forze combattenti. I soldati italiani combatterono al fianco<br />
degli Alleati in Abruzzo, Lazio, Marche, Toscana, fino al<strong>la</strong><br />
grande offensiva <strong>del</strong>l’aprile ’45 in Emilia Romagna.<br />
Le fasi salienti di venti mesi di guerra videro impegnati:<br />
•<br />
•<br />
•<br />
•<br />
una Brigata (1° Raggruppamento Motorizzato): nel<br />
dicembre <strong>del</strong> 1943 scrisse pagine gloriose nel<strong>la</strong> fornace<br />
<strong>del</strong><strong>la</strong> battaglia <strong>del</strong> Garigliano (3.000 uomini a Monte<br />
Lungo);<br />
un Corpo d’Armata, formato da due Divisioni più i Supporti<br />
(Corpo Italiano di Liberazione): nell’estate <strong>del</strong> 1944<br />
combattè per <strong>la</strong> liberazione <strong>del</strong>l’Italia Centrale fino al<br />
Metauro e al<strong>la</strong> Linea Gotica sugli Appennini;<br />
un’Armata, composta da sei Divisioni (Gruppi di<br />
Combattimento “Legnano”. “Folgore”, “Friuli”, “Cremona”,<br />
“Mantova”, “Piceno”): nell’inverno <strong>del</strong> 1944 e nel<strong>la</strong><br />
primavera 1945 diede testimonianza di eroismo sul<strong>la</strong><br />
Linea Gotica e nel<strong>la</strong> battaglia finale;<br />
otto Divisioni Ausiliarie: per l’intera durata <strong>del</strong><strong>la</strong> Campagna<br />
assolsero importanti funzioni logistiche, nelle quali<br />
si distinsero in modo partico<strong>la</strong>re le “Salmerie da<br />
Combattimento” e il “Genio da Combattimento”.